Voci e volti della nonviolenza. 168



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 168 del 15 aprile 2008

In questo numero:
1. Gaetano Arfe': Giustizia e Liberta' (parte seconda e conclusiva)
2. Et coetera

1. GAETANO ARFE': GIUSTIZIA E LIBERTA' (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Dal sito www.ossimoro.it riprendiamo il seguente intervento di Gaetano
Arfe' dal titolo "Giustizia e Liberta': la storia di uomini che non
trionfarono mai, ma che non furono mai vinti"]

Sono qui le ragioni della forza e della debolezza del Partito d'Azione, un
partito d'eccezione per tempi di eccezione. Protagonista nella guerra di
liberazione, esso va infatti in frantumi a un anno dall'insurrezione, dopo
aver dato all'Italia liberata il primo presidente del Consiglio. La sparuta
pattuglia dei suoi eletti alla Costituente riuscira' ancora, tuttavia, a
dare un contributo di straordinaria importanza alla elaborazione della carta
costituzionale e valga per tutti il nome di Piero Calamandrei, che della
Costituzione fu tra i maggiori artefici nell'aula di Montecitorio, il piu'
strenuo difensore dei suoi dettami nella battaglia politica e parlamentare,
il piu' appassionato divulgatore dei suoi principi nel paese.
La sconfitta del governo Parri e' un momento della piu' vasta sconfitta
delle avanguardie della Resistenza europea, e' il trionfo del realismo
politico delle grandi potenze e delle grandi formazioni politiche che ad
esse ideologicamente e politicamente fanno capo, quel realismo che regalera'
al mondo l'equilibrio della guerra fredda e delle contrapposizioni frontali
che spaccano la Resistenza all'interno dei maggiori paesi europei, in prima
linea Italia e Francia.
Il disegno di Parri della rigenerazione nazionale nel segno di una
rivoluzione democratica si scontra col composito fronte della conservazione,
sulla quale grava l'ipoteca della destra monarchica, clericale, neofascista,
massicciamente presente nel paese. Non avra' dalla sua parte le forze della
sinistra, egemonizzata e diretta da un partito comunista inserito senza
riserve in una strategia che ha a Mosca il suo centro e sulla quale minima,
se non pari a zero, e' la sua capacita' di intervento. La ricostruzione
sara' percio' anche restaurazione. L'integrazione europea, nel cui quadro
Parri collocava il suo disegno, partira' tardivamente e prendera' le mosse
da tutt'altri impulsi.
Il Partito d'Azione - e' la ragione della sua debolezza - non puo' in queste
circostanze sopravvivere senza snaturare se stesso. E cosi' esso si scioglie
in un congresso composto e commosso, in un clima di reciproca rispettosa
comprensione degli elementi di contraddittorieta' che ciascuna scelta ha in
se'. Non ci saranno strascichi penosi di risentimenti settari.
Il Partito d'Azione si dissolve, non si dissolve l'ethos politico che esso
ha incarnato e che ha costituito nella fase piu' tragica della storia
d'Italia il suo elemento di forza. Non e' un'espressione libresca e
tantomeno retorica, non e' uno scolastico ritorno alla metodologia crociana.
Nei grandi momenti storici, quando necessariamente intensa e' la
partecipazione collettiva agli eventi, quando le idee dei pionieri e dei
martiri trovano conferme nei fatti, sorgono e prendono consistenza movimenti
dove fermenti nuovi si concentrano, maturano, esprimono aspirazioni
largamente diffuse, che si compongono in principi e valori, che generano
culture, che ispirano norme etiche.
*
Nell'ambito della Resistenza la tradizione giellista diventa il luogo nel
quale questo fenomeno piu' compiutamene si esprime, perche' non gravato,
come accade ai socialisti, da ideologie ereditate, con tutto quello di
positivo ma anche di negativo che questo comporta, perche' non vincolato,
come accade ai comunisti, dalla ferrea disciplina che li lega,
ideologicamente e sentimentalmente, oltre che politicamente al partito-guida
e allo stato-guida e li fa strumenti di una strategia internazionale il cui
centro sta fuori e sopra di loro. E' per questo che l'antifascismo si
costituisce in autonomo sistema di principi e di valori intorno al nucleo
ideale della tradizione azionista, intesa in senso lato, che ingloba in se'
il filone di moderno socialismo che va da Matteotti, l'eroe di Rosselli, a
Colorni, che l'azionista Norberto Bobbio ha immesso nel circolo della
cultura filosofica e politica. E' questa la linea di discrimine nei
confronti dell'antifascismo comunista: le conquiste di liberta' e di
giustizia non passano per la dittatura del proletariato; l'internazionalismo
non e' obbedienza passiva al partito-guida e al suo infallibile capo, e'
innanzitutto europeismo e non ha bisogno di uno stato-guida, il rapporto tra
cultura e politica e' dialettico scambio che non ammette dogmi e non tollera
direttive burocratiche di gerarchie partitiche.
A questo dato sono riconducibili certi tratti che caratterizzano i
comportamenti politici della diaspora azionista, al di la' della diversita'
delle scelte dei singoli militanti e dei gruppi.
Parri vota per l'adesione dell'Italia al Patto Atlantico, consapevolmente
andando incontro alla condanna, per lui dolorosa, della Resistenza
social-comunista, rompe l'unita' della organizzazione partigiana e fonda la
Fiap, in contrapposizione all'Anpi, per sottrarre al controllo del comunismo
di osservanza staliniana la tradizione antifascista e resistenziale e
preservarne cosi', come di fatto e' avvenuto, il potenziale unitario.
Riccardo Lombardi, di fresco entrato nel Partito socialista, si cimenta, con
l'appoggio di Alberto Jacometti, nella temeraria impresa di rovesciarne la
maggioranza frontista, sull'onda della volonta' di riscossa autonomista dopo
la sconfitta del 18 aprile. Fu un successo effimero, che pago' con anni di
isolamento: aveva avuto il torto di aver ragione prima del tempo.
Codignola e Calamandrei scelgono il versante socialdemocratico, trattati,
diceva Codignola, come meteci, gli stranieri nell'antica Grecia ai quali
veniva riconosciuta una cittadinanza dimezzata, la liberta' ma non i diritti
politici. "Il Ponte", la rivista fondata da Calamandrei, al suo fianco Enzo
Enriques Agnoletti, Codignola editore, e' la sola rivista italiana di
cultura politica che ha respiro europeo, che si sottrae all'egemonia
comunista e la contrasta con successo, che non fa dell'anticomunismo una
ideologia, che difende, con armi manovrate da un maestro del diritto
dell'altezza di Piero Calamandrei, tutte le liberta' dall'offensiva
preannunciata da Mario Scelba contro il "culturame" democratico, laico e
protestantico, in nome di un clericalismo rozzo e provinciale, esaltato dal
voto del 18 aprile.
Bobbio impegna coi comunisti un serrato dibattito, aperto allo scambio, ma
rigidamente intransigente nell'avversione alle dottrine e alle pratiche
dello stalinismo, immette autorevolmente nella cultura politica di sinistra
autori che socialisti e comunisti avevano ignorati, come Rodolfo Mondolfo e
Colorni.
*
Parri, tenace e infaticabile, facendo appello innanzitutto a storici, come
egli diceva, senza galloni, fonda l'Istituto per la storia del movimento di
Liberazione, costruisce la rete degli Istituti di storia della Resistenza.
Nella sua memoria era vivo il ricordo - fu lui a parlarmene - dell'apporto
che avevano dato le Societa' di Storia Patria alla creazione e alla
diffusione del mito che Benedetto Croce defini' "l'epopea
sabaudo-garibaldina" e al consolidamento, su di esso, del consenso alla
monarchia liberale. Con i suoi Istituti, Parri volle e seppe superare di
gran lunga il modello, per rigore di metodo, per efficienza organizzativa,
per impegno civile, sottraendo il patrimonio etico-politico della Resistenza
a strumentalizzazioni di parte, facendone al tempo stesso, senza forzature,
strumenti di enorme importanza ai fini della motivazione storica del mito
della Resistenza quale "secondo Risorgimento" e della formula della
Costituzione come "nata dalla Resistenza". Con gli scritti, con i discorsi,
con le epigrafi, Calamandrei si fa il grande propagandista di queste idee,
il poeta in prosa: quel che fu Carducci, ha notato Aldo Garosci, per il
Risorgimento.
Parlare degli azionisti dopo la fine del loro partito come degli "utili
idioti" del comunismo staliniano e' offesa che si reca non a loro ma alla
verita' della storia.
Quel che c'e' di vero e' che anche negli inverni piu' rigidi della guerra
fredda la loro opposizione al comunismo non concede mai nulla allo spirito
di crociata dell'anticomunismo professionale.
C'e', certamente, tra le componenti di questo atteggiamento un sentimento di
solidarieta' combattentistica nato e alimentato dalla conoscenza diretta
dell'eroismo di cui i comunisti hanno dato prova nella Resistenza.
Prevalente e determinante e' pero' la convinzione che il problema di fondo
di cui la Resistenza ha posto le premesse, ma non ha risolto, quello
ereditato dal Risorgimento di una rigenerazione d'Italia nel segno della
democrazia, esige l'apporto attivo delle forze che il comunismo rappresenta,
esige l'innesto nel patrimonio etico-politico della nazione, a conclusione
di un processo di revisione, di depurazione, di decantazione, dell'apporto
di idee, di valori, di sacrifici, della tradizione comunista italiana, da
Gramsci ai fratelli Cervi.
*
La storia della diaspora azionista e' assai frastagliata. E' storia
difficile da ricostruire, di gruppi non piu' collegati tra loro se non da
relazioni personali, di personaggi che scelgono collocazioni politiche
diverse o che abbandonano la politica militante: li ritroviamo questi - e
spesso vi eccellono per capacita' e per rigore - nelle universita', nelle
professioni, nella magistratura, tra i pochi grands commis degni di questo
titolo: ultimo esempio Carlo Azeglio Ciampi. Ma e' una presenza che non
viene mai meno e che riemerge nei momenti difficili lungo una linea di
continuita' che non si puo' attribuire al caso.
Nel '53 la pattuglia che aveva trovato ospitalita' nella socialdemocrazia ne
esce per ingaggiar dura battaglia - chiedo scusa ai politologi e ai politici
che hanno scoperto le virtu' del sistema maggioritario - contro la legge
elettorale passata alla storia come legge-truffa - e qui chiedo scusa agli
ideatori di essa, che furono mossi da una ragion politica i cui moventi
erano contestabili ma non truffaldini. Intorno a Tristano Codignola che
promosse l'operazione e a Ferruccio Parri si raduno', col concorso di molti
giovani, la diaspora azionista, ne nacque il movimento di "Unita' popolare"
col preciso e dichiarato intento di impedire lo scatto della legge, in
obbedienza a una questione di principio: il rispetto della volonta' popolare
quale espressa dalle urne, a una ragione politica opposta a quella della
maggioranza: evitare che si approfondisse il solco che aveva diviso il paese
nel 1948 e che si rinsaldasse la catena dell'assedio intorno alla sinistra
frontista. E quel gruppo dette un contributo quantitativamente modesto ma
elettoralmente determinante ai fini del rigetto della legge, stimolo' la
svolta autonomista del Partito socialista nel quale il movimento conflui'
dopo il congresso di Venezia. Riccardo Lombardi ebbe al suo fianco non pochi
di essi nel corso del dibattito politico e nel lavoro di elaborazione
programmatica che sfocio' in quel centro-sinistra che oggi appare come
circonfuso di un alone da ottobre rosso rispetto al centro-sinistra che
saremo chiamati a votare.
Fu l'antifascismo azionista - e' un punto questo che meriterebbe un'attenta
e metodologicamente difficile ricerca - che dette una sua forte impronta a
quella operazione di immissione tra le masse della tradizione antifascista e
di saldatura tra due generazioni, che ebbe il suo momento di maggiore
intensita' nel '60, nella lotta contro il governo Tambroni. L'ideologia
resistenziale comunista strumentalmente intrisa di elementi contraddittori
tenuti insieme dalla "boria di partito" ne ebbe la spinta a un processo di
decantazione, cui dialetticamente contribuirono anche le contestazioni di
sinistra, di cui Parri non condivise le ragioni ma intese e difese la ragion
d'essere.
La crisi del centro-sinistra - di cui fui quale direttore dell'"Avanti!"
leale sostenitore e non me ne pento - su uno sfondo che oggi appare assai
piu' torbido e minaccioso di quanto allora si potesse intuire, ripropone in
termini politici e non piu' etico-politici, il problema del rapporto coi
comunisti. Gli uomini dell'azionismo sono in prima fila.
Nel Partito socialista Riccardo Lombardi organizza la sua corrente di
opposizione nel segno dell'alternativa, a coronamento di una
riorganizzazione unitaria della sinistra. A conclusioni non dissimili
giungera', a suo tempo, anche Francesco De Martino, capo della maggioranza,
segretario del partito, che del centro-sinistra aveva fatto diretta
esperienza quale vicepresidente del consiglio e che giochera'
coraggiosamente e consapevolmente le sue fortune politiche sulla formula
degli "equilibri piu' avanzati", del coinvolgimento comunista nella
direzione politica del paese.
*
L'episodio di maggior rilievo, in questa nuova fase, e' legato, ancora una
volta, al nome di Ferruccio Parri.
Egli era stato il primo a prendere le distanze dalla politica nenniana per
passare alla opposizione aperta al centro-sinistra. Infaticabile e tenace
come sempre - "la mia sola qualita' e' la testardaggine", egli diceva -
Parri tesse la sua rete, lancia un appello alle forze disperse
dell'antifascismo, fonda una rivista, "L'Astrolabio", da' vita alla Sinistra
indipendente. L'interlocutore e' Enrico Berlinguer. I suoi candidati sono
eletti nelle liste del Partito comunista che accetta un consistente
sacrificio della propria rappresentanza parlamentare, accompagnandolo al
riconoscimento formale e sostanziale dell'autonomia politica della nuova
formazione.
La storia della Sinistra indipendente e dei suoi rapporti col Partito
comunista e' ancora da scrivere, nei suoi aspetti di collaborazione politica
e in quelli, meno visibili, di compenetrazione delle idee.
Ma non c'e' bisogno di ricerche per cogliere l'importanza che a questo
processo si collega anche l'azionista Altiero Spinelli, l'uomo di Ventotene,
confluito dopo lunga odissea - Ulisse era il suo eroe - nelle file della
Sinistra indipendente. Con la baldanza velata dall'ironia che lo
distingueva, ma che in questo caso non era ingiustificata, egli spiego' la
sua scelta dicendo che erano stati i comunisti ad andare a lui e non lui ai
comunisti. Il suo vanto era quello di aver convertito all'europeismo prima
De Gasperi, poi Nenni, infine Berlinguer. I tramiti per l'ultima conquista
erano stati Giorgio Amendola e Umberto Terracini. E in realta' e' da lui che
viene l'ultima spinta al processo di nazionalizzazione del partito
comunista, questa volta per la via maestra della sua europeizzazione. Sara'
lui ad accreditarlo e a legittimarlo in sede europea, promuovendo e guidando
nel parlamento di Strasburgo la grande battaglia per l'unione politica
d'Europa, facendo approvare, col voto di una maggioranza da lui costruita
pezzo per pezzo, con tutti gli strumenti disponibili, un progetto di
trattato in grado di dare sbocco politicamente e tecnicamente adeguato ad
una necessita' storica e ridotto poi dai governi d'Europa al rachitico e
asfittico mostriciattolo di Maastricht.
*
La scomparsa di Berlinguer, cui segue a breve distanza quella di Spinelli,
la defenestrazione di Natta, segnano l'inizio del malinconico declino
dell'ultimo tentativo di Parri.
Il nuovo gruppo dirigente del Partito comunista in via di metamorfosi, con
l'autolesionismo proprio degli ignari e degli ignavi, procede alla
liquidazione di una eredita' troppo pesante per le sue gracili spalle. La
formazione creata da Parri finisce nella fossa comune, senza neanche l'onore
di un necrologio.
L'operazione si colloca nel quadro del reaganismo e del tatcherismo
trionfanti e della offensiva ideologica ideata da Bettino Craxi e condotta
con grande rozzezza culturale ma con superiore intelligenza tattica.
Craxi precorre Occhetto, nella cancellazione della tradizione azionista,
isolando in un vigilato ghetto De Martino e Lombardi, espellendo Codignola e
Enriques Agnoletti, provocando il distacco dal suo partito di Vittorio Foa e
di chi vi parla, epurando la storia del partito socialista, fino a oscurare
Turati sotto la grande ombra di Garibaldi: il tutto nel segno di un
anticomunismo postumo che sembrava non avere piu' alcun senso nel momento in
cui i motivi della insidia comunista alla democrazia e della minaccia
sovietica al mondo libero erano ormai venuti a mancare. In realta',
l'obiettivo perseguito e conseguito e' quello di dare motivazione ideologica
al passaggio dalla repubblica nata dalla Resistenza a quella che ha ancora i
tratti di un identikit confuso e incompiuto, vagamente minaccioso.
*
Il ciclo storico apertosi con la prima guerra mondiale si e' chiuso, alla
storia appartiene ormai il problema di una storia d'Italia da correggere, di
un nuovo Risorgimento da conquistare che fu il denominatore comune
dell'interventismo, di quello nazionalistico, di quello democratico, di
quello rivoluzionario. La storia non risolve i problemi, ma neanche li
seppellisce e il circolo dialettico che essa perennemente instaura con la
politica e' inesauribile. Rosselli e Parri fanno rivivere nella nazione
l'eredita' di Mazzini. Tra i giovani di oggi ci sono quelli che intendono
restituire vitalita' e vigore ai valori dei quali Rosselli e Parri ci sono
stati maestri, che, come loro, per battersi non hanno bisogno della
sicurezza di vincere.
Credere nel successo e' un atto di fede. Risponde invece a una mia
convinzione politica profonda quella che, ove la tradizione di Matteotti e
di Rosselli fosse cancellata, avremmo una nuova barbarie, forse non
sanguinaria, ma capace, forse, con piu' forte radicalita' del fascismo, di
offendere e calpestare la dignita' umana.
Ogni processo storico contiene in se' sbocchi tendenzialmente diversi, ed e'
certo che il solo modo per rendere irrimediabile una sconfitta e' quello di
non dare battaglia, fingendo di non accorgersi o addirittura non
accorgendosi, come sta accadendo oggi alle rappresentanze ufficiali della
sinistra italiana, che una battaglia sia in corso.
Noi non siamo tra questi.
*
In questo spirito ho rievocato, soprattutto per i giovani, una storia della
quale sono stato partecipe e che si configura, nella mia non piu' giovane
fantasia, come una saga i cui eroi battono strade diverse, incontrano
avventure che rendono a volte assai lunghe le distanze tra loro, ma che
tutti restano fedeli al motto cui questa saga si intitola: Giustizia e
Liberta'.
Ho scritto all'inizio che non avrei parlato in veste di storico ma di
attore, tra gli ultimi in ordine di tempo e di importanza, di una nobile
storia. E cosi' e' stato.

2. ET COETERA

Gaetano Arfe', figura illustre della sinistra italiana, e' deceduto nel
2007. Dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo
alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma
Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e
filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia
presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce,
con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una
formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si
iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato
intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei,
Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano
Salvemini alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel
1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a
Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e
dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche
dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della
rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al
1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato
centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel
1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento
europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La
questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra
indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia
dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)".
Dalla Wikipedia, edizione italiana (http://it.wikipedia.org), riprendiamo
per stralci la seguente scheda: "Gaetano Arfe' (Somma Vesuviana, 12 novembre
1925 - Napoli, 13 settembre 2007) e' stato un politico, giornalista e
storico italiano. Nel 1942, subito dopo la licenza liceale, entra a far
parte di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista e
viene presentato a Benedetto Croce da Ettore Ceccoli, editore e libraio ex
comunista e amico del padre. All'universita' conosce Giorgio Napolitano e
prende a frequentare giovani antifascisti. La polizia pero' lo tiene
d'occhio e i genitori lo mandano da uno zio a Sondrio. Giunto nella citta'
lombarda ai primi del 1943, collabora con alcuni azionisti che aiutano
prigionieri di guerra, perseguitati politici ed ebrei a varcare il confine
svizzero. Arrestato e tornato libero dopo alcune settimane, svolge attivita'
di collegamento tra il Cln di Sondrio e Milano e i partigiani della
Valtellina ai quali si unisce nel 1944 militando in una formazione di
Giustizia e LIberta' fino alla Liberazione. Dopo la guerra, nel 1945 si
iscrive al partito socialista, nel quale rimarra' fino al 1985, e ricomincia
a studiare. Laureatosi in lettere e filosofia a Napoli nel 1948, si
specializza in storia presso l'Istituto Italiano per gli Studi Storici
presieduto da Benedetto Croce. Negli anni Cinquanta, mentre e' funzionario
presso l'Archivio di Stato di Napoli, partecipa ad una manifestazione per la
pace organizzata dalla "Gioventu' meridionale" con l'appoggio del Pci, e per
questo viene trasferito d'autorita' a Firenze, dove entra in contatto con la
rivista "Il Ponte" e con personalita' dell'antifascismo quali Romano
Bilenchi, direttore del "Nuovo Corriere", Delio Cantimori, Cesare Luporini,
Piero Calamandrei e Tristano Codignola. Collabora inoltre con Gaetano
Salvemini alla raccolta degli scritti sulla questione meridionale. Dal 1965
e' libero docente di Storia contemporanea nelle Universita' di Bari e
Salerno. Nel 1973 diviene titolare della cattedra di Storia dei partiti e
movimenti politici presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita'
degli Studi di Firenze. Dal 1959 al 1971 e' condirettore della rivista
socialista "Mondo Operaio", e dal 1966 diviene direttore del quotidiano
socialista "Avanti!", alla cui guida restera' per dieci anni. Proprio a
causa delle inchieste sulle "trame nere" pubblicate sul giornale da lui
diretto, Arfe' e' vittima di un attentato terroristico che il 2 aprile del
1975 devasta la sua abitazione con un ordigno esplosivo, provocando il
ferimento di tre persone. Nel Psi fa parte del comitato centrale e della
direzione del partito dal 1957 al 1982; nel 1972 e' eletto senatore nel
collegio di Parma, e ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione
istruzione e poi della Commissione esteri, ed e' relatore della legge sui
Provvedimenti urgenti per l'Universita'. Nel 1976 e' eletto deputato nel
collegio di Parma-Modena-Reggio-Piacenza; entra nella Commissione affari
costituzionali e rappresenta il gruppo socialista nelle trattative sul
Concordato. Nel 1979 viene eletto deputato al Parlamento europeo per il
collegio Nord-est per le liste del Psi: e' relatore sul tema della politica
televisiva europea e promuove la Carta dei diritti delle minoranze etniche e
linguistiche. E' stato membro della Commissione per la gioventu', la
cultura, l'educazione, l'informazione e lo sport e della Delegazione al
comitato misto Parlamento europeo/Assemblea della Repubblica del Portogallo.
Ha aderito al gruppo parlamentare del Partito del Socialismo Europeo. La
Risoluzione del Parlamento europeo dedicata alla tutela delle minoranze
etniche e linguistiche, approvata il 16 ottobre 1981, e' anche nota come
"Risoluzione Arfe'". Nel 1986, in totale disaccordo col segretario Bettino
Craxi, lascia il partito socialista, e da' alle stampe lo scritto La
questione socialista, con cui motiva la fuoruscita dal Psi. Nel 1987, e'
eletto senatore nel collegio di Rimini come indipendente nelle liste del
Pci. Muore a Napoli il 13 settembre 2007 in seguito ad una crisi
respiratoria. Fra i suoi scritti piu' importanti: Storia dell'Avanti!,
edizioni Avanti!, Milano 1956-1958, ristampato a cura di Franca Assante,
Giannini, Napoli, 2002; Storia del socialismo italiano 1892-1926, Einaudi,
Torino 1965; Storia delle idee politiche economiche e sociali, (cura del V
volume, sull'eta' della rivoluzione industriale), Utet, Torino 1972; La
questione socialista: per una possibile reinvenzione della sinistra.
Einaudi, Torino 1986; I socialisti del mio secolo, a cura di Donatella
Cherubini, Lacaita, Manduria-Bari-Roma, 2002; Scritti di storia e politica,
a cura di Giuseppe Aragno, La Citta' del Sole, Napoli 2005. Numerosi i suoi
scritti ed interventi su personaggi e tematiche di storia dei movimenti
politici, con attenzione anche alle vicende di Giustizia e Liberta',
dell'anarchismo, su momenti e personaggi minori della storia del movimento
operaio. Negli ultimi anni della sua vita ha collaborato con la rivista
online "Fuoriregistro". Opere su Gaetano Arfe': Ciro Raia, Gaetano Arfe'. Un
socialista del mio paese, Piero Lacaita editore, Manduria-Bari 2003". Molti
utili materiali sono nel sito www.amicidigaetano.ilcannocchiale.it

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