Minime. 481



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 481 del 9 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Resurrectio mortuorum
2. Augusto Cavadi: La resistenza antimafia di Nino Miceli
3. Luca Baranelli: Piergiorgio Bellocchio
4. Gianni Vattimo presenta "La vita e le regole" di Stefano Rodota'
5. Riletture: Laura Balbo, Luigi Manconi, Razzismi. Un vocabolario
6. Riletture: Alessandro Dal Lago, Non-persone
7. Riletture: Marcella Delle Donne, Convivenza civile e xenofobia
8. Rietture: Claude Levi-Strauss, Razza e storia. Razza e cultura
9. Riletture: Albert Memmi, Il razzismo
10. Riletture: Annamaria Rivera, Estranei e nemici
11. Riletture: Renate Siebert, Il razzismo
12. Riletture: Pierre-Andre' Taguieff, Il razzismo
13. Riletture: Teun van Dijk, Il discorso razzista
14. Riletture: Michel Wieviorka, Il razzismo
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: RESURRECTIO MORTUORUM

Poi viene livida la luce ed e' domani.

E quando li ripesca il pescatore
ormai irrigiditi ormai gonfiati
dall'acqua, immobili, non fanno piu' paura.

Sono tornati ad essere
esseri umani.
Che triste sorte
esser persone solo dopo morte.

2. TESTIMONIANZE. AUGUSTO CAVADI: LA RESISTENZA ANTIMAFIA DI NINO MICELI
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci
messo a disposizione il seguente articolo apparso nella cronaca di Palermo
del quotidiano "La Repubblica" del 3 giugno 2008 col titolo "Io, ribelle al
racket, solo contro tutti".
Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994, D G editore, Trapani 2006; Essere profeti oggi. La dimensione
profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola
1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998;
Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale,
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998,
seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di
storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999;
Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica,
Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di
Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004;
Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per
passione, la filosofia, DG Editore, Trapani 2006; La mafia spiegata ai
turisti, Di Girolamo Editore, Trapani 2008. Vari suoi contributi sono
apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo e siciliane. Indirizzi
utili: segnaliamo il sito: www.augustocavadi.eu (con bibliografia completa).
Antonino (Nino) Miceli, concessionario di automobili di Gela, dopo aver
subito gravi intimidazioni si ribella al racket del "pizzo", collabora con
la magistratura ed ottiene la condanna degli estortori; per la sua
coraggiosa lotta e' costretto a rifugiarsi con la famiglia in una localita'
segreta e a mutare identita'. La sua vicenda e' narrata nel libro Io, il fu
Nino Miceli. Storia di una ribellione al pizzo, Edizioni Biografiche, Milano
2007]

Dopo anni di fatiche e di rischi, riesci ad avviare una tua azienda. Vendi
automobili, anzi sei concessionario della "Lancia Autobianchi" per tutta una
zona in espansione economica- pur nel degrado urbanistico e sociale - che,
avendo Gela come epicentro, comprende comuni di tre provincie limitrofe
(Caltanissetta, Agrigento, Ragusa). All'improvviso cominciano delle visite
indesiderate: gente vestita bene, con modi controllatissimi se non proprio
educati, ti chiede un forte sconto, anzi qualche vettura gratis, anzi una
grossa donazione, anzi una percentuale mensile sugli utili. Che fai? Le
statistiche parlano chiaro: negli anni Novanta, cosi' come oggi, la quasi
totalita' degli imprenditori si piega. Cerca, se puo', qualche
intermediazione "autorevole" ma, nella sostanza, si piega. Ma la popolazione
siciliana non e' - secondo i cliche' - un'etnia fiera, indomita, con un
senso persino eccessivo dell'onore? Si', forse. Per certi versi. In certi
casi. Ordinariamente invece preferisce reagire sulla base di una saggezza
veicolata da proverbi arcaici ("Abbassati giunco e sappi attendere
fiducioso: non c'e' piena di fiume che non passi"), inchiodato alla propria
solitudine individualistica: con vera o presunta furbizia, tace e paga.
Ogni regola ha le sue eccezioni. Rispetto allo slogan con cui i giovani
palermitani di "Addiopizzo" si sono  presentati in citta' ("Un popolo che
paga il pizzo e' un popolo senza dignita'"), Nino Miceli ha costituito
l'eccezione. Inizialmente resiste: gli incendiano i locali ("l'odore di un
ufficio bruciato, se ti penetra dentro, non ti lascia piu' neppure dopo
anni"), poi gli lanciano una molotov contro una serranda, poi di nuovo un
secondo incendio. Fa finta di cedere al ricatto, per un anno registra
segretamente ogni colloquio, si rivolge ai carabinieri: sino a quando i suoi
(mancati) padroni non sono stati catturati, processati, condannati. 49
estortori in gabbia per un totale di 460 anni di carcere duro.
Ogni scelta, anche vittoriosa, ha il suo prezzo. Nino deve vivere con la
famiglia in caserme blindate, poi lasciare per sempre l'isola, mutare
professione e sin anche identita' anagrafica.  "Puo' sembrare paradossale" -
racconta col buonumore caratteriale venato solo da una punta d'ironia - "ma,
chiusa la battaglia insieme allo Stato contro la mafia, mi aspettava una
battaglia meno cruenta ma molto piu' duratura contro lo Stato. Contro pezzi
di Stato che invece di premiare la tua scelta, la penalizzano. Contro
funzionari incompetenti, ma anche contro rappresentanti delle istituzioni
ammirevoli ed ammirati, politicamente progressisti, che in certi passaggi
decisivi, obbediscono a logiche indecifrabili, quasi condizionati da
meccanismi perversi". Proviamo a farci spiegare con qualche esempio il suo
calvario burocratico-istituzionale.
*
Primo esempio sul versante finanziario. Ha dovuto chiudere una
concessionaria automobilistica: ma come quantificare il danno? Certificati,
documenti contabili, attestati di imposte versate, perizie ufficiali e
perizie di parte... "So che e' incredibile, ma quando i due periti
arrivarono indipendentemente alle stesse conclusioni, la Prefetura di
Caltanissetta mi obietto' che il totale di quei calcoli andava abbattuto del
40%: non avevano tenuto conto del fatto che la forte presenza mafiosa
rendeva commercialmente poco appetibile un'attivita' del genere. Insomma:
avevo creato un'impresa che valeva 100 ma, siccome lo avevo fatto in
territorio mafioso, in realta' valeva 60! Particolare non del tutto
trascurabile: non stavo vendendo di mia iniziativa un'attivita' commerciale
ad un altro privato, stavo chiedendo allo Stato il risarcimento per i danni
subiti...". Tano Grasso contesta il ragionamento della Prefettura, capisce
che se si applica su Gela si dovra' applicare per gli imprenditori
eventualmente ribelli al racket in ogni altro angolo del Meridione, ma il
Comitato deliberante decreta una restituzione addirittura inferiore alla
cifra riconosciuta precedentemente. Nino e' testardo. Non ha ceduto ai
mafiosi, non vuole cedere a chi lo dovrebbe compensare dei danni patiti dai
mafiosi: ricorre al Consiglio di Stato e, finalmente, ottiene giustizia.
*
Secondo esempio sul versante psicologico. Nella localita' segreta in cui si
e' trasferito con la famiglia, uno dei suoi ragazzi compie un'ingenuita' e
rende noto in un certo elenco il suo vero cognome. Nino corre dal
maresciallo dei carabinieri per chiedere di intervenire tempestivamente e,
con discrezione, far cancellare quel cognome imprudentemente sfuggito. Ma e'
ora di cena, il maresciallo si infastidisce e sbotta: "Oggi ho gia' avuto a
che fare con trenta delinquenti: abbia pazienza, lei e' il trentunesimo".
Quando la Commissione parlamentare antimafia lo convoca, Miceli insiste
sulla necessita' di dare al piu' presto anche ai figli una nuova identita'
anagrafica perche', a meta' del guado, non sono piu' chi erano e non sono
ancora nient'altro. Vivono come zombi senza possibilita' di accedere ad un
concorso pubblico o di stipulare un contratto. Ma tra i parlamentari c'e'
distrazione; non capiscono la gravita' delle richieste; qualcuno esprime
persino insofferenza e, dai termini che usa, rivela di confondere il
testimone di giustizia che ha davanti con un collaboratore di giustizia; il
cittadino che sceglie le ragioni della legalita' con il mafioso "pentito"
che usa lo Stato come estrema difesa dai suoi ex-complici; la vittima con il
carnefice.
*
A un certo punto, Nino usa la scrittura come autoterapia: ne esce fuori Io,
il fu Nino Miceli. Storia di una ribellione al pizzo, delle Edizioni
Biografiche di Milano, un libro intenso e vivace come il carattere
dell'autore. Alla prima presentazione a Roma, l'allora sottosegretario
Minniti propone che il Commisario antiracket ne acquisti alcune decine di
migliaia di copie da distribuire, come strategia pedagogica, a commercianti
e studenti di tutto il Paese. Il Commissario acconsente e chiede all'editore
il relativo preventivo. Ma, passata l'euforia del momento, della proposta
non se ne fa nulla. Cosi' Nino accetta di girare l'Italia a discutere il
libro nelle scuole e nelle facolta' universitarie. Il 22 maggio e' stato
anche a Palermo per ricevere dall'associazione di volontariato culturale
"Giovanni Falcone" l'VIII Targa destinata a oppositori silenziosi al sistema
mafioso. E' un'occasione - un po' rischiosa ma preziosa - di spezzare la
cappa della solitudine a cui lo hanno condannato la sua condizione ed una
recente separazione dalla moglie (che con venti anni di tensioni
psicologiche qualcosa a che vedere ce l'ha). Eppure Nino oggi ha un
desiderio profondo: vorrebbe un po' di normalita'. Va bene tentare nuove
amicizie raccontando di essere nato e vissuto dove non e' ne' nato ne'
vissuto, ma ha pure bisogno - almeno ogni tanto - di passare una sera a
sorseggiare qualche bicchiere di vino siciliano chiacchierando con amici
fidati a cui puo' raccontare verita'. Pure e semplici verita'.

3. PROFILI. LUCA BARANELLI: PIERGIORGIO BELLOCCHIO
[Dalla bella rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 96, giugno
2008, riprendiamo il seguente articolo (disponibile anche nel sito
www.lostraniero.net) dal titolo "Gli oggetti smarriti di Piergiorgio
Bellocchio".
Luca Baranelli (Siena, 1936), intellettuale di forte impegno civile, e'
vissuto per trentadue anni a Torino lavorando nell'editoria, e' poi tornato
a Siena. Dal sito www.cultura.toscana.it riprendiamo la seguente scheda di
alcuni anni fa: Luca Baranelli: "Luca Baranelli e' stato consulente
editoriale della casa editrice Einaudi a partire dagli anni '60 fino al
1982, quando e' passato alla casa editrice Loescher. Presso Einaudi e' stato
direttore della collana editoriale 'Serie Politica'. Recentemente ha
lasciato la citta' di Torino per tornare a vivere a Siena, sua citta'
natale. Di lui si ricordano le traduzioni: Edward H. Carr, Storia della
Russia sovietica. III/I, [trad. di Luca Baranelli e Piero Bernardini],
Torino, Einaudi, 1968 (Biblioteca di cultura storica, 78); Edward H. Carr,
1917. Illusioni e realta' della rivoluzione russa, trad. di Luca Baranelli,
Torino, Einaudi 1970 (Nuovo Politecnico, 38). Noam Chomsky, I nuovi
mandarini. Gli intellettuali e il potere in America, [trad. di Luca
Baranelli et al.], Torino, Einaudi, 1969 (Nuovo Politecnico, 34); Sara
Lidman, Rapporto dal sottosuolo svedese, [trad. di Margareta Josephson,
introduzione di Fiamma Bianchi Bandinelli Baranelli e Luca Baranelli],
Torino, Einaudi, 1969 (Serie politica, 38). Inoltre ha curato: Quaderni
piacentini. Antologia, a cura di Luca Baranelli e Grazia Cherchi, Milano,
Gulliver, 1977-1978, 2 voll.; Raniero Panzieri e la casa editrice Einaudi.
Lettere e documenti 1959-1963, a cura di Luca Baranelli, in "Linea d'ombra",
n. 12, novembre 1985; Italo Calvino, Romanzi e racconti, edizione diretta da
Claudio Milanini, a cura di Mario Berenghi e Bruno Falcetto, prefazione di
Jean Starobinski. 3: Racconti sparsi e altri scritti d'invenzione, con una
bibliografia degli scritti di Italo Calvino a cura di Luca Baranelli,
Milano, Mondadori, 1994; Album Calvino, a cura di Luca Baranelli e di
Ernesto Ferrero, Milano, Mondadori, 1995 (I Meridiani); Romano Bilenchi, Le
parole della memoria. Interviste 1951-1989, a cura di Luca Baranelli,
prefazione di Romano Luperini, Fiesole, Cadmo, 1995; Italo Calvino, Lettere
1940-1985, a cura di Luca Baranelli, introduzione di Claudio Milanini,
Milano, Mondadori, 2000 (I Meridiani); Racconti italiani del Novecento, a
cura e con un saggio introduttivo di Enzo Siciliano, notizie
biobibliografiche sugli autori a cura di Luca Baranelli, Milano, Mondadori,
2001 (I Meridiani); Eugenio Colorni, Un poeta e altri racconti, a cura di
Luca Baranelli, prefazione di Claudio Magris, Genova, Il melangolo, 2002
(Nugae, 107)". Aggiungiamo la piu' recente curatela di Cesare Cases,
Sebastiano Timpanaro, Un lapsus di Marx. Carteggio 1956-1990, Edizioni della
Normale, Pisa 2004.
Piergiorgio Bellocchio (Parma 1931), intellettuale militante, saggista e
narratore, organizzatore culturale, acuto moralista, e' stato fondatore e
direttore dei "Quaderni piacentini", una delle riviste piu' vivaci e
influenti dell'esperienza della nuova sinistra in Italia]

L'amico
Ho conosciuto Piergiorgio a Torino nel luglio del 1962, quando io vi ero
appena arrivato per lavorare in casa editrice Einaudi, e i "Quaderni
piacentini" esistevano da poco. Insieme con suo fratello Alberto e con
Grazia Cherchi, Piergiorgio venne a Torino subito dopo i grandi scioperi
alla Lancia e alla Fiat, a pochi giorni di distanza dai fatti di piazza
Statuto. Voleva documentarsi, interrogare Raniero Panzieri e altri compagni
dei "Quaderni rossi" su quello che stava succedendo. Comincio' allora la
nostra lunga amicizia, alimentata e rafforzata in seguito dal lavoro per la
rivista, ma non solo da quello. Nel corso degli anni Sessanta-Settanta, fino
ai primi anni Ottanta, c'incontrammo moltissime volte alle riunioni
redazionali, prima a Piacenza e poi a Milano; negli appuntamenti conviviali
e di lavoro a Piacenza, a Maleo, a Samboseto; nelle indimenticabili soste a
Piacenza quando, per le vacanze di fine anno, Fiamma e io ci fermavamo
qualche ora per cenare e parlare con lui e con Grazia. Piergiorgio, da parte
sua, veniva spesso a Torino in auto per consegnare di persona la rivista
nelle librerie torinesi ogni volta che usciva un nuovo numero (quando potevo
gli davo una mano in questa distribuzione ruspante).
*
Lo scrittore, il critico
Di Piergiorgio credo di aver letto tutto, o quasi, quello che ha pubblicato:
non solo per ragioni di amicizia, ma proprio per il piacere e il nutrimento
intellettuale (etico-estetico) che si riceve dai suoi scritti, siano essi
narrativi, critici, aforistici, di costume o moralita'. Senza voler
teorizzare o mitizzare nulla, penso che la provincia, in cui si e' formato
ed e' sempre vissuto, gli abbia dato quell'agio di riflettere, di leggere e
di giudicare - i libri e insieme la realta' del mondo - che essa qualche
volta puo' dare: una sorta di vantaggio sulla frenesia dispersiva e spesso
fasulla della grande citta'. Fra la massa di chi non pratica la lettura e la
folta elite di chi la pratica per mera professione, Piergiorgio e' un
esempio sempre piu' raro di lettore autentico, appassionato e al tempo
stesso disinteressato.
Dire che Piergiorgio e' un eccellente scrittore e saggista - un maestro
della prosa italiana: uno dei migliori che ci sono rimasti - dovrebbe essere
un'ovvieta' ampiamente condivisa (ricordo solo la grandissima stima che ne
aveva Sebastiano Timpanaro); ma forse non lo e', o non e' cosi' condivisa,
come risulta anche dal comportamento un po' incerto, ondivago e distratto
degli editori che l'hanno pubblicato, ma non certo coltivato e valorizzato.
Mi pare che nella sua prosa saggistica si ritrovi quell'osservazione
implacabile "dei costumi degli italiani" praticata in passato da alcuni
nostri classici. E anche nei pezzi brevi che ha pubblicato negli anni su
giornali e periodici ("l'Unita'", "L'illustrazione italiana", "Panorama",
"Tempo illustrato", "King" e altri) si attiene alla sua cifra inconfondibile
e non indulge mai agli stilemi corrivi del giornalismo d'occasione.
Profondo conoscitore dei classici italiani e stranieri, Piergiorgio ha
scritto alcune presentazioni di "grandi libri" Garzanti, esemplari per
l'equilibrio virtuoso d'informazione e interpretazione (alcuni dei
principali romanzi di Dickens, le Memorie di Giacomo Casanova, Armance e La
Certosa di Parma di Stendhal); le densissime pagine sul Romanzo russo
dell'800 che ben pochi, temo, avranno letto, sepolte come sono in un volume
del Poligrafico dello Stato uscito negli anni Novanta; e da ultimo
l'introduzione ai quattro romanzi di Flaubert per una collana di Grandi
opere dell'"Espresso". Ma si e' occupato anche, con prefazioni e saggi, di
autori e libri del Novecento, come Opinioni di un clown di Heinrich Boell,
La cospirazione di Paul Nizan, Il buon soldato Svejk di Jaroslav Hasek, Una
questione privata di Beppe Fenoglio, Autobiografie della leggera di Danilo
Montaldi. Va ricordata inoltre la sua lunga introduzione ("Disperatamente
italiano") agli Scritti sulla politica e sulla societa' di Pasolini - sul
quale si e' sempre esercitato il suo interesse critico - raccolti nel 1999
in uno dei Meridiani Mondadori. Immagino e spero che fra i suoi inediti ce
ne siano anche su Karl Kraus, uno degli autori da lui prediletti.
Piergiorgio si e' talora cimentato, e a mio avviso avrebbe dovuto farlo piu'
spesso, nella critica cinematografica: basti ricordare la sua acutissima
analisi di Barry Lyndon di Kubrick (sul n. 62-63, 1977, di "Quaderni
piacentini" e poi in L'astuzia delle passioni).
Non parlo di Piergiorgio e la politica, e in particolare delle sue posizioni
nel lungo decennio che comincia nel '68. Penso tuttavia che - sebbene oggi
egli pensi di essere stato allora troppo indulgente con "gli amici" - la
generosita' e l'equilibrio del suo atteggiamento avrebbero meritato maggiore
attenzione e riconoscimento.
*
L'editore
Penso che fra i talenti di Piergiorgio ci sia anche quello editoriale. Sono
convinto che sarebbe stato un eccellente redattore e consulente, se solo gli
editori italiani fossero stati piu' lungimiranti e coraggiosi e lui un po'
meno pigro, o meno "provinciale" nel senso che ho gia' detto. Lo
testimoniano in primo luogo le due riviste legate al suo nome - "Quaderni
piacentini" e "Diario" - in cui ha profuso per decenni non solo intelligenza
e capacita' di ideazione e direzione, ma anche spiccate doti di semplicita',
eleganza e rigore grafico. Voglio ricordare anche il Saggio sulla politica
comunista in Italia (1919-1970) di Danilo Montaldi, da lui pubblicato nel
1976 con il marchio dei "Quaderni piacentini", in omaggio a un amico e
compagno prematuramente scomparso l'anno prima; e la breve ma intensa
stagione delle edizioni Gulliver, da lui promosse e dirette alla fine degli
anni Settanta, di cui si ricorda soprattutto la serie dei volumi dedicata
alla Cultura del Novecento.
*
Un auspicio
Vorrei che Piergiorgio avesse pubblicato di piu', ma mi accontenterei se i
suoi libri fossero riproposti con convinzione da qualche editore un po'
sveglio. Spero vivamente, per cominciare, che si ristampi presto il suo
primo libro, che pochi hanno letto o ricordano: I piacevoli servi, tre
racconti degli anni Sessanta pubblicati nel 1966 nella collana Il Tornasole,
che Niccolo' Gallo e Vittorio Sereni dirigevano per Mondadori (un altro suo
racconto molto spiritoso, "La Settimana bianca", si trova nel terzo tomo del
Meridiano Racconti italiani del Novecento). Ma a beneficio di lettori piu'
giovani di noi voglio segnalare anche le altre sue raccolte prevalentemente
saggistiche, tutte (tranne l'ultima), Oggetti smarriti, fuori commercio:
Dalla parte del torto (1989), Eventualmente (1993), L'astuzia delle passioni
(1995, con una prefazione di grande interesse), Oggetti smarriti (1996), Al
di sotto della mischia (2007).

4. LIBRI. GIANNI VATTIMO PRESENTA "LA VITA E LE REGOLE" DI STEFANO RODOTA'
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 05 agosto 2006
col titolo "La dignita' indirizzi le regole".
Gianni Vattimo (Torino 1936), filosofo, docente universitario, e' da sempre
impegnato per i diritti civili. Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la
seguente scheda biografica di Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel
1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi
seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith
all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino,
dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato
visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New
York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e
conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha
lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati
scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente
dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa
dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della
Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de
la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione
dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo
con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche
tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale
indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti
dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della
secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del
pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore
di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria
ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai
problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in
molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana
come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che
favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi
derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha
rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia
cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime
pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano
2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000)
e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano
2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti,
Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano
violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche
come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto,
L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires". Presso la casa
editrice Meltemi e' in corso la pubblicazione delle opere complete.
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente
all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e
seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo,
Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e'
Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e
Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste
"Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al
Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati
internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al
2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati
personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della
responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella
societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e
controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo
sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile
diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio
di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di
Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994;
Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia
e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997;
Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della
Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e
liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano
2006]

Se provate a cercare sulla mappa di Roma la via Cecilia Modesta, non la
troverete; eppure, come ci spiega Stefano Rodota' nel suo ultimo libro, in
questa via risultano domiciliati, per il Comune di Roma che l'ha "istituita"
come possibile indirizzo virtuale, tutti coloro che non hanno fissa dimora e
tuttavia vogliono mantenere un qualche rapporto con le istituzioni pubbliche
e godere ancora di qualche diritto di cittadinanza. E' quello che Rodota'
chiama "istituzionalizzazione a bassa intensita'", una condizione che per
adesso e' quella dei sans papier, dei senza fissa dimora, dei barboni
volontari o involontari, ma che, a leggere il libro del giurista romano,
rischia di diventare quella che molti di noi sceglierebbero, o sceglieranno,
in un futuro prossimo in cui si siano sviluppati tutti gli elementi di
controllo sociale di cui questo libro ci parla. Il tema del libro non e'
esattamente questo, o solo questo; ma fin dal primo e piu' significativo
capitolo, intitolato al "diritto e al suo limite", cio' che sembra guidare
tutta l'argomentazione dell'autore e' per l'appunto la tematica del
crescente peso che, nella nostra esistenza quotidiana, esercita la societa'
con le sue varie istituzioni.
Rodota' e' stato fino a poco tempo fa il titolare dell'ufficio del Garante
della privacy, e sia in questa funzione sia nel suo lavoro professionale di
giurista e di collaboratore di giornali, ha sempre seguito con particolare
attenzione i problemi che la condizione "postmoderna", della societa', delle
tecnologie informatiche e della ingegneria genetica, pone al diritto. La
nuova condizione si puo' anche riassumere, per lui, nel termine di
biopolitica, entrato di recente nell'uso comune; con una bella citazione
tratta dal libro Bios, di Roberto Esposito, Rodota' definisce il senso del
termine: "Mentre nel regime sovrano la vita non e' che il residuo, il resto
lasciato essere, risparmiato dal diritto di dare la morte, in quello
biopolitico e' la vita ad accamparsi al centro". Le costituzioni moderne, a
cominciare da quella italiana, stabiliscono che lo Stato deve provvedere a
una serie di esigenze che concernono la vita quotidiana dei cittadini,
dall'istruzione alla salute, anche a quella psichica; l'autorita' pubblica
dunque non ha piu' solo il compito di assicurare l'ordine pubblico, di
punire i criminali e di garantire le condizioni esterne del libero
svolgimento delle attivita' di ciascuno. Il diritto, in quanto insieme di
leggi scritte e di istituzioni che le fanno rispettare, e' il modo
fondamentale in cui le societa' sono uscite dalla violenza della guerra di
tutti contro tutti; ma per fare questo devono anche esercitare costrizione,
e dunque ricorrere anch'esse a quella violenza che vogliono eliminare.
Perche' questa violenza repressiva diventi sempre meno necessaria, le leggi
si propongono anche di costruire una societa' in cui gli individui si
sentano spontaneamente mossi al rispetto delle leggi; di qui, in ultima
analisi, nascono i doveri "positivi" dell'autorita' pubblica nei confronti
dei cittadini. Ma di qui, anche, deriva quella nuova conformazione
"biopolitica" del diritto che invade sempre piu' largamente la sfera della
vita di ciascuno. Una tale invasione non e' solo prodotta dal bisogno di
aiutare positivamente i cittadini nella costruzione di una "buona vita". E'
anche resa sempre piu' necessaria dalla crescente complessita' della vita
sociale e dagli sviluppi della tecnologia, che creano situazioni
imprevedibili per i legislatori del passato. Si possono regolare queste
nuove situazioni sulla base delle leggi esistenti? Si noti che proprio
questo e' sempre stato l'approccio giuridico alla vita: le leggi "ci sono",
si tratta di "applicarle". Naturalmente, novita' ce ne sono state sempre; ma
mai cosi' intense come oggi, quando questa continuita' sembra divenuta
impossibile.
Prima via di uscita a cui si pensa e' il diritto naturale, che non a caso e'
ridiventato un tema frequentato da filosofi, religiosi, politici: non solo
dal papa, ma anche da pensatori come Habermas che non esitano a risalire ad
Aristotele per districarsi nei problemi posti dalla bioetica recente. A
questo proposito, non e' facile - per chi vi sia interessato - definire una
posizione filosofica generale di Rodota'. Anche sul tema della manipolazione
genetica - il diritto dei genitori a intervenire sull'embrione per evitargli
malattie o procurargli disposizioni (per loro) positive - Rodota' cita
bensi' le posizioni "estreme" di Hans Jonas e di Juergen Habermas, entrambe
orientate a condannare ogni tipo di intervento preventivo di questo genere;
o perche' (Jonas) ogni individuo ha diritto a un genotipo soltanto suo e
irripetibile, il che esclude soprattutto la clonazione; o perche' (Habermas)
la "programmazione genetica" crea comunque "una dipendenza che precede
l'ingresso nella comunita' morale", e dunque configura una preliminare
limitazione della liberta'. L'estremismo di Jonas e Habermas non viene
discusso tematicamente da Rodota'. Non diremmo pero' che egli si schieri
dalla parte di questo nuovo giusnaturalismo, religioso o laico che sia,
anche perche', come a noi pare opportuno, i suoi argomenti sono tutti
riferiti a valori giuridici "positivi", quelli sanciti soprattutto da carte
costituzionali e dalla Carta dei diritti europea. E' da questi documenti, e
anche dal senso comune che ad essi in qualche modo risale, che Rodota' trae
quelli che ci sembrano i valori direttivi del suo discorso: soprattutto
l'idea di "dignita'" della persona umana che, nella nuova situazione
postmoderna (globalizzazione, biotecnologie, controlli crescenti resi
possibili dall'informatica e necessari per esigenze di sicurezza), e'
minacciata anzitutto dal dominio del mercato. Cosi': si puo' donare un
organo del proprio corpo, non si puo' venderlo; una donna puo' offrirsi di
essere madre "di sostituzione" per solidarieta' con un'altra donna che non
puo' generare, ma non puo' farlo a scopo di lucro; le informazioni sul
destino "genetico" di ciascuno di noi possono, a certe condizioni, essere
messe a disposizione dei soggetti interessati, ma non cedute a enti
(assicurazioni) o datori di lavoro che potrebbero usarli come discriminanti.
La dignita' che sta a cuore a Rodota' (come a tutti noi) non e' solo quella
che vieta di far commercio del corpo umano e della personalita' che vi si
incarna. Difficile pero' - almeno a noi pare cosi' - dire se anche la difesa
del "genotipo", cioe' della individualita' irripetibile di ciascuno, che
deve lottare contro il rischio di costruzione di personalita' puramente
virtuali (c'e' chi sul web si costruisce tanti io diversi; ma il potere puo'
anche, da parte sua, cambiarmi tutti i "connotati" che ha nelle sue banche
dati, facendo di me un altro...), non sia in qualche modo legata a una
concezione "patrimoniale" dell'io. Anche qui, non ci sembra che sia in gioco
qualcosa come un diritto "naturale" nel senso forte del termine: per
esempio, la stessa clonazione non e' diversa da cio' che la natura fa spesso
con i gemelli. E' vero pero' che nessuno di noi si sentirebbe a proprio agio
in un mondo di cloni liberamente moltiplicantisi. Semmai, una conclusione
che Rodota' suggerisce - e non a proposito dei cloni, ma per esempio dei
brevetti sul software (e sui farmaci!) e in genere del copyright - e' che le
nuove tecnologie, che pongono tanti problemi al diritto, vadano anche (ma
purtroppo non necessariamente) nella direzione di un mondo sempre meno
ossessionato dalla proprieta' (donazione di organi, condivisione di
invenzioni, forse persino cloni...) e sempre piu' "costretto" a riconoscere
che tutti, in qualche modo, siamo legati a tutti gli altri piu' di quanto
siamo stati abituati a credere.

5. RILETTURE. LAURA BALBO, LUIGI MANCONI: RAZZISMI. UN VOCABOLARIO
Laura Balbo, Luigi Manconi, Razzismi. Un vocabolario, Feltrinelli, Milano
1993, pp. 136, lire 12.000. Un utile strumento di lavoro.

6. RILETTURE. ALESSANDRO DAL LAGO: NON-PERSONE
Alessandro Dal Lago, Non-persone. L'esclusione dei migranti in una societa'
globale, Feltrinelli, Milano 1999, pp. 272, lire 38.000. Un utile strumento
di lavoro.

7. RILETTURE. MARCELLA DELLE DONNE: CONVIVENZA CIVILE E XENOFOBIA
Marcella Delle Donne, Convivenza civile e xenofobia, Feltrinelli, Milano
2000, pp. 156, euro 16,53. Un utile strumento di lavoro.

8. RILETTURE. CLAUDE LEVI-STRAUSS: RAZZA E STORIA. RAZZA E CULTURA
Claude Levi-Strauss, Razza e storia. Razza e cultura, Einaudi, Torino 2002,
pp. XVIII + 118, euro 14. Un utile strumento di lavoro.

9. RILETTURE. ALBERT MEMMI: IL RAZZISMO
Albert Memmi, Il razzismo. Paura dell'altro e diritti della differenza,
Costa & Nolan, Genova 1989, pp. 176, lire 20.000. Un utile strumento di
lavoro.

10. RILETTURE. ANNAMARIA RIVERA: ESTRANEI E NEMICI
Annamaria Rivera, Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in
Italia, Deriveapprodi, Roma 2003, pp. 160, euro 13. Un utile strumento di
lavoro.

11. RILETTURE. RENATE SIEBERT: IL RAZZISMO
Renate Siebert, Il razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003,
pp. 172, euro 17,20. Un utile strumento di lavoro.

12. RILETTURE. PIERRE-ANDRE' TAGUIEFF: IL RAZZISMO
Pierre-Andre' Taguieff, Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti,
Raffaello Cortina Editore, Milano 1999, pp. VI + 128, lire 16.000. Un utile
strumento di lavoro.

13. RILETTURE. TEUN VAN DIJK: IL DISCORSO RAZZISTA
Teun van Dijk, Il discorso razzista, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994, pp.
102, lire 10.000. Un utile strumento di lavoro.

14. RILETTURE. MICHEL WIEVIORKA: IL RAZZISMO
Michel Wieviorka, Il razzismo, Laterza,Roma-Bari 2000, pp. VIII + 152, euro
8,26. Un utile strumento di lavoro.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 481 del 9 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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