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Nonviolenza. Femminile plurale. 176
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 176
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 12 Apr 2008 09:30:54 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 176 del 12 aprile 2008 In questo numero: 1. Valeria Gennero: Simone de Beauvoir 2. Fatma Aykut: Un film disgustoso e sopravvalutato, ma che non mi offende in quanto musulmana 3. Rina Jimenez-David: Un seminario e un film 4. Houzan Mahmoud: La liberta' delle donne e' la liberta' di tutti 5. Sara Sesti presenta "Internet per l'antropologia" di Alessandra Guigoni 6. Sara Sesti presenta "La psicologia di Internet" di Patricia Wallace 1. PROFILI. VALERIA GENNERO: SIMONE DE BEAUVOIR [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 aprile 2008, col titolo "Simone de Beauvoir. Il coraggio visionario di essere se stessa" e il sommario "Sulla scia dell'attenzione con cui in Francia, diversamente che da noi, si e' celebrato il centenario della nascita del Castoro, Gallimard ha pubblicato i 'Cahiers de Jeunesse' finora inediti e un ritratto scritto dalla figlia adottiva, Sylvie Le Bon de Beauvoir, insieme a Jacques Deguy. Pagine in presa diretta dalla Parigi anni '20 e una utile introduzione al pensiero di Simone". Valeria Gennero, docente e saggista, insegna all'Universita' di Bergamo. Tra le opere di Valeria Gennero: L'impero dei testi. Femminismo e teoria letteraria anglo-americana, Sestante, 2002; L'anatomia della notte. Djuna Barnes e Nightwood, Sestante - Bergamo University Press, 2002. Simone de Beauvoir e' nata a Parigi nel 1908; e' stata protagonista, insieme con Jean-Paul Sartre, dell'esistenzialismo e delle vicende della cultura, della vita civile, delle lotte politiche francesi e mondiali dagli anni trenta fino alla scomparsa (Sartre e' morto nel 1980, Simone de Beauvoir nel 1986). Antifascista, femminista, impegnata nei movimenti per i diritti civili, la liberazione dei popoli, di contestazione e di solidarieta', e' stata anche lucida testimone delle vicende e degli ambienti intellettuali di cui e' stata partecipe e protagonista. Opere di Simone de Beauvoir: pressoche' tutti i suoi scritti sono stati tradotti in italiano e piu' volte ristampati; tra i romanzi si vedano particolarmente: Il sangue degli altri (Mondadori), Tutti gli uomini sono mortali (Mondadori), I mandarini (Einaudi); tra i saggi: Il secondo sesso (Il Saggiatore e Mondadori), La terza eta' (Einaudi), e la raccolta Quando tutte le donne del mondo... (Einaudi). La minuziosa autobiografia (che e' anche un grande affresco sulla vita culturale e le lotte politiche e sociali in Francia, e non solo in Francia, attraverso il secolo) si compone di Memorie d'una ragazza perbene, L'eta' forte, La forza delle cose, A conti fatti, cui vanno aggiunti i libri sulla scomparsa della madre, Una morte dolcissima, e sulla scomparsa di Sartre, La cerimonia degli addii, tutti presso Einaudi. Opere su Simone de Beauvoir: Enza Biagini, Simone de Beauvoir, La Nuova Italia, Firenze 1982 (cui si rinvia per una bibliografia critica ragionata)] Figura votata allo scandalo, frigida, ninfomane, manipolatrice. Notre Dame de Sartre. Troppo femminista per molti, addirittura misogina per alcune. Le critiche mosse al pensiero di Simone de Beauvoir hanno spesso preso la forma di un attacco ad personam. Fu certo cosi' nel 1949, quando Il secondo sesso venne pubblicato in Francia diventando immediatamente un caso editoriale, con migliaia di copie vendute in poche settimane nonostante il boicottaggio di numerosi librai. Francois Mauriac si lascio' andare a osservazioni feroci sulla vagina della scrittrice in una lettera a un collaboratore della rivista "Les temps modernes" (che aveva pubblicato in anteprima alcuni capitoli) e in una recensione scrisse che il libro "raggiungeva i limiti dell'abiezione", invitando - inutilmente - i lettori a tenersi lontani da simili esempi di pornografia. Oggi le cose sono, in parte, cambiate, anche se lo scorso mese di gennaio, in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita della scrittrice, le scarse attenzioni dedicate alla ricorrenza dalla stampa italiana hanno per lo piu' scelto di fare riferimento, oltre che al rapporto con Sartre, al suo "lato B" e alla sua tempestosa vita sentimentale. Ampio risalto ha infatti ricevuto una foto di Art Shay del 1952 che la ritrae nuda, di schiena, in una stanza di Chicago. Shay era un amico di Nelson Algren, lo scrittore americano con cui de Beauvoir ebbe nel dopoguerra una appassionata relazione, fonte di tormenti a cui alcuni amano imputare la furia astiosa che la porto' a scrivere in poco piu' di due anni le quasi mille pagine del Secondo sesso. * Una meditata rivalutazione Simone la fragile. Simone la vendicativa. Se la tendenza a leggere il contributo intellettuale delle donne alla luce dell'avvenenza e delle frequentazioni maschili e' dura a morire, e' pero' innegabile che da almeno un decennio le pagine rigorose e appassionate del Secondo sesso siano al centro di una meritata rivalutazione. Prima negli Stati Uniti e poi in Europa il saggio e' stato riconosciuto, dopo un lungo oblio, come una delle analisi piu' complesse e approfondite dedicate alla "realta' femminile" nel corso del '900. In Francia il centenario e' stato accolto da una attenzione mediatica martellante, fatta di iniziative editoriali, televisive e cinematografiche, installazioni artistiche, dossier e approfondimenti sulle riviste piu' prestigiose. Dopo due biografie e la riedizione di un saggio del 1948 intitolato L'esistenzialismo e la saggezza delle nazioni, usciti a gennaio, il mese scorso Gallimard ha pubblicato un quarto volume, Cahiers de Jeunesse 1926-1930 (2008, 29 euro), raccolta dei diari, finora inediti, che Simone de Beauvoir scrisse tra i diciotto e ventidue anni. Si tratta di un resoconto in presa diretta delle giornate da studente nella Parigi degli anni '20, senza i filtri e la distanza delle ricostruzioni autobiografiche successive. Le ore di studio e le lunghe discussioni con Merleau-Ponty, l'amico piu' caro, si alternano alle serate al cinema per assistere, con analoga, insaziabile curiosita', tanto alla proiezione di un film di Man Ray come a quelle di modeste pellicole d'avventura; e poi, ancora, i pomeriggi domenicali a casa di Jean-Paul Sartre ad ascoltare i dischi di Sophie Tucker, la regina del ragtime. Il panorama culturale e' tratteggiato con una spontaneita' accattivante ed e' suggestivo ripercorrere la lunga, dettagliata lista di opere filosofiche e letterarie filtrate da una lettrice tanto entusiasta. Tuttavia, e' soprattutto nello sviluppo di una riflessione sempre attenta alle dinamiche di costruzione del se' che le pagine di de Beauvoir rivelano la determinazione radicale ad accogliere quella che lei definisce "la grande avventura di essere me stessa"; in primo piano c'e' lo sforzo consapevole per conquistare il diritto a dire "io", a parlare con la propria voce e non con quella dei genitori, della classe sociale a cui appartiene, dell'epoca in cui vive. Per Castor, soprannome che riceve in questi anni e che conservera' per tutta la vita, crescere vuole dire liberarsi dall'impostura dell'io fittizio ereditato e scegliere. Vuole dire riconoscere la necessita' della decisione, sempre onerosa, che porta a individuare e seguire i propri desideri e valori, decisione che e' al centro di queste pagine esuberanti, in cui prende forma la "certezza di una vocazione" al pensiero e alla liberta', come osserva nell'introduzione la figlia adottiva, Sylvie Le Bon de Beauvoir, curatrice del volume e inoltre autrice, insieme a Jacques Deguy, di Simone De Beauvoir. Ecrire la liberte' (Gallimard 2008, euro 12,50), un ritratto di Castor che, pur cedendo talvolta alle tentazioni dell'agiografia, ha il pregio di fornire un'agile introduzione al suo percorso artistico e intellettuale, corredata da una grande varieta' di immagini raccolte. Il volume si conclude citando una famosa frase di Elisabeth Badinter, che alla morte di de Beauvoir nel 1986 scrisse: "Donne, le dovete tutto". L'affermazione non sorprende: Badinter, prestigiosa studiosa del pensiero illuminista, si e' sempre considerata una figlia simbolica di de Beauvoir e in una intervista recente ha ribadito di essere a ncora convinta delle potenzialita' politiche e filosofiche della tesi culturalista implicita nella frase piu' nota del Secondo sesso (e forse dell'intera teoria femminista del '900): "Donna non si nasce, lo si diventa". Piu' sorprendente e' invece il fatto che sia Julia Kristeva - pensatrice vicina a quel femminismo della differenza spesso, anche pretestuosamente, contrapposto alle idee di de Beauvoir - a ricordarci oggi come Il secondo sesso sia il libro che ha inaugurato una nuova era, lo strumento di una mutazione antropologica decisiva, che pur essendo in preparazione da tempo non aveva ancora trovato le parole per dirsi. L'elaborazione del pensiero da parte delle donne non aveva mai smesso di prodursi: "mistiche, scrittrici, suffragette, anonime. Ma e' stato necessario che fosse meditata, chiarita e proclamata, dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale, dalla voce di un'aristocratica francese declassata... E' cosi' che questa mutazione antropologica e' esplosa nella lingua francese. Poi si e' diffusa nel mondo e si e' dispersa come una scia di polvere, che non ha ancora finito di sconvolgere corpi e spiriti". Cosi' scrive Kristeva nella prefazione a una nuova edizione del Secondo sesso (Il Saggiatore 2008, euro 24) di cui si apprezzano immediatamente le novita' grafiche, che rendono il testo piu' maneggevole senza comprometterne la leggibilita'. Le quasi mille pagine dell'originale - riproposte nell'eccellente traduzione di Roberto Cantini e Mario Andreose - sono qui ridotte di un quarto grazie a una impaginazione efficace e gradevole. E' importante sottolineare la dimensione dell'opera perche' anche nell'imponenza materiale del libro si percepisce il coraggio visionario di un progetto senza precedenti. Il secondo sesso fu pubblicato inizialmente in due volumi separati: la prima parte, "I fatti e i miti" usci' nel giugno del 1949 e venne accolta con grande interesse, tanto che la iniziale tiratura di ventiduemila copie ando' esaurita. De Beauvoir vi analizza il concetto di femminilita' cosi' come e' stato elaborato da un punto di vista maschile, passando in rassegna le tesi della biologia, della psicoanalisi e del materialismo storico. La premessa del suo studio, a quasi sessant'anni di distanza, non ha perso attualita': "Tutti ci dicono che 'la femminilita' e' in pericolo'; ci esortano 'siate donne, restate donne, divenite donne'. Dunque non e' detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell'essenza velata dal mistero e dal dubbio che e' la femminilita'". In altre parole, aggiunge de Beauvoir: "Se oggi la femminilita' e' scomparsa e' perche' non e' mai esistita". Non c'e' quindi causalita' ne' relazione mimetica tra sesso e genere, come avrebbe piu' tardi sottolineato la tradizione critica dei gender studies (Judith Butler inclusa): essere donna e' una interpretazione culturale e personale dell'essere femmina, non una sua conseguenza. * Il capitolo del furore A suscitare davvero scandalo e furore fu invece la seconda parte del Secondo sesso, intitolata: "L'esperienza vissuta". Usci' nel novembre 1949 e una reazione di condanna furibonda accomuno' intellettuali di destra e di sinistra. Questa volta de Beauvoir aveva osato consegnare alla parola l'esperienza delle donne, fino a tributare di un ruolo politico e conoscitivo quello che era stato un vissuto da sempre invisibile e spesso innominabile. Capitoli intitolati "L'iniziazione sessuale" o "La lesbica", trattavano senza reticenze la politica del sesso e le sue conseguenze sociali, mentre la "conclusione" auspicava una trasformazione sociale ispirata dal contributo dei "mondi di idee" creati dalle donne. Proprio a questi mondi si riferisce Liliana Rampello, che nella bella postfazione al volume del Saggiatore ci offre una sintesi della ricezione italiana del Secondo sesso, tradotto quasi subito da Mondadori ma pubblicato solo nel 1961 (anche a causa dell'impatto dell'editto vaticano che negli anni '50 lo inseri' nell'Indice dei libri proibiti). La postfazione raccoglie le esperienze di lettura fatte da donne che hanno incontrato il libro di de Beauvoir nel corso dei decenni, e le testimonianze raccolte disegnano una mappa di sentieri interpretativi che e' anche uno strumento utile per orientarsi nello sviluppo dei dibattiti e delle sfide del femminismo italiano. * Un distacco prematuro L'elenco delle donne intervistate e' composito: comincia con Luciana Castellina - che lo lesse a Bruxelles nei giorni della rivolta ungherese - e arriva fino a un gruppo di lettura di giovani studiose dell'universita' La Sapienza nel 1991; in mezzo ci sono anche i silenzi degli anni '70, decennio in cui, scrive Rampello: "le pratiche e la necessita' di trovare parole proprie, fondate sull'esperienza, mandano in soffitta, per molte, Il secondo sesso". Fu un distacco prematuro. Lo confermano le tante storie raccontate, narrazioni che si muovono in direzioni diverse - tra emancipazione, uguaglianza e differenza - eppure convergono nell'offrire una immagine nitida della grande vitalita' e del fervore intellettuale intrinseco al pensiero delle donne. Il commento conclusivo e' affidato a Rossana Rossanda, che frequento' de Beauvoir per piu' di trent'anni: "Il secondo sesso e' molto 'lei', l'immersione dei problemi nelle onde lunghe della storia, il rifiuto di ogni essenzialismo o metafisica, un grande lavoro di inchiesta, nessun senso di inferiorita' o risentimento". Sono le stesse "onde lunghe" che portano oggi a riscoprire la centralita' del pensiero di de Beauvoir per la filosofia contemporanea e a riconoscere come l'esistenzialismo venga riconfigurato nelle pagine del Secondo Sesso fino a diventare la base di una "filosofia della soggettivita' sessuata" originale e coerente. * Postilla. Di lei e su di lei. I titoli di una ragazza perbene Nata a Parigi il 9 gennaio 1908 in una famiglia dell'alta borghesia, negli anni '20 Simone de Beauvoir frequento' la Sorbona e si specializzo' in filosofia. Nel 1929 incontro' Jean-Paul Sartre, suo compagno in un lungo e complesso rapporto di condivisione sentimentale e intellettuale. Dopo lo scandalo legato alla pubblicazione del Secondo sesso, gli anni '50 videro la sua consacrazione come scrittrice: nel 1954 ricevette il Goncourt per il romanzo I mandarini e nel 1958 pubblico' Memorie di una ragazza perbene, la sua prima autobiografia. L'importanza del suo pensiero per la teoria femminista e' stata rivalutata negli ultimi anni grazie a studi come Simone de Beauvoir, Philosophy, and Feminism, di Nancy Bauer (Columbia U. P. 2001) e, soprattutto, Simone de Beauvoir: The Making of an Intellectual Woman (Oxford U. P. 2008, 30 sterline) di Toril Moi, un influente volume del 1994 - appena ripubblicato in una edizione aggiornata - che propone un'indagine genealogica dei processi attraverso cui de Beauvoir arriva a pensarsi come intellettuale e come donna. 2. MONDO. FATMA AYKUT: UN FILM DISGUSTOSO E SOPRAVVALUTATO, MA CHE NON MI OFFENDE IN QUANTO MUSULMANA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Fatma Aykut apparso su "Der Spiegel" del 31 marzo 2008. Fatma Aykut e' una giornalista musulmana che vive in Germania] Una sequenza del film anti-Islam di Geert Wilders mostra l'aeroplano dirottato che si schianta sul World Trade Center l'11 settembre. Mullah fomentatori di odio che chiamano i musulmani alla guerra santa. Immagini dei corpi mutilati delle vittime degli attentati alle ferrovie di Madrid nel 2004. Questi sono gli attrezzi con cui il populista olandese di destra cerca di sconvolgere il suo pubblico. Ma non funziona. In primo luogo, queste immagini hanno perso il loro impatto da tempo. Le abbiamo viste nei notiziari migliaia di volte, cosi' come le immagini dei sostenitori di Hamas a Gaza, che sventolano fucili nell'aria e urlano slogan antisemiti alla telecamera. Puo' suonare macabro, ma sono "consumate" e noi siamo ormai desensibilizzati rispetto a queste controverse immagini televisive. Il desiderio di scioccare ha spinto Wilders a includere nel filmato il metraggio della decapitazione di un ostaggio, senza censure o tagli. L'obiettivo si fissa sulla testa tagliata mentre la scena si dissolve. Il solo problema e' che il valore di notizia di questo metraggio e' pari a zero. La spettatrice continuava a domandarsi: "Quand'e' che Wilders ha intenzione di scuotermi davvero?". I musulmani moderati sono disturbati da queste immagini orrende quanto i non musulmani: entrambi i gruppi voltano le spalle con eguale disgusto. Gli estremisti islamici, nel frattempo, le giudicano insensibilmente. "Perfetto", si stanno sicuramente dicendo, "L'olandese ci ha ritratti nel modo giusto". Questi estremisti non saranno scioccati. Proprio il contrario: Al-Qaida potrebbe postare il lavoro di Wilder sul suo sito web come materiale promozionale. Wilders accompagna le "sconvolgenti immagini" con citazioni dal Corano, uno sforzo per immergere il testo piu' sacro dell'Islam in una fontana di odio. Il che rende difficile a me, una musulmana del tutto normale, difendere l'Islam come religione pacifica. Le citazioni non sono inventate, si trovano davvero nel Corano. I passaggi del libro sacro che inveiscono rabbiosamente contro gli ebrei sono stati usati a lungo, sfortunatamente, come propaganda. Questo e' tragico, come e' tragico che passaggi simili siano comuni nella Bibbia. * Il titolo del film, "Fitna", potrebbe essere tradotto come "caos", il che descrive i primi dieci minuti del film stesso. Un'infinita fiumana di immagini promuovono il cliche' dei musulmani "selvaggi": orde di uomini scuri e barbuti in lunghe vesti bianche. E ancora la spettatrice si chiedeva: "Cosa vuole ottenere questo film? Cosa vuole chi lo ha fatto?". Infine, dopo il decimo minuto, lo scopo di Wilders diventa chiaro. A lui non interessano i musulmani in Afghanistan, Pakistan o Iraq, ma i musulmani in Europa. E non si tratta delle differenze tra moderati ed estremisti. Nel film di Wilders, ogni singolo musulmano in Europa e' una minaccia. Ogni musulmano approva i delitti d'onore, si oppone alla cristianita' ed e' omofobo. "Stop all'islamizzazione dell'Europa" e "Difenditi dai musulmani" sono vecchi slogan che vengono ripetuti dagli estremisti di destra ad ogni elezione locale, statale o federale in Germania. Ci sono ormai familiari, ed hanno da tempo cessato di essere "scioccanti". Il film di Wilders offre una profezia sul futuro dell'Olanda: bambini insanguinati e madri violente, omosessuali impiccati e bambine sottoposte a mutilazione genitale. Se la questione dell'integrazione musulmana in Europa non fosse cosi' importante, ci sarebbe la tentazione di classificare il film come una parodia di se stesso e di riderci un po' sopra. Wilders dipinge il suo soggetto in maniera tale che sembra impossibile prender sul serio lui o il suo film. Forse non e' politicamente corretta come ammissione, ma in questo senso "Fitna" ha un certo potere "esplosivo". Dall'altro lato, e' possibile oggi girare un film critico sull'Islam senza temere omicidi, proteste e violenze? Questo me lo chiedo come donna musulmana. Sono certa che molta gente in Olanda, e qui in Germania, condivide i convincimenti di Wilders. Personalmente, mi piacerebbe sapere cosa il Ministro degli Interni Wolfgang Schaeuble ha da dire sull'argomento. * Il trucco del film di Wilders e' che si adopera a mostrare una sola faccia dell'esperienza dei musulmani in Europa. Per di piu', in un formato da documentario molto noioso. Sarebbe completamente sciocco essere contro il film "per principio". Wilders ritrae una mentalita' che indubbiamente esiste ad Amsterdam, a Parigi e a Berlino. E pero' sceglie di ignorare certe realta' della vita musulmana in Europa: l'alto tasso di disoccupazione tra gli immigrati, le poche chance di ricevere un'istruzione decente, gli incontri quotidiani con il razzismo, e i moltissimi figli di immigrati, in particolar modo i ragazzi, del tutto abbandonati a se stessi. Percio' cosa viene prima, l'uovo o la gallina? Come musulmana non praticante ma credente, il film non offende in alcun modo le mie convinzioni religiose. Ne' Allah ne' il Profeta sono bersagli diretti. Wilders evita anche l'errore che Theo van Gogh fece nel connettere il Corano alla sessualita'. Van Gogh e' stato assassinato nel 2004 da un estremista musulmano dopo aver diretto "Submission", un film che accoppiava passaggi del Corano a vicende di uomini che abusano delle donne nella cultura islamica, e ad immagini di una narratrice parzialmente svestita. A me il film di Van Gogh non causo' alcun fastidio, ma la violenza perpetrata da altri musulmani, intolleranti, nel mondo ha fatto balenare la possibilita' di reazioni violente al film di Wilders. A questo proposito, "Fitna" mi ha sorpreso. Si potrebbe dire che e' sopravvalutato: Wilders non fa altro che mostrare fatti, anche se li mostra da un lato solo. "Fitna" e' un tentativo, un tentativo a buon mercato e trasparente, di dipingere ogni immigrato musulmano in Europa come un potenziale terrorista, una minaccia alle democrazie ottenute a prezzo di tanti sforzi, una bestia dominata da istinti di base. Se i politici non avessero messo in guardia la popolazione cosi' incessantemente sulle possibili conseguenze del film, e fatto costanti paragoni con i disordini provocati dalle controverse vignette danesi del 2005, il progetto "Fitna" di Wilders non avrebbe avuto tutto quel successo promozionale. Ma quanto a scioccarci, non lo ha fatto. E almeno questa e' una fortuna. 3. MONDO. RINA JIMENEZ-DAVID: UN SEMINARIO E UN FILM [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Rina Jimenez-David apparso nel sito del "Philippine Daily Inquirer" (www.inquirer.net) nel marzo 2008. Rina Jimenez-David, giornalista, e' editorialista del "Philippine Daily Inquirer"] Manila, Filippine. "Centrale, per i fondamentalismi, e' il controllo delle donne, con le donne viste come i 'marchi' che definiscono l'appartenenza o l'esclusione da societa' o gruppi", dice la dottoressa Sylvia Estrada Claudio del "Centro UP - Studi sulle Donne". L'affermazione fa parte della sua presentazione del seminario universitario "Donne che contestano i fondamentalismi ed altre forme di intolleranza". La dottoressa Carolyn Sobritchea, un'altra delle relatrici al seminario, aggiunge che la maggior parte delle societa' e dei sistemi di credenze fondamentalisti sono organizzati attorno al "bisogno di controllare i corpi delle donne e, per estensione, il loro comportamento e persino i loro abiti". La terza relatrice, la dottoressa Reihana Mohideen, nota che le donne devono portare avanti la propria lotta attraverso le culture su due fronti: contro i fondamentalismi e contro "l'impero", termine con cui si descrivono sia il colonialismo sia le sue manifestazioni correnti nei campi politico ed economico, e cioe' la globalizzazione neoliberista. * Le parole di queste tre donne (ero presente al seminario) echeggiavano nella mia mente mentre guardavo il documentario "Siate fruttuosi e moltiplicatevi" all'incontro promosso dall'ambasciatore israeliano Svi Vapni e da sua moglie Limor in onore della regista del film, Shosh Shlam. Il film concerne le vite delle donne che appartengono alla comunita' ultraortodossa dell'ebraismo, "Un mondo", ha detto l'ambasciatore Vapni, "che e' esotico per noi quanto lo e' per voi". Sebbene comprenda una porzione davvero piccola della popolazione israeliana e degli ebrei nel mondo, la comunita' ultraortodossa e' ancora influente in Israele politicamente, religiosamente e culturalmente, poiche' i suoi membri vedono se stessi come i difensori della fede ebraica ed i protettori delle antiche tradizioni. Ma anche se il filmato discute la condizione di una minoranza ebraica di donne, "pone ancora la stessa questione universale", ha detto l'ambasciatore, "che riguarda lo status delle donne ovunque e le cui domande sono: ho una scelta? Posso avere il controllo sulla mia vita?". "E' stato un viaggio lungo e difficile in un mondo chiuso", ha ammesso la regista Shlam. Mentre girava un precedente documentario sui sopravvissuti alla Shoah che oggi vivono in ospedali psichiatrici israeliani, conobbe una donna ultraortodossa e "lei apri' il suo mondo a me". Interessata, Shlam comincio' a darsi da fare per produrre un documentario su queste donne, ma quel che ebbe furono letteralmente porte chiuse in faccia. La ragione per cui apre il suo film con la storia di Miriam, una donna ultraortodossa madre di sedici figli che vive a New York, sta nel fatto che "Ho avuto troppi rifiuti dalle donne della comunita' in Israele. Parlavo con loro e loro rispondevano: Lo chiedero' a mio marito e le sapro' dire domani. Ma naturalmente non si mettevano piu' in contatto". Permettere a degli estranei, per di piu' con una videocamera, di entrare nelle loro case e' un affare serio per le famiglie ortodosse, nota Shlam. Queste famiglie scelgono di non mischiarsi alla societa' "moderna" e la tv ed altre forme di tecnologia non sono ammesse nelle loro case. Un altro fattore distintivo fra gli ultraortodossi e' il loro convincimento che le donne appartengano esclusivamente alla sfera del focolare e della casa, con genitori riluttanti a dare alle proprie figlie un'istruzione che vada al di la' delle elementari o delle medie. La credenza influisce sul modo in cui maschi e femmine vengono cresciuti, con le ragazze che fanno un enorme cumulo di lavoro domestico, mentre dai ragazzi ci si aspetta che si concentrino sui loro studi accademici o religiosi. "Siate fruttuosi e moltiplicatevi" si riferisce ovviamente all'ingiunzione fatta ad Adamo ed Eva da Dio nelle Genesi. Ma secondo quel che racconta Shlam, la maggior parte delle interpretazioni ebraiche della scrittura dicono che quando una coppia ha avuto un maschio e una femmina ha tenuto fede al requisito richiesto alle coppie sposate. Fra le donne ultraortodosse, invece, avere bambini e' vista come la principale espressione della femminilita', il vivere pienamente la propria "essenza" di donne. Percio' partorire ed allevare quanti piu' figli e' possibile e' divenuto una sorta di status-symbol, e persino una competizione. Ci sono voluti tre anni, alla regista, per completare il film. In esso intervista e descrive le vite di donne con famiglie molto estese, e le difficolta' che affrontano passando piu' di vent'anni delle loro esistenze in perpetue gravidanze e allattamenti, e nel tener dietro a case i cui numerosi membri hanno differenti bisogni. E poi c'e' Yentel, che e' ortodossa anche lei, ma ha scelto un'altra strada. Yentel e' la figura centrale del documentario, una donna che si muove in entrambe le societa', e lotta per venire a patti con la propria speciale identita' in un mondo che cambia. Essendo cresciuta in una famiglia cosi' estesa che lei ed altri fratelli dovevano vivere con i vicini di casa, non essendoci abbastanza posto nelle casa dei suoi genitori, Yentel ricorda un'infanzia spesa nel desiderare ardentemente l'attenzione di sua madre. Risoluta a non mettere i propri figli nella stessa situazione, Yentel ha deciso di averne "solo" quattro, argomentando che ancor piu' delle difficolta' finanziarie o di salute che le grandi famiglie hanno, e' stato il costo emotivo posto su madre e bambini che l'ha convinta a mantenere "piccola" la sua famiglia. Sembra un'ironia, ma Yentel e' una specie di levatrice; il suo lavoro e' aiutare le donne incinte ad avere una gravidanza sana e a sopravvivere ai parti, e insegna loro ad aver cura dei neonati. Nel corso della sua attivita', racconta, ha sentito troppe storie tristi o disperate, e quando serviva ha portato le sue clienti da ostetriche e ginecologhe. Quando il film usci' in Israele, dice la regista, Yentel divenne il punto focale dell'ira della comunita' ortodossa: "Lei e la sua famiglia hanno pagato un alto prezzo per essere apparsi nel mio documentario. Yentel non lavora piu' per la sua comunita', ma mi ha detto: Se questo aiuta anche una sola donna a decidere della propria vita, allora valeva la pena farlo". 4. MONDO. HOUZAN MAHMOUD: LA LIBERTA' DELLE DONNE E' LA LIBERTA' DI TUTTI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Houzan Mahmoud apparso su "Open Democracy" (www.opendemocracy.net) nel marzo 2008. Houzan Mahmoud, irachena, giornalista indipendente, fa parte dell'Owfi, Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq, vive in Danimarca] In un mondo in cui si viene definiti ed "identificati" sulla base di nazionalita', etnia e religione (sino alla piu' minuscola delle sette), la categoria "donna" e' sempre piu' relegata ad uno status di seconda classe. Nei paesi in cui i sistemi politici sono fondati su diktat religiosi, le donne non hanno il diritto di vivere, di pensare, di agire o decidere per se stesse. Le loro vite sono valutate la meta' di quella di un uomo. Rigide leggi religiose non danno segno di permettere la felicita', la prosperita' o il piu' semplice dei diritti per le donne. Nei paesi dell'islamismo politico le donne vengono soffocate, soggiogate e legate alle norme e ai valori del bigottismo. In tale ambiente crescono deprivate e segregate, e pensano che non vi sia un altro modo di vivere, che nessun'altra scelta esista. Hanno ragione. In questi paesi le donne non hanno scelta se non quella di sottomettersi ai membri maschi delle loro famiglie, e di eseguire gli ordini che questi ultimi passano loro ricevendoli da "dio". * Per molte di noi, cio' che testimoniamo nei nostri paesi d'origine e' una tragedia senza fine, in cui sin dalla piu' tenera infanzia viene detto alle donne che le loro menti non appartengono a loro, e dove le loro personalita' non possono forgiarsi individualmente, ma devono assimilarsi a regole sociali oppressive. Nel mio paese d'origine, che e' il Kurdistan iracheno, le leggi religiose ufficialmente non sono in vigore, ma l'etica islamista intesse le norme della vita quotidiana. Le leggi islamiche modellano le vite di milioni di donne dalla nascita alla morte. Noi siamo le sopravvissute alle norme culturali ed alle tradizioni. Non "vittime", ma forti attiviste che sono sopravvissute al peggio che le leggi religiose ci hanno lanciato addosso, che hanno avuto il coraggio di parlare apertamente, e di essere voce per le altre donne ridotte al silenzio. Da Bassora a Baghdad, e in tutto il Kurdistan, tutti i giorni le donne vengono uccise, terrorizzate in nome dell"onore", forzate a matrimoni combinati. Ma sempre in maggior numero scelgono di essere libere. Il prezzo della liberta' puo' essere alto, eppure tante donne stanno compiendo questa scelta. * Dua Khalil Aswad, la ragazza yazida che e' stata trascinata fuori di casa e lapidata a morte, vittima del bigottismo religioso. Nafisa, la donna afgana a cui di recente il marito ha amputato naso e orecchie. Zohreh e Azar Kabiri-niat, le due sorelle iraniane condannate alla lapidazione perche' accusate di avere relazioni "illecite". Numerose altre donne in Iran, in Arabia Saudita ed altri paesi islamici vengono lapidate a morte o impiccate in pubblico. In Uganda, Sudan, e ovunque, le donne continuano ad essere stuprate per vendetta nel corso di sanguinosi conflitti. La poverta' piu' abietta colpisce soprattutto le donne. Perche' tutta questa brutalita'? La mancanza di eguaglianza economica, un patriarcato rigido e la misoginia religiosa sono i pilastri di quel sistema capitalista che ci mantiene divisi sulla base di genere e classe. Tale sistema crea una situazione orrenda per le donne. E il relativismo culturale non aiuta, quando si oppone ai diritti universali che sono stati conquistati dopo decenni di lotte, e divide i nostri movimenti. Dobbiamo affermare una volta di piu' che quando ci sollrviamo per l'eguaglianza delle donne, lo facciamo per tutte le donne. Il bigottismo religioso deve essere contrastato a voce alta, ogni volta che alza la testa. L'arcivescovo di Canterbury e' di recente diventato un caso per aver suggerito di ammettere come forma legale, in Gran Bretagna, alcuni aspetti della "sharia". Lo ha fatto perche' quel che teme di piu' e' che senza questa "liberalizzazione" le opinioni e le leggi e i valori che si relazionano al bigottismo cristiano vengano spazzati via. La nostra lotta non avra' successo senza il completo e pieno coinvolgimento della societa' intesa come un intero. I nostri diritti e la nostra liberta', le nostre lotte di classe e le nostre aspirazioni sono universali. La liberta' delle donne non significa liberta' per alcune. La nostra liberta' non accetta l'idea che in nome di una religione, di una cultura, di un confine o di una nazionalita' chi e' maggiormente oppresso ne venga escluso. Noi siamo tutte esseri umani. Meritiamo di vivere in dignita' e di godere di diritti umani senza condizioni. 5. LIBRI. SARA SESTI PRESENTA "INTERNET PER L'ANTROPOLOGIA" DI ALESSANDRA GUIGONI [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione dal titolo "Internet e antropologia". Sara Sesti, insegnante di matematica, fa parte dell'associazione Donne e scienza e collabora con la Mathesis. Ha curato, per il centro di ricerca Pristem dell'Universita' Bocconi, la mostra "Scienziate d'Occidente. Due secoli di storia", e ha fatto parte della redazione delle riviste "Lapis" e "Il Paese delle donne". Ha pubblicato con Liliana Moro il libro Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila", Pristem - Universita' Bocconi, Milano 2002. Tiene i corsi di informatica della Libera Universita' delle Donne di Milano. E' una delle webmaster del sito www.universitadelledonne.it, per cui cura la ricerca delle immagini e le rubriche Scienza e tecnologie, Libri, Film, Mostre e Pensiamoci. Opere di Sara Sesti: con Liliana Moro, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002, ora nella nuova edizione ampliata Scienziate nel tempo. 65 biografie, Edizioni Lud, Milano 2008. Alessandra Guigoni e' antropologa; laureata in lettere classiche, specializzata in scienze sociali e relazioni interculturali, in didattica multimediale e ipertestuale; ricercatrice e consulente presso istituti di ricerca e formazione pubblici e privati; collabora con l'Istituto di discipline socio-antropologiche di Cagliari e con il Dipartimento di scienze antropologiche dell'Universita' di Genova. Opere di Alessandra Guigoni: Internet per l'antropologia, Name, 2001] Nel suo libro Internet per l'antropologia, pubblicato dal Centro Editoriale Italiano Telematico Name, Alessandra Guigoni, ricercatrice presso l'Istituto di discipline socio-antropologiche dell'Universita' di Cagliari, fornisce un punto di partenza a chi e' interessato all'antropologia del cyberspazio, sia da un punto di vista teorico che pratico. L'idea alla base del libro e' considerare questa nuova disciplina, nata insieme allo spazio elettronico, nella sua doppia accezione di antropologia "della" rete e di antropologia "in" rete. Nel primo caso si intende uno studio antropologico centrato sugli aspetti socioculturali di Internet, che ha per oggetto i frequentatori di chat, newsgroup e, in generale, le dinamiche sociali della vita on line; la seconda definizione fa invece riferimento al complesso delle risorse antropologiche presenti sulla rete stessa. Il libro e' suddiviso in due parti. Nella prima l'autrice da' conto delle dimensioni e delle caratteristiche della socialita' in Internet, innanzitutto attraverso la disamina dei suoi strumenti di comunicazione, poi attraverso la presentazione delle idee e dei concetti chiave di alcuni tra i piu' autorevoli scienziati sociali impegnati nell'analisi delle nuove tecnologie, e infine attraverso un breve resoconto di una personale ricerca sul terreno condotta in alcune comunita' virtuali italiane di interesse e durata un paio d'anni. Particolarmente interessante la trattazione di alcune tematiche connesse a Internet, concernenti essenzialmente globalizzazione, etnicita', rapporto tra Internet e i media tradizionali. La seconda parte e' composta da un ricco catalogo di risorse e di strumenti utili per la ricerca antropologica in generale: in buona sostanza si tratta di un elenco ragionato e commentato di siti web con relativi indirizzi, e di una bibliografia iniziale sull'antropologia dei media - e del cyberspazio in particolare - utile sia a chi si accosta alla disciplina sia a chi desidera approfondirne la conoscenza. 6. LIBRI. SARA SESTI PRESENTA "LA PSICOLOGIA DI INTERNET" DI PATRICIA WALLACE [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione dal titolo "La psicologia di internet". Patricia Wallace dirige il Center for Knowledge and Information Management all'Universita' del Maryland. Opere di Patricia Wallace: La psicologia di Internet, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000. Su Patricia Wallace cfr. il sito www.patriciawallace.net] Vi siete mai chieste perche' nelle chat line i partecipanti di ambo i sessi assumano spesso un'identita' diversa da quella reale? Quali siano le motivazioni che spingono a stringere legami di amicizia e anche di affetto in rete? Che impressione diamo di noi stessi a chi ci conosce soltanto on line? E quale sara' il futuro delle interazioni umane nell'epoca di Internet? A queste e ad altre domande risponde, indagando gli scenari talora inquietanti delle attivita' che si svolgono in rete, Patricia Wallace che dirige il Center for Knowledge and Information Management presso l'universita' del Maryland, dove si occupa di psicologia delle relazioni e dell'apprendimento. Gli esiti dell'indagine sono pubblicati nel libro La psicologia di Internet, edito da Raffaello Cortina nella collana Scienza e Idee, lire 42.000. Trasferendo all'ambiente virtuale i risultati delle ricerche psicologiche, sociologiche, sulla comunicazione e sul business si incontrano molte sorprese: numerosi aspetti dei nostro comportamento abituale si modificano, nel bene e nel male. L'aggressivita', l'attrazione, la solidarieta' e le dinamiche di gruppo, sia collaborative sia conflittuali, si esprimono in rete con modalita' specifiche. Mettendo in evidenza come Internet e la nostra esperienza del suo utilizzo siano ancora giovani, l'autrice guida il lettore nel "brave new world" del cyberspazio e mostra come sia possibile usare al meglio le potenzialita' di questo nuovo territorio delle relazioni umane. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 176 del 12 aprile 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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