Coi piedi per terra. 90



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 90 del 21 aprile 2008

In questo numero:
1. Il 24 aprile a Viterbo
2. Eduardo Galeano: I diritti della natura
3. Alcuni  estratti da "Un mondo usa e getta" di Guido Viale (parte prima)
4. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. INCONTRI. IL 24 APRILE A VITERBO
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo]

Si terra' a Viterbo il 24 aprile 2008 un seminario sul tema "Nanoparticelle,
ambiente e salute", relatore il professor Stefano Montanari, direttore
scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena.
Il seminario si svolgera' con inizio alle ore 14,30 presso l'Aula Magna 1
della Facolta' di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, largo
dell'Universita' snc, a Viterbo.
Introduce i lavori il professor Giuseppe Nascetti, docente di Ecologia
dell'Universita' della Tuscia di Viterbo.

2. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: I DIRITTI DELLA NATURA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 aprile 2008, col titolo "La natura non
e' muta".
Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e
scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato
imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio
fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente,
vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i
diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene
aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer,
Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; e i recenti A testa in giu',
Sperling & Kupfer, Milano, e Le labbra del tempo, Sperling & Kupfer, Milano.
Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in
lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La
conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras
andantes, Mondadori, Milano]

Il mondo dipinge nature morte, soccombono i boschi naturali, si sciolgono i
poli, l'aria si fa irrespirabile e l'acqua imbevibile, si plastificano i
fiori e il cibo, e il cielo e la terra diventano pazzi da legare.
E mentre tutto cio' accade, un paese latinoamericano, l'Ecuador, sta
discutendo una nuova Costituzione. E in questa Costituzione si apre la
possibilita' di riconoscere, per la prima volta nella storia universale, i
diritti della natura.
La natura ha molto da dire, ed e' ora che noi, i suoi figli, la smettiamo di
fare i sordi. Forse persino Dio ascoltera' il richiamo che suona da questo
paese andino, e aggiungera' l'undicesimo comandamento di cui si era
dimenticato nelle istruzioni che ci diede sul monte Sinai: "Amerai la
natura, della quale fai parte".
*
Un oggetto che vuol essere soggetto
Per migliaia d'anni, quasi tutta la gente ha avuto il diritto di non avere
diritti.
Nei fatti, non sono pochi coloro che continuano a non avere diritti, ma
almeno, adesso, si riconosce il diritto di averli; e questo e' un po' piu'
di un gesto di carita' dei padroni del mondo per la consolazione dei loro
servi.
E la natura? In un certo senso, per cosi' dire, i diritti umani comprendono
la natura, perche' lei non e' una cartolina da guardare dal di fuori; la
natura sa bene che perfino le leggi umane migliori la trattano come oggetto
di proprieta', e mai come soggetto di diritto.
Ridotta a mera fonte di risorse naturali e buoni affari, lei puo' essere
legalmente ferita in modo serio, e perfino sterminata, senza che si odano i
suoi lamenti e senza che le norme giuridiche impediscano l'impunita' dei
suoi criminali. Al massimo, nel migliore dei casi, sono le vittime umane a
poter pretendere un indennizzo piu' o meno simbolico, e sempre dopo che il
danno e' stato fatto, ma le leggi non evitano ne' impediscono gli attentati
contro la terra, l'acqua o l'aria.
Suona strano, no? Che la natura abbia diritti... Una follia. Come se la
natura fosse una persona! Invece, suona normalissimo che le grandi imprese
degli Stati Uniti godano di diritti umani. Nel 1886, la Suprema Corte degli
Stati Uniti, modello della giustizia universale, estese i diritti umani alle
corporazioni private. La legge riconobbe loro gli stessi diritti delle
persone, il diritto alla vita, alla libera espressione, alla privacy e a
tutto il resto, come se le imprese respirassero. Piu' di centovent'anni sono
passati e continua ad essere cosi'. Nessuno ci fa piu' caso.
*
Grida e sussurri
Non vi e' nulla di strano, ne' di anormale, nel progetto che vuole includere
i diritti della natura nella nuova Costituzione dell'Ecuador.
Questo paese ha subito numerose devastazioni nel corso della sua storia. Per
citare un solo esempio, per piu' di un quarto di secolo, fino al 1992,
l'impresa petrolifera Texaco vomito' impunemente diciottomila milioni di
galloni di veleno sulla terra, i fiumi e la gente. Una volta compiuta
quest'opera di beneficenza nell'Amazzonia ecuadoriana, l'impresa nata in
Texas celebro' il matrimonio con la Standard Oil. A quel tempo, la Standar
Oil di Rockefeller era diventata Chevron ed era diretta da Condoleezza Rice.
In seguito, un oleodotto trasferi' Condoleezza Rice alla Casa Bianca, mentre
la famiglia Chevron-Texaco continuava ad inquinare il mondo.
Ma le ferite aperte nel corpo dell'Ecuador dalla Texaco e altre imprese non
sono l'unica fonte d'ispirazione di questa grande novita' giuridica che si
cerca di portare avanti. Inoltre, e non e' poco, la rivendicazione della
natura fa parte di un processo di recupero delle piu' antiche tradizioni
dell'Ecuador e di tutta l'America. Si propone che lo Stato riconosca e
garantisca il diritto di mantenere e rigenerare i cicli vitali naturali, e
non e' un caso che l'assemblea costituente abbia iniziato a identificare i
suoi obiettivi di rinascita nazionale con l'ideale di vita del "sumak
kausai". Il che significa, in lingua quechua, vita armoniosa: armonia fra di
noi e armonia con la natura, che ci genera, ci alimenta e ci protegge e che
ha vita propria, e valori propri, che vanno oltre.
Quelle tradizioni continuano ad essere miracolosamente vive, nonostante la
pesante eredita' del razzismo che in Ecuador, cosi' come in tutta l'America,
continua a mutilare la realta' e la memoria. E non si tratta solo del
patrimonio della sua numerosa popolazione indigena, che seppe perpetuarle
nel corso di cinque secoli di proibizione e di disprezzo. Appartengono a
tutto il paese, e al mondo intero, queste voci del passato che aiutano a
indovinare un altro futuro possibile.
Quando la spada e la croce sbarcarono in terre americane, la conquista
europea castigo' l'adorazione della natura, che era peccato di idolatria,
con le frustate, la forca o il fuoco. La comunione fra la natura e la gente,
un costume pagano, fu abolita in nome di Dio e poi in nome della Civilta'.
In tutta l'America, e nel mondo, continuiamo a pagare le conseguenze di quel
divorzio obbligatorio.

3. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "UN MONDO USA E GETTA" DI GUIDO VIALE (PARTE
PRIMA)
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Guido Viale, Un mondo usa e getta. La civilta' dei rifiuti e i rifiuti della
civilta', Feltrinelli, Milano 1994, 2000.
Guido Viale e' nato nel 1943, e' stato uno dei leader della protesta
studentesca nel '68, lavora a Milano, si occupa di politiche attive del
lavoro in campo ambientale, fa parte del Comitato tecnico-scientifico
dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa). Opere di
Guido Viale: segnaliamo particolarmente Il Sessantotto, Mazzotta, Milano
1978; Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano 1994, 2000; Tutti in taxi,
Feltrinelli, Milano 1996; Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino
1999; A casa, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2001; Vita e morte
dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007]

Indice del volume: Quando, come, perche'; 1. Fenomenologia del rifiuto.
Genesi; L'accumulazione; Eliminazione; I rifiuti come fonte di conoscenza;
2. Circuiti di smaltimento. Categorie di rifiuti; La raccolta; Gli impianti;
Altre destinazioni; 3. Vecchi e nuovi scavenger. Prima di diventare rifiuto;
Gli addetti alla nettezza urbana; Scene di ordinario scavenging; Lontano dai
rifiuti; Le discariche della storia; 4. Risorse e rifiuti. L'enigma
dell'abbandono; Il mondo come risorsa; Il rifiuto, elemento costitutivo
della risorsa; 5. Chiudere il cerchio. Il posto delle cose nel mondo;
Economia e ambiente; Beni e servizi; Piano e mercato; 6. Gestire i rifiuti.
Principi e obiettivi; Strumenti di intervento; Soluzioni operative;
Conclusioni. La cura delle cose; Riferimenti bibliografici.
*
Da pagina 7
Quando, come, perche'
Il mondo dei rifiuti ha un fascino particolare. Almeno per me. All'origine
di questa passione ci sono due ragioni: la prima e' strettamente personale e
deriva da una mia particolare predisposizione a rovistare, con la mente e
con le mani, tra le cose vecchie e scartate: la predilezione per le cose
usate rispetto a quelle fresche di fabbrica nasce dalla convinzione che non
tutto cio' che e' nuovo e fiammante sia di per se' da adottare, e non tutto
cio' che e' frusto sia per cio' stesso da abolire. Una forma di avarizia
metafisica mi sospinge, in conformita' con il piu' classico dei paradigmi
freudiani, a cercare l'oro non tanto nei miei particolari escrementi,
quanto, con tanta maggiore ambizione, in quelli di tutta l'umanita'.
*
Dietro lo specchio. La seconda ragione e' culturalmente piu' dignitosa: a
mano a mano che procedevo in questa indagine mi rendevo conto che i rifiuti
costituiscono un vero e proprio mondo, complesso e simmetrico a quello delle
merci: un mondo che, dietro lo specchio in cui la civilta' dei consumi ama
riflettersi e prendere coscienza di se', ci restituisce la natura piu' vera
dei prodotti che popolano la nostra vita quotidiana.
I rifiuti della societa' industriale, e in maniera del tutto particolare
quelli della civilta' dei consumi, sono in qualche modo il "rimosso" di
quell'attivita' sistematica di rapina e di spreco delle "risorse" della
terra su cui si fondano. Sono il "buco nero" in cui tutto e' destinato a
precipitare, ma sul cui oblio e' costruita la falsa coscienza di chi si
compiace della straordinaria produttivita' della tecnica moderna, senza
mettere in conto i danni che essa provoca.
I rifiuti sono una componente essenziale, e altamente complessa dei ciclo di
vita di tutti i beni materiali, ma invano si cerchera' una consapevolezza di
questo dato di fatto nella storia della scienza che da quasi trecento anni
si occupa dei beni e delle produzioni materiali, l'economia.
*
Da pagina 11
Fenomenologia del rifiuto
Siamo circondati. Troviamo ormai i rifiuti dappertutto: per le vie della
citta' e lungo le strade, le autostrade, le ferrovie che attraversano le
campagne; nelle aree industriali come nei quartieri residenziali; sulle cime
delle montagne e nei boschi; nei prati e sulle spiagge. Galleggiano sulla
superficie dei mari e dei laghi e si depositano sui loro fondali; nelle
schiume che ricoprono i fiumi trasformati in cloache a cielo aperto come
nelle dense nubi di fuliggine che oscurano e appestano l'aria.
Decine di migliaia di oggetti abbandonati nello spazio orbitano intorno alla
terra: dalle feci e dalle confezioni alimentari lasciate dagli astronauti a
frammenti grandi e piccoli di satelliti artificiali che non obbediscono piu'
ai segnali di chi li ha spediti lassu'. Questi rifiuti costituiscono ormai
uno dei problemi principali per la sicurezza delle missioni spaziali e sono
la disperazione degli astronomi (ma presto, forse, anche di chi
semplicemente ami guardare il cielo stellato) perche' attenuano la
luminosita' del firmamento.
*
Da pagina 12
Genesi
Osserviamo un rifiuto nel momento in cui si forma tra le nostre mani. Per
esempio, apriamo una confezione di pomodori in scatola, versiamone il
contenuto in un tegame e gettiamo nel secchio dell'immondizia la lattina
vuota, che diventa cosi' un rifiuto.
La nostra lattina ha subito alcune trasformazioni su cui vale la pena
riflettere: in primo luogo era pulita e improvvisamente ce la ritroviamo tra
le mani sporca; in secondo luogo, aveva una funzione e un'utilita', e adesso
non ne ha piu' alcuna; in terzo luogo, l'abbiamo portata da un negozio fino
a casa nostra e ora il problema per noi e' quello di "allontanarla" di nuovo
dalla nostra abitazione; infine, aveva un valore e un prezzo e adesso non
vale piu' niente. Analizziamo questi quattro passaggi piu' in dettaglio.
*
Da pagina 15
Il consumo e' produzione di rifiuti. Con questo siamo giunti all'ultima
delle trasformazioni che si verificano nell'attimo in cui decidiamo di
sbarazzarci di un prodotto: fino a un momento prima esso era una merce, con
un preciso valore d'uso (una "utilita'") e un preciso valore di scambio (un
prezzo); ora e' un rifiuto: un residuo che non ha piu' ne' l'uno ne'
l'altro.
Se guardiamo le cose dal punto di vista delle merci, che e' quello proprio
delle discipline economiche, quell'attimo e' precisamente il momento in cui
la merce cessa di essere tale, "annichilita" nell'atto con cui si conclude
il suo itinerario piu' o meno lungo dal produttore al consumatore.
Se guardiamo la cosa dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti, che
e' quello degli operatori del settore e di alcuni ambientalisti, vediamo che
il rifiuto ha la sua origine proprio nel consumo, cioe' nella morte della
merce in quanto merce. In altre parole, vediamo che il consumo - tanto
quello del "consumatore" finale che il consumo produttivo attraverso cui le
merci cambiano forma liberandosi di una parte di se' sotto forma di residui
di produzione - non e' altro che un gigantesco processo di produzione di
rifiuti.
Queste quattro trasformazioni, che accompagnano il "trapasso" delle merci al
loro "al di la'" di rifiuti, hanno dunque origine in un cambiamento del
nostro atteggiamento psicologico ed "esistenziale" nei confronti degli
oggetti che ci circondano: l'inclusione o l'esclusione dal mondo delle cose
pulite, utili, appetibili, dotate di valore.
*
Da pagina 17
L'accumulazione
Poiche' nella nostra cultura le cose non accedono allo statuto di realta' se
non vengono misurate - c'e' infatti chi pensa ancora che la natura sia
"scritta" in linguaggio matematico - e non acquistano dignita' di problema
se non vengono percepite direttamente, cercheremo di far marciare il nostro
discorso su entrambi questi binari: i dati statistici di cui disponiamo e
l'esperienza quotidiana che ciascuno puo' fare, o anticipare con un
esperimento mentale.
Con l'avvertenza che la nostra esperienza personale e' indubbiamente
soggettiva e come tale sospetta, ma che anche i dati statistici sui rifiuti
sono incompleti, frutto di stime spesso bislacche o di misurazioni non
facilmente ripetibili.
*
In peso. Torniamo alla nostra lattina o, meglio, al secchio della spazzatura
dentro cui l'abbiamo gettata. Le statistiche ci dicono che in Italia
ciascuno di noi produce ogni giorno tra un chilo e un chilo e mezzo di
rifiuti domestici (Anpa - Osservatorio nazionale sui rifiuti: Secondo
rapporto sui rifiuti urbani e sugli imballaggi e Rifiuti di imballaggio,
1999).
La media e' 462 chili all'anno, cioe' 34 tonnellate e mezzo nel corso di una
vita di 75 anni, se non fosse che assumere costante nel tempo la quantita'
di rifiuti domestici e' azzardato, perche', secondo alcuni, qualche decennio
fa se ne produceva molto meno, mentre secondo altri se ne produceva
addirittura di piu'. Se dobbiamo affidarci alle statistiche disponibili, la
quantita' di rifiuti domestici prodotti in Italia e' aumentata, tra il 1988
e il 1999, da 17,3 a 26,6 milioni di tonnellate. Una crescita del 53,5% in
tredici anni evidenzia un trend spaventoso, che, per nostra fortuna, e' in
buona parte imputabile a una certa inaffidabilita' delle rilevazioni di
qualche anno fa.
Per il momento, ciascuno di noi, al termine della propria vita, lascerebbe
in eredita' ai propri posteri una quantita' di rifiuti domestici pari a
quattrocento o settecento volte il proprio peso, a seconda della stazza che
ci portiamo appresso. Possiamo capire come lo "smaltimento" delle nostre
spoglie mortali, cioe' le nostre esequie, che pure presentano ormai problemi
di carattere urbanistico e sanitario tutt'altro che indifferenti, come ben
sanno gli amministratori locali che si occupano di cimiteri, abbia in
realta' dimensioni quasi insignificanti se confrontato con la sepoltura o la
cremazione di tutto cio' che abbiamo scartato durante la nostra vita.
*
Da pagina 23
Le esequie delle merci estinte [...]
Smaltire i rifiuti significa pertanto sottoporli a un trattamento che
permetta loro di confondersi con gli elementi costitutivi della nostra
immagine del mondo. E questi, a dispetto dei progressi della scienza, non
sono gli elementi del sistema periodico, bensi' quelli costitutivi della
fisica presocratica: i rifiuti si "interrano" nelle discariche; si sciolgono
nelle acque meteoriche o nei corsi d'acqua che li trasportano al mare; si
affidano alla catarsi del fuoco e, attraverso di esso, si inviano in cielo
perche' si disperdano in mezzo all'aria. Oppure, ancora, si abbandonano in
discariche a cielo aperto, alle cure degli agenti atmosferici.
In altre parole, l'eliminazione dei residui generati dalle merci, prodotte
mobilitando la potenza della scienza moderna, viene affidata agli elementi
costitutivi del mondo che precede l'avvento della tecnologia e della
scienza. Che non ci sia altro mezzo per disfarsi dei rifiuti e' forse un
segno che il mondo della mitologia e della sapienza antica e' piu' "reale"
di quella rappresentazione - anch'essa mitologica - che ce ne facciamo,
proiettando su di esso le formule della chimica e della fisica moderne.
[...]
*
Terra. Ma il fatto e' che i prodotti della moderna tecnologia si ribellano
alle esequie che gli operatori dello smaltimento hanno predisposto per loro.
I rifiuti solidi urbani seppelliti nelle moderne discariche, infatti, non
diventano humus, cioe' non ritornano terra; e lo diventano tanto meno quanto
piu' la loro composizione riflette uno stile di vita e un modello di consumo
moderni, dominati dall'uso di prodotti confezionati, di articoli usa e
getta, di plastiche, di circuiti elettronici, di additivi e detergenti
chimici, e quanto piu' la discarica incorpora i piu' recenti sviluppi della
tecnologia dello smaltimento, come l'impermeabilizzazione dei suoli, la
protezione dalle acque meteoriche, la prevenzione chimica dagli animali
infestanti, il blocco dei processi aerobici. [...]
*
Fuoco. Il fuoco non produce effetti migliori. Se la combustione di rifiuti
preindustriali produceva fumi e ceneri del tutto simili a quelli prodotti
dagli altri fuochi accesi per cuocere, riscaldarsi o forgiare i metalli (la
cui massa era facilmente riassorbita nel suolo o dai processi di fotosintesi
della vegetazione), la combustione dei rifiuti dell'era industriale genera
scorie ed emissioni che presentano problemi gravissimi. [...]
*
Aria. Anche a prescindere dagli inquinanti, l'anidride carbonica emessa dai
processi di combustione e' essa stessa un residuo, cioe' un rifiuto. Ma e'
anche la principale responsabile dell'effetto serra e la sua emissione ha
raggiunto livelli tali da rappresentare una minaccia per gli equilibri
ambientali dell'intero pianeta. Cosi' l'uomo contemporaneo, seppure
controvoglia, ha dovuto pervenire alla conclusione che anche il cielo - il
cielo moderno, che e' costituito dall'atmosfera che avvolge il pianeta - non
e' grande a sufficienza per poter contenere tutti i suoi rifiuti. [...]
*
Acqua. Infine l'acqua, da sempre simbolo di purezza, assai piu' mite del
fuoco, perche' mentre questo purifica distruggendo, l'acqua purifica
lavando: cioe' trascinando via cio' che contamina e lasciando intatto il
corpo su cui scorre. Anche l'acqua ha sempre avuto una parte di rilievo
nelle cerimonie funebri, tanto che prima di consegnarlo al regno
dell'aldila', si lava il corpo degli estinti per mondarlo da cio' che l'ha
contaminato in questo mondo.
Un riguardo che nessuno si sognerebbe di avere con i rifiuti, prima di
celebrare le esequie delle merci da cui essi sono stati generati. Tuttavia,
alle acque meteoriche, ai corsi d'acqua e poi al mare e agli oceani e' da
sempre affidato il ruolo di corpo recettore - e di depuratore - di larga
parte dei rifiuti prodotti. Ma come l'aria, neanche l'acqua e, come il cielo
, nemmeno gli oceani sono piu' in grado di assorbire senza inconvenienti la
mole dei rifiuti che vi scarichiamo, ne' di reinserire in cicli biologici
naturali una frazione sempre piu' ampia delle sostanze che li compongono.
*
Da pagina 28
I rifiuti come fonte di conoscenza. La presenza dei rifiuti nel mondo non si
esaurisce con la loro pretesa eliminazione attraverso le diverse forme di
smaltimento. Al di la' del quale dobbiamo registrare una loro superfetazione
nella noosfera, ossia nel mondo della conoscenza, che rappresenta in qualche
modo una loro esistenza parallela nel cielo dello spirito; una vera e
propria "anima".
I rifiuti sono infatti un immenso giacimento di informazioni di grande
valore, non solo in campo scientifico, ma anche - e soprattutto - in campo
commerciale. Basterebbe questo per prevedere che lo studio dei rifiuti
verra' coltivato in forme sempre piu' sistematiche.
Il perche' e' presto detto: i rifiuti sono un documento diretto, minuzioso e
incontrovertibile delle abitudini e dei comportamenti di chi li ha prodotti,
anche al di la' delle sue stesse convinzioni o della percezione che ha di se
stesso.
*
Archeologia e smaltimento. Da questo punto di vista, la scienza che piu' si
avvicina all'analisi sistematica dei rifiuti e' l'archeologia. Soprattutto
quando non puo' avvalersi di documenti scritti, la ricerca archeologica in
fondo non e' molto differente da uno scavo tra i rifiuti di un'altra epoca.
Reperti archeologici intatti come quelli di Ercolano o Pompei,
improvvisamente sommersi e poi conservati dalla massa di ceneri e fango che
li ha investiti, sono una rarita' e trovano un parziale riscontro soltanto
nei relitti sottomarini delle navi travolte da un naufragio.
*
Da pagina 64
Vecchi e nuovi scavenger
Finora abbiamo trattato i rifiuti solo sotto forma di oggetti che si
presentano all'uomo come la negazione o il rovescio del mondo che esso ha
costruito. Ora ci occuperemo della vita che brulica sopra e intorno ai
rifiuti, come parte integrante della loro stessa esistenza.
*
Prima di diventare rifiuto
Nella societa' preindustriale, la liberazione dei rifiuti da tutto cio' che
in qualche modo poteva ancora essere utilizzato - cioe' mangiato da uomini o
animali, indossato, venduto o adibito alla produzione di nuovi manufatti -
era in qualche modo istituzionalizzata e incorporata nella struttura della
gerarchia sociale, che da questo punto di vista era perfettamente
organizzata in funzione del riciclaggio.
Oggi, per una serie di motivi, che non sono esclusivamente ne'
principalmente riconducibili a un maggior benessere, questa spoliazione dei
residui del consumo opulento non avviene piu' in modo sistematico, anche se
sue manifestazioni sono ancora presenti un po' dappertutto: persino
all'origine di alcune grandi fortune.
Sin da bambino Rockefeller era considerato un calcolatore provetto. Una
inclinazione che si esercito' piu' tardi nel giuoco dell'accumulo, che gli
consenti' di allargare sistematicamente il capitale della Standard Oil
Company, attento com'era persino a che le immondizie dei cortili fossero con
cura frugate prima di essere portate via. (Alvi, 1989, p. 14).
Il fatto e' che la cosiddetta civilta' dei consumi in realta' non consuma
abbastanza, se per consumo si intende una utilizzazione esaustiva di cio'
che e' stato prodotto: la massa dei rifiuti non e' altro che la
manifestazione di questo scarto crescente tra cio' che produciamo e cio' che
consumiamo. In questa banale osservazione si svela la natura piu' profonda
della societa' in cui viviamo, che non e', in realta', una civilta' del
consumo, ma una "civilta' dello spreco" o, se vogliamo chiamare le cose con
il loro nome, un paese dei rifiuti, una Waste Land.
*
Da pagina 86
Rifiuti e rimosso nella letteratura. Si e' visto che rifiuti e oggetti
dismessi hanno spesso suscitato l'attenzione di romanzieri e poeti. Ma il
problema ha una dimensione piu' ampia; se riconduciamo il rifiuto nella
categoria generale di oggetto desueto e non funzionale, esso sembra uno dei
protagonisti della letteratura occidentale, per lo meno a partire da una
"svolta storica" che coincide, grosso modo, con la rivoluzione industriale.
Nel suo fondamentale saggio Gli oggetti desueti nelle immagini della
letteratura - Rovine, reliquie, rarita', robaccia, luoghi inabitati e tesori
nascosti, Francesco Orlando (1993) indaga la presenza degli oggetti non
funzionari nella letteratura occidentale e ne rileva l'assoluta preminenza,
rispetto a quella degli oggetti funzionali, soprattutto nelle opere degli
ultimi due secoli. Orlando individua in questa presenza una forma di
"ritorno del rimosso", che fa da contrappunto al dominio dell'utilitaristico
e del funzionale imposto nella vita reale dalla razionalizzazione dei
comportamenti sociali.
Si potrebbe obiettare che l'impianto di fondo di questa ricognizione - che
ripropone una tesi che ha tenuto Orlando occupato per un intero "ciclo" di
opere dedicate a una interpretazione di testi letterari in chiave
freudiana - impedisce all'autore di cogliere l'aspetto piu' semplice e
lineare del problema: il fatto cioe' che la crescente presenza di "oggetti
desueti" nella letteratura, a partire dalla svolta epocale della rivoluzione
industriale, non fa che rispecchiare la progressiva invasione nella vita
quotidiana di una montagna di rifiuti "in carne e ossa". [...]
*
Le discariche della storia
Con un patrimonio sterminato di letture e un meticoloso puntiglio da
collezionista di exempla, Orlando intraprende un'opera di minuziosa
catalogazione degli oggetti desueti della letteratura, ripartendoli lungo le
successive ramificazioni di un albero semantico che ricostruisce per
ciascuno di essi un contesto unitario di significato.
Le dodici categorie individuate attraverso questo procedimento di
ricontestualizzazione assegnano agli oggetti inventariati denominazioni
inconsuete, che riconducono a un metodo di analisi dove induzione e
deduzione si sostengono reciprocamente: monitorio-solenne,
festoso-grottesco, venerando-regressivo, logoro-realistico,
memore-affettivo, desolato-sconnesso, magico-superstizioso,
prezioso-potenziale, sterile-nocivo, prestigioso-ornamentale,
pretenzioso-fittizio. Ma non e' della validita' ne' dell'uso di questa
catalogazione che qui ci vogliamo occupare, bensi' del processo di indagine
che ha portato a concepire questo disegno.
Orlando setaccia avanti e indietro l'intera letteratura dell'Occidente, da
Omero a Faulkner, dalla Bibbia a Gadda, come si trattasse di un'immensa
discarica di oggetti dismessi: castelli e palazzi abbandonati e fatiscenti,
panorami desolati, suppellettili vecchie e impolverate, magazzini di
trovarobato, animali impagliati, pitali rotti, avanzi ammuffiti, strumenti
inutilizzabili, vivande putrescenti, abiti troppo pretenziosi o cenci troppo
laceri, apparecchiatura fuori uso. [...]
Questa tempesta che trasforma il passato in un cumulo di detriti - ci
avverte Benjamin - e' "cio' che chiamiamo progresso".
In una versione piu' "conviviale" e meno drammatica, questo atteggiamento
sta alla base della rinnovata fortuna di Bouvard et Pecuchet di Gustave
Flaubert, dove l'insensato bricolage tecnico-culturale a cui si dedicano i
protagonisti ha il suo presupposto nell'omologazione e nell'azzeramento
totale di tutta la produzione degli uomini e delle societa' presenti,
passate e future.
Che l'esibizione di questo atteggiamento salti tuttavia un passaggio
essenziale - quello che Benjamin indicava nell'"opera di liberazione in nome
di generazioni di vinti" che il materialismo storico assegna alla "classe
vendicatrice" - si puo' rilevare osservando che, perche' essa sia possibile,
occorre innanzitutto che presente, passato e futuro, e le opere che ce li
rappresentano, non siano piu' assimilate dal pensiero come strumenti di
lavoro o di navigazione, ma vi giacciano a lato, come un immenso cumulo di
inutili detriti. In altre parole, occorre cancellare proprio la distinzione
tra prodotti e rifiuti.
Private dell'uso a cui erano destinate, che per i prodotti dello spirito
equivale al loro senso, le opere della letteratura e dell'arte si presentano
come una immensa congerie di materiali residui, sui quali esercitare il
proprio virtuosismo.
Molte case editrici si sono ormai specializzate in questa attivita' di
scavenging e alcune ne rivendicano - legittimamente - la primogenitura.
L'epitome di questo filone pubblicistico e' rappresentato dall'opera di
Roberto Calasso, che scandaglia per noi la letteratura e la filosofia
mondiali alla ricerca della "vertigine" o dell'"abisso" con la stessa
disinvoltura con cui una sarta usa il nastro centimetrato per confezionare
un abito da sera. I suoi compendi antologici sono veri e propri manuali di
bon ton culturale, indispensabili per frequentare la moderna societa' delle
lettere.
*
Il rifiuto come destino. Il destino che sembra accomunare letteratura e
pattume e' d'altronde essa stesso un topos letterario. Se Peter Kien, il
protagonista di Auto da fe' di Elias Canetti, percorre tutte le tappe
dell'abiezione nel tentativo di recuperare, comprandoli, i libri in cui i
suoi occasionali compagni di avventura non vedono altro che una fonte di
guadagno (Canetti, 1976), questo destino appare ormai compiuto in Una
solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal.
Il protagonista del libro e' un operaio addetto a confezionare balle di
carta da macero rovesciando nella tramoggia di una pressa, insieme a
giornali, riviste, pacchi e imballaggi di ogni tipo, montagne di libri in
cui e' racchiusa tutta la letteratura mondiale. Nel tentativo di salvare
queste opere dall'omologazione con i rifiuti, dopo aver stipato fino
all'inverosimile la propria casa e la propria testa di libri, li depone,
scegliendoli accuratamente, al centro del materiale che imballa, cosi' da
nobilitare il flusso ininterrotto della carta da macero in cui
irrevocabilmente si degrada la letteratura.
Ma e' un'opera vana. Il sopravvento dei rifiuti e' inesorabile e finisce per
inghiottire, nell'ultima di quelle balle, l'io narrante, che, ormai
consapevole della vanita' dei suoi tentativi, sceglie di dissolversi in essa
(Hrabal, 1991).
*
Da pagina 91
Risorse e rifiuti
La legislazione di tutti i paesi moderni sottopone la gestione dei rifiuti a
una serie di vincoli molto rigidi, impensabili fino a pochi decenni fa. Per
questo e' di estrema importanza la definizione giuridica di che cosa si
intende per rifiuto, in quanto con essa si tracciano i confini tra cio' che
e' sottoposto a questi vincoli e cio' che invece vi si sottrae.
*
Da pagina 94
Custodia del rifiuto, liberta' della merce. Negli ultimi anni, come si e'
visto, non c'e' stata solo una sovrabbondante produzione normativa sui
rifiuti, ma anche una pletora di incontri sullo stesso tema. In tutte queste
sedi non ci si limita, pero', a ribadire che i rifiuti non devono essere
"abbandonati"; si entra minuziosamente nel merito delle modalita', delle
tecnologie, dei costi, degli strumenti tecnici e gestionali con i quali essi
vanno ridotti, conferiti, raccolti, compattati, trasportati, stoccati,
trattati, dismessi, riciclati, recuperati, riusati ecc.
In questo modo il rifiuto e' assurto a oggetto non certo di scienza o di
teoria, ma sicuramente di tecnologia e di intensa manipolazione, come
destinatario privilegiato di una "presa in custodia" generalizzata. Invano
si andrebbe a cercare una dose di prescrizioni altrettanto dettagliate per
quelli che sono i precursori del mondo dei rifiuti, cioe' per le merci e per
la produzione delle merci. Cio' e' tanto piu' vero, poi, se si risale agli
albori della riflessione sul mondo delle merci - cioe' alla nascita
dell'economia politica - cosi' come oggi siamo agli albori di una
riflessione sulla questione dei rifiuti. La ragione di tutto cio' e' molto
semplice.
E' la merce, e non il rifiuto, cio' alla cui natura - e nel cui destino - e'
intrinseco l'essere "abbandonata a se stessa", cioe' al libero gioco della
domanda e dell'offerta e al processo di circolazione, sociale e fisico, che
attraverso di esso si innesca. Laissez-faire, laissez-passer sono le parole
d'ordine - stampate su tutte le bandiere degli idolatri del mercato -
attraverso cui la produzione delle merci si e' conquistata la propria
autonomia entro la sfera della societa' civile e della normativa giuridica,
proprio nell'epoca in cui il mercato si stava imponendo come sede
privilegiata dello sviluppo sociale.
Nessuno invece si sognerebbe, o si e' mai sognato, di rivendicare le stesse
parole d'ordine per la produzione dei rifiuti, anche se, di fatto, questa e'
stata poi, ed e' tuttora, la prassi prevalente. La liberta', di fatto e di
diritto, di cui godono il mercato e la circolazione delle merci nei
confronti del corpo sociale, l'autonomia dei rapporti di compravendita, come
medium di una coesione sociale non piu' basata su legami di sangue o di tipo
comunitario, trovano un preciso riscontro nei vincoli e nelle prescrizioni a
cui sono invece sottoposti i rifiuti; che non possono essere "abbandonati"
senza intasare e rendere inagibile lo spazio, sia fisico che sociale, in cui
si realizza la liberta' della merce.
*
Da pagina 95
Il gioco del cerino. Chi vende una merce e' interessato soltanto al suo
valore di scambio (per realizzarlo), mentre la maggior parte di quelli che
l'acquistano sono interessati soprattutto al suo valore d'uso: sia esso
quello di una materia prima, di uno strumento di produzione, di un
semilavorato intermedio, o quello di un bene di consumo finale. Tra questi
due valori c'e' uno scarto vistoso, non solo qualitativo, ma anche
quantitativo. Per questo, quasi a ogni passaggio di mano, la merce perde
qualche pezzo di se': quella parte che e' stata ceduta per realizzare il suo
valore di scambio, ma che non rappresenta piu' un valore d'uso per chi l'ha
acquistata.
In regime di liberta' di mercato, cioe' di abbandono della merce, ciascuno
dei suoi successivi detentori e' responsabile soltanto dei rifiuti che essa
concorre a generare quando e' sotto la sua "giurisdizione", ma non e'
responsabile - nemmeno con la piu' rigorosa applicazione del principio "chi
inquina paga" (Pollutor Pays Principle) - dei rifiuti che quella stessa
merce concorrera' a produrre una volta passata di mano. Percio' non ha certo
interesse a ridurli; anzi, in linea di principio, per ridurre i propri, ha
interesse a trasferire la maggior parte possibile di questi rifiuti, alle
fasi successive del ciclo di vita di un prodotto.
*
Il mondo come risorsa
Il rifiuto rappresenta dunque la fine del processo economico che va dalla
produzione al consumo, cosi' come la risorsa ne rappresenta l'inizio.
Vediamo di approfondire questo nesso.
*
Economia e natura. Il termine risorsa e' entrato nel linguaggio degli
economisti nella sua versione francese di ressource, ma trae il suo etimo
dal latino resurgere. Dalla radice surgere deriva l'italiano sorgente, che
ritroviamo anche nel corrispondente termine tedesco per risorsa (Hilfquelle,
letteralmente, fonte di aiuto); il prefisso re sembra indicarne come
carattere intrinseco la rinnovabilita', cioe' il suo legame con i cicli
biologici dell'allevamento del bestiame, delle colture agricole, della
crescita delle foreste e dei prodotti spontanei della terra. [...]
*
Dalla natura al lavoro umano. Con tutta evidenza questo e' il quadro
concettuale - proprio di una societa' preindustriale - ereditato dalle
discipline economiche al momento in cui esse si costituiscono come scienza.
Cosi', colui che e' considerato il padre dell'economia politica, il
fisiocratico Francois Quesnay, e i suoi seguaci concepivano la ricchezza
(oggetto specifico della scienza economica) come prodotto della natura e ad
essa contrapponevano le attivita' dell'uomo, che di per se' non creano
ricchezza, ma al massimo riescono a perpetuare quella esistente.
(Parte prima - segue)

4. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 90 del 21 aprile 2008

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