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Minime. 405
- Subject: Minime. 405
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Mar 2008 00:57:26 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 405 del 25 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. I massacri che non commuovono 2. Stanislao Arditi e Oliviero Lorelli: Perche' votare, votare per che 3. Angela Pascucci: Lezioni dal Tibet 4. Michele Boato: Elezioni politiche. Cosa conviene fare? 5. Giulio Vittorangeli: Sensi, sentimenti, umanita' 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. Il 26 marzo a Siena 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. I MASSACRI CHE NON COMMUOVONO Continuano i massacri in Afghanistan. I massacri compiuti e provocati dalla coalizione militare terrorista e stragista di cui l'Italia fa parte, e da coloro che ad essa si oppongono e insieme si omologano nello straziare vieppiu' un popolo gia' tanto straziato da tanti e tanti anni di dittature ed occupazioni militari, di stragi e violazioni dei diritti umani. Ma in Italia non se ne deve parlare. Non si deve rivelare che gli assassini siamo noi. * L'ordine che viene dagli assassini al potere e' che e' lecito commuoversi per tutte le vittime tranne che per le vittime della guerra afgana (e della strage dei migranti), e' lecito commuoversi per tutte le vittime tranne che per le vittime del terrorismo razzista di cui il nostro stato e' corresponsabile. Di tutto si puo' parlare tranne del fatto che tutti i partiti politici che hanno governato l'Italia dal 2001 a oggi hanno parimenti le mani sporche del sangue versato in Afghanistan (come nel mare nostrum). * Ma noi proprio di questo vogliamo parlare innanzitutto: dello scandalo della guerra in corso e dello scandalo del silenzio complice di tanti, di troppi. Lo scandalo dei troppi assassinati ad esclusivo vantaggio dei signori della guerra e della droga, dei totalitari di ogni colore, dei terroristi di stato e di banda, del fascismo imperiale e di quello straccione. E lo scandalo degli innumerevoli sedicenti pacifisti che su tutto berciano e berciano, e frattanto tacciono sull'orrore dell'Italia in guerra, dell'Italia che partecipa in armi alla guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. Si raccolgono firme e si fanno convegni e cortei e fiaccolate per mille cose lontane, e si tace sulle stragi che il nostro stato compie. Come possono pretendere di essere ascoltati gli ipocriti che chiedono ad altri di dismettere le stragi loro, quando delle nostre stragi essi stessi sono complici? Che infamia delle infamie. Che grottesco delirio. * E allora almeno questo diciamolo, diciamolo ancora, diciamolo almeno qui. Cessi la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista. Cessi la violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. E siano tratti in giudizio tutti i criminali che dal governo e dal parlamento e dal quirinale hanno dato il loro voto, il loro consenso alla guerra e alla violazione della Costituzione. Siano tratti in giudizio, giudicati e condannati per i crimini di guerra e per i crimini contro l'umanita' di cui quella guerra come ogni guerra consiste; siano tratti in giudizio per aver tradito il loro obbligo di rispettare e difendere la Costituzione della Repubblica Italiana. Siano tratti in giudizio dinanzi alla legge uguale per tutti. Siano processati come l'ordinamento prevede, e condannati una volta riconosciuti colpevoli. Ed in attesa che ne rispondano in un'aula di giustizia, ebbene, che fin d'ora nessuno li voti, che nessuno li favoreggi, che nessuno se ne faccia sodale: poiche' chi li sostiene dei loro crimini si rende ipso facto complice. * E quindi, almeno questo diciamolo e facciamolo: non un voto ai partiti che hanno votato per la guerra. Non un voto agli assassini. 2. EDITORIALE. STANISLAO ARDITI E OLIVIERO LORELLI: PERCHE' VOTARE, VOTARE PER CHE 1. L'errore peggiore L'errore peggiore per le persone amiche della nonviolenza, l'errore peggiore per le persone impegnate per i diritti delle oppresse e degli oppressi, l'errore peggiore sarebbe non votare. Poiche' chi, pur avendone una non disonorevole possibilita' di esercizio in condizioni di almeno formale condivisa democrazia, non vota, ebbene, con cio' stesso di fatto ciecamente delega altri a decidere anche per lui, rinuncia a un diritto e a una responsabilita', rinuncia ad esercitare un legittimo potere, un giusto dovere, a far valore la propria ragione. Poiche' chi non vota lascia che a fare le leggi siano solo i rappresentanti che lui non sceglierebbe. Poiche' chi non vota lascia che ad amministrare la cosa pubblica siano solo i rappresentanti che lui non sceglierebbe. Poiche' chi non vota lascia che ad usare le pubbliche risorse (e sono immense, e se usate a fini buoni potrebbero di molto migliorare la vita di tutti, cosi' come se usate a fini cattivi molto peggiorarla - come usualmente accade) siano solo i rappresentanti che lui non sceglierebbe. Quindi l'errore peggiore sarebbe non votare. * 2. Votare per gli assassini? No, grazie Ma deciso che votare e' necessario, a cosa e' necessario? E' necessario votare per contrastare, con la forza della democrazia, con la forza della legalita', i poteri criminali, i crimini dei potenti, il potere del crimine. E' necessario votare contro la guerra, che le persone uccide. E' necessario votare contro il razzismo, che le persone uccide. E' necessario votare contro lo sfruttamento onnicida, che le persone uccide. E' necessario votare contro la devastazione dell'ambiente casa di tutti, devastazione che le persone uccide. E' necessario votare contro il maschilismo che nega piena dignita' umana a meta' dell'umanita' e le persone uccide. E' necessario votare contro il regime della corruzione e il potere mafioso che impediscono la civile convivenza, e uccidono le persone. E' necessario votare per affermare il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Quindi: votare per gli assassini? No, grazie. * 3. Dall'orbace all'arlecchinata Diciamolo in lingua corrente: i partiti che hanno acquistato la loro compartecipazione alla spartizione del bottino frutto del saccheggio delle pubbliche risorse dando il loro consenso all'immane massacro di cui consiste la guerra afgana, questi partiti noi li chiamiamo assassini. I partiti che hanno acquistato la loro compartecipazione alla spartizione del bottino frutto del saccheggio delle pubbliche risorse dando il loro consenso alla persecuzione nei confronti dei migranti, con i campi di concentramento, le deportazioni che consegnano le vittime in fuga nelle mani degli aguzzini loro, la complicita' con le mafie schiaviste, questi partiti noi li chiamiamo assassini. Questi partiti, pressoche' l'intero panorama parlamentare, dall'estrema destra neonazista fino alla ex-sinistra arlecchinesca, non devono essere votati. Poiche' votare per il crimine e' complicita' con il crimine. Poiche' votare per gli assassini e' complicita' con la disumanita'. Votare per i partiti della guerra e del razzismo e' la fine della democrazia, la fine della legalita', la fine della dignita'. Votare per i partiti della guerra e del razzismo e' il trionfo della barbarie. Non c'e' peggior crimine dell'uccidere esseri umani. E la guerra appunto consiste nell'uccidere esseri umani sulla piu' ampia scala. E il razzismo appunto consiste nel negare la piena umanita' degli esseri umani del razzismo vittime, ed anche quando ancora non li uccide ne prepara l'uccisione. Non si puo' votare per i partiti della guerra e del razzismo: dalla destra neonazista alla ex-sinistra arlecchinesca. * 4. Quello che resta Non resta molto, a sinistra della ex-sinistra. E quindi chi come noi vorrebbe pur votare, quali liste puo' votare? Non quelle di chi con linguaggio da caserma inneggia al razzismo e alla brutalita'. Non quelle di chi non prova vergogna a reiterare ideologie e prassi totalitarie, militariste, disumananti. Non quelle di chi predica e pratica l'irresponsabilita'. Cosa resta allora, a sinistra della ex-sinistra, che si possa votare? Non resta molto. Qualcosa v'e'. Ad ogni persona cercare e trovare tra quello che resta a sinistra della ex-sinistra le liste e le candidature in testa di esse che al suo sentire piu' si confacciano e che abbiano dato prova negli scorsi anni di essere contro la guerra e il razzismo. * 5. Cio' che e' possibile Votare occorre, se appena e' possibile. Ma votare e' necessario, quindi deve essere anche possibile. Per contrastare il golpe berlusconiano e la resa ad esso della ex-sinistra. Per contrastare il superpartito della guerra e del razzismo. Per tenere aperti spazi di democrazia, di legalita', di liberta', di decenza, di speranza di liberazione e misericordia. Votare per segnalare la tensione a una sinistra nuova, e insieme antica: ecologista, femminista, nonviolenta, antirazzista e antimafia, socialista e libertaria. Essa non ha in queste elezioni politiche sue liste. Ma qualche candidatura almeno in alcune zone d'Italia pur c'e' in testa di lista di liste che si oppongono alla guerra. E' gia' un segno. Cosi' come argomento' una volta il nostro Leopardi, che affinche' una biblioteca fosse buona non era necessario che ci fossero molti libri, bastava che non ve ne fossero di malvagi; ugualmente in queste elezioni anche se non vi sono liste della nonviolenza, si puo' votare per quelle liste che abbiano in testa di lista persone che abbiano dato prova di essere contro la guerra e contro il razzismo, e comunque - ed e' quel che puo' conta - si puo' votare contro le liste dei partiti che hanno votato per la guerra e per il razzismo; contro i partiti che hanno votato la legge Turco-Napolitano che ha riaperto i campi di concentramento in Italia e la Bossi-Fini che li ha confermati; contro i partiti che hanno votato per la partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan. Se appena e' possibile, votare occorre. E deve essere possibile, poiche' e' necessario. 3. RIFLESSIONE. ANGELA PASCUCCI: LEZIONI DAL TIBET [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 marzo 2008, col titolo "Conflitti globali. Tibet, lezione per la Cina". Angela Pascucci, giornalista e saggista, e' caporedattrice esteri del quotidiano "Il manifesto"] Solo quando la cronaca si tramutera' in storia sapremo, forse, quel che negli ultimi undici giorni e' davvero accaduto in Tibet e nelle vicine province, se la storia non sara' scritta solo dai vincitori. Oggi bisogna prendere atto che tra le due versioni di opposti massacri (da una parte solo 16 vittime tutte cinesi, dall'altra 80 morti tutti tibetani) c'e' l'abisso che separa le due comunita', allargato dal risentimento distruttivo e dalla repressione bellica. Ma in attesa della verita', un primo bilancio della rivolta del Grande Tibet puo' essere possibile. La prima considerazione e' che la situazione appare diversa da undici giorni fa. Come il liquido per lo sviluppo fotografico, la rivolta ha fatto affiorare nuovi elementi della questione tibetana. E' con questa nuova immagine che la Cina per prima dovra' confrontarsi, perche' un cambio della sua strategia politica sembra impellente. Pechino deve intanto prendere atto che la sua politica di "conquista dei cuori e delle menti" dei tibetani a suon di investimenti e di crescita economica e' fallita. L'acqua del cosiddetto sviluppo ha sollevato solo le barche cinesi, dicono le testimonianze. La diversita' culturale tibetana non si sostanzia in una voglia di medioevo in termini di centralita' divina e rifiuto della modernita' e dei suoi allettamenti, dicono altri. Di sicuro non e' questa l'aspirazione della parte piu' giovane della popolazione, monaci compresi, che nella sua rabbia devastante da "casseurs" ha ricordato i giovani delle metropoli europee. Il danaro cinese che piove con particolare intensita' da sette anni a questa parte, accompagnato dalla "corsa al West" incoraggiata da Pechino, non ha migliorato l'alfabetizzazione e il clima culturale e sociale, inficiato da discriminazioni brutali e da un'invasione dei costumi da nuovi ricchi, cafona e avvilente. Il "Washington Post" ricordava ieri una protesta organizzata dalla comunita' tibetana nell'ottobre del 2006 a Lhasa davanti alla sede del governo locale non contro la persecuzione religiosa o i diritti umani, ma contro le regole truccate della competizione. Una protesta che sembra nella sostanza simile a decine di migliaia che si tengono in tutta la Cina da parte di cinesi. Han, non tibetani, sfruttati, discriminati, vittime di ingiustizie. Forse anche in questa chiave Pechino deve riflettere sull'escalation, rispetto alla sollevazione dell'89, delle rivolte, estesesi stavolta al Sichuan e al Qinghai, province esterne al Tibet. Altro elemento di novita' e' stato l'emergere della spaccatura fra la comunita' tibetana in esilio e il Dalai Lama. Divergenze fra la spinta indipendentista che porta alla rottura totale e la linea autonomista del dialogo propugnata dal leader spirituale erano note. Gli ultimi giorni, con la minaccia di dimissioni di Tenzin Gyatso davanti al rischio di ammutinamento violento, ne hanno rivelato l'entita' nuova. E' anche di questo che deve prendere atto la Cina. Se sceglie di trattare infine con il Dalai Lama e prendere sul serio la sua richiesta di autonomia, dovra' procedere a un cambiamento reale. Se preferira' continuare a delegittimarlo come interlocutore, per puntare sul fatto che con gli estremisti indipendentisti potra' risparmiarsi la fatica di cambiare, le conseguenze potrebbero essere pericolose. E poi c'e' la scena mondiale. La Cina ha dovuto constatare nei giorni scorsi di essere stata isolata dai paesi occidentali (ma non da quelli asiatici), con amarezza della sua popolazione. Chi vuole solo il "dagli alla Cina" dovrebbe riflettere su questo effetto di rinsaldamento, che rischia di tappare la bocca a tutti e bloccare gli innegabili mutamenti che nel paese stanno avvenendo. Pechino si e' poi dovuta rendere conto che anch'essa si trova oggi a dover fronteggiare una fase di internazionalizzazione dei conflitti dalla quale era stata finora solo sfiorata. Un frutto avvelenato della "pacifica ascesa" davanti al quale i vertici cinesi non potranno solo opporre lo scudo del "sono affari nostri". Perche' il fenomeno dell'interventismo piu' o meno umanitario nasce dallo sfascio di ogni regola internazionale condivisa e prefigura il dominio della legge del piu' forte. I vertici cinesi dovrebbero allora avere l'ambizione di un piu' saggio protagonismo mondiale nel riscrivere regole e modi di coesistenza pacifica. La corona di spine da cui la Cina e' circondata, dal Tibet al Xinjiang a Taiwan, glielo impone. Se avessero la forza di farlo, potrebbero costruire una potenza realmente grande. 4. RIFLESSIONE. MICHELE BOATO: ELEZIONI POLITICHE. COSA CONVIENE FARE? [Ringraziamo Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) per questo intervento, rielaborazione di un'intervista che verra' pubblicata su "Azione nonviolenta" di aprile 2008. Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Gia' apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Per le elezioni politiche dell'aprile 2008 e' capolista della lista "Per il bene comune" in Veneto e prestigioso candidato di sostegno in altre regioni. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri). Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana Napoli e' apparso nei nn. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza"] Ed ecco le elezioni politiche, purtroppo truccate: il cittadino non puo' scegliere chi eleggere, ma solo ratificare le scelte delle burocrazie centrali; i partiti gia' presenti in parlamento sono avvantaggiati; gli spazi televisivi e sulla stampa sono scandalosamente disuguali, ecc. Nell'area nonviolenta ci sono vari orientamenti: c'e' chi votera', turandosi il naso, per "il meno peggio" e chi si asterra' per sfiducia o protesta. Ma c'e' anche chi, come me, tenta disperatamente di tenere aperto uno spazio di speranza, al di la' di qualsiasi chiacchiera sul "voto utile" (utile a fare la nuova base di Vicenza? la Tav? il Mose? gli inceneritori? i rigassificatori? utile ad aumentare le spese militari? a fare la guerra in Afghanistan? a fare nuovi aeroporti e tagliare ancora i treni dei pendolari? a rilanciare la chimica di morte a Marghera?). * La lista civica "Per il bene comune" Dopo l'assemblea su "Crisi politica, abisso tra palazzo e popolo: cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?", che abbiamo convocato a Bologna il 2 marzo, ho deciso di sostenere la lista "Per il bene comuneî, candidandomi come capolista in Veneto, ed anche, come supporto, in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Puglia, Sicilia e Sardegna. Non e' un partito, ma una specie di lista civica nazionale, un semplice "contenitore" di candidati e candidate espresse da comitati e movimenti locali che si impegnano per una miglior qualita' della vita e dell'ambiente, contro inceneritori, rigassificatori, chimica del cloro ecc., per una mobilita' intelligente, per la riduzione dei rifiuti, in difesa degli animali, della campagna e della montagna. Non c'e' alcun "voto utile" da dare a chi, per fare da diga al cavaliere ne copia programmi e candidati (generali, falchi di Confindustria, banchieri) ne' mi suscita alcuna emozione l'assemblaggio di quattro burocrazie che sta sotto il nome di "sinistra arcobaleno". Nella lista "Per il bene comune", oltre ad un programma incarnato da un candidato premier come Stefano Montanari (protagonista della lotto contro gli inceneritori e fiero contestatore delle ripetute bugie di Veronesi sulla salubrita' di inceneritori ed Ogm), c'e' un Codice etico che impegna, per esempio, al versamento della meta' del rimborso elettorale alle associazioni e movimenti impegnati nella difesa di salute e ambiente e al mantenimento di contatti pubblici e periodici tra eletti ed elettorato. Si puo' trovare nel sito www.perilbenecomune.net * Liste elettorali della nonviolenza La nonviolenza, l'ecologismo di donne e uomini, hanno bisogno di una propria presenza nelle istituzioni (dai Comuni al Parlamento) autonoma ed indipendente, che, partendo dal lavoro di movimento, e potenziandolo, non affidi ad altri la rappresentanza istituzionale. Con l'assemblea di Bologna e' iniziato un processo reale verso liste della nonviolenza dell'ecologia e del femminismo, che prevede una seconda tappa sabato 19 aprile, sempre nella sala sindacale della stazione di Bologna. "Per il bene comune" e' uníoccasione che ci e' stata offerta (e alcuni di noi hanno deciso di non buttare via) perche' puo' essere un valido contributo al consolidamento di una rete di realta' locali che decidono di essere anche un soggetto politico indipendente, sia per elezioni amministrative, che regionali, politiche o europee (nel 2009). Dall'assemblea di Bologna e' uscito un "manifesto" con alcuni contenuti programmatici (decrescita, democrazia diretta, de-militarizzazione, societa' aperta), alcune regole di comportamento (non arricchimento attraverso la politica, democrazia reale nei rapporti tra elettori ed eletti, nonviolenza anche nel linguaggio, 50% donne e 50% uomini) e primi elementi organizzativi per una rete che funzioni e cresca: mailing list, lettura ed uso del quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino", incontri periodici, nazionali o per aree geografiche, con obiettivi ben definiti, iniziative comuni di impatto, capacita' di mobilitazione rapida in caso di emergenze). * Un programma politico della nonviolenza Ecco alcuni elementi minimi di un programma ecologista, femminista e nonviolento: 1. Riduzione drastica delle spese militari, causa di danni morali, economici, alla democrazia in Italia e all'estero. 2. Smantellamento delle basi Usa e nucleari in Italia. 3. Smantellamento di portaerei, bombardieri e qualsiasi altro armamento esclusivamente offensivo. 4. Creazione di un Corpo civile di pace a livello europeo. 5. Fuoriuscita dalla dipendenza da combustibili fossili e dalle emissioni di gas serra con un Piano ciclopico di Energie rinnovabili (basato soprattutto su solare termico e coibentazione edilizia). 6. Citta' a misura di bambini/e donne e anziani e percio' anche portatori di handicap. 7. Societa' aperta alle diverse culture degli immigrati, col reciproco rispetto di regole di convivenza e dei diritti delle donne. * Attuare la "sovranita' popolare" voluta dalla Costituzione Il sistema parlamentare, come quello dei consigli comunali, provinciali e regionali deve tendere alla rappresentanza proporzionale di tutte le espressioni dei cittadini, come lo e' tuttora il sistema elettorale per il parlamento europeo. Va eliminato il senato-fotocopia della camera, vanno drasticamente ridotti gli stipendi di parlamentari e consiglieri regionali (uno scandalo unico al mondo). Non mi pare invece opportuno ridurre il numero dei deputati, perche' cosi' i partiti minori non potrebbero piu' essere rappresentati. Vanno istituiti i referendum propositivi e decisionali almeno a livello di comuni e regioni, come succede, con grandi risultati di democrazia, nei Cantoni svizzeri. Gli statuti comunali dovrebbero prevedere la parola ai cittadini nella prima ora di ogni consiglio e un sistema di consultazione telematica (con regole molto chiare) per le decisioni piu' importanti. Serve inoltre un rafforzamento delle associazioni e dei comitati, una loro interlocuzione sistematica con le istituzioni (locali e non solo) in modo che aumentino la loro comprensione dei problemi, la capacita' di elaborazione di proposte alternative e di confronto con i limiti della tecnica e delle risorse economiche. In questo modo la politica puo' diventare patrimonio di tutti ed essere arte del governo della cosa pubblica, non degli interessi di piccole caste. 5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: SENSI, SENTIMENTI, UMANITA' [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Siamo esseri umani estremamente fragili ed estremamente complicati. Creature vulnerabili, squassate dai sogni, dalle speranze e dalle sconfitte. Creature deboli e limitate, eppure capaci di desiderare, di struggersi per la mancanza delle stelle. Sempre in bilico tra basso e alto, tra pesantezza e leggerezza. Usiamo i sensi (la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto) per relazionarci con il mondo esterno. La vista, che abbraccia lo spazio e ci istruisce, per mezzo della luce, sull'esistenza e sui colori che ci circondano; l'udito, che riceve, tramite l'aria, la vibrazione che i corpi rumorosi o sonori provocano; l'olfatto, con cui fiutiamo gli odori dei corpi che ne sono dotati; il gusto, attraverso cui apprezziamo i sapori; infine il tatto, il cui oggetto e' la consistenza e la superficie dei corpi. Cosi', la vista ha fatto nascere la pittura, la scultura e spettacoli d'ogni sorta; l'udito, il suono e l'armonia, la danza e la musica, con tutti i suoi stili e i suoi mezzi d'esecuzione; l'olfatto la ricerca, la cultura e l'uso dei profumi; il gusto tutto quello che e' legato al cibo ed alla cucina; il tatto tutte le arti, le abilita' ed i mestieri. La vista e' esercitata attraverso l'occhio che percepisce gli oggetti esteriori, rivela le meraviglie di cui l'uomo e' circondato e gli insegna che fa parte di un grande tutto. L'udito attraverso l'orecchio percepisce i suoni non soltanto come sensazione piacevole, ma ancor piu' come avvertimento del movimento dei corpi che possono causare pericolo. La sensibilita' veglia per dare immediatamente, tramite il dolore, avviso di ogni lesione. L'olfatto attraverso il naso li esplora, perche' le sostanze nocive e deleterie hanno quasi sempre un cattivo odore. Il tatto, vuole dire la mano, fedele servitrice, studia le mosse, afferra di preferenza gli oggetti che l'istinto considera adatti a compensare i guasti causati dallo scorrere della vita. Infine il gusto, con la lingua che si congiunge al palato per assaporare il cibo. * Se la poesia, la musica, la pittura, la scultura, la danza e il teatro, sono tutti strumenti che abbiamo inventato perche' l'essere umano incontri il bello e la felicita'; l'arte culinaria, al confronto, sembra una semplice banalita', un piacere ingenuo con i suoi profumi di cottura che molto spesso riportano all'infanzia. Nel nostro concitato quotidiano finiamo con l'ingurgitare senza riflettere e pensare a cio' che mangiamo. Invece dovremmo riscoprire il piacere del mettersi a tavola come momento che va oltre il nutrimento stretto, che puo' diventare una bella mensa conviviale. Con la scusa del cibo ci si puo' incontrare dopo tanto tempo, si puo' chiacchierare amabilmente, gustando cibi prelibati. Dunque cibo come occasione di socializzazione, consumato con gli altri membri della famiglia o del gruppo, come momento di aggregazione e di scambio di notizie e di emozioni; non piu' interrotto dallo schermo televisivo che sta davanti a noi. Ed ancora, il cibo come elemento di incontro con altri popoli e culture; come barriera al dilagare del razzismo e della xenofobia, ad iniziare dalle campagne mediatiche che criminalizzano fette di umanita'. Lavavetri che diventano, con i mendicanti, i barboni, i rom, ecc., i capri espiatori di una societa' che funziona sempre peggio, escludendo un numero crescente in modo esponenziale di uomini, di donne e bambini, dal godimento di diritti fondamentali: da quello di un luogo dove risiedere a quello di potersi cibare ogni giorno, a quello di non morire bruciati vivi, a quello di non essere esposti all'arbitrio di leggi e regolamenti da sceriffi. Ne dobbiamo dimenticare la vergogna nazionale che sono i centri di accoglienza provvisoria per gli immigrati "clandestini". Questi luoghi, istituiti nel 1998, sono dei veri e propri inammissibili campi di concentramento. Viviamo in una societa' dello sfruttamento, dove la clandestinita' dell'immigrazione ha un duplice risvolto vantaggioso per il sistema del profitto: fornisce mano d'opera a costo infimo, alimenta la guerra tra poveri, genera nel popolo risentimento e odio verso il diverso e, quindi, voti alla destra xenofoba. Un circolo perfetto. Che si spezza solo con la lotta per i diritti e la dignita' di ogni persona, per riconoscerere all'immigrato ii medesimi diritti del "nativo". 6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. INCONTRI. IL 26 MARZO A SIENA [Dal Comitato che si oppone all'ampliamento dell'aeroporto di Ampugnano (per contatti: ampugnano at gmail.com) riceviamo e volentieri diffondiamo. Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita' occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000; L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004; Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa' alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali, globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000] L'economista francese Serge Latouche, celebre per le sue teorie sulla "decrescita", e' ospite dell'Universita' di Siena. Mercoledi' 26 marzo Latouche presentera' il suo nuovo libro, Breve trattato sulla decrescita serena, appena pubblicato da Bollati Boringhieri, e ne discutera' insieme al filosofo Giacomo Marramao. Alle ore 15,30, presso la Sala San Pio, complesso museale di Santa Maria della Scala, si terra' una tavola rotonda intitolata "L'utopia concreta della decrescita. Considerazioni a partire dal Breve trattato per una decrescita serena". Insieme a Latouche e a Marramao, entrambi studiosi della globalizzazione da diversi approcci e punti di vista, interverranno Ugo Pagano e Pier Giorgio Solinas, docenti dell'Universita' di Siena. Latouche, che e' professore emerito di Scienze economiche all'Universita' di Paris-Sud, a Siena ha tenuto una serie di lezioni nell'ambito dei seminari multidisciplinari per i dottorandi "Pro. M", organizzati dalla Scuola superiore Santa Chiara. La presentazione del libro e' organizzata in collaborazione con l'assessorato alla Cultura del Comune di Siena, con il Forum della cooperazione e solidarieta' internazionale della Provincia di Siena e l'Associazione culturale Crea - Centro di ricerche etno-antropologiche. La societa' della decrescita, teorizzata da Latouche, e' una societa' "sostenibile, ecosostenibile ed ecocompatibile", che ha come valore di riferimento la pace, e che si pone come alternativa all'occidentalizzazione e alla globalizzazione. La decrescita e' quindi un concetto politico oltre che economico, secondo il quale la crescita economica - intesa come accrescimento costante del Prodotto interno lordo - non e' sostenibile per l'ecosistema della Terra, in quanto le risorse naturali sono limitate. Il miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto senza aumentare i consumi. Per questo sono nati numerosi movimenti, affiancati da molti intellettuali, che sostengono la necessita' di diminuire i consumi e cercano strade alternative per raggiungere il benessere. Tra le opere piu' conosciute di Latouche vi sono: L'Occidentalizzazione del mondo (1992), Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti dell'occidentalizzazione del mondo (1997), La fine del sogno occidentale. Saggio sull'americanizzazione del mondo (2002), La scommessa della decrescita (2007). 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 405 del 25 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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