[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 472
- Subject: Minime. 472
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 31 May 2008 00:47:03 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 472 del 31 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Rita Levi Montalcini, Roberto Della Seta, Emanuele Fiano, Ricardo Franco Levi: Si' alla sicurezza, no al razzismo 2. Varie associazioni di Lodi: Il silenzio e' complice 3. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 4. Alcuni estratti da "Opere complete. Volume introduttivo" di Gianni Vattimo 5. Letture: Andrea Cozzo, La tribu' degli antichisti 6. Riletture: Nicoletta Caramelli (a cura di), Storiografia delle scienze e storia della psicologia 7. Riletture: Nicoletta Caramelli (a cura di), La psicologia cognitivista 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. APPELLI. RITA LEVI MONTALCINI, ROBERTO DELLA SETA, EMANUELE FIANO, RICARDO FRANCO LEVI: SI' ALLA SICUREZZA, NO AL RAZZISMO [Dal quotidiano "L'Unita'" del 25 maggio 2008 col titolo "Sicurezza si', intolleranza no"] I raid di Ponticelli contro un campo nomade sono la grave spia di una stagione di intolleranza verso immigrati e comunita' rom che sta pericolosamente attraversando il nostro Paese. Tale clima prende le mosse da un senso generale di paura, d'incertezza, che tende ad amplificare in molti cittadini la percezione d'insicurezza, la sensazione d'essere indifesi nei confronti della delinquenza. E' un sentimento questo che non va affatto sottovalutato, e certamente esiste in Italia un problema di sicurezza anche legato al fenomeno dell'immigrazione clandestina, che e' diffuso e va risolto con efficacia. Ma come sempre quando si diffondono sentimenti cosi' profondi ed acuti, e peraltro - va ribadito - anche comprensibili, e' facile che le reazioni colpiscano per primi gli "stranieri", gli "altri". Compito della politica e' dare risposte al bisogno di sicurezza dei singoli e delle comunita', e al tempo stesso mostrarsi inflessibile verso ogni fenomeno di xenofobia, di razzismo, di aggressione verso intere categorie di presunti "nemici": i romeni, gli immigrati irregolari, i rom. E' inaccettabile qualunque giustificazione o minimizzazione di questi atteggiamenti e comportamenti che li rappresenti come reazioni eccessive, ma conseguenti, a problemi quali la presenza di immigrati irregolari o l'alta percentuale di immigrati tra gli autori di determinati reati. L'onda del razzismo e della xenofobia va fermata subito, l'Italia deve stringersi a tutti coloro, stranieri e "minoranze", che vivono in pace nel nostro Paese, rispettandone le leggi. In gioco sono i principi costituzionali di liberta', in gioco sono i diritti umani, in gioco e' il nostro futuro di comunita' civile. In particolare, come parlamentari e come ebrei italiani sentiamo il bisogno e il dovere di stringerci al popolo rom, al quale ci unisce una storia millenaria di persecuzioni e il comune destino del genocidio nazista, che mai potremo dimenticare. Non permetteremo che un intero popolo venga colpevolizzato o che i reati di alcuni, pochi o tanti che siano, producano pene per tutti. Per questo diciamo oggi e diremo sempre: si' alla sicurezza, no al razzismo. Vorremmo che alle nostre firme si uniscano quelle dei tanti che, siamo certi, sono allarmati come noi dal pericolo che l'Italia sta correndo. Rita Levi Montalcini, senatrice a vita Roberto Della Seta, senatore Emanuele Fiano, deputato Ricardo Franco Levi, deputato 2. APPELLI. VARIE ASSOCIAZIONI DI LODI: IL SILENZIO E' COMPLICE [Da varie persone ed associazioni amiche riceviamo e diffondiamo] Ci uniamo a quanti, organizzazioni della societa' civile e singoli cittadini, in questi giorni esprimono preoccupazione e sdegno per i gravissimi episodi di violenza generalizzata contro la popolazione rom, avvenuti a Napoli e in altre citta' italiane, e, piu' in generale, per la criminalizzazione delle persone straniere. Riteniamo inaccettabile che i peggiori stereotipi nei confronti di rom e migranti siano alimentati attraverso una campagna politica e mediatica che legittima la violenza, il razzismo, l'esclusione, individuando un "nemico interno" da respingere e isolare, in quanto considerato pericoloso e inferiore, non a caso in una fase di insicurezza sociale determinata da una pesante crisi economica. Ricordiamo che la Costituzione repubblicana sancisce il principio di uguaglianza - nessun uomo e nessuna donna appartiene a una umanita' minore - e che il principio della responsabilita' penale individuale costituisce il fondamento dello Stato di diritto - nessuno puo' essere discriminato o perseguitato in base all'appartenenza a un gruppo o semplicemente perche' nato. Nel nostro paese i rom non sono piu' di duecentomila e sono, in buona parte, cittadini italiani o nati in Italia, respinti in condizioni di emarginazione e indigenza. E nel nostro paese le persone straniere producono il 9,2% del Pil (a fronte di una presenza pari al 5%): e' evidente a tutti, dunque, che sono indispensabili all'economia italiana e allo stato sociale, tanto che, al di la' delle operazioni di polizia effettuate in questi giorni in nome della "sicurezza", e' alle porte una nuova "regolarizzazione" delle cosiddette colf e badanti, che in Italia si stima siano oltre un milione, per la maggior parte senza tutele e senza contributi. Riaffermiamo pertanto con forza che il rispetto dei diritti, primo tra tutti quello di cittadinanza, non e' soltanto alla base della convivenza, ma della sicurezza e della pace. * Lodi per Mostar onlus, Associazione Amici del Marajo', Associazione Amici degli handicappati, Associazione Loscarcere, Casa del popolo, Cgd Lombardia, Gruppo Diade, Laboratorio per la citta', Rete di Lilliput - nodo di Lodi, Italia dei Valori di Lodi, Sinistra del Lodigiano (Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Verdi per la Pace, Sinistra Democratica), Sinistra del Lodigiano Donne * Eventuali adesioni di organizzazioni o singoli all'indirizzo: silenzio.complice at libero.it 3. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "OPERE COMPLETE. VOLUME INTRODUTTIVO" DI GIANNI VATTIMO [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Gianni Vattimo, Opere complete. Volume introduttivo, Meltemi, Roma 2007. Gianni Vattimo (Torino 1936), filosofo, docente universitario, e' da sempre impegnato per i diritti civili. Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la seguente scheda biografica di Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino, dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano 2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000) e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano 2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti, Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto, L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires"] Indice del volume: Presentazione, di Gianni Vattimo; Introduzione generale, di Mario Cedrini, Alberto Martinengo, Santiago Zabala; Piano dell'opera: Volume I. Ermeneutica; Volume II. Nietzsche; Volume III. Heidegger; Volume IV. Postmoderno; Volume V. Religione; Volume VI. Ontologia; Volume VII. Scritti e dialoghi autobiografici; Volume VIII. Scritti e note filosofiche; Volume IX. Scritti e interviste sulla politica; Volume X. Scritti e interviste sui diritti; Volume XI. Scritti e interviste sulla cultura e la religione: * Da pagina 7 Dalla "Presentazione" di Gianni Vattimo E' superfluo notare che, nel momento in cui si pubblica questo volume introduttivo, le Opere "complete" sono tali soltanto fino a un certo punto, altrimenti non toccherebbe a me introdurle. Comincio con una battuta ironicamente superstiziosa per vincere un certo imbarazzo: presentare l'edizione completa di tutti i miei scritti e' un'esperienza del tutto nuova per me, e davvero non so come affrontarla. Credo pero' che un modo per venire a capo del mio non-finto problema sia tentare di richiamare l'attenzione sulla continuita' che a posteriori si rivela nell'itinerario qui attestato. Per forza di cose, e per comodita' di chi avra' la bonta' di leggere, esso non e' ordinato in modo puramente cronologico, ma distingue zone e settori tematici all'interno dei quali si ritrova anche la cronologia. Che, peraltro, si incrocia in modo non casuale con le tematiche affrontate. Voglio dire che, guardando al lavoro che ho fatto come professionista della filosofia dall'epoca della pubblicazione della mia tesi di laurea fino alle cose piu' recenti, i temi intorno a cui si concentrano i vari scritti delineano un percorso che e' insieme storico e sistematico, e cio' mi sembra significativo, addirittura tale da giustificare questa edizione. La quale non avrebbe senso come pura messa a disposizione di tutto quello che un individuo di nome Gianni Vattimo ha prodotto nel corso di un cinquantennio di vita filosofica. Non si pubblicano le Opere complete di uno studioso perche' e' un grande filosofo; si decide di farlo "grande" nel momento in cui si costruisce, con qualche verosimiglianza, l'indice dei suoi scritti. E' sempre anzitutto - come nel caso della verita' stessa - un affare di "presentabilita'": ha senso cio' a cui, in presenza di un pubblico tendenzialmente universale, riusciamo a dare un senso. Percio', anche se sembra un eccesso di presunzione, non posso non pensare che la decisione di pubblicare le mie Opere complete sia anzitutto un "evento": non coinvolge infatti soltanto me stesso, i miei "editori-curatori", l'editore in senso proprio; e' un evento in quanto pretende non solo di rispecchiare un interesse pubblico esistente, ma di domandare un riconoscimento che ci si attende ragionevolmente di incontrare. Quanto la facciamo lunga, si dira'. Ogni editore quando stampa e mette in circolazione un libro affronta questo problema: il pubblico "rispondera'" o no? Se rischia denaro e reputazione per pubblicare un testo sperando di non concedersi solo la manifestazione di un gusto personale e' perche' ritiene di cogliere l'attualita' di una presenza, una qualche aspettativa che il testo in questione gli pare capace di colmare. Insomma, se partecipo - e ovviamente con entusiasmo - all'impresa di queste "opere complete", e' perche' anch'io - spero non solo io - considero che abbia un senso, sul quale non posso non cercare di soffermarmi almeno in occasione del volume introduttivo. Questo senso e' quello che mi pare emergere dall'indice che i miei amici-curatori hanno costruito. Vera o falsa che sia - con tutta la cautela che l'uso di questi termini non puo' non comportare - la "filosofia" contenuta in questi scritti ha una fisionomia riconoscibile; e tale riconoscibilita' non e' nulla che dipenda solo dalla sua consistenza interna. Cio' che si stacca da uno sfondo costruisce anche un certo ordinamento dello sfondo stesso, non ne e' soltanto un altro pezzo, distinguibile per la propria eterogeneita' rispetto a esso. Tanto quanto dire che la filosofia che qui si presenta aspira anzitutto alla tanto vilipesa qualita' di "ideologia". Osa presentarsi perche' ritiene di non essere solo espressione di un singolo (va bene, alla faccia di Soeren Kierkegaard, "quel singolo"!) ma di dar voce a qualcosa di piu' vasto, sebbene non possa credere che questo qualcosa sia l'essere stesso, secondo il detto di Eraclito che qualche filosofo di oggi riprende impudicamente per se'. O meglio: cio' che parla in una filosofia come questa e' bensi' l'essere stesso ma pensato in termini niente affatto eterni, strutturali, parmenidei, che farebbero del filosofo la voce stessa di Dio. Non c'e' un essere che sta da qualche parte con le sue caratteristiche metafisiche, eterne, e che parla nelle mie parole: ouk emou akousantes ecc. Le "cose stesse" di cui andava in cerca la prima fenomenologia husserliana sono per l'appunto cio' che e', e cioe', in una prospettiva non piu' dominata dall'idea metafisica dell'eterno, il modo e i termini (anche e anzitutto linguistici) in cui l'essere si da', accade a noi, in noi, con noi. La verita' della filosofia, come quella che qui si propone, e' la sua capacita' di dialogare con altri pensieri che costituiscono la nostra attualita'. Ma non si potrebbe essere piu' vaghi e generici di cosi', osservera' qualcuno. Si', pero' non piu' di qualunque empirista che si richiama all'"esperienza". Con il vantaggio, rispetto a lui, che qui non e' questione di "purificare" l'esperienza, il dato ultimo e incontrovertibile, per costruirci sopra la teoria. L'esperienza, mi si permetta qui di ricorrere a un'espressione della tradizione cristiana, e' tale per sentito dire, fides (o experientia) ex auditu. Non sara' proprio questo significato dell'esperienza il "precategoriale" su cui si e' affannata la fenomenologia e che Heidegger ha cercato di cogliere nell'"innanzitutto e per lo piu'" di molte pagine di Essere e tempo? Filosofia come pura chiacchiera da bar, allora? Ossia: se non credi a Parmenide, se non echeggi la voce dell'essere (parmenideo) stesso, non farai altro che ripetere il "si dice" quotidiano, e soprattutto, dei quotidiani, cioe' la pretesa opinione pubblica che piu' manipolata non si puo'? E' la domanda a cui, come a conclusione dell'itinerario percorso da questi scritti, cerca di rispondere l'ontologia dell'attualita'; che provocatoriamente, in un dibattito all'Escorial di molte estati fa, proposi anche di chiamare "periodismo ontologico", giornalismo ontologico, memore dell'espressione con cui Gyorgy Lukacs aveva battezzato il pensiero di Georg Simmel "impressionismo sociologico", un'etichetta che mi pare possa accomunare anche tanti filosofi dell'attualita', da Theodor W. Adorno a Martin Heidegger e prima allo stesso Friedrich Nietzsche. E' ovvio che quando si parla di attualita' si apre il discorso a sempre nuove dimensioni e sviluppi. Le opere, dunque, non possono essere "complete" perche' aspettano ancora sempre nuove macine e nuove riflessioni. Questo vale certo per qualunque lavoro filosofico, anche per un sistema che vorrebbe essere "chiuso", come (si pensa fosse) quello di Hegel. Non avrebbe senso, a parte la sproporzione, soprattutto per la mia ontologia dell'attualita', pensare che l'essenziale e' stato detto e che si tratta solo di "documentare", per amore di informazione storiografica, il divenire di questo pensiero. Si vuole documentare un itinerario filosofico perche' sembra che esso abbia un possibile sviluppo e una specifica attualita'. Dunque si trattera' qui di mostrare che la filosofia italiana, o la filosofia tout court, non sarebbe cio' che e' senza la presenza del pensiero debole e della appena abbozzata ontologia dell'attualita'? Ma se questo, non per cavarmela troppo a buon mercato, e' cio' che fanno gli scritti che qui si presentano, non ha senso comunque tentarne una sorta di riassunto propedeutico per orientarne o stimolarne la lettura. Dunque, solo due punti possono sostanziare brevemente questa presentazione. In primo luogo, le aperture che restano a partire dalle opere qui presentate. Non e' un caso che, sia sistematicamente sia cronologicamente, l'itinerario che esse disegnano si concluda, sbocchi, termini, per ora, in due tematiche molto caratteristiche, quella religiosa e quella politica. In termini autobiografici, se posso permettermi questo ulteriore autoriferimento, a me ora interessano quasi solo la (filosofia) politica e la riflessione religiosa. Non mi sembra di dover argomentare la centralita' di queste due tematiche per la quotidianita' del mondo - tardoindustriale, neoimperialista, talvolta decisamente apocalittico - in cui ci troviamo oggi a vivere. Naturalmente il significato della filosofia che queste opere attestano non e' solo quello (del resto niente affatto di poco valore) di parlare delle cose che ci riguardano. Ha anche l'ambizione di parlarne in qualche modo risolutivo. La visione "nichilista" che il pensiero debole trae dalla meditazione su Nietzsche, Heidegger, l'ermeneutica, propone anche una, paradossale quanto si vuole, filosofia della storia e del suo senso, che si puo' riassumere nell'idea dell'indebolimento dell'essere come sola possibilita' di emancipazione. Nichilista e' questa proposta perche' non ricava la nozione di indebolimento da una qualche scoperta metafisica della "essenza" negativa dell'essere, della verita' del nulla, ecc. Ma la rilegge nel corso della storia dell'Occidente - il cui nome stesso e' denso di suggestione, terra del tramonto - sulla traccia di Nietzsche e ripensandola alla luce della differenza ontologica heideggeriana. In questa lettura - come del resto si puo' documentare attraverso la lettura degli scritti nietzscheani e heideggeriani, ma non solo di questi - ha una parte decisiva la presenza della tradizione giudaico-cristiana. Il pensiero debole non sarebbe possibile senza la fondamentale dottrina della kenosis, dell'Incarnazione di Dio come suo abbassamento e vera e propria autodissoluzione per amore. Con cio', come si vedra' dagli scritti dedicati a questa tematica, non solo la filosofia (la nostra filosofia occidentale) trova le sue basi nella tradizione religiosa dominante a cui si e' costantemente, anche se polemicamente, riferita. Ma lo stesso cristianesimo si presenta come ancora possibile solo nella forma del "debolismo". Con tutto cio' che questo riconoscimento comporta in termini di polemica contro le posizioni attuali delle Chiese e soprattutto della Chiesa cattolica. L'evocazione del cristianesimo e della kenosis fa pensare che qui si tratti soprattutto di salvezza delle anime, di vita eterna e dei modi per assicurarsela. Ma l'idea di emancipazione come indebolimento (della perentorieta') dell'essere metafisico (eterno, necessario, dato come fondamento conoscitivo e come norma etica universale) e' essenzialmente un ideale storico, e dunque anche politico. La domanda sul "che fare" non puo' avere risposte fondate su qualche essenza eterna, puo' solo dare luogo a una rilettura del "dove siamo" per capire - rischiosamente e con tutta l'incertezza dell'interpretazione - il "verso dove" andare. Il nichilismo e l'indebolimento sono, oltre che il (solo?) modo di essere cristiani oggi, anche il piu' ragionevole programma politico che si possa proporre. Non l'idea di costruire (finalmente) una societa' "giusta", ossia conforme al modello vero che era gia' il sogno di Platone; ma, se si vuole, una societa' "aperta", che puo' essere tale solo se, anzitutto, liquida i tanti tabu' "metafisici" (i Valori, i Principi, le Verita') che sono serviti ai privilegiati per mantenere e rafforzare i loro privilegi, e si apre al dialogo tra persone e gruppi. La politica che il "debolismo" e l'ermeneutica vogliono ispirare e' radicalmente realistica, fino agli estremi del machiavellismo. Non ci sono essenze immutabili, ci sono solo interpretazioni, e cioe', in politica, negoziazioni tra individui e gruppi che hanno senza dubbio interessi contrastanti, e che possono trovare conciliazione solo in nome di valori comuni reperibili nel loro patrimonio culturale, inteso soprattutto come repertorio di argomenti retoricamente persuasivi che si sostituiscono finalmente alle "ragioni" dei piu' forti: qui le analisi nietzscheane sul rapporto tra verita' (imposta) e forza rimangono decisive, almeno quanto quelle marxiane. Ma ci si chiedera': vogliamo sostituire alle ragioni della forza la forza (retorica) delle ragioni, perche' questo ci sembra piu' giusto? Anche l'ideale di una societa' aperta e' dunque un ideale metafisico, un "Valore" da cui non possiamo prescindere? Qui la risposta e' no: siamo (queste Opere complete sono) contro le ragioni della forza perche' ci troviamo a essere tra i deboli, i perdenti della storia di Walter Benjamin. Neanche il pensiero debole, anzi meno che mai esso, e' una filosofia universale. E' soltanto come il proletariato marxiano: in quanto espropriato, ha piu' titoli per presentarsi come portatore dell'essenza umana piu' generalmente valida. In qualche senso e' dunque giusto dire che il pensiero debole e' il pensiero dei deboli, degli sconfitti della storia, non pero' orientati a cercare il proprio riscatto solo nella vita eterna. Il "non detto" che la metafisica (e in definitiva il potere) ha oscurato da sempre, e a cui Heidegger cerca di prestare orecchio, e' la parola inudibile dei vinti della storia che la filosofia ha il compito, il solo compito, di renderci capaci di ascoltare. In quella parola soltanto, se mai qualcosa del genere e' possibile, puo' parlarci di nuovo l'essere. * Da pagina 20 Dalla "Introduzione generale" di Mario Cedrini, Alberto Martinengo, Santiago Zabala L'attualita' del pensiero debole La tendenza del pensiero debole a proliferare in una serie (potenzialmente illimitata) di autoverifiche e' senza dubbio il primo criterio interno cui risponde il progetto delle Opere complete. Tuttavia non e' l'unico: vi sono altri elementi significativi che compongono lo sfondo del discorso e che e' bene mettere in luce fin dall'inizio. Si tratta senz'altro di contingenze, ma quanto mai significative per capire da dove il progetto prenda le mosse. Il quadro nel quale esse si muovono ha a che fare ancora con l'esigenza di tracciare un bilancio. Tuttavia se il discorso sull'iperbole della responsabilita' impone una verifica dall'interno del pensiero debole, vi sono indizi significativi anche sull'altro versante: quello del bilancio ab extra. La prima di queste contingenze e' di nuovo legata a circostanze biografiche, in termini che - per usare un dualismo largamente improprio - si potrebbero definire extrateorici. Senza dubbio, gli indizi che la riguardano sono contraddittori e ambigui; ma pur con le necessarie cautele non si puo' non tenerli nella dovuta considerazione. Si tratta delle stesse circostanze che sono alla base di un testo cosi' anomalo, nella produzione di un filosofo di professione, quale e' l'autobiografia scritta con Paterlini: circostanze anagrafiche, in prima istanza, ma lato sensu anche pubbliche e culturali. Fin dagli anni Settanta, infatti, la fortuna editoriale e accademica di Vattimo come filosofo e' legata a doppio filo con le vicende della storia culturale italiana. La successione alla cattedra di Pareyson, l'elezione a preside della Facolta' di lettere a Torino, la militanza nel Partito radicale e nel Fuori di Angelo Pezzana, la crescente notorieta' come editorialista sui quotidiani rappresentano la prima affermazione della sua figura a livello nazionale: Vattimo inizia cosi' a giocare un ruolo importante nelle vicende culturali del paese. Nel corso degli anni Ottanta questo ruolo si consolida e si accresce, di pari passo con la fortuna che il pensiero debole riscuote, tanto attraverso i suoi sostenitori quanto - come si e' visto - per mano dei detrattori. Nel decennio successivo questa fase dell'impegno pubblico di Vattimo giunge in qualche misura all'apice, dapprima in coincidenza con la primavera civile e politica che l'Italia vive all'inizio degli anni Novanta e successivamente con l'approdo al Parlamento europeo. La cornice dentro la quale nasce Non Essere Dio e' questa; ed e' una cornice della quale non si puo' non tenere conto anche qui. Gli anni dell'esperienza politica diretta segnano infatti un momento di svolta che non e' difficile rilevare, se si ripercorre la biografia pubblica di Vattimo. E' una svolta che ridisegna radicalmente il suo impegno, ma che al tempo stesso lo apre a nuovi modi di fare politica, modalita' sempre piu' lontane dalle forme tipiche della rappresentanza democratica. Quest'evoluzione porta con se' significativi elementi di continuita' con il passato: la militanza storica di Vattimo nell'area riformista e progressista, infatti, e' fin dall'inizio tangenziale rispetto alle logiche delle entita' politiche istituzionalizzate e non si riduce mai a un'adesione incondizionata. Ma non si puo' negare che l'elezione a deputato europeo rapp resenti la fine di questa tangenzialita', dapprima nel tentativo di contribuire direttamente all'esperienza della sinistra italiana e poi, all'opposto, interrompendo ogni legame istituzionale con essa. E in questo quadro rientra anche uno dei momenti piu' forti della polemica di Vattimo contro gli schieramenti politici tradizionali, che si concretizza nella "vicenda di San Giovanni in Fiore", ossia la sua candidatura alla guida di una formazione politica nuova, composta da giovani decisi a rompere l'immobilismo politico delle amministrazioni locali. In generale, quindi, la trasformazione del rapporto con la politica non puo' essere trascurata, se si vuole comprendere il modo in cui la figura di Vattimo si rapporta con la realta' culturale italiana. Ne' e' possibile sottovalutarla se si vuole comporre il quadro in cui il progetto delle Opere complete si inserisce. In questo caso, la brusca evoluzione dell'esperienza parlamentare si somma ad altri elementi importanti della sua biografia: il mutamento della realta' accademica, la trasformazione dei rapporti con i giornali e gli editori, il confronto con le altre realta' culturali del paese. Certamente, non e' facile sostenere che si tratti di circostanze univoche e che da esse si possa ricavare una direzione di sviluppo omogenea. Ma proprio a fronte di questa disomogeneita', l'obiettivo delle Opere complete e' quello di dare una visione complessiva di cio' che nell'esperienza di Vattimo resta inevitabilmente occasionale. Si tratta di un obiettivo che in larga parte e' consonante con la direzione che la letteratura secondaria sta intraprendendo e di cui Weakening Philosophy ha inteso fornire una prima mappatura. Ma e' altresi' uno scopo non dissimile da quello che sta alla base di Non Essere Dio, uno strumento che oggi non si puo' sottovalutare se si vuole affrontare criticamente il ruolo intellettuale di Vattimo in Italia. Tutto cio' non ha minimamente il significato di raccogliere attorno al pensiero debole una o piu' chiavi di lettura, che possano aspirare a una legittimita' maggiore di altre - un obiettivo che, come si e' visto, sarebbe radicalmente in contrasto con la natura proteiforme che la riflessione di Vattimo assume. Nei fatti, cio' che si tratta di rilevare e' che esiste una serie di circostanze (nessuna delle quali e' totalmente determinante) in base a cui l'identita' filosofica, politica e culturale di Gianni Vattimo richiede un momento di bilancio, in cui e' prioritario il ritorno ai testi. Del resto, che la pubblicazione delle Opere complete di Vattimo rappresenti una straordinaria opportunita' e' evidente sotto molti punti di vista. Al grande pubblico essa consente di leggere (o di rileggere) testi dei quali si e' completamente smarrita la traccia, dai saggi degli anni Sessanta e Settanta agli interventi giornalistici pubblicati nelle piu' svariate occasioni, la cui proliferazione e' tuttora difficilmente controllabile. Si tratta per di piu' di una rilettura che muove dall'impegno specifico dell'autore, che assieme ai curatori discute e contestualizza le diverse tappe del progetto. Ma senza dubbio il lavoro porta con se' una finalita' altrettanto importante, che risponde a un'esigenza specifica del pubblico ristretto degli studiosi: il bisogno di un confronto aperto, non soltanto sui testi, ma anche sulle prospettive cui il pensiero debole da' luogo. In larga parte, infatti, alla prolificita' di Vattimo come autore corrisponde un'evidente proliferazione degli interessi cui i suoi lettori danno corso. Tra gli obiettivi, dunque, la pubblicazione delle Opere complete assume anche un compito che si potrebbe definire ecumenico: quello di riaprire il confronto tra i lettori di Vattimo, alla luce della comunanza teorica che li tiene assieme, ma al tempo stesso sulla scia delle diverse prospettive che essi hanno reso possibili. Da questo punto di vista, la "koine' vattimiana dell'ermeneutica" e' gia' un fatto nella discussione filosofica odierna: un fatto che si percepisce piu' chiaramente se lo si osserva dall'esterno dei propri confini (fuori dall'ermeneutica italiana e in una prospettiva internazionale), e di cui in generale la filosofia dell'interpretazione non puo' non tenere conto. Del resto, il riferimento allo stato del dibattito filosofico attuale costituisce un ulteriore punto di partenza del progetto, a completare il quadro delle circostanze che ne segnano la nascita. Risale infatti al 1994 la severa analisi che in Oltre l'interpretazione Vattimo dedica al significato dell'ermeneutica per la filosofia. Si tratta di un'analisi della cui perdurante attualita' non c'e' da dubitare, alla luce degli sviluppi successivi della filosofia dell'interpretazione. Cio' non di meno, e' una diagnosi che assume un significato completamente nuovo nel contesto in cui la pubblicazione delle Opere complete prende forma. La morte di Gadamer (2002) e di Paul Ricúur (2005), che dell'ermeneutica novecentesca sono i fondatori, assieme alla scomparsa di Jacques Derrida (2004) e di Richard Rorty (2007), che a essa hanno contribuito in modo fondamentale, ha creato una situazione singolare per la filosofia dell'interpretazione: come molte altre grandi filosofie del passato, l'ermeneutica si trova oggi nella condizione di essere una disciplina senza padri. Ovviamente, in questa osservazione vi e' il naturale rimpianto per avere perso alcune delle voci piu' autorevoli del Novecento, che ancora in anni recenti hanno contribuito in modo decisivo a rivedere e arricchire le loro stesse premesse. Ma oltre a cio' vi sono alcune conseguenze che stanno venendo in chiaro soltanto ora. Si tratta di due effetti in particolare, sul cui significato e' bene essere espliciti dall'inizio. In primo luogo questa circostanza dimostra inoppugnabilmente che l'ermeneutica e' in grado di sopravvivere alla scomparsa dei suoi primi artefici, pur nell'ovvia evoluzione e differenziazione degli esiti: anche se e' innegabile che l'interpretazione si dica "in molti modi" - e che dunque l'etichetta di ermeneutico possa essere tanto larga quanto indeterminata - cio' non toglie che una parte rilevante del dibattito filosofico attuale continui a riconoscersi (di diritto o di fatto) negli argomenti formulati negli anni Cinquanta e Sessanta da Gadamer, da Ricúur e - in Italia - da Pareyson. Ma in secondo luogo nel fatto di essere una disciplina senza padri e' contenuta una sfida essenziale per la filosofia dell'interpretazione, nella quale e' in gioco la differenza tra la sua pura riproposizione storiografica (la canzone da organetto di Zarathustra) e una vera e propria seconda giovinezza. Per l'ermeneutica che sopravvive ai suoi primi padri, infatti, e' giocoforza sottoporsi a un serio lavoro di ripensamento e ricostruzione. Si tratta di un programma di riorganizzazione del quale e' impossibile formulare in pochi passaggi l'agenda delle priorita'. Al tempo stesso e' pero' un processo che contiene alcuni snodi difficilmente contestabili: una significativa riqualificazione delle strutture logiche dell'interpretazione, un confronto serio con gli esiti piu' avanzati della filosofia postanalitica, un'analisi sempre piu' critica della sfera politica, la riproposizione costante del dialogo con le discipline delle forme simboliche, con la religione e la teologia, con le discipline della comunicazione. E' questo il motivo esterno piu' cogente per pensare oggi alla pubblicazione delle Opere complete di Gianni Vattimo. Vattimo infatti, oltre che essere allievo diretto di Gadamer e Pareyson, e' il pensatore ermeneutico che con piu' chiarezza riesce a tenere assieme i punti programmatici cui si e' fatto riferimento. Si pensi per esempio alla forza con la quale Oltre l'interpretazione argomenta la necessita' di una ricostruzione della razionalita' ermeneutica, non a caso partendo dal confronto con Gadamer e Derrida. Ma si consideri anche l'attenzione con cui Vattimo ha condotto il confronto con il neopragmatismo di Rorty (Il futuro della religione, 2005); con la politica, da Il socialismo ossia l'Europa (2004) a Ecce comu (2007); con la religione, da Credere di credere a Dopo la cristianita' (2002); con le discipline della comunicazione, da La societa' trasparente (1989) in poi. Cio' significa che se l'ermeneutica vuole salvarsi come realta' vivente della filosofia (e non soltanto come un affare del passato), puo' trovare un'opportunita' concreta di ripensamento proprio nella pubblicazione delle Opere complete di Gianni Vattimo. E per quanto possibile si tratta di un'occasione di discussione che va al di la' dei contrasti che il pensiero debole ha contribuito a fare sorgere: la filosofia, quando e' veramente tale, non deve venire meno alla possibilita' di essere pietra di scandalo, di introdurre divisione e contrapposizione; ma cio' non toglie che a questa capacita' di fare skandalon si debba tornare, per riconsiderarla, quando si cercano nuove motivazioni per proseguire la discussione. 5. LETTURE. ANDREA COZZO: LA TRIBU' DEGLI ANTICHISTI Andrea Cozzo, La tribu' degli antichisti. Un'etnografia ad opera di un suo membro, Carocci, Roma 2006, pp. 288, euro 20,30. Un grecista, docente universitario, riflette rapsodicamente sul proprio lavoro e sulla propria corporazione professionale. Ma questo grecista e' anche un amico e uno studioso della nonviolenza, autore di un testo acuto come pochi, ed e' anche un amico personale (un amico prezioso e, se nel nostro disfatto mondo si puo' ancora usare questa parola medioevale nel valore che allora aveva ed ora non ha piu': gentile) dell'anonimo estensore di queste briciole bibliografiche. Che dire? questo suo recente lavoro e' un libro bello e irritante: bello, perche' notomizza - e talora con agudezas che non sarebbero dispiaciute allo Schopenhauer demolitore della filosofia dei professori dei professori d'universita' e lettore dei grandi moralisti del Seicento - gli arcana e gli idola di una tradizione e di una casta che tanti meriti ha quanti demeriti (il peggiore: l'imbalsamazione di un'esperienza come l'ascolto dei classici che solo puo' darsi in nudita' e furore, per cosi' dire col coltello fra i denti, nel divampare di tutte le passioni e nell'esperienza della comune lotta per la dignita' di ogni essere umano). Ma bello anche per il rigore e il vigore di pagine a un tempo sobrie e impegnate, in cui la fluidita' del discorso piu' d'un grave pondo reca e scioglie. E bello infine anche - agli occhi e al cuore di chi legge - perche' l'autore vi fa agire densi e preziosi riferimenti a tradizioni ed opere e figure anche al nostro discerpato cuore assai dolci, assai grate. Ed irritante, come deve essere ogni libro che voglia essere pensiero e azione: irritante perche' invita alla pugna: come Panzieri diceva del teatro brechtiano, ad ogni passo vorresti alzarti, interrompere la recita e cominciare la discussione. Ed irritante anche per quel che non c'e' e che noi avremmo voluto ci fosse, o per quanto vien preso assai sul serio ed a nostro modestissimo avviso di esser preso sul serio non meriterebbe, o ancora per certi tratti (il titolo ad esempio, o il sottotitolo) che alle grevi orecchie di lugubri figuri come noi troppo suonano frivoli. E qui ci fermiamo, chi legge queste note forse avra' gia' assaporato quanto basta per voler passare direttamente alla lettura dell'opera, che e' il senso e il fine di queste presbiti segnalazioni di dispeptico lettore senza professura e di nulla accademia. 6. RILETTURE. NICOLETTA CARAMELLI (A CURA DI): STORIOGRAFIA DELLE SCIENZE E STORIA DELLA PSICOLOGIA Storiografia delle scienze e storia della psicologia, Il Mulino, Bologna 1979, pp. 360. Una ancora utile e appassionante raccolta di saggi per una storiografia della psicologia, con una ricca bibliografia. 7. RILETTURE. NICOLETTA CARAMELLI (A CURA DI): LA PSICOLOGIA COGNITIVISTA Nicoletta Caramelli (a cura di), La psicologia cognitivista. Orientamenti nello studio dei processi cognitivi, Il Mulino, Bologna 1983, pp. 456. Aperta da un saggio introduttivo della curatrice, una raccolta di testi ancora di grande interesse. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 472 del 31 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 184
- Next by Date: Coi piedi per terra. 102
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 184
- Next by thread: Coi piedi per terra. 102
- Indice: