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Minime. 515
- Subject: Minime. 515
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 13 Jul 2008 00:45:48 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 515 del 13 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Una politica per la sicurezza 2. "Lacio drom", una rivista. E una modesta proposta per l'educazione di ministri e funzionari 3. Per i quindici anni del centro sociale "Valle Faul" di Viterbo 4. Una lettera al Commissario europeo ai Trasporti 5. Umberto De Giovannangeli: I bambini di Gaza 6. Anna Bravo: Introduzione di "A colpi di cuore" (parte terza e conclusiva) 7. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace" 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UNA POLITICA PER LA SICUREZZA Se si vuole promuovere la sicurezza comune occorre riconoscere e inverare i diritti di ogni persona, occorre abolire la miseria, occorre una politica della solidarieta' e della dignita'. Il razzismo, la discriminazione, l'esclusione, la persecuzione sono il contrario della sicurezza: sono il crimine che lacera e distrugge il civile convivere. Il razzismo e' nemico dell'umanita'. Il razzismo e' nemico della legalita' essendo esso crimine e generatore di crimine. Il razzismo dissolve l'ordinamento giuridico. Il razzismo e' incompatibile con la democrazia. Il razzismo abbrutisce e schiavizza tutti, anche coloro che se ne fanno servi. Anche i volenterosi carnefici sono per cio' stesso disumanizzati, e ridotti a un dolorante, abietto, distruttivo ed autodistruttivo nulla. Una politica per la sicurezza deve in primo luogo contrastare il razzismo, deve contrastare la guerra, deve contrastare la mafia, deve contrastare lo sfruttamento onnicida, deve contrastare il femminicidio. Una politica per la sicurezza deve scegliere la dignita' umana, la legalita' costituzionale, la solidarieta' che tutte e tutti raggiunge e sostiene. Una politica per la sicurezza deve essere nonviolenta. 2. MEMENTO. "LACIO DROM", UNA RIVISTA. E UNA MODESTA PROPOSTA PER L'EDUCAZIONE DI MINISTRI E FUNZIONARI C'era una volta una stupenda rivista del Centro studi zingari, "Lacio drom"; una rivista che fu per decine d'anni (dal 1965 al 1999, se la memoria non m'inganna) uno strumento non solo d'informazione e di documentazione, di testimonianza e di studio, ma di formazione culturale e d'impegno civile, di riforma morale e intellettuale (se e' consentito riprendere qui questa formula antica e bella); una rivista che ha cessato le pubblicazioni ormai nel secolo scorso (e per un caso fortuito l'ultimo numero si chiudeva - prima del saluto della direttrice Mirella Karpati, e degli indici - con una mia lettera di gratitudine e di solidarieta') e che sarebbe bene ristampare tutta, ed anche riprendere a pubblicare. Una rivista la cui lettura impedirebbe tante criminali idiozie che oggi hanno corso nei mass-media e nei palazzi del potere. Poiche' il razzismo, ancora una volta, e' anche un fenomeno frutto di ignoranza, l'ignoranza che sovente si accompagna alla paura e alla protervia, l'ignoranza che assai agevolmente precipita nel pregiudizio, nella persecuzione, nella violenza piu' feroce, nella barbarie piu' cupa. Sarebbe una cosa ragionevole ed opportuna che il Ministero dell'Interno, d'intesa col Ministero della Pubblica Istruzione, procedesse alla ristampa anastatica della pubblicazione e la diffondesse a tutti i funzionari variamente in relazione con le persone e le comunita' sinte, rom, viaggianti... Vi apprenderebbero la straordinaria ricchezza di una grande, composita, complessa e variegata cultura; percepirebbero la grandezza morale e civile di popoli, comunita', persone da secoli vittime di persecuzioni inenarrabili; si convincerebbero a rispettare la dignita' di tante donne e tanti uomini nei cui confronti la societa' dei gage' e' terribilmente in debito per le tante sofferenze ad esse ed essi inflitte. 3. INIZIATIVE. PER I QUINDICI ANNI DEL CENTRO SOCIALE "VALLE FAUL" DI VITERBO Venerdi' 11 luglio 2008 si e' svolto presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" di Viterbo un incontro in occasione dei quindici anni di attivita'. Il centro nacque infatti con l'occupazione e il recupero dell'area abbandonata dell'ex-gazometro l'11 luglio 1993, ed attualmente ha sede nell'area ex-Cogema, anch'essa abbandonata e che i volontari del centro stanno recuperando. Particolarmente festeggiato Alfio Pannega, figura storica della cultura popolare viterbese, da sempre uno degli animatori del centro sociale viterbese. Nel corso della serata esecuzioni dal vivo di musica classica e di ricerca, una videomostra sui quindici anni di attivita', una cena vegetariana, e in forma di conversazione informale tra i convenuti un vero e proprio "colloquio corale" (per uare la formula di Aldo Capitini), una riflessione condivisa sulle esperienze condotte, sulla situazione presente di Viterbo, dell'Italia e del mondo, sui compiti delle donne e degli uomini di volonta' buona. In questi quindici anni a Viterbo il centro sociale autogestito "Valle Faul" ha costituito una rilevante esperienza di accoglienza, di solidarieta', di auto-aiuto, di promozione e produzione di cultura, di difesa dei beni comuni e della biosfera, di accostamento alla nonviolenza, di lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani, di sperimentazione di modalita' di convivenza fraterne e sororali. Sono innumerevoli le iniziative culturali che il centro sociale Valle Faul ha promosso lungo quindici anni: poesia, teatro, musica, cinema, arti visive; dai poeti a braccio ai quartetti d'archi, dalla musica colta e sperimentale internazionale agli artisti di strada, dalla tradizione dei giocolieri al teatro d'avanguardia; dalle letture di classici alla formazione alla scrittura collettiva; dallo studio della Costituzione della Repubblica Italiana agli incontri di approfondimento con autorevolissimi ospiti da tutto il mondo - artisti, intellettuali, figure di grande impegno civile, testimoni dei grandi drammi dell'epoca -: il centro sociale viterbese e' stato un luogo e un soggetto di cultura viva e impegnata tra i piu' vivaci della citta'. Ed innumerevoli sono state anche le iniziative di solidarieta': dall'ospitalita' gratuita alle persone in difficolta', alla difesa dei beni comuni minacciati dalla speculazione; dalla campagna "contro la schiavitu'", all'impegno contro la guerra; dalla formazione alla nonviolenza, alla collaborazione con i movimenti di solidarieta' internazionale e di volontariato locale. Si puo' dire che a Viterbo non vi sia stata mobilitazione democratica, per i diritti umani e per i beni comuni, a cui il centro sociale Valle Faul non abbia dato il suo contributo con peculiare sensibilita' e limpida generosita'. E questo impegno culturale e civile prosegue: la prossima iniziativa e' annunciata per venerdi' 18 luglio, nell'area termale, contro il devastante mega-aeroporto, per difendere l'ambiente, i beni naturalistici e monumentali, la cultura e la storia di Viterbo, la salute e i diritti delle persone: dalla ore 18 in poi, con teatro, poesia, musica, bioristoro, ed alcune partecipazioni particolarmente qualificate come la performance teatrale di Antonello Ricci, il concerto per arpa di Andrea Sechi, e a seguire Flavio e la sua orchestra. Il centro sociale autogestito "Valle Faul": quindici anni di attivita', un impegno che continua, un'esperienza di cultura e di solidarieta' di cui essere orgogliosi. E di cui siamo grati. 4. DOCUMENTI. UNA LETTERA AL COMMISSARIO EUROPEO AI TRASPORTI Egregio Commissario Europeo ai Trasporti, con la presente le segnaliamo alcune semplici ed irrefutabili ragioni di fatto e di diritto per cui il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare. E non solo non si deve fare a Viterbo, ma neanche altrove. Ed occorre piuttosto una immediata e drastica riduzione dei voli a Ciampino. Cosi' come occorre per l'Alto Lazio un immediato e consistente potenziamento delle ferrovie. Cosi' come occorre un piano europeo - oltre che nazionale - della mobilita' che riduca drasticamente il trasporto aereo. E valga il vero. * 1. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' devasterebbe irreversibilmente l'area termale del Bulicame: forse la piu' preziosa risorsa di Viterbo, bene naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, di immenso valore simbolico oltre che materiale, peculiare ed insostituibile. * 2. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' sarebbe di un'estrema nocivita' per la salute della popolazione. Collocato peraltro in prossimita' della citta' l'inquinamento che esso produrrebbe sarebbe un danno enorme per la salute e la qualita' della vita della popolazione. * 3. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' danneggerebbe irreversibilmente, oltre che l'area termale del Bulicame, anche altri rilevanti beni ambientali, culturali ed economici, provocando all'economia ed alla popolazione viterbese un forte danno e una gravosa servitu' (al contrario di quanto sostiene la scandalosamente mistificante e menzognera propaganda di una irresponsabile ed interessata lobby politico-affaristica). * 4. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' palesemente contrasta con quanto previsto dalla vigente normativa italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica e Valutazione d'impatto sulla salute cosi' come in materia di protezione dei beni storico-culturali e dei diritti soggettivi e dei legittimi interessi della comunita' locale. * 5. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' costituirebbe un enorme sperpero di soldi pubblici a danno dei cittadini. * 6. Il devastante mega-aeroporto a Viterbo per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non si deve fare perche' occorre non incrementare ma ridurre immediatamente e drasticamente il trasporto aereo per contrastare il surriscaldamento della biosfera e promuovere il rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * Distintamente, la portavoce del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, Antonella Litta il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Peppe Sini Viterbo, 12 luglio 2008 5. MONDO. UMBERTO DE GIOVANNANGELI: I BAMBINI DI GAZA [Dal quotidiano "L'Unita'" del 10 maggio 2008 col titolo "I bambini di Gaza 'grandi' per forza" e il sommario "Il terrore si riflette nei loro occhi. La paura li accompagna dalla nascita. Hanno visto i loro genitori o amici morire. La violenza segna anche i loro giochi. Nabil, Ahmed, la piccola Zahira... Storie di una infanzia negata. Storie dei bambini di Gaza. Senza diritti, senza speranze. Dimenticati dal mondo". Umberto De Giovannangeli e' giornalista e saggista, esperto conoscitore della situazione mediorientale. Opere di Umberto De Giovannangeli: (con Rachele Gonnelli, a cura di), Hamas: pace o guerra?, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005; Terrorismo. Al Quaeda e dintorni, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005] Rabh Masoud ha 8 anni e vive con i genitori e sei fratelli in un monolocale a Jabaliya, il piu' grande campo profughi nella Striscia di Gaza, vicino al confine con Israele. "Per dormire - dice - dobbiamo fare i turni. I miei fratellini sono terrorizzati dai bombardamenti. Piangono, e per giorni si rifiutano di uscire. Io provo a far loro coraggio, ma anch'io ho paura, tanta paura". Subhiya ha 6 anni e vive anche lei con la famiglia a Jabaliya. La sua salute non e' buona. La bimba soffre di orifizio ovale, problemi di deambulazione, deviazione al setto nasale e ha un fragile sistema nervoso. Necessita di un'assistenza medica pressoche' costante. Il padre di Subhiya e' morto sotto un bombardamento. Ora la sua famiglia dipende interamente dagli aiuti umanitari delle organizzazioni non governative. La vita bloccata dei bimbi di Gaza. Storie di sofferenze, patimenti, mancanza di tutto che marchia fin dai primi giorni la vita di bambine e bambine "ingabbiati" in quella enorme prigione a cielo aperto che e' Gaza. Storie di vite bloccate. In attesa di un aiuto che tarda ad arrivare. Storie come quelle dei bambini della scuola elementare Omar Bin Abdul Aziz che tornati a scuola dopo la pausa invernale, hanno trovato le aule buie e fredde: in quella scuola, come nelle altre 400 della Striscia, la corrente elettrica e' saltuaria e le finestre sono murate per proteggere gli alunni da proiettili vaganti. Storie di piccole vite appese a un filo. A Gaza anche gli aiuti umanitari sono soggetti a restrizioni. Aya, 4 anni, affetta da meningite ha atteso per tre mesi il permesso di essere curata in Israele. Dopo tanto penare, l'agognato permesso alla fine e' arrivato, per Aya ma non per i suoi genitori, che non potranno quindi accompagnarla. Storie di bambini costretti a divenire "grandi" prima del tempo. Come Ahmed, 11 anni e 5 fratelli e sorelle piu' piccole. Ahmed deve mantenere la famiglia dopo che il padre, Nabil, e' stato ucciso, due anni fa, in un raid di Tsahal a Khan Yunes, sempre nella Striscia. "La mera sopravvivenza e' ormai lo standard di vita dei bambini di Gaza", sottolinea un recente rapporto dell'Unicef. I bambini di Gaza piangono per l'orrore e l'indifferenza. Uno studio della Queen's University ha rilevato che il 90% dei bambini di Gaza sono state vittime dirette di gas lacrimogeni, perquisizioni alle proprie case, danni personali e testimoni di sparatorie ed esplosioni. Dall'inizio della seconda Intifada, settembre 2000, studi del Gaza Community Mental Health Programme, indicano che il 70% dei bambini non riesce a concentrarsi, il 96% ha paura del buio, il 35% si isola e il 45% soffre alti livelli di ansia e di stress. "Abbiamo visto che i bambini non vogliono uscire perche' sanno che qualcosa di terribile gli puo' succedere in qualsiasi momento, sono aumentate le liti in casa, cosi' come il numero dei minori con incubi o attacchi di panico", riferisce il dottor Fadel Abu Hin, specialista del centro. L'infanzia cancellata. Come quella di Faysal, 6 anni, che da quella notte di fuoco, due anni fa, ha lo sguardo perso nel vuoto: quella notte, Faysal ha visto morire sua madre, Zahira, colpita da una pallottola vagante: a Rafah, era in corso un raid dell'esercito israeliano. Da quel giorno, il piccolo Faysal non ha piu' parlato. Se potesse parlare, Faysal racconterebbe una storia comune alla grande maggioranza degli 884.000 bambini di Gaza, dei quali 588.000 sono rifugiati. E' la storia di Ayman, 13 anni, e della sua sorellina, Amira, 5 anni: le sparatorie e i bombardamenti hanno terrorizzato cosi' tanto Amira, racconta Ayman, che "mia sorella continua a svegliarsi di notte urlando". Ayman ha un sogno: poter studiare. Ayman e i suoi fratelli leggono a lume di candela. A causa del blocco dei rifornimenti di carburante (imposto da Israele in risposta ai lanci di razzi da Gaza) l'elettricita' e' sospesa per 8 ore al giorno. "La notte - racconta - accendiamo una candela e fino a quando non si spegne facciamo i compiti... La scuola? E' stata bombardata e da mesi siamo costretti a restare a casa...". "Una intera generazione di bambini giornalmente assiste sempre piu' a episodi di violenza, persino all'interno delle scuole. Uno studio della Birzeit University ha rilevato che il 45% degli studenti nella Striscia di Gaza ha visto la propria scuola assediata dall'esercito israeliano, il 18% ha assistito all'uccisione di un compagno di scuola e il 13% a quello di un insegnante", rileva Save the Children, la piu' grande organizzazione internazionale indipendente per la tutela e la promozione dei diritti dei bambini nel mondo. Ma i bambini di Gaza non hanno diritti. E neanche speranze. Bamini come Talal, 5 anni. che allo staff di Save the Children racconta: "Vado all'asilo ogni giorno da solo. Ho paura quando vado da solo. Ho paura che gli israeliani mi spareranno. Vorrei che fosse mia madre a portarmi all'asilo, ma mia madre e' occupata. Mio padre e' stato arrestato dagli israeliani e adesso e' in prigione. Ho visto gli israeliani prenderlo. Non l'ho piu' visto da allora". A Gaza gioco e realta' s'intrecciano. Marchiati da un comun denominatore: la violenza. Fra la polvere e la sabbia nell'infuocata periferia di Gaza City, i piccoli palestinesi giocano alla guerra. Ma non a una guerra lontana, come fanno milioni di altri bambini del mondo, ma alla guerra vera, proprio quella che praticamente ogni giorno si combatte davanti alle loro case. La guerra con Israele. La guerra tra Fatah e Hamas. Realta' e gioco. "Se noi catturiamo un giocatore di Hamas - dice Ahmed, 11 anni, che nella battaglia indossa l'uniforme di Al Fatah - possiamo decidere di picchiarlo, oppure ucciderlo subito. Ma se l'altra squadra ha fatto uno di noi prigioniero, allora scambiamo i due giocatori, e torniamo alla pari...". La squadra di Hamas e' appena riuscita a scoprire il nascondiglio di tre miliziani di Fatah: come a mosca cieca basta toccarli perche' in questa finzione si considerino presi. Hamas adesso non ha nessuno dei propri giocatori da liberare, e cosi' sfrutta il vantaggio. I tre giocatori avversari vengono fatti inginocchiare, urlano "aiuto, aiuto" ma secondo un copione che si ripete mille volte, vengono fucilati senza esitazione. "Boom, boom, boom", scandisce il bambino tenendo puntato il fucile di legno. Poi si ricomincia, con tre punti di vantaggio. Quel giorno Nabil, 9 anni, era fiero delle sue nuovissime scarpe da calcio. Nabil non vedeva l'ora di raggiungere i suoi amici nel campetto di calcio a Jabaliya. Nabil era in ritardo, e quei minuti gli hanno salvato la vita. Il campo di calcio era stato raggiunto da granate sparate da carri armati israeliani. Nabil ha visto morire quattro bambini. Dilaniati dall'esplosione. Ancora oggi, a distanza di mesi, Nabil piange mentre ricorda di aver visto la testa decapitata di suo cugino lanciata lontano dal suo corpo, dalle sue braccia e dalle sue gambe, lontano da dove stavano giocando a calcio. Piange mentre racconta la storia, il piccolo Nabil, e le sue lacrime gli fanno piu' male del suo dolore psicologico, dal momento che ha ustioni sugli occhi. Ricordo di un incubo che portera' sempre con se'. 6. LIBRI. ANNA BRAVO: INTRODUZIONE DI "A COLPI DI CUORE" (PARTE TERZA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo di cuore Anna Bravo (per contatti: anna.bravo at iol.it) per averci messo a disposizione il capitolo introduttivo del suo recente stupendo libro A colpi di cuore. Storie del sessantotto, Laterza, Roma-Bari 2008. Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008] Violenza e lutto Rifiuti ("non c'e' piu' niente da dire", "non e' cosi' interessante"), ritardi, appuntamenti mancati. Cosi' una storica, Isabelle Sommier (27), descrive gli ostacoli frapposti da ex militanti della sinistra extraparlamentare italiana e francese alla sua richiesta di intervistarli. Che l'oggetto della ricerca fossero la violenza e il lutto ha sicuramente avuto il suo peso, anche se era prevista la possibilita' di anonimato, e se si trattava di persone che non erano passate alla clandestinita' e all'azione armata. Altri studiosi si sono scontrati con le stesse difficolta', indipendentemente dal tema - quanto basta a smentire lo stereotipo dei sessantottini verbosi. Ma l'interessante e' che questo e' un comportamento anomalo. Ricreare la propria memoria e' una sfida per i movimenti e per i protagonisti di vicende collettive: pochi partigiani hanno rifiutato di raccontare, i reduci della Repubblica di Salo' lo desiderano, fra gli ex terroristi di tutti i paesi prospera la vena autobiografica (28). Forse molti ex sessantottini vogliono essere dimenticati, o ricordati solo per un segmento della loro storia. Come altri studiosi, Sommier registra la tendenza a indugiare sul sessantotto rappresentato come eta' del sogno e della festa, separandolo dal dopo, quasi che quel dopo fosse un'escrescenza aliena prodotta dal rinnovato dominio della politica sulla vita. Parla di rimozione, negazione, forclusione, di strategie per evitare i punti piu' dolorosi. Le fa risalire, oltre che alla frattura segnata dalla fine della militanza e dall'approdo alla condanna della violenza, alla questione del rapporto fra sessantotto e gruppi extraparlamentari da un lato, terrorismo dall'altro. Punto storicamente controverso e soggettivamente irrisolto, almeno per una parte degli ex, che rende piu' che mai faticoso il racconto. A dispetto del titolo, La violence politique et son deuil [La violenza politica e il suo lutto], mi pare che la violenza sovrasti il lutto, e il lutto sia stranamente impersonale, fuso in una sorta di piattezza che fa pensare sia al pudore, sia a una difficolta' di narrare la compassione. Si gioca spesso a fare l'elenco delle parole abusate o gergali di allora, sarebbe utile farlo per quelle perdute. Compassione e' una (che ora sta vivendo un ritorno), insieme a bonta' e cattiveria, assimilate a categorie ininfluenti, per non dire stravaganti se applicate a un adulto. Il problema di queste memorie e' che per molti e' difficile riconoscersi in quel che si era allora. Persone che schiacciavano l'individuo sulla sua appartenenza politica, che conoscevano la storia dell'Urss, Kronstadt, il Gulag, l'Ungheria, ma si accontentavano di dire di non aver ancora incontrato il comunismo - c'e' da stupirsi per il sarcasmo di chi giudica la "scoperta del Gulag" da parte della gauche francese post-sessantotto una facile via di evasione dal proprio passato (29). Come se di quel passato non facessero parte anche il Gulag e il suo oblio. Fatta eccezione per chi la pensa come allora, questo e' un fardello che si puo' nominare o no, assumere su di se' o diluire nella dimensione collettiva, ma che pesa comunque in ogni memoria, tanto che a volte ascoltando o leggendo si intuisce da quale esperienza e' partita la riflessione. Altro che rottura biografica, il rischio e' una sfiducia durevole verso se stessi, mitigata dall'essere forse il solo movimento al cui interno molti si rallegrano pubblicamente della propria sconfitta. Nella scelta non rara fra gli ex militanti di rinunciare alla politica per altre forme di impegno sociale, c'e' sicuramente la sensazione che non si ritroverebbe comunque l'intensita' di allora; ma insieme c'e' la riscoperta di una preziosa ovvieta', che non a tutto si rimedia. * Vincere Cosa succede sui terreni dove per accordo quasi unanime i movimenti avrebbero avuto successo, la cultura, il costume, le sensibilita'? Intanto, va detto che la prima ribellione viene dal beat, la piu' duratura dagli hippie, e chissa' se sarebbero bastati loro a produrre cambiamento, magari in tempi piu' lunghi. Mentre la spallata si deve al movimento delle donne e ai movimenti gay. Come conquista civile o come segnaletica del politically correct, il linguaggio di oggi e' figlio della costellazione controculture/studenti del '68/donne degli anni settanta/gay, non meno che di internet e della tv. Credo che anche questa memoria abbia una cicatrice: il dubbio di aver vinto male. Non mi riferisco al malfamato sbocco nel permissivismo e nell'ugualitarismo distruttore del merito, su cui vale lo stesso argomento applicato ai comportamenti sessuali: che la storia non va avanti trasponendo direttamente le idee nelle pratiche. Penso proprio alla scoperta piu' affascinante ed effimera, il principio del partire da se'. Era una ribellione plurima. Contro il mito della neutralita' della scienza, contro l'ideologia che fa dipendere la coscienza dalla condizione lavorativa, contro la logica del bisogno in nome del desiderio. Punto di partenza e di arrivo, la rivendicazione del valore di ogni esperienza come spinta alla trasformazione. Oggi si direbbe sia avvenuto il contrario. Il partire da se' sembra ridotto a riflesso dell'ambiente, senza alternative e senza vie di cambiamento, a identita' ripetitiva, a destino. Oppure a nuovo domicilio legale delle buone intenzioni. Caduto in relativo disuso, il paradigma intenzionalista che controbilanciava errori e crimini con la bonta' dei fini si e' riproposto per i "ragazzi di Salo'" e per i terroristi anni settanta. E ha contribuito a spostare l'attenzione dalle vittime ai carnefici, come se la storia delle prime cominciasse e finisse con la morte, e quella dei secondi fosse una traversata passionale dell'ignoto. E' l'esiziale mito romantico della soggettivita' annidata nel profondo del profondo, in contrapposizione al niente della superficie. Che al contrario, lo insegnano le scienze umane e il buon senso, non e' soltanto il luogo dell'artificio, e' quel che filtra da una negoziazione fra se' e se' e con gli altri. E' vero, neanche su questo piano si poteva mettere il guinzaglio o il copyright alle idee. Dagli anni sessanta molte cose sono cambiate, la societa' dello spettacolo si e' gonfiata al punto che il primo termine tende a dissolversi, il secondo a debordare ovunque - l'avevano previsto i situazionisti. L'interesse per le soggettivita' e' diventato bulimia biografica che non distingue fra privato e intimita'. Pero' mi chiedo se germi di queste derive non fossero presenti gia' allora, nel rapido ritorno alla separazione fra mezzi e fini, nello stesso principio "il personale e' politico". Una cosa e' lo show di Cohn-Bendit che irrompe in un incontro con docenti e autorita' invitandoli a parlare della sessualita' dei giovani, oppure la beffarda litania di guai amorosi con cui il Guido di Due di due disturba le riunioni del bellicoso movimento studentesco milanese (30). Altra cosa e' stata la cattiva commistione dei due terreni, l'incapacita' di prevedere le derive panpoliticiste, le censure, l'arma delle richieste di autocritica. Persino la beata irriverenza aveva i suoi punti ciechi. Oggi e' rito, vezzo, a volte un ben dosato servilismo - si irride chi conta e in quanto conta, e insieme gli si accredita il talento dell'autoironia. Ma gia' all'epoca, la scoperta euforizzante che il re e' nudo era scivolata verso la ripetizione, l'accanimento estatico contro persone che avevano gia' perso una parte del loro potere e tutta la loro sicurezza. Un nemico atterrato deve restare necessariamente un nemico? Da un certo punto in poi, diverso da situazione a situazione, l'autorita' vera stava all'interno del movimento, ben identificabile in idee e persone in duro scontro fra loro. Cosi' anche nei collettivi femministi. Quanto avrebbe giovato uno sberleffo. Che sia mancato fa pensare a una coesione super partes, ma soprattutto al ritorno della paura di esporsi, della "soggezione", parola oggi felicemente scomparsa, ma stato d'animo che riaffiora come voglia di rivalsa in certi spaccati di memoria. Anche per questo avrebbe poco senso parlare di un sessantotto tradito (dal cosiddetto revisionismo, dal terrorismo, dalla violenza del capitale), come si diceva allora della resistenza. Si e' tradito da solo, e' morto orfano di se stesso, fortunatamente senza lasciare custodi ufficiali, e purtroppo con poca cura per le fonti della propria storia. Il femminismo no. E' la sola realta' che ha continuato a cambiare, investita da un lato da nuove generazioni che vogliono ridefinire il femminismo "in modo tale che voi rischiate di non riconoscerlo" (31), dall'altra dalle esperienze e teorie lesbiche e transgender, da quelle di paesi in transizione o in sviluppo, delle migranti. Certo, ci si puo' chiedere se ci sia un rapporto fra la lotta femminista per la libera disponibilita' del proprio corpo e le belle veline microvestite di Striscia la notizia. Se anche fosse? mostrarsi non e' peccato ne' reato, non autorizza giudizi di valore; rientra nel diritto ad andare all'arrembaggio, a "pazziare" un po', che va riconosciuto all'eta' giovane. E' anche vero che sono spariti molti aspetti del movimento di massa, sebbene in Italia l'ipotesi di una modificazione della legge 194 abbia portato in piazza una folla di donne. Comunque, ha ragione Donna Haraway, non si puo' ridurre la fisionomia dei movimenti sociali soltanto alla forma di massa (32) che ha avuto tanto rilievo nel passato. In molti paesi il femminismo anni settanta conserva nuclei di elaborazione e documentazione, che vigilano, per cosi' dire, sulla propria memoria. E' una differenza da cui si potrebbe partire per scrivere un altro pezzo di storia degli anni sessanta/settanta. * Perdere In compenso, credo che gli anni '68 abbiano tutto sommato perso bene, e proprio sul terreno dove secondo gran parte dei commentatori avrebbero inciso meno, la politica. Per alcuni, lo scacco del sessantotto apre nell'Europa orientale la strada all'89: gli studenti sono stati schiacciati militarmente insieme ai movimenti di cui erano parte, ma nel giro di pochi anni nasceranno Solidarnosc, il dissenso e la lotta contro le burocrazie al potere, fino alla dissoluzione dei regimi. Per altri, la fine del sogno di cambiamento universale rappresentato dal sessantotto e' andata a rafforzare movimenti che si fondano sulla parzialita' - su diverse identita' di genere e di gruppo, sulla lotta a fianco dei migranti e dei disabili, a protezione del vivente non umano, per la pace o per un fine, come la difesa dell'ambiente, in cui l'universalita' e' qualcosa di molto diverso e piu' ampio di quella pensata negli anni sessanta e settanta. Al modello del militante starebbe subentrando quello del volontario nonviolento (33). Secondo Paul Berman (34), che vede una radice del sessantotto nella storia delle sinistre americane fra le due guerre e durante la caccia alle streghe, una parte degli ex studenti si e' spostata su posizioni libertarie-liberali, facendosi paladina dei diritti umani e civili. E' tornata cosi' alla critica della sovranita' statale, in cui decenni prima Hannah Arendt aveva visto una delle origini del movimento americano. E ha sostituito all'utopia della rivoluzione quella di un mondo capace di farsi carico dei piu' vulnerabili, al di la' e a dispetto degli Stati in cui vivono. A prezzo di contraddizioni frontali. Perche' da un lato quell'utopia si inserisce nella spinta alla delegittimazione della violenza che caratterizza in occidente il passaggio del secolo. Dall'altro e' costretta a scommettere sulla capacita' regolatrice di organismi internazionali che hanno gia' dato cattiva prova di se'. Ma dopo 40 anni di storia e di vite, avrebbe poco senso discutere se Fischer, Langer, Kouchner, cofondatore di Medecins sans frontieres e favorevole all'intervento in Kosovo, siano figli legittimi del sessantotto. Oppure se lo sia Gino Strada, ex militante del movimento studentesco della Statale di Milano, creatore di Emergency ed esponente del pacifismo "senza se e senza ma". La saldatura (e la contraddizione) fra "mai piu' guerre" e "mai piu' Auschwitz" era gia' nata; l'idea di un nuovo diritto internazionale fondato sul principio di opposizione ai genocidi, alle violazioni dei diritti umani, alle pulizie etniche, era ancora in nuce. In fondo, aver perso bene vuol dire qualcosa. Che quel che si e' capito nel fallimento conta, che forse l'eterogenesi dei fini esiste - specialmente se e' sospinta da un movimento, quello delle donne, che a quei fini ha guardato fin dai suoi inizi. In molti paesi, le grandi (piccole) manovre per una rivoluzione che non c'e' stata hanno contribuito a legittimare riforme di civilta' e di modernita' - detto senza alcun retropensiero negativo. L'assaggio di rivoluzione simbolica, e dunque politica, vissuto nella "presa di parola" del maggio parigino (35) ha messo in scena un'altra idea di cittadinanza, in cui e' decisiva la facolta' di presentare/raccontare se stessi in autonomia. Si sono formulati nuovi diritti umani e civili, ma la cosa piu' importante e' che sono aumentati i soggetti in condizioni di rivendicarli in prima persona, dalle carceri, dalle caserme, dagli ospedali, dal non lavoro, dalla disabilita'. E dovranno aumentare, dalle strade, dagli incroci delle strade, dai margini, dalle terre di nessuno. Quante cose ha contribuito a far nascere quella che a Raymond Aron era sembrata una rivoluzione introvabile, un evento in cui non era successo niente (36). * Per chiarire meglio da che ´posizioneª guardo a quegli anni: non avevo e non ho alcun tipo di fede religiosa. Sono una ex del sessantotto e di Lotta continua (non del femminismo), in genere piuttosto smemorata. Ma quando si e' sperimentato qualcosa di simile alla felicita' pubblica, lo scotto sono certe visite a sorpresa della nostalgia. * Note 27. I. Sommier, La violence politique et son deuil. L'apres 68 en France et en Italie, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 1998. 28. A volte ipernarcisistica: J. Wiener, The Weatherman Temptation, in "Dissent", Spring 2007, cita l'ex Weatherman Bill Ayers, che all'indomani delle Torri gemelle lamenta che l'evento abbia oscurato l'uscita del suo libro Fugitive Days (Beacon Press, Boston 2001). 29. Ross, Mai 68 cit., al cap. "Autres fenetres, memes visages". 30. A. De Carlo, Due di due, Mondadori, Milano 1989. 31. Intervento di Rosi Braidotti in Forum: Sapere, sesso, politica, dibattito con Rosi Braidotti, Donna Haraway, Juliet Mitchell, Joan Scott, promosso da "Reset", in "Caffe' Europa", 114, 28 dicembre 2000, parte seconda, consultato sul sito www.caffeeuropa.it 32. D. Haraway, ivi, parte prima. 33. E' una delle tesi presenti in M. Revelli, Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001. 34. P. Berman, Sessantotto. La generazione delle due utopie, Einaudi, Torino 2006 (ed. or., A Tale of Two Utopias. The Political Journey of the Generation of 1968, Norton and Company, New York 1997). 35. Vedi M. Zancarini-Fournel, "La Prise de parole": Michel de Certeau, 1968, l'Evenement et l'Ecriture de l'histoire, in C. Delacroix, F. Dosse, P. Garcia, M. Trebitsch (a cura di), Michel de Certeau. Les chemins d'histoire, Editions Complexe, Bruxelles-Paris 2002, pp. 78-86, dove l'autrice sottolinea che nel pensiero di de Certeau "rivoluzione culturale" non significa solo una evoluzione del costume, ma soprattutto la rimessa in causa dell'ordine sociale e discorsivo esistente. 36. R. Aron, La revolution introuvable, Fayard, Paris 1968, p. 36. 7. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009 "A SCUOLA DI PACE" [Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito: www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo] E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace". Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata, piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice. Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi vivremo sicuramente meglio. Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace. Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli, nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie. I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i colori) e pertanto piu' costosa. Per ordini del diario scolastico 2008-2009: - 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione) - 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione) - 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione) - 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione) - Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata. Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 515 del 13 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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