Minime. 488



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 488 del 16 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Giulio Vittorangeli: Il riflesso
2. Antonella Litta: Con Marinella Correggia tra le meraviglie naturalistiche
e storiche di Viterbo che il mega-aeroporto devasterebbe irreversibilmente
3. Tahar Ben Jelloun: Stranieri
4. Rosetta Loy: Razzismo
5. Gustavo Zagrebelsky: Lo straniero
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IL RIFLESSO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Abbiamo imparato ad aver paura dell'"altro", mentre e' da noi stessi che
dovremmo guardarci.
Da un'Italia che cova i suoi mostri quotidiani - dall'impunita' diffusa alla
giustizia "fai da te", dalla xenofobia al razzismo dichiarato e praticato
con la violenza contro rom e immigrati.
*
I mezzi d'informazione, giornali e tv, offrono un'immagine degli stranieri
essenzialmente negativa, si affidano a stereotipi che ritraggono gli
immigrati come "criminali, clandestini e ladri di posti di lavoro", senza
mai dimostrare tutto questo. La realta' e' che la nostra economia ha bisogno
di questi lavoratori, da sfruttare per il loro basso costo, ma
contemporaneamente li rifiuta come esseri umani.
Cosi' si finisce con il creare dei veri e propri fenomeni di schiavismo,
come nelle campagne della Puglia o della Sicilia, dove la manodopera
sottopagata degli extracomunitari e' essenziale per la raccolta dei prodotti
agricoli. Sostituiscono a tutti gli effetti le macchine e sono fonte di
ricchezza a un costo irrisorio. Il 22 febbraio scorso, il Tribunale di Bari
ha inflitto 17 condanne comprese tra i quattro e i dieci anni di reclusione
ad altrettanti imputati che, tra il 2004 e il 2005, hanno ridotto in
schiavitu' dei lavoratori stranieri nei campi di pomodori del foggiano. Ma
queste situazioni drammatiche restano (nel migliore dei casi) confinate
nelle pagine dei quotidiani locali.
Altrettanto preoccupante e' la situazione di pregiudizio e di persecuzione
che stanno subendo i rom italiani. Per l'italiano medio, "normale", talvolta
anche pretesamente "democratico e di sinistra", la parola "zingaro" provoca
inquietudine e diffidenza... e i razzisti forti di una diffusa complicita'
possono scatenare dei veri e propri pogrom.
*
Certo la convivenza con altri popoli, altre culture o altre religioni non e'
facile, e crea inevitabilmente dei problemi. Ma non crediamo che la risposta
sia nel mostrare i muscoli e i manganelli nei confronti dello straniero,
cosa che soddisfa e stimola tendenze autoritarie e punitive nei cittadini; o
nell'inasprire la detenzione nei Cpt, campi di concentraento
incostituzionali; o nell'applicazione di nuove irragionevoli e barbariche
leggi (vedi il "pacchetto sicurezza" proposto dal governo) sull'immigrazione
cosiddetta "clandestina" che gia' hanno sollecitato la preoccupazione di
Amnesty International, dell'Onu, del Vaticano, dei magistrati, ecc.
E' fondamentale, invece, rompere il meccanismo che porta
all'identificazione, da parte di chi vive nella nostra societa' una
condizione di vita precaria, del "nemico" in carne ed ossa, facilmente
contrastabile e perseguibile perche' debole e ricattabile. E' importante
contrastare la cultura del capro espiatorio e non lasciare sole queste
minoranze perseguitate. Solo la conoscenza reciproca, la prossimita' con le
persone e i loro problemi puo' far superare paure e diffidenze e ritrovare
il senso della parola "umano". Dove l'essere umano vede riflesso nell'altro
da se' il pericolo razzista della propria stupidita' e la fragilita' della
propria paura ed arroganza.

2. INIZIATIVE. ANTONELLA LITTA: CON MARINELLA CORREGGIA TRA LE MERAVIGLIE
NATURALISTICHE E STORICHE DI VITERBO CHE IL MEGA-AEROPORTO DEVASTEREBBE
IRREVERSIBILMENTE
[Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla
realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di
medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in
Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione
di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani
sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato
sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11,
pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per
l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia).
Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale
ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni
medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi
africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di
programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato
"Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla
legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente.
Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007]

Venerdi' 13 giugno 2008 Marinella Correggia, nota giornalista e scrittrice
particolarmente attenta ai temi della salvaguardia ambientale, ha visitato,
su nostro invito, l'area dell'orto botanico, delle terme e del Bulicame. La
parte di Viterbo che piu' sarebbe devastata e verrebbe stravolta per sempre
se fosse realizzato il mega-aeroporto per voli low-cost.
*
Per la scrittrice e per noi e' stato un gradito ritorno.
Aveva infatti preso parte come relatrice gia' alla prima conferenza pubblica
di presentazione del nostro comitato, allora recentemente costituito;
conferenza che si svolse a Viterbo il 3 agosto 2007.
Il 21 settembre 2007, poi, insieme all'illustre magistrato Ferdinando
Imposimato e al dottor Mauro Mocci dell'Associazione medici per l'ambiente
Isde-Italia (International  Society of Doctors  for the Environment -
Italia) e' stata nuovamente relatrice al primo convegno scientifico promosso
dal nostro comitato sul tema "Un mega-aeroporto a Viterbo? No, grazie". In
quell'occasione presento' in modo dettagliato ed approfondito tutte le
dinamiche e le problematiche ambientali, economiche e sociali legate al
trasporto aereo, e ci rafforzo' ancora di piu' nel nostro impegno di
opposizione all'aeroporto e per la riduzione del traffico aereo.
*
Al termine della bella camminata di venerdi' pomeriggio, dopo avere visitato
le aree di grande fascino storico e naturalistico delle terme e del
Bulicame, Marinella Correggia si e' detta ancor piu' convinta della
necessita' di evitare lo scempio provocato dal mega-aeroporto, per
salvaguardare l'ambiente, la salute e le possibilita' di vero sviluppo del
nostro territorio ovvero quello legato al termalismo, all'agricoltura di
qualita', al turismo che apprezza e ricerca l'arte, la storia, le tradizioni
e le produzioni locali, la natura per buona parte ancora incontaminata nella
Tuscia. Ha poi rinnovato la sua disponibilita' per ulteriori incontri e il
suo sostegno alle azioni del nostro comitato anche per evitare l'ennesimo
sperpero di pubblico denaro e il solito grande affare speculativo per pochi
ai danni di tutta la comunita'. Si e' impegnata inoltre a costruire insieme
a noi una campagna nazionale per la riduzione del trasporto aereo.
*
La serata e' proseguita al centro sociale "Valle Faul" di Viterbo, dove
Marinella Correggia ha incontrato molte persone del comitato, cittadini
sensibili alle questioni ambientali e tanti suoi attenti ed entusiasti
lettori, ed ha interloquito con tutti in un'atmosfera dialogica e conviviale
di forte empatia e viva solidarieta'.

3. HERI DICEBAMUS. TAHAR BEN JELLOUN: STRANIERI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 13 novembre 2007 col titolo "Noi, ospiti
di un'Europa che ci vede con sospetto" e il sommario "Il nemico. Piu' cresce
l'insicurezza e piu' si alimenta il sospetto verso l'altro. La paura, la
vecchia paura dei tempi della guerra del fuoco, e' ancora qui ad
accompagnarci. Potrebbe sparire se considerassimo che non esiste uno
straniero assoluto, perche' siamo sempre stranieri rispetto agli altri".
Tahar Ben Jelloun, nato a Fes in Marocco nel 1944, trasferitosi a Tangeri
nel 1955, a Parigi dal 1971, e' scrittore arabo di lingua francese di nitido
impegno democratico. Opere di Tahar Ben Jelloun: segnaliamo particolarmente
alcuni lavori saggistici: Le pareti della solitudine, Einaudi, Torino 1990,
1997; Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani, Milano 1998, L'estrema
solitudine, Bompiani, Milano 1999; La scuola o la scarpa, Bompiani, Milano
2000; L'islam spiegato ai nostri figli, Bompiani, Milano 2001; Jenin. Un
campo palestinese, Bompiani, Milano 2002; i suoi sempre appassionanti
romanzi sono pubblicati dagli editori Bompiani ed Einaudi]

Viviamo in un'epoca in cui lo straniero e' diventato un'ossessione: "Abbiate
timore di lasciar morire lo straniero in poverta': lo straniero che supplica
e' inviato dagli dei" ci avverte il poeta Andre' Chenier vissuto all'epoca
della rivoluzione francese (1762-1794). Un po' piu' di un secolo dopo,
l'uomo politico Maurice Barres (1861-1923) dichiara che "lo straniero, come
un parassita, ci avvelena". Percepito come un pericolo per la coesione della
comunita' che lo accoglie, lo straniero e' sempre stato sospettato di
portare con se' gli ingredienti per far saltare in aria l'identita' del
paese in cui sbarca. Sara' sempre malvisto e mal considerato in ogni epoca e
paese.
Scrive Primo Levi in Se questo e' un uomo che la convinzione che lo
straniero e' nemico "giace in fondo agli animi come un'infezione latente".
Siamo prevenuti. Lo straniero e' una figura che preoccupa, piu' che
rassicurare. E questo da sempre. Verrebbe da pensare che con l'evoluzione
delle societa', con il progresso della comunicazione, lo straniero debba
essere accettato piu' facilmente. Macche'. La paura, la vecchia paura dei
tempi della guerra del fuoco e' ancora qui, ad accompagnarci e a osservarci.
Potrebbe sparire se considerassimo che non esiste uno straniero assoluto,
poiche' siamo sempre stranieri rispetto agli altri come loro sono stranieri
rispetto a noi. Non esiste una terra in cui nascano soltanto stranieri. E'
impossibile. Lo straniero e' un cittadino che si muove. Tutto dipende dalle
motivazioni. Potrebbe venire da me per prendere la mia casa come potrebbe
intervenire per salvarmi se vengo attaccato o c'e' un incendio. Ma l'idea
piu' diffusa e' quella dell'invasore, quello che vorrebbe approfittare dei
miei beni o magari anche portarmeli via.
Come direbbe l'umorista francese Coluche, oggi "ce n'e' che sono piu'
stranieri di altri". Pare infatti che ci siano vari gradi nella scala della
"stranierita'", una tavolozza di colori. Piu' lo straniero mi somiglia, meno
e' sospetto. Prova ne sia che per molti decenni italiani, spagnoli e
portoghesi sono emigrati in Francia. Appartenere alla stessa sfera della
civilta' giudaico-cristiana li ha aiutati a integrarsi e a passare quasi
inosservati. Con gli africani e gli arabi e' un'altra faccenda. Con i
musulmani, un'altra storia. L'integrazione non funziona piu'. Il razzismo e'
quasi istituzionale. L'immigrato e' improvvisamente malvisto. Non si
cerchera' di far valere le sue qualita', i suoi contributi, il suo lato
positivo: si vedra' soltanto quello che disturba, quello che da' fastidio e
che allontana gli uni dagli altri. La sua religione e' stigmatizzata. Le sue
tradizioni sono presentate come strane e barbare. Si fanno pochi sforzi per
eliminare le distanze, le riserve e il sospetto. Si trovera' sempre un
individuo - venuto da fuori - per commettere un crimine spaventoso, un atto
brutale che suscitera' una generalizzazione; si passera' da un atto isolato
a un'azione collettiva e si dira' "i gitani sono tutti ladri e assassini!".
Proprio come, dopo la seconda guerra mondiale, dopo quanto era accaduto a
Montecassino, e' stato detto che i marocchini sono stupratori di donne. La
gente si costruisce, per rassicurarsi, immagini che mettono gli "altri" in
categorie caricaturali. E' quello che sta succedendo adesso in Europa. Uno
squilibrato musulmano fanatico ha assassinato un cineasta olandese ad
Amsterdam e il ministro dell'interno dei Paesi Bassi ha cambiato la politica
dell'immigrazione mettendo in atto una serie di dure restrizioni. Il male e'
stato fatto e tutta la comunita' immigrata deve pagare. Un proverbio arabo
dice "un solo pesce guasto fa marcire tutta la cassa".
Il concetto di ospitalita' e' cambiato. La parola greca xenos rimanda a un
patto preliminare, la xenia, che impegnava la citta' nei confronti degli
stranieri. L'Europa non rifiuta questo patto ma vi aggiunge condizioni.
Cosi' la nuova politica di Nicolas Sarkozy in materia d'immigrazione si e'
indurita: per immigrare in Francia bisogna conoscere la lingua francese; per
riunire la propria famiglia occorre dimostrare con prove del Dna che i
bambini sono effettivamente figli propri, eccetera.
L'ospitalita' ha le sue leggi e lo straniero che viene accolto ha dei
doveri. Va da se'. Ma che fare quando lo straniero non e' piu' una persona
venuta da fuori ma chi e' nato e vive in Europa?
Chiedete attorno a voi: quel giovane che parla italiano, dall'aspetto
meticcio, nato a Torino da genitori marocchini, e' un cittadino italiano o
e' uno straniero, un immigrato?
E' esattamente il dramma che sta affrontando la Francia con i figli di
immigrati, che non sono a loro volta immigrati perche' non hanno fatto il
viaggio. Sono nati in Francia, sono francesi ma portano nomi arabi e hanno
la pelle un po' piu' scura dei Normanni. Quando questi francesi di seconda
categoria si sono rivoltati, nell'ottobre 2005, sono stati trattati come
stranieri. Alcuni uomini politici hanno anche chiesto che fossero "rispediti
al loro paese"! I loro genitori sono stranieri, ma loro sono cittadini
europei. Questo non impedisce che siano visti come stranieri, invasori,
"barbari". Nell'antica Grecia era considerato barbaro chi non parlava la
lingua della citta'. In Francia si nega a milioni di giovani l'appartenenza
al panorama umano francese e la loro lingua non e' considerata del tutto
francese.
L'epoca in cui viviamo, con le sue guerre e i suoi conflitti, favorisce
grandi spostamenti umani. Sempre piu' persone fuggono le guerre e cercano di
trovare una terra d'asilo. La storia dell'umanita' e' fatta di queste
ibridazioni. La mescolanza degli individui e' inevitabile. Fino a poco tempo
fa, la Francia era il paese d'Europa che accoglieva il maggior numero di
esiliati. Ma i tempi cambiano.
Sappiate che siamo sempre lo straniero dell'altro. Tutto dipende da dove ci
si trova, quello che si fa e perche' ci si e' spostati. Un turista che viene
a spendere il suo denaro e' certo percepito come straniero, ma come una
presenza positiva perche' il suo soggiorno e' limitato. Lo straniero che fa
paura e' quello che viene a insediarsi, per rifarsi una vita; spesso e'
povero e disperato. La poverta' non e' fotogenica. Ma quell'uomo disperato
potreste essere voi o potrei essere io. Non dimentichiamo mai che il destino
non e' un fiume tranquillo ne' una serata estiva con gli amici. Il destino
e' misterioso. Non si sa mai che cosa ci riserva. La paura dell'altro, la
fissazione che lo straniero sia una minaccia per la mia sicurezza, sono
sensazioni irrazionali che appartengono all'istinto animale. Siamo uomini:
facciamo qualcosa per espellere dai nostri cuori questi istinti primordiali
e nocivi. Perche' un giorno o l'altro saremo noi a trovarci sull'altro
versante di questa paura e di questa esclusione, perche' saremo diventati
stranieri.

4. HERI DICEBAMUS. ROSETTA LOY: RAZZISMO
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 4 novembre 2007 col titolo "Razzismo rom
rumeni. Xenofobia. Gli italiani e le tre erre".
Rosetta Loy (Roma, 1931), scrittrice, "nata a Roma, dove vive ancora oggi,
da una famiglia piemontese trapiantata nella capitale, ha iniziato a
scrivere sin dall'infanzia, formandosi con la lettura di grandi classici
come Marcel Proust, Gabriel Garcia Marquez, Lev Tolstoj e Virginia Woolf.
Traduttrice dal francese di autori quali Fromentin e Madame de La Fayette,
e' fra le autrici piu' apprezzate sia nel nostro Paese sia all'estero".
Opere di Rosetta Loy: La bicicletta, Einaudi, 1974; La porta dell'acqua,
Einaudi, 1976, Rizzoli 2001; L'estate di Letuche, Rizzoli, 1982;
All'insaputa della notte, Garzanti, 1984; Le strade di polvere, Einaudi,
1987; Sogni d'inverno, Mondadori, 1995; La parola ebreo, Einaudi, 1997,
2002; Cioccolata da Hanselmann, Rizzoli, 1997; Ahi, Paloma, Einaudi, 2000;
Nero e' l'albero dei ricordi, azzurra l'aria, Einaudi, 2004; L'estate di Le
Touquet, Rizzoli, 2005]

Razzismo rom rumeni. Tre erre che sintetizzano il nero avvoltoio che agita
in queste notti il sonno degli italiani. La peggiore, lo dico subito, mi
sembra la prima che vede nel diverso, nello zingaro (come suona stranamente
antiquata questa parola) il nemico numero uno, piu' pericoloso del
camorrista o del mafioso che "incapretta" la sua vittima o la dissolve in
una colata di cemento. E subito dopo, quasi per derivazione genetica,
individua nel "rumeno" il suo equivalente. Forse in questi anni ci siamo
perduti troppo appresso al nostro particolare, alle lotte intestine della
politica nazionale, alle correnti, agli scandali, sempre piu' lontana e
remota la nostra cattiva coscienza nei confronti del "diverso". Abbiamo
dimenticato il nostro girare la testa dall'altra parte quando i "cittadini
di razza ebraica" furono cacciati dalle scuole e dagli uffici (pubblici e
non solo); e nel '46 (o forse era il '47, non ricordo) sotto l'etichetta di
"italiani brava gente", ci siamo riabilitati tutti in blocco con una vasta
amnistia.
Dimenticando non solo la generale indifferenza con cui erano state accettate
le orrende leggi razziali (e i profittatori che si erano arricchiti alle
spalle degli "untermenschen") ma anche dell'indiscriminato massacro della
popolazione locale durante la "gloriosa" conquista dell'Etiopia e gli
etiopi, i somali e gli eritrei venivano raffigurati con gli anelli al naso e
il gonnellino di paglia.
Nessun esame di coscienza, nessuna educazione scolastica. Persino i ragazzi
che oggi sono all'universita', salvo pochi, sanno quale e' stato il
comportamento dei loro nonni nei confronti del "diverso" (ma anche del
"simile" perche' gli ebrei erano italiani a tutti gli effetti, e gli ebrei
del Portico d'Ottavia piu' italiani dei piemontesi o dei calabresi perche'
vivevano gia' a Roma al tempo di Augusto). Si e' preferito dimenticare e
"guardare al futuro", senza capire che senza una coscienza della Storia alle
nostre spalle anche il futuro finisce per traballare.
La morte di Giovanna Reggiani in quella stradina oscura di una "toppa" di
periferia in pieno degrado, e' un dolore collettivo forte, una violenza che
colpisce tutti noi, e mi e' sembrata straordinaria, e vorrei qui
sottolinearla, la reazione della famiglia che ha subito detto che non
andavano criminalizzati i cittadini rumeni. Anche se stranamente questa
reazione cosi' profondamente civile e' stata scarsamente recepita, come se
dovesse venire subito travolta dall'indignazione collettiva.
Mostruoso mi e' apparso al contrario il raid dell'altra sera fuori il
supermercato di Tor Bella Monaca. Organizzato in gruppo con un apparato da
Ku Klux Klan: dieci ragazzi muniti di passamontagna e bastoni contro quattro
uomini inermi con le mani occupate dalle borse della spesa, spesa acquistata
con i soldi sudati su un lavoro di sicuro sottopagato. Perche' se i "rumeni"
vivono in baracche di lamiera e cartone non e' per amore del degrado (avete
mai provato a lasciare una sedia rotta e un tavolino traballante accanto a
cassonetti della nettezza urbana in periferia? E controllato in quanto breve
tempo spariscono?) ma perche' devono sottostare all'arbitrio di datori di
lavoro di scarso scrupolo e granitica sicurezza di impunita'. Io li vedo, i
"rumeni" ogni mattina sotto il cavalcavia dell'Olimpica a Tor di Quinto in
attesa che qualcuno li ingaggi; e delle volte sono ancora li' ad aspettare a
mezzogiorno, le mani in tasca. Allora chi e' piu' colpevole, l'italiano
"brava gente" o il rumeno fatto sgomberare in quattro e quattrotto con le
sue sedie e il materasso recuperato fra i rifiuti, costretto a mimetizzarsi
in baracche indegne di un paese civile lungo le sponde di un fiume ingombro
di immondizia?
Senza dimenticare che a chiamare aiuto perche' venissero in soccorso della
signora scaraventata nel breve dirupo a ridosso di quella maledetta
stradina, e' stata una donna rumena. E con grande coraggio ha detto nome e
cognome del colpevole.

5. HERI DICEBAMUS. GUSTAVO ZAGREBELSKY: LO STRANIERO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 13 novembre 2007 col titolo "Le societa'
contemporanee e l'enigma dell'altro" e il sommario "La nuova paura
dell'Occidente. Lo straniero che bussa alle porte dell'Occidente. La recente
vicenda dei rumeni in Italia riapre antiche ossessioni. Cos'e' che spinge un
individuo o un gruppo sociale a crearsi un nemico virtuale".
Gustavo Zagrebelsky, nato nel 1943 a San Germano Chisone (To), illustre
costituzionalista, docente universitario, giudice della Corte Costituzionale
(e suo presidente, quindi presidente emerito); componente dei comitati
scientifici delle riviste "Giurisprudenza costituzionale", "Quaderni
costituzionali", "Il diritto dell'informazione", "L'Indice dei libri", e
della Fondazione Roberto Ruffilli; socio corrispondente dell'Accademia delle
Scienze di Torino, gia' collaboratore del quotidiano "La Stampa"; per la
casa editrice Einaudi dirige la collana "Lessico civile"; autore di vari
volumi e saggi, ha collaborato al commentario alla Costituzione italiana
diretto da Giuseppe Branca. Tra i suoi numerosi lavori segnaliamo
particolarmente Amnistia, indulto e grazia. Problemi costituzionali,1972;
Manuale di diritto costituzionale. Il sistema costituzionale delle fonti del
diritto, 1974, 1978; La giustizia costituzionale,1978, 1988; Societa',
Stato, Costituzione. Lezioni di dottrina dello Stato, 1979; Le immunita'
parlamentari, Einaudi, Torino 1979; Il diritto mite, Einaudi, Torino 1992;
Questa Repubblica, Le Monnier, Firenze 1993; Il "crucifige" e la democrazia,
Einaudi, Torino 1995; (con Pier Paolo Portinaro e Joerg Luther, a cura di),
Il futuro della costituzione, Einaudi, Torino 1996; La giustizia
costituzionale, Il Mulino, Bologna 1996; (con Carlo Maria Martini), La
domanda di giustizia, Einaudi, Torino 2003; (a cura di), Diritti e
Costituzione nell'Unione europea, Laterza, Roma-Bari 2003, 2005; (con M. L.
Salvadori, R. Guastini, M. Bovero, P. P. Portinaro, L. Bonanate), Norberto
Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005; Imparare la
democrazia, Gruppo editoriale L'Espresso, Roma 2005; Principi e voti,
Einaudi, Torino 2005; Lo Stato e la Chiesa, Gruppo editoriale L'Espresso,
Roma 2007]

Quelli che, come me che scrivo e voi che leggete, stanno dalla parte di gran
lunga privilegiata del mondo hanno forse perso il significato drammatico
della parola straniero. Se i rapporti sociali fossero perfettamente
equilibrati, la parola straniero, con i suoi quasi sinonimi odierni
(migrante, immigrato, extra-comunitario) e le loro declinazioni nazionali
(magrebino, islamico, senegalese, rom, cinese, cingalese, eccetera), sarebbe
oggi una parola neutrale, priva di significato discriminatorio. Non sarebbe
piu' una parola della politica conflittuale. E invece lo e', e in misura
eminente.
Se consultiamo costituzioni e convenzioni internazionali, traiamo l'idea che
esiste ormai un ordinamento sopranazionale, che aspira a diventare
cosmopolita, dove almeno un nucleo di diritti e doveri fondamentali e'
riconosciuto a ogni essere umano, per il fatto solo di essere tale,
indipendentemente dalla terra e dalla societa' in cui vive.
Questo e' un progresso della civilta'. Nelle societa' antiche, lo straniero
era il nemico per definizione (hospes-hostis), poteva essere depredato e
privato della vita. Il presupposto era l'idea dell'umanita' divisa in
comunita' separate, naturalmente ostili l'una verso l'altra. Lo straniero,
in quanto longa manus di potenze nemiche, era da trattare come nemico. Da
allora, molto e' cambiato, innanzitutto per le esigenze dei traffici
commerciali. Il nomos panellenico e lo jus gentium, lontanissimi progenitori
del diritto internazionale, nascono da queste esigenze. L'universalismo
cristiano, in seguito, ha dato il suo contributo. Nella medievale res
publica christiana e nello jus commune l'idea di straniero perde di
nettezza, sostituita se mai, nella sua funzione discriminatoria, da quella
di infedele o di eretico. E l'universalismo umanistico e razionalistico ha
dato l'ultima spinta.
Il concetto di straniero, nella sua portata discriminatoria, non e' pero'
mai morto, anzi ha sempre covato sotto la cenere, a portata di mano per
affermare "legalmente" l'esistenza di una nostra casa, di un nostro ethnos,
di un nostro ordine, di un nostro benessere. I regimi totalitari del secolo
passato vi hanno fatto brutale ricorso. Ad esempio, per restare da noi, la
"Carta di Verona", manifesto del fascismo di Salo', all'art. 7 dichiarava
laconicamente: "Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri", come
prodromo della confisca dei beni e dello sterminio delle vite. Una sola
parola, terribili conseguenze.
Si puo' ben dire che, dopo quelle tragedie xenofobe, la "Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo" del 1948 rappresenti, nell'essenziale, la
condanna di quel modo di concepire l'umanita' per comparti sociali e
territoriali, ostili tra loro. "Tutti gli esseri umani nascono liberi e
uguali in dignita' e diritti": l'appartenenza a uno Stato o a una societa',
piuttosto che a un'altra, passa in secondo piano e non puo' piu' essere
motivo di discriminazione. Cio' che conta e' l'uguale appartenenza al genere
umano e la fratellanza in diritti e dignita' non conosce confini geografici,
etnici e politici.
Da allora, l'idea di una comunita' mondiale dei diritti ha fatto strada. Le
convenzioni e le dichiarazioni internazionali si sono moltiplicate e hanno
riguardato ogni genere di diritti. Se si tratta di essenziali diritti umani,
la protezione non dipendera' dalla nazionalita', riguardando tutte le
persone che, per qualsiasi ragione, si trovano a essere o transitare sul
territorio di un Paese che aderisce a questa concezione dei diritti umani e
non e' condizionata dalla reciprocita'.
Tutto bene, dunque? La parola straniero non contiene oggi alcun significato
discriminatorio o, almeno, e' destinata a non averne piu'. Possiamo stare
tranquilli?
Proviamo a guardare la questione dal punto di vista degli stranieri che
stanno dalla parte debole e oggi si riversano nei nostri paesi. Essi sono
alla ricerca di quelle condizioni di vita che, nei loro, sono diventate
impossibili, spesso a causa delle politiche militari, economiche,
energetiche e ambientali dei paesi piu' forti. Si riconoscerebbero costoro
in quella "famiglia umana" di cui parlano le convenzioni internazionali sui
diritti umani? Concorderebbero nel giudizio che la parola straniero non
comporta discriminazione?
La trappola sta nella distinzione tra straniero "regolare" e "irregolare".
Cio' che e' irregolare, per definizione, dovrebbe trovare nella regola
giuridica il suo antidoto: quando e' possibile, per impedire; quando e'
impossibile, per regolarizzare. Invece, nel caso degli stranieri migranti,
la legge promuove, anzi amplifica l'irregolarita', invece di tentare di
ricondurla nella regola. Cosi' facendo, e' legge criminogena.
Fissiamo innanzitutto un punto: il flusso migratorio non si arrestera' con
misure come quote annue d'ingresso, permessi e carte di soggiorno,
espulsione degli irregolari. Questi sono strumenti spuntati, che
corrispondono all'illusione che lo Stato sia in grado di fronteggiare un
fenomeno di massa con misure amministrative e di polizia. Esse potevano
valere in altri tempi, quando la presenza di stranieri sul territorio
nazionale era un fenomeno di elite. Oggi e' un fatto collettivo che fa
epoca, mosso dalla disperazione di milioni di persone che vengono nelle
nostre terre, tagliando i ponti con la loro perche' non avrebbero dove
ritornare. Li chiamiamo stranieri "irregolari", ma sono la regola.
Siamo in presenza di una grande ipocrisia, che si alimenta della massa degli
irregolari, un'ipocrisia che va incontro a radicati interessi criminali. Non
ci sarebbe il racket sulla vita di tante persone che muoiono nei cassoni di
autotreni, nelle stive di navi, sui gommoni alla deriva e in fondo al mare;
non ci sarebbe un mercato nero del lavoro ne' lo sfruttamento, talora al
limite della schiavitu', di lavoratori irregolari, che non possono far
valere i loro diritti; non ci sarebbe la facile possibilita' di costringere
persone, venute da noi con la prospettiva di una vita onesta, a trasformarsi
in criminali, prostituti e prostitute, ne' di sfruttare i minori, per
attivita' lecite e illecite; non ci sarebbe tutto questo, o tutto questo
sarebbe meno facile, se non esistesse la figura dello straniero irregolare,
inerme esposto alla minaccia, e quindi al ricatto, di un "rimpatrio" coatto,
in una patria che non ha piu'.
La prepotenza dei privati si accompagna per lui all'assenza dello Stato. Per
la stessa ragione, per non essere "scoperto" nella sua posizione,
l'irregolare che subisce minacce, violenze, taglieggiamenti non si
rivolgera' al giudice; se vittima di un incidente cerchera' di dileguarsi,
piuttosto che essere accompagnato in ospedale; se ammalato, preferira' i
rischi della malattia al ricovero, nel timore di una segnalazione
all'Autorita'; se ha figli, preferira' nasconderne l'esistenza e non
inviarli a scuola; se resta incinta, preferira' abortire (presumibilmente in
modo clandestino).
In breve, lo straniero irregolare dei nostri giorni soggiace totalmente al
potere di chi e' piu' forte di lui. I diritti valgono a difendere dalle
prepotenze dei piu' forti, ma non ha la possibilita' di farli valere: il
diritto alla vita, alla sicurezza, alla salute, all'integrazione sociale, al
lavoro, all'istruzione, alla maternita'...
Davvero, allora, la parola straniero, nel mondo di oggi, e' priva di
significato discriminatorio?
Possiamo da qui tentare una sintetica conclusione, molto parziale, sul tema
della sicurezza e della legalita', oggi cosi' acutamente avvertito. Quella
sacca di violenza che e' il mondo degli irregolari e' una minaccia non solo
per loro, ma per tutta la societa'. La condizione dello straniero
irregolare, su cui incombe la spada di Damocle dell'espulsione, sembra
essere studiata apposta per generare insicurezza, violenza e criminalita'
che contagiano tutta la societa'. Quando si mettera' mano alla legge n. 189
del 2002 (la cosiddetta Bossi-Fini) sara' utile rammentarsi di queste
connessioni.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 488 del 16 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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