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Minime. 557
- Subject: Minime. 557
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 24 Aug 2008 00:50:19 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 557 del 24 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Le stragi e il silenzio 2. Pier Francesco Gasparetto: Harold Pinter 3. Carlo Carena presenta "Agostino. Tra etica e religione" di Giulia Sfameni Gasparro 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LE STRAGI E IL SILENZIO I massacri che in Afghanistan si susseguono non turbano le vacanze dei pacifisti italiani. Ne conosciamo i motivi. Quei sedicenti pacifisti che negli ultimi anni si sono prostituiti al ministerialismo guerrafondaio e stragista, e che con la loro prostituzione alla politica degli assassini e dei terroristi di stato hanno favorito il trionfo della destra totalitaria berlusconiana e la definitiva corruzione e dissoluzione nella resa al male delle organizzazioni che ereditarono e tradirono le tradizioni egemoni del movimento operaio in Italia, ovviamente hanno deciso allora e per sempre che gli afgani potessero essere massacrati tutti fino all'ultimo. Lo sappiamo tutti. Noi possiamo anche dirlo. Perche' almeno noi - e pressoche' solo noi - a questo crimine non abbiamo preso parte. * Chi redige questo foglio pensa che alla guerra occorre opporsi. Occorre opporsi sempre. Poiche' la guerra consiste della commissione di omicidi e omicidi e omicidi. Poiche' la guerra e' nemica dell'umanita'. E poiche' alla guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, mafiosa e totalitaria che e' in corso in Afghanistan oscenamente partecipa anche l'Italia, violando il diritto internazionale e la legalita' costituzionale, occorre che il popolo italiano innanzitutto si batta per far cessare la partecipazione italiana alla guerra, si batta affinche' l'Italia torni al rispetto della sua stessa Costituzione, si batta per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti, a cominciare dal nostro paese, a cominciare dal nostro ordinamento giuridico, a cominciare da noi. * Cessi la partecipazione italiana alla guerra afgana. Si impegni l'Italia per la pace con mezzi di pace. Si impegni l'Italia per salvare le vite anziche' sopprimerle. Si impegni l'Italia per la smilitarizzazione del conflitto. Si impegni l'Italia per l'umanita'. * La nonviolenza e' la via. Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. PROFILI. PIER FRANCESCO GASPARETTO: HAROLD PINTER [Dal mensile "Letture", n. 623, gennaio 2006, col titolo "Harold Pinter" e il sommario "Premio Nobel per la letteratura 2005, il drammaturgo inglese ha evocato con vigore atmosfere cariche di incombenti minacce, davanti alle quali gli impotenti protagonisti delle sue piece teatrali possono solo soccombere". Pier Francesco Gasparetto, gia' docente di Letteratura inglese all'Universit‡ di Torino, collabora a "La Stampa" ed e' autore di numerosi radiodrammi e sceneggiati per la Rai. Fra le opere di Pier Francesco Gasparetto: John Osborne (1979); Oscar Wilde, l'importanza di essere diverso (1981); Vittorio Emanuele II (1984, 1994, 2001); Historia di fra' Dolcino (1987); Mai nel letto reale (1989); Casa Bronte (1991); Il mio cane (1994, 2004); La crociata delle donne (2002); Lo zio anarchico (2005). Harold Pinter (Londra, 1930), drammaturgo inglese (ma anche autore anche di sceneggiature cinematografiche: e' nota la sua collaborazione con Losey in film memorabili: Il servo, L'incidente, Messaggero d'amore), ma anche attore e regista, poeta e prosatore; intellettuale d'opposizione, di saldo impegno politico in difesa dei diritti umani; premio Nobel per la letteratura nel 2005. Tra le opere di Harold Pinter: il suo Teatro e' edito in italiano da Einaudi, Torino. Tra le opere su Harold Pinter: Gianfranco Capitta, Roberto Canziani, Harold Pinter, un ritratto, Anabasi, Milano 1995. Cfr. anche il sito www.haroldpinter.org] Alle pareti della lussuosa casa che Pinter possiede in uno dei piu' esclusivi quartieri londinesi, accanto a un Picasso e ad altri quadri di valore compare incorniciato un foglietto ingiallito dal tempo. E' il rendiconto degli incassi totali realizzati al botteghino del Lyric Opera House di Hammersmith nel 1958 durante la scarsa settimana in cui vi ando' in scena la sua commedia Il compleanno (The Birthday Party). Una manciata di sterline e una sconfortante presenza, o assenza, di pubblico. Evidenziata in rosso la rappresentazione pomeridiana del giovedi': sei spettatori, per un totale di due sterline e nove scellini. "E pensare che nei teatri di Oxford e di Cambridge la commedia aveva registrato un ottimo successo", ha commentato con qualche amarezza Pinter nel corso di un'intervista, "ma arrivata a Londra e' stata letteralmente macellata dai critici. Un vero massacro. Non ne ho mai capito bene il perche'. Non che, del resto, mi interessi molto saperlo". Quel biglietto ha accompagnato Pinter nei suoi vari traslochi, e sempre con l'onore della parete piu' in vista della casa. Una lezione costante e salutare. Da allora, Pinter ha sviluppato un'insanabile avversione nei confronti della critica ("Trovo i critici un gruppo di persone piuttosto inutili", oppure: "La critica? Farci caso puo' rivelarsi un errore fatale") e un malcelato fastidio nei confronti del pubblico ("Mi sento piuttosto ostile nei confronti del pubblico; sappiamo benissimo che i suoi gusti sono mutevoli; e' un errore attribuirvi importanza"). Questo, nonostante l'ininterrotto coro di plauso e consenso critico che ha accompagnato la produzione successiva al malcapitato Compleanno, e nonostante la ventina di premi di tutto prestigio che sono stati riservati al suo autore (compresi il Premio Shakespeare ad Amburgo nel 1970, da noi il Pirandello nel 1980 e il parigino Premio Moliere nel 1997) e la ventina di lauree ad honorem che gli sono state conferite da altrettante universita' inglesi e americane, bulgare (Sofia, 1995), greche (Tessalonica, 2000) e italiane (Firenze 2001, Torino 2002). Per non parlare, s'intende, del Nobel di quest'anno. Gli insegno' anche, quel biglietto di sparuti incassi, a farsi piu' cauto e prudente amministratore del proprio talento: dopo la fulminea rapidita' dei primi lavori (quattro giorni per La stanza), impieghera' diversi anni a portare a termine Ritorno a casa (The Homecoming, 1964), e quando si rendera' conto che la formula si stava esaurendo, mutera' radicalmente registro tentando vie nuove e piu' fortunate ("Mi ero reso conto che stavo scivolando dentro una formula", ammettera' preoccupato commentando il suo Scuola serale (Night School, 1960) "e che le parole e i contenuti si erano fatti automatici e ridondanti. Mi sentivo catturato nella mia stessa trappola"). Non e' sempre stato appeso alle pareti di lussuose ville, l'istruttivo rendiconto d'incassi. In quel 1958, anzi, di pareti a cui appenderlo Pinter proprio non ne aveva, costretto com'era dal suo mestiere di attore a spostarsi in continuazione da un albergo all'altro, in genere da modeste localita' balneari ad altrettanto modeste cittadine di provincia. Ma quando, l'anno seguente, la moglie, l'attrice Vivien Merchant, sara' in attesa di un figlio, Pinter dovra' cercarsi una sistemazione piu' stabile. La trovera' in uno spoglio seminterrato a Notting Hill, uno fra i piu' poveri quartieri di Londra. In cambio dell'affitto accettera' di fare il custode dello stabile. Piu' dignitose le pareti della casa che ospiteranno, due anni dopo, il rendiconto incorniciato. Sara' nel quartiere di sana borghesia di Kew, con un Pinter che, grazie alla commedia Il custode (The Caretaker, 1960), incominciava a realizzare incassi piacevolmente sostanziosi. Qualche anno dopo, nuovi guadagni, nuovo trasloco. E sara' ora la volta di una distinta villetta sulla costa, a Worthing, presto seguita da un nuovo trasloco, un ritorno in citta', ora in un elegante appartamento di Kensington. Alla produzione teatrale verra' ad affiancarsi l'ancora piu' redditizia attivita' cinematografica, e presto le cifre dei rendiconti saranno tali da consentire un ulteriore trasloco. Ma siamo ormai a una casa a cinque piani, fronteggiante Regent's Park, le camere non si contano, c'e' lo studio di Pinter, c'e' l'alloggio per la sua segretaria, e c'e' una confortevole sala-bar personale per la birra e lo scotch favoriti del padrone di casa. E cosi' via, di successo in successo e di trasloco in trasloco, fino al prestigio dell'attuale abitazione da cui Pinter conduce le sue battaglie per la difesa dei diritti umani e dove lo scorso dicembre ha ricevuto comunicazione del conseguimento del Premio Nobel. * Da attore a commediografo Nato il 10 ottobre 1930 nel sobborgo londinese di Hackney, giunto a vent'anni Pinter aveva al suo attivo una fruttuosa gavetta come attore e un'assidua attivita' come poeta, confortato dalla pubblicazione di due liriche sulla rivista "Poetry London" sotto lo pseudonimo di Harold Pinta (la famiglia si vantava, peraltro senza fondamento, di discendere dal nobile casato portoghese dei Da Pintas). Al suo attivo anche una frustrata aspirazione come romanziere. Aveva iniziato, infatti, a scrivere un romanzo, I nani (The Dwarfs), una storia a meta' tra lo svagato e l'impegnato, dove quattro giovani percorrono la periferia di Londra raccontandosi a vicenda, in diversi registri, il proprio male di vivere. Ma dopo quattro anni, aveva gettato la spugna. Non il dattiloscritto, pero'. Questo, adattato prima per la televisione poi per il palcoscenico nel 1960, vedra' finalmente la luce come romanzo soltanto nel 1990. Aveva anche al suo attivo, il ventenne Pinter, uno scontro con la giustizia per essersi rifiutato di prestare il servizio militare ("Mi aspettavo di finire in prigione e mi ero portato lo spazzolino da denti all'udienza. Ma alla fine me la sono cavata con una multa"). L'attore Pinter, dunque, scrive poesie, scrive romanzi; come poteva, a un certo punto, non incominciare a scrivere anche per quella scena che quotidianamente calcava? Lo fara' molto presto, infatti. E quasi casualmente. "Avevo un amico che studiava teatro all'Universita' di Bristol. Voleva rappresentare una commedia all'universita' e sapeva che avevo in mente una trama, anche se non ne avevo ancora scritto una sola riga. Mi scrisse chiedendomi il copione, pero' non poteva darmi piu' di una settimana di tempo. Gli risposi che era ridicolo; avrei potuto dargliela non prima di sei mesi. Dopo di che, l'ho scritta in quattro giorni". Quella commedia scritta in un lampo era La stanza (The Room). L'anno, il 1957. Anno proficuo: scrivera', quel 1957, anche Il compleanno (The Birthday Party) e Il calapranzi (The Dumb Waiter), proseguendo con ritmo serrato negli anni successivi fino all'anno 1980 circa, quando il cinema reclamera' sempre di piu' il suo tempo e il suo talento per un'altrettanto serrata serie di sceneggiature. I film, le regie teatrali, i programmi radiofonici e televisivi, i numerosi viaggi, nell'America latina e in Turchia come portavoce di Amnesty International, l'impegno politico. E' del 2005 una raccolta di saggi e aneddoti Various voices e una sua dichiarazione: "Ho scritto 29 opere per il palcoscenico, non e' abbastanza? Per me lo e'. Penso che il mondo ne abbia abbastanza delle mie commedie. Ora ho trovato altre forme di espressione. Continuero' a scrivere poesie e a impegnarmi in problemi che riguardano la politica internazionale". * Il vuoto in una stanza Ora e' arrivato pure il Nobel per la letteratura. Con la motivazione: "Nelle sue commedie Pinter rivela il baratro che si nasconde sotto le chiacchiere di tutti i giorni e si fa strada nelle stanze piu' segrete dell'oppressione". Le chiacchiere, il baratro, le stanze segrete, l'oppressione, inestricabilmente annodati: c'e' tutto Pinter, e le sue ventinove commedie. Ventinove commedie percorse da un chiacchiericcio garrulo, insistente e inconcludente, da un fuoco concentrato di battute slegate e vuote di qualsiasi significato. All'apparenza. Gli incontrollati sfoghi celano il cronico tessuto quotidiano di reticenza e di menzogna che permea la nostra esistenza e che sfoderiamo come arma di attacco e di difesa contro gli altri e, piu' profondamente ancora, contro noi stessi e contro le verita' che non vogliamo accettare. Celano il baratro, l'oppressione, le stanze segrete, appunto. Non a caso, La stanza sara' il titolo scelto da Pinter per il suo primo lavoro, forse consapevole che sarebbe stato quello il tema dominante, e costante, dell'intera sua opera. In quella stanza vivono reclusi due personaggi, Bert e Rose, marito e moglie, l'uno chiuso in un mutismo impenetrabile, l'altra impegnata in un querulo, interminabile soliloquio da cui emerge un unico assunto: Rose e' felice di abitare quella stanza e ignora con angoscia che cosa esista al suo esterno. In altre parole, il mondo esterno significa pericolo, la sua stanza il guscio di protezione. Guscio e protezione che si riveleranno, pero', del tutto inadeguati quando lasceranno entrare, da quel temuto e sconosciuto mondo esterno, messaggeri di morte e di tenebrosi poteri. Ancora una stanza sara' lo scenario e il tema de Il calapranzi, scritto da Pinter in quello stesso anno. Si tratta, qui, dello squallido locale di un seminterrato dove due uomini, Ben e Gus, sono in attesa non si comprende bene di chi o di che cosa, il primo steso sul letto a leggere un giornale con noia indolente, il secondo intento ad aggirarsi angosciato per la stanza in preda ad ansia premonitrice e a stordirsi di parole (solo piu' avanti nella commedia si capira' che si tratta di due sicari). Anche in questo caso, come gia' con Bert e Rose del precedente lavoro, gli interrogativi incalzanti dell'uno si scontreranno nella massiccia imperturbabilita' dell'altro. Ancora una volta, quindi, l'atmosfera e' permeata dall'angosciosa attesa di quel pericolo che solo puo' venire dal mondo esterno. E, ancora una volta, il guscio protettivo della stanza si rivelera' inefficace. Nell'ultima battuta del dramma, il massiccio e imperturbabile Ben, il solo a contatto con lo sconosciuto potere esterno, riceve un messaggio a cui risponde con un laconico "Right". Dopo di che si prepara, con gesti calmi e professionali, a eseguire l'ordine ricevuto e uccidere la vittima di cui fino a quel momento aveva ignorato l'identita': il suo compagno Gus. Nel successivo lavoro, e terzo di quel fertile 1957, Il compleanno, ritroviamo una situazione iniziale per molti punti parallela: una stanza modesta, un marito laconico, una donnetta garrula. In questo caso, pero', la stanza funge da guscio protettivo non tanto per i due proprietari quanto per il loro ospite, Stanley, un giovanotto sudicio e nevrotico, entrato come pigionante ma presto installatosi da padrone, bonariamente sopportato dal marito, coccolato dalla moglie che lo soffoca di imbarazzanti attenzioni piu' ambigue che materne. Il guscio protettivo di quella stanza si rivelera' presto illusorio: giungono due loschi individui, (sicari? infermieri di un manicomio?) che prendono in affitto una camera per una notte e se ne ripartono il mattino seguente trascinando con se' verso ignota destinazione Stanley, inerte e disfatto, dopo averlo sottoposto a un interrogatorio tanto fitto quanto stralunato e dopo aver organizzato per lui una sinistra festa di compleanno (sordi alle sue proteste che non e' quella la data giusta). Un intreccio, quindi, in cui Pinter riafferma la sua fiducia nella formula che gia' aveva caratterizzato i due precedenti lavori: mettere in scena l'ambiguita' che permea ogni rapporto nella raffigurazione sgretolatrice di un universo condannato all'impossibilita' di distinguere il vero dal falso, l'apparente dal reale. In Un leggero malessere (A Slight Ache), scritto nel 1958, le atmosfere di ambiguita' e di minaccia, rese sempre piu' rarefatte, verranno convogliate in un effetto unico in cui sono contemporaneamente presenti sia un'ombra incombente di natura minacciosa sia il dubbio, lasciato irrisolto, non solo sull'identita' ma sull'esistenza stessa dei due protagonisti. Qui l'intreccio e' tenue alla soglia dell'inesistenza; e', in ultima analisi, una situazione psicologica fissata nel suo momento catartico. I due protagonisti, Edward e Flora, iniziano una giornata in apparenza normale, fatta di gesti e parole cristallizzati dalla consuetudine: la colazione, il te', la marmellata, il tempo, i fiori. La minaccia esterna che viene ora a infrangere la tranquillita' di quel nido sara' ancora piu' allegorica: un venditore di fiammiferi senza volto, ne' voce, ne' eta', una figura tanto piu' minacciosa in quanto indecifrabile che giungera' a porre crudamente i due protagonisti di fronte alla loro realta' piu' segreta e repressa nel momento stesso in cui si dichiarano piu' sicuri e piu' protetti. C'e' molto Beckett in questa atmosfera dove i protagonisti si dibattono ciascuno isolato in un suo sofferto problema di personale salvezza, sordo e insensibile al dialogo con i propri simili, a loro volta chiusi come in bozzoli in un travaglio individuale verso una liberazione cui mai ci e' dato assistere. Nella commedia radiofonica Una serata fuori (A Night Out, 1959), Pinter ripropone il tema della solitudine e dell'insicurezza su un piano scenicamente piu' convenzionale. Ancora un giovanotto debole e indolente, che ricorda lo Stanley del Compleanno, e ancora una donnetta esasperante, qui madre-vampiro del protagonista. La "serata fuori" dovrebbe rappresentare l'occasione di liberarsi dall'attaccamento soffocante della madre, ma si risolvera' in un pietoso fallimento. Moderato anche il successo della commedia, trasmessa dalla Bbc il primo marzo 1960. * Tra successi e ripensamenti Ma notorieta' e successo erano ormai vicini. Due mesi dopo, il 27 aprile, con Il custode, Pinter otterra' sia un vastissimo consenso di pubblico sia la piu' incondizionata approvazione da parte della critica. Non solo: il lavoro si conquistera' il premio riservato al miglior spettacolo dell'anno tanto dall'Evening Standard Drama quanto dal Newspaper Guild di New York. Considerata nelle sue linee essenziali, la trama e' semplice: una stanza tetra (ormai inalienabile elemento nella scenografia pinteriana), i due protagonisti che la abitano (due fratelli, Mick e Aston), un terzo personaggio (Davies, un barbone alla ricerca di un rifugio) veicolo di insicurezza e di minaccia. Mick vuole aiutare il fratello maggiore Aston, da poco dimesso da un ospedale psichiatrico, a riacquistare fiducia in se stesso, ma ne viene impedito dall'influenza dispersiva del vecchio vagabondo, petulante, rissoso, servilmente ipocrita e disposto a tutto pur di procurarsi un tetto. Riuscira', infine, e a riportare il fratello sotto il proprio ascendente e a spodestare il barbone dal suo presunto rifugio. Forse in nessun altro lavoro Pinter ha giocato a carte piu' scoperte con i suoi personaggi, ciascuno teso a realizzare uno scopo di vitale importanza. Per Aston il problema e' di recuperare la realta' del proprio io ("vivere come tutti gli altri"), per Mick di riscattare a qualsiasi prezzo il fratello, per Davies di assicurarsi il tetto che sente indispensabile alla sua vecchiaia. E forse, il successo decretato dal pubblico a Il custode, e' dovuto proprio all'estrema chiarezza con cui viene presentata la situazione umana dei tre protagonisti. Il successo de Il custode, cedera' il passo, sempre in quel 1960, il 21 luglio, al fiasco di Scuola serale (Night School), una commedia mandata in onda dalla televisione inglese e che Pinter sara' il primo a stroncare e a ripudiare pubblicamente, tanto che per anni ne vietera' la ripresa e rifiutera' sempre recisamente di lasciarla comprendere nei volumi che raccoglievano i suoi lavori teatrali. Troppo severo con questa sua figlia ritenuta traviata? Forse. Il lavoro non possiede caratteri innovatori, e' vero, ripropone, anzi, in forma scoperta e meccanica tutti i fattori che avevano informato i lavori precedenti, leggi ambiguita' e minaccia, tuttavia non vi mancano spunti felici, sufficienti a renderla gradevole e accettabile (non, pero', all'esigente, insoddisfatto autore, come si e' visto). Per venire alla trama, due vecchiette, immancabilmente verbose, affittano a Sally, una compita maestrina, la stanza del nipote Walter attualmente in galera secondo un'abitudine che pare gli sia inveterata. Il nipote torna e non apprezza di trovarsi occupata la camera, protesta, si da' da fare per recuperarla; frugando fra le carte della ragazza trova una foto che la ritrae in un night; dunque Sally conduce una doppia vita? Ma si tratta poi veramente di Sally? Saremmo in piena, caratteristica atmosfera di ambiguita' pinteriana, quindi, dove realta' e finzione procedono inestricabilmente aggrovigliate, se non fosse che, in questo caso, la realta' si gioca la parte migliore e nel finale tutti i nodi vengono al pettine come nella piu' scontata tradizione. Non era ancora finito quel 1960 alterno di successi e delusioni. E' il 2 dicembre e la Bbc manda in onda I nani (The Dwarfs), il rimaneggiamento di quel suo romanzo che, scritto anni prima, aveva trovato chiusa la porta degli editori. Sulla scena non avra' esito piu' felice. Presentato all'Arts Theatre di Londra tre anni dopo, ricevera' dal pubblico una fredda accoglienza: non era questo il tipo di spettacolo che si attendeva dall'autore de Il custode. Reso piu' prudente da questi parziali ma eloquenti insuccessi, Pinter da questo momento si orientera' decisamente su quella formula dell'incomunicabilita' che sino allora si era dimostrata piu' congeniale al suo talento, e sara' scelta che lo portera' al successo. * Parole che non dicono Abbandonando nei successivi lavori il tema della minaccia presente nelle prime opere, in Paesaggio (Landscape, 1967), Silenzio (Silence, 1968), Vecchi tempi (Old Times, 1971) e Terra di nessuno (No man's Land, 1975) Pinter passa a raffigurare, in una dimensione asciutta ed essenziale, il vuoto incolmabile in cui l'uomo e' destinato a precipitare. Nella fissita' dello svolgimento drammatico, i protagonisti di Paesaggio e di Silenzio, secondo i canoni del teatro dell'assurdo, sono ridotti a larve cui non e' concesso altro che la facolta' della parola, strumento vacuo, utilizzato non per comunicare, ma per cristallizzarsi, dimentichi l'uno dell'altro, in vaniloqui rivelatori di una morte spirituale gia' in atto. In Terra di nessuno, (rappresentato all'Old Vic con la partecipazione straordinaria di due colonne del teatro britannico, Ralph Richardson e John Gielgud) uno scrittore molto famoso, oltre che molto indulgente con l'alcol, in compagnia di due domestici si isola in una metaforica terra di nessuno, immerso nel proprio passato ricreato dalla memoria e in una desolata meditazione sull'immutabilita' del destino umano ("Sei in terra di nessuno. Che non si muove, non cambia, non invecchia, ma che resta per sempre gelida e muta"). L'incomunicabilita' nei personaggi di Pinter si presenta non tanto come una situazione di fatto subita, quanto come un atteggiamento consapevole di cui essi soli sono responsabili. Il flusso di parole slegate e incoerenti che esce dalle loro labbra e' lo strumento che usano per impedire a estranei di penetrare la loro realta' riposta, per impedire di venire identificati. Non a caso i suoi protagonisti di consueto emergono da una penombra indistinta, sovente sospetta, e vivono nel costante terrore di veder comparire i fantasmi del loro passato (che non si sa fino a qual punto reale o creato da una deformazione subconscia). Qual e' in realta' il passato di tanti personaggi della galleria di Pinter? I funambolismi verbali di queste figure di cui nulla si sa e che nulla intendono dire con precisione a volte appaiono come un tentativo di autoinganno, l'esigenza di colmare il vuoto del proprio passato, o del proprio presente, con un'immagine fittizia e mutevole, altre volte di evitare una realta' ai loro occhi inaccettabile o di sopprimere la sofferenza di un ricordo. Sempre pero' conseguono il risultato che si e' proposto l'autore: coinvolgere lo spettatore, porlo (sgradevolmente) di fronte allo specchio che gli riflette e gli rivela la misura della sua situazione spirituale. * Contro la violenza della politica A partire dagli anni Ottanta seguira' una nutrita serie di atti unici dove il clima di ambiguita' e di straniamento caratteristico dei suoi lavori (pinteriano, appunto) cedera' gradualmente il passo ai toni cupi e alla crudezza di linguaggio di una denuncia nei confronti della politica contemporanea, delle sue violenze e sopraffazioni. Come nel caso di Il bicchiere della staffa (One for the road, 1984) che affronta il problema dei desaparecidos dell'Argentina, di Il linguaggio della montagna (Mountain Language, 1988) ambientato nel dramma del popolo curdo o, come in Party Time (1990), in quello di un Paese politicamente e psicologicamente soggiogato. Dopo questo periodo di brevi atti unici, Pinter tornera', nel 1993, alla tradizione dei tre atti con Chiaro di luna (Moonlight). Tornera' anche al gioco di affermazioni contraddittorie e incontrollabili, ai vaniloqui deliranti, ai simboli e alle suggestioni che avevano caratterizzato i suoi primi lavori. Con inquietanti, inesorabili messaggi (o disperati appelli?). Chiaro di luna, infatti, e' la storia di un uomo sul letto di morte, assistito dalla moglie e dalla presenza onirica e surreale di una figlia sedicenne, presumibilmente morta. Negli ultimi anni Pinter ha notevolmente ridotto la sua attivita' come autore, specie di testi teatrali, privilegiando lo strumento della poesia sia per esprimere le sue amarezze e i suoi sconforti sia per sottolineare il suo impegno civile e politico e la sua denuncia dell'oppressione. Dicono spietatamente le sue poesie: "I marciapiedi sono ingombri di morti / chi non ha potuto partecipare / e chi si e' rifiutato di cantare / chi sta perdendo la voce / e chi ha scordato le note". Come sceneggiatore Pinter ha collaborato con Joseph Losey ad alcune pellicole di notevole rilievo quali Il servo (The Servant, 1962), l'Incidente (Accident, 1967) e Messaggero d'amore (The Go-Between, 1969), mentre con altri registi ha curato la realizzazione, fra gli altri, dei film Gli ultimi fuochi (The Last Tycoon, 1976) di Elia Kazan, La donna del tenente francese (The French Lieutenant's Woman, 1980), per cui e' stato candidato all'Oscar, e Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers, 1991). Meno fortunato nelle ultime regie, con Lolita nel 1994 (realizzato poi da A. Lyne con un'altra sceneggiatura), con Il bambino sognatore (The Dreaming Child) nel 1997 e con La tragedia di Re Lear (The Tragedy of King Lear) nel 2000, entrambi mai realizzati (ma anche la sua sceneggiatura di Alla ricerca del tempo perduto di Proust del 1972 a tutt'oggi ancora non e' stata prodotta). Pinter ha promesso, salute permettendo, di tornare il prossimo anno a calcare le scene, come nella sua prima, lontana, esperienza giovanile di cinquant'anni fa. Recitera' nel dramma L'ultimo nastro di Krapp, del suo maestro e amico Samuel Beckett. Lo stesso autore da lui per la prima volta scoperto cinquant'anni fa e responsabile nei suoi confronti della prima, determinante lezione di creativita' teatrale. Quasi a simbolo della conclusione di un ciclo. Se non e' pinteriano questo. * Amico di "Godot" Harold Pinter e' nato il 10 ottobre del 1930 a Londra nel quartiere popolare di Hackney. I suoi genitori erano ebrei immigrati dal Portogallo. Il padre, Hyman, era sarto specializzato in confezioni da donna, la madre, Frances, casalinga. Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Pinter con altri bambini londinesi venne evacuato da Londra alla Cornovaglia subendo un pesante trauma per la separazione dalla famiglia. Tornato a Londra al termine della guerra, nel 1944, studia recitazione presso l'Accademia reale di arte drammatica. Nel 1950 inizia a lavorare come attore professionista e, con il nome d'arte di David Baron, negli anni 1951-'52 gira l'Irlanda con la compagnia scespiriana di McMaster. Il 1951 sara' anche l'anno della prima rappresentazione di Aspettando Godot di Samuel Beckett, opera e autore che influenzeranno grandemente la sua produzione teatrale (piu' avanti, Pinter sara' legato a Beckett da salda amicizia). Nella stagione 1952-'53 fa parte della compagnia teatrale di sir Donald Wolfit presso il King's Theatre di Hammersmith e successivamente recita in tournee con diverse compagnie sui palcoscenici della provincia. Nel 1956 sposa l'attrice Vivien Merchant, che interpretera' molte delle sue commedie. Nel 1957 inizia la sua carriera di drammaturgo con La stanza, seguito nello stesso anno da Il compleanno e da Il calapranzi. Alternando l'attivita' di attore a quella di autore scrivera' l'anno seguente Un leggero malessere e La serra (quest'ultimo, pero', verra' rappresentato soltanto nel 1980). A partire dal 1959 Pinter si dedichera' a tempo pieno alla scrittura di testi teatrali e di sceneggiature cinematografiche, senza trascurare interventi come attore e regista, in massima parte dei propri lavori. Nel 1980 Pinter divorzia da Vivien Merchant e nello stesso anno sposa la biografa e storica lady Antonia Fraser, con la quale nel 1986 fondera' il gruppo antithatcheriano "The 20th June Society". Nel 1996 rifiuta il titolo di baronetto proposto dal governo conservatore di John Major. Nel 2002 gli viene diagnosticato un cancro all'esofago ("un lungo incubo personale che mi ha profondamente cambiato") e intraprende, assistito dalla chemioterapia, un suo lungo e coraggioso cammino verso la speranza. * Romanzi e sceneggiature tra i suoi lavori Quasi tutte le ventinove commedie scritte da Pinter sono state tradotte in Italia a cura dell'editore Einaudi. Le prime, sotto il titolo di Teatro, nei due volumi usciti rispettivamente nel 1972 e 1977. Da allora Einaudi prosegue la pubblicazione dei drammi dell'autore nella Collezione Teatro, curata da Guido Davico Bonino. Sempre presso Einaudi appariranno anche la traduzione del romanzo I nani (1993) e delle sceneggiature de La donna del tenente francese (1982) e di Proust. Alla ricerca del tempo perduto (1987). Nel 1992, a cura di Rodolfo Di Gianmarco, e' apparsa presso Gremese una raccolta di testi minori dal titolo Dialoghi e monologhi. Risale al 1977 il primo libro pubblicato in Italia su Pinter, e sara' la monografia critica Il teatro di Harold Pinter di Guido Davico Bonino, editore Martano. L'ultimo e' del 2001 con Harold Pinter. Dal teatro della minaccia al cinema delle ceneri, (Aida, Firenze) a cura di C. Jandelli, B. Manetti, G.M. Rossi, con saggi, tra gli altri, di Masolino D'Amico, Guido Fink e Stefano Socci, e con ampie informazioni su filmografia, teatrografia e bibliografia inglese e italiana. In Harold Pinter, un ritratto (Anabasi, 1995) di Gianfranco Capitta e Roberto Canziani, si trovano accurate notizie su quarant'anni di rappresentazioni di Pinter sulla scena italiana, da Il calapranzi, rappresentato a Milano a Palazzo Durini con la regia di Massimo Binazzi il 20 dicembre 1962, a La stanza, rappresentata assieme ad Anniversario con la regia di Roberto Ando' al Festival sul Novecento di Palermo il 13 ottobre 2000. La voce di Pinter, le sue libere opinioni sul teatro e sulla letteratura (e sulla critica), sulla violenza e sull'impegno civile, sulla guerra e sulla politica internazionale, puo' essere ascoltata in Conversazioni con Pinter, una serie di interviste lungo una ventina d'anni, qui radunate dal recensore del "New Yok Times", Mel Gussow, e tradotte in Italia per Ubulibri. 3. LIBRI. CARLO CARENA PRESENTA "AGOSTINO. TRA ETICA E RELIGIONE" DI GIULIA SFAMENI GASPARRO [Dal quotidiano "Il sole - 24 ore" del 19 dicembre 1999 col titolo "E Agostino sfuggi' ai miraggi". Carlo Carena, prestigioso studioso dei classici, docente universitario, saggista, ha curato per Einaudi la collana "I Millenni" dal 1965 al 1985 e per lo stesso editore ha tradotto e curato tra l'altro le Vite parallele di Plutarco, le Lettere di Paolo, la raccolta dei Poeti latini della decadenza, Le confessioni e La citta' di Dio di Agostino, L'elogio della follia di Erasmo, i Pensieri di Pascal; per la Utet le Opere di Virgilio; per l'Istituto Poligrafico dello Stato le Satire e le Epistole di Orazio; ha inoltre tradotto opere di Erodoto, Eschilo, Senofonte, Plauto ed altri classici. Suoi interventi critici su poeti contemporanei sono apparsi in convegni e in riviste. Presiede il Premio internazionale Monselice per la traduzione letteraria e scientifica; collabora ai supplementi culturali del 'Sole - 24 ore' e del 'Corriere del Ticino'". Giulia Sfameni Gasparro e' docente di Storia delle religioni all'Universita' di Messina dal 1981; fa parte di varie associazioni con ruoli di responsabilita', tra esse la Societa' italiana di storia delle religioni, l'International Association for the History of Religions (Iahr), l'European Association for Religious Studies (Easr), il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, le riviste "Studi e Materiali di Storia delle Religioni", "Numen", "Archeus"; ha ricevuto numeorsi riconoscimenti internazionali. I suoi interessi sono rivolti soprattutto al mondo classico e tardo antico. Oggetto d'indagine sono in particolare i culti di mistero sia greci sia orientali, i fenomeni oracolari e profetici, l'ermetismo e, nel quadro di problematiche e temi del cristianesimo dei primi secoli, l'encratismo, lo gnosticismo, Origene e la tradizione origeniana, Agostino, la religione manichea e i movimenti dualistici del medioevo cristiano (pauliciani, bogomili, catari). E' autrice e curatrice di numerose publicazioni scentifiche] Giulia Sfameni Gasparro, Agostino. Tra etica e religione, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 420, lire 40.000. * Fra i saggi raccolti sotto il titolo di Agostino. Tra etica e religione da Giulia Sfameni Gasparro, docente di Storia delle religioni all'Universita' di Messina, uno in particolare spicca per la perdurante attualita' dell'argomento e per la lucidita' con cui viene nuovamente prospettato. Ha per titolo a sua volta "Fra astrologi, teurgi e manichei" e presenta un caso all'apparenza del tutto personale, un approdo nella "navigazione" interiore, com'egli la chiama, di un giovane nordafricano di sedici secoli fa. Senonche' il giovane di sedici secoli fa e' appunto Sant'Agostino, e l'approdo e' fra i miraggi piu' abbaglianti e gli intrichi piu' bui della nostra psiche. A vent'anni, deluso e incerto, Agostino scopre i barlumi della filosofia leggendo Cicerone. Tormentato dalla ricerca del problema del male - cosa sia, come mai esista se esiste un Dio necessariamente buono - si affida alla dottrina di Mani, che almeno spiega come Bene e Male siano i due principi opposti e contrastanti su cui si regge il mondo. La complessa teologia manichea coinvolge nel suo sistema le potenze celesti. Nella sua sublimita' intellettuale s'insinuano cosi', come in quella del neoplatonismo, credenze e pratiche popolari sopravvissute alla dissoluzione dell'Impero e del paganesimo. Si perpetua quella vischiosita' fra astronomia e astrologia che, rileva l'autrice, ne fa a volte sinonimi durante l'antichita' soprattutto tarda: come gli scrittori astrologici si fondavano sulle osservazioni astronomiche, cosi' gli scienziati astronomici introducevano volentieri nelle loro indagini interessi di tipo astrologico. Il caso piu' vistoso e' certamente quello dei Fenomeni di Arato; ma lo stesso Tolomeo insieme all'Almagesto scrive il Tetrabiblos o Previsioni astrologiche, vero e proprio manuale dove legittima i pronostici relativi non solo ai fenomeni atmosferici ma anche al destino umano. Credere peraltro che ogni evento mondano sia determinato dall'influsso delle stelle, dalle loro posizioni e congiunzioni in quell'istante, non e' solo un'ipotesi curiosa e gratuita. E' l'annullamento della liberta', coinvolge la Provvidenza, rimette in discussione il problema del male sia nella sua dimensione cosmica sia in quella individuale. L'astrologia puo' tranquillizzare sul presente e rischiarare psicologicamente il futuro, ma rimanda al di sopra della terra i termini delle operazioni dell'uomo. Non furono dunque soltanto l'alone di superstizione e le complicazioni barocche del manicheismo a far ritrarre Agostino - manicheo peraltro per molti anni - da queste suggestioni di maghi e credenze di donnaccole. Fu un'esigenza intellettuale e morale. Pure, con tutta l'insoddisfazione e l'inquietudine di cui era capace, la spinta definitiva a prendere di nuovo il largo gli venne non dalle argomentazioni degli amici accorti prima di lui, bensi' per via sperimentale. La mela di Newton fu il racconto che gli fece un tal Firmino e che egli riferisce nel settimo libro delle Confessioni. Il padre di Firmino, divoratore di trattati astrologici, saputo che una domestica di un suo amico devoto al pari di lui dell'astrologia era gravida contemporaneamente alla propria moglie, comincio' a calcolare scrupolosamente ore e minuti del processo della generazione dei due fanciulli nei grembi delle due madri; quando poi queste si sgravarono, i due uomini appurarono mediante un ingegnoso scambio di corrieri che le nascite erano avvenute nel medesimo istante: eppure, "Firmino percorreva cio' nonostante le strade piu' fulgide del mondo, mentre lo schiavo continuava a servire i suoi padroni". Con tutto cio', osserva bene l'autrice, l'esperienza astrologica lascio' tracce durature nel filosofo e nel prete. Salito sulla cattedra vescovile in patria e alla guida di un gregge in cui le tentazioni erano ancora fortissime e i tempi incerti vi spingevano (come sempre spingono), Agostino condusse nelle sue prediche e nei suoi trattati una dura polemica contro l'astrologia, i suoi praticanti e i suoi maestri, gia' bersaglio della lungimirante tradizione degli apologisti sia greci che latini. I testi agostiniani costituiscono oltretutto, come sottolinea la Sfameni Gasparro, un documento vivo degli ultimi spasimi di un avversario sconfitto ma ancora capace di stimolare un dibattito ideologico e religioso di grande rilevanza per la filosofia e la teologia dei vincitori. I problemi qui chiaramente affiorati si ripropongono anche altrove in questo volume, nel capitolo sulla dottrina agostiniana del peccato originale o nell'ultimo, con la prospettiva estesa a diverse tradizioni tardoantiche. Sono problemi che aguzzano le intelligenze non meno di quanto lacerino le coscienze, e su cui Agostino cade per risollevarsi ma a fatica e non senza lividi, come del resto da altre sue cadute. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 557 del 24 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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