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Voci e volti della nonviolenza. 152
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 152
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 27 Feb 2008 09:15:23 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 152 del 27 febbraio 2008 In questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Una proposta semplice. Come sono le liste che io vorrei 2. Maria G. Di Rienzo: Prime risposte verso il 2 marzo 3. Maria G. Di Rienzo: Perche' si' 4. Maria G. Di Rienzo: Suggerimenti di metodo per le riunioni 5. Maria G. Di Rienzo: Vita 6. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana: Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna 7. Il 2 marzo a Bologna 8. Et coetera 1. MARIA G. DI RIENZO: UNA PROPOSTA SEMPLICE. COME SONO LE LISTE CHE IO VORREI [Riproponiamo il seguente intervento di Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) gia' apparso nelle "Minime" n. 377] Partirei da una proposta semplice, che sembra ovvia ma non lo e': l'idea che vorrei mettere in pratica nelle liste e' l'idea che le donne hanno valore, e che le differenze fra esseri umani, fra uomini e donne, siano esse biologiche o derivazioni culturali, non costituiscono scusante o giustificazione per la discriminazione rivolta contro le donne. Quando le donne vengono trattate come gli esseri umani che sono, ne guadagna la societa' intera, a livello economico, sociale, culturale. C'e' un'interazione diretta tra il coinvolgimento delle donne nella vita sociale e politica ed il rafforzamento di valori, attitudini e comportamenti che riflettono e propongono modelli di equita' e tolleranza. La Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) li definisce, oltre che universali, inalienabili ed indivisibili. Tale definizione e' molto importante per i diritti umani delle donne: significa infatti che essi vengono applicati ad ogni singola persona in ragione della sua umanita', e significa che vengono applicati in eguaglianza per ciascuno e ciascuna, giacche' ciascuno e ciascuna sono eguali nell'essere semplicemente umani. Questa premessa egualitaria ha un risvolto storico radicale: anche in base ad essa le donne hanno chiesto riconoscimento politico per la propria umanita' e chiunque oggi si troverebbe in serio imbarazzo a dover difendere pubblicamente l'argomentazione contraria, e cioe' che le donne non sono umane. * Pure resta uno scarto cognitivo, di comprensione e rappresentazione, in ragione del quale, pensando in termini di "pubblico/privato", le donne vengono poste in uno stato periferico rispetto alla partecipazione politica (sono correlate solo o principalmente alla casa ed alla famiglia) mentre il cittadino "tipico" viene di solito descritto e pensato come maschio: il che significa, tra l'altro, che i tempi e i modi e i nodi della politica sono misurati su di lui. Le lenti cognitive servono da filtri: per scegliere, suddividere ed ordinare cio' che una persona vede, e cio' che una persona comprende. Noi le usiamo, consciamente o inconsapevolmente. Il concetto di guerra "inevitabile" e "giusta", ad esempio, viene filtrato da numerose di queste lenti: dottrine religiose e filosofiche e particolari affiliazioni politiche. Esse contribuiscono a creare le cornici in cui vengono rappresentati gli eventi, e le cornici danno forma alle azioni che verranno poi intraprese. Con questo sistema, alcune questioni vengono abilitate al discorso e al confronto, altre no. Io non dico a chi mi legge o ascolta di abbandonare le proprie lenti, sebbene consigli sempre di esaminare i risultati del loro uso (la cornice che ne risulta e' inclusiva o escludente, cooperativa o gerarchica?), chiedo solo venga aggiunta allo sguardo la lente del genere. * L'effetto principale della natura di genere del conflitto "pubblico/privato" e' che le violazioni dei diritti umani delle donne che avvengono tra "privati" individui sono state rese invisibili, nonche' considerate come al di la' dell'intervento pubblico: i governi tendono ad ignorare cio' che accade alle donne (violenza domestica, restrizioni di movimento e opportunita') persino ove esistono leggi che proibiscono tali trattamenti. La sfera "privata", infatti, in nome di religione cultura famiglia, garantisce l'impunita' ai violenti. La violenza strutturale (violenza di genere) che investe le donne ha ricadute pesanti su tutte le loro relazioni, sulla salute loro e delle loro famiglie, e sulla stabilita' di una societa' che voglia dirsi "civile". Non avremo una societa' civile e sicura sino a che non faremo uno sforzo per rigettare la violenza di genere. A chi ha fatto della "sicurezza" furbizia elettorale o gradino verso la barbarie vorrei che le nostre liste dicessero questo: le vite umane sono piu' sicure quando le persone sono libere. Libere da condizioni di lavoro pericolose, sottopagate, incerte, umilianti; libere da disoccupazione e da poverta'; libere dalla violenza settaria, "etnica", razzista, fascista; libere dalla violenza domestica. Sono, tutte queste, condizioni che le donne (native e migranti) conoscono assai bene, anche in Italia. * E' stato il femminismo a fare definitivamente della violenza di genere un crimine, a spingere perche' fosse legiferato in tal senso. Ci siamo riuscite in numerosi contesti, nazionali ed internazionali; in altri stiamo ancora lottando. Abbiamo messo nuove parole nel vocabolario della politica: abuso sessuale, stupro maritale, violenza domestica, molestia sessuale. Ma la violenza, seppure sanzionata penalmente, non e' ancora socialmente inaccettabile: ci sono sempre mille e un motivi per giustificarla. E' ora invece che diventi una vergogna, che venga ripudiata negli stessi termini in cui la Costituzione italiana ripudia la guerra. E' vergognoso che le persone vengano indotte culturalmente ad ammettere, sopportare, usare la violenza nelle proprie vite. E' vergognoso che la violenza venga tollerata e istituzionalizzata dallo stato. Abbiamo necessita' di una campagna di massa che decostruisca alle fondamenta tutti i miti pericolosissimi che si accompagnano alla violenza di genere (e che in sintesi colpevolizzano la vittima). Abbiamo bisogno di istruire al genere, al rispetto fra i generi, innanzitutto gli operatori che vengono a contatto con vittime e perpetratori di violenza: le forze dell'ordine, gli avvocati, i giudici, e coloro che lavorano con bambini e adolescenti ad ogni livello, dalla scuola alla sanita' pubblica. * Ecco dunque come sono le liste che io vorrei: - Inclusive rispetto al genere: un luogo ove donne ed uomini sono partner alla pari nel lavorare per raggiungere scopi di cui tutti beneficiano. Percio' lavorano per l'integrazione fra diritti civili e politici (autodeterminazione, diritti riproduttivi, partecipazione politica) e diritti socioeconomici (casa, salute, lavoro): spesso le donne non godono abbastanza di questi ultimi per essere in grado di esercitare i primi. - Comunicative: gli individui si parlano l'un l'altro di cio' che considerano importante. Ognuno ha un contributo da dare in questo senso, e le liste restano luoghi aperti in cui si discute non solo di cio' che accade in Parlamento, muovendosi dalla socializzazione informale e dalla contrapposizione di opinioni ad un'attitudine ricettiva in cui si parli dopo aver riflettuto e si ascolti con molta attenzione. - Concrete: una delle funzioni principali di un gruppo inclusivo e comunicativo che voglia fare politica e' la definizione degli scopi da raggiungere. Per fare questo, e' necessario impegnarsi in processi di apprendimento e, allo stesso tempo, in nuovi modi di condividere il potere. Le situazioni di rischio ambientale e degrado ecologico vanno affrontate con urgenza assoluta: sempre che vogliamo continuare a vivere su questo pianeta, beninteso. - Democratiche ed egualitarie: in una societa' politica comunicativa, partecipata, le persone si rispettano e valutano quali interi esseri umani. A livello internazionale, mi aspetto che questo si rifletta nel premere per l'organizzazione di conferenze di pace ovunque sia in corso un conflitto, conferenze che includano esplicitamente le donne oltre che tutte le ong e le strutture della societa' civile. - Coerenti: "il fine non giustifica i mezzi" e' un principio di comportamento etico ben conosciuto in tutto il mondo. Semplicemente, come ricorderete, "non si usano gli attrezzi del padrone per smantellare la casa del padrone" (Audre Lorde), ma non perche' noi ci riteniamo piu' belli e piu' buoni di lui: non vogliamo assomigliargli, ripetere cio' che lui ha fatto, sbagliare anche noi. Useremo altri attrezzi, costruiremo edifici differenti. Vi e' una strettissima relazione tra fini e mezzi come chiunque abbia solo annusato la parola "nonviolenza" sa benissimo. Inoltre, scopi raggiungibili non possono essere definiti senza la disamina onesta delle risorse umane e materiali a disposizione. * Poi, ma questa e' la giocoliera che fa capolino in me, mi piacerebbe che fossimo un po' folli e, sapendo collegarci a da dove veniamo, dove siamo e dove vogliamo andare, avessimo fiducia nel futuro, e la suscitassimo in altri. 2. MARIA G. DI RIENZO: PRIME RISPOSTE VERSO IL 2 MARZO [Da "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 157] Posso ammetterlo? Non osavo aspettarmi tanto interesse. Quasi tutte le risposte sono molto articolate e argomentate, spesso ricche d'inventiva. Se tanto da' tanto, a Bologna non dovremmo trovarci in quattro. Quelle dotate di entusiasmo e volonta' e intelligenza, anche se critiche, meritano un abbraccio virtuale (virtuale per il momento, mi riservo di provvedere in carne ed ossa il 2 marzo) ma non abbisognano di troppi commenti. Poi ce ne sono parecchie divertenti, inviate dagli Stakanov della rete telematica, quelli che scrivono ossessivamente a tutti su tutto, e per tutto hanno la risposta. Le trovo buffe anche se sprizzano arroganza e disprezzo. Mi stupisce che ci siano cosi' tanti geni misconosciuti in Italia, chi ha detto che siamo un popolo di commissari tecnici non ha mancato di troppo il bersaglio. Non credo tuttavia ci sara' dato di vedere fisicamente gli autori (le donne sono assenti dal gruppo onnisciente... si', mi e' sfuggito un sogghigno, fate finta di niente), temo siano troppo nobili per mischiarsi al popolino cocciuto e triviale. Un buon numero di risposte concerne proposte d'altro tipo, e per quanto valide e ingegnose e generose siano sono costretta a classificarle fuori tema: se vi chiedo di venire al cinema con me, potremmo discutere su quando, e su che film vedere, e sull'ora della proiezione, oppure potreste dirmi "no grazie", ma difficilmente mi rispondereste con la ricetta del risotto allo zafferano, vero? * C'e' anche una piccola serie di interventi che definirei "in preda al panico", in cui il vero messaggio sta piu' tra le righe che nelle righe stesse. I loro autori si stanno domandando cosa portiamo via e a chi, chi regge il timone, cosa c'e' sotto, qual e' la posizione ufficiale "del movimento" (de che?), dove si colloca la proposta sullo spettro socio-politico in base alle categorie kantiane o aristoteliche ecc. ecc. E chi ci paga, naturale. Questi vorrei rassicurarli: ascoltatemi bene, il testo dice esattamente quel che dice, in italiano, con i significati della lingua italiana. Non mi risulta al momento che ci paghi nessuno, e se a qualcuno avanzano soldi gli suggerirei di spenderli in modo utile abbonandosi ad "Azione nonviolenta", ma soprattutto metto "femmineamente" (virilmente non ci stava) il pugno chiuso sul braciere giurandovi che Sini non solo non ci ha dato un franco, ma continua a pretendere articoli da tutti come un pozzo senza fondo. * Una seconda serie di messaggi concerne in realta' degli inviti: a lasciar perdere e ad unirci a quasi tutti i partiti dell'arco costituzionale. Non ho ancora ricevuto qualcosa da Forza Italia, ma sappiate che persino Alleanza Nazionale potrebbe stringerci al seno (non appena abbassa il braccio destro dopo il saluto). Difficile dire qualcosa a costoro: supponendoli in buona fede, si ha l'impressione che non abbiano compreso del tutto quel che hanno letto, e che stiano rispondendo piu' alle proprie elucubrazioni che alla proposta cosi' com'e'. * Stesso numero, circa, per i "vaganti nelle tenebre" e i "pessimisti irragionevoli" (quelli ragionevoli hanno argomentato le loro perplessita', e li annovero negli interventi utili e da discutere). I primi hanno colto l'occasione per ricordarmi la natura ondivaga e mutante dell'universo, in cui non vi e' punto fermo tranne la certezza che precipiteremo prima o poi nel nulla. Ringrazio per la premura, ma come sapete sono una filosofa minimalista della scuola delle servette, per cui meglio "poi", e nel frattempo lavoriamo un po' per riassettare la casa Italia, se non vi spiace. I secondi hanno detto, ribadito, sottolineato e urlato che tanto non combineremo niente. Per cui non dovremmo neppure provarci. Loro non vogliono! E tanto basta. Questi si sentono persino offesi, anche se non capisco perche'. Mettiamo pure che abbiate ragione, amici: perche' aver paura di un fallimento altrui? Voi non intendete provarci, giusto? Allora pregustate il momento in cui potrete scrollare il capo e ripetere con soddisfazione "Ah, glielo avevo detto, io...". * Infine, ci sono un paio di persone che credendo di essere molto realiste ed oggettive mi hanno sbrigativamente e con asprezza spiegato che devo chinare il capo alla situazione cosi' com'e'. Proprio cosi' com'e', siete sicuri? L'avete guardata bene, la situazione? Bene, non e' la prima volta che ricevo questo consiglio, sapete. E ricordo un giorno particolare in cui me lo diedero, e che in quel giorno io presi a prestito le parole di qualcun altro per rispondere: "Orsu', che dovrei fare? Cercarmi un protettore, eleggermi un signore, e dell'ellera a guisa, che dell'olmo tutore accarezza il gran tronco e ne lecca la scorza, arrampicarmi, invece di salir per forza? Grazie no, grazie no, grazie no" (e' il Cyrano di Rostand, un vecchio amico). 3. MARIA G. DI RIENZO: PERCHE' SI' [Dalle "Minime" n. 362] Perche' questo appello, questo tentativo, questo azzardo? Perche' mi piacerebbe andare a votare: potendo scegliere qualcuno in cui ho fiducia; senza turarmi il naso; senza considerazioni sul "voto utile" che poi si rivela ampiamente inutile se non dannoso; ritrovando, per quanto lo permette una legge elettorale vergognosa, il piacere di esercitare un diritto/dovere democratico; sorridente e convinta, non mugugnante e riottosa come negli ultimi dieci anni. Perche' il contributo storico del femminismo, in tutto il mondo, ai grandi progetti di cambiamento e liberazione (dall'antischiavismo ai diritti sul lavoro, dalla resistenza ai fascismi a quella alla violenza di genere) merita di essere nominato e accolto. Il femminismo sa riconoscere con immediatezza "di cosa parliamo quando parliamo di politica": non di un gioco elettorale o di regime a somma zero, ma delle relazioni di potere nella societa' umana, dell'abuso del potere, di quanto politica ogni relazione sia in presenza di dinamiche di potere. Perche' non ne posso piu' delle parole-contenitore come "modernizzazione", "riforme", "il nuovo soggetto politico", eccetera, senza che nessuno si degni di dirmi cosa vuole modernizzare, cosa vuole riformare, e perche', e magari en passant cos'ha di nuovo un politico alla quarta o quinta legislatura. Perche' non voglio essere piu' menata per il naso con la storia della "governance". La quale sarebbe, in sintesi, la regolazione della vita politica a differenti livelli come governi locali, attori statali e non statali, comunita' di persone, movimenti sociali, con alla base l'assunzione di uno spostamento nelle "sfere d'autorita'", dallo stato (e dai rapporti tra stati) alla presenza di attori e luoghi molteplici. E invece e' diventata un'ideologia che assicura la continuazione del discorso neoliberista evocando immagini di manager e tecnici, sondaggi e grafici, aziendale efficienza e cosi' via, dichiarando di risolvere i problemi in modo "oggettivo". La questione e' non solo che welfare e sfrenata liberta' del mercato si contraddicono tra loro (riducendo la protezione sociale a regalia del Signore in carica), ma che i prodotti di questo concetto di governance si sono dimostrati altamente inefficienti nel proteggere l'ecosistema Terra ed i suoi abitanti. Tutto quel che hanno fatto e' stato "mercatizzare" le istituzioni, tendendo a privatizzare il piu' possibile servizi sociali e beni comuni. Perche' vorrei confrontarmi con la politica reale, e non con la politica spettacolo. Una volta credevo che il transito dai parlamenti ai salottini televisivi fosse una degenerazione spontanea del fioco lume, ora vedo che e' inevitabile progetto di governance, perche' colonializza la vita sociale: non e' un mero susseguirsi di immagini futili e discorsi fumosi, di giarrettiere esibite e di strilli cafoni, bensi' una relazione sociale tra persone mediata e filtrata da immagini; e' il progetto ed il risultato degli attuali modelli produttivi. L'immaginazione popolare e' ormai piena di salotti cialtroni, li' sta il potere, e il massimo a cui puoi/devi aspirare e' sederti in poltrona anche tu. Perche' voglio un'analisi di genere della politica economica e delle relazioni tra stato e mercato; una sfida alla divisione tra pubblico e privato, e un impegno a trasformare le relazioni di genere che informano le basi di ogni politica, giacche' le relazioni di genere sono costitutive dell'identita' "stato" e cruciali nella persistenza di moduli patriarcali nei campi della produzione e della riproduzione. Perche' se non ci proviamo non sapremo mai se e' possibile. Perche' abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di sorriderci, di darci una pacca sulla spalla e di discutere animatamente... Insomma, perche' si'. 4. MARIA G. DI RIENZO: SUGGERIMENTI DI METODO PER LE RIUNIONI [Dalle "Minime" n. 370] Spesso la caduta di un governo viene considerata un evento disastroso dalle conseguenze terribili. E' possibile, persino, che questo sia il nostro caso. Ma se guardiamo l'evento da prospettive differenti vedremo che si tratta anche dell'opportunita' di fermarsi a riflettere, di analizzare i problemi, le relazioni e i modi di comunicare. Imparare dalle difficolta' incontrate in passato e' un buon modo per evitare qualche errore in futuro. E' umano esprimere sentimenti di disperazione in situazioni distruttive o deprimenti. Ma bisogna riconoscere che la disperazione sovente frena l'azione, la possibilita' di trasformare le situazioni. Scegliere la speranza, e cioe' di lavorare anche attraverso la propria angoscia, generalmente porta a soluzioni costruttive. Poiche' se avete deciso di tenere un incontro vorrete anche che esso riesca bene, mi permetto di darvi qualche piccolo suggerimento sull'andamento delle cose. Come al solito, prendete quel che vi serve, adattate il resto alle vostre esigenze, o ignoratelo. * Dopo aver accolto le persone, riassumete ragioni e scopi dell'incontro, e stabilite accordi di gruppo: ribadite che tutti e tutte possono intervenire, ma che l'intervento non deve durare piu' di cinque minuti per dare a chiunque la possibilita' di esprimersi (se c'e' tempo di interventi poi se ne possono fare due, o tre). Non crediate che cinque minuti siano pochi. Io ho imparato non solo a sintetizzare quel che ho da dire, grazie a questa buona pratica, evitando di far addormentare l'uditorio ripetendomi ad libitum, ma a sfrondare idee e proposte sino a riuscire a presentarle nella loro essenzialita'. Dopo di che, tracciate le prospettive emerse, le linee comuni, e vedete se ne esce una possibilita' d'azione. In caso positivo (e solitamente lo e', c'e' sempre qualcosa che si puo' fare) chiedete alle altre persone se questa possibilita' sembra loro praticabile, se potrebbero impegnarsi per realizzarla, o se vorrebbero modificarla. Pensate a quel che dite: la vostra posizione, ad esempio, e' un punto di vista generalmente specifico nel suo scopo, alla cui base stanno i vostri interessi. Mentre questi ultimi tendono ad identificarsi con bisogni fondamentali, la posizione espressa in nome di essi e' spesso semplicemente una dichiarazione su come raggiungerli, e puo' trasformarsi facilmente. Non perdete la faccia se per arrivare al punto A usate un tram invece di una bicicletta: l'importante e' dove volete arrivare. Aggredite i problemi, con tutta la forza che decidete di metterci, ma rispettate le persone. Se c'e' un problema e' quello che va risolto; le persone attorno a voi, anche quando la pensano in maniera diametralmente opposta non sono il problema, sono coloro con cui potete risolverlo. Fate lo sforzo di ascoltare in modo attento e attivo. Lasciate che chi sta parlando termini il suo intervento, rifletteteci un momento e in caso rispondete. Se non vi e' chiaro qualcosa, non abbiate timore di chiedere spiegazioni. Essere ascoltati significa essere presi sul serio, e' quel piccolo incantesimo umano che trasforma il sentirsi isolati nel sentirsi accettati e partecipi; inoltre, molte persone non presteranno davvero attenzione al vostro punto di vista se non sono convinte che voi avete ascoltato il loro. Fate lo sforzo di parlare in modo attento e attivo: rivolgendovi al piu' profondo livello di umanita' delle persone a cui parlate, alla loro dignita', integrita' e compassione, che risuonano in sintonia con la vostra dignita', la vostra integrita', la vostra compassione. In questo modo, parlando e ascoltando un po' diversamente dal solito, potremo andar oltre le nostre paure. Spesso la realta' della situazione e' meno importante, ai nostri occhi, della percezione che ne abbiamo. A volte percepiamo una minaccia laddove non ve n'e' alcuna, ma questo e' sufficiente a scatenare le nostre reazioni. Prima di dire "e' cosi'" e correre al conflitto, prendetevi un minuto per valutare se alcune percezioni hanno creato fraintendimenti e inquinato la comunicazione: se vi accorgete di questo, ditelo. Cogliete l'occasione per espandere la vostra identita'. Qualche anno fa c'era poco piu' della sottoscritta a sostenere che le identita' umane sono "puzzle" e non blocchi di granito, oggi ve lo stanno dicendo fior di filosofi e sociologi, ecc. Alleluja. Spesso noi entriamo in un dialogo presumendo di dover difendere un'identita' che deriviamo dall'appartenenza a qualche gruppo, il che purtroppo conduce assai velocemente ad impostare la discussione nel modulo di scontro "noi/loro". Provate ad entrare nel dialogo pensando ad una nuova categoria, un "noi variegato". Noi che siamo qui oggi, noi che abbiamo scelto di incontrarci, noi che siamo di opinioni diverse ma ugualmente impegnati, preoccupati, accorati: noi cosa possiamo fare insieme? 5. MARIA G. DI RIENZO: VITA [Dalle "Minime" n. 365] Cosa significa essere "per la vita"? Abbiamo di gran lunga ecceduto nel caricare questo pianeta di sostanze tossiche, nello sventrarlo per consumarne le risorse, e pare non ci sia nessuna idea utile su come venire incontro ai bisogni primari (cibo, acqua) di gran parte dei 6 miliardi e mezzo di persone che abitano la Terra. Ce n'e' qualcuna su come faremo nel 2050, quando saremo 9 miliardi e 100 milioni? Dieci milioni di bimbi ogni anno, ogni anno, muoiono per fame e per scarsita' di acqua pulita, di medicinali, di cure; muoiono delle vessazioni e delle violenze dirette contro le loro madri, dello scarso accesso delle loro madri ai contraccettivi, degli impedimenti che le loro madri incontrano nell'ottenere diritti economici di base. Cinque milioni di persone sono morte di guerra in Congo negli anni '90, e noi non ce ne siamo quasi accorti. Qualcuno vuol proporre una moratoria sulla violenza di genere, o sulla guerra? Potrei firmare l'appello. Cos'e' "la vita", cos'e' "naturale"? Tra il 20 e il 50% delle gravidanze termina con un aborto naturale, per le piu' svariate cause. Che si tratti dell'utero di una donna o del grembo del pianeta, la concezione e' solo un inizio. Molto del resto dipende dall'ambiente, dalle risorse disponibili, da quali stress la madre potenziale soffre, da quanti altri figli ha e da quanti altri figli vuole e puo' sostenere e crescere. L'universo non garantisce che l'inizio sara' portato a compimento, per nulla che sia vivo. A una donna che non ha riserve di grasso corporeo, che ha appena il necessario per sopravvivere a livello alimentare, e che sta allattando un bambino, le mestruazioni usualmente scompaiono per il periodo dell'allattamento. La "natura" sa che un altro bambino ucciderebbe sicuramente la madre, e quindi anche il bimbo gia' nato. Lunghi intervalli fra una gravidanza e la successiva sono sempre stati, storicamente, la chiave per il controllo della popolazione e per il suo benessere: i gruppi dei nostri antenati (raccoglitori e poi raccoglitori/cacciatori) non crescevano piu' di quanto potessero permettersi. Con l'avvento del patriarcato le cose cambiarono un poco. Uno dei codici di leggi assiro-babilonese e' il primo a prevedere l'uccisione della donna che si procurasse un aborto. Era un codice "per la vita"? Lo stesso canone legislativo stabiliva il diritto per il maschio di uccidere i propri figli infanti, e di vendere essi e le mogli in schiavitu'. Va precisato, magari, che ad essere eliminate erano in maggioranza le femminucce, perche' i bimbi servivano, serviva crescere tanti soldati: sarebbero morti successivamente in guerra, niente di che... Cos'e' "per la vita", simbolicamente parlando, il peccato o il sacramento? Sapete niente del "Mikuzo Jizo"? E' un rito religioso giapponese. Mikuzo significa "figlio dell'acqua", e si riferisce allo spirito di un potenziale bambino, reso agli dei; Jizo e' il nome del dio che protegge e guida tale spirito nel suo viaggio. La donna giapponese credente che, qualsiasi ne sia la ragione, ha deciso di interrompere una gravidanza, porta una bambola al tempio di Jizo, ed essa sara' curata dai sacerdoti. La decisione della donna e' vista come il rendere agli dei lo spirito di quello che sarebbe potuto svilupparsi sino a divenire suo figlio: temporaneamente, perche' al momento non c'e' possibilita' di dare affetto e attenzione e cure ad un altro membro della famiglia, senza andare a detrimento della salute della madre o della famiglia stessa. Gli dei custodiranno quello spirito e potranno rimandarlo ad incarnarsi quando i tempi saranno migliori, nella stessa famiglia, o in un'altra. Io ho fiducia nelle donne. La liberta' femminile e' l'unica risposta a tutti i quesiti, perche' la storia ha ampiamente dimostrato che quando le donne sono libere di scegliere non cresceranno piu' bambini di quelli di cui possono prendersi cura, e cio' significa che non metteranno al mondo piu' figli di quelli le cui vite il pianeta Terra puo' sostenere. Per assicurarla, questa liberta', abbiamo bisogno di misure a sostegno della salute riproduttiva, di contraccezione accessibile e, non guasterebbe, di un briciolo di rispetto. 6. MICHELE BOATO, MARIA G. DI RIENZO, MAO VALPIANA: CRISI POLITICA. COSA POSSIAMO FARE COME DONNE E UOMINI ECOLOGISTI E AMICI DELLA NONVIOLENZA? DISCUTIAMONE IL 2 MARZO A BOLOGNA [Riproponiamo il seguente appello gia' piu' volte apparso nel nostro notiziario] Nessuno, o quasi, si aspettava cosi' presto la caduta del governo Prodi e le elezioni politiche fissate al 13-14 aprile. Poco importa se la causa sia di Veltroni ("Il Partito Democratico, comunque, andra' alle elezioni da solo"), di Mastella, o Dini (Di Pietro, Turigliatto ecc.). A noi, che pure abbiamo votato e apprezzato per talune scelte la coalizione di Prodi, ci appare evidente che: in Afghanistan il governo di centrosinistra ha confermato, proseguito, finanziato, una missione militare che ha coinvolto il nostro paese in una vera e propria guerra, in violazione della Costituzione. A Venezia Prodi e' il padrino del Mose, assieme a Berlusconi, Galan e l'ex sindaco prodiano P. Costa. A Vicenza e' il sostenitore accanito della base Usa "Dal Molin" (con gli stessi di sopra, piu' D'Alema e Rutelli). A Viterbo il governo di centrosinistra ha sottoscritto un accordo di programma con la Regione Lazio per la costruzione di un nuovo devastante mega-aeroporto per voli low cost. In Campania il centrosinistra e' la banda degli inceneritori; cosi' a Brescia, Modena, in Toscana ecc. E su questi, come su troppi altri esempi (la Tav di Mercedes Bresso, Di Pietro e Chiamparino, il Ponte di Messina del solito Di Pietro e P. Costa, i rigassificatori di Bersani e Realacci, gli Ogm e il nucleare di Veronesi, Bersani, Letta ecc.), va a braccetto col peggior centrodestra. Non si capisce piu' niente: "Cos'e' la destra, cos'e' la sinistra?" cantava Gaber e nessuno sa piu' rispondergli. * A luglio 2007 abbiamo aperto un dibattito su "Come contare di piu' nelle scelte politiche locali e nazionali, come ecologisti". Dopo una cinquantina di interventi telematici, ci siamo incontrati il 6 ottobre a Firenze, eravamo una quarantina di persone, con alle spalle molte esperienze positive, ma anche pesanti delusioni. Emergeva: 1. la necessita' di una svolta che renda piu' efficace l'ecologismo, a partire da una rete che rafforzi le moltissime, spesso sconosciute, esperienze locali; 2. l'estrema difficolta' a creare, in tempi brevi, qualcosa di piu' solido negli obiettivi, nei metodi, nell'organizzazione; 3. pero', forse, una possibilita' di costruire un "programma comune" (alcuni di noi si sono presi l'incarico di farne girare dei spezzoni, una bozza) e un metodo condiviso per non ricadere nei meccanismi dei partiti/carriere/verticismi ecc. (una prima proposta l'ha fatta girare Lino Balza, finora senza "ritorni", ne' positivi ne' critici); 4. l'idea di avere un confronto diretto sia con gli "amici di Grillo" che con i proponenti la "Lista civica nazionale" (ma questi incontri non si sono piu' fatti); 5. comunque contribuire alla nascita, crescita, miglioramento di liste civiche (anche) ecologiste nelle citta' dove quest'anno si andra' alle elezioni amministrative. Sappiamo che sta succedendo in molte citta', ma le notizie faticano a circolare. * Nel frattempo, nell'area nonviolenta e pacifista (Movimento Nonviolento, Tavola della Pace) prosegue la riflessione sul tema "nonviolenza e politica", mentre il giornale quotidiano telematico "Notizie minime della nonviolenza in cammino" sostiene la necessita' che alle prossime elezioni politiche vi sia una presenza di "liste elettorali della sinistra della nonviolenza". * Ora ci sono le nuove elezioni, che si svolgeranno con una legge elettorale pessima e una campagna peggiore: in molti ci chiediamo cosa possiamo/dobbiamo fare. La sensazione che finora abbiamo e' di una situazione compromessa e non recuperabile nell'immediato, da un punto di vista di un serio movimento ecologista e nonviolento, che voglia avere una sponda (se non addirittura un'espressione) altrettanto seria in Parlamento. Bisogna verificare le reali forze che abbiamo, e se non possiamo farlo subito, almeno avviare un serio lavoro a partire dalle realta' locali (comuni, province, regioni) per costruire in prospettiva un movimento politico nazionale indipendente, autonomo, che cammini da solo sulle gambe della nonviolenza, dell'ecologia e del femminismo (l'assenza di rispetto e di riconoscimento di valore e' il terreno su cui la violenza e l'esclusione crescono). Ma, per non stare a lamentarsi/piangere/imprecare/diventare individualisti-qualunquisti, forse e' il caso di riaprire con urgenza la discussione interrotta ad ottobre, e coinvolgere altre realta' del piu' vasto movimento per la nonviolenza e l'ecologia, sia rispondendo a questa mail, sia incontrandoci a Bologna domenica 2 marzo (nella sala sindacale dei ferrovieri, appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub), per verificare se possiamo stringere i tempi della rete, fare proposte di un qualche peso (anche) sul piano nazionale, o altro che qualcuno puo' suggerire a stretto giro di mail. A presto, Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana * Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it * Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org 7. IL 2 MARZO A BOLOGNA L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub). Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere eventuali decisioni. Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi, metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio. * Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi a: nbawac at tin.it 8. ET COETERA Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81. * Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri). * Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 152 del 27 febbraio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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