Minime. 485



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 485 del 13 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dijana Pavlovic: Dignita'
2. Oggi a Viterbo incontro con Marinella Correggia
3. Teresa Pullano intervista Etienne Balibar
4. Il 13 giugno a Fiesole e Montelupo Fiorentino
5. Il 13-14-15 giugno a Vicenza
6. Laura Lilli presenta "Amorosi assassini. Storie di violenze sulle donne"
di autrici varie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. DIJANA PAVLOVIC: DIGNITA'
[Dal quotidiano "L'Unita'" dell'11 giugno 2008 col titolo "Dignita' per i
rom, dignita' per tutti".
Dijana Pavlovic e' nata nel 1976 in Serbia, vi ha vissuto e studiato fino al
'99, laureandosi a Belgrado; dal 1999 vive e lavora a Milano; e' attrice
drammatica, docente, mediatrice culturale]

Domenica 8 giugno a Roma c'e' stata una manifestazione. Ma non era una delle
tante e diverse che si sono svolte finora. Questa era la prima
manifestazione, che io sappia, organizzata dai rom per i rom e questo mi ha
fatto pensare all'inno del mio popolo intitolato: Upre Roma.
"Upre Roma" in lingua romanes vuol dire "Alzatevi Rom". Spesso la mia
impotenza davanti ai troppi casi di diritti e liberta' negati si trasformava
in rabbia nei confronti del mio popolo che non ha mai reagito e mai alzato
la testa in tanti secoli di discriminazione, esclusione, persecuzione fino
allo sterminio. Come se subire fosse il nostro destino. Per questo la
manifestazione dell'8 giugno, che e' stata capace di mettere insieme i Rom
con la parte sana della societa' che detesta e vuole reagire all'onda
razzista che percorre l'Italia, non solo mi fa felice, ma ci restituisce un
po' di orgoglio, di dignita'. Questo e' quello che provano anche i Rom che
hanno sfilato e che mi hanno telefonato, entusiasti, perche' c'erano
tantissime persone, perche' non ci sono stati incidenti, perche' ora si
sentono meno soli.
Questa piccola comunita', i Rom che vivono in Italia (170.000 persone di cui
80.000 cittadini italiani e piu' della meta' bambini), e' riuscita ad avere
uno scatto di orgoglio, nel momento in cui per loro vengono varate leggi
speciali, anticostituzionali e discriminatorie, mentre il prefetto di Milano
ordina un blitz alle cinque e mezzo di mattina in un campo di rom cittadini
italiani, per schedare i Bezzecchi, una famiglia il cui capostipite e' un
superstite di un campo di concentramento italiano, il figlio e' medaglia
d'oro al valor civile e impegnato per la difesa dei diritti dei Rom.
Certo, e' un piccolo passo, e' solo una manifestazione. In altri paesi
europei la partecipazione dei Rom nella politica e nella societa' e' enorme
rispetto all'Italia (nel mio Paese, la Serbia, per esempio, ci sono due
partiti rom), ma questo per me e' un passo importante. Mi sembra quasi di
poter dire che la caccia allo "zingaro" scatenata negli ultimi tempi, oltre
a conseguenze disastrose per i rom e l'imbarbarimento della societa', abbia
pero' prodotto un aspetto positivo: farci alzare la testa, insegnarci che
anche noi abbiamo i diritti, come tutti gli altri cittadini, e come tali
abbiamo il dovere di farli valere.
La consapevolezza di avere diritto al rispetto e alla dignita' non aiuta
solo i Rom in questo momento drammatico, ma aiuta tutti gli italiani: li fa
sperare di poter diventare persone dignitose perche' vivono in un paese
civile, nel quale ciascuno, a qualunque etnia appartenga, si senta partecipe
a pieno titolo e con pari dignita'.

2. INCONTRI. OGGI A VITERBO INCONTRO CON MARINELLA CORREGGIA
[Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007]

Si svolge oggi, venerdi' 13 giugno 2008, con inizio alle ore 20, a Viterbo,
presso il centro sociale autogestito "Valle Faul", in strada Castel d'Asso
snc, un incontro con Marinella Correggia, giornalista e saggista, esperta di
questioni ambientali.
L'iniziativa e' promossa dal comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo
e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo.
Tutte le persone interessate sono invitate a partecipare.
Dopo l'incontro ci sara' una cena sociale vegetariana.
*
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it

3. RIFLESSIONE. TERESA PULLANO INTERVISTA ETIENNE BALIBAR
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2008 col titolo "L'Europa
dell'apartheid. Etienne Balibar: Gli immigrati capri espiatori" e il
sommario "Si e' cittadini europei per diritto genealogico. Gli immigrati,
ventottesima nazione fantasma, sono degli esclusi. Il razzismo e' specchio
dell'ostilita' tra europei. Le colpe del nazionalismo di sinistra".
Teresa Pullano e' docente universitaria a Parigi, saggista, redattrice della
rivista di filosofia "Oltrecorrente".
Etienne Balibar, pensatore francese, nato nel 1942, docente di filosofia
alla Sorbona, collaboratore di Althusser, ha fatto parte del Pcf uscendone
nel 1981 in opposizione alla politica del partito comunista francese iniqua
verso gli immigrati; impegnato contro il razzismo, e' uno degli
intellettuali critici piu' lucidi nella denuncia delle nuove e pervasive
forme di oppressione e sfruttamento. Tra le opere di Etienne Balibar: (con
Louis Althusser et alii), Leggere il Capitale, Feltrinelli, Milano 1971;
Sulla dittatura del proletariato, Feltrinelli, Milano 1978; Per Althusser,
Manifestolibri, Roma 1991, 2001; Le frontiere della democrazia,
Manifestolibri, Roma 1993, 1999; La filosofia di Marx, Manifestolibri, Roma
1994, 2005; Spinoza e la politica, Manifestolibri, Roma 1995; (con Immanuel
Wallerstein), Razza, nazione e classe, Edizioni Associate, Roma 1996; La
paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx, Mimesis, Milano
2001; Spinoza, il transindividuale, Ghibli, 2002; L'Europa, l'America, la
guerra, Manifestolibri, Roma 2003; Noi, cittadini d'Europa? Le frontiere, lo
stato, il popolo, Manifestolibri, 2004; Europa cittadinanza confini.
Dialogando con Etienne Balibar, Pensa Multimedia, 2006; Europa, paese di
frontiere, Pensa MultiMedia]

E' pessimista sull'avanzata delle destre, anche estreme, in Europa. E sul
fatto che i cittadini dell'Unione desiderino realmente la democrazia. Ma si
affida a Gramsci per dire che in questo momento bisogna avere l'ottimismo
della volonta' e il pessimismo della ragione. Confessa che oggi non direbbe
no ad un referendum sulla Costituzione europea. E pensa che nei confronti
degli immigrati, il "ventottesimo stato dell'Ue", esista una vera e propria
"apartheid europea", in cui il razzismo rispecchia i conflitti interni tra
gli stessi cittadini comunitari. Conflitti dei quali i migranti
rappresentano solo il capro espiatorio. Incontriamo Etienne Balibar,
filosofo della politica e intellettuale critico della costruzione europea,
di passaggio a Roma per alcune conferenze proprio mentre divampa in Italia
un clima xenofobo e razzista.
*
- Teresa Pullano: In Italia ha vinto la Lega sulla base della difesa del
territorio, perfino i movimenti pensano di ripartire dallo stesso principio,
sia pur declinato in maniera opposta. Forse che in Europa il principio del
territorio si sta sostituendo a quello di nazione?
- Etienne Balibar: Quello di territorio e' un concetto plastico che non ha
un referente univoco. Leggevo qualche giorno fa un editoriale del
"Manifesto" sulle violenze al Pigneto: si faceva una critica, giustificata
ma che non offre una soluzione immediata, del modo in cui tende a
svilupparsi un mito del microterritorio che fa si' che gli abitanti di un
quartiere o di una regione si percepiscano come difensori di uno spazio
minacciato da cui espellere tutti gli stranieri. E' la prova che la nozione
di territorio puo' funzionare a vari livelli. Nelle periferie francesi le
guerre tra bande di giovani proletari immigrati, disoccupati e non
scolarizzati sono anch'esse dei fenomeni di difesa del territorio nel senso
fantasmatico del termine. E' a questo livello che bisogna proporsi non solo
una critica della nozione di territorio, ma una vera politica d'apertura o
di deterritorializzazione dell'appartenenza comunitaria. La sacralizzazione
dei piccoli territori puo' essere molto violenta ma e' limitata. Cio' che
preoccupa e' la generalizzazione di questi fenomeni su una scala piu' ampia.
Si e' verificato con il fascismo, che era una trasformazione immaginaria del
territorio nazionale in proprieta' di un popolo o di una razza. Ci sarebbero
delle conseguenze disastrose se questo fenomeno si sviluppasse nell'insieme
dell'Europa, in particolar modo su base culturale, come sembra suggerire
Benedetto XVI, quando sostiene che essa e' un territorio cristiano e di
conseguenza i musulmani sono dei corpi estranei.
*
- Teresa Pullano: Possiamo dunque concludere che il principio di
territorialita' puo' essere la base di una cittadinanza europea?
- Etienne Balibar: La costruzione europea ha una base territoriale per
definizione, ma a seconda se la concepiamo come fissa o evolutiva, come
chiusa o aperta, si apre una direzione storica diversa. Oggi il territorio
non e' la base della cittadinanza europea, ma dovrebbe diventarlo. Quella
che definisco come una vera e propria "apartheid europea" e' data dal fatto
che e' cittadino europeo solo chi ha la nazionalita' di uno degli Stati
membri. Gli immigrati stabilitisi da una o piu' generazioni sul suolo
europeo sono la ventottesima nazione fantasma dell'Ue e costituiscono circa
un ottavo della sua popolazione. Non sono semplicemente persone che in
Francia non sono francesi, in Germania non sono tedeschi o in Italia non
sono italiani. E' a livello dell'intera Europa che gli immigrati sono degli
esclusi, a maggior ragione con la libera circolazione all'interno delle
frontiere europee. L'allargamento dell'Unione Europea produce forme
qualitativamente nuove d'esclusione. Il diritto alla cittadinanza europea
non e' territoriale: e' genealogico. Nella maggior parte degli stati membri
la nazionalita' si acquisisce con lo jus soli, ma a livello dell'insieme
dell'Europa la cittadinanza e' genealogica nel senso dell'appartenenza
originaria alla nazione. Questo evoca dei ricordi e pone problemi
inevitabili. Ci sono delle analogie tra lo sviluppo di quest'esclusione e il
fatto che nella storia ci sono state e ci sono sempre, almeno a livello
simbolico, delle popolazioni transnazionali trattate come nemici interni o
corpi estranei alla civilta' europea. E' stato il caso degli ebrei; oggi non
lo e' piu'. Rimane il caso dei rom. Il fenomeno di cui parlo e' tuttavia
molto piu' vasto.
*
- Teresa Pullano: Oggi in Europa non si sentono istanze di partecipazione
dal basso a livello comunitario, mentre nei singoli stati le istanze di
partecipazione si esprimono in un linguaggio nazionalistico e identitario.
Che rapporto vede fra queste due tendenze?
- Etienne Balibar: La domanda di partecipazione a livello locale e la
domanda di controllo popolare a livello nazionale e sovranazionale non si
escludono. Forse c'e' bisogno di un'accelerazione delle cose perche' i
cittadini ne prendano coscienza. La responsabilita' di questa situazione e'
da attribuire alle istanze intermedie, come i partiti politici, che oggi
sono drammaticamente assenti e ci si dovrebbe chiedere il perche'. Secondo
Gramsci, le istanze intermedie sono la trama statale del funzionamento della
societa' civile e, reciprocamente, i conflitti della societa' civile si
traspongono nella struttura dello stato. Le costituzioni nate dalla
resistenza in Francia e in Italia infatti affidano ai partiti il ruolo di
costituire l'opinione pubblica. Dove sono oggi i partiti politici in Europa?
*
- Teresa Pullano: La legittimita' degli Stati nazionali e quella dell'Unione
Europea secondo lei vanno di pari passo?
- Etienne Balibar: Il momento attuale e' caratterizzato, in modo
preoccupante, da una perdita di legittimita' democratica degli Stati-nazione
e da una diminuzione della legittimita' del progetto politico europeo. Non
si tratta di assumere una posizione di difesa della sovranita' nazionale, al
contrario. Io adotto la definizione di legittimita' di Max Weber, che mi
pare vicina al concetto foucaultiano di potere: una nozione pragmatica e
realista che si articola in termini di probabilita', d'obbedienza al potere
pubblico e dunque d'efficacia di questo stesso potere. Da questo punto di
vista, non possiamo ritornare indietro rispetto a quel poco di struttura
politica che esiste su scala europea, ma siamo obbligati a progredire. Ne
consegue che la legittimita' delle istituzioni europee e' diventata una
condizione di legittimita' delle istituzioni nazionali stesse. Non tarderemo
a vedere concretamente gli effetti di questa relazione, che si
manifesteranno con forza man mano che le difficolta' economiche e sociali
legate agli choc petroliferi si ripercuoteranno in Europa. Solo delle
politiche europee comuni hanno una minima possibilita' di essere efficaci di
fronte a questo tipo di situazione, ma devono essere approvate dai cittadini
degli Stati nazionali, che rimangono la fonte ultima di legittimita'.
*
- Teresa Pullano: Intanto in Europa assistiamo a una crescita delle destre,
anche quelle piu' estreme. Perche', secondo lei?
- Etienne Balibar: In questo momento sono pessimista e mi riconosco nella
massima di Gramsci dell'ottimismo della volonta' e pessimismo della ragione.
Per principio le situazioni difficili sono quelle in cui bisogna immaginare
delle soluzioni e delle forme d'azione collettiva e non lasciarsi andare a
seguire la tendenza naturale delle cose. I sistemi politici relativamente
democratici nei quali viviamo o abbiamo vissuto sono in questo momento
gravemente minacciati ed indeboliti. Ai miei occhi, i problemi del
nazionalismo e dell'avanzamento della destra non coincidono. Tra le due
correnti ideologiche ci sono delle interferenze molto forti, ma esse non si
riducono l'una all'altra. Il nazionalismo nei vari paesi europei non e'
monopolio della destra. Faccio parte - lo devo confessare, ma i lettori del
"Manifesto" lo sanno - delle persone che tre anni fa in Francia hanno votato
"no" al referendum sulla costituzione europea. Ho creduto di farlo per
ragioni che non erano ne' di destra ne' nazionaliste. Sono oggi costretto a
constatare che questa scommessa e' stata persa e che l'aspetto
transnazionale e il richiamo a un federalismo europeo sono stati
completamente neutralizzati da una dominante nazionalista a sinistra, o
meglio nella vecchia sinistra. Cio' che e' inquietante e' la convergenza del
nazionalismo di destra e del nazionalismo di sinistra. I suoi effetti si
fanno sentire a livello dei governi nella forma di un sabotaggio permanente
delle politiche europee comuni. Ma la convergenza tra le due forme di
nazionalismo a livello dell'opinione pubblica e dell'ethos delle classi
popolari in Europa e' ancora piu' preoccupante. Meno gli stati nazionali
sono capaci di rispondere alle sfide economiche, sociali e culturali del
mondo contemporaneo, piu' i discorsi populisti e nazionalisti fanno presa su
una parte delle classi popolari in Europa. Bisogna interrogarsi sulle cause
strutturali di questa situazione, non ci si puo' accontentare del discorso
elitista dell'ignoranza del popolo. Di certo e' una situazione molto
pericolosa per il futuro della democrazia in Europa, senza parlare delle
conseguenze sullo sviluppo del razzismo.
*
- Teresa Pullano: Lei parla di un nazionalismo di sinistra. Si puo' dire che
la sinistra oggi pensi da un lato lo spazio mondiale e dall'altro quello
nazionale, e sia percio' incapace di vedere quello europeo come uno spazio
eterogeneo rispetto agli altri due? E' forse un lascito
dell'internazionalismo di Marx?
- Etienne Balibar: Calandoci nell'epoca in cui Marx ha scritto, potremmo
dire esattamente il contrario. Il pensiero di Marx era legato a un momento
rivoluzionario che investiva l'Europa intera. Rileggendo gli articoli di
Marx del 1848, vediamo che il nazionalismo democratico si allea con il
socialismo e le prime forme di lotta di classe. In quel momento Marx e
Engels hanno probabilmente pensato che una repubblica democratica europea o
un'alleanza di repubbliche democratiche europee era al contempo la forma
nella quale si preparava o poteva realizzarsi il superamento del
capitalismo. Oggi la situazione e' diversa e il senso di parole come
nazionalismo si e' ribaltato. E' vero che certe forme di anticapitalismo
teorico, che pescano in parte nell'eredita' di Marx e che io non disprezzo
ma trovo un po' arcaiche ed unilaterali, trascurano il problema della
politica europea. La prospettiva altermondialista ha tuttavia il vantaggio
di affermare che pensare l'Europa come uno spazio chiuso e' illusorio. Al
contempo, le costituzioni democratiche sono radicate nella risoluzione dei
conflitti storici passati. Costruire uno spazio politico europeo e'
importante perche' dobbiamo ricomporre il nostro passato a livello
continentale: una cultura politica comune deve emergere dalle differenze
culturali e storiche dell'Europa. Vi e' un legame profondo tra la mancata
rielaborazione del nostro passato e l'immigrazione. Gli immigrati sono i
capri espiatori dell'ostilita' fra gli europei. E' la loro stessa
incapacita' di pensarsi come un'unita' che impedisce agli europei di
trattare il problema dell'immigrazione in termini progressisti. I francesi
non vi diranno mai che detestano i tedeschi o gli inglesi che non possono
sopportare l'idea di formare un popolo comune con gli spagnoli, pero' questa
diffidenza non e' stata superata, anzi si e' rafforzata con l'allargamento
dell'Europa ad Est.
*
- Teresa Pullano: La Costituzione europea e' stata affossata, ma in parte
viene recuperata con il Trattato di Lisbona. Come giudica la strategia dei
leader politici europei di procedere comunque, nonostante il rifiuto dei
cittadini dell'Unione?
- Etienne Balibar: Non m'interessa, dubito che gli stessi leader europei ci
credano loro stessi. Possiamo invece tornare sulla questione del rifiuto del
Trattato europeo. I casi francese ed olandese, come ha scritto Helmut
Schmidt su "Die Zeit", non erano isolati. Il malessere era generale. Questo
malessere resta da interpretare e analizzare ed e' sempre d'attualita'.
All'epoca ho difeso la posizione un po' troppo idealista, che oggi non
sosterrei piu' allo stesso modo, secondo la quale la Costituzione europea
non era abbastanza democratica. Pensavo che essa non presentasse una
prospettiva sufficientemente chiara di progresso generale della democrazia
per l'insieme del continente. Tendevo dunque a considerare che la sola
possibilita', molto fragile, per l'Europa di diventare uno spazio politico
nuovo e superiore al vecchio sistema degli stati-nazione e delle alleanze
nazionali, era di apparire come un momento di creazione democratica.
Continuo a pensarlo, ma c'e' qualcosa d'idealista in questo modo di vedere
le cose che la realta' attuale ci obbliga a guardare in faccia. L'idealismo
consiste nell'immaginare che le masse vogliano la democrazia, mentre
purtroppo siamo in un periodo molto difficile e conflittuale. Ci sforziamo
di aprire nuovamente delle prospettive democratiche a livello
transnazionale, pero' allo stesso tempo dobbiamo provare a trovare i mezzi
di resistere passo per passo all'avanzata del populismo e del nazionalismo
nei paesi europei.
*
Postilla biobibliografica. Etienne Balibar. Il filosofo eretico del
"marxismo universale"
Etienne Balibar, professore emerito all'universita' di Parigi X - Nanterre,
insegna attualmente all'Universita' di California - Irvine. E' oggi uno dei
rari filosofi ad avere elaborato una teoria politica dell'Europa. Il suo
pensiero affonda le radici nel marxismo eretico di Louis Althusser, di cui
fu allievo e con cui, giovanissimo, scrisse Leggere il Capitale
(Feltrinelli, 1971; riedito nel 2006 da Mimesis). Balibar coniuga la
tradizione althusseriana e marxista con una riflessione sul tema dei diritti
e della democrazia, sviluppando un pensiero dell'universale "infranto". In
uno dei suoi studi piu' importanti, La paura delle masse (Mimesis, 2001),
teorizza il lato ambiguo della democrazia moderna. Oltre Marx, Spinoza e'
l'altro riferimento filosofico essenziale di Balibar, che applica le sue
analisi filosofiche all'interpretazione dell'attualita' politica ed in
particolare ai temi della cittadinanza, della costruzione europea e
dell'immigrazione. Militante del Pcf, ne ha preso polemicamente le distanze
nel 1989, quando alcuni sindaci comunisti di banlieue diedero il via a un
giro di vite contro i francesi di origine maghrebina con l'obiettivo di
garantire la sicurezza. Denuncia l'"apartheid europea" degli immigrati e
sostiene il progetto di un'Europa politica e di una cittadinanza democratica
transnazionale. Secondo Balibar la questione dell'Europa e delle sue
frontiere e' oggi un banco di prova essenziale per la cittadinanza e per la
civilta'; e' il terreno su cui la democrazia puo' bloccarsi, oppure
riprendere il suo slancio nel segno dell'apertura e dei nuovi diritti. La
necessita' di un'organizzazione sopranazionale o postnazionale e' divenuta
inaggirabile, ma si scontra con dei limiti materiali e intellettuali. La
costruzione dell'Europa come nuova comunita' politica presuppone
l'invenzione di una forma democratica capace di superare la sovranita'
nazionale, ripensando radicalmente il tema della cittadinanza. Tra le sue
opere recenti, Europe, Constitution, Frontiere (Passant, 2005) e, tradotti
in Italia, Noi, cittadini d'Europa? e Le frontiere, lo stato, il popolo
(manifestolibri, 2004).

4. INCONTRI. IL 13 GIUGNO A FIESOLE E MONTELUPO FIORENTINO
[Dalla Fondazione Ernesto Balducci (per contatti:
fondazionebalducci at virgilio.it) riceviamo e diffondiamo.
Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922,
ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote,
insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose
iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista
"Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986.
Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un
pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi
sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici
problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo
particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio
(Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione
con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario
(Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa
(Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude
(Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una
cosa (Ecp); la raccolta postuma di scritti su temi educativi Educazione come
liberazione (Libreria Chiari); il manuale di storia della filosofia, Storia
del pensiero umano (Cremonese); ed il corso di educazione civica Cittadini
del mondo (Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su
Ernesto Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di
"Testimonianze" a lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn.
347-349, 1992; ed Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani,
"Testimonianze" nn. 373-374, 1995; un'ottima rassegna bibliografica
preceduta da una precisa introduzione biografica e' il libro di Andrea
Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari,
Firenze 1996; recente e' il libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto
Balducci. La Chiesa e la modernita', Laterza, Roma-Bari 2002; cfr. anche
almeno Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri,
Roma 2002; e AA. VV., Verso l'"uomo inedito", Fondazione Ernesto Balducci,
San Domenico di Fiesole (Fi) 2004. Per contattare la Fondazione Ernesto
Balducci: tel. 055599147, e-mail: fondazionebalducci at virgilio.it, sito:
www.fondazionebalducci.it]

La Fondazione Ernesto Balducci invita all'incontro che si tiene il 13 giugno
2008 sul tema "Se vuoi la pace, educa alla pace. Riflessioni, esperienze,
buone pratiche".
*
I sessione. Badia Fiesolana, Sala Capitolare (S. Domenico di Fiesole), ore
9.30:
- L'importanza dell'educazione alla pace: Sergio Bergami (Comitato italiano
per il Decennio per l'educazione alla nonviolenza, Padova); Fabrizio Lertora
(Laboratorio permanente di ricerca ed educazione alla oace della Caritas di
Genova): Lorenzo Porta (Corso di laurea "Operazioni di pace", Universita' di
Firenze); Antonio Drago (Corso d laurea "Scienze per la pace", Universita'
di Pisa);
- Esperienze di educazione alla pace a livello internazionale: M. Mesquita
(Associazione angolana "Njinga Mbande"); Gloria Vitaioli e Natalia Rolando
(Progetto "Daphne" - laureande in "Operazioni di pace").
*
Ore 12,30: pranzo e trasferimento in pullman
*
II sessione. Istituto comprensivo "Baccio da Montelupo" (Montelupo
Fiorentino), ore 14,30: Associazioni per l'educazione alla pace si
confrontano tra loro e con gli insegnanti:
- Gruppi di discussione (condotti con la metodologia "open space");
- Laboratori delle buone pratiche;
- Associazione "Venti di Terra" (Prato);
- Studenti del corso di laurea "Scienze per la pace" (Pisa).
*
Ore 19: conclusioni e saluti.
*
La partecipazione al seminario e' completamente gratuita. E' possibile
partecipare anche a una sola sessione.

5. INCONTRI. IL 13-14-15 GIUGNO A VICENZA
[Da varie persone ed associazioni amiche riceviamo e diffondiamo
Pat Patfoort, antropologa e biologa, e' impegnata nei movimenti nonviolenti
e particolarmente nella formazione alla nonviolenza. Dal sito del Centro
documentazione scuola dell'infanzia (www.centrodocumentazione.net)
riprendiamo la seguente scheda: "Antropologa fiamminga belga e' docente,
trainer e mediatrice a livello internazionale nel campo della trasformazione
e della gestione nonviolenta dei conflitto sulla base di un approccio
teorico da lei stessa elaborato; e' autrice di diversi libri e articoli,
tradotti in varie lingue; e' cofondatrice e direttrice del Centro per La
gestione nonviolenta del conflitto "De Vuurbloem" ("Il fiore di fuoco") a
Brugge-Bruges, in Belgio. Tiene lezioni e conferenze in molte Universita'
del mondo (Belgio, Italia, Olanda, Svezia, Spagna, Stati Uniti, Russia,
ecc.); lavora con una grande varieta' di gruppi sia a livello educativo (con
bambini, adolescenti, genitori, insegnanti, educatori), sia con adulti in
situazioni di conflitto (relazioni familiari, colleghi di lavoro,
prigionieri); ha svolto attivita' di facilitazione anche in progetti di
dialogo e riconciliazione tra gruppi etnici in conflitto, come in Caucaso,
Kossovo, Rwanda, Congo e Senegal; ha lavorato in collaborazione con i
quaccheri, con organizzazioni cattoliche come Pax Christi o la Caritas, con
istituzioni come l'Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa), il Consiglio d'Europa, il Ministero degli affari esteri belga e
le Nazioni Unite". Tra le opere di Pat Patfoort: Una introduzione alla
nonviolenza. Presentazione di uno schema di ragionamento, Edizioni del
Movimento Nonviolento, Verona 1988; Costruire la nonviolenza. Per una
pedagogia dei conflitti, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1992; Io voglio, tu
non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino
2001; Difendersi senza aggredire. Il potere della nonviolenza, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 2006]

Il 13-14-15 giugno 2008, presso la Cooperativa Insieme in via Dalla Scola
255, a Vicenza, tre giornate con Pat Patfoort, antropologa belga, esperta di
gestione nonviolenta dei conflitti in ambito familiare, interpersonale e
internazionale.
Il percorso e' promosso da: Rete Lilliput, Mir, Famiglie per la pace, e
prevede:
- venerdi sera alle 20,45 una serata aperta a tutti.
- sabato e domenica due giornate di formazione: sabato 14 giugno il tema
sara': "Litigare bene: imparare nel conflitto tra adulti e bambini";
domenica 15 giugno il tema sara': "L'azione per contrastare il progetto di
nuova base americana a Vicenza: le motivazioni, le strategie per andare
avanti".

6. LIBRI. LAURA LILLI PRESENTA "AMOROSI ASSASSINI. STORIE DI VIOLENZE SULLE
DONNE" DI AUTRICI VARIE
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 giugno 2008 col titolo "Quelle donne
assassinate" e il sommario "Un libro-denuncia che racconta un anno di
'ordinaria' violenza. Trecento storie tutte vere. Il 91,6% degli stupri non
viene denunciato e nonostante ci siano ormai ottime leggi ottenute dal
femminismo la paura impedisce alle vittime di parlare. Tra le autrici Dacia
Maraini, Elena Gianini Belotti, Lia Levi e Chiara Valentini. Permane nel
nostro paese un inconscio collettivo arcaico maschilista".
Laura Lilli, giornalista e saggista, vive e lavora a Roma, dove e' nata nel
1937; ha compiuto parte dei suoi studi in Inghilterra e in America,
specializzandosi in Studi Americani allo Smith College e alla Yale
University; militante femminista dai primi anni Settanta, ha partecipato
alla fondazione delle riviste "Quarto mondo" e "Compagna"; i suoi articoli
sono apparsi negli anni Sessanta sul "Mondo" di Mario Pannunzio, e piu'
recentemente sulla "Stampa", su "Panorama", e sul "Corriere della sera"; fa
parte della redazione culturale della "Repubblica" fin dalla nascita del
giornale. Ha scritto libri di poesie in italiano e in inglese; ha pubblicato
racconti su numerose riviste letterarie, da "Il caffe'" negli anni Sessanta
a "Tuttestorie" negli anni Novanta; e' autrice di raccolte di interviste e
di saggi sulla stampa femminile e sulla condizione della donna giornalista
nella grande stampa. Tra le opere di Laura Lilli: Ortiche e margherite. Tra
le pieghe dell'intervista, Essedue, 1987; Voci dall'alfabeto. Interviste con
Sciascia, Moravia, Eco nei decenni Settanta e Ottanta, minimum fax, 1995;
Dolce per le formiche - Sweet to ants, Empiria e Florida, 1996; Otto quarti
d'ora. Catchlines, Empiria e Florida, 2001; Passioni & parole. Incontri e
interviste, La Tartaruga, 2001]

Eran trecento, ma non erano giovani e forti, come quelli della Spigolatrice
di Sapri. Ma, come loro, sono morte. Morte, non morti. Erano donne, infatti,
non uomini. E sono state uccise da violente mani maschili. Molte erano
giovani come gli eroi di Sapri, alcune quasi bambine. Altre erano di mezza
eta' e altre ancora anziane: una di 78 anni. Molte non erano attraenti. Le
loro vite non avevano nulla di eroico, a parte gli eroismi quotidiani,
invisibili per gli uomini, di cui e' fatta l'esistenza femminile. Non
avevano utopie, o straordinari progetti di vita. Nemmeno erano femministe.
Semplicemente, qualcuno le aveva messe al mondo - spesso, ma non sempre, in
circostanze disagiate - e vivevano: vite, a volte, anche banali o infelici.
Molte sono morte nel senso fisico del termine: hanno smesso di respirare
dopo essere state perseguitate, brutalizzate, stuprate, strangolate,
accoltellate, uccise da pistole, martelli, bastoni, perfino da un
lanciafiamme fabbricato in casa. Con accanimento, ferocia e furia
difficilmente immaginabili tra esseri umani. Molte altre, invece (e chissa'
se non sia peggio) sono morte "dentro": divenute mentalmente inerti, come
vegetali. Incapaci di sorridere, di progettare, di amare. Il loro devastato
paesaggio interiore e' lunare, privo di vita.
Le loro storie sono "fatti di cronaca", ripresi, mese per mese, in un
prezioso libro che non ha precedenti e che non c'e' dubbio presto diventera'
un importante strumento di lavoro: Amorosi assassini. Storie di violenze
sulla donne, che sta per uscire da Laterza (pp. 261, euro 16). Ne sono
autrici tredici donne del gruppo femminista Controparola. Le notizie,
ordinate cronologicamente mese per mese nel 2006, sono state riscritte - per
ogni capitolo, una a turno in modo piu' esteso - e si leggono come brevi
pezzi di narrativa noir.
Controparola, e' composto, com'e' noto, da sole donne "di penna": narratrici
e saggiste come Dacia Maraini, Elena Gianini Belotti, Lia Levi; giornaliste
e saggiste come Chiara Valentini, Elena Doni, Maria Serena Palieri, Claudia
Galimberti, Paola Gaglianone, Simona Tagliaventi, Cristiana di San Marzano,
Francesca Sancin. E universitarie, ricercatrici, saggiste e collaboratrici
di prestigiosi quotidiani come Mirella Serri o Marina Addis Saba. Il gruppo
esiste da molti anni, e ha gia' pubblicato, nel 2001 un altro importante
volume: Il Novecento delle Italiane. Una storia ancora da raccontare
(Editori Riuniti).
Trecento storie sono tante. Messe in fila - e non sgocciolate giorno per
giorno in qualche pagina di cronaca, spesso locale - formano una massa
imponente, che non puo' passare inosservata, suscitando semplici commenti di
disapprovazione. Secondo Marx, ad un certo punto la quantita' diventa
qualita'. E' vero. Queste trecento storie di donne - si badi, un semplice
campione, la punta di un iceberg, avverte l'introduzione - ci mettono di
colpo davanti agli occhi un impressionante fenomeno sociale del nostro
tempo, per il quale l'aggettivo "inquietante" non basta piu'. Ci vuole anche
un giudizio di valore, come "mostruoso", "spregevole". Esso deve farci
riflettere - e provocare risposte efficaci - non meno di grandi e drammatici
temi sociali come la fame nel mondo, la pena di morte, i diritti civili, la
tortura.
L'introduzione fornisce terrificanti cifre Istat. Nel 2006 sono 112 le donne
uccise da un marito, un fidanzato o un "ex", che quasi mai accetta di
esserlo, anche se vive con un'altra donna (uno, addirittura, teneva
segregata la moglie mentre viveva con una nuova compagna). Nello stesso
anno, il Ministero dell'Interno ha registrato 4.500 denunce di donne a
polizia e carabinieri per violenze, abusi, aggressioni. E da un'altra
ricerca Istat elaborata in cinque anni su 25.000 donne tra il 16 e i 70
anni, risulta che il 91,6% degli stupri non viene denunciato. E si va al 96%
quando le aggressioni sono non sessuali: molestie nei luoghi di lavoro,
stalking (persecuzione ossessiva, che oggi puo' essere aiutata da computer e
cellulari), violenza psicologica, specie nel matrimonio (ingiurie,
umiliazioni, minacce).
Perche' le donne non parlano? In primo luogo per paura. Poi, per difficolta'
familiari e anche - incredibile ma vero - per non danneggiare il
persecutore. Del resto, spesso (non sempre) anche quando denunciano, non fa
differenza, grazie a un'omerta' maschile cosi' forte e profonda da sembrare
"naturale". Anni fa fece rumore il film Processo per stupro, in cui la donna
che accusava finiva per essere l'accusata: lei "provocava", "ci stava", "se
l'e' voluta" etc. Oggi questo avviene in misura minore. E ci sono ottime
leggi ottenute dal femminismo. Ma l'inconscio e' lontano dalle leggi. Cosi'
le denunce si accumulano una sull'altra negli uffici di polizia...
Il 22 novembre 2005, all'alba, prima di entrare in fabbrica, la giovane
Deborah, un'operaia del biellese, viene uccisa con sette pugnalate e
lasciata sull'asfalto. Si scoprira' che l'assassino, Emiliano Santangelo -
che finira' per soffocarsi in carcere con un sacchetto di plastica - la
perseguitava con molestie e violenze sessuali gia' da dieci anni, quando
ancora era ragazzina. Lei ogni volta era andata al commissariato: ma le
denunce erano restate li'. Tanto che l'allora ministro della giustizia
Castelli, il 27 febbraio chiese ufficialmente scusa alla famiglia, e invio'
ispettori del Ministero al tribunale di Biella per appurare se tutto il
possibile fosse stato fatto per salvarla. Ora la famiglia vuol chiede un
congruo risarcimento allo Stato.
La casistica e' infinita, ed e' anche uno specchio dell'Italia di oggi,
sospesa fra tecnologia in continuo rinnovamento, leggi recenti e un
inconscio collettivo arcaico. Ci sono figli che ammazzano la madre, educati
come sono alla scuola della violenza paterna. C'e' un impiegato di banca
sposato con prole che, conosciuta e corteggiata chattando (!) un'adolescente
di un'altra citta', prende un giorno di ferie e, come dice il titolo di un
famoso film, Va, (la stupra) l'ammazza e ritorna. C'e' un prete stupratore
"seriale": padre Fedele, al secolo Francesco Bisceglie, 69 anni, fondatore
di una "Oasi di accoglienza francescana" in provincia di Cosenza, impegnato
anche in missioni in Africa. Una suora lo accusa di averla violentata da
sola e in gruppo, e una serie di intercettazioni le da' ragione (ecco a cosa
servono!). Il frate violenta anche le collaboratrici volontarie e si fa
spesso riprendere con belle giovani poco vestite, che afferma di aver
"convertito". A lungo riempie le cronache dei giornali. Infine, il 23
gennaio 2006, finisce in galera.
Tante storie di donne-vittime ma anche di uomini-carnefici - molti dei quali
esaltati, malati o disperati, poi finiscono per suicidarsi - ci parlano di
una inquietante psiche maschile collettivamente malata. Forse dal femminismo
molti uomini italiani, ricchi o poveri, colti e meno colti, hanno avuto uno
choc paralizzante. Cosi', invece di ascoltarne le ragioni e provare ad
adeguarvisi, si sono limitati a sentirsi vittime assetate di vendetta.
Spossessati di un potere assoluto - quello sulla donna - che sentivano
appartenergli per diritto di nascita, non hanno avuto la forza o la
capacita' di accettare la nuova realta' dei rapporti umani. Non a caso, dice
l'Istat, mentre gli omicidi in generale diminuiscono, quelli di donne
aumentano. Perche' questo sinistro primato dell'Italia in Europa? Un
tentativo di risposta potrebbe trovarsi nella constatazione che l'Italia e'
il Paese in cui piu' diretta e intensa e' l'eredita' classica, con tutta la
sua misoginia. Eredita' viva ed ininterrotta fino ad oggi grazie alla
Chiesa - anzi intensificata dopo la Controriforma. In ogni caso, c'e' un
enorme lavoro di rieducazione da fare, cominciando dai bambini piccoli, gia'
alla scuola materna (nessuno e' di nessuno, le persone non sono cose, la
violenza e' brutta, etc.).
Un poco, il senso comune sta gia' cambiando: spesso sono i vicini di casa,
sentendo grida eccezionali, ad avvertire polizia e carabinieri, riuscendo a
evitare il peggio. Ci sono progetti al Ministero delle Pari Opportunita'.
Nel cosiddetto "Pacchetto sicurezza" e' stata approvata la norma che concede
il permesso di soggiorno alle immigrate che denuncino violenze subite in
famiglia. E nella solita "bravissima" Spagna, gia' dal 2005 - in una
situazione assai meno grave della nostra - esistono nuove leggi e strumenti,
tra cui un "tribunale di genere".

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 485 del 13 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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