Nonviolenza. Femminile plurale. 195



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 195 del 19 luglio 2008

In questo numero:
1. Nawal El Saadawi: Perseguitate
2. Leonetta Bentivoglio intervista Rita Levi Montalcini (2006)
3. Maurizio Schoepflin: Edith Stein, Hannah Arendt e Simone Weil nel cuore
del Novecento (2002)

1. RIFLESSIONE. NAWAL EL SAADAWI: PERSEGUITATE
[Dal "Corriere della sera" del 19 dicembre 2007 col titolo "Noi,
perseguitate nel nome di Dio" e il sommario "Testimonianze. Scrittrice,
psichiatra e femminista: parla l'intellettuale egiziana che rischia la
condanna per avere contestato l'ortodossia. Oggi mi accusano di eresia per
aver denunciato le discriminazioni patriarcali dei libri sacri. Le donne
nell'Islam sono oppresse da maschilismo, verginita' obbligatoria,
mutilazioni, velo. La speranza: serve un'autentica democrazia per
contrastare tutte le forme di violenza e sfruttamento che colpiscono i
soggetti deboli".
Nawal El Saadawi (traslitterata anche in Nawal Al Saadawi o Nawal al
Sa'dawi), intellettuale femminista egiziana, scrittrice e psichiatra, nata
nel 1932 in un villaggio sul Nilo non lontano dal Cairo, laureata in
medicina e specializzata in psichiatria, autrice di rilevanti saggi e
romanzi, soprannominata "la Simone de Beauvoir egiziana", e' una delle
figure piu' rilevanti della lotta per i diritti delle donne e per il suo
impegno ha subito gravissime persecuzioni. Tra le opere di Nawal el Saadawi:
in italiano: Firdaus, storia di una donna egiziana, Giunti, 2001; Una figlia
di Iside, Nutrimenti, 2002; in inglese: The Hidden Face of Eve: Women in the
Arab World, Zed Books, 1980; God Dies by the Nile, Zed Books, 1985; Memoirs
of a Woman Doctor, City Lights Books, 1989; Innocence of the Devil,
University of California Press, 1998; A Daughter of Isis: The Autobiography
of Nawal El Saadawi, Zed Books, 1999;  Walking Through Fire: A Life of Nawal
El Saadawi, Zed Books, 2002; Woman at Point Zero, Zed Books, 2007. Una
recensione di Daniela Padoan a Una figlia di Iside (l'autobiografia di Nawal
El Saadawi) e' ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 412. Il sito di Nawal el
Saadawi e' www.nawalsaadawi.net]

L'opposizione ai diritti delle donne e dei poveri e' universale, non
esclusiva delle nostre regioni arabe o dei paesi islamici. Negli Stati Uniti
l'amministrazione Bush e' sostenuta dalla coalizione cristiana, che non solo
e' contraria ai diritti delle donne, ma da' la colpa delle rotture familiari
ai movimenti di liberazione delle donne. Promuove i cosiddetti "valori della
famiglia" e la "verginita'" delle ragazze prima del matrimonio. Organizza i
purity balls (balli della purezza), in cui viene applicato un doppio
standard morale. I padri portano a questi balli le figlie per proteggere la
loro verginita' o conservarle pure per il matrimonio. Ma non ci sono balli
simili per le madri e i figli maschi.
I delitti d'onore sono collegati alla verginita' e non sono circoscritti
alla cultura araba o islamica. Il concetto di verginita' e' radicato
nell'ebraismo e nel cristianesimo. Per esempio, la Vergine Maria e' la madre
ideale e le monache sono velate. In Europa l'usanza di mettere il velo alle
donne era limitata ai gruppi tradizionali ebraici e islamici. Oggi e' sempre
piu' comune nelle comunita' di immigrati islamici in Olanda, Francia, Gran
Bretagna, Belgio e in altri paesi europei. A volte e' accompagnata dalla
mutilazione genitale femminile. Sia il velo che quest'ultima sono
considerati dai capi politici e religiosi di queste comunita' come
appartenenti all'identita' islamica, nell'ambito del cosiddetto "relativismo
culturale". Questo fa parte dell'inganno e del lavaggio del cervello
inflitti alle donne, in Egitto e in molti altri paesi.
La mistificazione del relativismo culturale va avanti da tre decenni, ed e'
una forma di violenza psicologica. La mutilazione della mente non e' meno
criminale di quella genitale femminile o maschile, anzi, e' forse ancor piu'
pericolosa. E' usata per mutilare corpo e anima, per giustificare la
violenza contro donne e poveri. Una mentalita' arretrata considera i diritti
delle donne un attacco diretto alla legge divina, ai valori morali e alle
tradizioni sacre. La tradizioni, sacre e non, rispecchiano sistemi di potere
nello Stato e nella famiglia. Esse cambiano con il tempo e il luogo. Non
sono fisse, immutabili o eterne. Sono scelte selettivamente da gruppi
politici per conservare le strutture capitaliste patriarcali sia globalmente
che localmente. Quando le donne lottano per i diritti umani in un sistema
capitalistico patriarcale, vengono etichettate come traditrici della
religione, del paese, della cultura, della loro identita' autentica, della
morale, della castita', eccetera. Ma dobbiamo continuare a lottare, non
dobbiamo farci intimorire. Dobbiamo organizzarci globalmente e localmente.
La soluzione e' una lotta globale. La liberta' costa cara, ma il prezzo
della schiavitu' e' ancora piu' alto, percio' e' meglio pagare un prezzo per
essere libere piuttosto che per essere schiave. Dobbiamo unirci per
mobilitare uomini, donne, giovani e bambini e organizzare e instaurare un
potere politico e sociale in grado di cambiare i valori e le leggi
patriarcali e classisti esistenti. Per questo serve una vera democrazia. E
la liberta' di organizzazione e di critica. E' necessaria una lotta
collettiva contro la dittatura dello Stato e della famiglia, e contro la
falsa coscienza creata dai mass-media governativi e dal sistema scolastico.
Se lo Stato stesso e' fondato su patriarcato, classe e religione, come puo'
combattere l'oppressione che e' il prodotto di patriarcato, classe e
religione?
L'opposizione ai diritti delle donne e dei poveri si sta diffondendo. In
Egitto si sentono sempre di piu' gli effetti della globalizzazione e del
neocolonialismo americano, che causano una crescente poverta' (il 40% degli
egiziani vive sotto il livello di poverta'), l'aumento del tasso di
disoccupazione, il deterioramento dei servizi sanitari, scolastici e dei
mass-media, e il dominio di gruppi fondamentalisti retrogradi religiosi e
politici.
Il 28 gennaio 2007 sono stata interrogata in tribunale dal pubblico
ministero. Io e mia figlia, Mona Helmy, scrittrice e poetessa, siamo state
processate con l'accusa di apostasia. Perche'? Perche' lei ha scritto un
articolo in un settimanale, chiedendo che il cognome della madre sia
rispettato e non ignorato, e ha detto che avrebbe firmato i suoi articoli e
i suoi libri con entrambi i cognomi, quello della madre e quello del padre.
Il mio crimine sono i miei scritti, e anche la mia battaglia contro l'uso
patriarcale della lingua nella religione e nella politica, quando affermo
che Dio non e' ne' maschio ne' femmina, che Dio e' simbolo di giustizia,
liberta' e amore, come mi diceva la mia nonna contadina piu' di 65 anni fa.
Dio e' simbolo di giustizia e non un libro sfornato da una tipografia. Non
c'e' pace nel mondo, nelle nazioni o nelle famiglie senza giustizia. Non
c'e' liberta' o vera democrazia senza giustizia.
Il 27 febbraio scorso Al Azhar (la piu' importante istituzione islamica in
Egitto e in tutto il mondo islamico) mi ha accusata di apostasia ed eresia
per un mio lavoro teatrale dal titolo "Al summit dei potenti Dio si
dimette", pubblicato in arabo al Cairo in gennaio. In quest'opera espongo le
contraddizioni e le discriminazioni patriarcali, di classe e razziste
radicate nei tre libri monoteisti: l'Antico e il Nuovo Testamento e il
Corano. Mostro che questi testi sono politici, che parlano di potere, denaro
e sesso. Che in essi prevale il doppio standard morale: l'inferiorita' delle
donne rispetto agli uomini, la dittatura, il razzismo, le guerre e
l'uccisione di eretici o infedeli. La maggior parte dei governi del mondo
usa questi testi sacri per opprimere la popolazione. La religione e'
asservita al sistema politico. E' usata da gruppi di potere che giustificano
l'ingiustizia dicendo che e' un volere divino. Nell'opera teatrale il Dio
dei libri si dimette quando deve confrontarsi con le sue contraddizioni e
ingiustizie.
Il revival dei movimenti religiosi fondamentalisti in tutto il mondo ha
aumentato l'oppressione delle donne e dei poveri. Il pensiero creativo e'
condannato, perche' toglie il velo alla mente ed espone i paradossi di
politica, religione e sesso. In febbraio, camminando per le strade del Cairo
e di Bruxelles ho incontrato giovani donne che si coprivano il capo con un
velo, ma i cui jeans aderenti lasciavano scoperta la parte superiore
dell'addome. Le donne sono le vittime piu' evidenti delle contraddizioni
religiose e politiche: sono velate perche' viene imposto dalla religione, e
nude perche' cosi' vuole il consumismo della globalizzazione e del
cosiddetto libero mercato, che e' liberta' per i potenti di sfruttare i
deboli.

2. RIFLESSIONE. LEONETTA BENTIVOGLIO INTERVISTA RITA LEVI MONTALCINI (2006)
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 16 aprile 2006 col titolo "Rita Levi
Montalcini, vita da Nobel. 'Il pensiero, se lo coltivi, funziona'" e il
sommario "L'incontro. Tra una settimana la scienziata compira' 97 anni ma a
eta' e anniversari non ha mai dato alcun peso. Ha appena pubblicato un libro
sui 'nuovi magellani' di Internet. 'Non ho mai sperimentato cosa volesse
dire solitudine'".
Leonetta Bentivoglio, giornalista, e' inviata speciale per la sezione
Cultura e spettacolo del quotidiano "La Repubblica". Tra le opere di
Leonetta Bentivoglio: La danza moderna, Longanesi, Milano 1977; Tanztheater.
Dalla danza espressionista a Pina Bausch, Di Giacomo, Roma 1982; La danza
contemporanea, Longanesi, Milano 1985; Il teatro di Pina Bausch, Ubulibri,
1985, 1991; Il mio Verdi, Socrates, Roma 2000; (con Francesco Carbone),
Vieni, balla con me in Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, Barbes, 2008.
Rita Levi Montalcini, illustre scienziata italiana, premio Nobel per la
medicina nel 1986, senatrice a vita. Opere di Rita Levi Montalcini: Il
messaggio nervoso, Rizzoli, Milano 1975; Elogio dell'imperfezione, Garzanti,
Milano 1987; Sclerosi multipla in Italia: aspetti e problemi, Aism, 1989;
Ngf: apertura di una nuova frontiera nella neurobiologia, Roma-Napoli, 1989;
Il tuo futuro, Garzanti, Milano 1993; Per i settanta anni della Enciclopedia
italiana, 1925-1995, Istituto della Enciclopedia italiana, 1995; Senz'olio
contro vento, Baldini & Castoldi, Milano 1996; L'asso nella manica a
brandelli, Baldini & Castoldi, Milano 1998; La galassia mente, Baldini &
Castoldi, Milano 1999; Cantico di una vita, Raffaello Cortina Editore,
Milano 2000; Un universo inquieto. Vita e opere di Paola Levi-Montlcini,
Baldini Castoldi Dalai, Milano 2001; Tempo di mutamenti, Baldini Castoldi
Dalai, Milano 2002; Abbi il coraggio di conoscere, Rizzoli, Milano 2004;
Tempo di azione, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2004; Eva era africana,
Gallucci, 2005; I nuovi Magellani nell'era digitale, Rizzoli, Milano 2006;
Tempo di revisione, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006; Rita
Levi-Montalcini racconta la scuola ai ragazzi, Fabbri, Milano 2007. Cfr.
anche il sito www.ritalevimontalcini.org]

Pochi sanno essere vecchi, sentenzio' La Rochefoucauld. Di quei pochi la
sovrana e' Rita Levi Montalcini, che tra una settimana - il 22 del mese -
compie 97 anni, "pero' che importa, io non ho mai dato alcun peso agli
anniversari e ai festeggiamenti", avverte lei quieta e splendente nella sala
riunioni della sede della fondazione che porta il suo nome. Il luogo ferve
di attivita' e colori: computer accesi, donne al lavoro gentili e
sorridenti, pareti tappezzate dai quadri di Paola Levi Montalcini, gemella
adorata di Rita, tanto che "quando, il 29 settembre del 2000, il suo polso
cesso' di battere sotto la mia mano", confessa lei, "ho pensato che anche la
mia vita fosse giunta al termine".
La gloriosa scienziata, premio Nobel per la medicina nell'86, appare come
una signora minuta e decisa. Il piglio e' principesco, l'eleganza e' molto
piemontese: asciutta, senza sfarzo; ma curatissima nei dettagli.
Capigliatura bianca modellata con morbidezza e amore, piccoli e raffinati
gioielli al collo e ai polsi, scarpe molto femminili, con il tacco alto.
Il portamento e' eretto, la pelle e' diafana. Ha la luce di un antico
cammeo. L'abito e' un Capucci nero e setoso, tagliato d'incanto, con sottili
bordi verdi che sottolineano il collo all'orientale. Da sempre le piace
essere vestita bene: "Che vuole, non potendo cambiare me stessa cambio il
vestito".
La voce e' limpida, la conversazione e' lucidissima. "Credo che il mio
cervello, sostanzialmente, sia lo stesso di quand'ero ventenne. Il mio modo
di esercitare il pensiero non e' cambiato negli anni. E non dipende certo da
una mia particolarita', ma da quell'organo magnifico che e' il cervello. Se
lo coltivi funziona. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si
indebolisce. La sua plasticita' e' formidabile. Per questo bisogna
continuare a pensare".
E infatti Rita lavora sempre, instancabilmente, occupandosi di Ebri,
l'istituto europeo di ricerche sul cervello di cui e' stata ispiratrice ed
e' presidente, e della fondazione a lei intitolata che reperisce
finanziamenti da destinare all'istruzione delle donne che vivono
nell'emisfero Sud del mondo. "Certo, con l'eta' qualche limitazione ce l'ho
anch'io. Da qualche tempo ho gravi problemi di vista. Pero' col video
ingranditore riesco ancora a leggere, anche se con piu' lentezza di prima.
In passato mi alzavo alle quattro del mattino (ho sempre dormito poco) e
alle nove avevo gia' letto cento pagine. Ora, nello stesso arco di tempo,
riesco a leggerne una decina. Il che non m'impedisce di scrivere libri".
L'ultimo, I nuovi magellani nell'era digitale, firmato con la "la mia
carissima collaboratrice Giuseppina Tripodi" e appena pubblicato da Rizzoli,
e' dedicato a uno dei temi che piu' le stanno a cuore: le potenzialita'
offerte dalla rivoluzione digitale a coloro che definisce, appunto, "i nuovi
magellani". Navigatori sulle vie della conoscenza, paladini della
cooperazione globale.
"Oggi i giovani", dice, "devono affrontare realta' drammatiche come la
poverta', il razzismo, l'analfabetismo, la negazione dei diritti civili in
molti paesi. Lo sviluppo tecnico e scientifico ha aperto spazi sterminati
all'esplorazione, e le nuove generazioni potranno utilizzarli al meglio. Non
bisogna aver paura dell'informatica, perche' da sempre il progresso e'
portatore di cultura e di democrazia. Occorre sfruttare le potenzialita' di
Internet per metterle al servizio dei popoli piu' svantaggiati".
E' anche grazie a discorsi come questi che Rita Levi Montalcini e' diventata
una sorta di icona giovanile. Ogni sua apparizione nelle universita' e'
accolta da festosi applausi. La sua presenza e' simbolo d'impegno
umanitario, rivendicazione di valori condivisi, specchio di sapere
profondamente laico, apertura di nuovi orizzonti, bandiera del cammino di
emancipazione delle donne. Sensibile alle tragedie del Terzo Mondo, e
battagliera nel promuovere la consapevolezza degli immensi benefici
dell'istruzione, Rita si adopera soprattutto per la parte di umanita' che si
dimostra ancora come piu' fragile, quella femminile.
"E' impressionante che nel mondo ci siano 880 milioni di analfabeti. Bisogna
dare alle donne la possibilita' di usare il cervello, insegnare loro a
utilizzare gli strumenti dell'informatica. Adoperarsi in questa direzione e'
un obbligo. La mia fondazione, di recente, ha attribuito 800 borse di studio
alle donne africane nelle varie fasce di eta': prescolare, scolare,
universitaria e post-universitaria. Per la componente femminile del genere
umano e' giunto il tempo di assumere un ruolo determinante nella gestione
del pianeta. La rotta imboccata dal genere umano sembra averci portato in un
vicolo cieco di autodistruzione. Le donne possono dare un forte contributo
in questo momento critico".
E' cosi' ottimista sul genere femminile? Cosa risponde a chi sostiene che le
donne occidentali, in ambito lavorativo, rischiano di assumere i peggiori
vizi maschili? "Rispondo che quando si e' affamati da troppo tempo, e si ha
la possibilita' di accedere a un cibo, lo si utilizza piu' di quando si e'
sazi. Alla donna e' mancato tutto. Io ne so qualcosa. Mio padre aveva deciso
che mio fratello doveva andare all'Universita', mentre le sue tre figlie
erano destinate alle scuole femminili per affrontare il ruolo che spettava
loro di future mogli e madri. Alla donna, da bambina, nell'era vittoriana,
si insegnava ad essere graziosa e gentile. Che ingiustizia. Ne ho sofferto
moltissimo".
La propria infanzia, eta' ingenerosa, segnata dal rapporto col padre troppo
autoritario, Rita se la ricorda bene. "Mi sentivo inferiore da ogni punto di
vista, intellettuale e fisico. Intellettualmente il mio idolo era Gino, il
fratello piu' grande, mentre Paola, la mia gemella, era molto portata per
l'arte. Tra loro due ero come il brutto anatroccolo, perennemente giudicata
e inibita da un padre severo, che mi incuteva timore. Ogni suo desiderio
doveva essere esaudito. E' stato questo a farmi decidere di non sposarmi
mai. Avevo tre anni quando ho pensato: da grande non faro' la vita che sta
facendo mia madre. Mai avuto piu' alcuna esitazione o rimpianto in tal
senso. La mia vita e' stata ricca di ottime relazioni umane, lavoro e
interessi. Non ho mai sperimentato cosa volesse dire la solitudine".
Il fatto di non avere avuto figli non le manca. Chiama "mio figlio" l'Ngf,
sigla della proteina che stimola la crescita delle cellule nervose. E' la
scoperta che l'ha condotta al Nobel. La storia e' nota: nonostante la
sfiducia paterna, Rita studio' brillantemente a Torino, la sua citta',
specializzandosi in neurobiologia e diventando l'assistente di Giuseppe
Levi, "persona molto simile a mio padre per autoritarismo. Aveva un grande
fascino su di me, anche se piu' dal lato umano che scientifico. I suoi
metodi erano vecchio stile, ma ne ammiravo il valore morale e culturale".
Poi Rita Levi Montalcini, con le leggi razziali, fu costretta a rinunciare
al posto di assistente universitaria: non aveva neppure accesso alle
biblioteche. Oggi afferma che l'essere ebrea non e' mai stato per lei motivo
ne' di orgoglio ne' di umiliazione: "Non sono ortodossa, non vado mai in
sinagoga. Sono totalmente laica, non ho ricevuto alcuna educazione
religiosa. Mio padre ci diceva: siate liberi pensatori. Per me quello che
conta, in una persona, non e' che sia ebrea o cattolica, ma che sia degna di
rispetto. E sono convinta che non esistano le razze, ma i razzisti".
Anche durante le persecuzioni razziali Rita continuo' a lavorare, allestendo
un piccolo laboratorio nella casa in cui viveva, nell'astigiano. E dopo la
guerra accetto' l'invito ad andare a proseguire le sue ricerche negli Stati
Uniti. Fu nel 1951, alla Washington University di St. Louis, che la
ricercatrice osservo' per la prima volta l'effetto esercitato dal trapianto
di un tumore di topo sul sistema nervoso dell'embrione di un pulcino. Quel
fenomeno, la cui scoperta le avrebbe fatto meritare il massimo
riconoscimento per una scienziata, fu chiamato il "Nerve Growth Factor".
"Ci arrivai con la fortuna e l'istinto. Conoscevo in tutti i dettagli il
sistema nervoso dell'embrione e ho capito che quello che stavo osservando al
microscopio non rientrava nelle norme. Una vera rivoluzione: andava,
infatti, contro l'ipotesi che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente
programmato dai geni. Per questo decisi di non mollare".
Se le si chiede del suo affetto piu' grande, torna con entusiasmo e
commozione il nome di Paola, la sorella artista. La loro corrispondenza,
documentata nel bellissimo epistolario di famiglia raccolto nel volume
Cantico di una vita (Raffaello Cortina Editore), e' una vicenda emozionante
di scambi, affinita', intrecci di affetto e pensiero. Arte e scienza come
viaggi paralleli.
Su Paola, dopo la sua morte, per rivendicarne la grandezza di artista ed
esorcizzare il dolore della perdita, Rita scrisse un libro appassionato, Un
universo inquieto (Baldini e Castoldi). L'apprendistato con Felice Casorati,
l'isolamento nel dopoguerra, il passaggio al non-figurativo e all'astratto,
l'approdo a tecniche non pittoriche e alle opere piu' recenti, strutture
cinetico-luminose, di metallo e rame: tutto converge nel ritratto di una
donna libera e schiva, che lavoro' svincolata dagli schemi.
"Paola non e' stata valorizzata quanto meritava, ma a lei non importava
nulla dei mercanti. Ora che e' scomparsa si moltiplicano i riconoscimenti.
In giugno, a Roma, ci sara' una mostra delle sue opere. Ne seguiranno una a
New York e un'altra a Los Angeles".
"L'universo inquieto" di Paola ha conservato a lungo, per la scienziata, una
componente misteriosa.
"Quando vivevo in America, mi chiedevo se un mio rientro in Italia mi
avrebbe dato modo di godere della sua vicinanza e di comunicare con lei. Mi
domandavo se saremmo finalmente vissute vicine, godendo del vincolo
affettivo che ci ha sempre legate, e se avrei avuto accesso al mondo da cui
Paola attingeva la sua straordinaria capacita' creativa".
Rita torno' in Italia, e Paola venne a vivere a Roma con lei. In seguito,
nei lunghi anni di convivenza, Rita senti' di aver superato quella barriera.
Perche', come nel cammino di arte e scienza, "due rette parallele si
incontrano all'infinito".

3. MAURIZIO SCHOEPFLIN: EDITH STEIN, HANNAH ARENDT E SIMONE WEIL NEL CUORE
DEL NOVECENTO (2002)
[Dalla "Gazzetta del sud" del 20 aprile 2002 col titolo "Grandi pensatrici
nel cuore del '900. Ricordando la Stein, la Arendt e Simone Weil".
Maurizio Schoepflin (Firenze 1954), insegna filosofia nei licei e presso
l'Istituto superiore di scienze religiose all'Apollinare di Roma; e' stato
docente a contratto nella Facolta' di Scienze politiche della Libera
universita' internazionale di studi sociali "Guido Carli" (Luiss) di Roma;
ha tenuto cicli di lezioni presso la Facolta' teologica dell'Italia Centrale
di Firenze. Collabora con vari periodici, tra cui: "Studi cattolici",
"Radici cristiane", "Tracce", "Il Timone", "Jesus", "Letture"; con Radio Rai
e col Portale web "Documentazione interdisciplinare di scienza e fede".
Scrive sulle pagine culturali dei quotidiani "Avvenire", "Il Giornale", "Il
Foglio", "Giornale di Brescia" e del settimanale "Toscana oggi". Tra le
opere di Maurizio Schoepflin: Il "De magistro" di Sant'Agostino e il tema
dell'educazione nel cristianesimo antico, Paravia, Torino 1994; Il "Fedone"
di Platone e il problema dell'anima nel pensiero greco, Paravia, Torino
1995; Filosofi. Vita, opere e pensiero di tutti i grandi pensatori
occidentali, Piemme, Casale Monferrato 1995; In itinere. Studi filosofici e
altri saggi, Euroma La Goliardica, 1996; Via amoris. Immagini dell'amore
nella filosofia occidentale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; L'amore
secondo i filosofi, Citta' Nuova, Roma 1999; (con Linda Seren), San
Valentino di Terni. Storia, tradizione, devozione, Ocd, 2000; L'insegnamento
della filosofia in Italia oggi, Leonardo da Vinci, 2001; Maurice Blondel.
Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002; La felicita' secondo
i filosofi, Citta' Nuova, Roma 2003; Pensare da credenti. Ritratti di
filosofi dell'Europa cristiana, Edizioni dell'Immacolata, Borgonuovo 2005;
Piccolo dizionario dei filosofi, Solfanelli, 2006.
Edith Stein, filosofa tedesca, e' nata a Breslavia nel 1891 ed e' deceduta
nel lager di Auschwitz nel 1942. Di famiglia ebraica, assistente di Husserl,
pensatrice tra le menti piu' brillanti della scuola fenomenologica,
abbraccio' il cattolicesimo e nel 1933 entro' nella vita religiosa. I
nazisti la deportarono ed assassinarono. Opere di Edith Stein: le opere
fondamentali sono Il problema dell'empatia, Franco Angeli (col titolo
L'empatia) e Studium; Psicologia e scienze dello spirito, Citta' Nuova; Una
ricerca sullo Stato, Citta' Nuova; La fenomenologia di Husserl e la
filosofia di san Tommaso d'Aquino, Memorie Domenicane, poi in La ricerca
della verita', Citta' Nuova; Introduzione alla filosofia, Citta' Nuova;
Essere finito e Essere eterno, Citta' Nuova; Scientia crucis, Postulazione
generale dei carmelitani scalzi. Cfr. anche la serie di conferenze raccolte
in La donna, Citta' Nuova; e la raccolta di lettere La scelta di Dio, Citta'
Nuova, Roma 1974, poi Mondadori, Milano 1997. Opere su Edith Stein: per un
sintetico profilo cfr. l'"invito alla lettura" di Angela Ales Bello, Edith
Stein, Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo 1999 (il volumetto contiene un
breve profilo, un'antologia di testi, una utile bibliografia di
riferimento). Lavori sul pensiero della Stein: Carla Bettinelli, Il pensiero
di Edith Stein, Vita e Pensiero, Milano 1976; Luciana Vigone, Introduzione
al pensiero filosofico di Edith Stein, Citta' Nuova, Roma 1991; Angela Ales
Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni Messaggero di
Padova, 1998, 2003; Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa,
Piemme, Casale Monferrato (Al) 2000. Per la biografia: Edith Stein, Storia
di una famiglia ebrea, Citta' Nuova, Roma 1994, 1999; Elio Costantini, Edith
Stein. Profilo di una vita vissuta nella ricerca della verita', Libreria
Editrice Vaticana, Citta' del Vaticano 1987, 1998; Laura Boella, Annarosa
Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein,
Raffaello Cortina Editore, Milano 2000.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo
l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano
2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su
Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl,
Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici:
Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito,
L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996;
Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti,
Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona
Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi
politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994;
Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia
Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due
piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato
iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei
Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa,
militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria,
operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti,
lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a
lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione,
sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna
come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della
Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina
(Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia,
Milano 1994]

Una delle novita' piu' importanti che hanno caratterizzato il panorama
filosofico del XX secolo e' rappresentata dalla presenza di alcune figure di
pensatrici capaci di apportare contributi di grande valore al millenario
percorso del pensiero occidentale. Si tratta di contributi di notevole
originalita', tra i quali, tuttavia, non sembra arbitrario scorgere alcune
affinita' particolarmente suggestive.
Se, per esempio, prendiamo in esame la testimonianza esistenziale e il
messaggio piu' squisitamente filosofico di Edith Stein (1891-1942), Hannah
Arendt (1906-1975) e Simone Weil (1909-1943), tre fra le piu' eminenti
filosofe del Novecento, ci accorgiamo facilmente che la loro vita e la loro
produzione speculativa presentano tratti comuni che, certo, non annullano
quelle peculiarita' che fanno di ciascuna di queste intellettuali
un'individualita' autonoma e ben definita, ma che comunque autorizzano una
lettura sinottica della loro esistenza e della loro riflessione filosofica.
Tali affinita' si sono realizzate intorno a tre grandi nuclei tematici che
costituiscono al tempo stesso tre realta' fondamentali dell'esperienza
dell'uomo contemporaneo: il primo nucleo e' quello in cui troviamo uniti
l'intelligenza, il desiderio di comprendere e l'impegno della ricerca e
dello studio; il secondo gravita attorno al valore della liberta'; il terzo
riguarda il dramma del male e del dolore.
In tempi non particolarmente favorevoli, Stein, Arendt e Weil, con
atteggiamento innovativo e profetico, si dedicarono con tutte le forze allo
studio: vivissimo e' in loro il desiderio di conoscere e di comprendere e
altrettanto viva e' la consapevolezza che la condizione femminile non deve
rappresentare un ostacolo alle loro legittime ambizioni intellettuali e -
perche' no - accademiche. Molto significativo e', a questo proposito, il
coraggioso atteggiamento tenuto da Edith Stein nei confronti del venerato
maestro Edmund Husserl - vero e proprio nume della filosofia
contemporanea -, che si dimostro' non particolarmente sensibile alle istanze
della giovane assistente che aspirava a ottenere la libera docenza: la Stein
rifiuto' una posizione universitaria di mera subordinazione, anche se poi
accetto' di buon grado di assistere Husserl durante una grave malattia,
dimostrando con cio' che l'autentica liberta' non esclude la dedizione.
Ed e' proprio la dedizione spinta fino all'eroismo e al martirio a
costituire la chiave interpretativa della breve vita di Simone Weil, la
quale volle condividere la sofferenza degli ultimi e dei piu' poveri,
morendo a soli trentaquattro anni in un sanatorio inglese, consumata dalle
privazioni e da un'inestinguibile brama di solidarieta' e di compassione. La
Weil, figlia di una famiglia borghese, per qualche anno fu docente di
filosofia; a venticinque anni entro' in fabbrica in qualita' di manovale per
sperimentare in prima persona la condizione operaia, lei che era rimasta
amaramente delusa dagli stessi leader comunisti che, tutti presi dalle loro
teorie, le apparivano ben lontani dalla concreta sofferenza dei lavoratori.
Anche per l'esistenza della Stein, ebrea fattasi carmelitana col nome di
Teresa Benedetta della Croce, il dolore rappresenta l'ultimo suggello: muore
ad Auschwitz nel 1942, dopo aver squarciato le tenebre del lager con la luce
della sua sovrumana serenita'; Giovanni Paolo II l'ha beatificata nel 1987 e
dichiarata santa nel 1998.
Sul terribile mistero del male ha indagato anche Hannah Arendt, pure lei
ebrea, grande intellettuale capace di ritagliarsi uno spazio coraggiosamente
originale all'interno della stessa comunita' ebraica. E una straordinaria
autonomia di giudizio verra' mostrata dalla Arendt proprio nel momento in
cui sara' chiamata a confrontarsi con l'opaca presenza del male. Ella,
osservatrice, a Gerusalemme, al processo contro il criminale nazista Adolf
Eichmann, scrive alcune corrispondenze, poi raccolte in un volume
eloquentemente intitolato La banalita' del male, che scatenano furiose
polemiche, dal momento che l'autrice vi sostiene la tesi - si badi bene, non
assolutoria! - secondo cui per fare il male non e' necessario essere
malvagi, bensi' e' sufficiente essere burocrati obbedienti inseriti in un
meccanismo che chiede di eseguire senza pensare. Proprio per questo la
Arendt dedichera' un notevole impegno speculativo a delucidare le origini
del totalitarismo e a indicare la strada per evitare che ci siano uomini che
agiscono senza pensare.
Dando prova di grande liberta' e profondita' intellettuale e manifestando
una sensibilita' concreta per la sofferenza dell'umanita', tre donne hanno
arricchito in modo del tutto particolare la filosofia del Novecento,
lasciando al XXI secolo un'importante eredita' che chiede di non essere
dimenticata o dispersa.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 195 del 19 luglio 2008

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