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Minime. 517
- Subject: Minime. 517
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 15 Jul 2008 00:43:00 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 517 del 15 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Bronislaw Geremek 2. I massacri continuano. In Afghanistan 3. Le stragi continuano. Nel Mediterraneo 4. Giobbe Santabarbara: Opposizione al razzismo. Verso una campagna nonviolenta con un programma costruttivo 5. Michele Giorgio: Gli abitanti di Niilin resistono al muro 6. Umberto De Giovannangeli: I terroristi della porta accanto 7. Dell'urgenza della nonviolenza 8. Fabio Pusterla ricorda Maria Corti (2002) 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. LUTTI. BRONISLAW GEREMEK Quante cose ci ha insegnato questo nostro vecchio maestro e compagno. E soprattutto questa: difendila tu la dignita' umana. Difendila tu, in ogni essere umano, per l'umanita' intera. 2. LE ULTIME COSE. I MASSACRI CONTINUANO. IN AFGHANISTAN Continuano i massacri in Afghanistan. I massacri della guerra terrorista e stragista. I massacri della guerra cui l'Italia sta partecipando in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. Il nostro Vietnam. 3. LE ULTIME COSE. LE STRAGI CONTINUANO. NEL MEDITERRANEO Continuano le stragi di migranti nel Mediterraneo. Le stragi provocate dalla nostra rapina. Le stragi provocate dal nostro razzismo. Le stragi provocate dal rifiuto di consentire a tutti gli esseri umani di andare alla ricerca di un posto in cui vivere dignitosamente. Le stragi provocate dal rifiuto di consentire a tutti gli esseri uani di fuggire dalle guerre, dalle dittature, dalla fame. * E basterebbe questo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto a vivere. E basterebbe questo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto ad andare ovunque nell'unica casa comune che abbiamo. E basterebbe questo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto ad essere aiutati ed accolti nell'ora del bisogno. E basterebbe questo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto d'asilo cosi' come sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana. 4. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: OPPOSIZIONE AL RAZZISMO. VERSO UNA CAMPAGNA NONVIOLENTA CON UN PROGRAMMA COSTRUTTIVO L'opposizione al razzismo non puo' consistere solo di belle parole e di gesti meramente simbolici, ininfluenti le une come gli altri. Anzi, come scrisse quel medico latinoamericano, esse ed essi appaiono come analoghi all'applauso della plebe ai morituri nell'arena del Colosseo. L'opposizione al razzismo deve diventare una campagna di resistenza nonviolenta in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani. E questa campagna di resistenza nonviolenta deve avere un programma costruttivo. Non basta dire no agli infami provvedimenti governativi - odierni e pregressi -, occorre ottenerne la revoca, ed insieme e subito occorre anche realizzare le alternative possibili e necessarie nel vivo stesso della lotta; alternative pubbliche, anche e soprattutto valorizzando il ruolo e i poteri dei servizi pubblici e delle amministrazioni locali, tali da contrastare praticamente, effettualmente, quegli infami provvedimenti; alternative attraverso cui uscire dalla subalternita', e dall'apatia. Alternative attraverso cui agire una politica pubblica dell'accoglienza fondata sulla legalita' costituzionale, sul riconoscimento della dignita' e dei diritti di ogni essere umano, sulla consapevolezza che la sicurezza va garantita a tutti, ed in primo luogo a chi ne ha piu' bisogno. E ad esempio: a) Per tutti i migranti il diritto alla mobilita' nell'unico pianeta che e' la casa di tutti. Cessi l'apartheid planetario. Vi e' una sola Terra e vi e' una sola umanita'. b) Per tutti i migranti che non hanno commesso alcun reato l'abolizione della detenzione amministrativa, e quindi l'abolizione dei campi di concentramento. c) Il diritto di voto (elettorato attivo e passivo) in tutte le istituzioni, e il riconoscimento pieno di tutti i diritti civili, per tutte le persone che in un territorio effettualmente risiedono. * d) Per le persone e le comunita' comunque viaggianti realizzare anche campi di sosta e campi di transito con strutture e servizi adeguati e regole condivise e responsabilizzanti: campi di sosta e di transito da realizzare in tutti i Comuni o consorzi di Comuni cosi' da poter avere dimensioni limitate ed autogestibili, con adeguata capacita' di carico e con rapporti trasparenti e democratici con la pubblica amministrazione erogatrice dei servizi. e) Difesa intransigente dei diritti dei bambini attraverso il diritto allo studio e all'assistenza e la garanzia di servizi pubblici atti a rendere le condizioni esistenziali, abitative e di socializzazione realmente vivibili. f) Contrasto di ogni forma di discriminazione e persecuzione, difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * g) Lotta alla schiavitu' ed ai poteri mafiosi. h) Lotta al razzismo e al femminicidio. i) Una politica locale inclusiva e partecipata, fondata sul riconoscimento e l'incontro delle persone e delle culture ed insieme sulle pratiche che inverano i diritti umani fondamentali per tutte e tutti. * Tutti gli enti locali potrebbero attuare politiche efficaci, e sarebbe ora che lo facessero. Non e' affatto necessario attendere le elezioni politiche per rovesciare i rapporti di forza parlamentari: le politiche razziste e mafiose possono essere contrastate e sconfitte dal basso, con l'azione amministrativa degli enti locali fedeli alla Costituzione della Repubblica Italiana. Il quadro normativo di riferimento c'e' gia'. Le esperienze pratiche di rifermento ci sono gia'. Le riflessioni teoriche di riferimento ci sono gia'. Si tratta di piantarla con l'antirazzismo solo a chiacchiere e passare all'antirazzismo concreto. 5. MONDO. MICHELE GIORGIO: GLI ABITANTI DI NIILIN RESISTONO AL MURO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 luglio 2008 col titolo "Resistere al muro. Il coprifuco non ferma la lotta" e il sommario "A quattro anni dal parere dell'Onu che la definiva illegale, un altro villaggio palestinese si ribella alla barriera dell'apartheid. Dopo Bilin sono gli abitanti di Niilin - gia' vittime nel '48 e nel '67 - a dire no alla confisca delle loro terre". Michele Giorgio, giornalista, e' corrispondente da Gerusalemme del quotidiano "Il manifesto"] I piu' giovani il coprifuoco non lo avevano ancora provato. Ma ora anche i bambini di Niilin conoscono questa misura punitiva che l'esercito israeliano negli ultimi anni ha usato a piu' riprese per contenere l'Intifada nei Territori occupati. Protestare contro la confisca delle terre, reagire contro un provvedimento che nega un futuro a tante famiglie, e' un "crimine" che le forze armate non tollerano. Cosi' da cinque giorni Niilin e' finita sotto coprifuoco. Ciononostante i suoi abitanti non sembrano avere ancora alcuna intenzione di arrendersi all'idea che il muro passera' sui terreni del villaggio. "Nessuno puo' uscire in strada, i soldati (israeliani) minacciano di aprire il fuoco, ma noi non resteremo a guardare mentre ci portano via quel poco che abbiamo per sfamare i nostri figli", avverte Raed, del comitato popolare di Niilin. L'altro giorno, erano quasi le 11 quando gli abitanti hanno deciso di violare il coprifuoco e di riprendere le proteste. Gli scontri con l'esercito sono andati avanti sino a sera. Alla fine della giornata 17 palestinesi sono rimasti feriti. "Hanno lanciato granate assordanti nelle nostre case, hanno sparato proiettili di gomma e gas lacrimogeni, ma non ci hanno piegato, riceviamo ogni giorno tanta solidarieta' e quindi andiamo avanti", dice abbozzando un sorriso Salah Khawaje, uno degli artefici della battaglia di Niilin, sempre piu' simile a quella del vicino Bilin, simbolo da tre anni della resistenza pacifica palestinese contro il muro. "Impongono il coprifuoco per evitare il sabotaggio delle loro ruspe, sanno che lasciandole qui la sera le ritroveranno danneggiate il giorno dopo, ma vogliono anche bloccare una protesta che ora fa notizia", aggiunge Khawaje, soddisfatto per l'aiuto ricevuto dalla sua gente dai villaggi vicini di Budrus e Midia e dalla costante presenza di pacifisti israeliani e internazionali che chiedono la fine dell'assedio. Niilin, situato ad una trentina di chilometri da Ramallah e vicinissimo alla Linea verde, il "confine" tra Israele e Territori occupati, era un villaggio tranquillo fino a qualche tempo fa. La sua scuola superiore e' ancora considerata la migliore di tutta la zona e gli studenti piu' bravi dei villaggi vicini la scelgono per prepararsi meglio all'universita'. Prima del 1948 i suoi abitanti possedevano 580 ettari di terra, ma 400 finirono annessi al neonato Stato di Israele. Dopo l'occupazione della Cisgiordania nel 1967, il villaggio perse altri 80 ettari di terre su cui furono costruite le colonie ebraiche di Kiryat Sefer, Mettityahu and Makabim. Ora siamo all'atto finale. Dei 100 ettari rimanenti, almeno 25 serviranno per completare il muro in quella zona e per costruire una nuova base militare. L'esercito ha gia' chiuso l'ingresso del villaggio e in futuro gli abitanti per lasciare Niilin dovranno servirsi di un tunnel, che passa sotto una strada ad uso esclusivo dei coloni israeliani, che puo' essere chiuso in qualsiasi momento. "Israele ci rende impossibile la vita, vuole chiuderci in una prigione e toglierci le ultime terre che ci restano. Per questo non ci resta che la lotta", afferma con tono perentorio Khawaje ricordando che il 9 luglio e' il quarto anniversario del pronunciamento dell'Alta Corte di Giustizia dell'Aja contro il muro. "Nessuno ricorda piu' quella data e quella sentenza, ma noi non la dimenticheremo mai, le parole per noi sono pietre", sottolinea l'attivista palestinese. Non la dimentica neppure Sharif Khaled, 65 anni, conosciuto da tutti come Abu Hassan, uno dei 3.500 abitanti di Jayyus (Qalqilya), il villaggio dal quale, nel 2002, parti' la campagna contro il muro. Lavora la terra da quando era un bambino, ma cio' non gli ha impedito di terminare regolarmente la scuola e di studiare le lingue: la sua padronanza dell'inglese e' impressionante. "Israele sostiene che il muro ha solo motivazioni di sicurezza, che serve a bloccare i 'terroristi', invece ha finalita' soprattutto politiche, non lo ha costruito sulla sua terra ma in Cisgiordania, sulla nostra terra... osservate con attenzione", diceva lunedi' Abu Hassan mostrando, su di una cartina, il percorso tortuoso del muro ben all'interno della Cisgiordania, ad una dozzina di giornalisti stranieri portati a Jayyus da funzionari di Ocha (Nazioni Unite). Difficile dargli torto. Quando i 723 km della barriera - costruita solo per un 13% sulla Linea verde - saranno completati, il 9.8% della Cisgiordania (inclusa l'area di Gerusalemme est) sara' di fatto annesso a Israele. Non solo, ma almeno 35.000 palestinesi si ritroveranno prigionieri sul versante occidentale del muro, poiche' da un lato non potranno entrare in Israele e dall'altro per passare sul versante orientale dovranno ottenere un permesso dall'esercito. Due sobborghi di Gerusalemme Est - il campo profughi di Shuffat e il villaggio di Kufr Aqab - dove gli abitanti posseggono documenti israeliani, verranno tagliati fuori dal muro e diventeranno, con decisione unilaterale, parte della Cisgiordania. Almeno 125.000 palestinesi (28 comunita') saranno circondati dalla barriera su tre lati nelle zona di Biddya, Biddu e Qalqilya e altri 26.000 (otto comunita') completamente nelle aree di Zawiya e Bir Nabala. "Quando hanno terminato il muro in questa zona nell'agosto 2003 - ricorda Abu Hassan - ci siamo ritrovati con 860 ettari di terra in meno e senza 50.000 alberi, 70 serre e 6 pozzi. Anche l'acqua ci hanno rubato, ora dobbiamo comprarla al villaggio di Azun. Vivevamo bene, i nostri figli avevano un futuro, ora invece pensano solo ad andare via". Abu Hassan possiede 16 ettari di terra sul versante occidentale della barriera ma riesce a coltivarli solo grazie all'aiuto di altri contadini (i figli non sono autorizzati ad entrare in quella zona) e solo dopo essersi procurato permessi di breve durata. Attualmente, riferiscono le Nazioni Unite, solo il 20% degli abitanti di Jayyus ottengono il permesso dell'esercito rispetto al 2003. Inoltre ci sono da rispettare gli orari: i soldati consentono il passaggio da una parte all'altra della barriera solo tre volte al giorno. "La strategia e' evidente - spiega il contadino -: vogliono che la terra venga abbandonata, che si copra di erbacce, in modo che passati tre anni, sulla base di una antica legge ottomana, potra' essere definitivamente confiscata in quanto terra incolta". Di recente l'esercito, in seguito ai continui ricorsi legali presentati dai palestinesi, si e' detto disposto a restituire 250 ettari di terra ma deve fare i conti anche le proteste dei coloni israeliani di Zufin che quei terreni li vogliono per espandere il loro insediamento. La gente di Jayyus scuote la testa. "Ci dicono che dobbiamo festeggiare - riferisce Abdel Latif Khaled, un abitante - ma noi non siamo stupidi come il protagonista di quella storiella. La conoscete? Un contadino si lamenta perche' ha una casa troppo piccola, chiede aiuto ad un amico che gli suggerisce: portati in casa galline, pecore e vacche. L'uomo e' perplesso ma lo fa e la sua vita diventa impossibile. Quindi l'amico gli dice: caccia via le galline, poi le pecore e le mucche. Il contadino segue l'indicazione e poi ammette: si', e' vero, adesso sto molto meglio, ho piu' spazio in casa. Ecco, questo e' quello che fanno gli israeliani, ci tolgono tutto, poi ci ridanno qualche terreno e ci dicono che hanno migliorato la nostra situazione". Da oggi fino a venerdi' a Niilin, Bilin, Budrus, Jayyus, Azun e altri villaggi adiacenti al muro si terranno raduni e manifestazioni per ribadire che la lotta continua, nel nome di quella sentenza dell'Alta Corte di Giustizia che i palestinesi non vogliono dimenticare. 6. MONDO. UMBERTO DE GIOVANNANGELI: I TERRORISTI DELLA PORTA ACCANTO [Dal quotidiano "L'Unita'" del 6 luglio 2008 col titolo "Gerusalemme. I terroristi 'free lance'" e il sommario "Padri premurosi. Studentesse modello. Fino al giorno in cui decidono di trasformarsi in "shahid" (martiri). Sono i terroristi "free lance". Sganciati dai gruppi tradizionali, e per questo piu' difficili da individuare. Come Hussam Dwayat, che alla guida di un bulldozer ha seminato la morte nel cuore della Citta' Santa". Umberto De Giovannangeli e' giornalista e saggista, esperto conoscitore della situazione mediorientale. Opere di Umberto De Giovannangeli: (con Rachele Gonnelli, a cura di), Hamas: pace o guerra?, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005; Terrorismo. Al Quaeda e dintorni, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005] Agiscono da soli. Mimetizzati da una vita "ufficiale" irrepresensibile. Coltivano nel segreto della loro mente un odio che li accompagna giorno dopo giorno. Fino all'attimo fatale. Quando divengono "shahid". Sono i "free lance" del terrorismo palestinese. Non sono inquadrati nei gruppi radicali dell'Intifada, non godono del loro sostegno militare e logistico. Compaiono dal nulla e lasciano il segno. Di sangue. Colpendo in una via affollata o seminando la morte in un collegio rabbinico. L'intelligence di Tel Aviv ammette la difficolta' di prevenire queste azioni, perche' con i "free lance" del terrore non c'e' infiltrazione che regga: agiscono da soli, al massimo con coperture familiari. Agiscono da soli. Come ha fatto Hussam Tayassir Dwayat, che a bordo di una gigantesca ruspa in una torrida mattinata di luglio (il 2) ha seminato la morte nella centrale Jaffa Road (tre le vittime). Dwayat aveva 30 anni e viveva con la moglie e due figli nel sobborgo di Zur Baher, alla periferia di Gerusalemme Est. I vicini di casa lo descrivono come una persona tranquilla, dedito alla famiglia, un padre che dedicava molto del suo tempo ai due figli. Per anni Dwayat ha avuto come fidanzata una ebrea israeliana, ha rivelato la suocera dell'attentatore palestinese, spiegando che la relazione con la donna risaliva a un periodo precedente al suo matrimonio con una connazionale. Hoda Dabash, suocera dell'attentatore poi ucciso dalle truppe israeliane, ha raccontato oggi che l'ex fidanzata israeliana del figlio era stata ospitata per un mese e mezzo dalla famiglia di lui. L'uomo aveva anche fatto da padre a un figlio di lei, che adesso ha nove anni. Negli ultimi mesi, raccontano ancora i vicini, Dawyat si era chiuso in se stesso, e aveva avuto problemi di droga: si era avvicinato all'Islam, anche se non sembrava avere particolari simpatie politiche. Gli 007 dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno israeliano), hanno rovistato nella sua vita, giungendo alla conclusione che Hussam Tayassir Dwayat non era inquadrato in alcuna delle tante fazioni armate palestinesi. Come non era inquadrato Ala Hisham Abu Dheim, 25 anni. Di mestiere faceva l'autista. I suoi datori di lavoro raccontano di un giovane riservato, "parlava poco, mai di politica, ed era sempre puntuale...". Puntuale anche nel giorno dell'orrore. Quella notte del 6 marzo, quando "Hisham l'autista" fa irruzione nel Merkaz Harav Yeshiva, il piu' importante collegio rabbinico di Gerusalemme, nel quartiere di Kyriat Moshe, noto centro di studi ebraici vicino al movimento dei coloni. Hisham, travestito da studente, raggiunge l'ingresso del collegio e si dirige verso la biblioteca, in quel momento affollata di studenti intenti alla lettura. In un attimo si scatena un inferno di piombo. Il bilancio e' di nove morti (otto studenti piu' l'attentatore) e sette feriti. Hisham Abu Dheim aveva passaporto israeliano e abitava a Gerusalemme Est. Aveva lavorato come autista anche nel collegio che quella notte aveva trasformato in un campo di battaglia. Anche lui era un "free lance" del terrore. Hisham veniva da una famiglia benestante, molto conosciuta: Hisham, racconta suo cugino Yad, era una persona semplice, lavorava come autista, era religioso certo, ma non integralista. Doveva sposarsi con Rihad, 17 anni; stava allestendo l'appartamento in cui sarebbe andato a vivere con la moglie, sempre nella grande casa della famiglia. "Nessuno in famiglia si occupa di politica", ripete Yad. Persone all'apparenza irreprensibili, se non addirittura un modello di generosita'. Come Wafa Idris, la prima donna-kamikaze palestinese. Wafa Idris era una volontaria delle squadre di pronto soccorso della Mezzaluna Rossa, una che curava feriti e salvava vite umane. "Voleva essere d'aiuto, ne traeva grande soddisfazione", e' il ricordo di Wael Qadan, direttore della Mezzaluna Rossa di Ramallah. Wafa Idris il 28 gennaio 2002 si e' fatta saltare in aria in Jaffa Street: oltre se stessa, ha ucciso una guida turistica di 81 anni e ferito alcune dozzine di persone. Wafa aveva 28 anni. Qualche mese prima si era iscritta a un corso di specializzazione che sarebbe dovuto cominciare in marzo e che l'avrebbe qualificata a dedicarsi esclusivamente, a tempo pieno e professionalmente, e dunque non piu' solo come volontaria, agli interventi di assistenza medica urgenti. Nelle prigioni israeliane vi sono 75 terroriste palestinesi che hanno tentato un'azione suicida, o l'hanno progettata o hanno fiancheggiato altri attentatori. Tra le 75 c'e' Samaa Atta Bader, 23 anni di Nablus, laureanda in legge dell'universita' Al-Najah: "Io - racconta - ho deciso di sacrificarmi per vendicarci uccidendo piu' soldati che potevo". Samaa e' stata arrestata, in seguito ad una soffiata, il 16 giugno 2004. Ha detto che non ha avuto bisogno di particolare preparazione ideologica, giacche' aveva sentito parlar molto a scuola della "shaidada" (il martirio) e poi, ha aggiunto, "il 99% dei miei amici che hanno avuto fratelli o parenti ammazzati e' pronto al sacrificio". Hussam, Hisham, Wafa, Samaa... Sono solo alcuni dei terroristi "free lance". Un frammento di un terrorismo che si proietta su scala mondiale, piu' pericoloso perche' invisibile, anonimo e autonomo da ogni organizzazione e comando superiore, centralizzato. I nuovi terroristi, rimarca Jason Burke, tra i piu' autorevoli studiosi di Al Qaeda, saranno "operatori free lance" privi di connessioni palesi con i gruppi tradizionali. Non solo Gerusalemme ma anche altre citta' israeliane hanno conosciuto la determinazione feroce di questi terroristi dal volto "angelico". Come era quello di Hanadi Taysir Jaradat. Hanadi, 29 anni, aveva studiato in Giordania ed esercitava la professione di avvocato a Jenin, in Cisgiordania, sua citta' natale, Jenin, tristemente nota come la "capitale" dei kamikaze. E' il 4 ottobre 2003, quando una potente esplosione in un ristorante sul lungomare di Haifa, citta' portuale nel nord d'Israele, provoca 19 morti, tra cui cinque bambini fra i due e i quattro anni, oltre una cinquantina di feriti. A farsi saltare in aria e' Hanadi Taysir Jaradat, la kamikaze dalla faccia d'angelo. Si e' voluta sacrificare, spiegarono i familiari, per vendicare il fratello e suo cugino, ambedue miliziani della Jihad islamica uccisi dalle truppe israeliane. Sono solo alcune storie esemplari di una lunga gallerie di terroristi "free lance", di uomini e donne "della porta accanto" che un giorno hanno spalancato le porte dell'inferno. 7. PALESTINA-ISRAELE. DELL'URGENZA DELLA NONVIOLENZA Il terrorismo di stato del governo di Israele. Il terrorismo delle organizzazioni e dei regimi che proclamano la distruzione di Israele. Il terrorismo imperiale. Il terrorismo delle milizie. Il terrorismo degli eserciti. Il terrorismo dei servizi segreti. Il terrorismo degli attentatori. Il terrorismo degli attentatori suicidi. Il terrorismo degli affamatori. Il terrorismo degli ideologi totalitari. Il terrorismo dei razzisti. Un circolo vizioso di stragi infinite. Una sola umanita'. * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 8. MEMORIA. FABIO PUSTERLA RICORDA MARIA CORTI (2002) [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 febbraio 2002 col titolo "L'ultimo viaggio di Maria Corti" e il sommario "E' morta a Milano una tra le filologhe italiane piu' importanti, alla quale si devono fondamentali edizioni critiche e ottime letture semiologiche. Ha dedicato la sua seconda stagione al romanzo, ma una componente narrativa nutriva gia' i suoi studi piu' rigorosi". Fabio Pusterla (1957) e' un poeta, critico e traduttore svizzero. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957) e' un poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua italiana. Laureato in lettere a Pavia, insegna al Liceo Cantonale Lugano 1. Ha diretto l'edizione critica delle opere di Vittorio Imbriani e pubblicato saggi, traduzioni, volumi di versi. Caratterizzata in partenza da un forte influsso espressionista (come ha notato Pier Vincenzo Mengaldo), ma con venature piu' pacate che la inseriscono nella tradizione anceschiana della 'linea lombarda' (si vedano, in particolare, Giorgio Orelli e Vittorio Sereni), la poetica di Pusterla e' andata sempre piu' avvicinandosi a una poesia dal forte contenuto civile (si veda in particolare Folla sommersa), mentre l'esperienza di traduzione legata strettamente a Philippe Jaccottet lo ha portato a una sempre maggior attenzione agli oggetti del quotidiano, alle vite e cose dimenticate (Cfr. Cose senza storia), rafforzata probabilmente dalla provenienza geografica decentrata (Pusterla e' cresciuto in una citta' di frontiera, Chiasso, e insegna attualmente a Lugano, nella Svizzera di lingua italiana). Nel 2007 gli e' stato conferito il secondo piu' importante premio letterario svizzero (secondo solo al Gran Premio Schiller): il prestigioso Prix Gottfried Keller. Opere di Fabio Pusterla: a. Poesia: Concessione all'inverno, Bellinzona, Casagrande, 1985, 2001. Bocksten, Marcos y Marcos, Milano, 1989, 2003. Le cose senza storia, Marcos y Marcos, Milano, 1994. Danza macabra, Lietocollelibri, Camnago, 1995. Isla persa, Edizioni Il Salice, 1997, 1998. Pietra sangue, Marcos y Marcos, Milano, 1999. Me voici la' dans le noir, trad. de l'italien par Mathilde Vischer, Moudon, Editions Empreintes, 2001. Une voix pour le noir: poesies 1985-1999, trad. de l'italien par Mathilde Vischer, pref. de Philippe Jaccottet, Lausanne, Editions d'En bas, 2001. Les choses sans histoire - Le cose senza storia, trad. de l'italien par Mathilde Vischer, pref. de Mattia Cavadini, Moudon, Editions Empreintes, 2002. Deux rives, trad. de l'italien par Beatrice de Jurquet et Philippe Jaccottet, pref. de Beatrice de Jurquet, postf. de l'auteur, Le Chambon-sur-Lignon, Cheyne editeur, 2002. Solange Zeit bleibt: Gedichte Italienisch und Deutsch - Dum vacat, ausgew., uebers. und mit einem Vorw. von Hanno Helbling, postf. di Massimo Raffaeli, Zurigo, Limmat-Verlag, 2002. Sette frammenti dalla terra di nessuno, elaborazione grafica di Livio Schiozzi, Flussi, 2003. Folla sommersa, Milano, Marco y Marcos, 2004. Movimenti sull'acqua, Faloppio, LietoColle Libri, 2004. Storie dell'armadillo, Milano, Quaderni di Orfeo, 2006. b. Saggistica: Il nervo di Arnold e altre letture. Saggi e note sulla poesia contemporanea, Milano, Marcos y Marcos, 2007. c. Traduzioni: Philippe Jaccottet, Il Barbagianni. L'Ignorante, Einaudi, Torino, 1992. Nuno Judice, Adagio, Sestante, Ripatransone, 1994. Philippe Jaccottet, Edera e calce, Centro studi Franco Scataglini, Ancona, 1995. Philippe Jaccottet, Libretto, Scheiwiller, Milano, 1995. Philippe Jaccottet, Paesaggio con figure assenti, A. Dado'/Coll. CH, Locarno, 1996. Philippe Jaccottet, Alla luce d'inverno. Pensieri sotto le nuvole, Marcos y Marcos, Milano, 1997. Nel pieno giorno dell'oscurita', antologia della poesia francese contemporanea, Milano, Marcos y Marcos, 2000. Corinna Bille, Cento piccole storie crudeli, Casagrande, Bellinzona, 2001. Philippe Jaccottet, E tuttavia. Note dal botro, Milano, Marcos y Marcos, 2006. Philippe Jaccottet, La ciotola di Morandi, Casagrande, Bellinzona, 2007. Scritti su Fabio Pusterla: Mattia Cavadini, Il poeta ammutolito. Letteratura senza io: un aspetto della postmodernita' poetica. Philippe Jaccottet e Fabio Pusterla, Milano, Marcos y Marcos, 2004. Pietro De Marchi, Uno specchio di parole scritte. Da Parini a Pusterla, da Gozzi a Meneghello, Rimini, Cesati, 2003. Pietro Montorfani, Ricognizioni nella 'Terra di nessuno', alterita' e ipotesi nell'ultimo Fabio Pusterla, in 'Quaderni grigionitaliani', aprile 2005, pp. 155-162". Maria Corti (1915-2002), studiosa insigne della lingua e della letteratura, docente universitaria, scrittrice. Dal sito della casa editrice Einaudi riprendiamo la seguente scheda: "Maria Corti (Milano 1915-2002) filologa, critica e scrittrice, ha vissuto tra Milano e Pavia dove ha insegnato per molti anni Storia della lingua italiana e dove ha presieduto il Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei. Ha ideato riviste culturali come 'Strumenti critici', 'Alfabeta', 'Autografo'. Tra i suoi libri di narrativa: L'ora di tutti (Bompiani, Milano 1996), Il ballo dei sapienti (Mondadori, Milano 1966), Voci dal Nord Est (Bompiani, Milano 1986), Il canto delle sirene (ivi, 1989), Cantare nel buio (ivi, 1991), Ombre dal Fondo (Einaudi, Torino 1997), Catasto magico (ivi, 1999) e Le pietre verbali (ivi, 2001). Le piu' importanti raccolte di studi di Maria Corti sono: Metodi e fantasmi (Feltrinelli 1969; edizione accresciuta: Nuovi metodi e fantasmi, 2001); Il viaggio testuale (Einaudi 1978); Dante a un nuovo crocevia (Nuova Sansoni, 1981); La felicita' mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante (Einaudi 1984); Storia della lingua e storia dei testi (Ricciardi 1989); I percorsi dell'invenzione. Il linguaggio poetico e Dante (Einaudi 1993). Fra i suoi libri teorici: I principi della comunicazione letteraria (Bompiani 1976; edizione aggiornata e accresciuta: Per un'enciclopedia della comunicazione letteraria, 1998) e Scritti su Cavalcanti e Dante (2003), libro che Maria Corti aveva consegnato all'Einaudi due settimane prima di morire. Da segnalare infine un libro intervista in cui Maria Corti parla di se' e delle sue passioni intellettuali: Dialogo in pubblico, a cura di Cristina Nesi (Rizzoli 1995)". Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Maria Corti (Milano, 1915-2002) e' stata una filologa, critica letteraria, scrittrice e semiologa italiana, una delle voci fondamentali della cultura del Novecento. Morta prematuramente la madre, visse la sua adolescenza prevalentemente in collegio, mentre il padre ingegnere lavorava lontano in Puglia. S'iscrisse poi all'Universita' e consegui' due lauree: la prima in lettere con una tesi sul latino medievale (Studi sulla latinita' merovingia, relatore Benvenuto Terracini), la seconda in filosofia (relatore Antonio Banfi). Per impellenti ragioni economiche e anche per la sua passione all'insegnamento, incomincio' a lavorare come insegnante di scuola media: prima a Chiari in provincia di Brescia, poi a Como, infine a Milano. Contemporaneamente, svolgeva all'Universita' di Pavia un incarico di assistente; il continuo spostarsi tra le varie sedi mise a dura prova il suo fisico minuto. Nel suo primo romanzo Il trenino della pazienza (pubblicato molto tardi e rimaneggiato nel 1991 con diverso titolo Cantare nel buio), descrive i suoi continui viaggi da pendolare in terza classe, con gli operai. Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo una partecipazione attiva alla Resistenza col gruppo di allievi di Antonio Banfi Maria Corti si dedico' con entusiasmo alla carriera universitaria, spinta dallo stesso Terracini a occuparsi di Storia della lingua italiana all'Universita' del Salento e in seguito all'Universita' di Pavia, destinata a restare per sempre la sua sede universitaria. Con alcuni colleghi dell'ateneo di Pavia (Cesare Segre, D'Arco Silvio Avalle, Dante Isella), contribui' a fondare una scuola di studi letterari particolarmente innovativa, denominata Scuola di Pavia, legata alla tradizione filologica ma anche ai nuovi studi semiotici e allo strutturalismo. Maria Corti fondo' fra l'altro il Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei, nell'incredulita' del corpo docente e dei collaboratori, sostenuta solo dalla sua grande volonta' e dalla sua sagacia nel reperire i fondi (racconta queste vicissitudini nel libro Ombre dal Fondo, 1997): un archivio di scritti, manoscritti e appunti vari, donati da scrittori e poeti del Novecento, tra i quali all'apertura nel 1968 Eugenio Montale, seguito da Romano Bilenchi e Carlo Emilio Gadda; attualmente la Fondazione (che in Europa e' paragonabile solo al Fondo Marbach presso Stoccarda) e' in possesso di scritti di valore inestimabile: da Mario Luzi a Guido Morselli, da Alfonso Gatto ad Alberto Arbasino, da Italo Calvino ad Anna Banti, da Indro Montanelli a Carlo Levi, da Umberto Saba a Amelia Rosselli, da Giorgio Manganelli a Luigi Meneghello, da Antonio Pizzuto a Paolo Volponi, da Goffredo Parise a Luigi Malerba. Si dedico' in particolare allo studio della letteratura italiana contemporanea, proponendo un modello di studi con l'edizione critica dell'opera di Beppe Fenoglio (1978). Sono suoi alcuni importanti contributi teorici sulla semiotica letteraria: si ricordano in particolare Nuovi metodi e fantasmi (Bompiani 2001), Principi della comunicazione letteraria (Bompiani 1998) e Per una enciclopedia della comunicazione letteraria (Bompiani 1986). Tra i romanzi viene ricordato in particolare L'ora di tutti. Contemporaneamente non trascura la sua grande passione per la storia medievale con i suoi saggi su Cavalcanti, Dante, l'aristotelismo latino e l'influsso della cultura araba (Dante a un nuovo crocevia, 1981; Percorsi dell'invenzione, 1993; La felicita' mentale. 1983). La Corti non solo si dedico' all'insegnamento, ma per la scuola scrisse diversi libri di testo: fra gli altri l'innovativa grammatica Una lingua per tutti (1978), che elaboro' con alcuni giovani collaboratori; non va poi dimenticato che nel suo dinamismo culturale fu in Accademica della Crusca, fondo' e diresse riviste come 'Strumenti critici', 'Autografo' e 'Alfabeta' e collaboro' per un periodo al quotidiano "La Repubblica". All'inizio del 2002 ancora attiva e lucida venne ricoverata all'ospedale San Paolo di Milano in seguito a una crisi respiratoria, e il 22 febbraio mori'; la salma venne tumulata nella tomba di famiglia a Pellio Intelvi il 25 febbraio. Opere principali: a) narrativa: L'ora di tutti, Milano 1962; II ballo dei sapienti, Milano 1966; Cantare nel buio, 1981; Voci del nord-est. Taccuino americano, Milano 1986 e 2004; II canto delle sirene, Milano 1989; Catasto magico, 1999; Storie, Lecce 2000; La leggenda di domani, Lecce 2007. b) Saggistica: Metodi e fantasmi, Milano 1969, nuova edizione ampliata 1997; (con Cesare Segre), I metodi attuali della critica in Italia, Torino 1970; PrincÏpi della comunicazione letteraria, Milano 1976; II viaggio testuale, Torino 1978 e 1991; Beppe Fenoglio. Storia di un 'continuum' narrativo, Padova 1978; (con E. Manzotti e F. Ravazzoli), Una lingua di tutti, 1979; Dante a un nuovo crocevia, 1981; La felicita' mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante, Torino 1993; Percorsi dell'invenzione. Il linguaggio poetico e Dante, Torino 1993; Ombre dal fondo, 1997; Dialogo in pubblico, 1995 e 2001; Scritti su Cavalcanti e Dante, Torino, 2003; La lingua poetica avanti lo Stilnovo. Studi sul lessico e sulla sintassi, 2005"] In una trattoria di una valle comasca, molti anni fa, quando nel nord si cominciavano ad avvertire i primi sussulti di quell'intolleranza lombarda che di li' a poco si sarebbe trasformata in partito politico, ho visto Maria Corti zittire l'oste, che parlava male dei meridionali: e proporgli, con la fermezza che le era propria, una sintesi di storia culturale e politica forse esagerata e fuori luogo, ma senz'altro ammirevole e commovente. Un minuscolo aneddoto, ma e' appunto in quei gesti di quotidiano orgoglio culturale, di intransigenza verso l'approssimazione e la faciloneria, che appare uno dei tratti piu' eccezionali e alti del magistero di Maria Corti: qualcosa che poggia certo sul suo grandissimo lavoro di ricerca letteraria e linguistica, ma non puo' riassumersi in un catalogo bibliografico, poiche' trascende il valore strettamente disciplinare. Tutti coloro che, in una forma qualsiasi, hanno avuto la fortuna di frequentare Maria Corti, ricordano certo questo aspetto non accademico, imprevedibile, spumeggiante: la capacita' di sorprendere ora con la generosita' umana, ora con la precisione quasi scientifica, ora con la severita' etica. Tratti rari, e preziosi, che i suoi studenti conoscevano bene, mentre lei stessa era cosciente dell'importanza che la sua figura finiva per assumere nella scelta di un cammino, di una direzione, di un senso. Si trattasse di un'impervia questione filologica, di una nuova intepretazione dantesca, dell'applicazione di una teoria semiologica alla storia letteraria: qualunque fosse l'argomento del corso, della lezione, della conferenza, si aveva sempre la sensazione che in quel punto la letteratura ritrovasse la sua centralita' nella complessa storia umana; che in quel modo fosse possibile capire qualcosa di essenziale e di urgente; che dietro quell'argomento si celasse, lasciandosi pero' intuire, un orizzonte vastissimo e terribile. Non e' un caso che, tra le figure mitiche che maggiormente attrassero l'attenzione di Maria Corti, ci siano quelle delle sirene e di Ulisse, inseguite dapprima con estenuanti ricerche, partendo da un'intuizione geniale e rischiosa: che si potesse cioe' rileggere il grande canto di Dante dedicato appunto a Ulisse svelandone misteri filosofici importanti e sin qui trascurati. Isolare, nel vastissimo catalogo delle opere di Maria Corti, il capitolo riservato a questa avventura sarebbe sufficiente a delineare un carattere intellettuale di soprendente ricchezza, capace di improvvisi colpi di scena, di brusche svolte: articoli, saggi, volumi fondamentali, che dal prezioso Dante a un nuovo crocevia (Sansoni, 1981) giungono a La felicita' mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante (Einaudi, 1983). Ma, di fianco a questa strada maestra battuta dalla studiosa, ecco spalancarsi altri percorsi laterali: il 1983 e' anche l'anno in cui appare in Italia, per interessamento di Maria Corti che ne curera' l'introduzione, la traduzione dello splendido Scrivere come Dio dello svedese Olof Lagercrantz, una guida all'opera dantesca scritta da un'intelligenza lucida e provocatoria. E nel capitolo che Lagercrantz riserva appunto a Ulisse, ecco l'osservazione che Maria Corti subito artiglia e approfondisce: "A fianco di Ulisse che cos'e' mai Lucifero se non un misero prestigiatore e imitatore! (...) Il vero nemico di Dio e' invece Ulisse, per il quale il sapere e la libera indagine sono piu' importanti di Dio stesso". Sei anni piu' tardi, vedra' la luce uno dei romanzi piu' belli di Maria Corti, Il canto delle sirene (Bompiani, 1989), opera complessa, ma dominata ancora una volta dal richiamo incessante di quella curiositas intellettuale che attorno alla vicenda delle sirene e di Odisseo si definisce. Un altro modo, stavolta creativo, di affrontare il nodo culturale da cui Maria Corti era attratta e perfino ossessionata: la conoscenza intesa come un viaggio continuo, arrischiato, irrinunciabile. Il suo non e' stato l'eclettismo compiaciuto del grande studioso che si concede all'occasionale pagina creativa; ma la rarissima capacita' di suonare piu' strumenti con uguale maestria; e non per nulla le doti narrative dell'autrice apparivano gia' con forza in una delle sue grandi opere critiche, che sin dal titolo suggeriva un'alleanza tra la studiosa e l'artista: Metodi e fantasmi (1969). Del resto, la scrittura creativa di Maria Corti non ha, nella storia della sua straordinaria vicenda intellettuale, un'importanza minore o secondaria; anzi, si puo' credere che per l'autrice quello scaffale occupato da un bel numero di romanzi avesse un significato particolare: L'ora di tutti (1962), Il ballo dei sapienti (1966), Voci dal Nord Est (1986), Il canto delle sirene (1989), Otranto allo specchio (1990), Cantare nel buio (1991; ma la prima stesura di quest'opera, intitolata Il treno della pazienza, risale addirittura al 1948), Catasto magico (1999), cui si aggiunge ancora il suo ultimo romanzo dedicato al '68, forse il piu' difficile e pericoloso. Un elenco di titoli che non vuol cedere di un passo di fronte a quell'altro, assi piu' vasto, delle opere filologiche, dei trattati, delle edizioni critiche. Ad accompagnare Maria Corti nel suo ultimo viaggio, sembrano particolarmente adatti questi versi di Zbigniew Herbert, poeta da lei fortemente amato, dedicati a un insegnante (L'insegnante di scienze) che, come Maria Corti, ha saputo essere un vero maestro per molti: "(...) quando su un sentiero nel bosco incontro uno scarabeo, che si inerpica su un monticello di sabbia mi accosto saluto con rispetto e dico: - buon giorno signor professore permetta che la aiuti - lo trasporto delicatamente e lo seguo a lungo con lo sguardo finche' sparisce nella buia sala insegnanti in fondo al corridoio di foglie". 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 517 del 15 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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