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Minime. 376
- Subject: Minime. 376
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 25 Feb 2008 00:46:27 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 376 del 25 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Olga Sarperi: Dormi? 2. Il 2 marzo a Bologna 3. Linda Chiaramonte intervista Shirin Ebadi 4. Sulla tragedia delle vittime dell'uranio impoverito il parlamento ha perso altri due anni 5. Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito: Relazione conclusiva (parte prima) 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OLGA SARPERI: DORMI? [Ringraziamo Olga Sarperi (per contatti: letreghinee at mail.office.it) per questo intervento. Olga Sarperi e' impegnata in esperienze culturali ed associative delle donne ed e' tra le promotrici dei comitati "Le tre ghinee"] "Dormi?". Nessuna risposta. "Ripensavo a qualcosa che ho letto tempo fa". "Ah". "Si raccontava di una scuola dove non si insegna l'arte di dominare sugli altri; non l'arte di uccidere o di accumulare terre e capitali. Queste arti richiedono spese generali troppo alte: stipendi, uniformi, cerimonie. Vi si insegnano piuttosto le arti che richiedono poca spesa: la medicina, la matematica, la musica, la pittura, la letteratura. E l'arte dei rapporti umani, l'arte di comprendere la vita e la mente degli altri. E gli insegnanti sono scelti tra coloro che sono bravi a vivere oltre che a pensare". Silenzio. Mi sono alzata e ho telefonato ad alcune amiche. Abbiamo fondato i comitati "Le tre ghinee" per sostenere l'elezione di donne e uomini che ci rappresentino. Aderiamo all'appello per il sostegno a liste femministe, nonviolente, ecologiste, libertarie. 2. INCONTRI. IL 2 MARZO A BOLOGNA L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub). Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere eventuali decisioni. Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi, metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio. * Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi a: nbawac at tin.it 3. RIFLESSIONE. LINDA CHIARAMONTE INTERVISTA SHIRIN EBADI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 febbraio 2008, col titolo: "Intervista 'I diritti umani non si scaricano dall'alto come bombe a grappolo'. La lunga marcia delle iraniane", e il sommario "Non si puo' governare in nome della religione. L'avvocata iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, parla della battaglia delle donne del suo paese per la liberta'". Linda Chiaramonte, girnalista, scrive sul quotidiano "Il manifesto" e su altre testate. Shirin Ebadi, giurista iraniana, gia' magistrata, impegnata nella difesa dei diritti umani, premio Nobel per la pace nel 2003. Riportiamo di seguito alcun stralci da un articolo di Sara Sesti gia' riprodotto su questo foglio: "Il 9 ottobre 2003 e' stato assegnato ad Oslo il Nobel per la pace all'iraniana Shirin Ebadi, 56 anni, avvocata, madre di due figlie. Il premio le e' stato conferito "per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Si e' concentrata specialmente sulla battaglia per i diritti delle donne e dei bambini". Ebadi e' l'undicesima donna a vincere il Nobel per la pace, da quando il riconoscimento e' stato istituito nel 1903, ed e' la prima musulmana. Shirin Ebadi, nata nel 1947, e' stata la prima donna nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge nel 1969 all'Universita' di Teheran, e' stata nominata presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 e' stata costretta a dimettersi per le leggi che limitarono autonomia e diritti civili delle donne iraniane. Con l'avvento di Khomeini al potere infatti venne decretato che le donne sono troppo emotive per poter amministrare la giustizia. Avvocato, ha difeso le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999. E' stata tra i fondatori dell'Associazione per la protezione dei diritti dei bambini in Iran, di cui e' ancora una dirigente. Nel 1997 ha avuto un ruolo chiave nell'elezione del presidente riformista Khatami. E' stata avvocato di parte civile nel processo ad alcuni agenti dei servizi segreti, poi condannati per aver ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush Forouhar e sua moglie. Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione vicina ai Verdi tedeschi, che provoco' grande clamore e la pronta reazione dei poteri conservatori a Teheran, che arrestarono diversi dei partecipanti al loro ritorno in Iran. Perseguitata a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 e' stata sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale che secondo l'accusa 'disturbava l'opinione pubblica'. Arrestata, ha subito 22 giorni di carcere. Il Comitato del Nobel e' lieto di premiare 'una donna che fa parte del mondo musulmano', si legge nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi 'non veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali'. 'Per lei e' importante che il dialogo fra culture e religioni differenti del mondo possa partire da valori condivisi', prosegue il comitato, la cui scelta appare particolarmente mirata in un contesto storico di tensioni fra Islam e Occidente. 'La sua arena principale e' la battaglia per i diritti umani fondamentali, e nessuna societa' merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati' prosegue la nota. 'E' un piacere per il comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio per la pace a una donna che e' parte del mondo musulmano, e di cui questo mondo puo' essere fiero, insieme con tutti coloro che combattono per i diritti umani, dovunque vivano'". Su Shirin Ebadi cfr. anche i profili scritti da Giuliana Sgrena e Marina Forti apparsi nei nn. 701 e 756 di questo foglio. Dal "Corriere della sera" riprendiamo anche la seguente scheda: "Shirin Ebadi, 59 anni, sposata con due figlie, e' diventata giudice nel 1970. Dopo la rivoluzione islamica del '79 ha perso il posto. Nel '93 ha avuto l'autorizzazione per svolgere l'attivita' di avvocato. Prima personalita' iraniana a ricevere il Nobel per la pace (nel 2003). Ebadi difende gratis dissidenti e donne vessate dalla legislazione iraniana. Ora le autorita' le hanno intimato di sospendere le attivita': 'Possono arrestarmi in ogni momento'". Opere di Shirin Ebadi: Il mio Iran, Sperling & Kupfer, Milano 2006] L'avvocata iraniana Shirin Ebadi, prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace (nel 2003), si batte da piu' di trent'anni in Iran per la difesa delle liberta' pubbliche e dei diritti civili, in particolare delle donne e dei bambini, insieme a un gruppo di avvocati e giuristi che si e' spesso trovato in prima linea nella battaglia per la democrazia. Giorni fa Ebadi era a Bologna, ospite di un convegno internazionale sul tema della liberta'. L'avvocata iraniana, che ha ripetuto piu' volte di credere nella separazione fra Stato e religione, ha affrontato la questione del rapporto fra mondo islamico e diritti umani. L'Islam, ha detto, "e' spesso usato come scudo, una scusa dietro cui nascondersi per discriminare. Spesso si tollera un'interpretazione errata della religione, un abuso incompatibile con la democrazia. Per impedirlo bisognerebbe illuminare gli abusi con la conoscenza, renderli trasparenti come vetri per far vedere al mondo le idee che si nascondono dietro. Il Corano e' stato rivelato quindici secoli fa, l'intelletto e la conoscenza dei nostri tempi non sono quelli di allora. E' impossibile governare il mondo in base alle religioni: bisogna governare sulle regole comuni. Come i governi islamici non devono abusare in nome dell'Islam, i paesi occidentali non devono farlo in nome della democrazia e dei diritti umani, ad esempio invadendo un paese. La democrazia non e' un dono da regalare ne' una merce da esportazione, e i diritti umani non si scaricano dall'alto come bombe a grappolo. Lasciamo che democrazia e diritti umani siano concetti sacri, e lasciamoli ai popoli, non permettiamo a potenti e prepotenti di abusarne". Di recente Ebadi si e' unita alle intellettuali e femministe del suo paese protagoniste di una campagna ambiziosa: raccogliere un milione di firme per cambiare le leggi che discriminano le donne nella societa', in politica, in famiglia. L'iniziativa e' cominciata nell'estate del 2006 e ha dato vita a un ampio movimento. * - Linda Chiaramonte: Signora Ebadi, a che punto e' la raccolta di firme contro la discriminazione delle donne? - Shirin Ebadi: Va molto bene, anche se lo Stato cerca di bloccare il movimento. Piu' di 50 attiviste che raccoglievano firme sono state denunciate: l'accusa e' "azione contro la sicurezza nazionale". Quando le ho difese in tribunale ho detto che se una donna non accetta che il marito sposi un'altra, questo non rappresenta certo un pericolo per la nazione, lo stesso vale per le donne che rivendicano pari diritti dei fratelli. Ma il tribunale e' sordo a queste considerazioni. Una mia assistita e' stata condannata a due anni di carcere, il suo unico reato e' rifiutare la bigamia. Nonostante queste difficolta' le donne sono sempre piu' convinte nell'andare avanti, resistono, credono in quello che stanno facendo. * - Linda Chiaramonte: Che forme ha preso il movimento? - Shirin Ebadi: Il movimento per rivendicare pari diritti per le donne non si e' mai fermato in Iran. Le iraniane sono molto istruite, piu' del 65% degli studenti universitari sono donne. Le firme si raccolgono sul sito (www.we-change.org), chiuso e reso inaccessibile dal governo per ben otto volte, che noi abbiamo sempre riaperto, e si raccolgono anche porta a porta. In questo caso a farlo sono soprattutto studenti. * - Linda Chiaramonte: Crede che raggiungerete l'obiettivo del milione di firme? - Shirin Ebadi: Non vogliamo diffondere il numero di firme raccolte finche' non raggiungeremo l'obiettivo del milione, ma non manca molto. Il nostro obiettivo e' insegnare i diritti delle donne, per questo organizziamo corsi di formazione sulla legislazione. Abbiamo gia' formato circa 150 persone che a loro volta ne formeranno altre. L'aspetto significativo della campagna e' che i diritti delle donne sono diventati un argomento sociale. Quando l'opinione pubblica parla dell'Iran si concentra sulla mancanza di democrazia, sulla tortura, sull'atomica, ma si dimentica sempre dei diritti negati alle donne. Spesso si crede che i concetti di democrazia e liberta' siano creati per gli uomini, poi se qualcosa avanza il resto puo' passare alle donne. Con questa campagna volevamo focalizzare l'attenzione sulla disparita' dei diritti. Un altro aspetto importante di questa campagna e' che parte del movimento degli studenti sia confluito in quello delle donne. Abbiamo anche creato un "comitato delle madri" che segue in tribunale gli studenti condannati al carcere. Il comitato e' un ponte fra il movimento delle donne e quello studentesco. Sono molti gli uomini a lavorare per la campagna. In questa battaglia abbiamo il loro appoggio perche' sono consapevoli che la vittoria delle donne sara' un passaggio verso la democrazia. * - Linda Chiaramonte: Che significato assume nel suo paese il concetto di liberta'? - Shirin Ebadi: Purtroppo in Iran la liberta' e' molto limitata. In politica l'idoneita' di un candidato deve essere vagliata e avallata dal Consiglio dei Guardiani. La gente puo' votare solo fra le persone prescelte. Per pubblicare un libro dobbiamo avere il permesso del governo, lo stesso vale per le sceneggiature dei film e per il teatro. * - Linda Chiaramonte: Il prossimo 14 marzo in Iran ci saranno le elezioni legislative, cosa pensa delle migliaia di candidature moderate respinte? - Shirin Ebadi: Molte sono state bocciate adducendo motivi burocratici, le pratiche non rispettavano le condizioni. E' il Consiglio dei Guardiani a decidere se la pratica e' idonea, e purtroppo chiunque abbia una minima critica viene rifiutato. Con queste premesse il Parlamento andra' di nuovo nelle mani dei fondamentalisti. * - Linda Chiaramonte: Cosa pensa della politica sul nucleare del presidente Ahmadinejad? Teme ritorsioni da parte degli Usa? - Shirin Ebadi: Bisognerebbe chiedere al presidente se se la sente di mettere in pericolo il paese. Bush ha detto piu' volte che non scarta nessuna soluzione, neanche quella dell'intervento militare. Il mondo non si fida del governo iraniano. Perche' il mondo si possa fidare dell'Iran, occorre che il governo sospenda temporaneamente l'arricchimento dell'uranio e accetti la democrazia. * Incontrando il sindaco Cofferati la Ebadi ha proposto, a nome delle donne premio Nobel, di istituire un luogo che ricordi "la vittima ignota" della guerra: in memoria delle tante vittime civili delle guerre, per lo piu' donne, che non hanno nessun riconoscimento. 4. RIFLESSIONE. SULLA TRAGEDIA DELLE VITTIME DELL'URANIO IMPOVERITO IL PARLAMENTO HA PERSO ALTRI DUE ANNI Riportiamo di seguito il testo della relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito della legislatura che va concludendosi. Lo riportiamo senza altri commenti che questo: si e' ancora ben lungi dall'assunzione di responsabilita' necessaria ed urgente da parte delle istituzioni democratiche. Si e' ancora ben lungi da un aiuto adeguato alle vittime e ai loro familiari. Si e' ancora ben lungi da quell'impegno di smilitarizzazione e disarmo che l'umanita' intera invoca di fronte a tanti orrori, a tanto dolore, a tante vittime. Il parlamento ha perso altri due anni. Frattanto esseri umani si ammalano e muoiono. La guerra e' nemica dell'umanita'. Le armi sono nemiche dell'umanita'. Quando coloro che siedono nelle istituzioni democratiche capiranno che il loro compito e' salvare le vite, invece di distruggerle e lasciarle distruggere? 5. DOCUMENTI. COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULL'URANIO IMPOVERITO: RELAZIONE CONCLUSIVA (PARTE PRIMA) [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il testo della relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito] Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonche' le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, istituita con deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006. * Schema di relazione al Presidente del Senato ai sensi dell'articolo 2 della deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006 sulle risultanze dell'inchiesta svolta dalla Commissione (8 febbraio 2008). Composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonche' le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico (Deliberazione 11 ottobre 2006): Presidente; sen. Lidia Brisca menapace, RC-SE; Vicepresidenti: sen. Mauro Bulgarelli, IV-Verdi-Com; sen. Rosario Giorgio Costa, FI; Segretari: Paolo Bodini, PD-Ulivo; sen. Marcello De Angelis, AN; Membri: sen. Paolo Amato, FI; sen. Roberto Antonione, FI; sen. Felice Casson, PD-Ulivo; sen. Sergio Divina, LNP; sen. Francesco Ferrante, PD-Ulivo; sen. Antonio Lorusso, FI; sen. Calogero Mannino, UDC; sen. Giulio Marini, FI; sen. Stefano Morselli, Misto, La Destra; sen. Gianni Nieddu, PD-Ulivo; sen. Silvana Pisa, SDSE; sen. Franca Rame, Misto; sen. Luigi Ramponi, AN; sen. Giorgio Tonini, Aut; sen. Tiziana Valpiana, RC-SE; sen. Valerio Zanone, PD-Ulivo. * Relazione al Presidente del Senato ai sensi dell'articolo 2 della deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006 sulle risultanze delle indagini svolte dalla Commissione 1. Introduzione 1.1 L'istituzione e l'insediamento della Commissione di inchiesta 1.2 L'attivita' svolta 2. I risultati dell'inchiesta 3. Il principio di probabilita' 4. Conclusioni e proposte 5. Note * 1. Introduzione 1.1 L'istituzione e l'insediamento della Commissione di inchiesta Con la deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006 (i), e' stata istituita la "Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonche' le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico", chiamata spesso per brevita' "Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito". Ai sensi dell'articolo 3 della delibera istitutiva, la Commissione e' composta da ventuno senatori, nominati dal Presidente del Senato della Repubblica in proporzione al numero dei componenti i Gruppi parlamentari. Il Presidente del Senato, in data 18 novembre 2006, ha chiamato a far parte della Commissione i senatori: Paolo Amato, Roberto Antonione, Paolo Bodini, Lidia Brisca Menapace, Mauro Bulgarelli, Felice Casson, Rosario Giorgio Costa, Marcello De Angelis, Sergio Divina, Francesco Ferrante, Antonio Lorusso, Calogero Mannino, Giulio Marini, Stefano Morselli, Gianni Nieddu, Silvana Pisa, Franca Rame, Luigi Ramponi, Giorgio Tonini, Tiziana Valpiana, Valerio Zanone (ii). Il 6 febbraio 2007, il Presidente del Senato ha poi nominato Presidente della Commissione la senatrice Lidia Brisca Menapace (iii). La Commissione si e' quindi insediata nella seduta del 13 febbraio 2007 con la costituzione dell'Ufficio di Presidenza, ed ha successivamente proceduto, nella seduta del 6 marzo 2007, all'approvazione del regolamento interno. Esperiti tali adempimenti, la Commissione ha quindi iniziato la sua inchiesta. * 1.2 L'attivita' svolta La Commissione ha effettuato complessivamente tredici sedute in sede plenaria, venti riunioni dell'Ufficio di Presidenza, allargato ai rappresentanti dei Gruppi parlamentari, una missione in provincia di Lecce, nonche', per il tramite dei propri consulenti (iv), due sopralluoghi in Sardegna ed uno in Libano (v). * 2. I risultati dell'inchiesta Come gia' ricordato, rispetto alla data di approvazione della delibera istitutiva (11 ottobre 2006), la Commissione ha iniziato la sua attivita' effettiva con notevole ritardo, essendosi insediata solo il 13 febbraio 2007. Per ragioni di continuita', essa ha ritenuto di acquisire i dati raccolti e le conclusioni raggiunte, ancorche' in modo necessariamente parziale e provvisorio, dalle omologhe Commissioni parlamentari e ministeriali che hanno operato nella passata legislatura (vi). Tale scelta e' stata anche giustificata dal notevole ampliamento del mandato assegnatole. Se infatti in precedenza scopo precipuo dell'inchiesta era quello di verificare l'eventuale utilizzo in Italia o all'estero da parte delle Forze armate italiane di munizionamento all'uranio impoverito (vii) ovvero la loro esposizione agli effetti di tale materiale nei teatri operativi delle missioni internazionali, nella legislatura in corso, proprio sulla base della deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006 e dell'esperienza acquisita, l'inchiesta ha preso in considerazione, oltre all'uranio impoverito, altri possibili fattori di rischio che potrebbero aver innescato le patologie considerate, in modo particolare (ma non esclusivo) gli effetti della dispersione ambientale delle cosiddette "nanoparticelle" (viii) di metalli pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico che, sulla base delle risultanze scientifiche, per la loro forma e dimensione, sono anch'esse riconducibili all'esplosione di ordigni all'uranio impoverito. Inoltre, mentre l'attenzione delle precedenti inchieste si era appuntata sul personale militare, quella attuale ha allargato il suo spettro di azione anche alle popolazioni civili residenti "nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale". Uno dei primi problemi affrontati ha riguardato la difficolta' di disporre di dati completi e attendibili sui casi delle patologie oggetto dell'inchiesta, sia in riferimento al personale militare che alle popolazioni civili interessate. Anche il lavoro di questa Commissione e' stato rallentato dalla disomogeneita' e parzialita' dei dati esistenti, che nonostante le continue indagini in merito, non hanno consentito un monitoraggio costante del fenomeno. La verifica e la stima del fenomeno e' infatti risultata tutt'altro che agevole, come hanno dimostrato qualificati esperti e scienziati che sono stati interpellati al riguardo (ix) e che hanno da tempo avviato una serie di studi, al momento ancora tuttavia parziali ed incompleti (x). Occorre poi sottolineare la grande difficolta', riscontrata dalla Commissione - e che sembrava insormontabile -, in ordine alla individuazione, in termini scientifici, di un rapporto diretto di causa-effetto (nesso di causalita') tra le patologie e l'esposizione all'uranio impoverito o ad altri fattori di rischio. Sia i consulenti della Commissione che gli altri esperti interpellati, infatti, hanno subito messo in luce la necessita' di disporre di dati piu' completi ed accurati, oltre che di tempi adeguati per poter ipotizzare conclusioni attendibili e non contestabili. La Commissione ha allora promosso un'attivita' sistematica di raccolta dei dati presso i competenti uffici del Ministero della difesa, mediante la formulazione di quesiti volti ad individuare il personale militare ammalato o deceduto tra quello che, nel periodo 1996-2006, ha prestato servizio nelle missioni all'estero o nei poligoni di tiro in Italia. Le relative risposte sono state acquisite per il tramite della Polizia giudiziaria presso tutti i Distretti e i Centri sanitari militari e trasmessi, per le necessarie valutazioni, all'Istituto superiore di sanita'. Da una prima valutazione dell'Istituto, il materiale raccolto si e' rivelato interessante ma, ancora una volta, si e' fatto presente che lo stesso aveva natura eterogenea e incompleta e che, comunque, un'analisi seria e scientificamente rigorosa avrebbe richiesto tempi piuttosto lunghi. Parallelamente, il Ministro della difesa ha avviato un piu' generale processo di raccolta, aggiornamento e verifica dei dati, i cui risultati sono stati comunicati nel corso delle sedute del 9 ottobre e del 6 dicembre 2007. In particolare, il ministro Parisi ha fornito un elenco, riguardante tutto il personale militare italiano che risulta essersi ammalato di tumore maligno nel periodo 1996-2006 nei quattro teatri operativi principali presi in considerazione ai fini dell'inchiesta (Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano): si tratta di 312 casi, con esito mortale per 77 soggetti. Tali risultanze sono da considerarsi approssimate per difetto, a causa delle suddette lacunosita' delle informazioni raccolte, sia per quanto riguarda il personale militare sia per quello civile. Il Ministro ha anche precisato che non e' ancora possibile stabilire una base completa di riscontro: per quanto riguarda i militari inviati all'estero, infatti, solo per l'ultimo quinquennio 2002-2006 esiste una raccolta informatizzata da cui si evince il numero preciso di coloro che hanno partecipato a missioni nei quattro teatri considerati, ossia 56.600. Atteso che, in riferimento a questa platea, il numero dei militari che risultano ammalati di tumore nello stesso quinquennio e' pari a 216, l'incidenza, calcolata nell'arco temporale degli undici anni che vanno dal 1996 al 2006, corrisponde a 380 casi ogni 100.000 persone. Peraltro, come riconosciuto dallo stesso ministro Parisi davanti alla Commissione, trattandosi di dati del tutto parziali e considerato che per poter fornire serie indicazioni statistiche epidemiologicamente significative sarebbe necessario sottoporre anche ad una valutazione comparativa per fasce di eta', per tipi di tumore e per periodi di esposizione reali e corrispondenti all'impiego in zone a rischio, va ribadito che si tratta di stime approssimative per difetto. Del resto, per apprezzare compiutamente il complessivo fenomeno appare necessario il decorso di un adeguato periodo di latenza e occorrerebbe altresi' prendere in esame i casi dei militari italiani inviati all'estero in scenari di guerra in periodi precedenti il 1996 (quanto meno dal 1990). Proprio per queste ragioni, il 23 novembre 2007 e' stato costituito un apposito organismo di ricerca, denominato "Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della difesa", composto da ricercatori di riconosciuta competenza scientifica prescelti, oltre che dal Ministero della Difesa, da quelli della salute e della ricerca, anche su indicazione della stessa Commissione. E' quindi auspicabile che la creazione di questo organismo ad hoc possa consentire finalmente di addivenire ad una piu' completa conoscenza del fenomeno e, di conseguenza, a piu' precise valutazioni (xi). * 3. Il criterio di probabilita' Stando cosi' le cose, la Commissione ha operato un mutamento di prospettiva nell'impostazione del problema, invertendo, per cosi' dire, l'onere della prova. Atteso infatti che le ricerche e i dati disponibili non consentivano di confermare, ma neanche di escludere, un possibile legame tra le patologie oggetto dell'inchiesta e l'esposizione all'uranio impoverito o ad altri agenti nocivi, la Commissione ha sostituito al criterio del nesso di causalita', quello del criterio di probabilita', utilizzando criteri statistico-probabilistici nella valutazione delle possibili cause delle patologie e sganciando, in un certo senso, l'effetto dalla causa. Non potendosi affermare - ma neppure escludere - la relazione tra l'evento morboso e la causa scatenante, il fatto stesso che l'evento si sia verificato costituisce di per se', a prescindere cioe' dalla dimostrazione del nesso diretto, motivo sufficiente per il ricorso agli strumenti risarcitori. In tal modo e' consentito l'accesso alle forme di assistenza e risarcimento previste dalle disposizioni vigenti (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in base ad un dato obiettivo ed inconfutabile, rappresentato, appunto, dal verificarsi dell'evento morboso a prescindere dall'accertamento scientifico e medico della causa scatenante. L'impostazione proposta dalla Commissione ha trovato accoglimento anche in sede normativa, con appositi stanziamenti a favore delle vittime e dei loro familiari, nel testo del decreto legge primo ottobre 2007, n. 159 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222), che, estendendo i benefici previsti per le vittime del terrorismo, ha stanziato 175,72 milioni di euro per il biennio 2007-2008 e 3,2 milioni a decorrere dal 2009, ai quali si aggiungono i 30 milioni di euro per il triennio 2008-2010, previsti specificamente per le patologie oggetto dell'inchiesta, nella legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244). Si e' cercato cosi' di fornire una prima, doverosa risposta alle vittime delle patologie e alle loro famiglie, che hanno spesso denunciato la difficolta' di accedere agli istituti assistenziali e risarcitori indispensabili per far fronte alle drammatiche conseguenze della malattia, sentendosi quasi abbandonate dalle istituzioni. Al riguardo, inoltre, si segnala che, oltre alle difficolta' burocratiche incontrate dagli aventi diritto ai risarcimenti, vi sono stanziamenti approvati dalle leggi finanziarie 2007 e 2008 che restano tuttora inutilizzati. In tal senso, la Commissione ha anche fatto presente la necessita' di semplificare le relative procedure amministrative, ottenendo al riguardo un preciso impegno da parte del Ministero della difesa, che si e' concretizzato in prima istanza mediante l'emanazione di un'apposita circolare (la n. 0010654 del primo giugno 2007) da parte della competente Direzione generale della Sanita' militare. Lo stesso Ministro, nella ricordata audizione del 6 dicembre 2007, ha confermato che sono state avviate le pratiche per i risarcimenti e, ove possibile, per il riconoscimento della causa di servizio ai soggetti interessati, con priorita' per quelli ricompresi nell'elenco elaborato dal Ministero. Inoltre, pur non rientrando nei compiti ad essa assegnati dalla delibera istituiva, la Commissione stessa non ha mancato di segnalare all'attenzione dei competenti Uffici singoli casi di cui sia venuta direttamente a conoscenza (in particolare in occasione del sopralluogo effettuato nel corso della missione a Lecce). D'altra parte, durante l'audizione dei consulenti e degli esperti svoltasi nella seduta del 4 ottobre 2007, e' stata chiaramente segnalata la natura genotossica dell'uranio impoverito, da un punto di vista sia chimico che radiologico, con cio' espressamente indicando che non esiste una soglia biologicamente sicura per agenti di tale natura. Va altresi' rilevato che le esposizioni in questione temporalmente precedono l'insorgenza delle patologie in esame. E va ricordato che un aumento significativo dei linfomi di Hodgkin era stato evidenziato gia' da parte della Commissione Mandelli fra i militari italiani che avevano operato nei Balcani. Si ritiene pertanto che sussistano gli elementi previsti dalle disposizioni vigenti per l'accesso alle diverse forme di assistenza e di indennizzo previste dalle disposizioni vigenti (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione). Per quanto concerne le altre tematiche dell'inchiesta, la Commissione ha intrapreso un'attivita' conoscitiva tesa ad accertare le effettive condizioni di sicurezza e di salubrita' dei poligoni di tiro in Italia, mediante una serie di sopralluoghi effettuati direttamente (presso il poligono di Torre Veneri in Puglia) ovvero per il tramite dei propri consulenti (presso i poligoni di Capo Teulada e di Salto di Quirra in Sardegna). In particolare, l'attenzione si e' concentrata sul poligono interforze di Salto di Quirra, dove le competenti autorita' civili e militari, proprio su impulso della Commissione, hanno avviato un importante programma di monitoraggio sanitario e ambientale, che dovrebbe fare chiarezza circa l'eventuale presenza in loco di agenti inquinanti o altri possibili fattori di rischio per la salute umana (xii). Dal punto di vista organizzativo, permangono inoltre ancora dubbi (gia' evidenziati nella precedente legislatura) circa l'adeguatezza delle procedure di controllo sulle attivita' svolte nei poligoni, nel caso in cui gli stessi siano affittati a ditte private, attesi i rischi (non dimostrati ma certamente non trascurabili) che alcune di tali attivita' possano dare luogo a forme di inquinamento anche pesante (ad esempio a Salto di Quirra si e' sperimentato il motore dei missili Ariane e Zefiro, destinati a lanciare satelliti nello spazio). Su tali aspetti appare quindi auspicabile un rafforzamento dei controlli all'interno delle basi, e la conseguente modifica della procedura prevista per l'affitto dei poligoni. La Commissione ha poi intrapreso una serie di controlli, per il tramite dei suoi consulenti, presso i competenti uffici militari circa il tipo di munizionamento attualmente impiegato dalle Forze armate italiane, onde accertare l'eventuale presenza di uranio impoverito. Almeno allo stato e sulla scorta di quanto si e' potuto verificare, non e' risultata traccia dell'utilizzazione in Italia di tale materiale, come peraltro e' sempre stato dichiarato dal Ministero della difesa (e come e' stato ribadito dallo stesso ministro Parisi nell'audizione del 4 ottobre 2007). Va peraltro segnalato come, alle ripetute richieste di taluni Commissari di ottenere dati certi in ordine all'uso di uranio impoverito anche da parte dei vari eserciti stranieri impegnati negli scenari di guerra e in tutti i luoghi che hanno interessato militari italiani - richieste la cui importanza e' stata ribadita come fondamentale e preliminare da parte di tutti i consulenti intervenuti alla seduta del 13 dicembre 2007 -, non sia stata fornita risposta completa e convincente. Facendo venir meno cosi' uno dei dati essenziali e primari per la valutazione dell'esposizione e quindi del rischio. Si e' inoltre ritenuto opportuno controllare l'adeguatezza delle misure precauzionali e degli equipaggiamenti di protezione individuale adottati dalle truppe italiane nei teatri operativi all'estero, anche in rapporto alle condizioni igieniche e ambientali, controlli dai quali sono stati tratti importanti spunti di riflessione. Se infatti non e' ancora certo il legame fra casi di malattie o decessi tra il personale militare, e' pero' evidente che i soldati partecipanti alle missioni internazionali si sono sempre trovati ad operare in contesti post-bellici, assai degradati dal punto di vista ambientale ed igienico-sanitario, e che, in alcuni casi e in soggetti predisposti, cio' potrebbe concorrere a determinare l'insorgere di gravi patologie, tumorali e non. Risulta quindi fondamentale che i soldati inviati in queste zone siano adeguatamente protetti, sia dal punto di vista dell'equipaggiamento individuale che delle misure generali di controllo e profilassi (xiii). Nel corso dell'inchiesta e' emersa anche l'esigenza di approfondire ulteriori tematiche legate alle possibili cause delle patologie. Pur continuando ad indagare sull'uranio impoverito, l'attenzione si e' concentrata su altri fattori di rischio, in primis la dispersione di nanoparticelle di metalli pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico o da altre combustioni (xiv). Altra problematica presa in considerazione e' quella delle vaccinazioni alle quali vengono sottoposti i militari ogni qualvolta sono in procinto di partire per una missione all'estero senza previa verifica del livello anticorpale presente. Da piu' parti (xv) e' stata infatti segnalata la necessita' di una verifica in ordine al tipo di vaccini somministrati, alla quantita', ai relativi protocolli ed al rispetto di questi, onde evitare che, in soggetti particolarmente predisposti o immunodepressi per qualsivoglia causa, possano determinarsi squilibri del sistema immunitario tali da indurre l'effetto paradosso di aumentare la vulnerabilita' da parte di agenti patogeni. Per contro, e' stata ribadita (xvi) la correttezza delle modalita' di preparazione dei vaccini e dei protocolli di somministrazione adottati dalle Forze armate italiane, oltre che, piu' in generale, delle misure di profilassi igienico-sanitaria. Pur non essendovi dunque elementi specifici per ipotizzare possibili effetti nocivi, restano pero' alcuni dubbi, che avrebbero meritato seri approfondimenti, anche alla luce dei differenti lavori scientifici presenti in letteratura sugli effetti avversi delle vaccinazioni e dell'applicazione della legge 25 febbraio 1992, n. 210, ma che il breve lasso di tempo a disposizione non ha consentito di effettuare. Per quanto riguarda le vittime delle patologie nell'ambito del personale militare, non e' ancora stato possibile individuare con assoluta precisione quanti hanno operato all'interno dei poligoni militari in Italia, mentre una nuova attenzione si e' concentrata sul personale civile delle organizzazioni non governative (Ong) che, nel corso degli anni passati, hanno prestato la loro attivita' volontaristica nei teatri di guerra e nel cui ambito sono stati pure segnalati casi anomali di malattie che dovrebbero costituire oggetto di attenta verifica. In proposito la Commissione ha avviato nel gennaio 2008 uno specifico progetto di ricerca che pero', anche in questo caso, l'imminente scadenza del mandato ha impedito di proseguire. Va comunque sottolineata l'estrema difficolta' di reperire informazioni in un settore, come quello della cooperazione internazionale, estremamente frammentato ed eterogeneo, dove manca una gestione centralizzata delle diverse iniziative e, di conseguenza, anche una registrazione ufficiale di chi, a vario titolo, vi ha preso parte. Cio' e' confermato dagli scarsi risultati ottenuti in materia dal gia' citato programma di monitoraggio svolto dal Ministeri della difesa e della salute, ai sensi della legge n. 27 del 2001: la lista del personale civile che ha operato nei Balcani e' infatti ancora in fase di costruzione e i dati finora raccolti non consentono di avanzare conclusioni. D'altra parte, anche la Commissione, nella sua breve attivita' di ricerca, ha ricevuto un numero di risposte assai scarso dalle Ong contattate, ragione per la quale la questione rimane tuttora aperta. Parimenti aperto, per l'estrema difficolta' di reperire dati adeguati e per la necessita' di investire adeguate risorse finanziarie oltre che specifiche capacita' e competenze professionali, resta il tema dell'esposizione delle popolazioni civili, non solo di quelle residenti nelle zone adiacenti alle basi militari in Italia, ma, anche e soprattutto, di quelle residenti nei teatri di conflitto all'estero (xvii). Giova infine ricordare che, a fronte di un'attivita' cosi' intensa, grazie alla collaborazione a titolo gratuito prestata dai propri consulenti, la Commissione ha speso meno di un terzo del bilancio complessivo a sua disposizione (ammontante a 100.000 euro per l'anno 2007), trattandosi essenzialmente del rimborso degli oneri sostenuti per gli incarichi svolti (spese di viaggio, vitto e alloggio, analisi ed esami specialistici non eseguiti presso laboratori pubblici). La complessita', l'ampiezza e il rilievo anche sociale delle tematiche affrontate, delle quali si e' cercato di offrire una sintetica panoramica, avrebbero richiesto un ulteriore tempo per completare i lavori della Commissione nelle varie direzioni indicate. A tal fine, e' stata presentata in Senato una proposta di proroga di un anno, sottoscritta da rappresentanti di tutte le forze politiche (Doc. XXII, n. 3-bis) e assegnata in sede deliberante alla Commissione difesa, la cui discussione, che ha avuto inizio nella seduta pomeridiana del 16 gennaio 2008, e' stata interrotta a causa dell'apertura della crisi di governo. Nel dibattito che si e' tenuto, va segnalato l'ampio consenso registrato intorno alla proposta e il generale apprezzamento espresso per il lavoro svolto nell'inchiesta, come testimoniato anche dai pareri favorevoli espressi da altre Commissioni in sede consultiva (xviii). (parte prima - segue) 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 376 del 25 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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