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Minime. 513
- Subject: Minime. 513
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 11 Jul 2008 00:39:22 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 513 dell'11 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La guerra, il razzismo, il "doppio stato" 2. "Peacereporter": Ancora italiani feriti nella guerra afgana 3. Anche il Parlamento europeo 4. il reo confesso. E l'ora di Gobetti 5. Dichiarazione di dodici parlamentari europei sullo Scudo Spaziale degli Stati Uniti 6. Anna Bravo: Introduzione di "A colpi di cuore" (parte prima) 7. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace" 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. LA GUERRA, IL RAZZISMO, IL "DOPPIO STATO" Riassumiamo. L'Italia sta partecipando da anni con le sue forze armate alla guerra afgana, una guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, a vantaggio dei poteri mafiosi e dei poteri femminicidi, una guerra non solo criminale come tutte le guerre, ma anche specificamente illegale ai sensi della legalita' costituzionale italiana, specificamente illegale ai sensi del diritto internazionale. La partecipazione italiana alla guerra afgana e' un crimine contro cui il popolo italiano ha il diritto e il dovere di sollevarsi per far cessare la nostra corresponsabilita' negli eccidi di cui essa guerra consiste, per far cessare la violazione della legalita' costituzionale, per ripristinare diritto e umanita'. Indispensabile e urgente e' nel nostro paese una mobilitazione nonviolenta in difesa della legalita' e della democrazia, per far cessare questo crimine che altrimenti tutte e tutti, tutte e tutti ci travolgera' nel baratro. * Il governo italiano sta annunciando, varando, eseguendo - con la complicita' del presidente della Repubblica, con la complicita' dell'opposizione parlamentare - azioni razziste scellerate e criminali: la persecuzione dei migranti, la persecuzione dei rom, la persecuzione dei bambini, la persecuzione dei poveri. Sta realizzando una politica ferocemente razzista. E chi non si oppone ne e' complice. Indispensabile e urgente e' nel nostro paese una mobilitazione nonviolenta in difesa della legalita' e della democrazia, per far cessare questo crimine che altrimenti tutte e tutti, tutte e tutti ci travolgera' nel baratro. * Il governo italiano e la maggioranza parlamentare che lo sostiene sta disponendo - con la complicita' del presidente della Repubblica - anomiche pseudonorme per garantire impunita' ai caporioni della propria fazione per i crimini pregressi, impunita' per i politici complici della mafia, impunita' per i politici razzisti e golpisti, il blocco di fatto dell'attivita' dei tribunali (come nel "doppio stato" nazista: a fini d'inganno formale dell'opinione internazionale resta almeno in parte ed almeno per un certo tempo l'involucro dell'ordinamento giuridico, lo scheletro dello stato di diritto e l'apparenza della separazione dei poteri, ma alla giurisdizione dell'organo giudiziario si sostituisce la longa manus dell'esecutivo, la funzione della magistratura viene esautorata e le sottentrano i provvedimenti amministrativi: gia' sappiamo per questa via dove si giunge, a quali abissi di cruda violenza): e' l'eversione dall'alto, e' il colpo di stato. Indispensabile e urgente e' nel nostro paese una mobilitazione nonviolenta in difesa della legalita' e della democrazia, per far cessare questo crimine che altrimenti tutte e tutti, tutte e tutti ci travolgera' nel baratro. 2. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": ANCORA ITALIANI FERITI NELLA GUERRA AFGANA [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 9 luglio 2008 col titolo "Afghanistan, due soldati italiani feriti in imboscata" e il sommario "Attaccati vicino a Herat a colpi di lanciarazzi e kalashnikov, gli italiani hanno risposto al fuoco"] Due soldati italiani sono rimasti feriti, uno in modo grave, in un'imboscata avvenuta oggi pomeriggio nell'ovest dell'Afghanistan nella zona di Shiwashan, cinque chilometri a nordest di Herat. * Scontro a fuoco Alle 19,45 ora locale, le 17,15 in Italia, il blindato Lince sul quale i due fucilieri dell'Aeronautica stavano viaggiando per una missione di pattugliamento e' stato attaccato a colpi di lanciarazzi e kalashnikov da un gruppo di guerriglieri. I militari hanno risposto al fuoco e i ribelli sono fuggiti. Il tenente Gabriele Rame, di Benevento, e' rimasto ferito a una gamba; l'aviere Francesco Manco, di Zollino (Lecce), ha riportato un frattura multipla al braccio oltre a una ferita alla gamba. Sul mezzo si trovavano altri tre militari, rimasti illesi. I due soldati sono stati evacuati a bordo di un elicottero militare spagnolo e subito sottoposti a intervento chirurgico. * La Russa: "Militari raggiunti da colpi" Inizialmente si era parlato dell'esplosione di un ordigno telecomandato, ma lo stesso ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha poi dichiarato che i soldati italiani "sono stati raggiunti da colpi. Non sembra un incidente anche se e' troppo presto per avere indicazioni precise, ci sono state difficolta' nell'evacuazione e questo mi fa pensare che non sia stata un'esplosione isolata". * "Non ci sono zone tranquille" "Il fatto e' avvenuto in una zona normalmente abbastanza tranquilla - ha aggiunto La Russa - e questo dimostra che non c'e' una zona tranquilla quando si e' in missione di pace". Dopo l'estate, quasi tutto il contingente militare italiano verra' spostato nelle province occidentali: non solo a Herat, ma anche nelle aree di combattimento di Farah e Dilaram, dove gia' operano da oltre un anno le nostre forze speciali della Task Force 45. 3. RAZZISMO. ANCHE IL PARLAMENTO EUROPEO Anche il Parlamento europeo (con 336 voti a favore, 220 contrari e 77 astenuti) chiede alle autorita' italiane di "astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori, e dall'utilizzare le impronte digitali gia' raccolte in attesa dell'imminente valutazione delle misure previste annunciata dalla Commissione, in quanto questo costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sull'origine etnica". Anche il Parlamento europeo - come ogni civile consesso, come ogni persona che non abbia perduto il ben dell'intelletto - ha colto e denuncia il crimine razzista nell'infame provvedimento del governo italiano. 4. LE ULTIME COSE. IL REO CONFESSO. E L'ORA DI GOBETTI Il fatto che il presidente del Consiglio dei ministri ed i suoi cortigiani si affatichino tanto a ripetere che una condanna penale non puo' "sovvertire" l'esito del voto (ohibo': i tribunali sono dunque sovversivi, per la gioia dello zio Bakunin...) e' come una confessione dei crimini commessi. Il fatto che il presidente del Consiglio dei ministri ed i suoi cortigiani deliberino in parlamento - pardon, nell'aula sorda e grigia finalmente riattata a bivacco di manipoli - che il Capo ha diritto all'impunita' per ogni crimine che possa aver commesso (per la gioia del cugino de Quincey), e' piu' che un'ammissione di colpa, e' un'apoteosi del malaffare. Il fatto che il presidente del Consiglio dei ministri ed i suoi cortigiani abbiano cosi' platealmente e protervamente gettato la maschera (per la gioia del signor marchese de Sade che certo sapra' riconoscere i suoi nipotini) e' forse l'unico bene della tragica presente distretta; poiche' nessuno puo' piu' avere dubbi su quali siano i compiti dell'ora. * I compiti dell'ora: la resistenza nonviolenta contro l'assalto dei razzisti, dei mafiosi, dei barbari che impadronitisi di alcune istituzioni dello stato cercano di imporre l'anomia piu' cupa e selvaggia. I compiti dell'ora: la resistenza nonviolenta in difesa della legalita' costituzionale, dello stato di diritto, della separazione dei poteri, della democrazia, dei diritti umani di tutti gli esseri umani, della nostra stessa dignita'. * E' l'ora di Piero Gobetti. 5. DOCUMENTI. DICHIARAZIONE DI DODICI PARLAMENTARI EUROPEI SULLO SCUDO SPAZIALE DEGLI STATI UNITI [Da Anna Polo (per contatti: annapolo1 at gmail.com), attraverso la mailing list Eco-fem-nonviolenta at lists.nonviolenti.org, riceviamo e diffondiamo il seguente appello scaturito da un incontro sullo Scudo Spaziale al Parlamento Europeo: "Il 9 luglio si e' tenuto al Parlamento Europeo a Strasburgo un incontro sullo Scudo Spaziale degli Stati Uniti, con interventi di Giorgio Schultze, portavoce della campagna 'Europe for peace', Jan Tamas, portavoce della campagna contro lo Scudo Spaziale e leader della protesta nella Repubblica Ceca, e numerosi europarlamentari. Ecco la dichiarazione letta e approvata durante l'incontro. Nei prossimi giorni verranno aggiunte molte altre firme e la dichiarazione stessa verra' portata alla conferenza internazionale del 17 luglio a Praga da Luisa Morgantini, vicepresidente del Parlamento Europeo"] Oggi stiamo affrontando nuove sfide, che minano lo sviluppo dell'integrazione europea. Tra queste il progetto statunitense di installare un nuovo sistema radar e missilistico nella Repubblica Ceca e in Polonia si trova gia' ad uno stadio avanzato. Si tratta di un nuovo stimolo alla corsa al riarmo che, oltre ad altri effetti negativi, aumenta le tensioni tra la Russia e l'Europa. L'opinione pubblica nella Repubblica Ceca e in Polonia e' contraria a questo progetto. Nella Repubblica Ceca un vasto movimento di protesta chiede di decidere la questione con un referendum. Non si puo' piu' negare il fatto che gli Stati Uniti stiano esercitando pressione su due membri dell'Unione Europea per risolvere i propri problemi, ignorando o aggirando l'Unione Europea stessa, indebolendo le sue gia' scarse prerogative su una politica estera comune e dividendola. Riteniamo che la sicurezza europea vada discussa da tutti i 27 stati membri e non solo da due di essi con gli Stati Uniti. Vogliamo unire la nostra voce a quella della protesta popolare e chiedere ai governi di Praga e Varsavia di rivedere le loro posizioni, sospendendo ogni decisione in attesa di una comune discussione a livello europeo. * Primi firmatari: Giulietto Chiesa, Roberto Musacchio, Jiri Mastalka, Pasqualina Napoletano, Vittorio Agnoletto, Luisa Morgantini, Giusto Catania, Umberto Guidoni, Andre' Brie, Tobias Pfluger, Richard Falbr, Miroslav Ransdorf. 6. LIBRI. ANNA BRAVO: INTRODUZIONE DI "A COLPI DI CUORE" (PARTE PRIMA) [Ringraziamo di cuore Anna Bravo (per contatti: anna.bravo at iol.it) per averci messo a disposizione il capitolo introduttivo del suo recente stupendo libro A colpi di cuore. Storie del sessantotto, Laterza, Roma-Bari 2008. Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008] Dopo 40 anni Per Jerry Rubin, leader del movimento americano contro la guerra in Vietnam, chi diceva di avere ricordi precisi di quegli anni probabilmente non li aveva vissuti. Visione un po' romantica e un po' vera. La memoria e' molto spesso puntiforme, mostra vuoti, slabbrature, cronologie incerte. E' l'effetto del flusso di emozioni (solo per alcuni di natura psichedelica) che avvolgeva l'esperienza, di un modo di vivere appiattito su un eterno presente, della sensazione che il tempo fosse insieme incalzante e infinito. Forse eleggere vuoti e flash a sigla dell'esserci stato e' anche la spia di una concezione patrimoniale della storia. "Io c'ero", e proprio per questo non ho un catalogo ordinato di ricordi, tu puoi costruire il repertorio piu' minuzioso, ma non ti bastera' a scoprirne lo spirito - il che riproduce il luogo comune dell'indicibilita' dell'esperienza, fino a mettere in dubbio che sia possibile fare storia di quel che non e' vissuto, l'intero passato, salvo il proprio coriandolo di tempo. Atteggiamento proprietario o meno, la stagione dei movimenti (sessantotto, femminismo, nuova sinistra) ha trovato una quantita' di cronisti, studiosi, commentatori, e a volte si direbbe sia piu' incombente per chi l'ha osservata o e' venuto dopo che per chi l'ha vissuta dall'interno. Si nota nella concitazione di qualche saggio o pamphlet, ma soprattutto in certi giudizi estemporanei sparsi in articoli e interviste dedicate a tutt'altro. Il modo in cui si parla di quegli anni equivale quasi a una dichiarazione di schieramento, a volte addirittura a un punto programmatico, il "facciamola finita con i sessantottini" di Nicolas Sarkozy. Dopo 40 anni! Succede in parte per l'uso pubblico che in alcuni paesi si e' fatto e si fa del sessantotto - qui e in seguito mi servo di questo termine, o della formula "anni '68", per indicare l'intero ciclo (1). Succede anche perche' nell'opinione comune ne resta un'immagine vaga ma forte, la sensazione che in quegli anni sia successo qualcosa di importante, di molto negativo o molto positivo. A un estremo, il sessantotto e' rovina della famiglia e della scuola, disordine sessuale, sgraziatissimo rock, violenza, droga. Oppure - le polarizzazioni sono piu' di una - Grande Inganno iniziato con la mascherata antiautoritaria, proseguito con un nuovo marx-stalinismo, e infine rientrato in grembo alla borghesia di origine. Da dove gli ex, nostalgici mal invecchiati, sono ripartiti per insediarsi nei centri del potere, soprattutto mediatico. All'estremo opposto, c'e' il sessantotto come lotta contro autorita' senza autorevolezza, amore per i piu' deboli, trasformazione delle culture, bella musica, spinelli. Ma anche come ventata di liberta', sconfitta, oltre che dalla politica "tradizionale", dal proprio stesso imbarbarimento. Qui gli ex sono brava gente sensibile alle ingiustizie, che cerca di fare quel che puo' per contrastarle. Gente che in maggioranza insegna o ha insegnato in tutti gli ordini di scuole, e che sembra eterna principalmente perche' e' entrata tardi nel mercato del lavoro dopo dieci anni di militanza a tempo pieno - un dato di fatto raramente citato. Il secondo polo e' piu' sfrangiato, comprende chi cerca di guardare a quegli anni da angolature diverse, incluse quelle oscure e misere - solo alcune, pero'. Il primo mi sembra piu' compatto e irremovibile. Ma un punto comune c'e': tutti trovano che la polarizzazione sia sbilanciatissima a proprio sfavore, tutti si sentono un'isoletta assediata dal mare del conformismo. Come se il destino si fosse divertito a sistemarli uno per uno nel posto sbagliato. Il sessantotto e' diventato un simbolo, e nei simboli ci si culla, indipendentemente dal loro contenuto. I fatti finiscono per contare poco. O niente? In Italia ci si accanisce da trent'anni contro la legge per la chiusura dei manicomi e per la creazione di comunita' sul territorio (troppo poche, il che contribuisce all'ostilita'). Si dimentica cos'era l'istituzione totale (2), si dipinge la "nuova psichiatria" come una esperienza generosa ma ideologica, si accusa Basaglia di aver visto nella malattia esclusivamente il prodotto della sofferenza familiare e sociale, dimenticando le sue componenti fisiologiche. Falso per omissione. Non solo non le negava, ma se necessario impiegava gli psicofarmaci, per lenire il male con ogni strumento disponibile. Come facevano anche gli psichiatri inglesi e americani. Niente chiusura dei manicomi e apertura verso l'esterno senza quell'aiuto chimico - che fra l'altro strideva con la diffidenza di allora verso i farmaci e con le illusioni sul potere salvifico della parola. Del resto Basaglia e altri medici lavoravano contro la segregazione gia' prima del sessantotto. Realta' guastafeste. Guastafeste anche in altri casi, per esempio i comportamenti sessuali, dove i movimenti non hanno aggiunto molto alle idee e pratiche diffuse fra le avanguardie artistiche e intellettuali del '900 - coppie aperte, vagabondaggio erotico, rapporti plurimi e plurisessuali. Ma le hanno estese a minoranze ampie, visibilissime, intrecciate alle maggioranze. Scandalo e consensi nascevano da questa caratteristica piu' che dalla radicalita': una cosa sono Sartre e de Beauvoir che al Cafe' de Flore teorizzano sugli amori essenziali o contingenti, altra cosa e' l'anomalia nel cortile di casa. L'immagine di dissipazione sovrapposta al sessantotto e' povera quanto il suo contrario, che racconta di amori lievi e felici - ma lo fa sempre piu' stancamente, perche' il femminismo e il tempo hanno lavorato nella testa delle persone. Molti hanno capito che c'erano aspetti del passato da cui si potevano elaborare buone idee - alcune e alcuni lo dicevano gia' allora, e di rado sono le stesse persone che oggi scagliano la prima, la seconda e l'ennesima pietra. In ogni caso, su questo piano il sessantotto non era cosi' nuovo e neppure cosi' pervasivo da cambiare il mondo con le sue sole forze. Come hanno scritto Flores e De Bernardi, far risalire cambiamenti epocali all'azione di un gruppo sociale composito, esteso ma largamente minoritario, "significa avere una idea ben semplicistica, a dir poco, del divenire storico", accompagnata dalla fantasticheria che "le cattive idee possano trasformarsi in realta' direttamente e senza mediazioni" (3). Fare dei movimenti il deus ex machina rischia allora di cancellare quel che gli si intrecciava da vicino, come la pillola e la crescita del lavoro femminile, e da lontano, come il lungo processo che ha portato dall'unione contrattuale a quella d'amore. Rischia di instaurare un cortocircuito con l'oggi in cui scivolano via fenomeni ed eventi di questi ultimi decenni. Non esageriamo. I movimenti hanno inventato molto, non tutto, spesso hanno accelerato tendenze in embrione, in qualche caso ne hanno bloccate altre. Il che non toglie niente al loro peso. Anzi. Potevano non nascere, e infatti nessuno se li aspettava. Potevano prendere una strada progressiva o regressiva, avere una impronta ugualitaria o gerarchica, spesso le hanno mischiate in un quadro nuovo - non interamente nuovo, ma costruito a modo proprio. Non era scritto da nessuna parte che le cose sarebbero andate come sono andate. * Immagini e contesti Peccato, quella polarizzazione. Scoprire quali tradizioni un movimento ha rivendicato o inventato, quali ha respinto o non ha visto, capire il modo in cui le ha combinate in qualcosa che prima non c'era, e' uno degli aspetti piu' attraenti della storia che si legge - e anche di quella che si scrive. Nei primi anni settanta c'e' chi, come Morin (4), accetta la diagnosi di fenomeno giovanile, ma assimilando l'eta' a una sorta di nuova classe. Con l'avanzare del decennio, altri collocano i movimenti sullo sfondo del distacco giovanile dal mondo adulto, iniziato con il rock, i beat, le controculture (5), e ne vedono il clou negli anni sessanta (6). Di recente, in Francia si sono cercate le radici dei movimenti nella guerra d'Algeria, e la continuita' del '68 nelle lotte operaie e contadine che sarebbero state imperdonabilmente trascurate (7). In Italia ci si e' chiesti se il "vero '68" non sia invece il 1969, l'anno dell'autunno caldo, culmine di un'insorgenza operaia capace di disarticolare il sistema di fabbrica e di resistere, almeno per qualche tempo, alla ristrutturazione della seconda meta' del decennio (8). Sembrano spaccati di storie diverse e in parte lo sono, gli anni '68 hanno piu' facce che coesistono o si alternano. Fra gli osservatori, inizialmente ha prevalso lo stupore di fronte al carattere mondiale dei movimenti studenteschi, alla loro esplosione contemporanea e non preordinata, e si e' cercato di capirne i nuclei comuni e i canali di comunicazione. In seguito e' cresciuto l'interesse per soggetti e problemi specifici, per realta' circoscritte, dalla nazione alla singola universita' - il che implicava darsi coordinate storiche diverse. Interpretazione e contesto camminano insieme, prendono forma uno a partire dall'altro. A conferma che il secondo, sempre invocato come garanzia di realismo e oggettivita', e' il frutto di un'operazione soggettiva, con cui il ricercatore sceglie lo sfondo che gli sembra piu' congeniale all'agire dei protagonisti e alla propria immaginazione storiografica. Per esempio: se si guarda al voto alle donne italiane e francesi nel solo quadro della seconda guerra mondiale, sembra una concessione; se lo si colloca nel contesto verticale e secolare delle lotte per il suffragio, ecco che diventa anche una conquista. Niente storia senza contesto, si dice giustamente, solo generalizzazioni indebite e anacronismi. Ma anche niente storia con troppo contesto, direi, pensando a come e' ottimamente servito per spiegare qualsiasi comportamento e per distribuire sconti etico-storiografici. Del resto, a movimenti cosi' interessati alla soggettivita' non si addice l'argomento delle condizioni oggettive. Credo non piacerebbe neppure a molti ex, che di quella stagione hanno dato interpretazioni diversissime. Su un solo punto commentatori e protagonisti fanno coro, il femminismo. Ironia: per anni temuto, minimizzato, a volte messo in ridicolo, il femminismo e' diventato il parente ricco dei movimenti, la loro faccia bella, buona e democratica, di cui non ci si puo' appropriare ma che viene comunque rivendicata allo spirito del tempo e delle lotte. Ma su come sia nato devono essere mancate finora la capacita' o la voglia di documentarsi, con la buffa conseguenza che in certi testi lo si elegge a sola rivoluzione riuscita del '900, e dopo due pagine si passa ad altro. * Autopresentazione Questo libro non e' una storia della stagione dei movimenti, neppure limitata ad alcuni luoghi e tempi. Gia' ne esistono di belle, e del resto le imprese monumentali, come quella di Marwick sugli anni sessanta (9), toccano secondo me ai piu' giovani. Io ho tentato un cammino intorno ad alcune questioni che per me sono state importanti e che mi sembrano tali anche oggi. Per quanto le attualizzazioni a tutti i costi siano fastidiose, in questo caso la forzatura sarebbe negarle. Ma ho incluso temi all'apparenza obsoleti - a seconda delle fasi e dei punti di osservazione, quegli anni possono sembrare preistoria, oppure l'altro ieri. E' un pezzo di storia che riguarda anche i e le giovani dei partiti di sinistra, dei sindacati, dell'associazionismo laico e religioso, le donne dell'Udi e le loro omologhe francesi; ma uscire dall'area dei movimenti avrebbe cambiato il progetto che avevo in mente (10). Come storica, ho guardato ai contesti di breve e media durata, alle diverse temporalita' che si intersecano nel reale, ai riflessi che le filosofie e ideologie nate in quegli anni o da quegli anni hanno avuto sulle culture, i comportamenti, le sensibilita' - gli aspetti che mi piacciono particolarmente. Soprattutto mi sono posta alcune domande. Il versante positivo di quegli anni era davvero bello e ricco come molti ricordano, nel versante negativo non c'erano spiragli barlumi momenti che ancora vale la pena discutere? Se e' vero che i movimenti hanno avuto successo nel cambiare le culture e le mentalita', siamo certi che abbiano vinto bene? e dove hanno perso, la politica, siamo certi che abbiano perso male (e tutto)? A distanza di 40 anni, i bilanci possono comprendere anche questa variabile, l'eredita', o il residuo, che quello spaccato di generazione ha lasciato mentre disseminava pezzi di se' nei luoghi piu' diversi, senza badare molto a come si sarebbero potuti combinare fra loro. In questo libro c'e' anche un fondamento personale. Anni fa, mi sono accorta che i temi su cui avevo lavorato di piu' - genocidio e deportazione, corpi in prigionia, pratiche antinaziste non armate - rientravano tutti in due aree: il dolore patito da esseri umani per la violenza di altri esseri umani; i tentativi di resistere alla distruttivita' senza farsene contagiare, o il meno possibile. E naturalmente i modi di raccontarli. La scelta era stata in parte inconsapevole, ma non per questo meno motivata. Cosa c'e' di piu' storicamente e soggettivamente significativo della cognizione del dolore e delle "maschere" predisposte dalla cultura per esprimerlo? O della violenza e delle strategie per fronteggiare il male riducendo il danno per se' e per gli altri? Eppure la storiografia, e non solo in Italia, se ne era tenuta lontana per decenni. Penso in particolare alla prigionia nei Lager nazisti, messa ai margini perche' dichiarata indicibile e inimmaginabile, come se questo bastasse a esimere chiunque dalla pena di immaginarla e dallo sforzo di renderla almeno in parte comunicabile. Il clima e' stato questo fino all'inizio degli anni ottanta, e veniva spontaneo criticarlo. Per me e' stato piu' facile. Ho avuto una sorella elettiva con cui ho diviso per trent'anni pensieri e pezzi di vita. Era ebrea, figlia di genitori che avevano sofferto la persecuzione; se Hitler avesse vinto non sarebbe nata. Intrecciati alle motivazioni storiografiche ci sono sempre elementi personali, e scegliendo quei temi partivo anche da lei e, tramite lei, da me. Ora molte cose sono cambiate - piu' studi su genocidio e deportazione, sulla resistenza civile, aperture alla nonviolenza. Lo scarto impressionante fra la produzione dedicata al terrorismo degli anni settanta e quella dedicata alle sue vittime sta piano piano riducendosi (11). Ma ancora oggi, ogni volta che vedo il dolore subordinato alla storia di chi l'ha inflitto, e gli orrori chiamati errori o sconfitte politiche, non posso non pensare al senso di colpa degli ex deportati per essere sopravvissuti ai compagni, al rimpianto di Primo Levi per non aver diviso un sorso d'acqua con un amico. E le assoluzioni e autoassoluzioni in nome del contesto, dei fini, dell'eta' giovane, dell'intellighenzia compiacente, suonano spaventosamente frivole. Le pretese di chiamarsi fuori con la motivazione di non aver partecipato in prima persona mi sembrano un'offesa a chi ha sofferto - e a chi ha speso mezza vita a ripensarci. Che la violenza abbia trovato appoggio fra intellettuali e artisti e' vero. Ma certe chiamate di correo finiscono per assomigliare alla giustificazione del bambino: "C'era anche lui!", quando in realta' nessun Sartre, nessun Marcuse sarebbero bastati a convincere i movimenti a fare o non fare una cosa. Certo, i militanti erano giovani, ma non tanto da sfuggire al criterio della responsabilita' personale, che non si misura sulla quantita' e il prestigio dei compagni di strada. Al massimo puo' esserne alleviata, mai rimossa, neppure, scrive Hannah Arendt, nei regimi totalitari. Ho cominciato a ripensare agli anni '68 sulla spinta di questa suscettibilita' al tema della violenza, che qui compare all'ultimo capitolo, ma e' il primo che mi stava a cuore presentare. Diversamente da quanto ritengono due giovani storici (12), non credo che la violenza, innanzitutto quella della parte politica cui si e' stati legati, sia un tema affrontabile allo stesso modo di altri. Ammesso che la storia abbia un senso, e' quello di dare a cose e persone il nome che gli corrisponde. Come ha detto Andrea Casalegno, si puo' cambiare, e molti lo hanno fatto senza sbandierarlo; ma non si puo' diventare ex assassini, per l'identico motivo per cui non si diventa mai ex madri. * Note 1. G. Dreyfus-Armand, R. Frank, M.-F. Levy, M. Zancarini-Fournel (a cura di), Les annees 68. Le temps de la contestation, Editions Complexe, Paris 2000, che guarda al tempo lungo dei decenni sessanta e settanta, e ai nuovi spazi di circolazione delle idee. 2. Vedi E. Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: la condizione sociale dei malati di mente e di altri internati, Einaudi, Torino 1968 (ed. or., Asylums. Essays on the Social Situation of Mental Patients and Other Inmates, Aldine, Chicago 1961). 3. M. Flores, A. De Bernardi, Il Sessantotto, il Mulino, Bologna 2003 (I ed. 1998), p. XXI; per una sintesi delle interpretazioni storiografiche, vedi l'Introduzione all'edizione 2003. 4. E. Morin, Culture adolescente et revolte etudiante, in "Annales. Histoire, Sciences Sociales", III, 1969, pp. 766-768, ora in Id. (con la collaborazione di I. Nahoum), L'esprit du temps 2. Necrose, Grasset, Paris 1975, e Id., La comune studentesca, in E. Morin, J.-M. Coudray [in realta' C. Castoriadis], C. Lefort, La Comune di Parigi del maggio '68, il Saggiatore, Milano 1968 (ed. or., Mai 1968: la Breche. Premieres reflexions sur les Evenements, Fayard, Paris 1968). 5. Uno dei migliori esempi di questo taglio e' P. Ortoleva, Saggio sui movimenti del 1968 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma 1988. 6. A. Marwick, The Sixties. Cultural Revolution in Britain, France, Italy, and the United States, c. 1958- c. 1974, Oxford University Press, Oxford-New York 1998. 7. K. Ross, Mai 68 et ses vies ulterieures, Editions Complexe, Paris 2005, al cap. "Autres fenetres, memes visages"; ho usato qui la traduzione francese dell'originale May '68 and Its Afterlives, Chicago University Press, Chicago 2002. In chiusura una ricca bibliografia. 8. Vedi 1969, "Parolechiave", 18, 1998. 9. Marwick, The Sixties cit. 10. I testi sulla passione della politica nel Pci e nel sindacato sono molti. Mi limito a segnalare il recente e molto bello Quando torni. Una vita operaia, di Alberto Papuzzi (Donzelli, Roma 2007), dove la militanza si intreccia con l'amore e la quotidianita', e l'importante raccolta La memoria della politica, a cura di F. Lussana e L. Motti (Ediesse, Roma 2007). 11. Fra i testi piu' significativi, ricordo G. Fasanella, S. Rossa, Guido Rossa, mio padre, Bur Futuropassato, Milano 2006. A scuotere il quieto vivere politico-editoriale e' stato pero' M. Calabresi, Spingendo la notte piu' in la', Rizzoli, Milano 2007. 12. Cosi' E. Betta, E. Capussotti nel benvenuto saggio "Il buono, il brutto, il cattivo": l'epica dei movimenti tra storia e memoria, in "Genesis", III/1, 2004. (parte prima - segue) 7. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009 "A SCUOLA DI PACE" [Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito: www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo] E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace". Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata, piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice. Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi vivremo sicuramente meglio. Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace. Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli, nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie. I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i colori) e pertanto piu' costosa. Per ordini del diario scolastico 2008-2009: - 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione) - 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione) - 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione) - 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione) - Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata. Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 513 dell'11 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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