Minime. 405



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 405 del 25 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. I massacri che non commuovono
2. Stanislao Arditi e Oliviero Lorelli: Perche' votare, votare per che
3. Angela Pascucci: Lezioni dal Tibet
4. Michele Boato: Elezioni politiche. Cosa conviene fare?
5. Giulio Vittorangeli: Sensi, sentimenti, umanita'
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Il 26 marzo a Siena
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. I MASSACRI CHE NON COMMUOVONO

Continuano i massacri in Afghanistan.
I massacri compiuti e provocati dalla coalizione militare terrorista e
stragista di cui l'Italia fa parte, e da coloro che ad essa si oppongono e
insieme si omologano nello straziare vieppiu' un popolo gia' tanto straziato
da tanti e tanti anni di dittature ed occupazioni militari, di stragi e
violazioni dei diritti umani.
Ma in Italia non se ne deve parlare. Non si deve rivelare che gli assassini
siamo noi.
*
L'ordine che viene dagli assassini al potere e' che e' lecito commuoversi
per tutte le vittime tranne che per le vittime della guerra afgana (e della
strage dei migranti), e' lecito commuoversi per tutte le vittime tranne che
per le vittime del terrorismo razzista di cui il nostro stato e'
corresponsabile.
Di tutto si puo' parlare tranne del fatto che tutti i partiti politici che
hanno governato l'Italia dal 2001 a oggi hanno parimenti le mani sporche del
sangue versato in Afghanistan (come nel mare nostrum).
*
Ma noi proprio di questo vogliamo parlare innanzitutto: dello scandalo della
guerra in corso e dello scandalo del silenzio complice di tanti, di troppi.
Lo scandalo dei troppi assassinati ad esclusivo vantaggio dei signori della
guerra e della droga, dei totalitari di ogni colore, dei terroristi di stato
e di banda, del fascismo imperiale e di quello straccione.
E lo scandalo degli innumerevoli sedicenti pacifisti che su tutto berciano e
berciano, e frattanto tacciono sull'orrore dell'Italia in guerra,
dell'Italia che partecipa in armi alla guerra terrorista e stragista,
imperialista e razzista, in violazione del diritto internazionale e della
legalita' costituzionale. Si raccolgono firme e si fanno convegni e cortei e
fiaccolate per mille cose lontane, e si tace sulle stragi che il nostro
stato compie.
Come possono pretendere di essere ascoltati gli ipocriti che chiedono ad
altri di dismettere le stragi loro, quando delle nostre stragi essi stessi
sono complici?
Che infamia delle infamie. Che grottesco delirio.
*
E allora almeno questo diciamolo, diciamolo ancora, diciamolo almeno qui.
Cessi la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista.
Cessi la violazione del diritto internazionale e della legalita'
costituzionale.
E siano tratti in giudizio tutti i criminali che dal governo e dal
parlamento e dal quirinale hanno dato il loro voto, il loro consenso alla
guerra e alla violazione della Costituzione. Siano tratti in giudizio,
giudicati e condannati per i crimini di guerra e per i crimini contro
l'umanita' di cui quella guerra come ogni guerra consiste; siano tratti in
giudizio per aver tradito il loro obbligo di rispettare e difendere la
Costituzione della Repubblica Italiana. Siano tratti in giudizio dinanzi
alla legge uguale per tutti. Siano processati come l'ordinamento prevede, e
condannati una volta riconosciuti colpevoli.
Ed in attesa che ne rispondano in un'aula di giustizia, ebbene, che fin
d'ora nessuno li voti, che nessuno li favoreggi, che nessuno se ne faccia
sodale: poiche' chi li sostiene dei loro crimini si rende ipso facto
complice.
*
E quindi, almeno questo diciamolo e facciamolo: non un voto ai partiti che
hanno votato per la guerra. Non un voto agli assassini.

2. EDITORIALE. STANISLAO ARDITI E OLIVIERO LORELLI: PERCHE' VOTARE, VOTARE
PER CHE

1. L'errore peggiore
L'errore peggiore per le persone amiche della nonviolenza, l'errore peggiore
per le persone impegnate per i diritti delle oppresse e degli oppressi,
l'errore peggiore sarebbe non votare.
Poiche' chi, pur avendone una non disonorevole possibilita' di esercizio in
condizioni di almeno formale condivisa democrazia, non vota, ebbene, con
cio' stesso di fatto ciecamente delega altri a decidere anche per lui,
rinuncia a un diritto e a una responsabilita', rinuncia ad esercitare un
legittimo potere, un giusto dovere, a far valore la propria ragione.
Poiche' chi non vota lascia che a fare le leggi siano solo i rappresentanti
che lui non sceglierebbe.
Poiche' chi non vota lascia che ad amministrare la cosa pubblica siano solo
i rappresentanti che lui non sceglierebbe.
Poiche' chi non vota lascia che ad usare le pubbliche risorse (e sono
immense, e se usate a fini buoni potrebbero di molto migliorare la vita di
tutti, cosi' come se usate a fini cattivi molto peggiorarla - come
usualmente accade) siano solo i rappresentanti che lui non sceglierebbe.
Quindi l'errore peggiore sarebbe non votare.
*
2. Votare per gli assassini? No, grazie
Ma deciso che votare e' necessario, a cosa e' necessario?
E' necessario votare per contrastare, con la forza della democrazia, con la
forza della legalita', i poteri criminali, i crimini dei potenti, il potere
del crimine.
E' necessario votare contro la guerra, che le persone uccide.
E' necessario votare contro il razzismo, che le persone uccide.
E' necessario votare contro lo sfruttamento onnicida, che le persone uccide.
E' necessario votare contro la devastazione dell'ambiente casa di tutti,
devastazione che le persone uccide.
E' necessario votare contro il maschilismo che nega piena dignita' umana a
meta' dell'umanita' e le persone uccide.
E' necessario votare contro il regime della corruzione e il potere mafioso
che impediscono la civile convivenza, e uccidono le persone.
E' necessario votare per affermare il riconoscimento di tutti i diritti
umani a tutti gli esseri umani.
Quindi: votare per gli assassini? No, grazie.
*
3. Dall'orbace all'arlecchinata
Diciamolo in lingua corrente: i partiti che hanno acquistato la loro
compartecipazione alla spartizione del bottino frutto del saccheggio delle
pubbliche risorse dando il loro consenso all'immane massacro di cui consiste
la guerra afgana, questi partiti noi li chiamiamo assassini.
I partiti che hanno acquistato la loro compartecipazione alla spartizione
del bottino frutto del saccheggio delle pubbliche risorse dando il loro
consenso alla persecuzione nei confronti dei migranti, con i campi di
concentramento, le deportazioni che consegnano le vittime in fuga nelle mani
degli aguzzini loro, la complicita' con le mafie schiaviste, questi partiti
noi li chiamiamo assassini.
Questi partiti, pressoche' l'intero panorama parlamentare, dall'estrema
destra neonazista fino alla ex-sinistra arlecchinesca, non devono essere
votati.
Poiche' votare per il crimine e' complicita' con il crimine.
Poiche' votare per gli assassini e' complicita' con la disumanita'.
Votare per i partiti della guerra e del razzismo e' la fine della
democrazia, la fine della legalita', la fine della dignita'.
Votare per i partiti della guerra e del razzismo e' il trionfo della
barbarie.
Non c'e' peggior crimine dell'uccidere esseri umani. E la guerra appunto
consiste nell'uccidere esseri umani sulla piu' ampia scala. E il razzismo
appunto consiste nel negare la piena umanita' degli esseri umani del
razzismo vittime, ed anche quando ancora non li uccide ne prepara
l'uccisione.
Non si puo' votare per i partiti della guerra e del razzismo: dalla destra
neonazista alla ex-sinistra arlecchinesca.
*
4. Quello che resta
Non resta molto, a sinistra della ex-sinistra.
E quindi chi come noi vorrebbe pur votare, quali liste puo' votare?
Non quelle di chi con linguaggio da caserma inneggia al razzismo e alla
brutalita'.
Non quelle di chi non prova vergogna a reiterare ideologie e prassi
totalitarie, militariste, disumananti.
Non quelle di chi predica e pratica l'irresponsabilita'.
Cosa resta allora, a sinistra della ex-sinistra, che si possa votare? Non
resta molto. Qualcosa v'e'. Ad ogni persona cercare e trovare tra quello che
resta a sinistra della ex-sinistra le liste e le candidature in testa di
esse che al suo sentire piu' si confacciano e che abbiano dato prova negli
scorsi anni di essere contro la guerra e il razzismo.
*
5. Cio' che e' possibile
Votare occorre, se appena e' possibile.
Ma votare e' necessario, quindi deve essere anche possibile.
Per contrastare il golpe berlusconiano e la resa ad esso della ex-sinistra.
Per contrastare il superpartito della guerra e del razzismo. Per tenere
aperti spazi di democrazia, di legalita', di liberta', di decenza, di
speranza di liberazione e misericordia.
Votare per segnalare la tensione a una sinistra nuova, e insieme antica:
ecologista, femminista, nonviolenta, antirazzista e antimafia, socialista e
libertaria. Essa non ha in queste elezioni politiche sue liste. Ma qualche
candidatura almeno in alcune zone d'Italia pur c'e' in testa di lista di
liste che si oppongono alla guerra. E' gia' un segno.
Cosi' come argomento' una volta il nostro Leopardi, che affinche' una
biblioteca fosse buona non era necessario che ci fossero molti libri,
bastava che non ve ne fossero di malvagi; ugualmente in queste elezioni
anche se non vi sono liste della nonviolenza, si puo' votare per quelle
liste che abbiano in testa di lista persone che abbiano dato prova di essere
contro la guerra e contro il razzismo, e comunque - ed e' quel che puo'
conta - si puo' votare contro le liste dei partiti che hanno votato per la
guerra e per il razzismo; contro i partiti che hanno votato la legge
Turco-Napolitano che ha riaperto i campi di concentramento in Italia e la
Bossi-Fini che li ha confermati; contro i partiti che hanno votato per la
partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e stragista in
Afghanistan.
Se appena e' possibile, votare occorre.
E deve essere possibile, poiche' e' necessario.

3. RIFLESSIONE. ANGELA PASCUCCI: LEZIONI DAL TIBET
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 marzo 2008, col titolo "Conflitti
globali. Tibet, lezione per la Cina".
Angela Pascucci, giornalista e saggista, e' caporedattrice esteri del
quotidiano "Il manifesto"]

Solo quando la cronaca si tramutera' in storia sapremo, forse, quel che
negli ultimi undici giorni e' davvero accaduto in Tibet e nelle vicine
province, se la storia non sara' scritta solo dai vincitori. Oggi bisogna
prendere atto che tra le due versioni di opposti massacri (da una parte solo
16 vittime tutte cinesi, dall'altra 80 morti tutti tibetani) c'e' l'abisso
che separa le due comunita', allargato dal risentimento distruttivo e dalla
repressione bellica. Ma in attesa della verita', un primo bilancio della
rivolta del Grande Tibet puo' essere possibile.
La prima considerazione e' che la situazione appare diversa da undici giorni
fa. Come il liquido per lo sviluppo fotografico, la rivolta ha fatto
affiorare nuovi elementi della questione tibetana. E' con questa nuova
immagine che la Cina per prima dovra' confrontarsi, perche' un cambio della
sua strategia politica sembra impellente. Pechino deve intanto prendere atto
che la sua politica di "conquista dei cuori e delle menti" dei tibetani a
suon di investimenti e di crescita economica e' fallita. L'acqua del
cosiddetto sviluppo ha sollevato solo le barche cinesi, dicono le
testimonianze. La diversita' culturale tibetana non si sostanzia in una
voglia di medioevo in termini di centralita' divina e rifiuto della
modernita' e dei suoi allettamenti, dicono altri. Di sicuro non e' questa
l'aspirazione della parte piu' giovane della popolazione, monaci compresi,
che nella sua rabbia devastante da "casseurs" ha ricordato i giovani delle
metropoli europee. Il danaro cinese che piove con particolare intensita' da
sette anni a questa parte, accompagnato dalla "corsa al West" incoraggiata
da Pechino, non ha migliorato l'alfabetizzazione e il clima culturale e
sociale, inficiato da discriminazioni brutali e da un'invasione dei costumi
da nuovi ricchi, cafona e avvilente. Il "Washington Post" ricordava ieri una
protesta organizzata dalla comunita' tibetana nell'ottobre del 2006 a Lhasa
davanti alla sede del governo locale non contro la persecuzione religiosa o
i diritti umani, ma contro le regole truccate della competizione. Una
protesta che sembra nella sostanza simile a decine di migliaia che si
tengono in tutta la Cina da parte di cinesi. Han, non tibetani, sfruttati,
discriminati, vittime di ingiustizie. Forse anche in questa chiave Pechino
deve riflettere sull'escalation, rispetto alla sollevazione dell'89, delle
rivolte, estesesi stavolta al Sichuan e al Qinghai, province esterne al
Tibet.
Altro elemento di novita' e' stato l'emergere della spaccatura fra la
comunita' tibetana in esilio e il Dalai Lama. Divergenze fra la spinta
indipendentista che porta alla rottura totale e la linea autonomista del
dialogo propugnata dal leader spirituale erano note. Gli ultimi giorni, con
la minaccia di dimissioni di Tenzin Gyatso davanti al rischio di
ammutinamento violento, ne hanno rivelato l'entita' nuova. E' anche di
questo che deve prendere atto la Cina. Se sceglie di trattare infine con il
Dalai Lama e prendere sul serio la sua richiesta di autonomia, dovra'
procedere a un cambiamento reale. Se preferira' continuare a delegittimarlo
come interlocutore, per puntare sul fatto che con gli estremisti
indipendentisti potra' risparmiarsi la fatica di cambiare, le conseguenze
potrebbero essere pericolose.
E poi c'e' la scena mondiale. La Cina ha dovuto constatare nei giorni scorsi
di essere stata isolata dai paesi occidentali (ma non da quelli asiatici),
con amarezza della sua popolazione. Chi vuole solo il "dagli alla Cina"
dovrebbe riflettere su questo effetto di rinsaldamento, che rischia di
tappare la bocca a tutti e bloccare gli innegabili mutamenti che nel paese
stanno avvenendo.
Pechino si e' poi dovuta rendere conto che anch'essa si trova oggi a dover
fronteggiare una fase di internazionalizzazione dei conflitti dalla quale
era stata finora solo sfiorata. Un frutto avvelenato della "pacifica ascesa"
davanti al quale i vertici cinesi non potranno solo opporre lo scudo del
"sono affari nostri". Perche' il fenomeno dell'interventismo piu' o meno
umanitario nasce dallo sfascio di ogni regola internazionale condivisa e
prefigura il dominio della legge del piu' forte. I vertici cinesi dovrebbero
allora avere l'ambizione di un piu' saggio protagonismo mondiale nel
riscrivere regole e modi di coesistenza pacifica. La corona di spine da cui
la Cina e' circondata, dal Tibet al Xinjiang a Taiwan, glielo impone. Se
avessero la forza di farlo, potrebbero costruire una potenza realmente
grande.

4. RIFLESSIONE. MICHELE BOATO: ELEZIONI POLITICHE. COSA CONVIENE FARE?
[Ringraziamo Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) per questo
intervento, rielaborazione di un'intervista che verra' pubblicata su "Azione
nonviolenta" di aprile 2008.
Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la
nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da
sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di
numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica
rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander
Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera
e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel
1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare
importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne
nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre,
contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna
"Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Gia'
apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di
Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne
e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle
figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha
saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante
atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone
dignita' e sensibilita'. Per le elezioni politiche dell'aprile 2008 e'
capolista della lista "Per il bene comune" in Veneto e prestigioso candidato
di sostegno in altre regioni. Tra le opere di Michele Boato: ha curato
diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad
esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda);
Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una
catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam
tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco
Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli);
In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con
Giovanna Ricoveri). Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana
Napoli e' apparso nei nn. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza"]

Ed ecco le elezioni politiche, purtroppo truccate: il cittadino non puo'
scegliere chi eleggere, ma solo ratificare le scelte delle burocrazie
centrali; i partiti gia' presenti in parlamento sono avvantaggiati; gli
spazi televisivi e sulla stampa sono scandalosamente disuguali, ecc.
Nell'area nonviolenta ci sono vari orientamenti: c'e' chi votera', turandosi
il naso, per "il meno peggio" e chi si asterra' per sfiducia o protesta. Ma
c'e' anche chi, come me, tenta disperatamente di tenere aperto uno spazio di
speranza, al di la' di qualsiasi chiacchiera sul "voto utile" (utile a fare
la nuova base di Vicenza? la Tav? il Mose? gli inceneritori? i
rigassificatori? utile ad aumentare le spese militari? a fare la guerra in
Afghanistan? a fare nuovi aeroporti e tagliare ancora i treni dei pendolari?
a rilanciare la chimica di morte a Marghera?).
*
La lista civica "Per il bene comune"
Dopo l'assemblea su "Crisi politica, abisso tra palazzo e popolo: cosa
possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?",
che abbiamo convocato a Bologna il 2 marzo, ho deciso di sostenere la lista
"Per il bene comuneî, candidandomi come capolista in Veneto, ed anche, come
supporto, in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana,
Puglia, Sicilia e Sardegna.
Non e' un partito, ma una specie di lista civica nazionale, un semplice
"contenitore" di candidati e candidate espresse da comitati e movimenti
locali che si impegnano per una miglior qualita' della vita e dell'ambiente,
contro inceneritori, rigassificatori, chimica del cloro ecc., per una
mobilita' intelligente, per la riduzione dei rifiuti, in difesa degli
animali, della campagna e della montagna.
Non c'e' alcun "voto utile" da dare a chi, per fare da diga al cavaliere ne
copia programmi e candidati (generali, falchi di Confindustria, banchieri)
ne' mi suscita alcuna emozione l'assemblaggio di quattro burocrazie che sta
sotto il nome di "sinistra arcobaleno".
Nella lista "Per il bene comune", oltre ad un programma incarnato da un
candidato premier come Stefano Montanari (protagonista della lotto contro
gli inceneritori e fiero contestatore delle ripetute bugie di Veronesi sulla
salubrita' di inceneritori ed Ogm), c'e' un Codice etico che impegna, per
esempio, al versamento della meta' del rimborso elettorale alle associazioni
e movimenti impegnati nella difesa di salute e ambiente e al mantenimento di
contatti pubblici e periodici tra eletti ed elettorato. Si puo' trovare nel
sito www.perilbenecomune.net
*
Liste elettorali della nonviolenza
La nonviolenza, l'ecologismo di donne e uomini, hanno bisogno di una propria
presenza nelle istituzioni (dai Comuni al Parlamento) autonoma ed
indipendente, che, partendo dal lavoro di movimento, e potenziandolo, non
affidi ad altri la rappresentanza istituzionale.
Con l'assemblea di Bologna e' iniziato un processo reale verso liste della
nonviolenza dell'ecologia e del femminismo, che prevede una seconda tappa
sabato 19 aprile, sempre nella sala sindacale della stazione di Bologna.
"Per il bene comune" e' uníoccasione che ci e' stata offerta (e alcuni di
noi hanno deciso di non buttare via) perche' puo' essere un valido
contributo al consolidamento di una rete di realta' locali che decidono di
essere anche un soggetto politico indipendente, sia per elezioni
amministrative, che regionali, politiche o europee (nel 2009).
Dall'assemblea di Bologna e' uscito un "manifesto" con alcuni contenuti
programmatici (decrescita, democrazia diretta, de-militarizzazione, societa'
aperta), alcune regole di comportamento (non arricchimento attraverso la
politica, democrazia reale nei rapporti tra elettori ed eletti, nonviolenza
anche nel linguaggio, 50% donne e 50% uomini) e primi elementi organizzativi
per una rete che funzioni e cresca: mailing list, lettura ed uso del
quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino", incontri periodici,
nazionali o per aree geografiche, con obiettivi ben definiti, iniziative
comuni di impatto, capacita' di mobilitazione rapida in caso di emergenze).
*
Un programma politico della nonviolenza
Ecco alcuni elementi minimi di un programma ecologista, femminista e
nonviolento:
1. Riduzione drastica delle spese militari, causa di danni morali,
economici, alla democrazia in Italia e all'estero.
2. Smantellamento delle basi Usa e nucleari in Italia.
3. Smantellamento di portaerei, bombardieri e qualsiasi altro armamento
esclusivamente offensivo.
4. Creazione di un Corpo civile di pace a livello europeo.
5. Fuoriuscita dalla dipendenza da combustibili fossili e dalle emissioni di
gas serra con un Piano ciclopico di Energie rinnovabili (basato soprattutto
su solare termico e coibentazione edilizia).
6. Citta' a misura di bambini/e donne e anziani e percio' anche portatori di
handicap.
7. Societa' aperta alle diverse culture degli immigrati, col reciproco
rispetto di regole di convivenza e dei diritti delle donne.
*
Attuare la "sovranita' popolare" voluta dalla Costituzione
Il sistema parlamentare, come quello dei consigli comunali, provinciali e
regionali deve tendere alla rappresentanza proporzionale di tutte le
espressioni dei cittadini, come lo e' tuttora il sistema elettorale per il
parlamento europeo. Va eliminato il senato-fotocopia della camera, vanno
drasticamente ridotti gli stipendi di parlamentari e consiglieri regionali
(uno scandalo unico al mondo). Non mi pare invece opportuno ridurre il
numero dei deputati, perche' cosi' i partiti minori non potrebbero piu'
essere rappresentati. Vanno istituiti i referendum propositivi e decisionali
almeno a livello di comuni e regioni, come succede, con grandi risultati di
democrazia, nei Cantoni svizzeri.
Gli statuti comunali dovrebbero prevedere la parola ai cittadini nella prima
ora di ogni consiglio e un sistema di consultazione telematica (con regole
molto chiare) per le decisioni piu' importanti.
Serve inoltre un rafforzamento delle associazioni e dei comitati, una loro
interlocuzione sistematica con le istituzioni (locali e non solo) in modo
che aumentino la loro comprensione dei problemi, la capacita' di
elaborazione di proposte alternative e di confronto con i limiti della
tecnica e delle risorse economiche.
In questo modo la politica puo' diventare patrimonio di tutti ed essere arte
del governo della cosa pubblica, non degli interessi di piccole caste.

5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: SENSI, SENTIMENTI, UMANITA'
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Siamo esseri umani estremamente fragili ed estremamente complicati. Creature
vulnerabili, squassate dai sogni, dalle speranze e dalle sconfitte. Creature
deboli e limitate, eppure capaci di desiderare, di struggersi per la
mancanza delle stelle. Sempre in bilico tra basso e alto, tra pesantezza e
leggerezza.
Usiamo i sensi (la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto) per
relazionarci con il mondo esterno. La vista, che abbraccia lo spazio e ci
istruisce, per mezzo della luce, sull'esistenza e sui colori che ci
circondano; l'udito, che riceve, tramite l'aria, la vibrazione che i corpi
rumorosi o sonori provocano; l'olfatto, con cui fiutiamo gli odori dei corpi
che ne sono dotati; il gusto, attraverso cui apprezziamo i sapori; infine il
tatto, il cui oggetto e' la consistenza e la superficie dei corpi.
Cosi', la vista ha fatto nascere la pittura, la scultura e spettacoli d'ogni
sorta; l'udito, il suono e l'armonia, la danza e la musica, con tutti i suoi
stili e i suoi mezzi d'esecuzione; l'olfatto la ricerca, la cultura e l'uso
dei profumi; il gusto tutto quello che e' legato al cibo ed alla cucina; il
tatto tutte le arti, le abilita' ed i mestieri.
La vista e' esercitata attraverso l'occhio che percepisce gli oggetti
esteriori, rivela le meraviglie di cui l'uomo e' circondato e gli insegna
che fa parte di un grande tutto. L'udito attraverso l'orecchio percepisce i
suoni non soltanto come sensazione piacevole, ma ancor piu' come
avvertimento del movimento dei corpi che possono causare pericolo. La
sensibilita' veglia per dare immediatamente, tramite il dolore, avviso di
ogni lesione. L'olfatto attraverso il naso li esplora, perche' le sostanze
nocive e deleterie hanno quasi sempre un cattivo odore. Il tatto, vuole dire
la mano, fedele servitrice, studia le mosse, afferra di preferenza gli
oggetti che l'istinto considera adatti a compensare i guasti causati dallo
scorrere della vita. Infine il gusto, con la lingua che si congiunge al
palato per assaporare il cibo.
*
Se la poesia, la musica, la pittura, la scultura, la danza e il teatro, sono
tutti strumenti che abbiamo inventato perche' l'essere umano incontri il
bello e la felicita'; l'arte culinaria, al confronto, sembra una semplice
banalita', un piacere ingenuo con i suoi profumi di cottura che molto spesso
riportano all'infanzia. Nel nostro concitato quotidiano finiamo con
l'ingurgitare senza riflettere e pensare a cio' che mangiamo.
Invece dovremmo riscoprire il piacere del mettersi a tavola come momento che
va oltre il nutrimento stretto, che puo' diventare una bella mensa
conviviale. Con la scusa del cibo ci si puo' incontrare dopo tanto tempo, si
puo' chiacchierare amabilmente, gustando cibi prelibati.
Dunque cibo come occasione di socializzazione, consumato con gli altri
membri della famiglia o del gruppo, come momento di aggregazione e di
scambio di notizie e di emozioni; non piu' interrotto dallo schermo
televisivo che sta davanti a noi.
Ed ancora, il cibo come elemento di incontro con altri popoli e culture;
come barriera al dilagare del razzismo e della xenofobia, ad iniziare dalle
campagne mediatiche che criminalizzano fette di umanita'.
Lavavetri che diventano, con i mendicanti, i barboni, i rom, ecc., i capri
espiatori di una societa' che funziona sempre peggio, escludendo un numero
crescente in modo esponenziale di uomini, di donne e bambini, dal godimento
di diritti fondamentali: da quello di un luogo dove risiedere a quello di
potersi cibare ogni giorno, a quello di non morire bruciati vivi, a quello
di non essere esposti all'arbitrio di leggi e regolamenti da sceriffi.
Ne dobbiamo dimenticare la vergogna nazionale che sono i centri di
accoglienza provvisoria per gli immigrati "clandestini". Questi luoghi,
istituiti nel 1998, sono dei veri e propri inammissibili campi di
concentramento. Viviamo in una societa' dello sfruttamento, dove la
clandestinita' dell'immigrazione ha un duplice risvolto vantaggioso per il
sistema del profitto: fornisce mano d'opera a costo infimo, alimenta la
guerra tra poveri, genera nel popolo risentimento e odio verso il diverso e,
quindi, voti alla destra xenofoba. Un circolo perfetto. Che si spezza solo
con la lotta per i diritti e la dignita' di ogni persona, per riconoscerere
all'immigrato ii medesimi diritti del "nativo".

6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. INCONTRI. IL 26 MARZO A SIENA
[Dal Comitato che si oppone all'ampliamento dell'aeroporto di Ampugnano (per
contatti: ampugnano at gmail.com) riceviamo e volentieri diffondiamo.
Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed
epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici
e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle
scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle
figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e
la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del
mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati
Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la
deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione
tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati
Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti
dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa.
Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto
a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita'
occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000;
L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del
mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio
sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza
limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia
vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004;
Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia
dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla
decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa'
alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della
decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato
da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali,
globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000]

L'economista francese Serge Latouche, celebre per le sue teorie sulla
"decrescita", e' ospite dell'Universita' di Siena.
Mercoledi' 26 marzo Latouche presentera' il suo nuovo libro, Breve trattato
sulla decrescita serena, appena pubblicato da Bollati Boringhieri, e ne
discutera' insieme al filosofo Giacomo Marramao. Alle ore 15,30, presso la
Sala San Pio, complesso museale di Santa Maria della Scala, si terra' una
tavola rotonda intitolata "L'utopia concreta della decrescita.
Considerazioni a partire dal Breve trattato per una decrescita serena".
Insieme a Latouche e a Marramao, entrambi studiosi della globalizzazione da
diversi approcci e punti di vista, interverranno Ugo Pagano e Pier Giorgio
Solinas, docenti dell'Universita' di Siena.
Latouche, che e' professore emerito di Scienze economiche all'Universita' di
Paris-Sud, a Siena ha tenuto una serie di lezioni nell'ambito dei seminari
multidisciplinari per i dottorandi "Pro. M", organizzati dalla Scuola
superiore Santa Chiara. La presentazione del libro e' organizzata in
collaborazione con l'assessorato alla Cultura del Comune di Siena, con il
Forum della cooperazione e solidarieta' internazionale della Provincia di
Siena e l'Associazione culturale Crea - Centro di ricerche
etno-antropologiche.
La societa' della decrescita, teorizzata da Latouche, e' una societa'
"sostenibile, ecosostenibile ed ecocompatibile", che ha come valore di
riferimento la pace, e che si pone come alternativa all'occidentalizzazione
e alla globalizzazione. La decrescita e' quindi un concetto politico oltre
che economico, secondo il quale la crescita economica  - intesa come
accrescimento costante del Prodotto interno lordo - non e' sostenibile per
l'ecosistema della Terra, in quanto le risorse naturali sono limitate. Il
miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto senza
aumentare i consumi. Per questo sono nati numerosi movimenti, affiancati da
molti intellettuali, che sostengono la necessita' di diminuire i consumi e
cercano strade alternative per raggiungere il benessere.
Tra le opere piu' conosciute di Latouche vi sono: L'Occidentalizzazione del
mondo (1992), Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti
dell'occidentalizzazione del mondo (1997), La fine del sogno occidentale.
Saggio sull'americanizzazione del mondo (2002), La scommessa della
decrescita (2007).

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 405 del 25 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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