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Minime. 548
- Subject: Minime. 548
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 15 Aug 2008 00:56:36 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 548 del 15 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Si puo', non si puo' 2. Il golpe flaccido 3. "Famiglia cristiana": Un Paese da marciapiede 4. Pasquale Di Palmo ricorda Cristina Campo 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. SI PUO', NON SI PUO' Si puo' andare in Afghanistan a commettere stragi. Non si puo' venire in Italia per cercar di salvarsi dalle stragi. * Si puo' avvelenare e devastare l'Italia intera. Non si puo' leggere un libro sdraiati in un parco. * Si puo' saccheggiare il pubblico erario. Non si puo' chiedere la carita' per la via. * Si puo' essere ricchi e assassini. Essere poveri e onesti e' vietato. 2. LE ULTIME COSE. IL GOLPE FLACCIDO Proviamo a dirlo ancora una volta in poche semplici parole. Primo: una persona che molti reati ha commesso, per sottrarsi ai rigori della legge s'inventa un partito e vince una, due, tre volte le elezioni. Vinte le elezioni, impone per legge - illegalissima legge - la sua impunita'. Secondo: governo e parlamento ripetutamente violano la Costituzione e precipitano l'Italia in una guerra guerreggiata, una guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, che nessuno sa quanto tempo ancora restera' lontana dal nostro paese. Anche le guerre di Mussolini cominciarono al di la' dei confini della penisola. Ed evidentemente finche' le persone uccise lo sono in luoghi remoti (o a distanza di tempo dall'esposizione, ad esempio, nelle aree contaminate dall'uso di proiettili all'uranio impoverito) la cosa non turba il popolo della pizza e del mandolino. Terzo: governo e parlamento ed enti locali guidati da personaggi inqualificabili perseguitano i migranti, perseguitano i rom, perseguitano i poveri, violano flagrantemente fondamentali diritti umani. Ma chi ha ancora il salotto buono e la televisione perennemente accesa finge di non vedere la pulizia etnica e la guerra di classe che i barbari rapinatori al potere conducono contro gli sfruttati con una ferocia pari a quella di prima del sorgere delle organizzazioni del movimento operaio. Quarto: non si fa piu' mistero del saccheggio e della volonta' di saccheggio. Non si fa piu' mistero del razzismo, della disumanita'. Non si fa piu' mistero della complicita' con la mafia - i cui esponenti vengono ormai pubblicamente definiti "eroi" in campagna elettorale. Non si fa piu' mistero della volonta' di distruggere la separazione dei poteri e l'autonomia della magistratura che e' alla base dello stato di diritto. Non si fa piu' mistero dell'uso della menzogna e della corruzione e del crimine come arte di governo. Non si fa piu' mistero della volonta' di devastare ogni cosa al solo fine di arraffare quanto piu' possibile. Non si fa piu' mistero del patto scellerato che lega in un blocco sociale e in un comitato d'affari coeso razzisti, neofascisti, mafiosi, poteri occulti e criminali, rapinatori in doppiopetto, speculatori assassini, ideologie e prassi della violenza. Quinto: le macchine politiche che ancora qualche mese fa proclamavano (mentendo, certo, ma almeno eran costrette a proclamarlo - e diceva quel francese che l'ipocrisia e' l'omaggio che il vizio rende alla virtu') di rappresentare l'opposizione al berlusconismo si sono estinte per loro intima consunzione: il cosiddetto Pd votato all'eterna rincorsa di un accordo consociativo con chiunque governi e sia dsponibile a spartire le spoglie della cosa pubblica - fosse pure Al Capone; i partiti della cosiddetta "sinistra arcobaleno" o "sinistra radicale" inabissatisi nel loro totalitarismo e nella loro corruttela. Questa e' la situazione. * Cosa resta? Resta la sinistra della nonviolenza. Il movimento reale delle oppresse e degli oppressi. Le persone di volonta' buona che di fronte a tanta barbarie continuano la lotta per la democrazia, per la legalita', per la pace con mezzi di pace, per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani, per la liberazione comune, per la solidarieta' che tutte e tutti raggiunge, per la comune responsabilita'. Resta l'umanita' sofferente che ovunque resiste contro l'oppressione, che ovunque difende con le parole ed i fatti la dignita', la civilta', la biosfera; che ovunque e' in lotta per la vita e i diritti delle persone oggi viventi e delle generazioni future. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. DOCUMENTAZIONE: "FAMIGLIA CRISTIANA": UN PAESE DA MARCIAPIEDE [Dal sito del settimanale "Famiglia cristiana" (www.sanpaolo.org/fc) riportiamo l'editoriale del n. 33 del 2008 col titolo "Militari in strada e sindaci sceriffi: il rischio e' ua guerra tra poveri. Il presidente spazzino nel 'paese da marciapiede'" e il sommario "Bene fa il Governo a prendere provvedimenti su annosi problemi. Ma riuscira' a fugare il sospetto che quando e' al potere la destra i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?"] E' un "Paese da marciapiede" quello che sta consumando gli ultimi giorni di un'estate all'insegna della vacanza povera, caratterizzata da un crollo quasi del 50% delle presenze alberghiere nei luoghi di vacanza. Dopo vari contrasti tra Maroni e La Russa, sui marciapiedi delle citta' arrivano i soldati, stralunati ragazzi messi a fare compiti di polizia che non sanno svolgere (neanche fossimo in Angola), e vengono cacciati i mendicanti senza distinguere quelli legati ai racket dell'accattonaggio da quelli veri. A Roma il sindaco Alemanno, che pure mostra in altri campi idee molto piu' avanzate di quelle che il pregiudizio antifascista gli attribuisce, caccia i poveri in giacca e cravatta anche dai cassonetti e dagli avanzi dei supermercati. Li chiamano scarti, ma li' si trovano frutta e verdura che non sono belli da esporre sui banchi di vendita. E allora se vogliamo salvare l'estetica, perche' non facciamo il "banco delle occasioni", coprendo con un gesto di pieta' (anche qui "estetico") un rito che fa male alle coscienze? Nei centri Ikea lo si fa, e nessuno si scandalizza. Anzi. Ma dai marciapiedi sparisce anche la prostituzione (sara' la volta buona?) e sarebbe ingeneroso non dare merito al Governo di aver dato ai sindaci i poteri per il decoro e la sicurezza dei propri cittadini. A patto, pero', che la "creativita'" dei sindaci non crei problemi istituzionali con questori e prefetti e non brilli per provvedimenti tanto ridicoli quanto inutili; e che il Governo non ci prenda gusto a scaricare su altri le sue responsabilita', come con l'uscita tardiva e improvvida (colpo di sole agostano?) della Meloni e di Gasparri, che hanno chiesto ai nostri olimpionici di non sfilare per protesta contro la Cina (il gesto forte, se ne sono capaci, lo facciano loro, i soliti politici furbetti che vogliono occupare sempre la scena senza pagare pegno!). Tornando al "Paese da marciapiede", ha fatto bene il cardinale Martino, presidente del Pontificio consiglio per i migranti, ad approvare la lotta al racket dell'accattonaggio senza ledere il diritto di chiedere l'elemosina da parte di chi e' veramente povero. Il cardinal Martino ha posto un dubbio atroce: la proibizione dell'accattonaggio serve a nascondere la poverta' del Paese e l'incapacita' dei governanti a trovare risposte efficaci, abituati come sono alla "politica del rattoppo", o a quella dei lustrini? La verita' e' che "il Paese da marciapiede" i segni del disagio li offre (e in abbondanza) da tempo, ma la politica li toglie dai titoli di testa, sviando l'attenzione con le immagini del "Presidente spazzino", l'inutile "gioco dei soldatini" nelle citta', i finti problemi di sicurezza, la lotta al fannullone (che, pero', e' meritoria, e Brunetta va incoraggiato). Ma c'e' il rischio di provocare una guerra fra poveri, se questa battaglia non la si riconduce ai giusti termini, con serieta' e senza le "buffonate", che servono solo a riempire pagine di giornali. Alla fine della settimana scorsa sono comparse le stime sul nostro prodotto interno lordo (Pil) e, insieme, gli indici che misurano la salute delle imprese italiane. Il Pil e' allo zero, ma le nostre imprese godono di salute strepitosa, mostrando profitti che non si registravano da decenni. L'impresa cresce, l'Italia retrocede. Mentre c'e' chi accumula profitti, mangiare fuori costa il 141% in piu' rispetto al 2001, ma i buoni mensa sono fermi da anni. L'industria vola, ma sui precari e i contratti e' refrattaria. La ricchezza c'e', ma per le famiglie e' solo un miraggio. Un sondaggio sul tesoretto dei pensionati che sara' pubblicato su "Club 3" dice che gli anziani non ce la fanno piu' ad aiutare i figli, o lo fanno con fatica: da risorsa sono diventati un peso. E' troppo chiedere al Governo di fugare il sospetto che quando governa la destra la forbice si allarga, cosi' che i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono? 4. MEMORIA. PASQUALE DI PALMO RICORDA CRISTINA CAMPO [Dal mensile "Letture", n. 644, febbraio 2008 col titolo "Cristina Campo" e il sommario "L'opera di Cristina Campo affronta, tra 'furia e dolcezza' come rileva Citati, gli argomenti piu' disparati, la poesia e la prosa, la traduzione e il testo critico, rendendo un'alta testimonianza sulla spiritualita' del nostro tempo"] La figura di Cristina Campo, con il passare degli anni, sembra seguire un itinerario inverso rispetto all'aura di rigorosa circospezione che dominava in vita la sua variegata attivita'. Se infatti durante la sua breve esistenza la scrittrice era conosciuta soltanto da una ristretta cerchia di specialisti, dopo la pubblicazione postuma della raccolta di saggi intitolata Gli imperdonabili, effettuata da Adelphi nel 1987, il suo lavoro si e' imposto all'attenzione del pubblico e della critica come uno dei piu' rappresentativi del secolo scorso, affermandosi definitivamente con gli altri titoli apparsi in seguito. L'autrice, nonostante si misurasse con le piu' svariate attivita', fece di tutto per rimanere nell'ombra: adopero' vari pseudonimi per firmare traduzioni e collaborazioni a riviste e giornali (Cristina Campo era infatti un nom de plume, in quanto il suo vero nome era Vittoria Guerrini) e pubblico' in vita soltanto tre libri: la silloge poetica Passo d'addio (All'Insegna del Pesce d'Oro, 1956) e le raccolte di saggi intitolate Fiaba e mistero (Vallecchi, 1962) e Il flauto e il tappeto (Rusconi, 1971). Proprio sulla bandella di quest'ultimo libro appare quella significativa nota che sembra caratterizzare cosi' bene il suo percorso letterario, mai disgiunto da una macerazione spirituale che rasenta un'ascesi di ascendenza quasi monacale: "Cristina Campo e' uno pseudonimo. E' cresciuta a Firenze nell'ambiente del padre compositore. Ha scritto poco e le piacerebbe avere scritto meno. [...] Oltre alla poesia il suo maggiore interesse e' la liturgia: l'ex romana, la bizantina". E' quanto mai significativo che, in un'epoca dominata dal dogmatismo ideologico che aveva irretito gran parte dell'intellighenzia italiana, gli interessi di Cristina si orientassero in direzione pressoche' antitetica: la poesia e la liturgia. Strano connubio che contraddistingue un percorso isolato e rigoroso, che sembra fare di Cristina Campo una sorta di Simone Weil autoctona. E non e' un caso che sara' proprio l'opera della scrittrice francese a segnare in maniera inimitabile il lavoro della Campo, con quella netta contrapposizione tra La pesanteur et la grace, come si intitola una fondamentale raccolta di saggi weiliana del 1948, che sembra presiedere alla sua stessa poetica. E' presente negli scritti di Cristina un profondo legame tra le materie predilette, che spaziano dalla poesia alla traduzione, dal saggio di taglio erudito all'investigazione esegetica che conserva tratti molto personali e profondi. Risulta percio' un po' riduttivo circoscrivere i suoi interessi cosi' variegati nell'ambito di un "genere" tout court, definito in maniera netta e lineare. Si dovra' considerare il fatto che qualsiasi occasione puo' costituire lo spunto per disquisire su un determinato tema: la nervatura di una foglia, il ricamo di un tappeto, l'eco di una fiaba rappresentano, come una madeleine proustiana, il richiamo per modulare delle variazioni che indulgono a una dimensione spirituale autentica e dolorosa. * Poesia e liturgia Passo d'addio, il suo esordio poetico che rappresenta anche l'unico libro di liriche pubblicato in vita, raccoglie significativamente soltanto undici componimenti, dominati da uno stile che si differenzia notevolmente rispetto ai canoni letterari del tempo, modulati sulle tendenze piu' contrastanti: da una parte il neorealismo, dall'altra le derive dell'ermetismo, con l'avvento ormai incombente degli stilemi dettati dalle neoavanguardie. La poesia della Campo sembra invece risentire di uno stile semplice e lineare, che si basa su una compostezza di tipo classico derivata dai suoi innumerevoli lavori di traduzione e dai suoi maestri dichiarati come Hofmannsthal e la Weil. Scrive Margherita Pieracci Harwell, che oltre a essere raffinata esegeta dell'opera della Campo, fu una delle sue piu' care amiche: "Per penetrare piu' a fondo nel pensiero di Cristina Campo le due guide piu' sicure sono Hugo von Hofmannsthal e Simone Weil - fino ai tardi anni Sessanta i piu' costanti phares di questa instancabile, ma soprattutto selettiva e fedelissima lettrice". I versi che figurano in questa silloge, composti tra il 1954 e il 1955, con eccezione della prima poesia datata 1945, risentono degli spunti e delle atmosfere piu' varie, nel tentativo di rendere "bianche tutte le mie lettere, / inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa". Sembra un inno alla grazia che si riverbera talora in versi di una delicatezza dickinsoniana, talaltra in enigmatiche asperita' di derivazione eliotiana: "Ora non resta che vegliare sola / col salmista, coi vecchi di Colono". E non e' un caso che sia Emily Dickinson sia Eliot furono tra gli autori prediletti della Campo che li tradusse da par suo. Gia' Leone Traverso, in una recensione apparsa sulla rivista "Letteratura" nel 1957, rimarcava sia le fonti plurime d'ispirazione che sottendono alla nascita di certe poesie (con riferimenti piu' o meno espliciti alle Mille e una notte, a Lawrence d'Arabia, a Paolo di Tarso), sia l'oscurita' di taluni passaggi: "Ci si incontra in altre liriche a passi che sembrano a prima vista invalicabili, non per arbitrii sintattici o lessicali, ma perche' occulto rimane il pozzo profondo da cui sorgono certe immagini". La Tigre Assenza, pubblicato da Adelphi nel 1991, raccoglie tutta la produzione poetica della Campo, comprese le traduzioni in versi. Oltre a Passo d'addio figurano altre due brevi sezioni, intitolate rispettivamente Quadernetto e Poesie sparse. In tutto si tratta di una trentina di liriche che, per il loro potere ipnotico e la loro intrinseca bellezza, si configurano tra le espressioni piu' perfette e compiute della sua opera. La poesia che da' il titolo alla raccolta si ispira alla morte dei genitori che ebbero una profonda influenza sulla formazione di Cristina: "Ahi che la Tigre, / la Tigre Assenza, / o amati, / ha tutto divorato / di questo volto rivolto / a voi! La bocca sola / pura / prega ancora / voi: di pregare ancora / perche' la Tigre, / la Tigre Assenza, / o amati, / non divori la bocca / e la preghiera...". Bisogna segnalare inoltre gli ultimi versi, composti negli anni Settanta e ispirati a una religiosita' dominata da figure bibliche o attinenti al mondo della liturgia (la Campo, oltre a condurre una strenua battaglia a favore dell'opera di monsignor Marcel Lefebvre per il ripristino della Messa in latino, predilesse il rito bizantino-slavo). In quest'ottica risaltano i versi di Missa Romana e dell'intenso poemetto intitolato Diario bizantino, a proposito del quale rileva Roberto Calasso: "Il testo della Campo resiste a questa letterale prova del fuoco. E resiste anche alle due prove sperimentali a cui la poesia deve sottomettersi e da cui deve uscire vittoriosa. La prima: che le sue parole agiscano anche se il lettore non sa con sicurezza a che cosa alludano. La seconda: che la conoscenza delle cose a cui alludono le parole della poesia dilati infinitamente la loro risonanza e il loro spessore". * La perfezione della prosa Il secondo titolo della Campo fu Fiaba e mistero, edito da Vallecchi nel 1962 nella collana dei "Quaderni di pensiero e di poesia". Il volumetto, contenente cinque tra i piu' riusciti saggi della scrittrice, fu pubblicato in un'edizione numerata di 600 esemplari. Nella stessa collana vedra' la luce anche la raccolta di saggi intitolata Spagna di Maria Zambrano, che fu amica della Campo. Entrambi i primi due titoli pubblicati denotano la scarsa propensione dell'autrice a diffondere i propri testi in maniera indiscriminata, bensi' la tendenza a rendere note con parsimonia le proprie pubblicazioni. Non e' un caso che, a parte qualche sparuta segnalazione, i due libri venissero subito relegati nel dimenticatoio. La stessa autrice scriveva significativamente a Leone Traverso il 10 ottobre 1962 a proposito di Fiaba e mistero: "Ora anche di questo libretto mi e' venuto un enorme desiderio che nessuno si accorga. Una parola e' sufficiente per toglierti tutto il piacere di averlo scritto, farti sentire 'as public as a frog', il che equivale a non scrivere piu'". Il flauto e il tappeto, pubblicato da Rusconi nel 1971, costituisce il terzo e ultimo libro pubblicato in vita. Si tratta di una raccolta di saggi (alcuni di questi ripresi dal volumetto precedente) in cui l'autrice disquisisce intorno agli argomenti piu' disparati creando insospettabili accostamenti. Il punto di partenza collima con il punto di arrivo solo grazie a un procedimento narrativo che persegue tale obiettivo attraverso una sequenza di corrispondenze di ardua decifrazione agli occhi del profano. Il cerchio si chiude in maniera affascinante ed enigmatica, dopo un continuo peregrinare intorno ai simboli della redenzione e della perdizione. Dall'intreccio di un tappeto persiano a una "frase glaciale" di Proust, dalle considerazioni sul tema della "sprezzatura" alle suggestioni del rito gregoriano, la prosa della Campo si delinea come un perfetto emblema araldico miracolosamente scampato alla distruzione e alla rovina incombenti. Come Borges, la Campo si interroga a lungo sui propri ideali e modelli letterari, stabilendo un'opera di interpretazione quanto mai preziosa, anche se dai tratti atipici. La letteratura rappresenta per la Campo una sorta di modello che riesce a coniugare mirabilmente, nei suoi esiti piu' riusciti, etica ed estetica. Non e' un caso che la vita stessa della scrittrice risentisse in maniera esclusiva di questo connubio dagli intrecci indissolubili: si pensi, in tal senso, alle relazioni che Cristina allaccio' con il finissimo traduttore Leone Traverso e, in seguito, con quella straordinaria figura di intellettuale a tutto tondo che fu Elemire Zolla, o al fascino che esercito' su di lei il poeta Mario Luzi. Pietro Citati osservera' al riguardo: "Aveva un senso acutissimo della forma, come quasi nessuno ai nostri tempi: non voglio dire il dono della pura creazione, che in lei urtava contro troppi vincoli. Adorava la forma che coltiva se stessa, come nelle grandi creazioni dell'estetismo. La sua intelligenza non era la pura, liberata intelligenza di Dostoevskij e di Kafka, ma l'intelligenza provocata dalle tensioni e dai limiti della forma. Gli scrittori erano, per lei, dei re in incognito, dei sacerdoti nascosti; e la perfezione suprema a cui poteva giungere la letteratura era l'ombra della vestizione del vescovo, l'ombra della Missa Solemnis". Dopo la morte le prose della Campo, che si possono considerare come il punto piu' alto e significativo della sua opera, furono riproposte ed integrate in due volumi adelphiani, usciti rispettivamente nel 1987 e nel 1998: Gli imperdonabili e Sotto falso nome. Quest'ultimo volume raccoglie tutti gli scritti che Cristina pubblico' in svariati periodici con diversi pseudonimi, spesso declinati al maschile: da Puccio Quaratesi a Bernardo Trevisano, da Benedetto P. d'Angelo a Giusto Cabianca. * Le lettere dell'anima Le lettere della Campo rappresentano una fucina preziosa per chi voglia addentrarsi in una vicenda biografica spoglia ma che sottende un'inimitabile esperienza umana e spirituale, risolta con un rigore che ha pochi referenti nella letteratura italiana del secolo scorso. Pensando alla sua esperienza, intrisa di una religiosita' che trova nel rituale arcaico della liturgia la sua espressione piu' compiuta, vengono in mente le lettere che l'ebrea non praticante Simone Weil indirizzava a Jean-Marie Perrin, un giovane sacerdote cattolico, raccolte in quello straordinario libro intitolato Attesa di Dio. Nell'indimenticabile passaggio presente in una di queste lettere Simone Weil scrive: "Nel 1938 ho passato dieci giorni a Solesmes, dalla domenica delle Palme al martedi' di Pasqua, seguendo tutte le funzioni. Avevo emicranie violente, ogni suono mi faceva male come un colpo, e solo un estremo sforzo di attenzione mi permetteva di uscire dalla mia misera carne, di lasciarla soffrire sola, rannicchiata in un angolo, e di trovare una gioia pura e perfetta nella inaudita bellezza del canto e delle parole". Le lettere della Campo conservano lo stesso nitore, la stessa inesausta ricerca di una dimensione spirituale in grado di riscattare l'esistenza da una sequela di abitudini meschine. In una delle Lettere a Mita, nomignolo dato da Cristina all'amica Margherita Pieracci Harwell, si legge: "Cara, quanto dovra' sembrarle assurda questa lettera, scompigliata e priva di centro [...] Ma io non ho, davvero, che la poesia come preghiera - ma posso offrirla? E quando mai la sentiro' cosi' vera (non dico pura, ma e' differente?) da poterla deporre a quell'altare - di cui non vedo e forse non vedro' mai che i gradini - come un cesto di pigne verdi, una conchiglia, un grappolo? Di giorno in giorno mi persuado sempre piu' che non ho altro rosario, altra spada, altro libro, altro cilizio che questo. E io non parto dall'amore di Dio - sto nel buio; ma vorrei fare qualche cosa che agli altri sembrasse nato alla luce". I corrispondenti della scrittrice non furono numerosi: si tratta di amici con i quali condivideva gli interessi di tipo letterario o religioso. Cristina aveva l'abitudine di firmarsi con pseudonimi o nomignoli vari come La Pisana (ricavato da un personaggio del romanzo Le confessioni d'un italiano di Ippolito Nievo) o Vie (singolare diminutivo di Vittoria che, con l'aggiunta della "e" finale, forma in francese la parola "vita"). Del pari i suoi stessi corrispondenti erano designati con vezzeggiativi o nomi di fantasia: si pensi, oltre al caso della suaccennata Mita, a quello di Leone Traverso, chiamato Bul. Le lettere costituiscono un insostituibile strumento per conoscere piu' a fondo una scrittrice che, pur non avendo una particolare prestanza fisica essendo cardiopatica, non lesinava le sue forze pur di soccorrere gli amici in difficolta' o per sostenere le cause ritenute giuste: si pensi in tal senso al sostegno dato all'attivita' umanitaria di Danilo Dolci o alle prese di posizione, all'epoca considerate reazionarie, in favore dell'operato di monsignor Lefebvre. L'elemento privato appare solo a tratti, circonfuso da un alone poetico che ne altera i contorni realistici, relegandoli in una sorta di mondo iridato fatto di preghiere e di silenzi, di attese e di rinunce, di frasi appena sussurrate e di melanconici inviti. * Traduzioni e curatele "In certi momenti mi sembra che potrei finalmente, p.e., imbarcarmi e vagare pel mondo o magari cominciare a scrivere - non piu' al servizio di testi altrui - e sento che me ne verrebbe una strana forza, come da una difficile prova; in altri, basta un rumore a togliermi non solo una minima pace, ma la voglia di vivere. Cosi' mi rassegno a questo ufficio d''impiegato della poesia altrui' - forse un po' come Lawrence ai servizi di aviere; ma non arrivo, come lui, alla solidarieta', ma a un senso piu' sgomento e morboso di isolamento senza vera solitudine. C'e' qualcosa di piu' mostruoso che questa vita di riflesso, di tramite ai sentimenti e alle parole altrui?", scriveva Leone Traverso in una lettera indirizzata a Cristina Campo, nella q uale si rievocano le disillusioni nei confronti di una disciplina tra le piu' oscure e misconosciute in ambito letterario. L'esempio di Traverso, che fu uno dei piu' geniali traduttori italiani del Novecento (memorabili le sue versioni che spaziano dai classici come Pindaro ed Eschilo ai grandi autori di lingua tedesca Hoelderlin, Kleist, Hofmannsthal, Rilke, Trakl per approdare ai modelli linguistici piu' disparati: da Gongora a Yeats a Eluard), influenzo' notevolmente Cristina che tradusse gli autori da cui si sentiva particolarmente coinvolta. Numerose sono le versioni della Campo che considerava l'attivita' traduttoria, al pari di Traverso, non in maniera meccanicistica e passiva bensi' come qualcosa di estremamente creativo e rigoroso. Tra gli scrittori affrontati non potevano mancare gli amati Hofmannsthal e Simone Weil, della quale ricordiamo la tragedia Venezia salva (1963) e i saggi di La Grecia e le intuizioni precristiane (1967, con la collaborazione di Margherita Pieracci Harwell). Ma non si possono altresi' dimenticare le versioni da William Carlos Williams che intrattenne con l'autrice un interessante epistolario, riprodotto in Il fiore e' il nostro segno (2001) che riprende e amplia l'edizione del 1958, o quelle, superbe, delle Poesie amorose, poesie teologiche di John Donne (1971). Si tratta spesso di traduzioni effettuate in collaborazione con autori che le erano particolarmente vicini come Vittorio Sereni, con il quale portera' a termine il progetto delle Poesie dello stesso Williams nel 1961, o come Piero Draghi insieme al quale curera' i Detti e fatti dei Padri del deserto, uscito nel 1975. Le prime versioni, firmate con il suo vero nome, riguardano autori come Bengt von Toerne, Katherine Mansfield, Eduard Moerike e Virginia Woolf. Bisogna ricordare inoltre che le traduzioni in versi, originariamente disperse in antologie e riviste, sono state raccolte nella seconda parte del volume adelphiano La Tigre Assenza che rappresenta cosi' uno straordinario spaccato della raffinata interprete dei versi altrui. Da Giovanni della Croce ai metafisici inglesi, dalla Dickinson a Hoelderlin, da Eliot a Murena, gli autori tradotti formano una carrellata quanto mai esauriente riguardo ai gusti enciclopedici e alla versatilita' conoscitiva della scrittrice di Fiaba e mistero. * L'ombra e la grazia "Perfezione, bellezza. Che significa? Tra le definizioni, una e' possibile. E' un carattere aristocratico, anzi e' in se' la suprema aristocrazia. Della natura, della specie, dell'idea" scriveva la Campo nel saggio Gli imperdonabili. Gli imperdonabili sono i poeti che vanno controcorrente, che corteggiano lo stile nell'epoca in cui tutto scivola irrimediabilmente verso il basso, che, come Pound, scelgono di tacere laddove regna il piu' assordante dei vaniloqui. La stessa Cristina Campo si puo' annoverare tra quelli che lei aveva definito "imperdonabili", questi araldi della perfezione che scelgono l'ombra, il silenzio, l'anonimato nel periodo in cui impazzano l'arrivismo piu' sfrenato, la volgarita' piu' truce, le "cupezze ideologiche". Cristina decise di scomparire, di vivere da postuma, per una scelta polemica adottata contro un tempo che le proibiva di essere se stessa, di coniugare magistralmente la sua idea di perfezione e bellezza con la noncuranza dello stilita che domina il mondo dalla sua posizione arroccata fra i merli delle nuvole. Osserva Alessandro Spina: "Non fece parte di nessuna scuola, di nessun gruppo e, ancor meglio, il lettore non puo' assegnarla a nessuna scuola, a nessun gruppo, almeno del panorama nostrano, gremito e talvolta opprimente. Basta scorrere i nomi che ricorrono nelle sue lettere, nelle sue memorabili traduzioni - di autori, allora, estranei alla moda, ai dibattiti (lessico dell'epoca). La sua cultura non era intercambiabile con quella altrui e cio' indica un itinerario solitario (l'itinerario in se' e' gia' cultura), che le fece a suo tempo il vuoto intorno, e che oggi invece attira il lettore". Basta scorrere le pagine dei libri stampati dopo la sua morte per sincerarsi dell'innata predisposizione a scrivere "Con lievi mani", come emblematicamente si intitola una sua prosa, da cui ritagliamo questo piccolo cammeo in cui si poteva riconoscere il suo elegante profilo: "Si direbbe che la grazia sia la materia prima della Grazia e indubbiamente i santi avventurieri, i lucenti eroi di fiaba che con lieve cuore, con lievi mani gettarono la vita nell'Immutabile erano tagliati di quella stoffa". * In vita soltanto tre libri. Opere Cristina Campo pubblico' in vita soltanto tre libri: la plaquette poetica Passo d'addio (All'Insegna del Pesce d'Oro, 1956) e le raccolte di saggi Fiaba e mistero (Vallecchi, 1962) e Il flauto e il tappeto (Rusconi, 1971). Collaboro', a volte usando fantasiosi pseudonimi, a numerose riviste, tra cui "Paragone", "Conoscenza religiosa", "Antaios", "Elsinore", "Sur". Dopo la sua morte apparvero i seguenti volumi: Gli imperdonabili, Adelphi, 1987; Lettere a un amico lontano, Libri Scheiwiller, 1989; La Tigre Assenza, a cura di Margherita Pieracci Harwell, Adelphi, 1991; Sotto falso nome, a cura di Monica Farnetti, Adelphi, 1998; "L'infinito nel finito". Lettere a Piero Polito, a cura di Giovanna Fozzer, Via del Vento, 1998; Lettere a Mita, a cura di Margherita Pieracci Harwell, Adelphi, 1999; Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953-1967), a cura di Margherita Pieracci Harwell, Adelphi, 2007. La Morcelliana ha proposto integralmente nel 2007 il Carteggio tra Cristina Campo e Alessandro Spina. Le traduzioni apparse con il vero nome di Vittoria Guerrini sono le seguenti: Bengt von Toerne, Conversazioni con Sibelius, Monsalvato, 1943; Katherine Mansfield, Una tazza di te' ed altri racconti, Frassinelli, 1944; Eduard Moerike, Poesie, Cederna, 1948; Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Mondadori, 1959 (in collaborazione con Giuliana de Carlo). Con lo pseudonimo di Cristina Campo firmo' invece queste altre traduzioni: William Carlos Williams, Il fiore e' il nostro segno, All'Insegna del Pesce d'Oro, 1958 (ristampato dalla Libri Scheiwiller nel 2001 con una congrua sezione di inediti, tra cui il carteggio con l'autore americano e con Vanni Scheiwiller); William Carlos Williams, Poesie, Einaudi, 1961 (in collaborazione con Vittorio Sereni); Simone Weil, Venezia salva, Morcelliana, 1963; Simone Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane, Borla, 1967 (in collaborazione con Margherita Pieracci Harwell); John Donne, Poesie amorose, poesie teologiche, Einaudi, 1971; Detti e fatti dei Padri del deserto, Rusconi, 1975 (in collaborazione con Piero Draghi). Postumo e' apparso il volumetto di Cristine Koschel, L'urgenza della luce, a cura di Amedeo Anelli, Le Lettere, 2004. Bisogna inoltre menzionare la Storia della citta' di rame, tradotta dall'arabo da Alessandro Spina, con introduzione di Cristina Campo, originariamente proposta da Scheiwiller per la sua sigla editoriale All'Insegna del Pesce d'Oro nel 1963 e ristampata dalle Edizioni L'Obliquo nel 2007, oltre all'antologia I mistici, curata da Elemire Zolla per Garzanti nel 1963, e riproposta da Adelphi nel 1997 con il titolo I mistici dell'Occidente, contenente diversi contributi della Campo. * Critica I contributi critici stanno conoscendo una stagione sempre piu' fertile. Ci limitiamo a segnalare i principali: Alessandro Spina, Conversazione in Piazza Sant'Anselmo. Per un ritratto di Cristina Campo, Libri Scheiwiller, 1993, riproposto dalla Morcelliana con una sezione di inediti nel 2002; Monica Farnetti, Cristina Campo, Luciana Tufani Editrice, 1996; Per Cristina Campo, a cura di Monica Farnetti e Giovanna Fozzer, All'Insegna del Pesce d'Oro, 1998; Cristina Campo in immagini e parole, a cura di Domenico Brancale, Ripostes, 2002; Margherita Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Edizioni Studium, 2005; L'opera di Cristina Campo al crocevia culturale del Novecento europeo, a cura di Arturo Donati e Tommaso Romano, Provincia Regionale di Palermo, 2007. Va inoltre citata la fondamentale biografia di Cristina De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Adelphi, 2002. Da ricordare anche il sito www.cristinacampo.it * Una vita all'insegna della frugalita' 1923-1929 Vittoria Guerrini (che in seguito adottera' lo pseudonimo Cristina Campo) nasce il 28 aprile 1923 a Bologna da Guido Guerrini, compositore faentino, e da Emilia Putti, sorella del chirurgo ortopedico Vittorio Putti che accoglie la famiglia, fino al 1929, nella residenza sita nel parco dell'Ospedale Rizzoli di Bologna. Cristina e' affetta da una forma di cardiopatia che non le permette di intraprendere un normale iter scolastico. 1930-1944 I Guerrini si trasferiscono a Firenze dove il padre e' chiamato a dirigere il Conservatorio Cherubini. Cristina compie studi irregolari. Stringe amicizia con Anna Cavalletti, una coetanea con la quale condivide le prime infatuazioni letterarie e che morira', giovanissima, nel 1943, in un bombardamento. Pubblica, con il suo vero nome, la prima traduzione: le Conversazioni con Sibelius di Bengt von Toerne, cui seguira', nel 1944, la versione di Una tazza di te' ed altri racconti di Katherine Mansfield per Frassinelli. 1945-1951 Frequenta l'ambiente letterario fiorentino dove conosce Leone Traverso cui si lega affettivamente e che le fa scoprire l'opera di Hofmannsthal. Nel 1948 pubblica con l'editore Cederna la versione delle Poesie di Eduard Moerike. Nel 1951 da' vita, insieme a Gianfranco Draghi, alla "Posta letteraria" del "Corriere dell'Adda", che avra' tra i suoi collaboratori Luzi, Bigongiari e De Robertis. Fu Draghi a iniziare la Campo al culto di Simone Weil, facendole conoscere La pesanteur et la grace. 1952-1962 La scrittrice lavora alacremente al progetto di un'antologia che non riuscira' a realizzare: il Libro delle ottanta poetesse annunciato dall'editore Casini per il 1953. Collabora a varie riviste e dedica particolare attenzione all'opera di Luzi. Nel 1955 si trasferisce con la famiglia a Roma dove il padre va a dirigere il Conservatorio di Santa Cecilia. Frequenta Francesco Tentori, Maria Zambrano e Margherita Dalmati, ma anche il "mitico" Bobi Bazlen e il dottor Ernst Bernhard che introdusse per primo l'opera di Jung in Italia. Nel 1956 pubblica il suo primo libro, un'esile raccolta di poesie intitolata Passo d'addio per All'Insegna del Pesce d'Oro di Vanni Scheiwiller che, due anni dopo, stampera' anche le traduzioni da Williams: Il fiore e' il nostro segno. Nel 1962 lo stesso editore pubblica Storia della citta' di rame, tradotta da Alessandro Spina e con un'introduzione della Campo. Si lega sentimentalmente ad Elemire Zolla. Nel 1961 firma con Sereni la traduzione delle Poesie di Williams per Einaudi. Nel 1962 esce da Vallecchi il volume di saggi Fiaba e mistero. 1963-1977 Collabora all'antologia I mistici, curata da Zolla nel 1963 per Garzanti. La Morcelliana pubblica la traduzione della Venezia salva di Simone Weil. Nel 1965 e' la volta de La Grecia e le intuizioni precristiane della stessa Weil per l'editore Borla. Tra il 1964 e il 1965 muoiono sia la madre che il padre. Nel 1966 da' vita alla sezione italiana di "Una voce", associazione internazionale in difesa del rito cattolico in latino. Nel 1971 escono il libro di saggi Il flauto e il tappeto, pubblicato da Rusconi, e le Poesie amorose, poesie teologiche di John Donne per Einaudi. Per diversi anni intrattiene un rapporto epistolare con il filosofo Angelo Emo. Nel 1975 cura con Piero Draghi i Detti e fatti dei Padri del deserto, edito da Rusconi. Frequenta regolarmente le funzioni religiose dell'Abbazia benedettina di Sant'Anselmo e, successivamente, del Russicum, affascinata dal rito bizantino. Si spegne il 10 gennaio 1977. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 548 del 15 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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