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Minime. 483
- Subject: Minime. 483
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 11 Jun 2008 01:06:17 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 483 dell'11 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Annamaria Rivera: Prefazione all'edizione italiana di "Guerra e sacrificio" di Mondher Kilani 2. Letture: AA. VV., Sembrando vida y dignidad - Seminando vita e dignita' 3. Letture: Majakovskij. Vita, poetica, opere scelte 4. Letture. Roberto Massari, Il '77 e dintorni 5. Riletture. Rocco Altieri (a cura di), L'11 settembre di Gandhi 6. Riletture: Mario Cisternino, I segreti della serenita' 7. Riletture: Toni Senno, Giornale etnografico 8. Riletture: Toni Senno, Matebeh 9. Riedizioni: Cartesio, Discorso sul metodo, Meditazioni metafisiche, Obbiezioni e risposte, I principi della filosofia 10. Riedizioni: Anthony C. Grayling, Il significato delle cose 11. Riedizioni: Thomas Hobbes, Leviatano 12. Riedizioni: Isocrate, Orazioni 13. Riedizioni. Maynard Solomon, Mozart 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA DI "GUERRA E SACRIFICIO" DI MONDHER KILANI [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo il testo della prefazione all'edizione italiana del libro di Mondher Kilani, Guerra e sacrificio, Dedalo, Bari 2008. Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005. Mondher Kilani e' docente di antropologia culturale all'Universita' di Losanna. Tra le opere di Mondher Kilani tradotte in italiano: Antropologia. Una introduzione, Dedalo, Bari 1994; L'invenzione dell'altro, Dedalo, Bari 1997; Guerra e sacrificio, Dedalo, Bari 2008] "Mais nous sortirons un jour de l'age du bronze et de la prehistoire quand la pitie' l'emportera sur le gout du sang et le respect des droits de l'animal sur la cruaute' des ses bourreaux" (Theodore Monod) La citazione in esergo, tratta da un'intervista a Theodore Monod, scienziato, esploratore, etnografo, militante pacifista e animalista, e' un utile spunto per esporre brevemente uno dei nuclei di riflessione - il piu' centrale, forse - di questo prezioso libro di Mondher Kilani. Mi riferisco alla sua rilettura critica del sacrificio, che e' in realta' la chiave dell'analisi della violenza estrema e della guerra, che egli qui propone. Come e' ben noto, il sacrificio e' stato considerato, soprattutto dall'antropologia, un'istituzione fondamentale alla base della "civilizzazione" umana, un dispositivo indispensabile a sublimare, canalizzare, addomesticare la violenza, per ristabilire l'equilibrio sociale. Distanziandosi da molte interpretazioni convenzionali, Kilani ne mostra, invece, gli aspetti piu' problematici e inquietanti, comprese l'indifferenza o la crudelta', sia pure sublimate ed espiate mediante il rito, verso la sorte delle creature sacrificate. Cosi' facendo, egli implicitamente rifiuta di considerare al pari di un dato della natura la millenaria propensione umana a fare degli animali gli esseri per eccellenza sacrificabili. Soprattutto egli osa mettere in discussione la consolidata tendenza a collocare concettualmente su due versanti diversi, o addirittura opposti, la grande violenza distruttiva, che si manifesta attraverso la guerra e il genocidio, e la piccola violenza sacralizzata, regolatrice della brutale violenza originaria, che si esprime attraverso il sacrificio. Mostra cosi', in modo convincente, come la ragione sacrificale non sia appannaggio esclusivo delle societa' tradizionali, ma permei i genocidi perpetrati in epoca contemporanea e perfino la guerra globale attuale; e come, d'altro canto, il sacrificio non sia sempre - al contrario di cio' che pensa una buona parte degli antropologi - quell'atto simbolico, restauratore dell'equilibrio sociale, che sempre metterebbe in scena una violenza minima e stilizzata al massimo. "Il movimento della ragione sacrificale - afferma a giusta ragione Kilani - puo' anche invertire il suo corso" e finire per sostenere e legittimare veri e propri massacri. Insomma, ben lontana dall'essere sempre contenuta, la violenza che si pratica attraverso il sacrificio puo', in circostanze specifiche, tracimare e produrre carneficine su larga scala: gli esempi storici non mancano, andando dalle stragi di dimensioni abnormi dei sacrifici umani aztechi fino alla macellazione di montoni su scala industriale che oggi connota i sacrifici in occasione della festa musulmana di Aid el-Kbir. E' evidente che, quando il capro espiatorio si moltiplica a dismisura e la quantita' dei sacrificati prevale sulla qualita' del simbolo dell'espiazione, la ragione sacrificale soccombe alla violenza concreta e brutale. Del resto, ritenere che alla base del sacrificio vi sia un'originaria pulsione verso la violenza, tanto primordiale e ineluttabile da esigere un istituto culturale basilare che la sublimi e la regoli, non e' forse cedere a una forma di determinismo naturalistico? A mio parere, una delle ragioni per cui la convenzionale lettura del sacrificio ha potuto affermarsi, al punto da divenire uno dei luoghi comuni piu' indiscutibili della teoria antropologica, risiede nella scarsa considerazione riservata ai non-umani in quanto esseri morali - senzienti, sensibili, affettivi, intelligenti. Essendo essi implicitamente e/o inconsapevolmente valutati quasi al pari di cose, per la maggior parte degli antropologi (con alcune eccezioni importanti, tra cui Claude Levi-Strauss ed Edmund Leach) la loro messa a morte non ha mai costituito ragione di dilemma morale o epistemologico; mentre, paradossalmente, un certo disagio morale o concettuale e' conosciuto da molte delle societa' tradizionali in cui era/e' praticato il sacrificio (e la caccia). Non a caso esse si sono dotate sia di dispositivi rituali compensatori o espiatori, atti a riparare simbolicamente all'animalicidio, sia di una serie di metafore eufemistiche volte a dissimulare la sofferenza, l'uccisione, il sacrificio cruento degli animali. Anche a tal riguardo si puo' ravvisare una certa analogia fra guerra e sacrificio. Infatti, ad accomunarli vi e', fra le altre cose, la tendenza a dissimulare la violenza e a giustificare i massacri in nome di qualche ragione morale o religiosa superiore. Ma cio' non deve trarci in inganno: prendere alla lettera cio' che gli attori sociali dicono di se stessi non e' una buona lezione di antropologia o di sociologia. * Eufemistica per antonomasia e' la strategia retorica che si accompagna alla guerra globale contemporanea: dall'utopia dello "zero morti", ovvero di una guerra-non guerra chirurgica, asettica, infallibile, incruenta (ma solo per la propria parte) - utopia che Kilani analizza diffusamente e con acutezza - all'abituale ricorso a metafore volte ad attenuare, minimizzare o dissimulare la realta' dei bombardamenti, delle stragi, delle violenze, delle torture inflitte alle popolazioni oggetto dell'attenzione dei liberatori occidentali in armi. Non si puo' negare che sia proprio di tutte le guerre moderne il ricorso a lessici astratti, mondati del sangue, della sofferenza, della morte. Ma la guerra imperialista attuale - che il nostro autore definisce, sulla scia di von Clausewitz, come totale e come tendente a un'inarrestabile escalation verso l'estremo - presenta in piu' la specificita' di proporsi come una ininterrotta operazione di mantenimento della pace, presentata ora come un'azione di polizia internazionale contro il terrorismo, ora come un intervento "democratico" per liberare gli altri dalla tirannia e dalla barbarie. Di conseguenza, le locuzioni eufemistiche - "missione internazionale", "operazione di sicurezza", "intervento umanitario", "lotta al terrorismo", "missili intelligenti", "danni collaterali", ecc. - le sono intrinseche, oltre tutto rafforzate dall'astrattezza dell'apparato tecnologico altamente sofisticato mediante il quale e' condotta. Questo apparato consente alle truppe imperiali di sentirsi - illusoriamente - del tutto al riparo dal sangue, dalla violenza, dalla morte; permette agli spettatori occidentali di assistere alle operazioni belliche e ai loro effetti come se fossero di fronte a un videogame, o comunque a uno spettacolo virtuale fra i tanti; infine - conviene aggiungere - rende possibile la straordinaria perdita del senso di responsabilita', e del senso delle proporzioni, che si riscontra tra i vertici politici, anche di sinistra, dei paesi europei che partecipano alla guerra imperiale. Pure a tal proposito ritorna utile la categoria di ragione sacrificale, che Kilani propone come chiave interpretativa non solo della guerra, ma anche dell'esclusione sociale e/o dell'annientamento fisico di ampie categorie di esseri umani, considerati scarti. Dalle retoriche utilizzate dalla politica istituzionale per giustificare la partecipazione alla guerra - abitualmente e ufficialmente denominata "missione di pace" -, traspare l'argomento secondo il quale la sorte di un certo governo di coalizione di un paese europeo non troppo importante varrebbe bene i "sacrifici umani" imposti agli altri, cioe' la devastazione degli stati-canaglia, le stragi di civili, le violenze, le ingiustizie, le tragedie che si consumano sulla scena internazionale. In tal senso, le vittime - che si afferma retoricamente di voler salvare dal peggio - diventano doppiamente capri espiatori: esse sono immolate non solo a causa della volonta' di potenza imperiale, ma anche per scopi mediocri come quello di garantire la stabilita' governativa di qualche stato europeo alleato. * Andando ancora piu' al fondo della questione, come ci invita a fare il nostro autore, possiamo legittimamente domandarci se non si possa parlare di sacrificio "ogni volta che si esercita una violenza sull'altro al di fuori di qualunque quadro giuridico, di ogni tutela dei diritti della vittima"; se, insomma, non siamo in presenza di un meccanismo di tipo sacrificale ogni volta che la violenza e' accompagnata da una messa in scena rituale che afferma "la rottura assoluta tra il sacrificante-carnefice, identificato come umano, e il sacrificato-vittima, privato della propria umanita'". La negazione dell'altro, perfino come avversario o nemico reale, e' un tratto peculiare anche della guerra globale e totale dei nostri giorni. Guerra asimmetrica, priva di reciprocita' (ancora una categoria-chiave dell'antropologia cui Kilani ricorre ampiamente), essa si preclude qualsiasi possibilita' di negoziato e quindi ogni prospettiva di uscita dallo stato di conflitto permanente e illimitato. A tal proposito si puo' richiamare l'attenzione, en passant, sull'analogia che lega la guerra globale all'ideologia e alle pratiche coloniali. L'una e le altre sono connotate da un'asimmetria riguardante non solo l'oggettiva, quasi assoluta supremazia militare rispetto all'avversario e la negazione a esso dello statuto di nemico legittimo, o addirittura di essere umano, ma anche l'esercizio e la valutazione della violenza: pure se infrange ogni regola del diritto e delle convenzioni internazionali, se fa strage di popolazioni civili, se ricorre alle bombe a grappolo, perfino mimetizzate da aiuti alimentari, la propria violenza e' rappresentata come legittima in ogni caso; la violenza degli altri, al contrario, per quanto difensiva e reattiva, e' sempre cieca, illegittima, barbara, sleale. In piu', il mancato riconoscimento dell'avversario e la degradazione a terrorismo di ogni espressione di opposizione e conflitto non fanno che favorire la risposta terroristica reale. E questa, per quanto aberrante, finisce per risultare pressoche' l'unica possibile e funzionale a uno stato permanente di guerra asimmetrica e non-dichiarata. In realta', guerra totale e risposta terroristica si alimentano reciprocamente e incessantemente. Entrambe muovono - mi sembra - da una sorta di teologia estrema, che annulla i soggetti storici sciogliendoli nelle immagini metafisiche dei rispettivi "imperi del Male"; entrambe cancellano ogni possibilita' di discorso politico e di risoluzione negoziata, in favore di un discorso fondato su valori ultimi e assoluti, in definitiva fondamentalista. Per definire gli effetti dell'inveramento attuale della guerra totale descritta da von Clausewitz, Kilani riprende, mutuandolo da Giorgio Agamben, il concetto arendtiano di stato di eccezione permanente. Per quanto abusato, esso si presta bene a indicare come la sospensione del diritto nazionale e internazionale e delle garanzie democratiche, nonche' l'indistinzione fra guerra e pace, spazio interno e spazio esterno, funzioni civili e funzioni militari, siano diventate la regola. Lo stato di eccezione permanente si nutre di xenofobia e razzismo, e al tempo stesso li alimenta e li riproduce. Ne e' un'illustrazione esemplare la tendenza, fatta propria anche dall'Unione Europea, ad associare la "lotta contro il terrorismo" con le politiche di controllo e di contenimento dei flussi migratori: cosa che incrementa l'ecatombe dei "clandestini" e alimenta nell'opinione pubblica il pregiudizio che sospetta i migranti, soprattutto se provenienti da paesi musulmani, di complicita' o contiguita' con lo spazio del terrorismo. Opposti e speculari, tanto il discorso islamista che sorregge il terrorismo quanto il teorema dello scontro di civilta', che e' una parte rilevante dell'ideologia della guerra globale, spacciano la leggenda di due blocchi monolitici - l'Islam e l'Occidente - contrapposti e irriducibili, di due civilta' e sistemi di valori radicalmente differenti e antagonisti. Kilani mostra bene, invece, quanti scambi, intrecci, continuita', sovrapposizioni leghino i due mondi e come essi siano coinvolti in una dialettica di mimetismo e rivalita' reciproci. A suo parere, siamo in presenza "di un solo mondo, di un solo 'blocco occidentale', percorso da fratture delle quali una, attualmente la piu' palese, ma non la piu' essenziale, risiede in un certo irredentismo islamista - irredentismo piu' spettacolare che realmente minaccioso per l'impero". * E' vero: come ci insegna l'antropologia, la tendenza a deumanizzare gli altri, nemici potenziali o reali, non riguarda solo le guerre moderne, ma e' un tratto che si ritrova assai frequentemente nelle relazioni e nei conflitti fra i gruppi umani piu' svariati e differenti, nello spazio e nel tempo. Nondimeno, la guerra totale contemporanea ci offre numerosi e specifici esempi di negazione dell'umanita' dell'altro. Gli emblemi piu' efficaci per rappresentarla potrebbero essere le immagini dell'incappucciato di Abu Ghraib, della soldatessa Lynndie England che, sorridente, trascina al guinzaglio un prigioniero iracheno nudo, delle altre pratiche di estrema degradazione dell'umano che ci hanno rivelato le foto-ricordo dei soldati statunitensi. Dietro quelle immagini non c'e' solo la banalita' del male e il sadismo proprio di tutti i torturatori; c'e' anche un gusto della rappresentazione, della costruzione di perversi tableaux vivants, che ci fa pensare, certo, all'influenza dell'immaginario e dell'estetica pornografici, ma anche a un intento di messa in scena rituale di tipo sacrificale: per divenire sacrificabile, l'altro-umano deve essere prima de-umanizzato, se non bestializzato, cosi' come l'altro-animale deve essere prima de-familiarizzato e ridotto a cosa, oppure a un essere feroce o ributtante. Come giustamente ci suggerisce Kilani, tutto cio' non riguarda solo l'attuale guerra globale "contro il terrorismo". Si potrebbe affermare che, piu' in generale, le istituzioni che hanno prodotto la "banalita' del male" dei genocidi e dei massacri contemporanei non poche volte abbiano riprodotto le scansioni proprie della scena sacrificale: la designazione di un capro espiatorio, la sua segregazione o esclusione, la sua umiliazione, il suo annientamento morale, la pratica del concentramento o della deportazione, infine la sua eliminazione fisica. Egli ha dunque perfettamente ragione nel sostenere la continuita' fra sacrificio e guerra, fra potere sacrificale e potere imperiale, ipotizzando che "l'annientamento praticato con i genocidi e con le guerre totali contemporanee" non sia altro "che la trasformazione del potere sacrificale in potere assoluto e indiscusso". Vi e' la possibilita' di immaginare un dispositivo di regolazione e di riduzione della violenza che non riproponga la mortifera ragione sacrificale? - si chiede conclusivamente Kilani. Piu' ottimista di noi, egli risponde positivamente: conviene scommettere sulla ragione politica. Basata com'e' "sui principi della negoziazione permanente del contratto sociale e della partecipazione dei cittadini", la politica non scongiura la violenza e la guerra, ma almeno le inserisce nella dimensione razionale degli interessi e dei conflitti propri dell'esistenza sociale. Ma la logica dell'opposizione amico/nemico - potremmo obiettare - non e' ormai penetrata nelle pieghe della politica cosi' profondamente da pervertirla? L'ideologia della "sicurezza globale" non le e' divenuta cosi' intrinseca da produrre incessantemente nemici interni e capri espiatori, sacrificabili con misure eccezionali che divengono permanenti? Sono dubbi che la realta' sotto i nostri occhi ci sollecita quotidianamente. Forse, per poter riabilitare la politica, dovremmo immaginare un diverso ordine del discorso che la riabiliti: un'antropologia tanto simmetrica da includere ogni altro - umano e non umano - integrando pienamente i loro punti di vista e favorendo cosi' una reciprocita' generalizzata. Forse, per poter immaginare una politica che possa fare a meno della guerra dovremmo decostruire, analizzare, mettere a distanza - come una variante "etnica" fra le tante - quella cultura del dominio sulla natura, sugli animali, sul femminile, su certe categorie umane che sorregge la ragione strumentale e sacrificale della guerra. 2. LETTURE. AA. VV.: SEMBRANDO VIDA Y DIGNIDAD - SEMINANDO VITA E DIGNITA' AA. VV., Sembrando vida y dignidad - Seminando vita e dignita', pp. 184, euro 16, Gandhi Edizioni, Pisa 2007. Un bel volume dei "Quaderni Satyagraya" monografico sulla decennale esperienza di resistenza nonviolenta della Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado' in Colombia, in edizione bilingue spagnola e italiana, a cura della della Rete italiana di solidarieta' con le comunita' di pace colombiane "Colombia Vive!", con testi di Rocco Altieri, Andrea Proietti, Eduardo Galeano, Ruben Dario Pardo Santamaria, Adolfo Perez Esquivel, Johan Galtung, Diego Perez, Javier Giraldo Moreno, Guido Piccoli, Alfredo Molano Bravo, Vittorio Agnoletto, Gloria Cuartas Montoya, Giuseppe De Marzo, e della Rete italiana di solidarieta' "Colombia Vive!", con un inserto fotografico. Per richieste: Gandhi Edizioni, via Santa Cecilia 30, 56127 Pisa, tel. 050542573, e-mail: centro at gandhiedizioni.com, sito: www.gandhiedizioni.com 3. LETTURE. MAJAKOVSKIJ. VITA, POETICA, OPERE SCELTE Majakovskij. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008, pp. 608, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volume, curato da Pasquale Di Palmo, che vi premette un'ampia cursoria introduzione, reca i testi del poeta contenuti nell'antologia majakovskiana curata da Giovanna Spendel per Mondadori anni fa (Vladimir Majakovskij, A piena voce. Poesie e poemi, Mondadori, Milano 1989) e il classico Lenin (Einaudi, Torino 1967); in apparato il breve saggio del '66 "Rileggere Majakovskij!" di Angelo Maria Ripellino. Come ognun sa - diceva Annibale Scarpia - c'e' Majakovskij, il mito di Majakovskij e la poesia di Majalovskij. La poesia di Majakovskij - mi perdonino il comitato centrale e la commissione centrale di controllo - continuo a pensare che fosse soprattutto nella pronuncia, nell'esecuzione, in quanto di extratestuale essa attivava e in quanto di contestuale essa evocava; mi sembra che molto di essa sia ormai spento. Il mito di Majakovskij e' immortale come tutti i miti, e come tutti i miti viene l'ora in cui suona artefatto, posticcio, di un vero colmo di falso - come ogni tragica verita', del resto. Ma Majakovskij resta, il Majakovskij che tutti abbiamo amato in gioventu', il Majakovskij di Sklovskij e di Jakobson, il Majakovskij tragico e desolato, il Majakovskij cialtrone e teppista, esibizionista ed esterrefatto, rodomonte e cucciolo, ammaliato e atterrito dalla vita e dalla sua inautenticita', che tutti si diede a una causa e a un potere - il potere che quella causa distrusse - senza altra riserva che il proprio dolore, in quell'estremo bisogno di accettazione che si tradusse infine nella revolverata che gli spacco' il cuore. Cosi' diceva Annibale Scarpia, mastro di rettorica, baritono mutacico e d'infrante astuzie ricoglitore. 4. LETTURE. ROBERTO MASSARI: IL '77 E DINTORNI Roberto Massari, Il '77 e dintorni. Contesti politici e processi di radicalizzazione (1975-1978), Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2007, pp. 528, euro 16. A cura di Antonella Marazzi e con una imbarazzante introduzione di Piero Bernocchi. Cosi' diceva quel mio cugino, sapete, Carlo Argentino Daneri: Questa raccolta degli scritti tra '75 e '78 di Roberto Massari (intellettuale, militante e soprattutto editore di molti meriti) e' non solo un documento di quel tempo e di quella temperie - il dibattito sovente fin gergale e sovente penosamente autoreferenziale di una parte della nuova sinistra - ma anche una testimonianza rilevante, acuta e impegnata, e rappresentativa di posizioni e problematiche che ebbero allora largo corso in parte non piccola di quella che era stata la nuova sinistra. Io che scrivo queste righe ricordo bene, e ricordo come su quasi tutte le tesi qui sostenute avessi diversa e sovente contrapposta opinione (era evidente anche allora che la lotta di liberazione delle oppresse e degli oppressi richiedeva la scelta nitida e intransigente della nonviolenza, e quanto urgente fosse che la sinistra del marxismo critico e antitotalitario ne prendesse piena contezza e l'abbracciasse). Eppure ora rileggendo queste pagine avverto come una cert'aria di famiglia e misuro a un tempo come sia passata un'epoca, come si sia data una catastrofe. Ah, si', stanco mio cuore, come passa il tempo, il tempo crudele e irridente, il tempo che dialoga anch'esso con quell'islandese, il tempo che arrostisce sul medesimo rogo gli avversi teologi. Cosi' diceva quel mio cugino, sapete, Carlo Argentino Daneri. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme 5. RILETTURE. ROCCO ALTIERI (A CURA DI): L'11 SETTEMBRE DI GANDHI Rocco Altieri (a cura di), L'11 settembre di Gandhi. La luce sconfigge la tenebra, Lef - Centro Gandhi, Firenze-Pisa 2007, pp. 216, euro 16. E' il volume n. 12 dei "Quaderni Satyagraha" che fa seguito al convegno del settembre 2006 a Pisa nel centenario dell'assemblea dell'11 settembre 1906 a Johannesburg in cui Gandhi promosse la prima campagna nonviolenta. Con testi di Rocco Altieri, Arun Gandhi, Fulvio Cesare Manara, Michael Nagler, Bhikhu Parekh, Nanni Salio, Franz Amato, Pierpaolo Calonaci, Enrico Peyretti, Piero P. Giorgi, Mariella Dipaola e Matteo Della Torre, Federico Fioretto, Adriano Mariani. Per richieste: via Santa Cecilia 30, 56127 Pisa, tel. 050542573, e-mail: roccoaltieri at interfree.it 6. RILETTURE. MARIO CISTERNINO: I SEGRETI DELLA SERENITA' Mario Cisternino, I segreti della serenita'. Pedagogia tradizionale nel cuore dell'Africa, Emi, Bologna 1993, pp. 556, lire 50.000. La pedagogia tradizionale africana nell'esperienza di tre popolazioni, i Barundi, i Baciga e i Karimojong; e la proposta di un incontro, di un ascolto, di un dialogo, di un mettersi alla scuola della pedagogia tradizionale africana, per "una mutua comprensione e una feconda interazione". L'autore e' un autorevolissimo studioso, docente, consulente Onu, per vari decenni missionario comboniano in Uganda. Con una presentazione di Giovanna Salvioni e Cesare Scurati. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 7. RILETTURE. TONI SENNO: GIORNALE ETNOGRAFICO Toni Senno, Giornale etnografico. Un missionario tra i Birrwa-Limba della Sierra Leone, Emi, Bologna 1993, pp. 202, lire 18.000. Una descrizione della societa' e della cultura birrwa, l'autore e' un missionario vissuto per molti anni con questa popolazione. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 8. RILETTURE. TONI SENNO: MATEBEH Toni Senno, Matebeh. Ricerca d'armonia cosmica tra i Birrwa della Sierra Leone, Emi, Bologna 2000, pp. 256, euro 10,33. Del medesimo autore del "giornale etnografico" in cui riferiva della cultura birrwa in forma piu' descrittiva e per cosi' dire esteriore, questo libro piu' intimamente vi si cala - e particolarmente nella Weltanschauung - con finezza e rispetto, attenzione ed empatia profonde. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 9. RIEDIZIONI. CARTESIO: DISCORSO SUL METODO, MEDITAZIONI METAFISICHE, OBBIEZIONI E RISPOSTE, I PRINCIPI DELLA FILOSOFIA Cartesio, Discorso sul metodo, Meditazioni metafisiche, Obbiezioni e risposte, I principi della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1986, Mondadori, Milano 2008, pp. VI + 1006, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Riprendendo i testi dalla classica edizione laterziana in tre volumi curata da Eugenio Garin, questa raccolta di alcune delle opere maggiori di Cartesio e' una lettura che ancora vorremmo raccomandare ai giovani e non solo. Rene' Descartes e' forse oggi uno sconosciuto; eppure ci fu un tempo in Europa in cui il suo nome era il grido di battaglia di chi lottava per un'umanita' di liberi ed eguali. E per una lingua che giovasse alla chiarezza, alla comprensione reciproca, al pensare e al parlare corretto, pulito e condiviso. Traendo i miei tardi di' in questa cella di fioco lume, amava dire Annibale Scarpone, mi e' divenuto meno bruciante cio' che d'inaccettabile Renato Delle Carte affermava (quella scissura tra corpo ed anima, tra res extensa e res cogitans, per cui tutti lo abbiamo - idealmente e reverentemente, va da se' - chiamato sul banco degli imputati e tutti abbiamo vestito i panni del pubblico ministero in un incruento e rispettoso della persona e delle persone processo - e dico processo come svolgimento di pensiero -, ed Hans Jonas con maggior chiarezza ed energia ed efficacia di chiunque altro; quell'insensata e sciagurata riduzione degli animali non umani ad automi, ed altro ancora) e rendergli merito invece per quanto di buono e di grande e prezioso ci ha recato e lasciato in perenne dono, e in primo luogo quella virtu' del dubbio, sistema e cammino, abito e sfida, ed anche e soprattutto incontro e riconoscimento dell'altrui dignita'; e seme di pace, e resistenza alla violenza che e' sempre assassina. 10. RIEDIZIONI. ANTHONY C. GRAYLING: IL SIGNIFICATO DELLE COSE Anthony C. Grayling, Il significato delle cose, Longanesi, Milano 2002, Il sole 24 ore, Milano 2007, pp. 256, euro 7,90 (in suppl. al quotidiano "Il sole 24 ore"). Nella forma del saggio breve (dell'elezeviro, dell'articolo di varia umanita'), ciascuno aperto dalla mallevadoria di un'autorevole epigrafe, un rapsodico regesto di consigli di saggezza. Che ne pensasse abbiamo chiesto ad Amilcare Scarpante, e lui: questo tipo di libro soffre sempre di esser sballottato tra la Scilla della seriosita' e la Cariddi della frivolezza (per non dire che nei momenti di malumore - ed ogni lettore ne ha - ci si chiede a che pro averlo prodotto), ma perche' privarsi del piacere di leggerlo? E mi diceva or non e' guari l'ottimo nostro amico Sennuccio Barbaroni: E' un libro imbastito di perplesse citazioni, e forse perche' amiamo riservare alla conversazione il citare, e sulla pagina evitare ogni lenocinio di stile ed ogni patronato di autorita' che distragga il pensiero dal nudo vero, e' quindi il libro che a noi non piace affatto; ma e' anche un libro di ragionamenti liberi e concreti, con cui innumerevoli volte rigiochi il bel gioco del consenso e del dissenso, dello sviluppo e della scorciatoia, ed e' quindi il libro che a noi piace assai. Cosi' tra l'astratto e il concreto, tra il no e il si', tutto si svolge questo infinito dialogo - e conflitto - che e' tanta parte della parte meno dolorosa di cio' che chiamiamo la nostra umanita' (Sennuccio Barbaroni, tutti i vecchi nostri amici lo sanno, ama le circonlocuzioni, le perifrasi, lo svuotamento e il diramarsi del linguaggio, per prolungare le chiacchiere ed aver cosi' l'occasione di proporre un altro brindisi, qui all'osteria di Iaiotto - bere e cantare insieme, quali altre gioie si danno nella vita?). 11. RIEDIZIONI. THOMAS HOBBES: LEVIATANO Thomas Hobbes, Leviatano, Laterza, Roma-Bari 1989, Mondadori, Milano 2008, pp. VI + 866, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Il Leviatano nella recente traduzione laterziana e con l'introduzione del compianto Arrigo Pacchi. E in guisa di preziosa appendice (ma un'appendice di ben oltre 200 pagine) l'intero bel libro di Francesca Izzo, Forme della modernita'. Antropologia, politica e teologia in Thomas Hobbes, edito da Laterza, Roma-Bari 2005. Un volume che si raccomanda da se'. Che questo capolavoro di Hobbes goda di cattiva fama chiunque ne abbia sentito straparlare nelle aule scolastiche o universitarie o sulle gazzette o al desco - degli sfruttatori le une e l'altro - ben lo sa; ma coloro che hanno avuto la fortuna di leggerlo ne hanno ben altra considerazione; e qui vorrei aggiungere almeno un grato ricordo di Norberto Bobbio, che a Hobbes ha dedicato studi che non abbiamo dimenticato, e che ci fu maestro di verita', di resistenza, di liberazione, di umanita'. 12. RIEDIZIONI. ISOCRATE: ORAZIONI Isocrate, Orazioni, Rizzoli, Milano 1993, Rcs, Milano 2000, 2007, Fabbri, Milano 2008, pp. 562, euro 6,99 (rispetto all'edizione originale sarebbe una ristampa, ma il formato e' maggiore e il corpo tipografico dei caratteri piu' grande, che per chi come noi ci vede sempre meno e' un pregio non dappoco). Il volume contiene un saggio di Silvia Gastaldi (che commenta e reca in appendice il "Sugli scrittori di discorsi o sui sofisti" di Alcidamante), le orazioni isocratee Panegirico, Areopagitico, Sulla pace, Filippo, Panatenaico, con introduzione, traduzione e note di Chiara Ghirga e Roberta Romussi e testo greco a fronte. Non sono mai riuscito a leggere Isocrate col rispetto che merita. Lo stile di Lisia per me e' tutto (e in gioventu' del Contro Eratostene sapevo recitare a memoria ampie lasse, che ovviamente nessuno capiva perche' quando citavi in greco antico mentre facevi comizi sulle piazze di paese e nelle aie tra i campi chi volevi che avesse la pazienza di decifrare parola per parola, eppure gli uditori si appassionavano lo stesso della passione tua); e di Demostene l'energia persuasa - e la fiamma mazziniana, la vampa combattente che tutto illumina e che ti brucia il cuore -, di Demostene dico, dell'eroe della greca e umana liberta' che vi riconobbero gli antifascisti che resistettero. L'opera d'Isocrate invece ti pareva nata morta, e quando era esercitazione di scuola, e quando era macchina, pompa, celebrazione. Un che di irreale e fittizio da cio' che sapevi dalla tradizione (e dal paratesto, dal contesto, dal detesto) si proiettava sul testo e l'oscurava nel suo cono d'ombra. Piu' volte ho tentato di leggerlo astraendo da quanto sapevo o m'illudevo di sapere (che' della tradizione e' buona norma sempre diffidare, dappoiche' tradere e tradire sono per piu' versi un unico conflittuale annodato colluttante movimento), ne' mai ce l'ho fatta, ahime'. Eppure, eppure... cominci a leggere e il vecchio pedagogo, il retore astuto (sapiente, esperito) di tutte le astuzie (le malizie, le risorse) del mestiere, la persona infine amante delle parole e del pensiero, sale in cattedra e ti cattura ancora. 13. RIEDIZIONI. MAYNARD SOLOMON: MOZART Maynard Solomon, Mozart, Mondadori, Milano 1996, "Il giornale", Milano s.d. ma 2008, 2 voll. per complessive pp. XX + 618, euro 6,90 + 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il giornale"). Una buona, puntigliosa biografia. Mi dico sempre che di Mozart scrivere e' impossibile - a tal punto l'arte sua eccede il dicibile -, poi mi accorgo di quanti libri e opuscoli di argomento mozartiano riposino sui ripiani degli scaffali di casa mia, e scuotendo la testa sconsolato mi dico che davvero non si dovrebbe mai aprir bocca. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 483 dell'11 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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