Minime. 375



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 375 del 24 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Gli stragisti, i complici, e la resistenza possibile. Perche'
sono necessarie le liste elettorali della sinistra della nonviolenza
2. Il punto di svolta
3. Il 2 marzo a Bologna
4. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana: Crisi politica. Cosa
possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?
Discutiamone il 2 marzo a Bologna
5. Benedetto Vecchi presenta "Il disaccordo" e "L'odio per la democrazia" di
Jacques Ranciere
6. Augusto Illuminati presenta "La condizione postcoloniale" di Sandro
Mezzadra
7. Liliana Moro presenta "Il circo capovolto" di Milena Magnani
8. Vincenzo Scalia presenta "Zingari, che strano popolo!" di Michele Mannoia
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: GLI STRAGISTI, I COMPLICI, E LA RESISTENZA
POSSIBILE. PERCHE' SONO NECESSARIE LE LISTE ELETTORALI DELLA SINISTRA DELLA
NONVIOLENZA

Votare per gli stragisti della guerra afgana, per gli stragisti persecutori
dei migranti, una persona onesta proprio non puo'.
Il dramma e' che tutti i partiti presenti in parlamento hanno votato per la
guerra, tutti hanno votato per la persecuzione dei migranti, tutti hanno
votato per il riarmo, tutti hanno votato per provvedimenti ecocidi.
E coloro che oggi presentano grotteschi appelli in forma di ridicole
suppliche ai segretari di quei partiti hanno abdicato ad ogni eventualmente
residua loro dignita', si confermano sudditi rassegnati, quando non
cortigiani corrotti, ed in ogni caso complici: complici del superpartito
della guerra e delle stragi, del razzismo e dell'ecocidio, del patriarcato e
della violenza come metodo e come sistema.
*
Vi e' un solo modo di contrastare questa catastrofe della democrazia, questa
eversione dall'alto, questa continua e crescente violazione della legalita'
costituzionale, questa deriva gangsteristica e devastatrice nel governo
della cosa pubblica: occorre presentare alle elezioni politiche liste della
sinistra della nonviolenza, ovvero liste femministe ed ecologiste,
antirazziste e antimafia, antimilitariste e antiautoritarie, socialiste e
libertarie, della solidarieta' e della responsabilita', del principio "tu
non uccidere" preso sul serio, della rivendicazione di tutti i diritti umani
per tutti gli esseri umani.
Liste della nonviolenza in cammino, liste in difesa della Costituzione nata
dalla Resistenza, liste in difesa della biosfera e della civilta'.
Le liste di chi non si arrende, le liste di chi vuole salvare le vite.
Le liste delle persone che non si sono prostituite alla violenza dei
potenti.

2. ISTRUZIONI PER L'USO. IL PUNTO DI SVOLTA

Affinche' l'assemblea del 2 marzo a Bologna possa decidere la presentazione
alle elezioni politiche di aprile di liste "ecologiste, femministe,
nonviolente", occorre che in questi sette giorni che da essa ci separano si
verifichino alcuni fatti, tecnici e politici.
a) Quelli tecnici:
- il deposito preliminare (tra il 29 febbraio e il 2 marzo) di un
contrassegno di lista presso il Ministero dell'Interno;
- contestuslmente ad esso il deposito dei nomi di due persone delegate alla
presentazione delle liste in ciascuna circoscrizione elettorale.
Ambedue questi adempimenti possono essere compiuti dalle tre persone che
hanno promosso l'appello che convoca l'incontro del 2 marzo; affinche' si
adempia il secondo occorre che circoscrizione per circoscrizione ci siano
due persone che diano una disponibilita' preliminare ad assumere il ruolo,
qualora le liste si decidesse di farle, rispettivamente di delegato
effettivo e supplente alla presentazione della lista in quella
circoscrizione.
b) Quelli politici:
- che le persone e i gruppi interessati alla proposta comunichino quanto
prima la loro disponibilita' ai promotori dell'appello che convoca
l'incontro del 2 marzo a Bologna;
- che le persone e i gruppi interessati alla proposta facciano circolare
l'appello che convoca l'incontro di Bologna, che di seguito nuovamente
riproduciamo, e promuovano ove possibile incontri locali di discussione
della proposta.
*
In assenza di questi prerequisiti l'assemblea del 2 marzo a Bologna potra'
sicuramente valutare ed eventualmente deliberare molte altre opzioni, ma
sicuramente non potra' decidere la presentazione delle liste "ecologiste,
femministe, nonviolente" alle elezioni politiche, poiche' senza il
preliminare deposito del simbolo le liste non possono essere presentate; e
senza aver gia' un congruo numero di persone disposte a candidarsi almeno in
alcune circoscrizioni non sarebbe possibile nella settimana che resterebbe
prima della presentazione delle liste riuscire a raccogliere le accettazioni
di candidatura e conseguentemente le firme dei presentatori che la legge
richiede alle liste che non dispongono gia' di una rappresentanza in
Parlamento (firme che sono nell'ordine di grandezza di un migliaio o due per
ogni circoscrizione).
*
Se ne evince che questa settimana e' quella decisiva.
E dunque: chi volesse dare una mano alla prospettiva della presentazione
delle liste "ecologiste, femministe, nonviolente" alle elezioni politiche e'
in questa settimana che puo' farlo, dopo potrebbe essere troppo tardi.

3. INCONTRI. IL 2 MARZO A BOLOGNA

L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti
e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste
femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si
svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala
sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della
Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette,
dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei
carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub).
Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme
all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se
lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere
eventuali decisioni.
Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi,
metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una
cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio.
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org
Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi
a: nbawac at tin.it

4. APPELLI. MICHELE BOATO, MARIA G. DI RIENZO, MAO VALPIANA: CRISI POLITICA.
COSA POSSIAMO FARE COME DONNE E UOMINI ECOLOGISTI E AMICI DELLA NONVIOLENZA?
DISCUTIAMONE IL 2 MARZO A BOLOGNA
[Riproponiamo il seguente appello.
Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la
nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da
sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di
numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica
rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander
Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera
e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel
1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare
importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne
nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre,
contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna
"Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. E' una
delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che
ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un
costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e
valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha
curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro;
cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario
Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una
catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam
tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco
Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli);
In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con
Giovanna Ricoveri).
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e'
nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007]

Nessuno, o quasi, si aspettava cosi' presto la caduta del governo Prodi e le
elezioni politiche fissate al 13-14 aprile. Poco importa se la causa sia di
Veltroni ("Il Partito Democratico, comunque, andra' alle elezioni da solo"),
di Mastella, o Dini (Di Pietro, Turigliatto ecc.).
A noi, che pure abbiamo votato e apprezzato per talune scelte la coalizione
di Prodi, ci appare evidente che:
in Afghanistan il governo di centrosinistra ha confermato, proseguito,
finanziato, una missione militare che ha coinvolto il nostro paese in una
vera e propria guerra, in violazione della Costituzione.
A Venezia Prodi e' il padrino del Mose, assieme a Berlusconi, Galan e l'ex
sindaco prodiano P. Costa.
A Vicenza e' il sostenitore accanito della base Usa "Dal Molin" (con gli
stessi di sopra, piu' D'Alema e Rutelli).
A Viterbo il governo di centrosinistra ha sottoscritto un accordo di
programma con la Regione Lazio per la costruzione di un nuovo devastante
mega-aeroporto per voli low cost.
In Campania il centrosinistra e' la banda degli inceneritori; cosi' a
Brescia, Modena, in Toscana ecc.
E su questi, come su troppi altri esempi (la Tav di Mercedes Bresso, Di
Pietro e Chiamparino, il Ponte di Messina del solito Di Pietro e P. Costa, i
rigassificatori di Bersani e Realacci, gli Ogm e il nucleare di Veronesi,
Bersani, Letta ecc.), va a braccetto col peggior centrodestra.
Non si capisce piu' niente: "Cos'e' la destra, cos'e' la sinistra?" cantava
Gaber e nessuno sa piu' rispondergli.
*
A luglio 2007 abbiamo aperto un dibattito su "Come contare di piu' nelle
scelte politiche locali e nazionali, come ecologisti". Dopo una cinquantina
di interventi telematici, ci siamo incontrati il 6 ottobre a Firenze,
eravamo una quarantina di persone, con alle spalle molte esperienze
positive, ma anche pesanti delusioni.
Emergeva:
1. la necessita' di una svolta che renda piu' efficace l'ecologismo, a
partire da una rete che rafforzi le moltissime, spesso sconosciute,
esperienze locali;
2. l'estrema difficolta' a creare, in tempi brevi, qualcosa di piu' solido
negli obiettivi, nei metodi, nell'organizzazione;
3. pero', forse, una possibilita' di costruire un "programma comune" (alcuni
di noi si sono presi l'incarico di farne girare dei spezzoni, una bozza) e
un metodo condiviso per non ricadere nei meccanismi dei
partiti/carriere/verticismi ecc. (una prima proposta l'ha fatta girare Lino
Balza, finora senza "ritorni", ne' positivi ne' critici);
4. l'idea di avere un confronto diretto sia con gli "amici di Grillo" che
con i proponenti la "Lista civica nazionale" (ma questi incontri non si sono
piu' fatti);
5. comunque contribuire alla nascita, crescita, miglioramento di liste
civiche (anche) ecologiste nelle citta' dove quest'anno si andra' alle
elezioni amministrative. Sappiamo che sta succedendo in molte citta', ma le
notizie faticano a circolare.
*
Nel frattempo, nell'area nonviolenta e pacifista (Movimento Nonviolento,
Tavola della Pace) prosegue la riflessione sul tema "nonviolenza e
politica", mentre il giornale quotidiano telematico "Notizie minime della
nonviolenza in cammino" sostiene la necessita' che alle prossime elezioni
politiche vi sia una presenza di "liste elettorali della sinistra della
nonviolenza".
*
Ora ci sono le nuove elezioni, che si svolgeranno con una legge elettorale
pessima e una campagna peggiore: in molti ci chiediamo cosa
possiamo/dobbiamo fare.
La sensazione che finora abbiamo e' di una situazione compromessa e non
recuperabile nell'immediato, da un punto di vista di un serio movimento
ecologista e nonviolento, che voglia avere una sponda (se non addirittura
un'espressione) altrettanto seria in Parlamento. Bisogna verificare le reali
forze che abbiamo, e se non possiamo farlo subito, almeno avviare un serio
lavoro a partire dalle realta' locali (comuni, province, regioni) per
costruire in prospettiva un movimento politico nazionale indipendente,
autonomo, che cammini da solo sulle gambe della  nonviolenza, dell'ecologia
e del femminismo (l'assenza di rispetto e di  riconoscimento di valore e' il
terreno su cui la violenza e l'esclusione crescono).
Ma, per non stare a lamentarsi/piangere/imprecare/diventare
individualisti-qualunquisti, forse e' il caso di riaprire con urgenza la
discussione interrotta ad ottobre, e coinvolgere altre realta' del piu'
vasto movimento per la nonviolenza e l'ecologia, sia rispondendo a questa
mail, sia incontrandoci a Bologna domenica 2 marzo (nella sala sindacale dei
ferrovieri, appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato
piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e'
un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri:
poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub), per verificare
se possiamo stringere i tempi della rete, fare proposte di un qualche peso
(anche) sul piano nazionale, o altro che qualcuno puo' suggerire a stretto
giro di mail.
A presto,
Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
*
Per contattare individualmente i promotori:
Michele Boato: micheleboato at tin.it
Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it
Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org

5. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "IL DISACCORDO" E "L'ODIO PER LA
DEMOCRAZIA" DI JACQUES RANCIERE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 gennaio 2008 col titolo "Corpo a corpo
con i nemici liberali della democrazia. Un saggio contro le teorie
neoliberali sulla democrazia del filosofo francese Jacques Ranciere".
Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il
manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita'
a Zygmunt Bauman.
Jacques Ranciere e' filosofo, saggista, docente universitario. Dalla
Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Jacques
Ranciere (Algeri, 1940) e' un filosofo francese, professore emerito presso
l'Universita' di Paris VIII (Saint-Denis). Allievo del filosofo Louis
Althusser, nel 1965 partecipo' alla compilazione dell'importante volume
collettaneo Lire le Capital (Leggere il Capitale). Successivamente si
stacco' dall'influenza di Althusser a causa di contrasti sorti riguardo alla
valutazione politica degli eventi del maggio 1968. Nel 1974 pubblico' La
Lecon d'Althusser, in cui metteva polemicamente in discussione la dottrina
del suo maestro. Alla fine degli anni Settanta, insieme con altri giovani
intellettuali come Joan Borell, Arlette Farge e Genevieve Fraisse, fondo' il
collettivo Revoltes Logiques che, sotto gli auspici di Rimbaud, rimetteva in
discussione la rappresentazione della societa' tradizionale. Il collettivo
pubblicava anche una rivista e i contributi di Ranciere sono stati poi
raccolti in volume sotto il titolo di Les scenes du peuple, per i tipi della
Horlieu nel 2003. Parallelamente Ranciere si occupo' dell'emancipazione dei
lavoratori, degli utopisti del XIX Secolo (specialmente di Etienne Cabet) e
comincio' a viaggiare regolarmente negli Usa. Da questi lavori nacque la sua
tesi intitolata: La nuit des proletaires. Archives du reve ouvrier (La notte
dei proletari. Archivi del sogno operaio). Successivamente nel libro Le
philosophe plebeien (Il filosofo plebeo) Ranciere curo' la raccolta degli
scritti inediti di Louis Grabriel Gauny, carpentiere e filosofo. Verso la
meta' degli anni '80 si interesso' di un altro personaggio poco
convenzionale: Joseph Jacotot, che all'inizio del XIX secolo mise
profondamente in discussione i fondamenti della pedagogia tradizionale.
Questi studi si tradurranno in una biografia filosofica intitolata Le maitre
ignorant (Il maestro ignorante). Piu' tardi si interesso' dell'ambiguo
statuto del discorso storico nel suo libro Les mots de l'histoire (Le parole
della storia). Alla fine di questo periodo, Ranciere, che era anche un
cinefilo vicino alle posizioni dei 'Cahiers du Cinema', esploro' i legami
fra l'estetica e la politica. Il volume Courts voyages au pays du peuple
(Brevi viaggi nei paesi del popolo) e' la prima opera direttamente
consacrata a questo tema, sotto forma di tre brevi romanzi filosofici.
Recentemente Ranciere si e' occupato del tema dei diritti umani e in
particolare del problema delle organizzazioni internazionali nel decidere
quando la difesa di un gruppo di persone puo' giustificare un intervento o
addirittura una guerra". Tra le opere recenti di Jacques Ranciere
disponibili in italiano: Mallarme' o la politica della sirena, Clueb 2000;
La favola cinematografica, Ets 2006; L'odio per la democrazia, Cronopio
2007; Il disaccordo, Meltemi 2007; Il destino delle immagini, Pellegrini
2007]

Il suo nome e' stato per molto tempo legato al gruppo di giovani studiosi
che con Louis Althusser diedero vita al ciclo di incontri e discussioni
attorno all'opera di Karl Marx che sfocio' nel libro Leggere il capitale,
recentemente riproposto in edizione integrale dalla casa editrice Mimesis.
Ma Jacques Ranciere e' anche l'autore de "La Mesentente. Politique et
Philosophie" - tradotto da Meltemi con il titolo Il disaccordo -, una delle
analisi piu' originali del rapporto tra democrazia ed eguaglianza pubblicate
nell'ultimo quindicennio. In quel saggio, Ranciere sostiene come
l'eguaglianza sia da considerare quella tensione che consente alla
democrazia di essere un sistema politico al riparo da involuzioni
oligarchiche grazie proprio al conflitto agito in nome appunto
dell'eguaglianza. Una riflessione, quella del filosofo francese, che ha dato
vita a una ricca discussione tra quanti, oltralpe, continuano a guardare e
sottolineare la dimensione ambivalente della "democrazia reale". Da una
parte, il sistema politico congeniale alla riproduzione del sistema
capitalistico. Dall'altra, il contesto in cui piiu' si e' espressa la
potenza della critica al regime del lavoro salariato.
Lo stesso Jacques Ranciere, al termine de La Mesentente, mette tuttavia in
evidenza l'ambivalenza della democrazia, in particolar modo quando mostra
come il principio egualitario mostra tutta la sua caratteristica
"sovversiva" laddove stabilisce nel conflitto di classe e sociale il solo
terreno dove pensare la politica. Recentemente il filosofo francese e'
ritornato sui temi affrontati in quel volume con il saggio L'odio per la
democrazia (Cronopio, pp. 116, euro 12,50). Un testo "militante", visto che
l'oggetto polemico e' individuato nelle tesi di molti apologeti della
democrazia "liberale", che mentre sostengono che la democrazia possa e debba
essere imposta con le armi a quei popoli retti da governi autoritari,
esprimono altrettanto radicale disprezzo per quel principio di eguaglianza
senza il quale non c'e' democrazia. Cosi', riemerge dal passato nella crisi
del moderno quella tensione all'esercizio oligarchico del governo invocato
questa volta dai liberali per contrastare la "corruzione" del popolo
alimentata dalla societa' dei consumi. I "migliori", sostengono i critici
della democrazia, non possono emergere dalla massa indistinta dei
consumatori proprio perche' la democrazia stabilisce che "chiunque" puo'
esercitare la presa di parola e il potere di interdizione all'operato del
sovrano che da essa discende.
I due capitoli che Ranciere dedica al corto circuito tra critica della
societa' dei consumi e l'"odio per la democrazia" sono da considerare un
vero e proprio atto politico contro gli apologeti del capitalismo. E, va
aggiunto, tra i piu' riusciti del volume. Il paradosso che emerge e' quello
di una societa' capitalista che considera la democrazia la condizione
politica necessaria al suo sviluppo e al contempo cerca di cancellare cio'
che Ranciere chiama la "dismisura democratica", cioe' quell'"eguaglianza di
chiunque con chiunque" senza la quale e' impossibile pensare la politica.
Ma c'e' un altro paradosso che il filosofo francese accenna solamente, ma
che acquisisce una indubbia rilevanza alla luce di quello "scontro di
civilta'" che ha visto arruolarsi tra i paladini della societa' occidentale
gran parte del mondo intellettuale europeo e statunitense.
Tra chi odia la democrazia ci sono i fondamentalisti islamici. Questa non e'
certo una novita'. Ma tra un militante di Al Qaeda o di Hamas o un guardiano
iraniano della rivoluzione islamica e uno dei tanti supporter della
supremazia occidentale vi sono molti piu' punti in comune di quanto la
retorica dello "scontro di civilta'" affermi. Entrambi credono che il
governo della societa' spetti ai "migliori"; entrambi affermano che la
modernita' distrugge la tradizione, cioe' quel senso comune che crede un
ordine sociale sia sempre espressione di un ordine naturale delle cose.
Infine, entrambi guardano con disprezzo alla "corruzione dei costumi"
alimentata dalla modernita'. Sono quindi accomunati proprio per dall'odio
per la democrazia.
L'odio per la democrazia lascia comunque inevasa una domanda: c'e'
compatibilita' tra la democrazia e il capitalismo? Un quesito a cui il
pensiero critico non ha mai fornito una risposta inequivocabile. Talvolta,
infatti, i diritti sociali di cittadinanza sono stati in contraddizione con
il regime capitalista. Altre volte, la democrazia e' stato il regime
politico funzionale allo sviluppo capitalista. Cio' che pero' il saggio di
Ranciere apre come terreno di ricerca e' quella tensione all'eguaglianza, e
dunque al conflitto da "quella parte della societa' che pensa di subire un
torto", come scrive ne Il disaccordo, come la chiave di volta di una critica
alla democrazia reale.

6. LIBRI. AUGUSTO ILLUMINATI PRESENTA "LA CONDIZIONE POSTCOLONIALE" DI
SANDRO MEZZADRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 febbraio 2008, col titolo "La
traduzione che cattura la realta'" e il sommario "La mescolanza di lavoro
salariato 'libero' e servile che caratterizza la realta' contemporanea
confluisce nelle diverse forme della produzione di ricchezza unificate
tuttavia dal comune linguaggio del valore".
Augusto Illuminati, nato a Perugia nel 1937, e' docente di filosofia
politica all'Universita' di Urbino; tra le sue molte opere segnaliamo
particolarmente Sociologia e classi sociali, Einaudi, Torino 1967, 1977;
Kant politico, La Nuova Italia, Firenze 1971; Lavoro e rivoluzione,
Mazzotta, Milano 1974; Rousseau e la fondazione dei valori borghesi, Il
Saggiatore, Milano 1977; Classi sociali e crisi capitalistica, Mazzotta,
Milano 1977; Gli inganni di Sarastro, Einaudi, Torino 1980; La citta' e il
desiderio, Manifestolibri, Roma 1992; Esercizi politici. Quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994.
Sandro Mezzadra insegna storia del pensiero politico contemporaneo e studi
coloniali e postcoloniali al'Universita' di Bologna, e' membro della
redazione di "Filosofia politica" e di "Scienza & Politica"; i suoi
principali argomenti di ricerca sono la storia delle scienze dello Stato e
del diritto in Germania tra Otto e Novecento, la storia del marxismo, la
teoria critica della politica: globalizzazione, cittadinanza, movimenti
migratori, studi postcoloniali. Pubblicazioni principali: von Treitschke, La
liberta', Torino 1997 (cura e introduzione); La costituzione del sociale. Il
pensiero politico e giuridico di Hugo Preuss, Il Mulino, Bologna 1999;
Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Ombre Corte,
Verona 2001, 2006; Marx, Antologia di scritti politici, Carocci, Roma 2002
(cura e introduzione, con Maurizio Ricciardi); Marshall, Cittadinanza e
classe sociale, Roma-Bari 2002 (cura e introduzione); (a cura di), I confini
della liberta'. Per una analisi politica delle migrazioni contemporanee,
DeriveApprodi, 2004; (con Carlo Galli, Edoardo Greblo), Il pensiero politico
del Novecento, Il Mulino, Bologna 2005; La condizione postcoloniale. Storia
e politica nel presente globale, Ombre corte, Verona 2008]

Perche' questo libro di Sandro Mezzadra serve per comprendere i conflitti di
classe e sociali in Italia? Cosa dobbiamo imparare da esperienze di paesi
che un tempo si definivano variamente coloniali, ex-coloniali,
sottosviluppati, in via di sviluppo, del Terzo Mondo? Non e' la prima volta
che alcuni studiosi o militanti hanno tentato di spiegare e organizzare un
processo di lotte nei paesi cosiddetti avanzati facendo riferimento ai
movimenti di liberazione nazionale; il terzomondismo e' stata una tonalita'
influente negli anni della conferenza di Bandung e poi nel convulso periodo
fra il 1966 e il 1978. Lo stesso guevarismo, il maoismo si possono leggere
come imbarazzati ed embrionali tentativi di provincializzare l'Europa.
Meglio dire, che si e' trattato spesso di false partenze, che giravano
intorno all'intuizione dei limiti dell'esperienza occidentale, ma
sussumevano le rivoluzioni del Terzo Mondo in una prospettiva
sostanzialmente eurocentrica.
*
Gli idiomi dello sfruttamento
Oggi la novita' degli studi subalterni (in senso lato), cosi' brillantemente
sintetizzati ed esposti da Mezzadra, consiste nel mostrare come la
costituzione dell'accumulazione primitiva in Occidente ha seguito una strada
piu' complessa di quella tracciata da Marx in riferimento soprattutto
all'esperienza inglese; che inoltre tale processo non e' concluso ma si
rinnova quotidianamente evidenziando quella mescolanza di sussunzione
formale e reale (lavoro servile, vincolato e "libero") presente e non sempre
avvertita gia' all'inizio e al momento clamorosamente evidente su scala
tanto globale quanto locale.
Il lavoro precario in Occidente non designa infatti soltanto una fascia
crescente di occupazione intermittente che si colloca a meta' fra gli
impieghi fissi di tipo fordista (residuali in Europa e Usa, dilaganti in
Asia) e l'uso di metodi apparentemente molto piu' antichi (lavoro a
domicilio, schiavizzazione dei minori, illegalita' di laboratori e
maquilladoras varie, lavoro forzato), ma sintetizza efficacemente la
generale precarizzazione e la confluenza di diversificate forme di lavoro in
una produzione omogenea di valore che rende produttivi e coordina in rete
tutti i sistemi di estorsione della ricchezza. In altri termini: li
"traduce" da idiomi locali arcaici o ultramoderni nel comune linguaggio
globale del valore e lo fa sia metaforicamente (cioe' estraendo plusvalore
con metodi eterogenei e monetizzandolo) che instaurando una serie di
protocolli formali che vanno dalle procedure informatiche al gergo
accademico internazionale di requisiti, skills e "crediti".
Una delle tesi di fondo del libro e' appunto che la traduzione costituisca
oggi uno dei modi essenziali di funzionamento del capitale globale,
producendo la struttura semantica e grammaticale del linguaggio del valore,
con una variante intensificata di quello che lo studioso giapponese Naoki
Sakai ha definito homolingual address, in cui il soggetto dell'enunciazione
si rivolge ai destinatari del proprio discorso assumendo la stabilita' e
l'omogeneita' tanto della propria lingua quanto di quella di chi lo
ascolta - postulando insieme la trasparenza della comunicazione e
l'indiscussa sovranita' della propria lingua. S'intende che lingua e
comunicazione oggi hanno un ruolo centrale (economico, non solo allegorico)
sia nella sfera della produzione e distribuzione di beni e servizi che nella
sfera finanziaria. Il rovescio di una traduzione omolinguale, che nei
linguaggi omologa la sottostante societa', e' una traduzione eterolinguale
in cui si costituisce un soggetto collettivo capace di porsi come soggetto
di trasformazione radicale a partire dagli antagonismi e dai conflitti che
contraddistinguono ogni singolo momento di "cattura" nella sussunzione
formale o reale. Come il capitale ha incontrato varie forme di
subordinazione disciplinare e produttiva e se le e' annesse, cercando di
assimilarle alla propria logica e stabilizzarle, cosi' deve variare
l'alternativa di classe, il "noi" a cui ci riferiamo nelle nostre pratiche
politiche.
Traduzione riuscita fra lotte e resistenze vuol dire dunque costruire
un'egemonia nel confronto con gli oppressori-sfruttatori sul duplice
registro del potere e dell'appropriazione. Il rigetto di ogni mito della
buona comunita' devastata dall'aggressione esterna del capitalismo o delle
potenze coloniali (un'omolingualita' tutta difensiva e reattiva) rimodula
uno dei temi essenziali degli studi subalterni: l'indicazione del comune
come terreno di smentita di una falsa modernizzazione, rivendicazione
opposta alle ricorrenti recinzioni - ieri (ma ancor oggi) agrarie, adesso
anche del sapere, come dimostrano le controversie sul software e sui
brevetti genetici e farmaceutici.
*
Il sogno di una cosa
Ma l'arcaico-comunitario e' spesso una trappola nefasta, tal che Mezzadra
conclude con grande validita': "occorre prendere congedo da un'immagine dei
commons come qualcosa di esclusivamente gia' dato ed esistente, e lavorare
all'ipotesi che il comune sia qualcosa che deve essere prodotto, costruito
da un soggetto collettivo capace, nel processo della sua stessa
costituzione, di distruggere le basi dello sfruttamento e di reinventare le
condizioni comuni di una produzione strutturata sulla sintesi di liberta' ed
eguaglianza. Che cos'altro e' il comunismo, il 'sogno di una cosa' che
dobbiamo tornare finalmente a sognare?". Pare, questo volume di Sandro
Mezzadra, un buon programma per far uscire la moltitudine dalle lande
nebbiose dove troppo spesso e' relegata a forza di evocarla in modo
impreciso.

7. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "IL CIRCO CAPOVOLTO" DI MILENA MAGNANI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione.
Liliana Moro, storica e saggista, docente di italiano e storia, fa parte
della Societa' Italiana delle Storiche e collabora con la Libera Universita'
delle Donne come docente. Si occupa di storia dell'istruzione e di storia
della scienza e collabora con la rivista "Il paese delle donne". Opere di
Liliana Moro: AA. VV., Profumi di donne, Cuen, 1997; con Sara Sesti, Donne
di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita'
Bocconi, seconda edizione 2002. E' una delle webmaster del sito
dell'Universita' delle donne, e cura in particolare le rubriche Storia,
Guerra, Pensiamoci e l'Agenda.
Milena Magnani e' nata a Bologna nel 1964, laureata in Scienze Politiche e
Sociali, lavora come educatrice in psichiatria. Autrice di romanzi, racconti
e testi per il teatro e il cinema. Tra le opere di Milena Magnani: L'albero
senza radici, Nuova Eri, 1993; Delle volte il vento, Vallecchi, 1996, Il
circo capovolto, Feltrinelli, 2008]

Milena Magnani, Il circo capovolto, Feltrinelli, 2008, pp. 166, euro 12,50.
*
Un piccolo libro coraggioso che affonda lo sguardo in un mondo da cui oggi
si preferisce distoglierlo. Il mondo dei campi nomadi o, con le parole della
voce narrante, "Un coagulo che il destino deve avere scartato dal flusso
inarrestabile della corrente del benessere".
Entrare e mostrare quella vita senza pietismi ne' moralismi non e' facile,
soprattutto in questo periodo di risorgente razzismo contro i nomadi.
Magnani sceglie un narratore quantomai insolito: un morto, che dalla sua
condizione di sospensione tra due mondi, relitto tra i relitti, vede e sente
tutto cio' che gli accade intorno. Guarda il presente, rievoca il passato e
narra una storia cosi' lieve che "presto poseremo la tua storia sopra una
foglia galleggiante nel fiume. La guarderemo arrivare alla foce. E a quel
punto si partira'".
Una storia che non e' solo del giovane carpentiere ungherese Branko Hrabal:
e' quella di uomini, donne, ragazzi, e soprattutto bambine e bambini, che
vivono nel campo. Gente arrivata dai piu' diversi angoli d'Europa, sospinta
magari dalle recenti guerre balcaniche oppure, come il protagonista, dalla
persecuzione nazista, che ha aperto ferite per nulla rimarginate, ne' - del
resto - curate. E' anche la storia di tutto un popolo, o meglio piu' popoli,
che un tempo viaggiavano di paese in paese ed ora sostano ai margini delle
citta'.
Dentro queste vite precarie c'e' la storia di una professione che piu'
mobile non si puo': quella degli artisti del circo. Un'arte aerea che
introduce aperture e sogni nei luoghi meno adatti. Il circo "come un
miraggio, appare in un posto che fino alla notte prima era vuoto e il vostro
occhio quasi si incanta. Ed e' proprio questo incantamento che fa partire un
fantasticare, un movimento di allegrie che si sparge, come un'epidemia, per
i campi e per le aie".
Branko, il narratore di tutte queste storie, inizia a narrare appena dopo
essere stato ucciso. Una scelta coerente con la necessita' di far entrare il
lettore in una realta' cosi' esile, malferma, come le baracche del campo,
come gli sguardi dei bambini, come i salti degli acrobati. Una realta'
indefinita e plurima come le lingue che si incrociano in quello spazio: il
meticciato linguistico e' uno dei fascini di questo romanzo, dai dialoghi
veloci e mai didascalici, anche se nasce evidentemente dal bisogno di far
conoscere un mondo ignoto e ignorato.
L'altro fascino e' la capacita' di far baluginare la speranza, una speranza
sottile e quasi spettrale che si apre a tratti illuminando la notte, come il
bianco cappello di Napapo', o cullando il dolore, come il canto funebre
delle donne sul cadavere di Branko, o come il tendone del circo, che e' un
"latomas", un miraggio.
La speranza e' Senija, la bimba che ascolta Branko con uno sguardo cosi'
limpido e serio che gli fa dimenticare freddo, stanchezza e dolore. Una
bimba apre il varco, lo stretto spiraglio per una possibile uscita dal
degrado e forse solo una donna poteva raccontare una storia cosi'.
"Io vi racconto delle cose, ma voi avete la capacita' di seguire le
parole?".

8. LIBRI. VINCENZO SCALIA PRESENTA "ZINGARI, CHE STRANO POPOLO!" DI MICHELE
MANNOIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 febbraio 2008, col titolo "Un mondo da
mettere ai margini" e il sommario "Zingari, che strano popolo, una ricerca
sui rom dello studioso Michele Mannoia".
Vincenzo Scalia, criminologo, insegna all'Universita' di Macerata ed e'
coordinatore dell'associazione "Antigone" per l'Emilia-Romagna, suoi scritti
sono apparsi su varie autorevoli riviste. tra le opere di Vincenzo Scalia:
Migranti, devianti e cittadini, Franco Angeli, Milano 2005.
Michele Mannoia e' studioso della criminalita' minorile, della realta' dei
nomadi, di rilevanti questioni sociali. Opere di Michele Mannoia: La scuola,
gli allievi stranieri, i nomadi. Percorsi di studio e di ricerca, Aracne,
2005; Zingari, che strano popolo! Storia e problemi di una minoranza
esclusa, XL, Roma 2007]

In tempi di ronde contro i campi rom, di sindaci democratici che si
distinguono per il loro zelo deportatore, di decreti-sicurezza che
presagiscono espulsioni di massa, parlare di zingari si presenta come un
compito allo stesso tempo difficile e necessario.
Michele Mannoia, sociologo attivo nello studio dei processi culturali presso
l'Universita' di Palermo, prova a sbrogliare la matassa nel suo libro
Zingari, che strano popolo! (Edizioni XL, pp. 192, euro 16). Mosso dalla
curiosita' intellettuale prima che da motivazioni politiche, Mannoia segue
la raccomandazione di Max Weber, secondo la quale lo studioso non deve
fornire giudizi di valore sul suo oggetto di studio, ma allo stesso tempo si
deve posizionare simmetricamente all'universo valoriale che anima il
contesto studiato.
Ne viene fuori un lavoro articolato, di cui almeno due aspetti meritano di
essere sottolineati. In primo luogo, quando affronta la parte relativa alle
vicende storiche, sociali e politiche delle popolazioni nomadi, e dopo avere
sottolineato che non esiste una e una sola popolazione zingara, insiste
sull'aspetto relativo all'alterita' culturale. Non e' pensabile impostare il
rapporto tra sedentari e nomadi sulla necessita' che questi ultimi si
sedentarizzino. Gli zingari, pur mescolandosi con diverse popolazioni e
differenziandosi ulteriormente tra di loro, fanno del loro nomadismo un
tratto peculiare della loro identita'. I gage' si sentono minacciati. Anche
gli zingari, da parte loro, avvertono la minaccia che i sedentari portano ai
loro confini fisici (le deportazioni e gli stermini subiti in varie epoche
storiche sono li' a dimostrarlo) e simbolici. Ne consegue una loro chiusura
difensiva all'interno del proprio spazio socio-culturale, dalla quale si
riproducono le marginalita' e le discriminazioni a cui sono soggetti.
Questa dinamica, e qui passiamo al secondo aspetto, Mannoia la analizza in
controluce, quando si concentra su uno dei possibili canali
dell'integrazione, vale a dire quello scolastico. Da un'accurata analisi dei
dati, emerge la difficolta' dei bambini nomadi e delle loro famiglie ad
inserirsi tra le pieghe del sistema educativo italiano. I bambini zingari
adempiono di rado al conseguimento della licenza media, e le loro famiglie
trovano difficoltoso rapportarsi con gli apparati burocratici e formativi.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una situazione di
incomunicabilita' tra le due parti. Quali sono le cause? L'autore prova ad
individuarle attraverso interviste in profondita' al alcuni assistenti
sociali. Emerge il fatto, al di la' delle intenzioni individuali, di
un'adesione ai modelli interpretativi dominanti. Ad esempio, la maggior
parte degli assistenti sociali valutano le famiglie zingare utilizzando il
modello familiare standard: le differenze culturali, come l'importanza del
gruppo, il nomadismo come orizzonte di vita, una concezione piu' allargata
della famiglia, vengono trascurate o ignorate. Piu' che all'integrazione,
suggerisce Mannoia, bisogna pensare ad un progetto inclusivo alternativo,
che assuma la fluidita' e la mescolanza come propri orizzonti. Che il
soggetto sia nomade, d'altronde, ormai viene sostenuto da piu' parti.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 375 del 24 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it