[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 414
- Subject: Minime. 414
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 3 Apr 2008 00:44:33 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 414 del 3 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Martin Luther King: Sono stato sulla cima della montagna 2. Maria G. Di Rienzo: Caro dottor King 3. Commemorato Martin Luther King a Orte 4. Oggi a Verona 5. Stefano Rodota': Diritti 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SONO STATO SULLA CIMA DELLA MONTAGNA [Riproponiamo ancora una volta il seguente discorso estratto dall'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King curata da Fulvio Cesare Manara, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002. Il testo seguente e' quello dell'intervento tenuto nel tempio del vescovo Charles J. Mason, a Memphis, Tennessee, il 3 aprile 1968; Martin Luther King fu assassinato il giorno dopo. Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale] E sapete, se mi trovassi al principio dei tempi, e avessi la possibilita' di godere della visione generale e panoramica di tutta la storia umana fino a oggi, e l'Onnipotente mi dicesse: "Martin Luther King, in quale epoca ti piacerebbe vivere?", io con la mente volerei sull'Egitto, e guarderei i figli di Dio compiere il loro meraviglioso tragitto dalle buie carceri dell'Egitto attraverso il Mar Rosso, nel deserto, e avanti verso la terra promessa. E nonostante la magnificenza della visione, non mi fermerei. Proseguirei verso la Grecia, e con la mente mi rivolgerei al monte Olimpo. E vedrei Platone, Aristotele, Socrate, Euripide e Aristofane riuniti intorno al Partenone, e li guarderei passeggiare mentre dibattono gli eterni e grandi problemi della realta'. Ma non mi fermerei. Andrei ancora avanti, fino all'epoca della massima fioritura dell'impero romano, e vedrei come si svolgono gli eventi, da un imperatore all'altro, da un condottiero all'altro. Ma non mi fermerei. Passerei all'epoca del Rinascimento, per avere un rapido quadro di cio' che quel periodo ha fatto per la vita culturale ed estetica dell'uomo. Ma non mi fermerei. Vorrei anche percorrere i luoghi dove ha vissuto l'uomo di cui porto il nome, e osserverei Martin Lutero affiggere le sue novantacinque tesi sul portale del duomo di Wittenberg. Ma non mi fermerei. Poi arriverei al 1863, vedrei un presidente titubante di nome Abraham Lincoln arrivare finalmente alla conclusione di dover firmare il Proclama dell'emancipazione. Ma non mi fermerei. Tornerei ai primi anni Trenta, e vedrei un uomo lottare per risolvere i problemi provocati dallo stato di bancarotta della nazione, e uscirsene con una eloquente esclamazione: "Non abbiamo da temere nient'altro che la nostra stessa paura". Ma non mi fermerei. Cosa strana, mi rivolgerei all'Onnipotente e gli direi: "Se mi permetterai soltanto di vivere qualche anno nella seconda meta' del Ventesimo secolo, saro' contento". * Ebbene, e' un'affermazione strana, questa, perche' il mondo e' tutto sottosopra. Il paese e' malato; la terra e' in pena, c'e' grande confusione. E' un'affermazione strana. Ma in qualche modo io so che le stelle si possono vedere soltanto se e' abbastanza buio. E in questo periodo del XX secolo io vedo l'azione di Dio. Nel nostro mondo accade qualcosa; le masse si stanno sollevando; e oggi, dovunque si radunino, che sia a Johannesburg in Sudafrica; a Nairobi in Kenya; ad Accra nel Ghana; a New York; ad Atlanta in Georgia; a Jackson nel Mississippi; o a Memphis nel Tennessee, il grido e' sempre uguale: "Vogliamo essere liberi". E c'e' un'altra ragione per cui sono contento di vivere nel nostro tempo: siamo stati costretti ad arrivare a un punto in cui dovremo affrontare i problemi che gli uomini hanno cercato di risolvere lungo tutta la storia. La sopravvivenza esige che li affrontiamo. Da anni ormai gli uomini parlano di guerra e di pace; ma ormai non possono piu' limitarsi a parlarne. A questo mondo non e' piu' questione di scegliere tra violenza e nonviolenza; si tratta di scegliere: o nonviolenza o nonesistenza. Ecco a che punto siamo oggi. E anche nella rivoluzione dei diritti umani, se non si fa qualcosa, e in fretta, per far uscire i popoli di colore del mondo dai loro lunghi anni di poverta', dai lunghi anni in cui sono stati feriti e messi da parte, il mondo intero e' destinato alla rovina. Ebbene, io sono proprio contento che Dio mi abbia concesso di vivere in quest'epoca, di vedere lo svolgersi degli eventi. E sono contento che mi abbia concesso di essere qui a Memphis. * Ricordo, ricordo bene quando i neri si limitavano ad andare in giro, come ha detto tante volte Ralph, grattandosi dove non prudeva e ridendo quando nessuno faceva loro il solletico. Ma quei tempi sono finiti. Adesso facciamo sul serio, e siamo determinati a ottenere il posto che ci spetta di diritto nel mondo che Dio ha creato. E proprio qui sta il punto. Non abbiamo intrapreso una campagna di protesta negativa, non abbiamo intrapreso discussioni negative con nessuno; diciamo che siamo determinati a essere uomini; siamo determinati a essere popolo. Diciamo che siamo figli di Dio. E se siamo figli di Dio, non dobbiamo vivere come siamo costretti a vivere. E dunque, che cosa significa tutto questo nella grande epoca storica che stiamo vivendo? Significa che dobbiamo restare uniti. Dobbiamo restare uniti e conservare l'unita'. Sapete, ogni volta che il faraone voleva prolungare il tempo della schiavitu' in Egitto, per riuscirci ricorreva al suo espediente prediletto. Quale era? Faceva in modo che gli schiavi combattessero fra loro. Ma ogni volta che gli schiavi sono uniti, nella corte del faraone succede qualcosa, e lui non riesce piu' a tenere schiavi gli schiavi. Quando gli schiavi si mettono insieme, comincia l'uscita dalla schiavitu'. Allora, conserviamo l'unita'. Non permetteremo ai manganelli di fermarci. Nel nostro movimento nonviolento siamo maestri nel disarmare le forze di polizia; loro non sanno piu' che cosa fare. L'ho visto succedere tante volte. Mi ricordo a Birmingham, in Alabama, durante quella magnifica lotta, quando tutti i giorni partivamo dalla chiesa battista della sedicesima strada. Uscivamo dalla chiesa a centinaia, e Bull Connor ordinava di sguinzagliare i cani, e i cani arrivavano. Ma noi andavamo incontro ai cani cantando: "Non permettero' a nessuno di farmi tornare indietro". Poi Bull Connor diceva: "Aprite gli idranti". E, come vi dicevo l'altra sera, Bull Connor non conosceva la storia. Conosceva una specie di fisica che non so perche' non aveva nessun rapporto con la metafisica che conoscevamo noi. Si trattava del fatto che esiste un genere di fuoco che nessun'acqua riesce a spegnere. E noi andavamo incontro agli idranti. Noi conoscevamo l'acqua. Se eravamo battisti, o appartenevamo a qualche altra confessione cristiana, eravamo stati battezzati per immersione. Se eravamo metodisti, o di qualche altra confessione, eravamo stati spruzzati: ma in ogni modo, conoscevamo l'acqua. Non poteva fermarci. Cosi', continuavamo a camminare incontro ai cani, e li guardavamo; e andavamo avanti, incontro agli idranti, e li guardavamo. E non facevamo altro che continuare a cantare: "Sopra la mia testa, nell'aria, vedo la liberta'". E poi ci prendevano e ci mettevano nei cellulari, e a volte ci stavamo pigiati come sardine. E ci buttavano dentro, e il vecchio Bull diceva: "Portateli via". Loro lo facevano, e noi salivamo nel cellulare cantando "We Shall Overcome". E di tanto in tanto finivamo in prigione, e vedevamo i carcerieri guardare attraverso gli spioncini e commuoversi per le nostre preghiere e per le nostre parole e le nostre canzoni. C'era un potere in questo, al quale Bull Connor non riusciva ad abituarsi, e cosi' abbiamo finito col trasformare Bull [toro] in un vitello, e abbiamo vinto la nostra lotta di Birmingham. Dobbiamo dedicarci a questa lotta fino alla fine. Non ci sarebbe tragedia peggiore che fermarsi a questo punto, a Memphis. Dobbiamo andare fino in fondo. Quando faremo la nostra marcia, dovete partecipare. Anche se vuol dire lasciare il lavoro, anche se vuol dire lasciare la scuola, venite lo stesso. Forse voi non siete in sciopero, ma o andremo su' insieme, o finiremo giu' insieme. Cerchiamo di sviluppare una specie pericolosa di altruismo. * Un giorno un uomo ando' a trovare Gesu', perche' voleva discutere con lui su argomenti riguardanti le questioni fondamentali della vita. Voleva tendere un trabocchetto a Gesu', e dimostrargli che lui sapeva qualcosa di piu' di Gesu', per riuscire a confonderlo. La questione sarebbe potuta senz'altro finire in una disputa filosofica e teologica. Invece Gesu' la fece subito scendere dalle nuvole, e la colloco' nella situazione di una curva pericolosa della strada fra Gerusalemme e Gerico. E si mise a parlare di un uomo che si era imbattuto nei briganti. Ricorderete che un levita e un sacerdote passarono sull'altro lato della strada: non si fermarono per aiutarlo. Alla fine, passo' un uomo di un'altra razza. Smonto' dalla cavalcatura, e decise di non essere compassionevole per procura. Si chino' su di lui, invece, gli presto' i primi soccorsi, aiuto' quell'uomo nel bisogno. Gesu' conclude dicendo che era lui l'uomo buono, era lui il grande uomo, perche' era capace di proiettare l'"io" nel "tu", e di prendersi cura del proprio fratello. Ebbene, sapete, noi esercitiamo molta immaginazione nel tentativo di stabilire come mai il sacerdote e il levita non si sono fermati. A volte diciamo che avevano fretta di arrivare a un'assemblea ecclesiale, a un raduno di religiosi, e dovevano affrettarsi verso Gerusalemme per non arrivare in ritardo alla riunione. In altri casi possiamo ipotizzare che ci fosse una legge religiosa, per cui chi doveva svolgere una cerimonia religiosa non doveva toccare il corpo di un essere umano nelle ventiquattro ore precedenti la cerimonia stessa. E in qualche caso cominciamo a chiederci se forse per caso non stessero andando a Gerusalemme, o piuttosto a Gerico, per fondare un'Associazione per il perfezionamento della strada di Gerico. Potrebbe anche darsi. Magari pensavano che fosse meglio affrontare il problema partendo dalle radici, dalle cause, invece che lasciarsi impantanare in un risultato su scala individuale. Ma io voglio raccontarvi che cosa mi suggerisce la mia immaginazione. Potrebbe darsi che quei due uomini abbiano avuto paura. Vedete, la strada di Gerico e' una strada pericolosa. Ricordo quando sono andato per la prima volta a Gerusalemme, insieme alla signora King. Avevamo noleggiato una macchina e viaggiavamo da Gerusalemme a Gerico. E appena arrivammo su quella strada io dissi a mia moglie: "Ora capisco perche' Gesu' ha scelto questo posto per ambientare la sua parabola". E' una strada tutta curve; proprio l'ideale per un agguato. E' una strada pericolosa. All'epoca di Gesu' aveva preso il nome di "Passo del sangue'. E allora, capite, puo' darsi che il sacerdote e il levita abbiano gettato un'occhiata a quell'uomo steso in terra e si siano chiesti se i briganti fossero ancora nei paraggi. Oppure, magari hanno pensato che l'uomo steso a terra facesse finta; che fingesse di essere stato derubato e ferito, per saltar loro addosso, che volesse attirarli per un assalto veloce e facile. Ah, si'. E quindi, la prima domanda che il sacerdote si fa, la prima domanda che il levita si fa, e' questa: "Se mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa mi capitera'?". Ma poi e' passato il buon samaritano, e ha rovesciato la domanda: "Se non mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa gli succedera'?". Ecco la domanda che avete di fronte stasera. Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa succedera' al mio lavoro?". Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa ne sara' delle ore che di solito passo nel mio studio di pastore tutti i giorni e tutte le settimane?". La domanda non e' "se mi fermo per soccorrere quest'uomo nel bisogno, che cosa mi accadra'?". La domanda e': "se non mi fermo per aiutare gli operai della nettezza urbana, che cosa accadra' a loro?". Questa e' la domanda. Questa sera alziamoci con maggiore disponibilita'. Prendiamo posizione con maggiore determinazione. E continuiamo ad avanzare in queste giornate di grande potenza, in queste giornate di sfida, per far si' che l'America diventi come dovrebbe essere. Abbiamo l'occasione di rendere l'America migliore. E io voglio ringraziare Dio, ancora una volta, per avermi concesso di esser qui con voi. * Sapete, parecchi anni fa mi trovavo a New York per firmare le copie del mio primo libro. E mentre stavo seduto tutto preso da dediche e autografi, si avvicino' una donna nera, un'alienata. L'unica cosa che le sentii dire fu: "E' lei Martin Luther King?". Io guardavo in basso, perche' stavo scrivendo, e risposi: "Si'". E un attimo dopo sentii qualcosa che mi dava un colpo sul petto. Prima che me ne rendessi conto, quella donna pazza mi aveva pugnalato. Mi portarono di corsa allo Harlem Hospital. Era un sabato pomeriggio, era gia' buio. La lama era andata in profondita', e dalla radiografia si vide che la punta sfiorava l'aorta, l'arteria principale. Se ti perforano l'aorta, anneghi nel tuo stesso sangue; sei finito. La mattina dopo, sul "New York Times" scrissero che se avessi anche solo starnutito, sarei morto. Ebbene, a tre o quattro giorni dall'operazione, dopo che mi avevano aperto il torace e avevano estratto la lama, mi permisero di andare in giro per l'ospedale sulla sedia a rotelle. Mi lasciarono leggere un po' della posta che era arrivata per me: da tutti gli stati e dall'estero erano arrivate lettere gentili. Ne lessi qualcuna, ma ce n'e' una che non dimentichero' mai. Mi avevano scritto anche il presidente e il vicepresidente, ma ho dimenticato che cosa dicevano i loro telegrammi. Il governatore dello stato di New York era venuto a trovarmi e mi aveva scritto una lettera, ma ho dimenticato che cosa diceva la sua lettera. C'era invece un'altra lettera, scritta da una bambina, una ragazzina che studiava al liceo di White Plains. Io guardai la sua lettera e non la dimentichero' mai. Diceva semplicemente: "Gentile professor King, frequento la quarta ginnasio nel liceo di White Plains". E continuava: "Non dovrebbe avere importanza, ma vorrei dire che sono bianca. Ho letto sul giornale della sua disgrazia e delle sue sofferenze. E ho letto anche che se avesse starnutito, sarebbe morto. E le scrivo semplicemente per dirle che sono tanto contenta che non abbia starnutito". Vorrei dire che anch'io sono contento di non avere starnutito. Perche', se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1960, quando in tutto il Sud gli studenti cominciarono a prendere posto ai banchi delle caffetterie. E io sapevo che proprio mettendosi a sedere in realta' si stavano schierando a favore della parte migliore del sogno americano, e riportavano il paese a quelle grandi sorgenti della democrazia scavate dai padri fondatori nella Dichiarazione di indipendenza e nella Costituzione. Se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1961, quando decidemmo di cominciare un viaggio per la liberta' e per mettere fine al segregazionismo sui mezzi di trasporto da uno stato all'altro. Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1962, quando i neri di Albany, in Georgia, decisero di drizzare la schiena: e ogni volta che uomini e donne drizzano la schiena, riescono ad arrivare da qualche parte, perche' se stai diritto e non pieghi la schiena nessuno ti puo' montare addosso. Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1963, quando la popolazione nera di Birmingham, nell'Alabama, e' riuscita a risvegliare la coscienza di questo paese e ottenere l'approvazione della legge sui diritti civili. Se avessi starnutito, un po' piu' tardi in quello stesso anno, in agosto, non avrei avuto l'occasione di raccontare all'America di un sogno che avevo avuto. Se avessi starnutito, non sarei stato a Selma, nell'Alabama, e non avrei assistito al grande movimento che si e' avuto in quella citta'. Se avessi starnutito, non sarei venuto a Memphis per vedere una comunita' che si stringe intorno ai fratelli e alle sorelle che soffrono. Sono proprio contento di non avere starnutito. * Ho lasciato Atlanta stamani, e mentre stavamo per partire - sull'aereo eravamo in sei - il pilota ci ha detto, attraverso l'interfono: "Scusate il ritardo, ma abbiamo sull'aereo il professor Martin Luther King. E per assicurarci che tutte le valigie fossero state controllate, e per essere sicuri che sull'aeroplano fosse tutto in ordine, abbiamo dovuto verificare con cura tutto quanto. E abbiamo tenuto l'aereo sotto protezione e sorvegliato per tutta la notte". Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere a causa di qualche nostro fratello bianco malato. Ebbene, non so che cosa accadro' d'ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza, perche' sono stato sulla cima della montagna. E non m'importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevita' ha i suoi lati buoni. Ma adesso non mi curo di questo. Voglio fare soltanto la volonta' di Dio. E Lui mi ha concesso di salire fino alla vetta. Ho guardato al di la', e ho visto la terra promessa. Forse non ci arrivero' insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. E stasera sono felice. Non c'e' niente che mi preoccupi, non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria dell'avvento del Signore. 2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: CARO DOTTOR KING [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo articolo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Caro dottor King, non e' la prima volta che le scrivo: la situazione e' diversa dal solito perche' sto usando una tastiera, ma quando ero bambina le ho gia' scritto, ricorda? Le ho mandato lettere, dalla mia mente verso le nuvole, e in terza media ho persino composto una tesina sulla lotta per i diritti civili in Usa con la mia compagna di banco. Ho una sua vecchia foto ritagliata da un giornale, in cui lei cammina sottobraccio ad un attivista bianco: state per salire sull'autobus insieme, finalmente insieme, la segregazione e' finita. E ho la sua lettera dalla prigione di Birmingham. Con dozzine di altri piccoli pegni, la sua immagine e le sue parole mi aiutano quando sento scemare forza e determinazione. Come le ho gia' detto in passato non sono credente, ma so che per lei la fede e' stata importante, ed io non disdegno i suggerimenti sensati. Proprio adesso, mi e' venuto in mente il profeta Ezechiele. A memoria, credo che abbia detto qualcosa del genere: "Togliero' da voi i vostri cuori di pietra, e vi daro' cuori di carne". Io sto vivendo, dottor King, in un mondo che non mi e' mai parso cosi' senza cuore com'e' oggi. Poverta', violenza, oppressione ed ingiustizia istituzionalizzata. Ovunque, comunque, senza remissione. Tento di analizzare i fondamenti della situazione, e ossessionante mi si presenta il ritornello del patriarcato, un costrutto che si basa sull'esclusione e si regge su quattro pilastri interconnessi: il dualismo oppositivo, per cui si assume che alcune cose/persone stanno in alto e alcune cose/persone stanno in basso; la gerarchia valoriale che suddivide l'umanita' in sottoinsiemi sempre piu' ristretti; il dominio, che in cima alla piramide della gerarchia pone un piccolo gruppo di persone la cui legittimazione e' violenza ad ogni livello e il cui fine e' ingordo profitto; l'essenziale disuguaglianza, che considera alcune forme di vita umana un po' "minori" delle altre (quelle di sesso femminile, in primo luogo: il secondo sesso, il bel sesso, il sesso debole...). Cuori di pietra. Sono necessari alla prosecuzione di questo stato di cose, non c'e' dubbio. Se si negano i propri sentimenti, l'empatia, la compassione (quel sentire insieme che e' legame umano), il patriarcato promette in cambio potere e autorita': agli uomini, principalmente e per "volere divino" o "legge di natura", ma alcune donne possono aggregarsi, se riescono a dimostrare una disumanizzazione sufficiente. Credo che lei sarebbe d'accordo con me, dottor King, se dicessi che chiunque abbia davvero fede e prenda sul serio le Scritture dovrebbe essere conscio della presenza di Dio in ogni altro essere umano che incontra. E credo che non le dispiacerebbe se accostassi il suo lavoro, le sue sofferenze, le sue vittorie e infine il suo assassinio, alla vita di Cristo. Gesu' cammina dalla Galilea a Gerusalemme, ascoltando i poveri e i bambini, curando sofferenze, parlando con le donne, cambiando per sempre tutto cio' che incontra. E io penso alla protesta degli autobus ed alla sua gente che cammina, perseverante, coraggiosa, con i piedi stanchi e l'anima riposata. Lei si sara' chiesto cosa mi leghi alla sua esperienza, oltre ovviamente alla gratitudine, visto che la mia, di esperienza, e' cosi' distante e diversa per luogo e per tempo. E' che i valori di un predicatore battista, a volte, coincidono con quelli di un'irriducibile ed orgogliosa femminista quale io sono: rispetto per l'altro, eguaglianza, mutualita', interdipendenza, cura. Il femminismo vede gli ignorati, i dimenticati, gli invisibili. E parla alle donne e agli uomini che sono stanchi del massacro del pianeta, e vorrebbero che la promessa di Ezechiele si avverasse, e avere cuori di carne, sia pure in un mondo di pietra. Il femminismo non parla dal Sinai, non ha tavole della legge ma solo paziente e costante riflessione, pero' credo che potrebbe parlare dal Monte delle Beatitudini. Il monte della condivisione del potere, della nonviolenza, della liberta' che viene dal conoscere se stessi, e dal riconoscere gli altri. Dove gli individui rifiutano di essere ridotti al silenzio, il femminismo fiorisce. Dove i poveri, i diseredati, le donne, le persone omosessuali, i popoli indigeni, le minoranze, rifiutano di essere pedine sulla scacchiera del patriarcato, e lottano per la propria liberazione, e' possibile che il Gesu' di cui parlavo cammini con loro. E mi viene naturale pensare, dottor King, che oggi lei farebbe altrettanto. 3. INCONTRI. COMMEMORATO MARTIN LUTHER KING A ORTE Nell'ambito del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte mercoledi' 2 aprile 2008 e' stato commemorato Martin Luther King, di cui il 4 aprile ricorre il quarantesimo anniversario della morte. Dopo un ricordo della figura e dell'azione dell'illustre personalita' dell'impegno nonviolento, antirazzista, per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la pace, i partecipanti al corso hanno osservato un minuto di raccoglimento. A tutti i partecipanti sono stati messi a disposizione i testi integrali dell'opuscolo autobiografico "Pellegrinaggio alla nonviolenza", della "Lettera dal carcere di Birmingham" del 16 aprile 1963, del discorso "Io ho un sogno" tenuto a Washington il 28 agosto 1963. 4. INCONTRI. OGGI A VERONA [Dal Movimento Nonviolento (per contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] Il giorno di Martin Luther King (1968-2008, quarantesimo anniversario) Verona, 3 aprile 2008: Il potere dell'amore, il sogno di Martin Luther King * Programma: - ore 16,30 - 18,30, sul Ponte Pietra, letture pubbliche di testi di Martin Luther King a cura di attrici, attori e allievi di compagnie teatrali veronesi, con la partecipazione di Grazia De Marchi e Tiziano Gelmetti (in caso di pioggia presso il Centro Mazziano). - ore 18,30, al Teatro del Centro Mazziano (via Madonna del Terraglio), proiezione del film "Nashville, eravamo guerrieri" (la lotta nonviolenta per i diritti dei neri negli Usa). Introduzione a cura di Mao Valpiana, del Movimento Nonviolento. - ore 20-20,30, spuntino conviviale. - ore 20,45, cori gospel a cura del coro della comunita' africana di San Tomaso in Verona. - ore 21,15 presentazione del libro su Martin Luther King, La storia e il sogno, edito dalla Claudiana, con Paolo Naso, curatore; introduce e modera Gabriele Colleoni del quotidiano "L'Arena". * L'iniziativa e' promossa dal Coordinamento di associazioni veronesi "Nella mia citta' nessuno e' straniero". Ad oggi hanno ufficializzato la propria adesione al cartello: A.b.c.s., Arci, Associazione Civicitta', Associazione don Tonino Bello, Associazione per la pace, Associazione Villa Buri, Avvocati di strada, Capolinea, Centro don Calabria, Centro missionario diocesano, Centro pastorale immigrati, Cesaim, Cestim, Cgil, Cisl, Uil, Anolf Cisl, Comitato di solidarieta' con il popolo eritreo, Comunita' dei giovani, Comunita' La Madonnina, Consulta comunale dell'immigrazione, Cooperativa La casa per gli immigrati, Emergency Verona, Emmaus Villafranca, Enti locali per la pace, Gruppo ecclesiale veronese tra i Rom e i Sinti, Il Cireneo, La Fraternita', Mlal, Movimento Nonviolento, Nigrizia, Pax Christi, Rete Guinea Bissau, Rete Lilliput, Rete Radie' Resch, Unione allievi di Don Mazza, Vita Virtus Onlus. * Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 5. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': DIRITTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 marzo 2008, col titolo "Diritti. Cio' che la politica guarda troppo poco". Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006] Fino a che punto la politica riesce a rispecchiarsi nei diritti, a vedere in essi un fattore che struttura la democrazia, un'opportunita' da cogliere in ogni momento, e non un vincolo, un impaccio dal quale liberarsi sfruttando ogni pretesto? Il nudo esercizio del potere soffre le limitazioni che i diritti, storicamente, gli impongono. E i tempi sembrano davvero propizi alle imprese dei realisti, che trovano disponibili sapienza e strumenti approntati da scienziati politici e giuristi per offrire argomenti e copertura alla riduzione dei diritti. Cosi' la tortura viene presentata come strumento necessario per la salvezza dello Stato e il veto di Bush alla legge che voleva limitarne l'impiego ha trovato la strada spianata dalle teorizzazioni di Alan Dershowitz. Il professore di Harvard, gia' combattente per i diritti civili, segue lo spirito del tempo e indica le forme della tortura "legale", legittimando la domanda se i giuristi siano "senza cuore". Le stesse teorie della giustizia restringono il loro raggio d'azione: si parla di societa' decente, e non piu' di societa' giusta, nel senso che le istituzioni dovrebbero limitarsi a evitare che le persone siano umiliate, che siano colpite dalla crudelta'. I diritti come presidio della sola e nuda biologia? Questa tendenza, gia' presente prima dell'11 settembre, dopo quell'avvenimento ha avuto forti accelerazioni, come mostrano la legittimazione della violenza sul corpo e il diffondersi di una letteratura preoccupata o rassegnata che si interroga intorno ai "diritti fondamentali e la guerra", dove la guerra e' ormai una condizione permanente, che determina una decisiva virata verso societa' del controllo. Ma vi e' una diversa diffidenza verso i diritti fondamentali, che vede in essi una pericolosa ideologia, una grammatica incapace di comprendere la vita, uno strumento "insaziabile" che vuole sostituirsi alla politica e negare la stessa sovranita' popolare, come accadrebbe quando si afferma che il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali individua materie che divengono "indecidibili" per lo stesso legislatore. A questo si aggiunge la constatazione di una nuova dimensione del mondo, dove il cadere dei confini e la crisi della sovranita' nazionale rendono impraticabile il vecchio sistema delle garanzie di fronte all'illimitato potere dei soggetti economici protagonisti nello spazio globale. La fine del "territorio giacobino", chiuso nei suoi confini e governato da un unico centro, non e' stata seguita dalla ricostruzione di un altro soggetto capace di essere il garante dei diritti. Il mondo, tuttavia, continua a essere percorso da incessanti lotte per i diritti, che non sono solo il segno d'una non rassegnata coscienza individuale e collettiva, ma pure la sottolineatura continua d'una incapacita' della rappresentanza d'essere luogo "generale", dove le tensioni verso i diritti riescono a trovare ascolto e composizione. Assistiamo cosi' a una dislocazione dei conflitti, e a un mutamento della logica istituzionale. Le lotte per i diritti si distendono in una sfera ormai globale e divengono occasione di autorappresentazione, di emersione di nuove figure di garanzia. Indebolita o scomparsa la funzione unificante delle storiche istituzioni rappresentative, parlamenti e partiti, si guarda ai diritti come strumenti per far emergere soggettivita' separate, per rivendicare identita': che e' cosa assai diversa della storica esperienza dei movimenti one issue, votati al raggiungimento d'un unico obiettivo, che tuttavia presuppongono proprio l'esistenza di forme operanti di rappresentanza generale. In questo contesto la funzione sostanziale e formale di garanzia si sposta progressivamente verso i giudici, come dimostra anche la responsabilita' crescente delle Corti costituzionali. Si puo' cogliere qui la ragione profonda della permanenza dei diritti fondamentali come riferimento forte. Nel mondo senza confini, dove il potere normativo e' sostanzialmente nelle mani dei soggetti economici transnazionali, il riferimento alla variegata mappa dei documenti riguardanti i diritti costituisce spesso l'unico appiglio che consente rivendicazioni individuali e collettive e iniziative dei giudici, unici soggetti dotati di qualche potere d'intervento e che vanno progressivamente emergendo come una global community of courts. Ma questo esige una nuova idea della persona e della sua cittadinanza, non piu' determinata dal luogo di nascita o dalla discendenza, ma caratterizzata da un fascio di diritti inalienabili, da rivendicare in qualsiasi luogo del mondo. E questo implica un'affermazione della indivisibilita' dei diritti, non piu' riportati alle tradizionali classificazioni - civili, politici, sociali; vecchi e nuovi - che sono poi la premessa di diverse forme di garanzia, e dunque anche di discriminazioni. E' proprio questa indivisibilita' ad apparire faticosa, oggetto di riserve e ripulse non solo in troppa parte della nostra campagna elettorale. Continua a manifestarsi l'antica abitudine a selezionare i diritti, a graduarne in due tre quattro tempi l'attuazione, fino a farne scomparire qualcuno. Per restare in Europa, il caso della Gran Bretagna e' esemplare. Massima espansione alla logica della proprieta' e dell'impresa; massima compressione dei diritti civili con l'argomento della sicurezza; massimo riconoscimento dell'autonomia individuale nella materia delle relazioni personali e delle nuove possibilita' di governo della vita e del corpo derivanti dall'innovazione scientifica. Uno scambio ineguale, una riduzione della cittadinanza, una calcolata schizofrenia istituzionale, che ha avuto la sua manifestazione piu' evidente nella sottoscrizione del Trattato di Lisbona, ma nel rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. L'attitudine riduttiva e selettiva e' ben presente nei programmi dei nostri maggiori partiti. Anche l'enfasi su alcuni diritti sociali (una piu' giusta retribuzione, la casa) finisce con l'apparire inadeguata o insincera quando e' separata dal grande tema che sta dietro tutto questo, quello dell'eguaglianza e della responsabilita' pubblica. E v'e' un non detto fin troppo evidente, che riguarda la rinuncia all'incivilimento sociale attraverso i diritti riguardanti il governo della propria vita e il libero sviluppo della personalita'. Qui si coglie non solo la debolezza nei confronti delle indicazioni e delle pressioni delle gerarchie vaticane, ma la ben piu' grave rinuncia a ricordare che la pretesa di far prevalere questa o quella tavola di valori contrasta con il fatto che l'unica tavola di valori democraticamente legittimata e' la Costituzione italiana. La questione dei diritti, allora, mantiene una sua radicale essenzialita' proprio se si ha come obiettivo la ricostruzione di forme democratiche anche la' dove sembrano perdute o inaccessibili. Certo, serve una cultura politica capace di liberarsi da vecchi schemi, e una politica senza aggettivi che assuma questo come un compito al quale e' legata quasi la sua sopravvivenza. In questa difficile direzione un buon viatico puo' essere proprio la Carta dei diritti fondamentali, che diverra' giuridicamente vincolante all'inizio dell'anno prossimo. So bene che in una parte della sinistra europea v'e' la convinzione che in quel testo altro non vi sia che santificazione del liberismo. Sbaglia. Pur non essendo ancora giuridicamente vincolante, quella Carta dal 2001 a oggi e' stata adoperata dai giudici europei quasi esclusivamente per difendere diritti civili e sociali. Una politica dei diritti deve sostenere questa linea interpretativa e applicativa. Non sono molti gli strumenti disponibili, e non possiamo permetterci il lusso di trascurare quelli che abbiamo. 6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 414 del 3 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 163
- Next by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 173
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 163
- Next by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 173
- Indice: