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Coi piedi per terra. 102
- Subject: Coi piedi per terra. 102
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 31 May 2008 08:47:35 +0200
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 102 del 31 maggio 2008 In questo numero: 1. Alessandro Pizzi: Camminando si apre il cammino 2. Marinella Correggia: Difendere i saperi tradizionali 3. Marinella Correggia: La scelta dell'alimentazione vegetariana 4. Angelo Baracca: Propaganda 5. Vittorio Cogliati Dezza: Ideologia 6. Severino Vardacampi: Due cose ho imparato, anzi tre 7. Giobbe Santabarbara: Come passa il tempo, o dell'eterno ritorno 8. Fosco Funesti: "No al nucleare, civile e militare" 9. Un estratto da "Eolico: paesaggio e ambiente" a cura di Gianni Silvestrini e Mario Gamberale 10. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. RIFLESSIONE. ALESSANDRO PIZZI: CAMMINANDO SI APRE IL CAMMINO [Ringraziamo Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it) per questo intervento. Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio] Dopo la bella passeggiata del 25 maggio a Viterbo mi viene alla mente il motto "camminando si apre il cammino": domenica man mano che visitavamo i luoghi del Bulicame e che ascoltavamo le sapienti descrizioni del professor Paolo Giannini e l'emozionante lectura Dantis di Antonello Ricci ci rendevamo conto sempre piu' dell'assurdita' del mega-aeroporto. Anche lungo il percorso compiuto a partire da luglio scorso, grazie anche all'apporto di numerosi scienziati, di donne e uomini della cultura e dell'impegno civile, ci siamo resi conto dell'impatto negativo per la salute dei cittadini di un aeroporto e abbiamo preso coscienza che il trasporto aereo e' altamente energivoro ed inquinante, responsabile in buona parte del surriscaldamento del clima. Ci siamo resi conto che il modello di mobilita' attuale si inserisce nel piu' generale modello di economia dominante, non rispettoso delle leggi della natura e iniquo perche' aumenta in forma esponenziale il divario tra i ricchi e i poveri, sempre piu' numerosi. Ci siamo resi conto della necessita' di una economia rispettosa delle leggi della natura e dei diritti di tutti gli esseri viventi in cui non ci puo' essere posto per l'avidita' di ristrette minoranze. Abbiamo preso coscienza come sia urgente un modello di mobilita' che riduca drasticamente il trasporto aereo e il trasporto con l'automobile a vantaggio del treno a velocita' normale. Nel nostro cammino abbiamo cosi' scoperto che da piu' parti viene denunciato l'impatto del traffico aereo sul clima, dall'International Panel on Climate Change (Ipcc), da europarlamentari, su tutti Giulietto Chiesa e Giovanni Berlinguer, da associazioni ambientaliste internazionali. Particolarmente significativo e' l'appello di un rappresentante del popolo inuit, gli eschimesi, che nel 2006 chiedeva la riduzione del trasporto aereo: "... per noi l'effetto serra non e' solo un'ipotesi, uno studio scientifico. E' una realta'. E potrebbe esserlo anche per voi nel giro di pochi decenni... E' troppo chiedere un po' di moderazione per la salvezza del mio popolo oggi e del vostro popolo domani? Il mio e' un piccolo popolo, ma quello che gli sta accadendo riguarda tutti voi. Quando ero giovane, il ghiaccio si formava a novembre. Ora parecchi mesi dopo. Non so se sia tutta colpa degli aerei che passano sopra la Groenlandia per raggiungere gli Stati Uniti. So pero' che e' anche colpa di quegli aerei. Le compagnie a basso costo hanno appena deciso di triplicare il numero dei voli transoceanici, da 80.000 a 240.000 l'anno. Ma cosi' facendo distruggeranno la nostra e la vostra terra. Fermateli. Fermatevi". * A proposito dell'impatto del traffico aereo voglio riportare alcuni brani di un articolo pubblicato il 12 maggio scorso nel sito web della rivista "Quale Energia": "Le emissioni dei trasporti aerei cresceranno piu' del previsto, lo rivela uno studio divulgato recentemente. Intanto si propone di creare un'autorita' Onu che imponga l'emission trading al trasporto internazionale. "Il settore dell'aviazione non sta tagliando le emissioni, anzi, da qui al 2025 la quantita' di CO2 rilasciata dagli aerei potrebbe raddoppiare, con le connesse conseguenze per il riscaldamnto climatico. A rivelarlo uno studio internazionale presentato lo scorso anno ad un seminario per addetti ai lavori, 'Usa/Europe Air Traffic Management Seminar', a Barcellona. Documento la cui divulgazione era stata negata dagli organizzatori dell'incontro, ma che e' stato reso pubblico nei giorni scorsi dall'associazione ambientalista inglese Aviation Environment Federation. "Nel report - realizzato dal Dipartimento dei trasporti americano, dall'Agenzia europea per il controllo del traffico aereo (Eurocontrol) e dalla Manchester Metropolitan University - si legge che dal 2000 al 2025 aumentera' il numero di persone esposte all'inquinamento acustico da aerei e l'ossido di azoto rilasciato in alta quota triplichera', ma cio' che impressiona sono soprattutto le stime sulle emissioni di CO2. "Secondo 'Trends in Global Noise and Emissions From Commercial Aviation for 2000 through 2025' - questo il titolo del documento - l'anidride carbonica emessa dal trasporto aereo passera' dai 572 milioni di tonnellate annue del 2000 a una cifra tra gli 1,2 e gli 1,4 miliardi di tonnellate nel 2025: questo significa che si avvereranno o addirittura saranno superate le stime del 'peggior scenario' previsto dall'International Panel on Climate Change (Ipcc) riguardo alle emissioni per il settore aereo. "Per Jeff Gazzard di Aviation Environment Federation, l'organizzazione che ha portato il report all'attenzione del pubblico, queste cifre dimostrano che le emissioni del settore aereo rischiano di vanificare tutti gli obiettivi di riduzione della CO2 di tutti gli altri settori, anche perche' i gas serra rilasciati ad alta quota hanno un potere climalterante doppio rispetto a quelli prodotti al livello del mare". * Il cammino e' ancora lungo e faticoso, reso piu' difficile da un quadro politico che pensa alla crescita illimitata in economia, ma il conforto di tante donne e tanti uomini di volonta' buona e la denuncia dell'impatto del trasporto aereo che viene fatta da piu' parti ci fa essere fiduciosi sugli esiti del nostro impegno per impedire la realizzazione di un devastante mega-aeroporto a Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. 2. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: DIFENDERE I SAPERI TRADIZIONALI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 maggio 2008 col titolo "La Banca mondiale delle saggezze". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007. La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] Dalla produzione agricola in ambienti estremi alla protezione dei suoli, dalla raccolta e conservazione dell'acqua piovana al trattamento naturale delle malattie, dall'architettura bioclimatica alla gestione dell'energia, dal riciclaggio delle risorse all'organizzazione sociale: le conoscenze tradizionali e le loro applicazioni sono un patrimonio di diversita' la cui tutela e' necessaria, come quella della biodiversita' degli ecosistemi naturali. Il problema e' che la tutela e' scarsa, per non dire del recupero. Cosi', secondo lo studio 2010 and beyond: Rising to the Biodiversity Challenge, realizzato dal Wwf internazionale e presentato alla conferenza Onu sulla biodiversita' in corso a Bonn, oltre un quarto delle specie animali sono scomparse fra il 1970 e il 2005 in seguito all'azione umana: dalla deforestazione alla pesca industriale, dalla desertificazione ai cambiamenti climatici, flora e fauna continuano a morire. E se qualche specie sta recuperando, non ci sono globalmente segni di inversione di tendenza; anzi. Parallelamente stanno scomparendo sagge tradizioni sviluppate dai diversi popoli mentre per un beffardo destino quelle cattive mostrano di avere la pelle dura (le "streghe" continuano a essere bruciate). Eppure a partire dal Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro (1992) le Nazioni Unite hanno riconosciuto che le tecniche e conoscenze tradizionali sono parte della soluzione ai problemi ambientali e ai cambiamenti climatici perche' capaci di interagire con l'ambiente senza minarlo. Occorre un piano di lavoro organico per recuperarle, repertoriarle, disseminarle anche altrove rispetto al loro bacino d'origine, farle rivivere e anche riapplicarle adattandole. Al tempo stesso vanno protette dalla rapacita' di chi potrebbe appropriarsene applicandovi un bel brevetto. E qui viene il bello: una banca mondiale che non c'entra con la Banca mondiale. E' in via di costruzione la Wbtk, ovvero World Bank on Traditional Knowledge (Banca mondiale dei saperi tradizionali), coordinata dall'architetto e urbanista Pietro Laureano, consulente dell'Unesco per le zone aride, la civilta' islamica e gli ecosistemi in pericolo. La Wbtk (www.tkwb.org) e' stata promossa dalle istituzioni italiane e da organizzazioni dell'Onu e sara' gestita dal centro di ricerche Ipogea. Un suo effetto collaterale positivo, spiega Laureano, sara' "evitare la brevettazione: i diritti di proprieta' intellettuale possono intervenire e appropriarsi di una conoscenza tradizionale solo quando questa non e' 'notoria'. Il Centro dunque notifichera' all'Ufficio europeo dei brevetti quanto ha raccolto e inventariato". Riecheggia la cartolina della campagna "Senza patente", condotta da un gruppo di Ong italiane aderenti al Cocis: "Saggezze del mondo. Se le conosci non le rubano". Gli adattamenti a situazioni climatiche difficili sviluppati nei secoli dalle diverse culture sono sofisticati e poveri al tempo stesso: dall'idrogenesi (raccolta dell'acqua dall'umidita' notturna) ai muri di protezione per frutteti e orti, dalle cisterne sui tetti ai vivai portatili, dalle barriere antivento ai laghetti collinari antierosione, dall'irrigazione parsimoniosa agli orti pensili, dalla coltivazione nomade al raffrescamento naturale delle case... "Tecniche tradizionali che possono essere la base per l'innovazione tecnologica, anche in aree urbane", dice Laureano. Certo pero' la saggezza tradizionale puo' poco se non cambiano i grandi sistemi. Anche la piu' sapiente e centellinante raccolta dell'acqua non puo' sconfiggere il fatto che l'80% delle risorse idriche e' utilizzato nell'agricoltura intensiva; e si impone un ritorno a cultivar che non richiedono irrigazione. E guarda un po': anche la Banca mondiale, la World Bank, proprio lei, sta sostenendo progetti di recupero e diffusione delle conoscenze tradizionali. Soprattutto nel campo del recupero delle cure a base di erbe (anche contro patologie "nuove" come l'Aids), in Africa e Asia. Economiche ed efficaci... finche' non saranno brevettate. 3. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: LA SCELTA DELL'ALIMENTAZIONE VEGETARIANA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 maggio 2008, col titolo "Il Veggie Pride e l'etica del cibo"] Era il 2001 quando si svolse per la prima volta la "marcia dell'orgoglio vegetariano" a Parigi. Nel paese d'Oltralpe tuttora chi si nutre senza prodotti animali non di rado e' preso in giro. In Italia il movimento vegetariano e vegan - da molto tempo diffusissimo nei paesi anglosassoni, e da millenni una caratteristica dell'India - e' ormai "sdoganato"; non succede piu', come nei decenni scorsi, di suscitare ilarita' o condanna. Rimane pero' una certa incomprensione sulla ragione di fondo della scelta: il rispetto della vita degli animali. Cosi' molti vegetariani e vegan preferiscono nascondere la motivazione empatica ed elencare quelle ormai diventate abbastanza consensuali, almeno in teoria: le emergenze ecologiche, la fame nel mondo, la salute, o il disgusto personale. Ma il movimento "veg" vuole sottolineare proprio il diritto-dovere alla compassione di fronte alle torture quotidiane: "Uccelli infilzati arrostiscono nelle vetrine, corpi smembrati guarniscono gli scaffali. Sui ponti delle barche mucchi di pesci muoiono silenziosamente e lentamente di asfissia. Vitelli, polli, maiali, mucche da latte, galline ovaiole, vivono in un inferno permanente. Negli allevamenti si consumano povere vite. Si tagliano al vivo e senza anestesia becchi, denti, testicoli. Ovunque circolano camion pieni di condannati a morte". Nel 2006, solo in Italia, sono stati abbattuti piu' di 480 milioni di animali; potendo contare i pesci - che invece sono calcolati solo a tonnellate, sarebbero molti miliardi. Cosi' domani, a Roma per la prima volta come a Parigi da anni, si svolgera' il Veggie Pride, i cui partecipanti rivendicheranno la fierezza e il piacere del non mangiar carne, pesce e altri prodotti animali - che sono parte dello stesso circuito di sfruttamento e morte. "Il vegetarismo mette in discussione la legittimita' dello sfruttamento degli animali" si legge sul sito www.veggieprige.org; "rivendichiamo i nostri diritti: diritto allo stesso spazio che hanno gli onnivori per esprimersi sui mass-media, diritto a pranzi senza animali nelle mense, diritto di rifiutare ogni partecipazione allo sfruttamento animale con le nostre tasse. I nostri diritti sono gli unici che questi animali oggi, indirettamente, posseggano". I partecipanti alla marcia italiana (partenza dalla metro Colosseo alle 14) denunceranno il macello globale, guerra intrecciata a tutte le altre guerre e distruzioni. Che l'inferno animale - in aumento con la progressione nel consumo di carne a livello planetario - non aiuti gli umani e anzi abbia gravi responsabilita' nell'affamare i poveri (vista la scarsa resa energeticoproteica degli allevamenti), a riscaldare il clima (vedi il rapporto Fao del 2006), a distruggere le foreste e' ormai ufficialmente riconosciuto (poi non se ne fa quasi nulla). Il Veggie Pride vuole affermare il suo rifiuto etico anche se la zootecnia non avesse questi giganteschi effetti collaterali. Antico, il rifiuto. Plutarco: "Io mi domando con stupore in quale circostanza e con quale disposizione spirituale l'uomo tocco' per la prima volta con la bocca il sangue e sfioro' con le labbra la carne di un animale morto (...) Come mai quella lordura non storno' il senso del gusto che veniva a contatto con le piaghe di altre creature e che sorbiva gli umori e i sieri essudati da ferite mortali? (...) Furono sollecitati dalla fame. Ma se tornassero in vita e riacquistassero la voce, direbbero: beati voi, quanta ricchezza potete mietere dai campi, quanti prodotti gustosi potete cogliere dagli alberi". Rispetto ai tanti cambiamenti negli stili di vita e dunque nei modelli di produzione che l'emergenza socioecologica planetaria impone, la rivoluzione alimentare e' la piu' immediata e facilmente realizzabile anche da parte dei singoli cittadini - basta volere, informarsi, decidere - senza bisogno di strutture, tecnologie nuove, svolte politiche, incentivi pubblici. Le proteine etiche sono alla portata di tutti. 4. NUCLEARE. ANGELO BARACCA: PROPAGANDA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 maggio 2008 col titolo "Patacche e 'scajolate' sulla politica energetica". Angelo Baracca, nato a Lugo (Ravenna) il 25 giugno 1939, prestigioso scienziato, docente di Fisica all'Universita' di Firenze, ha pubblicato diversi libri e svolto rilevanti ricerche in varie aree della fisica e di storia e critica della scienza; fa parte del comitato "Scienziate e scienziati contro la guerra"; da sempre impegnato per la pace e l'ambiente, partecipa attivamente ai movimenti per la pace, il disarmo, la difesa della biosfera; collabora a varie riviste. Tra le molte opere di Angelo Baracca segnaliamo: (con Roberto Livi), Natura e storia. Fisica e sviluppo del capitalismo nell'Ottocento, D'Anna, Palermo 1976; (con Arcangelo Rossi), Scienza e produzione nel '700, Guaraldi, Rimini-Firenze 1977; (con Arcangelo Rossi), Scienza e industria 1848-1915 : gli sviluppi scientifici connessi alla seconda rivoluzione industriale; (con Ugo Besson), Introduzione storica al concetto di energia, Le Monnier, Firenze 1991; (con Mira Fischetti e Riccardo Rigatti), Fisica e realta', 3 voll., Cappelli, 1999; A volte ritornano: il nucleare. La proliferazione nucleare ieri, oggi e soprattutto domani, Jaca Book, Milano 2005] Potete stare tranquilli: nessuno, nel futuro prossimo, verra' a posare la prima pietra di un impianto nucleare nel vostro giardino, ne' nel giardino del vicino. Scajola non sa di che cosa sta parlando, e purtroppo non lo sanno nemmeno gli altri. Piu' plausibilmente e' tutta propaganda. Sicuramente raccogliera' il plauso della lobby nucleare, di destra e di sinistra (e' sicuramente una lobby trasversale, simile a quella dei professori universitari in Parlamento), ma difficilmente riuscira' a posare la fatidica "prima pietra" da qualche parte nel patrio suolo. I motivi sono molti. In primo luogo, tutta l'industria energetica italiana e' stata zelantemente privatizzata, e quindi fa quello che crede meglio fare (a torto o a ragione). Infatti l'Enel acquista centrali nucleari all'estero, in Slovacchia, Bulgaria, Spagna: perfino quelle di fabbricazione sovietica, che tutti denunciano come pericolose, e ne progetta perfino l'allungamento della vita operativa, evidentemente sono pericolose solo quando fa comodo. Non sembra molto credibile il solerte "Noi siamo pronti" da parte di Enel e Eni, anche questa e' propaganda, immaginatevi se potevano rispondere "No, non siamo pronti"! Vi e' un primo motivo fondamentale per cui le "scajolate" sono campate in aria: negli ultimi venti anni in Italia sono state zelantemente smantellate tutte le competenze che avevamo accumulato nel settore nucleare, e ci vorranno parecchi anni per ricostituirle: sembra difficile gestire un parco di centrali nucleari senza le competenze necessarie. Forse si punta su qualche ingegnere nucleare africano... irregolare! Perfino la battagliera "Le Scienze" rivendica piu' modestamente un rilancio della ricerca nucleare, per non rimanere tagliati fuori dai progetti internazionali, e supportare anche le rinascenti ambizioni in campo industriale, come quelle dell'Ansaldo. Sembra difficile che l'Enel accetti di investire nella costruzione di centrali nucleari in Italia, anche se lo stato gli fornisse notevoli agevolazioni. In primo luogo perche' e' ormai chiaro a tutti che in questo paese le popolazioni locali sono diventate piuttosto suscettibili (et pour cause), e stanno ormai con le orecchie ritte, pronte a ribellarsi contro qualsiasi progetto che riguardi il loro territorio: se occorre l'esercito per imporre una discarica, figuriamoci per realizzare una centrale nucleare, e forse l'Enel evitera' volentieri di crearsi simili problemi, se puo' operare in situazioni meno conflittuali. Tanto piu' che il territorio nazionale, con la notevole densita' degli insediamenti, non si e' mai prestato molto alla localizzazione di centrali nucleari (senza contare poi la sismicita'). Ma anche la pacchia dei costi del nucleare, e dei suoi benefici, e' una favola che racconta la lobby nucleare. Negli Stati Uniti (dove, per la cronaca, l'industria energetica, privata, da trenta anni non ordina centrali nucleari) le banche sono disposte a erogare prestiti solo se il governo federale li garantisce (provate a cercare in internet con un motore di ricerca guaranteed loans e vedrete la valanga di materiale): ricorda l'affare della Tav. I sostenitori del nucleare continuano a decantare il "paradiso nucleare" della Francia, che ci vende energia a basso costo. Anche McCain si e' riferito alla Francia per sostenere il suo programma di rilancio massiccio del nucleare, ma e' stato zittito dal "Financial Post" del 13 maggio, che ha intitolato invece "Il disastro francese". Il sistema elettrico francese, per l'80% nucleare, e' tremendamente rigido: i reattori non possono venire accesi e spenti come un accendino, e per coprire la domanda di punta e' inevitabile un'eccedenza di produzione di energia, che di notte viene venduta a prezzi stracciati. La Francia e' anche costretta a chiudere alcune centrali nei week end, e non di rado deve acquistare energia, a prezzi alti: questo sistema e' talmente rovinoso dal punto di vista finanziario, che nel 2006 la Francia ha riattivato le sue obsolete centrali termoelettriche. Senza contare poi che Parigi si e' ben guardata dal privatizzare Edf: il nucleare civile e' stato gestito dallo stato nel contesto della costruzione della Force de frappe, e anche questa e' una differenza abissale rispetto agli Usa. E' difficile che Scajola possa rovesciare questi dati di fatto. E' molto piu' probabile che si trattera' di una cortina propagandistica per coprire ben altro. In queste condizioni, poco importa per l'Italia che i reattori di quarta generazione non saranno disponibili prima del 2040, mentre quelli chiamati pomposamente di terza presentano i problemi di costi, ritardi, scorie, ecc. che Cogliati Dezza richiamava sul "Manifesto" del 23 maggio. 5. NUCLEARE. VITTORIO COGLIATI DEZZA: IDEOLOGIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 maggio 2008 col titolo "Nucleare. Le pericolose promesse". Vittorio Cogliati Dezza, professore di storia e filosofia, e' presidente di Legambiente. Opere di Vittorio Cogliati Dezza: (a cura di), Un mondo tutto attaccato. Guida all'educazione ambientale, Franco Angeli, Milano 1998] Il ministro Scajola ieri, all'assemblea di Confindustria, si e' impegnato senza ambiguita': "entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione di centrali nucleari di nuova generazione". Ma il ministro Scajola fa una banale errore lessicale. Le centrali "di nuova generazione" non ci sono e se ci saranno sara' dopo il 2025. Forse intendeva le centrali attuali, che dovrebbero cominciare ad andare in dismissione nei prossimi anni? Il ministro Scajola fa anche un altro errore quando sostiene che le centrali nucleari sono "sicure e competitive". Sicure? Nessuno dei problemi che spinsero gli italiani a bocciare il nucleare 20 anni fa e' stato risolto: non il rischio d'incidenti, non lo smaltimento in sicurezza delle scorie, non lo smantellamento degli impianti in disuso, ne' la loro protezione da eventuali attacchi terroristici. La storia del nucleare e' costellata da una lunga lista di gravi incidenti, da quello di Three Mile Island nel 1979 negli Usa a quello di Mihama nel 2004 in Giappone. In Europa, dopo la catastrofe di Cernobyl, a Temelin nella Repubblica Ceca negli scorsi anni si e' verificata una serie di incidenti che hanno messo in allarme la vicina Austria. Per non parlare delle scorie. Si calcola che 250.000 tonnellate di rifiuti radioattivi nel mondo siano in attesa di stoccaggio. Esistono circa 80 depositi "provvisori" nel mondo, ma non ancora un sito di stoccaggio definitivo. C'e' poi lo smantellamento delle centrali una volta spente, processo delicato e oneroso, che comporta rischi altissimi per la sicurezza. Competitive? Sarebbe corretto considerare nel costo tutto il ciclo, dalla progettazione allo smaltimento delle scorie e delle centrali. Negli Usa, dove i produttori sono tutti privati, non si mette in cantiere un impianto dalla fine degli anni '70 e oggi, nel mondo, solo la Finlandia sta costruendo un nuovo reattore, che ha gia' visto decollare i costi del 35%. Inoltre, la Energy Information Administration degli Stati Uniti afferma che l'elettricita' proveniente da una nuova centrale nucleare e' piu' costosa del 15% rispetto a quella prodotta con il gas naturale e nel computo economico non sono considerati ne' i costi di smaltimento delle scorie ne' lo smantellamento dell'impianto alla fine del ciclo di vita. Non e' un caso che l'Aiea calcola che il contributo dell'atomo al fabbisogno mondiale di energia scendera' dal 15% al 13% entro il 2030. C'e' molta ideologia dietro l'impegno del ministro. Dobbiamo interpretare tutto cio' come il nuovo articolo 18 del Berlusconi 4? Noi ci opporremo. A cominciare dal 7 giugno, giorno in cui una vasta alleanza di associazioni e sindacati ha indetto una manifestazione nazionale a Milano e insieme ci metteremo "in marcia per il clima", contro il nucleare, per alternative migliori. 6. NUCLEARE. SEVERINO VARDACAMPI: DUE COSE HO IMPARATO, ANZI TRE Due cose ho imparato: mai sottovalutare la stupidita' umana, e mai sottovalutare l'umana mascalzonaggine. Per questo credo che vada preso sul serio il pericolo di una ripresa del nucleare in Italia nonostante la sua assoluta insensataggine, la sua palese criminosita'. E una terza cosa ho imparato, e anch'essa non ho piu' dimenticato: che al male resistere occorre. 7. NUCLEARE. GIOBBE SANTABARBARA: COME PASSA IL TEMPO, O DELL'ETERNO RITORNO Mi pare ieri che eravamo davanti ai cancelli della centrale di Montalto. E invece e' domani. 8. NUCLEARE. FOSCO FUNESTI: "NO AL NUCLEARE, CIVILE E MILITARE" "No al nucleare, civile e militare" fa parte della colonna sonora degli anni '70 e '80 e della gioventu' mia e di quanti come me passarono una decina d'anni davanti ai cancelli della costruenda centrale nucleare di Montalto di Castro. Imparammo un sacco di cose, di cui la piu' importante e' questa: che se si lotta si puo' vincere. Che se si ha ragione si puo' convincere. Che la nonviolenza e' piu' forte. 9. LIBRI. UN ESTRATTO DA "EOLICO: PAESAGGIO E AMBIENTE" A CURA DI GIANNI SILVESTRINI E MAIO GAMBERALE [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo il seguente estratto dal libro di Gianni Silvestrini e Mario Gamberale (a cura di), Eolico: paesaggio e ambiente. Sfide e opportunita' del vento in Italia, Muzzio, Roma 2004. Gianni Silvestrini, ingegnere, docente universitario, ricercatore del Cnr nel campo delle fonti rinnovabili e delle politiche energetiche; ha svolto un'attivita' istituzionale dal 2000 al 2002 come direttore generale presso il Ministero dell'Ambiente; dal 2003 e' direttore scientifico del Kyoto Club e dirige la rivista "QualEnergia"; e' autore di piu' di cento pubblicazioni scientifiche. Mario Gamberale e' ingegnere, docente universitario, ricercatore nel campo dei sistemi energetici e in particolare dell'integrazione degli impianti fotovoltaici connessi in rete in edilizia; come consulente del Ministero dell'Ambiente ha coordinato dal punto di vista tecnico le attivita' del gruppo di lavoro sulle energie rinnovabili e il risparmio energetico; e' responsabile dell'attuazione di diversi programmi di promozione e incentivazione come il programma tetti fotovoltaici, il programma nazionale solare termico, il programma di sostenibilita' ambientale nelle isole minori che nel 2002 vince il premio speciale nella Campagna di take Off delle fonti rinnovabili della Comunita' Europea; dal maggio 2005 e' direttore di AzzeroCO2, societa' costituita da Legambiente e dal Kyoto Club che promuove la promozione di interventi diretti e indiretti di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra; nel Kyoto Club e' coordinatore tecnico e responsabile del settore fonti rinnovabili] Indice del volume: Premessa di Domitilla Senni, Roberto Della Seta, Fulco Pratesi; 1. Non c'e' futuro energetico senza le fonti rinnovabili: il contributo dell'eolico, di Gianni Silvestrini; 2. Una tecnologia in evoluzione, di Luca Benedetti, Mario Gamberale; 3. L'eolico in Italia e nel mondo, di Rodolfo Pasinetti; 4. La valutazione dell'impatto ambientale degli impianti eolici, di Maria Rosa Vittadini; 5. Gli impatti degli impianti eolici sulla componente biotica e le misure di mitigazione, di Tommaso La Mantia, Giuseppe Barbera, Rocco Lo Duca, Bruno Massa, Salvatore Pasta; 6. Il paesaggio e l'intervento umano: una lunga storia di possibile convivenza, di Vittorio Amadio; 7. Impianti eolici e paesaggio: la qualita' come chiave per il consenso locale, di Edoardo Zanchini; 8. Le argomentazioni contro, di Luca Benedetti, Mario Gamberale. * Da pagina 17 "Non c'e' futuro energetico senza le fonti rinnovabili: il contributo dell'eolico" di Gianni Silvestrini, Politecnico di Milano, Kyoto Club La temperatura media del pianeta nel 2003 e' stata la piu' elevata negli ultimi 120 anni dopo quella del 1998 quando, in presenza di un forte fenomeno del Nino che aveva scaldato le acque dell'Oceano Pacifico, si erano registrati 14,7 gradi centigradi. Del resto, basta analizzare alcuni dati per avere conferma dell'anomalia in atto: i 10 anni piu' caldi da quando si misurano i dati di temperatura su scala mondiale (fine del XIX secolo) si sono concentrati tutti dopo il 1989. Non solo il trend e' evidente ma c'e' la possibilita' che, trattandosi di fenomeni non lineari, l'alterazione del clima possa subire in questo secolo un'improvvisa accelerazione. Un recente rapporto dell'Accademia nazionale delle scienze degli Usa dal significativo titolo "Abrupt climate change: inevitable surprises" mette sull'avviso. Dalla storia del clima emerge infatti un andamento con nette discontinuita', come e' avvenuto 11.500 anni fa con un innalzamento di 8 gradi nel giro di un solo decennio. L'analisi del paleoclima insegna che quando il sistema-terra e' stressato, bastano variazioni minime di alcuni parametri per determinare drammatici salti. Considerando che l'uomo ha "forzato" gli equilibri portando le concentrazioni dell'anidride carbonica sui livelli piu' alti degli ultimi 400.000 anni, non sono escluse improvvise accelerazioni dei cambiamenti climatici in questo secolo. Ma i danni sono gia' rilevanti oggi. Il costo dei disastri naturali nel 2002 e' stato di 55 miliardi di euro (18,5 miliardi di euro a causa delle peggiori alluvioni degli ultimi 650 anni nell'Europa centrale). Secondo il presidente della Reinsurance Association of America "e' chiaro che il riscaldamento del pianeta potrebbe essere in grado di far fallire le compagnie di assicurazione". E i segnali preoccupanti si susseguono. Le ondate di calore del 2003 hanno provocato 1.500 morti in India e 20.000 in Europa (con temperature medie estive di 4-5 gradi superiori ai valori degli ultimi secoli). Mentre si attende l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto con la ratifica da parte della Russia, attesa entro il 2005, gia' si stanno discutendo i passaggi successivi alla scadenza del 2010. L'Unione europea, da sempre punto di riferimento mondiale nelle strategie di risposta all'emergenza climatica, sta valutando per il 2020 tagli delle emissioni del 20-40%. Il governo inglese si e' spinto a ipotizzare riduzioni dei gas climalteranti del 60% al 2050 e quello tedesco ha indicato un taglio dell'80% alla stessa data. Sul fronte specifico delle fonti rinnovabili, all'inizio del 2001 l'European Renewable Energy Council (che raggruppa le principali associazioni di imprese del settore) ha presentato un documento in cui viene proposto un obiettivo del 20% dell'energia primaria da soddisfare con energia verde al 2020, triplicando cosi' la percentuale rispetto ai valori del 2000. A fronte di obiettivi di riduzione cosi' drastici, occorre rivedere in maniera profonda le modalita' di consumo e produzione dell'energia. La tendenza naturale delle dinamiche energetiche porterebbe infatti a un aumento del 50% dei consumi mondiali entro il 2030. Per invertire questo trend occorre la convergenza di politiche innovative e coraggiose in campo energetico su scala locale, nazionale e sovranazionale. Ma la situazione e' gia' adesso in cambiamento. Osservando alcune dinamiche in atto, come il boom delle fonti rinnovabili, si delinea con sempre maggior chiarezza l'avvio di una rivoluzione energetica di dimensioni mai viste nella storia dell'umanita' per l'ampiezza dei mutamenti tecnologici e delle risorse economiche coinvolte. Alla base di questo processo c'e' la necessita' di rispondere all'emergenza climatica, una sfida che al contrario delle altre problematiche ecologiche e' destinata col tempo ad amplificarsi (perlomeno in questo secolo). Ma torniamo agli obiettivi di riduzione delle emissioni e alla rivoluzione in cui siamo entrati. La priorita' nella rivisitazione delle scelte energetiche dovra' riguardare l'efficienza degli usi finali, considerando che le possibilita' di ridurre i consumi a parita' di servizi erogati e' molto maggiore di quanto normalmente si pensi. I risultati di una politica costante nel tempo possono infatti essere molto ampi. La California, ad esempio, negli ultimi 30 anni e' riuscita a stabilizzare i consumi elettrici pro capite, a fronte di un incremento del 50% nel complesso degli Usa. L'Italia viene considerata molto efficiente dal punto di vista energetico. In realta' disaggregando il dato dell'intensita' energetica si scoprono comparti efficienti e altri scadenti. La situazione del settore civile, in particolare, e' molto arretrata. L'efficienza media dei frigoriferi italiani e' del 7% inferiore rispetto alla media europea. Lo stesso discorso vale per altri elettrodomestici, per i sistemi di illuminazione, ma soprattutto per gli edifici caratterizzati da dispersioni termiche decisamente superiori rispetto a quelle degli altri paesi. L'aumento dell'efficienza con cui si utilizza l'energia non e' pero' sufficiente a raggiungere gli obiettivi di riduzione nei prossimi decenni. Bisogna infatti intervenire anche sul lato della produzione energetica. Esaurito il potenziale derivante da un ammodernamento del parco elettrico, con un innalzamento nei rendimenti delle centrali e con un'espansione della cogenerazione di elettricita' e calore, ci sono solo tre strade per ridurre drasticamente le emissioni: un ritorno al nucleare, il sequestro dell'anidride carbonica sottratta nei processi di conversione energetica e la diffusione su larga scala delle fonti rinnovabili. Il nucleare non sembra avere grandi prospettive per motivazioni economiche oltre che per la mancata soluzione di aspetti centrali come lo smaltimento delle scorie. Oggi, la potenza nucleare installata e' di 350 GW, con una produzione pari al 3% dell'elettricita' generata nel mondo. Per ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica, sarebbe necessario costruire parecchie migliaia di nuovi reattori. Questi esaurirebbero le riserve mondiali di uranio in meno di cinque anni e produrrebbero centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi che non si saprebbe come smaltire. La separazione del carbonio dai combustibili fossili prima o dopo la combustione e l'iniezione di anidride carbonica in giacimenti sotterranei e' un'altra delle soluzioni che si stanno esplorando. Oltre a valutazioni economiche (si stima che il costo dell'elettricita' raddoppierebbe) ci sono problemi ambientali legati allo stoccaggio della CO2 che vanno esplorati con attenzione prima di applicare su larga scala questa soluzione. Una fuoriuscita di questo gas, che essendo piu' pesante dell'aria si accumula sul suolo, potrebbe avere conseguenze letali. Ci vorranno diversi anni per capire se si tratta di una soluzione praticabile o se si rischia solo, anche in questo caso, di scaricare problemi sulle generazioni future. L'utilizzo delle fonti rinnovabili sembra dunque destinato a svolgere un ruolo centrale nella strategia di difesa degli equilibri climatici, proseguendo nei prossimi decenni il processo di decarbonizzazione (riduzione della quantita' di carbonio nelle molecole degli idrocarburi utilizzati) che si e' avviato passando progressivamente dal carbone al petrolio e quindi al metano. Le energie "alternative" si sono riaffacciate sulla scena energetica moderna ai tempi della prima crisi petrolifera, 30 anni fa, suscitando grandi speranze pero' naufragate con il drastico ridimensionamento dei finanziamenti conseguenti al crollo del prezzo del petrolio nel 1985. All'inizio degli anni Novanta e' stato l'esplodere dell'emergenza climatica a imporre la necessita' di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili responsabili della produzione di anidride carbonica, principale gas serra. Nello scorso decennio si e' quindi assistito a un forte rilancio per alcune di queste tecnologie con un tasso di crescita medio annuo della potenza installata che ha raggiunto il 35% per l'eolico e il 39% per il solare fotovoltaico. Negli ultimi cinque anni la nuova potenza eolica ha superato quella nucleare. La situazione attuale delle fonti pulite puo' essere descritta come quella di flottiglie di piccole barche che si ingrossano rapidamente affiancando le gigantesche armate energetiche delle fonti fossili e del nucleare, i cui ammiragli guardano i nuovi venuti passando dal distacco di un tempo a una malcelata ostilita' e, in alcuni casi, a un crescente interesse. Grandi compagnie energetiche come la Bp e la Shell, ad esempio, sono attivamente impegnate in questo settore. L'eolico in particolare sta registrando un vera boom in Europa con 28,5 GW in funzione alla fine del 2003, pari a tre quarti del totale mondiale, e con la previsione di averne 70-80 GW entro il 2010. Per comprendere meglio la portata di questi numeri, va osservato che la potenza eolica installata nel periodo 1995-2000 e' stata pari al 24% della potenza delle nuove centrali elettriche costruite in Europa e che la percentuale eolica e' destinata a salire al 45% nel periodo 2001-2005. In termini di elettricita', ogni 5 kWh che verranno prodotti dalle centrali entrate in servizio nell'Unione europea in questo quinquennio, 1 kWh sara' generato dal vento. Ma i risultati sono visibili gia' ora. In alcune regioni tedesche e spagnole la produzione eolica riesce a coprire quote ragguardevoli (dal 20 al 40%) della domanda elettrica. La diffusione degli aerogeneratori si e' avuta anche grazie a significativi miglioramenti della tecnologia che hanno consentito un dimezzamento dei costi nel corso degli anni Novanta. Negli ultimi 15 anni la produzione per turbina e' aumentata di 100 volte, mentre negli ultimi 5 anni il peso per kW installato e il rumore si sono dimezzati. Questa evoluzione ha consentito un calo del costo del kWh eolico, passato dai 38 centesimi di euro di 20 anni fa agli attuali 5 centesimi, e ci si aspetta un ulteriore dimezzamento entro il 2020. In termini di investimenti ormai si e' raggiunta una massa critica significativa con 7 miliardi di euro/a. L'aver puntato su queste tecnologie innovative sta pagando in termini di posizionamento industriale. In Germania, grazie ai 14,6 GW eolici installati, si e' creata in pochi anni una forte industria, con un giro di affari pari a 3 miliardi di euro/a e 45.000 occupati. Lo stesso discorso si puo' fare per la Danimarca, le cui industria eolica garantisce la seconda fonte di entrate valutarie e l'occupazione di 21.000 addetti, il triplo del totale degli occupati dalle imprese elettriche del paese, o per la Spagna, spalla a spalla con gli Usa come potenza eolica installata, che si appresta ad avere un ruolo di punta nel campo della produzione di aerogeneratori. Il comparto eolico, grazie all'enorme potenziale in grado di rimpiazzare le riserve di greggio del Mare del Nord in via di esaurimento e di sostituire parte delle centrali nucleari tedesche e inglesi, si appresta a coprire nei prossimi 3-4 decenni il ruolo che all'inizio dello scorso secolo e' stato svolto dal settore idroelettrico. Su scala mondiale si prevedono nel 2020, secondo il World Energy Council, potenze installate dell'ordine di 180-470 GW e ci sono anche scenari spinti come quello proposto dall'Ewea (European Wind Energy Association) e da Greenpeace che indicano la possibilita' di coprire nel 2020 il 12% della domanda elettrica mondiale con una potenza eolica installata di 1.200 GW e 1,8 milioni di occupati nel settore per raggiungere poi nel 2040 il 22% della domanda totale. Dunque i paesaggi del nostro futuro energetico torneranno a essere contrassegnati da mulini a vento, recuperando una tecnologia che nei secoli scorsi aveva segnato la presenza umana in molte aree geografiche, come ci ricordano il romanzo di Cervantes o i dipinti fiamminghi. 10. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 102 del 31 maggio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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