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Minime. 469
- Subject: Minime. 469
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 28 May 2008 01:04:36 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 469 del 28 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Marisa Guarneri: Uomini contro la violenza, dove siete? 2. Contrastare il razzismo 3. Nando Dalla Chiesa: L'odio 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Simonetta Fiori presenta "La perdita" di Manuela Fraire e Rossana Rossanda a cura di Lea Melandri 6. Marco Pacioni presenta "Poesie ultime e prime" di Michele Ranchetti 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARISA GUARNERI: UOMINI CONTRO LA VIOLENZA, DOVE SIETE? [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprensiamo la seguente lettera aperta di Marisa Guarneri. Marisa Guarneri e' la presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano] Cari uomini italiani, ho un gran peso sul cuore, e capisco il silenzio che da ogni parte si sente su cio' che sta accadendo in Italia. Le mie amiche mi scrivono facendo battute sulla ragazza romena stuprata da un italiano, molto vicino a lei naturalmente... il convivente della datrice di lavoro... Pubblicamente emerge la verita' e cioe' che lo stupro appartiene agli uomini ed e' contro le donne ed a volte anche contro altri uomini. Il braccialetto di Rutelli ci consegnava ad un destino di vittime predestinate, la campagna della destra ci riduceva ad un mero possesso, stuprobile solo dagli italiani caso mai: le nostre donne! Ma ora il salto e' veramente epocale, scordato il pretesto - lo stupro - si passa direttamente alla punizione etnica. Sono abituata a vedere giovani donne diventare capro espiatorio dei problemi della propria famiglia, ed abusate in silenzio. Ma le nostre braccia non bastano per accogliere migliaia di donne e bambini assaltati, resi responsabili di tutti i disastri del nostro paese. * Si parla di esercito nelle citta': niente in contrario se questo esercito mettesse alla gogna tutti gli uomini che stuprano indipendentemente dalla loro nazionalita' e tutti gli uomini che picchiano, terrorizzano, perseguitano, ammazzano donne colpevoli di cercare la propria liberta'. Punizione si', ma soprattutto morale, ostracismo, isolamento, vergogna per questi uomini. Solo il disprezzo degli altri uomini potra' fermare tutto questo. Non bastano gli eserciti per combattere il disprezzo conscio e inconscio che c'e' nel cuore e nella mente di moltissimi uomini e donne per le vittime di violenza. Meglio fuochi e assalti di ronde che guardare la verita' e cioe' che l'origine dello stupro e della violenza sta negli occhi che gli uomini e le donne chiudono sollevati dal fatto che non stia capitando a loro. * E' buio sopra la mia testa e nel mio cuore. Temo per tutti e per me: temo il trascinamento delle soluzioni facili, temo la concordia in parlamento, temo le donne che non lottano pur essendo in posizione di poterlo fare e le leggi necessarie non vengono approvate. Da cosa vi deve difendere, uomini, il Decreto Sicurezza? Dalla consapevolezza che la violenza e' dentro ognuno di voi e che quando pieta' muore siamo tutti morti? Non si tratta piu' di riparare dentro ai centri antiviolenza alle sofferenze di donne private della loro dignita' e speranza, si tratta di contrastare la violenza con il coraggio di parlare e distinguersi da questa barbarie, che da almeno venti anni vedo compiersi ogni giorno. Uomini contro la violenza, dove siete? 2. APPELLI. CONTRASTARE IL RAZZISMO [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] Siamo persone - storici, giuristi, antropologi, sociologi, filosofi, operatori culturali - che da tempo si occupano di razzismo. Il nostro vissuto, i nostri studi e la nostra esperienza professionale ci hanno condotto ad analizzare i processi di diffusione del pregiudizio razzista e i meccanismi di attivazione del razzismo di massa. Per questo destano in noi vive preoccupazioni gli avvenimenti di questi giorni - le aggressioni agli insediamenti rom, le deportazioni, i roghi degenerati in veri e propri pogrom - e le gravi misure preannunciate dal governo col pretesto di rispondere alla domanda di sicurezza posta da una parte della cittadinanza. Avvertiamo il pericolo che possa accadere qualcosa di terribile: qualcosa di nuovo ma non di inedito. La violenza razzista non nasce oggi in Italia. Come nel resto dell'Europa, essa e' stata, tra Otto e Novecento, un corollario della modernizzazione del Paese. Negli ultimi decenni e' stata alimentata dagli effetti sociali della globalizzazione, a cominciare dall'incremento dei flussi migratori e dalle conseguenze degli enormi differenziali salariali. Con ogni probabilita', nel corso di questi venti anni e' stata sottovalutata la gravita' di taluni fenomeni. Nonostante ripetuti allarmi, e' stato banalizzato il diffondersi di mitologie neo-etniche e si e' voluto ignorare il ritorno di ideologie razziste di chiara matrice nazifascista. Ma oggi si rischia un salto di qualita' nella misura in cui tendono a saltare i dispositivi di interdizione che hanno sin qui impedito il riaffermarsi di un senso comune razzista e di pratiche razziste di massa. Gli avvenimenti di questi giorni, spesso amplificati e distorti dalla stampa, rischiano di riabilitare il razzismo come reazione legittima a comportamenti devianti e a minacce reali o presunte. Ma qualora nell'immaginario collettivo il razzismo cessasse di apparire una pratica censurabile per assumere i connotati di un "nuovo diritto", allora davvero varcheremmo una soglia cruciale, al di la' della quale potrebbero innescarsi processi non piu' governabili. Vorremmo che questo allarme venisse raccolto da tutti, a cominciare dalle piu' alte cariche dello Stato, dagli amministratori locali, dagli insegnanti e dagli operatori dell'informazione. Non ci interessa in questa sede la polemica politica. Il pericolo ci appare troppo grave, tale da porre a repentaglio le fondamenta stesse della convivenza civile, come gia' accadde nel secolo scorso - e anche allora i rom furono tra le vittime designate della violenza razzista. Mai come in questi giorni ci e' apparso chiaro come avesse ragione Primo Levi nel paventare la possibilita' che quellÏatroce passato tornasse. * Primi firmatari: Marco Aime, Rita Bernardini, Alberto Burgio, Carlo Cartocci, Tullia Catalan, Enzo Collotti, Alessandro Dal Lago, Giuseppe Di Lello, Angelo D'Orsi, Giuseppe Faso, Mercedes Frias, Gianluca Gabrielli, Clara Gallini, Pupa Garribba, Francesco Germinario, Patrizio Gonnella, Gianfranco Laccone, Maria Immacolata Macioti, Brunello Mantelli, Giovanni Miccoli, Giuseppe Mosconi, Grazia Naletto, Michele Nani, Salvatore Palidda, Marco Perduca, Pier Paolo Poggio, Carlo Postiglione, Enrico Pugliese, Annamaria Rivera, Rossella Ropa, Emilio Santoro, Katia Scannavini, Renate Siebert, Gianfranco Spadaccia, Elena Spinelli, Diacono Todeschini, Nicola Tranfaglia, Fulvio Vassallo Paleologo, Barbara Valmorin, Danilo Zolo. 3. RIFLESSIONE: NANDO DALLA CHIESA: L'ODIO [Dal quotidiano "L'Unita'" del 5 maggio 2008 col titolo "L'aggressione fascista. L'odio per la diversita'". Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, gia' parlamentare e sottosegretario; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Dal sito sopra citato riprendiamo anche questa breve autopresentazione (risalente a qualche tempo fa) di Nando dalla Chiesa: "Chi sono? Uno che ama impegnarsi, specialmente se sono in gioco la liberta' e la giustizia. Ma anche la decenza mentale e morale. Insomma, mi piace la democrazia e ho cercato di darmi da fare per lei in tanti modi, anche se non ho ancora capito se lei me ne sia grata. Ora sono sottosegretario al Ministero dell'Universita' e della Ricerca, con delega al diritto allo studio, ai conservatori e alle accademie. Sono della Margherita ma sono soprattutto un ulivista convinto, praticamente un fan del partito democratico che si vorrebbe fare. Il mestiere, dite. Gia', sono un sociologo dell'economia, laureato in Bocconi e insegno la mia materia a Scienze Politiche di Milano (ma per ora sono in aspettativa). Scrivo libri (fino a oggi una ventina) e collaboro con diversi giornali. In particolare mi onoro di essere tra gli editorialisti dell'Unita' di Furio Colombo e Antonio Padellaro. Da qualche tempo sono anche editore. Ho fondato una casa editrice che non e' nemmeno piu' solo una promessa e che si chiama Melampo. Soci d'avventura, Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, miei allievi bocconiani arrivati al successo nell'editoria per i fatti loro. Faccio pure del teatro. O meglio, a tanto mi ha spinto l'era berlusconiana. E penso che nei prossimi anni mi ci dedichero' un bel po'. E infine, mi piace fondare. Mica solo la casa editrice. Ho fondato un circolo di nome 'Societa' civile' nella Milano degli anni ottanta. Una splendida creatura collettiva che ha tenuto botta al regime della corruzione di quel periodo. Poi, con il mio amico Gianni Barbacetto, ho fondato il mensile omonimo, grande esperienza giornalistica fatta da ragazzi irripetibili. Ho fondato con Leoluca Orlando e Diego Novelli la Rete, un movimento che diede agli inizi degli anni novanta dignita' politica nazionale all'idea che si dovesse combattere la mafia. Ho fondato il piccolo movimento di Italia democratica, anche quello con mensile, che conflui' nell'Ulivo battendosi contro il razzismo e la secessione. E pure Omicron, rivista sulla criminalita' organizzata al nord, sempre con Gianni Barbacetto. E il comitato di parlamentari 'La legge e' uguale per tutti' per fronteggiare l'offensiva del signor B.; un comitato alla testa di tante manifestazioni degli ultimi cinque anni e che ha prodotto l'unica esperienza di teatro civile al mondo fatto da parlamentari. Ho anche fondato con Fabio Zanchi e Lidia Ravera il Mantova Musica Festival, giunto ormai alla terza edizione e nato per contestare Sanremo finito nelle mani di Tony Renis. Soprattutto ho fondato una famiglia con Emilia. Ne sono nati Carlo Alberto e Dora, i miei gioielli, che se li avesse visti Cornelia ne sarebbe rimasta folgorata, altro che i suoi Gracchi, con tutto il rispetto...". Opere di Nando dalla Chiesa: Il potere mafioso. Economia e ideologia, Mazzotta 1976; Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la societa' italiana, Mondadori 1984, Editori Riuniti 2003; (con Pino Arlacchi), La palude e la citta'. Si puo' sconfiggere la mafia, Mondadori 1987; Il Giano bifronte. Societa' corta e colletti bianchi: il lavoro, la cultura, la politica, Etas libri 1987; Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali cittadini, Einaudi 1990; Dizionario del perfetto mafioso. Con un breve corso di giornalismo per gli amici degli amici, Mondadori 1990; Il giudice ragazzino. Storia di Rosario Livatino assassinato dalla mafia sotto il regime della corruzione, Einaudi 1992; Milano-Palermo: la Nuova Resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi 1993; I trasformisti, Baldini & Castoldi 1995; La farfalla granata. La meravigliosa e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista, Limina 1995; La politica della doppiezza. Da Andreotti a Berlusconi, Einaudi 1996; (a cura di), Carlo Alberto dalla Chiesa, In nome del popolo italiano. Autobiografia a cura di Nando dalla Chiesa, Rizzoli 1997; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi 1999; Diario di fine secolo. Della politica, della giustizia e di altre piccolezze, Edizioni Pequod 1999; La partita del secolo. Storia di Italia-Germania 4-3. La storia di una generazione che ando' all'attacco e vinse (quella volta), Rizzoli 2001; La legge sono io. Cronaca di vita repubblicana nell'Italia di Berlusconi. L'anno dei girotondi, Filema edizioni 2002; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema edizioni 2003; La scuola di via Pasquale Scura. Appassionato elogio dell'istruzione pubblica in Italia, Filema edizioni 2004; La fantastica storia di Silvio Berlusconi. Dell'uomo che porto' il paese in guerra senza avere fatto il servizio militare, Melampo 2004; Capitano, mio capitano. La leggenda di Armando Picchi, livornese nerazzurro, Limina 1999, nuova edizione 2005; Vota Silviolo!, Melampo 2005; Le ribelli, Melampo 2006. Scritti su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in vari libri di carattere giornalistico (tra gli altri di Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Corrado Stajano); tra le intervista si veda ad esempio quella contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli 1988. Il sito di Nando dalla Chiesa e': www.nandodallachiesa.it] E ora? Ora che dira' chi in questi mesi ci ha dipinto un mondo in bianco e nero, ci ha raccontato la violenza a gogo nelle citta' governate dalla sinistra, con gli immigrati forniti di licenza di spadroneggiare nelle vesti di rapinatori o stupratori? A Verona un ragazzo e' stato ridotto in fin di vita da un branco di ventenni per una sigaretta rifiutata. E in questo episodio, via via che se ne chiarisce il contesto, si concentra una quantita' di informazioni in grado di mettere in crisi gli stereotipi di mesi di informazione drogata. Dov'e', dunque, che la vita vale poco? Se tempo fa l'opinione pubblica era stata sconvolta dalla notizia che nell'hinterland napoletano, in piena Gomorra, un ragazzo era stato ucciso a coltellate per rubargli il motorino, qua nella ricca e civilissima Verona un ragazzo e' moribondo per una ragione ancora piu' futile: il rifiuto di una sigaretta chiesta chissa' con che toni e con che intenzioni. E ancora. Quali etnie esprimono una assoluta assenza di freni nel delinquere? Se in piu' occasioni ha fatto comprensibilmente impressione la selvaggia violenza con cui hanno agito le bande slave durante le rapine in villa nel nord Italia o sull'Appennino, altrettanta impressione fa la selvaggia violenza di questo branco veronese, che sembra avere avuto per culla benedicente il tifo ultra' cittadino e le sue bande impunite. Insomma: l'aggressione di gruppo e' stata compiuta da italiani che (cosi' dicono i testimoni) parlano il dialetto veneto; in una citta' di quel nord-est che reclama da sempre ordine e tolleranza zero contro la violenza degli immigrati; mentre il retroterra culturale e', per cio' che gli investigatori hanno appurato, quello della stessa estrema destra che, a furia di saluti romani, promette al paese di ridargli la agognata sicurezza, di restituire ai cittadini il diritto di camminare sicuri per le strade. L'estrema destra che presidia le curve, che manifesta con il Veneto Fronte Skinheads e che a Verona e' giunta con tutti gli onori in consiglio comunale, parte della nuova maggioranza. Sia chiaro, giusto per non lasciare margine agli equivoci. Quello che e' accaduto a Verona poteva accadere in qualsiasi citta' italiana, visto il livello di violenza potenziale che scorre impaziente sotto la pelle di una societa' sempre meno capace di controlli e autocontrolli. Ne' quel che e' accaduto puo' ragionevolmente essere imputato al sindaco Tosi e alla sua giunta. Occorre cioe' evitare un gioco al massacro speculare a quello in cui si e' specializzata la destra: attribuire per definizione ai sindaci gli episodi di violenza che si verificano nelle citta' governate dalla sinistra, facendo del dibattito sulla sicurezza una specie di maionese impazzita. Con tanti saluti alla serieta' richiesta da quello che viene comunque rappresentato come il primo e piu' urgente dei problemi italiani. Oggi Verona ci consegna una realta' assai diversa, terribilmente piu' complessa, senz'altro piu' inquietante di quella imperante nei mesi della campagna elettorale. L'idea che per conquistare piu' alti livelli di sicurezza si debba guardare solo alla criminalita' "da importazione" produce un rischiosissimo strabismo. Non solo perche' in questo paese la criminalita' organizzata indigena e' tuttora viva e vegeta, nonostante i molti colpi subiti. E il suo stato di salute non puo' lasciare tranquillo proprio nessuno. Ma anche perche' si coglie sempre piu' una violenza diffusa, molecolare, che tende a insinuarsi con capacita' espansive in molte pieghe ed enclaves sociali. Basti pensare al tifo ultra', e alla sua capacita' offensiva verso le istituzioni e verso le persone. Un tifo mai perseguito e mai punito sul serio, e che trova i suoi momenti epico-simbolici nell'omicidio Raciti o nell'assalto di massa compiuto pochi mesi fa a Roma contro le stesse caserme delle forze dell'ordine (cosa mai accaduta neanche ai tempi della contestazione piu' dura). E' stupefacente che quando si parla di sicurezza e di legalita' questo capitolo (che fra l'altro presenta da anni proprio a Verona una delle punte di maggiore allarme) non venga mai affrontato. Ma si pensi ancora alla quantita' di ferimenti e omicidi che si verificano con regolarita' impressionante nei pressi delle discoteche, con protagonisti (alla pari, si direbbe) italiani e immigrati, quasi che nella societa' del divertimento si siano realizzate autentiche zone franche dal diritto. Oppure si pensi al fenomeno del bullismo delle scuole e fuori dalle scuole. O alla estrema facilita' con cui si mette in gioco la vita degli altri, oltre che la propria, sulle strade, e non solo di notte. Ecco, chi scrive non indulge a descrizioni catastrofiche dello scenario nazionale quando parla di sicurezza. Sa che certi reati (spesso i piu' gravi) sono da tempo in discesa. Ma sa anche che altri (non secondari) sono in aumento, e che questo produce, in termini di paura, un impatto tanto piu' forte quanto piu' invecchia la popolazione e quanto piu' i mezzi di informazione ci fanno apparire vicino un delitto avvenuto in aree lontane, e di cui un tempo mai avremmo nemmeno sentito parlare. E dunque coglie e osserva con preoccupazione le molte correnti criminogene che percorrono una societa' aperta e precaria, ricca e diseguale, snervata dei propri valori e continuamente sospinta verso l'ammirazione acritica del denaro e della forza. Ma, appunto, una cosa bisogna sapere: queste correnti sono molte. E' lecito allora, e' utile nasconderne alcune dietro lo scudo ideologico del pregiudizio razziale, concentrare l'allarme sociale solo sulle voci che fomentano il razzismo? Cosi' come non e' responsabile (e purtroppo lo si e' fatto...) negare la presenza di una temibile criminalita' da immigrazione, altrettanto non e' responsabile usare quella criminalita' per esorcizzare "tutto il resto". Per esorcizzare quel che ci e' scomodo vedere, a partire da questi "nostri giovani" un po' esuberanti - "avranno bevuto un po' o saranno stati provocati" -, e investire invece politicamente sulla paura per il diverso, che sia nomade o immigrato. Anche perche', a seguire questa strada, potrebbe accadere che la stessa vittoria elettorale, perfino a dispetto dei vincitori, dia alla testa di chi pensa che sia finalmente suonata l'ora del "liberi tutti". Che sia arrivato il momento in cui e' consentito essere un po' "scavezzacolli". Se la sinistra ha i suoi limiti nell'affrontare il tema della sicurezza, la destra ha i propri. Che non pesano di meno. E non e' detto che non siano piu' densi di pericoli. 4. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. LIBRI. SIMONETTA FIORI PRESENTA "LA PERDITA" DI MANUELA FRAIRE E ROSSANA ROSSANDA A CURA DI LEA MELANDRI [Dal quotidiano "La Repubblica" dell'8 maggio 2008 col titolo "Rossanda: cosi' ho elaborato i lutti della mia vita" e il sommario "In un dialogo con la psicoanalista Manuela Fraire, la protagonista della sinistra italiana si misura con il tema della perdita: di se' e delle persone amate, ma anche del senso implicito nella politica. 'Il dolore ti fa capire di piu', ahime' ti concima'". Simonetta Fiori e' giornalista e saggista, scrive per le pagine culturali del quotidiano "La Repubblica". Manuela Fraire, autorevole intellettuale, psicoanalista, una delle figure piu' prestigiose del femminismo, e' autrice di numerosi saggi. Tra le opere di Manuela Fraire: (a cura di), Lessico politico delle donne: teorie del femminismo, Fondazione Elvira Badaracco, Franco Angeli, Milano 2002. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste. Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"] Ci vogliono coraggio e generosita' per pensare "l'impensabile", soprattutto scriverne, riflettere in pubblico sulla perdita: di se' e dei propri affetti, delle persone amate ma anche del "senso" implicito nell'impegno politico. Qualita' che non mancano alle tre donne di questo prezioso volumetto - Rossana Rossanda, Manuela Fraire e Lea Melandri - protagoniste di passioni distinte e incrociate quali la politica, la psicoanalisi e il femminismo (La perdita, Bollati Boringhieri, pp. 104, euro 6,50). La vita come una fila di candele, cosa succede quando le fiammelle spente sono piu' numerose - assai piu' affollate - di quelle ancora accese? Cos'e' l'elaborazione del lutto se non l'accettazione d'una mutilazione, "trascinarsi questi morti dietro, un pezzo di noi, abituandoci..."? Ma ci si abitua alla morte? Il libro parte da un dialogo tra Rossanda e Fraire, ospitato inizialmente sulla "Rivista di psicologia analitica". Un confronto dolorosamente autentico, che si sottrae a tentazioni libresche o ad analisi freddamente cerebrali, mettendo in gioco il vissuto delle due protagoniste. Ci si accosta con discrezione, come accanto a due amiche che si confidano, lasciando liberi pensieri ed emozioni solitamente trattenuti: la morte e' argomento rimosso, raro aprirgli un varco nel vortice degli impegni quotidiani. Di fianco alle due dialoganti si pone in intelligente ascolto anche Melandri, che interagisce con Rossanda e Fraire in una lunga postfazione, autobiografia e insieme commiato dalla madre appena scomparsa. "Perdere e perdersi", scrive Melandri, "sono meno lontani di quel che si creda. Accompagnare qualcuno verso la morte vuol dire in qualche modo addomesticare il pensiero della propria fine". La vita come "una goccia di miele sempre suggita ma soltanto da un ramo di rovi": un verso di Joachim du Bellay in cui Rossanda confessa di ritrovarsi. La "ragazza del secolo scorso" racconta di se' e del suo declino fisico con un disincanto che non e' mai disperazione o resa. Immagina il suo commiato con uno sguardo affettuoso per chi rimane. La sua esistenza ha incrociato le tragedie del Novecento, ma la vita e' essa stessa tragedia, sintesi di opposti e "incomponibili". "O vivi evitando di pensare alla morte o vivi una finitezza che ti nega. Se questo non e' tragico...". La perdita e' lo spaesamento che scaturisce dalla scomparsa degli affetti - emozionate le pagine dedicate all'amico d'una vita, Luigi Pintor, mai nominato - ma anche la perdita della politica, del "senso" connaturato alla passione politica, che e' cosa ben diversa dalla perdita di un partito o di un luogo di identificazione forte. La storia del comunismo e' "una storia mal finita, per molta debolezza ed errore". Lei pero' non ha pentimenti ne' risentimenti. "La morte ti fa capire di piu'. Ti matura. Ahime', ti concima": vale per la vita personale e per quella pubblica. 6. LIBRI. MARCO PACIONI PRESENTA "POESIE ULTIME E PRIME" DI MICHELE RANCHETTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 maggio 2008, col titolo "Le ultime poesie di Michele Ranchetti" e il sommario "Uscita postuma con il titolo Poesie ultime la terza raccolta dell'intellettuale fiorentino, scomparso lo scorso febbraio, esalta le discontinuita' della vita, rivelando quanto fosse proficua l'inattualita' dei suoi interessi verso la religione, la psicoanalisi, l'editoria". Marco Pacioni, saggista, svolge attivita' di ricerca presso l'Universita' "La Sapienza" di Roma. Opere di Marco Pacioni: (con Marco Santoro, Michele Carlo Marino), Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle "tre corone", Edizioni dell'Ateneo, Roma 2006. Michele Ranchetti (Milano 1925 - Firenze 2008), illustre intellettuale di profonda cultura e di grande finezza, storico della chiesa e delle religioni, docente universitario, poeta, pittore, saggista, traduttore, consulente editoriale, editore; studioso, traduttore e curatore dell'edizione italiana di opere di Wittgenstein, Freud, Celan, Rilke, Benjamin; ha curato per i "Meridiani" Mondadori l'edizione della Bibbia di Diodati. Opere di Michele Ranchetti: Cultura e riforma religiosa nella storia del modernismo, Einaudi, Torino 1963; La mente musicale, Garzanti, Milano 1988; Gli ultimi preti. Figure del cattolicesimo contemporaneo, Edizioni Cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1997; (a cura di, con Mauro Bertani), La psicoanalisi e l'antisemitismo, Einaudi, Torino 1999; Scritti diversi. Vol. 1: Etica del testo, Storia e Letteratura, 1999; Scritti diversi. Vol. 2: Chiesa cattolica ed esperienza religiosa, Storia e Letteratura, 2000; Scritti diversi. Vol. 3: Lo spettro della psicoanalisi, Storia e Letteratura, 2000; Verbale, Garzanti, Milano 2001; Scritti in figure, Storia e Letteratura, 2002; Non c'e' piu' religione. Istituzione e verita' nel cattolicesimo italiano del Novecento, Garzanti, Milano 2003; Poesie ultime e prime, Quodlibet, Macerata 2008. Opere su Michele Ranchetti: AA. VV., Anima e paura. Studi in onore di Michele Ranchetti, Quodlibet, Macerata 1998] L'itinerario di Michele Ranchetti, che ci ha lasciato all'inizio di febbraio, si configura come un percorso intellettuale in cui le deviazioni e le interruzioni sono piu' importanti delle continuita'. Cosi' egli scriveva in uno dei saggi raccolto nel primo volume dei suoi Scritti diversi (Edizioni di Storia e Letteratura, 1999): "... la vita si interromp(e) piu' volte nel corso della vita, ed e' a questa 'forma' di interruzione che si deve attribuire una rilevanza non prevista o almeno trascurata nelle 'biografie' e di rado presente nelle scritture autobiografiche. La vita di qualsiasi uomo, sano o malato, non e' per nulla un percorso lineare in cui la presenza della vita costituisca un elemento costante". E tutta fuorche' "lineare" era la gamma dei suoi interessi: Pascal, Wittgenstein, Freud, Benjamin, Celan, Rilke, gli eretici, la storia della Chiesa, la traduzione e, naturalmente, la scrittura poetica. Nonostante l'avesse praticata in forma privata sin da adolescente, Ranchetti si era convinto soltanto di recente, alla fine degli anni '80, che la poesia potesse essere la "forma" attraverso la quale esprimere le cesure, le interruzioni e le discontinuita': cio' che per definizione e' piu' difficile, se non impossibile, rappresentare. A tale compito e' chiamata anche la sua terza raccolta, uscita postuma con il titolo Poesie ultime e prime per la collana Verbarium della Quodlibet (pp. 89, euro 15). La sequenza del titolo, descrittiva della reale cronologia dei componimenti, e l'esergo "vi sono piu' testamenti che eredi", evidenziano come l'itinerario di Ranchetti non possa e non voglia disegnarsi come una narrazione in cui l'inizio e la fine hanno il loro posto stabilito. Come nelle scritture che inclinano alla mistica o si situano in atmosfere estreme - per esempio in Giovanni della Croce, in Angelo Silesio, in Carlo Michelstaedter o nel Giorgio Caproni di Res Amissa, per fare alcuni nomi vicini a Ranchetti - origine e termine, vita e morte e, piu' in generale, tutte le antitesi, non vengono semplicemente espresse come opposizioni, ma come simbiosi. Fluttuando continuamente le une nelle altre queste antitesi ci consegnano sempre l'impressione del movimento e contemporaneamente dell'immobilita', dell'apertura e della chiusura perentoria: "Di contro al tuo silenzio non ha voce / il grido del neonato che si accerta / d'esser vivo piangendo perche' teme / l'atterrito silenzio in cui tu muori viva. // Un altro vento muove le tue membra / e percorre il tuo corpo. Verso dove? / Dov'e' la morte e perche' il suo grembo / ti vuole nascere, madre del suo vivere, / del tuo morire?". Benche' a prima vista potrebbe sembrare il contrario, quello di Ranchetti non e' il tipico stile della coincidentia oppositorum: la formula piu' identificativa e abusata della tradizione mistica. La logica dei contrasti, la loro ossessiva ripetizione non sono il rovescio della linearita'. Le antitesi, gli ossimori e i chiasmi non chiudono completamente gli snodi del cursus della scrittura. C'e' sempre una tensione asimmetrica che salva un resto - spesso per isolarlo tragicamente -, uno spunto imprevisto, un tertium non pienamente dicibile, ma che proprio per questo si puo' "mostrare", come voleva Wittgenstein. E' questa forse la punta piu' estrema e originale della vena mistica della poesia di Ranchetti, che vuole contemporaneamente demistificare l'incantamento affabulatorio e spiazzare tanto se stesso nell'atto dello scrivere che il lettore. Nelle poesie latine - le "Prime", poste nella seconda sezione del libro, ma risalenti agli anni 1940-1945 - le iterazioni perdono la loro ossessivita', il ritmo e' meno spezzato e sembra placarsi: si riflette in questi versi l'influenza del latino liturgico e della sua ritualita' cristallizzata nella quale la specificita' della voce del poeta sfuma in coralita'. Al contrario, nelle due poesie in tedesco presenti nella prima sezione titolata "Ultime", la pronuncia e' piu' secca, le asimmetrie si stemperano. A differenza del latino (e solo in parte dell'italiano), lingua della preghiera, il tedesco sembra assumere di piu' il ruolo di lingua del giudizio assertorio. L'influenza di Celan (ma anche quella di Wittgenstein) e' qui molto forte. Il fatto stesso che e' difficile accostare senza forzature Ranchetti alle principali tendenze della poesia italiana contemporanea ne sottolinea la "inattualita'", che e' tale non soltanto nella poesia, ma anche nella sua affezione alla psicoanalisi, alla religione, nei progetti editoriali e, in generale, nei modi della sua presenza intellettuale. E tutto cio' si converte in un segno ancora piu' vivido e in un patrimonio di cui si puo' disporre a patto di trasformarlo in monumento. Quella di Ranchetti e' anche una via alternativa verso la poesia religiosa che non raggela nella mera presenza il mistero dell'Incarnazione e che anzi contesta l'arresto al visibile operato con sempre piu' forza dall'istituzione cattolica. In queste sue ultime poesie la morte viene convocata per riuscire ad appropriarsi della vita, a comprenderla mentre tuttavia sfugge e dunque risulta "assente" nel momento in cui chi scrive cerca di rintracciarne avvertirla come una presenza attiva nel proprio se'. Convocare la morte, chiamarla a rendersi presente inevitabilmente dal lato della vita, significa riaprire continuamente il tempo al perdurare della rivelazione cristiana, sottraendo il divenire a cio' che e' considerato come dato una volte per tutte, come "gia'-rivelato". Nella religiosita' che si ripara nel "rivelato" l'esistenza puo' specchiarsi e riconoscere - o credere di scoprire per la prima volta - di avere una identita' da trasferire, eventualmente, all'esterno. Il corpo e la mente, la vita e la morte, il bene e il male diventano etichette con le quali non si interroga piu' l'esistenza nella quale si e' manifestato l'evento religioso, ma la proiezione del riflesso di se' sugli altri. La religiosita' diventa un "valore" da monetizzare - il "rivelato" diventa (capitalisticamente) un "ricavato". E il sentimento religioso mentre svanisce nel singolo si va a ricomporre nella moltitudine, nel fragore dell'applauso. Proprio nel momento in cui sta per rendersi udibile il battito delle mani Ranchetti trova spazio con la sua poesia che introduce un tempo di mezzo fra "battere e levare". 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 469 del 28 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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