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Minime. 410
- Subject: Minime. 410
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 30 Mar 2008 00:37:02 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 410 del 30 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il pagliaccio e l'assassino 2. La Fondazione Alexander Langer sostiene l'appello degli intellettuali cinesi "Dodici idee sulla situazione in Tibet" 3. L'appello degli intellettuali cinesi: "Dodici idee sulla situazione in Tibet" 4. Adriana Cavarero: Per una fenomenologia e un'ermeneutica dell'orrorismo 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. IL PAGLIACCIO E L'ASSASSINO Mentre la guerra infuria e stronca vite, una campagna elettorale frivola e ridanciana, smorfiosa e grottesca, narcotica e demente. Mentre la guerra infuria e stronca vite. * I nudi fatti. 1. La Costituzione della Repubblica Italiana ripudia la guerra. 2. L'Italia sta partecipando a una guerra terrorista e stragista per responsabilita' dapprima del governo Berlusconi, poi del governo Prodi, e con il voto favorevole di tutti i partiti politici dell'arco incostituzionale che va dalla destra neonazista alla ex-sinistra arlecchina. 3. Gli stessi partiti corresponsabili della morte in Afghanistan di afgani e italiani e persone di altri paesi, gli stessi partiti che hanno violato e violato e violato la legalita' costituzionale e il diritto internazionale, stanno conducendo ora una campagna elettorale in cui si tace di cio' che piu' conta: l'illegalita', la barbarie, la criminalita' assoluta della guerra; l'orrore delle stragi di innocenti; la violazione della legalita' costituzionale. Peggio ancora: non e' mancato chi (il leader dalla ex-sinistra arlecchina) ha dichiarato la politica estera del governo Prodi essere stata la parte migliore della legislatura (complimenti vivissimi per l'esibizione di cinismo; a quando l'elogio dell'omicidio come una delle belle arti?). I nudi fatti. Ma quasi nessuno vuole vederli. Quasi nessuno vuole parlarne. E cosi' vince la menzogna, l'irresponsabilita', il crimine, l'orrore. * Poche liste vi sono a sinistra del superpartito della guerra. Liste che ben difficilmente potranno ottenere dei seggi in parlamento. Ma solo per esse e' possibile votare senza sporcarsi le mani di sangue. Solo per esse votare e' necessario. * Chi oggi non difende la legalita' costituzionale abdica alla propria dignita' di cittadino, favoreggia l'illegalitarismo dei potenti, si fa complice della violenza dei potenti, spalleggia l'eversione dall'alto, avalla l'abbattimento dello stato di diritto e della repubblica democratica. Chi oggi non si oppone alla guerra e alle stragi rinuncia alla sua propria umanita', contribuisce all'uccisione di altri esseri umani. * Per opporsi alla guerra, alle stragi, al razzismo, alla violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale, occorre votare. Votare per una delle liste a sinistra della ex-sinistra che al superpartito della guerra e del golpe si oppongono. Votare per una delle liste a sinistra della ex-sinistra che si impegnino in difesa della Costituzione, della civilta' giuridica e della democrazia politica, del diritto alla vita di ogni essere umano. Votare occorre, poiche' non votare equivale ad esprimere un passivo consenso per il superpartito della guerra e del razzismo, per il superpartito del golpe e delle stragi; non votare equivale a votare per il superpartito dell'illegalita' al potere, il superpartito degli assassini, il superpartito della barbarie. * Non era il maggiordomo l'assassino, ma il pagliaccio. 2. SOLIDARIETA'. LA FONDAZIONE ALEXANDER LANGER SOSTIENE L'APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CINESI "DODICI IDEE SULLA SITUAZIONE IN TIBET" [Da Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente comunicato della Fondazione Alexander Langer dal titolo completo "Lettera aperta in 12 punti al governo cinese sulla situazione in Tibet. Tra i promotori i premi Langer 1999 Ding Zilin e Jiang Peikun. Il sostegno della Fondazione". Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di Alex Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti: e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e' infaticabile e generosissimo animatore. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992 esaurito). Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu' semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Latemar 3, 9100 Bolzano-Bozen, tel. e fax: 0471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org Su Ding Zilin e Jiang Peikun cfr. i testi loro dedicati nel sito www.alexanderlanger.org, apparsi anche su "Nonviolenza. Femminile plurale" nn. 18 e 19] La Fondazione Alexander Langer segnala e sostiene con convinzione la lettera aperta firmata da intellettuali, giornalisti, scrittori ed artisti cinesi, che chiedono al loro governo di sospendere immediatamente la repressione in Tibet, di aprire un dialogo con il Dalai Lama e consentire alla stampa cinese e internazionale di recarsi in Tibet per verificare la situazione e il rispetto dei diritti umani. Tra i coraggiosi promotori dell'appello sono anche i professori Ding Zilin e Jiang Peikun, destinatari del premio internazionale Alexander Langer 1999, che si battono dal 4 giugno 1989 perche' vengano restituiti verita' e onore alle vittime del massacro di Tienanmen, dove rimase ucciso anche il loro unico figlio Jang Jelian. 3. APPELLI. L'APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CINESI: "DODICI IDEE SULLA SITUAZIONE IN TIBET" [Da Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. La traduzione, purtroppo, e' inadeguata] Al momento, la propaganda che i media ufficiali cinesi stanno diffondendo, senza lasciare spazio a niente altro, sta facendo divampare sempre piu' le fiamme dell'odio interetnico ed aggravando la drammaticita' di una situazione gia' molto tesa. Questo ha effetti estremamente deleteri per la salvaguardia a lungo termine dell'unita' nazionale, e noi sottoscritti lanciamo un appello affinche' questo tipo di propaganda cessi. * Appoggiamo l'appello alla pace del Dalai Lama, e speriamo che il conflitto interetnico possa essere affrontato seguendo i principi della pace e della nonviolenza. Condanniamo ogni tipo di azione violenta contro cittadini innocenti, e chiediamo con urgenza al governo cinese di sospendere la violenta repressione in Tibet e lanciamo un appello anche al popolo tibetano di non lasciarsi andare ad azioni violente. * Il governo cinese ha affermato che "vi sono chiare prove che quest'incidente e' stato organizzato, complottato e meticolosamente portato avanti dalla cricca del Dalai Lama". Speriamo che il governo possa mostrare prove di questa affermazione, e, per poter modificare l'atteggiamento di sfiducia e la visione negativa degli attuali incidenti che vi e' nella comunita' internazionale, suggeriamo al governo cinese di invitare in Tibet la Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, affinche' possa portare avanti un'inchiesta indipendente sulle prove menzionate dal governo, sul modo in cui gli incidenti si sono svolti, sul numero dei morti e feriti, eccetera. * Nella nostra opinione, il linguaggio da Rivoluzione Culturale del tipo "il Dalai Lama e' un lupo travestito da monaco buddista, e uno spirito maligno con volto umano e cuore di bestia", utilizzato dalle autorita' del Partito Comunista Cinese nella Regione Autonoma del Tibet non e' di nessun aiuto nel risolvere la situazione, e non e' nemmeno d'aiuto all'immagine del governo cinese. Dal momento che il governo cinese e' intenzionato ad integrarsi nella comunita' internazionale, siamo dell'opinione che dovrebbe dunque cercare di mostrare uno stile di governo che si conformi agli standard della civilta' moderna. * Notiamo che il giorno stesso in cui le violenze sono scoppiate a Lhasa (il 14 marzo), le autorita' della Regione Autonoma del Tibet hanno dichiarato che "ci sono chiare prove che mostrano che quest'incidente e' stato organizzato, complottato e meticolosamente portato avanti dalla cricca del Dalai Lama". Questo mostrerebbe che le autorita' del Tibet sapevano con anticipo che ci sarebbero stati disordini violenti, e non hanno fatto nulla per prevenirlo. Se vi sono state inadempienze da parte delle autorita', e' necessario portare avanti una severa inchiesta, in modo che i responsabili possano essere puniti di conseguenza. * Ma se non puo' essere provato che questi incidenti siano stati "organizzati, premeditati e meticolosamente portati avanti", ma si trattasse invece di una rivolta popolare causata dall'evolversi degli eventi, le autorita' dovrebbero promuovere un'inchiesta per determinare chi sia responsabile nell'aver incitato la popolazione alla rivolta e per aver diffuso informazioni false volte a ingannare il Governo Centrale ed il popolo, e dovrebbero anche riflettere con attenzione su che cosa si possa imparare da questo evento in modo da non intraprendere nel futuro lo stesso tipo di azioni. * Chiediamo con la massima forza al governo cinese di non sottomettere ora ogni tibetano all'inquisizione e alla vendetta politica. I processi delle persone che sono state arrestate devono essere portati avanti seguendo procedure giudiziarie aperte, giuste e trasparenti, in modo da assicurarsi un risultato giusto ed imparziale. * Richiediamo che il governo cinese autorizzi i media nazionali e internazionali a recarsi liberamente in Tibet in modo da poter portare avanti in modo indipendente interviste e inchieste per poter informare il pubblico. Siamo dell'opinione che l'attuale blocco dell'informazione non puo' servire a far acquistare credibilita' sia nei confronti della popolazione cinese, sia con la comunita' internazionale, e che sia quindi dannoso per la credibilita' del governo cinese. Se il governo ha davvero una buona comprensione della situazione, non puo' aver timore della presenza dei giornalisti. Solo adottando un atteggiamento di apertura possiamo sperare di modificare la mancanza di fiducia della comunita' internazionale nei confronti del nostro governo. * Lanciamo un accorato appello al popolo cinese e al popolo cinese all'estero affinche' si mantenga calmo e tollerante, e perche' sappia riflettere con profondita' su quanto sta avvenendo. Adottare atteggiamenti di aggressivo nazionalismo non puo' fare altro che suscitare l'antipatia della comunita' internazionale, e danneggiare l'immagine internazionale della Cina. * Negli anni Ottanta, gli incidenti in Tibet si erano limitati alla citta' di Lhasa, mentre in questa occasione notiamo che si estendono a molte aree tibetane. Questo deteriorarsi delle cose mostra che sono stati fatti gravi errori rispetto al Tibet. I dipartimenti governativi responsabili devono rifletter coscienziosamente su questa questione, esaminare il loro fallimento, e modificare in modo radicale le politiche nei confronti delle minoranze etniche nazionali. * Per impedire che simili incidenti possano aver luogo nuovamente in futuro, il governo deve rispettare i principi di liberta' religiosa e di liberta' di parola esplicitamente garantiti dalla Costituzione cinese, garantendo ai tibetani la piena liberta' di esprimere le loro speranze e la loro insoddisfazione, e permettendo ai cittadini di tutte le etnie di esporre critiche ed esprimere liberamente le loro idee rispetto alle politiche nazionali nei confronti delle minoranze etniche. * Siamo dell'opinione che si debba eliminare l'animosita' e lavorare per la riconciliazione nazionale, non continuare a rendere piu' profonda la divisione fra diversi gruppi etnici. Per questo, lanciamo un accorato appello ai leader del nostro paese affinche' aprano un dialogo con il Dalai Lama. Ci auguriamo che cinesi e tibetani possano eliminare le incomprensioni che li separano, e sviluppare un tipo di interazione positiva che aiuti a creare maggiore unita'. I vari dipartimenti governativi, cosi' come le organizzazioni popolari e i leader religiosi, dovrebbero impegnare tutte le loro forze verso questo obiettivo. * Wang Lixiong (Beijing, scrittore) Liu Xiaobo (Beijing, scrittore indipendente) Zhang Zuhua (Beijing, studioso costituzionalista) Sha Yexin (Shanghai, scrittore, appartenente al gruppo etnico Hui, musulmano) Yu Haocheng (Beijing, giurista) Ding Zilin (Beijing, professoressa) Jiang Peikun (Beijing, professore) Yu Jie (Beijing, scrittore) Sun Wenguang (Shangdong, professore) Ran Yunfei (Sichuan, editore, etnia Tujia) Pu Zhiqiang (Beijing, avvocato) Teng Biao (Beijing, avvocato e studioso) Liao Yiwu (Sichuan, scrittore) Wang Qisheng (Beijing, studioso) Zhang Xianling (Beijing, ingegnere) Xu Jue (Beijing, ricercatore) Li Jun (Gansu, fotografo) Gao Yu (Beijing, giornalista) Wang Debang (Beijing, scrittore freelance) Zhao Dagong (Shenzhen, scrittore freelance) Jiang Danwen (Shanghai, scrittore) Liu Yi (Gansu, pittore) Xu Hui (Beijing, scrittore) Wang Tiancheng (Beijing, studioso) Wen Kejian (Hangzhou, freelance) Li Hai (Beijing, scrittore freelance) Tian Yongde (Mongolia Interna, attivista dei diritti umani delle minoranze) Zan Aizong (Hangzhou, giornalista) Liu Yiming (Hubei, scrittore freelance) 4. RIFLESSIONE. ADRIANA CAVARERO: PER UNA FENOMENOLOGIA E UN'ERMENEUTICA DELL'ORRORISMO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 marzo 2008, col titolo "Orrorismo. Vittime innocenti e feroci sul palcoscenico della distruzione" e il sommario "La crisi del lessico politico di fronte alla violenza. La rielaborazione di uno degli interventi in programma oggi al meeting 'Try Freedom' sugli studi postcoloniali. Un attentato kamikaze compiuto a Baghdad da due donne affette dalla sindrome di Down rivela il corto circuito autoreferenziale annidato in seno al terrorismo". Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Universita' di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume [che abbiamo parzialmente aggiornato]: a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984; L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento 1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990 (traduzione tedesca: Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure, Feltrinelli, Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei, Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997; Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999; A piu' voci. Filosofia dell'espressione vocale, Feltrinelli, Milano 2003; Orrorismo, Feltrinelli, Milano 2007. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a Smith, a cura di Mario Tronti, Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp. 705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991); "Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica, Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111; "Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp. 187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita, a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di Umberto Curi, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B. Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp. 15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994, pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp. 15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia Stoller und Helmuth Vetter, Wuv-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226; "Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino 1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225] Al giorno d'oggi una teoria della violenza non puo' che essere globale: le pratiche umane di massacro, infatti, permeano in profondita' l'attuale universo geopolitico post-statale e metamorfico, un universo caratterizzato - e all'apparenza cristallizzato - da molteplici avvenimenti, che avvengono con sempre maggiore frequenza in ogni angolo del pianeta e nei quali le persone indifese, proprio in quanto totalmente vulnerabili, si rivelano come i bersagli esemplari della devastazione. Tali avvenimenti sono importanti e significativi per la concettualizzazione dell'orrore, ma in una prospettiva occidentale nessuno di loro puo' evidentemente competere, se non altro per le sue dimensioni spettacolari, con il crollo delle Torri gemelle. * Lo scatto della storia All'indomani del disastro, Don De Lillo ha scritto sul "Guardian" che "questa catastrofe cambiera' il modo in cui pensiamo e operiamo, momento per momento, settimana per settimana, per un numero imprecisato di settimane e mesi a venire, e per lunghi, durissimi anni". Vale la pena citare questa breve frase per la sua capacita' di definire un sentimento comune che era largamente condiviso in quei giorni, e continua a esserlo adesso, vale a dire la percezione del nostro presente come un'epoca che, ben lungi dal corrispondere alla fine della storia, e' intessuta di violenza su una nuova scala, catastrofica e spettacolare. In poche parole, a dispetto della tesi di Francis Fukuyama, la storia non e' giunta alla fine, e la globalizzazione non e' affatto riuscita a dare al mondo intero una trama comune all'insegna della democrazia liberale e della pace. Al contrario, all'inizio del terzo millennio, la storia ha avuto semmai uno scatto in avanti, rivelando quello che e' il segno distintivo della nostra epoca, in termini di una forma assai specifica di violenza: la violenza sugli inermi colpiti in massa e a caso. Il nodo della storiografia e', naturalmente, tutt'altro che semplice. I modelli che si servono degli avvenimenti catastrofici per narrare la traumatica transizione da un'epoca all'altra sono, come si sa, discutibili e controversi. Il sospetto con cui Francois Lyotard guarda alle grandi narrazioni di legittimazione che caratterizzano la modernita' dell'Occidente e' ben noto. Cosi' come e' noto l'invito ben piu' incoraggiante di Hayden White a raccontare la storia come una rete di trame incrociate, evitando gli schemi hegeliani. Resta il fatto che, forse a causa del modello escatologico cristiano, che ha connotato e continua a connotare l'idea occidentale di secolarizzazione, il crollo delle Torri gemelle ha avuto un effetto irresistibile sulla percezione generale di una svolta epocale nella storia. * Una ferita infinita Inoltre, lo scenario post-apocalittico di New York ha non soltanto operato con straordinaria efficacia nel dare vita a una narrazione plausibile intorno all'avvento catastrofico di una nuova era, ma ha saputo mettere in luce lo specifico "spirito" del tempo, che si incarna nell'ordinario massacro di vittime indifese. Lungi dall'indulgere in disegni pianificati per la storia, orrorismo e' il nome con cui ho scelto di definire questo violento Zeitgeist. Come ha notato a suo tempo Jacques Derrida, "quello che e' terribile dell'11 settembre, quello che rimane 'infinito' in questa ferita e' che noi non sappiamo che cosa e', ne' sappiamo come descriverla, come identificarla, o perfino come nominarla". Per la nostra comprensione o immaginazione, e' difficile "attribuire significativamente qualsiasi concetto" all'avvenimento. Concetti significativi: proprio questo e' il punto. Spettacolarmente esibita l'11 settembre a New York, ripresa su scala minore a Madrid e a Londra, la cruda realta' di una violenza contro gli indifesi - quella stessa realta' che appare come una ordinaria condizione umana a Gaza o a Baghdad - non puo' avere come esito l'ineffabilita'. La ordinaria presenza di una "violenza del terzo mondo" nel "primo mondo" ci ha finalmente costretto a venire a patti con questo segno specifico dei tempi, senza consegnarlo al fatalismo o al silenzio. Per dirla in parole povere, allude piuttosto a un'urgenza di riconcettualizzare il nostro linguaggio, se non il nostro immaginario, in modo da fornire nomi plausibili alla modalita' distintiva di distruzione con la quale siamo definitivamente confrontati. Definire questa condizione in termini di guerra e di terrorismo rischia ormai di essere inutile, equivoco e fuorviante. In quanto eredita' obsoleta del passato, il lessico della modernita' politica non funziona piu' per nominare la contemporaneita'. Invece di descrivere il presente, il rischio e' di giustificare/produrre il massacro come modalita' immanente del suo funzionamento e di generare una confusione lessicale. Questa confusione nasce essenzialmente da un errore di fondo. Guerra e terrorismo, fedeli alla nomenclatura tradizionale, persistono nell'osservare la scena della distruzione dalla prospettiva del guerriero, sia esso regolare o irregolare. Lo scenario tuttavia e' profondamente cambiato. Sul palcoscenico della distruzione umana i guerrieri sono notoriamente e sintomaticamente invisibili. Le vittime indifese, la gente vulnerabile, i civili massacrati a caso sono oggi gli ordinari protagonisti. Se la nuova era richiede significato e la continuita' semantica delle strutture politiche tradizionali di intelligibilita' deve essere abbandonata, la prospettiva degli indifesi appare dunque molto piu' plausibile di quella del guerriero. Concentrando il mio discorso sull'orrore, l'horror, sono naturalmente consapevole di toccare un'area semantica ampiamente colonizzata dalla letteratura, dalla teoria letteraria, dagli studi di cinema, dalla psicologia, dall'estetica e da numerose altre discipline. Appunto per questo, nel mio libro sull'orrorismo, avevo cercato di evitare di trattare direttamente la questione del genere horror presentando in conclusione una sorta di omaggio a Joseph Conrad ("l'orrore, l'orrore...", e' difficile resistere). Vale la pena adesso riprendere questo tema, perche' e' evidente una notevole somiglianza fra il personaggio su cui avevo in quel testo appuntato la mia attenzione - il povero Stevie dell'Agente segreto - e un fatto accaduto di recente: a Baghdad, il 2 febbraio 2008, esplosivi telecomandati sono stati attaccati a due donne affette dalla sindrome di Down e sono stati fatti esplodere in attacchi coordinati in due mercati del venerdi', uccidendo almeno una settantina di persone e ferendone circa centocinquanta. Il tema e' estremamente delicato e forse anche politicamente scorretto. Ma cosi' e' anche, in effetti, l'orrorismo. Nel romanzo di Conrad, Stevie e' un ragazzo ritardato appositamente scelto dall'anarchico Verloc perche' depositi una bomba a orologeria all'osservatorio di Greenwich. Facilmente manipolabile, innocente e del tutto inconsapevole, Stevie inciampa, mentre attraversa il parco, cosi' che la bomba esplode e il suo corpo si disintegra in mille pezzi. Insistendo sui particolari, Conrad sottolinea gli aspetti piu' ripugnanti della vicenda. Ma quello che conta di piu', almeno secondo il mio punto di vista, e' che la storia si puo' leggere attraverso il paradigma dell'insulto ontologico inerente allo smembramento di una persona indifesa, la cui assoluta vulnerabilita' viene qui di proposito enfatizzata, e per cosi' dire raddoppiata, dalla condizione di ritardo mentale del ragazzo. Indifeso, bisognoso di cure e di protezione, Stevie e' cosi' trasformato da Conrad in una vittima esemplare, e non in un martire accidentale, precisamente a causa della sua innocenza. Il compito di svelare la sostanza orroristica dell'azione condotta inconsapevolmente, e' affidata in questo racconto di invenzione allo stato paradigmatico di totale vulnerabilita' del ragazzo. Il suo essere esemplarmente indifeso rende Stevie al tempo stesso l'attore strumentale e l'oggetto della distruzione. Diversi aspetti ricollegano la storia inventata del ragazzo a quella reale delle due donne affette dalla sindrome di Down e recentemente trasformate in kamikaze da esplosioni telecomandate. Diventando agenti di un omicidio che e' insieme anche un suicidio, senza probabilmente essere in grado di comprendere il significato ne' dell'uno ne' dell'altro atto, queste due donne condividono con lo Stevie di Conrad la funzione di esprimere l'insensatezza di quel cortocircuito autoreferenziale che si annida nella sostanza stessa dell'orrorismo. * Icone di cura Il possibile senso insito nella esecuzione di un atto cosi' distruttivo - un significato spesso descritto dagli accademici che si occupano del terrorismo contemporaneo come una reazione comprensibile, se non giustificabile, alla disperazione o alla umiliazione di genti o nazioni - viene di fatto qui annullato da una scena scandalosa che, infrangendo i confini di una normale interpretazione, eccede qualsiasi logica di motivazioni, strategie e compiti. Nell'attentato di Baghdad, inoltre, l'arma e' un corpo di donna. Dal momento che, nel caso di un kamikaze di genere femminile, tendiamo a guardare alla donna come alla vittima di una manipolazione da parte degli uomini violenti che sfruttano il ruolo subordinato delle donne nella societa' islamica, la nostra percezione delle persone indifese come nucleo essenziale della autoreferenziale distruzione contemporanea diventa ancora piu' intensa. Dopotutto, non sono le donne icone tradizionali e transculturali di cura materna? Non e' la loro cura dedicata proprio ai vulnerabili, ai bambini, ai totalmente indifesi? Non hanno le donne un atteggiamento particolarmente sensibile nell'occuparsi delle persone affette da sindrome di Down, e che dunque richiedono attenzioni speciali? Questo e' esattamente il punto: per dare un nome alla violenza contemporanea, e non semplicemente per il gusto di produrre neologismi qualunque, dobbiamo affrontare, confrontarci e cercare di capire la natura paradossale e inaudita del suo soggetto/oggetto: la vittima indifesa trasformata nel perpetratore forse involontario del delitto e' esattamente cio' a cui l'orrorismo cerca di dare nome. * Dentro un varco sospeso Il ragazzo immaginato da Conrad e le donne affette da sindrome di Down rivelano la mise en abyme di tutti i criteri esistenti per capire la violenza, il delitto, il castigo e la responsabilita'. Ma al tempo stesso, nel doppio volto della loro innocenza, ci pongono una domanda. Cosa succede se proprio il nucleo dell'orrorismo che essi rivelano ci aiuta a trovare una strada fuori dalla violenza apparentemente insensata del presente? Che cosa accade se la loro innocenza pervertita porta con se' la possibilita' di ripensare l'etica? Nel varco di sospensione aperto dalle attuali forme di violenza cui si e' dato il nome di orrorismo, e' dunque possibile scorgere i contorni ancora confusi di un'etica a venire, l'imperativo della quale si pone esattamente nell'alternativa fra cura e ferita, nell'opzione fra sorreggere o ulteriormente danneggiare la vulnerabilita' che tutti noi rappresentiamo. 5. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 410 del 30 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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