Minime. 374



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 374 del 23 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maso Notarianni: Rifinanziata la guerra
2. Giobbe Santabarbara: Stragisti. Una storia del paese degli Iperborei
3. Il 2 marzo a Bologna
4. Subito le liste femministe, ecologiste, nonviolente
5. Alessandro Dal Lago presenta "Le gouvernement de soi et des autres" di
Michel Foucault
6. Enrico Peyretti presenta "Teologia degli animali" di Paolo De Benedetti
7. Donatello Santarone presenta "Il pensiero disarmato" di Marco Catarci
8. Letture. Dickinson. Vita, poetica, opere scelte
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. AFGHANISTAN. MASO NOTARIANNI: RIFINANZIATA LA GUERRA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 21 febbraio 2008, dal titolo "E' lecito il disgusto?".
Maso Notarianni, giornalista, e' impegnato nell'esperienza
dell'organizzazione umanitaria Emergency e dirige "Peacereporter"]

Non e' normale utilizzare un articolo per esprimere il proprio disgusto.
Utilizzare un quotidiano per raccontare la propria amarezza e la propria
delusione. Ma in questo caso abbiamo deciso - anche noi - che si puo' fare.
Che cosa e' successo per provocare cotanto sdegno? E' successo che ieri in
parlamento, "la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del
decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, recante disposizioni urgenti in materia
di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di
pace e di stabilizzazione, nonche' relative alla partecipazione delle Forze
armate e di polizia a missioni internazionali (C3395)".
Che tradotto per i non legulei, significa che ha rifinanziato le nostre
missioni militari. Compresa quella, di guerra, in Afghanistan. Qualcuno ha
votato contro, ma adesso sono buoni tutti, visto che non sono piu' in
discussione le poltrone e le poltroncine e gli stipendi. La stragrande
maggioranza dei deputati ha votato a favore. Qualcuno ha visto bene di
uscire dall'aula, piuttosto che votare contro.
Ma il punto non e' tanto questo, siamo abituati oramai alle tristi vicende
della politica italiana. Il punto e' che la notizia, perche'
indiscutibilmente di notizia si tratta, questa volta non ha avuto eco in
nessuno dei grandi quotidiani nazionali.
Il che tradotto in parole povere significa che l'Afghanistan esiste solo in
quanto funzionale alle vicende e alle beghe interne di casa nostra. Se non
ce ne sono, via lisci, il fatto che si rifinanzi una missione clamorosamente
di guerra non merita lo spazio che una buffonata come la lettera di Bondi
"non si accetteranno candidati con processi in corso" o il no di Aida
Yespica (chi era costei?) alla politica hanno avuto. Il fatto che il nostro
Paese continui ad essere complice (solo complice?) di chi sta massacrando
civili, di chi sta finendo di distruggere un altro Paese non importa a
nessuno. Eppure cosi', siamo certi, non e'. Perche' se cosi' fosse, noi non
esisteremmo. E "PeaceReporter" non avrebbe tutte le migliaia di lettori che
ha.

2. LE ULTIME COSE. GIOBBE SANTABARBARA: STRAGISTI. UNA STORIA DEL PAESE
DEGLI IPERBOREI

Stragisti.
Lo scriviamo di nuovo. stragisti.
E chiediamo a chi ci legge se questa non sia una "notitia criminis".
E chiediamo a chi sia pubblico ufficiale tra chi ci legge se questo non
basti ad avviare l'azione penale contro i mandanti di una strage che in
Afghanistan dura quasi dall'inizio del decennio per quanto riguarda la
responsabilita' italiana, e da decine e decine di anni per quanto riguarda
altri governi di altri paesi, altri regimi, regimi stragisti. Come e'
stragista il governo e il parlamento italiano che continuano a mandare i
nostri ragazzi a morire e far morire in Afghanistan in violazione del
diritto internazionale, della legalita' costituzionale, del comune
sentimento di umanita'. Quando proprio in Afghanistan proprio degli italiani
hanno dato l'esempio di cio' che far si dovrebbe: assistere tutte le
vittime, curare tutti i feriti, portare la pace con mezzi di pace, salvare
le vite: l'esperienza di Emergency, nonviolenza in cammino.
Lo scriviamo di nuovo. stragisti.
Stragisti.
*
Stragisti.
Loro e chi li vota.
Loro e chi per anni li ha sostenuti e giustificati.
E se fosse possibile provare una ripugnanza maggiore della ripugnanza per
gli stragisti, allora questa ultraripugnanza sia per coloro che ora e solo
ora votando contro il rifinanziamento della guerra argomentano che fino a
prima della caduta del governo votavano a favore unicamente per "vincolo di
coalizione", ovvero sapendo che votavano per la guerra e le stragi, sapendo
che violavano la Costituzione, sapendo che frutto del loro voto era la morte
di infiniti innocenti; e se e' lecito tradurre in lingua corrente
quell'espressione callida e ribalda, "vincolo di coalizione", costoro ci
dicono oggi che fino a ieri votavano per la guerra e per le stragi per poter
continuare a sedere sui banchi del potere, nella stanza dei bottoni, e di
li' saccheggiare il pubblico erario con i compari loro; ci dicono che
questo, questo contava di piu' della legalita' costituzionale, ci dicono, ci
dicono che questo contava di piu' della vita dei poveri cristi ammazzati in
Afghanistan, ci dicono, ci dicono, ci dicono che per questo quelle vite
venivano sacrificate. E vengono sacrificate ancora.
Stragisti.
Loro e chi li vota.
Loro e chi per anni li ha sostenuti e giustificati.
*
Come potremo mai guardarci ancora in volto, amici e compagni di una volta,
dopo tanto, tanto orrore?
Stragisti.

3. INCONTRI. IL 2 MARZO A BOLOGNA

L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti
e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste
femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si
svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala
sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della
Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette,
dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei
carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub).
Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme
all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se
lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere
eventuali decisioni.
Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi,
metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una
cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio.
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org
Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi
a: nbawac at tin.it

4. EDITORIALE. SUBITO LE LISTE FEMMINISTE, ECOLOGISTE, NONVIOLENTE

Il momento e' ora.
Ora si deve uscire dalla subalternita'.
Ora si deve portare l'esperienza e la riflessione del femminismo,
dell'ecologia, della nonviolenza nelle istituzioni democratiche, dove si
fanno le leggi, dove si decide della cosa pubblica.
Ogni attendismo e' ormai complicita'.
Il momento e' ora.

5. LIBRI. ALESSANDRO DAL LAGO PRESENTA "LE GOUVERNEMENT DE SOI ET DES
AUTRES" DI MICHEL FOUCAULT
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 febbraio 2008, col titolo "Corpo a
corpo con il potere della verita'" e il sommario "La svolta 'greca' degli
anni Ottanta chiama in causa le fonti della tradizione occidentale. E' in
questo contesto che il 'parlar chiaro' non ha nessun significato edificante,
ma riguarda la possibilita' di trasformare la vita nella polis".
Alessandro Dal Lago e' docente di sociologia dei processi culturali
all'Universita' di Genova, presso la stessa Universita' coordina un gruppo
di ricerca sui conflitti globali; e' membro della redazione della rivista
filosofica "aut aut", ha curato l'edizione italiana di opere di Hannah
Arendt e di Michel Foucault. Tra le opere di Alessandro Dal Lago segnaliamo
particolarmente Non-persone. L'esclusione dei migranti in una societa'
globale, Feltrinelli, Milano 1999. Cfr. inoltre: I nostri riti quotidiani,
Costa & Nolan, Genova 1995; (a cura di), Lo straniero e il nemico, Costa &
Nolan, Genova 1997; La produzione della devianza, Ombre corte, Verona 2001;
Giovani, stranieri & criminali, Manifestolibri, Roma 2001. Polizia globale.
Guerra e conflitti dopo l'11 settembre, Ombre corte, Verona 2003.
Michel Foucault, filosofo francese (Poitiers 1926 - Parigi 1984), critico
delle istituzioni e delle ideologie della violenza e della repressione.
Opere di Michel Foucault: Storia della follia nell'eta' classica, Rizzoli;
Raymond Roussel, Cappelli; Nascita della clinica, Einaudi; Le parole e le
cose, Rizzoli; L'archeologia del sapere, Rizzoli; L'ordine del discorso,
Einaudi; Io, Pierre Riviere..., Einaudi; Sorvegliare e punire, Einaudi; La
volonta' di sapere, Feltrinelli; L'uso dei piaceri, Feltrinelli; La cura di
se', Feltrinelli. Cfr. anche i tre volumi di Archivio Foucault. Interventi,
colloqui, interviste, Feltrinelli. In italiano sono stati pubblicati in
volume anche molti altri testi e raccolte di interventi di Foucault, come
Malattia mentale e psicologia, Cortina; Questa non e' una pipa, Serra e
Riva, Scritti letterari, Feltrinelli; Dalle torture alle celle, Lerici;
Taccuino persiano, Guerini e associati; e varie altre raccolte di materiali,
trascrizioni di conferenze, seminari. Opere su Michel Foucault: tra le molte
disponibili segnaliamo Stefano Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza;
Vittorio Cotesta, Linguaggio, potere, individuo, Dedalo; Hubert L. Dreyfus,
Paul Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie; Didier
Eribon, Michel Foucault, Flammarion; Francois Ewald, Anatomia e corpi
politici. Su Foucault, Feltrinelli; Jose' G. Merquior, Foucault, Laterza;
Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri; Paolo
Veronesi, Foucault: il potere e la parola, Zanichelli; cfr. anche il recente
volume di "Aut aut", n. 232, settembre-ottobre 2004, monografico su Michel
Foucault e il potere psichiatrico]

E' noto che per Michel Foucault la scrittura in vista della pubblicazione
era invenzione o deviazione che si staccava come una lamina dal flusso della
sua ricerca. Lo stile dei suoi libri era troppo elegante per poter dar conto
di un travaglio in cui accidenti, intoppi e svolte improvvise rappresentano
vere e proprie emergenze produttive. Da questo punto di vista, l'uscita del
settimo volume, su tredici, dei corsi al College de France e' un ulteriore,
prezioso accesso a quello che non esitiamo a definire come il laboratorio
storico-filosofico piu' imponente della seconda meta' del XX secolo.
Scorrendo l'elenco dei corsi vediamo come il plesso soggetto/governo, fuoco
dell'intera opera foucaultiana, sia indagato nei mondi delle pratiche
scientifiche e dei controlli, delle strategie, dei saperi e dei discorsi
istituzionali. Ma quella che fino alla fine degli anni Settanta poteva
essere considerata come indagine storica controfattuale sulla preistoria
della contemporaneita' diviene ora interrogativo filosofico sul presente. La
svolta "greca" dei primi anni Ottanta e' il gesto radicale con cui il
filosofo Foucault chiama in causa le fonti stesse della tradizione
occidentale. Non sorprende cosi' che il corso Le gouvernement de soi et des
autres sia inaugurato dalla lezione su "Che cos'e' l'illuminismo" di Kant.
E' la posizione del problema, la liberta' di coscienza, che per Foucault non
ha alcun significato intimistico o edificante, ma riguarda l'atteggiamento
del pensiero davanti alla verita', in primo luogo del potere.
Da qui, dall'ancoraggio alle radici filosofiche del presente, si svolge
un'analisi accuratissima, ai limiti dell'acribia, del concetto chiave di
parresia, il "parlar franco" o "parola verace", potremmo dire. La traduzione
a breve, si spera, del corso fara' rapidamente giustizia anche da noi delle
interpretazioni spiritualiste e cattolicheggianti, sulla falsariga di Pierre
Hadot, che, in una fase di ripiegamento politico e accidia teorica, sono
profuse a proposito della parresia. Perche' questa - letta da Foucault nelle
tre figure dello Ione di Euripide, del Pericle di Tucidide e del Platone
della VII Lettera, nel contesto della crisi della democrazia ateniese - e'
in principio la presa di parola politica. Si tratta di un gesto che puo'
essere esterno alla polis, passionale, fonte di fraintendimento, in cui
pero', alla lunga emergono due accenti complementari: perche' il forte, che
sia principe o cittadino eminente di una democrazia (per intendersi, un uomo
come Pericle), possa dire la verita' alla sua citta', e' indispensabile che
il debole, la vittima di un'ingiustizia, sia capace di gridargli in faccia
la propria verita'.
Il contesto e' l'Atene della guerra del Peloponneso, la scena e' l'agora',
la cornice e' una relazione di potere, o se vogliamo di governo, in cui
governanti e governati possono ancora vedersi in faccia, parlare ad alta
voce e assumere i loro rischi. La scelta foucaultiana, in senso stretto
tragico-teatrale, di mettere in scena un mito politico consente di
ripercorrere la successiva torsione filosofica e insieme il declino pubblico
della parresia: dalla politeia alla teoresi e da qui alla soggettivita' del
filosofo. E' infatti con Platone che il "parlar franco" diverra' prerogativa
del filosofo che si rivolge coraggiosamente al principe. Ma il coraggio non
e' condizione di successo. Gli scacchi di Platone con Dionigi sono la
condizione dell'applicazione filosofica come lavoro di se' su se'. Alla fine
il coraggio sara' quello del pensiero che interroga arditamente se stesso.
Sarebbe imperdonabile sottrarre al lettore, con cenni inevitabilmente
caricaturali, il piacere di analisi che si configurano come corpo a corpo
con la filosofia classica e le sue interpretazioni contemporanee: dalla
morte di Socrate al confronto con la critica derridiana del logocentrismo.
Quello che conta e' che, in ultimo, il gesto filosofico primario e'
identificato con l'ascesi filosofica intesa come esteriorita' rispetto al
potere, come quella liberta' di coscienza e parola in cui il "sapere aude"
di Kant si riannoda alla fondazione greca della filosofia. E in cui lo
stesso Foucault, il quale sta sobriamente parlando del proprio pensiero, si
colloca sulla scia di Kant.
Ma di quale ascesi si tratta? Non certamente di una discesa senza fine nel
soggetto, o di quella pseudo-beatitudine a mezza via tra il pastorale e il
pedagogico con cui l'ellenismo contemporaneo sta trasformando in barzelletta
il pensiero di Foucault. No, parliamo di un'estraneita' costitutiva al
potere in cui la filosofia trova la sua vera ragion d'essere. Perche', in
fondo, ci dice Foucault, la liberta' di parola che irrompe tra gli uomini,
nel pericolo di chi la pronuncia, echeggia nella polis, declina con essa e
ad essa ritorna, nelle forme ambigue, ma comunque date, del presente.

6. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "TEOLOGIA DEGLI ANIMALI" DI PAOLO DE
BENEDETTI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
recensione, dal titolo originale "La filosofia tace davanti a un cane che
muore".
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di
pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato
con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di),
Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?,
Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu'
volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli,
indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.info e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia
degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n.
68.
Paolo De Benedetti e' docente di Giudaismo presso la Facolta' teologica
dell'Italia settentrionale di Milano e di Antico Testamento presso gli
Istituti di Scienze religiose di Urbino e Trento; membro della commissione
ecumenica e per il dialogo interreligioso della diocesi di Asti; uomo di
frontiera, di grande apertura intellettuale e di profonda spiritualita'. Dal
sito del mensile di alcuni cristiani torinesi "Il foglio" riprendiamo il
seguente affettuoso profilo: "Lo potete incontrare sul treno, per lo piu'
nelle ore ultime di un week-end al ritorno da qualche giornata di studio. O
potete averlo conosciuto come oratore dove si e' fermato per poche ore, o
averlo ascoltato per radio la domenica mattina o letto su una rivistina
qualsiasi della diaspora ebraica o cristiana. E' sempre in viaggio tra Asti,
Milano,Trento, Firenze, Roma e gli altri luoghi, piccoli e grandi, dove lo
chiamano per corsi universitari, convegni, conferenze, redazioni di riviste
o assemblee di movimenti, semplici serate parrocchiali. Corre dovunque per
"'na bala a' fum", direbbero i suoi; per "amore del Regno", sta scritto nel
Libro della vita, a parlare di un altro vagabondo e di antichi sapienti e
profeti, commentatori di rotoli, tutti correligionari che viaggiavano a
piedi e parlavano, senza scrivere, o scrivendo moltissimo, ma a minime dosi,
testi brevi e densi, racconti, meditazioni, piccoli commenti, poesie e
misteriosi indovinelli, il cui senso si affida all'intelligenza del lettore,
suggerisce piu' che dire, sollecita e interroga, piu' che confermare o
rispondere. Se non siete riusciti a farvene un'idea definita, a chiuderlo in
un'identita' precisa, ma, ogni volta che ve lo siete visto davanti o ne
avete sentito la voce o scorso una pagina, subito lo avete riconosciuto, e'
lui. E' Paolo De Benedetti, ebreo e cristiano, curatore del Dizionario
Bompiani delle Opere e degli Autori, promotore della prima edizione italiano
di Resistenza e resa di Bonhoeffer, grande animatore delle attivita'
culturali di "Biblia", interlocutore privilegiato di Gabriella Caramore in
"Uomini e profeti" (Rai, radio 3), redattore di "Humanitas", autore de La
morte di Mose' e altri esempi, di Cio' che tarda avverra', di Quale Dio? Una
domanda, de L'asina di Baalam, di Nonsense e altro, di Gattilene, e di saggi
e articoli, sparsi tra editori e riviste e libri collettivi, atti di
convegni, presentazioni di scritti altrui, centinaia di pagine e di parole,
gettate come semi, su terreni d'ogni sorta, ma capaci di rendere, qua l'uno
e la' il cento per cento, ovunque di fruttificare in attesa del raccolto. E'
lui: soggetto e oggetto di Il settantunesimo senso. Omaggio a Paolo de
Benedetti, numero monografico di "Humanitas" (gennaio-febbraio 2006),
dedicatogli dagli amici (in prima fila Carlo Maria Martini, Amos Luzzato,
Agnese Cini, Umberto Eco, Salvatore Natoli, Laura Novati) all'approssimarsi
dell'ottantesimo compleanno...". Tra le molte opere di Paolo De Benedetti:
La chiamata di Samuele, Morcelliana, 1976, 2006; La morte di Mose' e altri
esempi, Bompiani, 1978, Morcelliana 2005; Cio' che tarda avverra', Qiqajon
1992; Quale Dio? Una domanda dalla storia, Morcelliana 1997; Introduzione al
giudaismo, Morcelliana, 1999; E l'asina disse... L'uomo e gli animali
secondo la sapienza di Israele, Qiqajon, 1999; (con Elena Bartolini,
Agostino Guccione), Ebraismo. Narrare l'esperienza mistica, Edizioni Studio
Domenicano, 1999; A sua immagine. Una lettura della Genesi, Morcelliana
2000; Sulla Pasqua, Morcelliana, 2001, 2003; E il loro grido sali' a Dio.
Commento all'Esodo, Morcelliana 2002; Gattilene, San Paolo Edizioni, 2003;
Qohelet. Un commento, Morcelliana, 2004; Gatti in cielo, MC, 2006; Teologia
degli animali, Morcelliana, 2007.
Gabriella Caramore, nata a Venezia, fino al 1972 e' vissuta a Padova, dove
ha insegnato, dopo essersi laureata in lingua e letteratura ungherese con
una tesi su "Gyorgy Lukacs: da L'anima e le forme a Tattica ed etica". Dal
1972 vive a Roma, dove ha lavorato all'Ambasciata d'Ungheria come
traduttrice e redattrice fino al 1984, collaborando nel frattempo alle
pagine culturali di alcuni giornali e riviste. Dal 1982 inizia a collaborare
ai programmi di Rai-Radio Tre. Dal 1984 ha la cura e la conduzione di alcuni
programmi, come: Fatti, documenti, persone (radio-documentari), Terza Pagina
(quotidiano culturale), Paesaggio con figure (incontri con interpreti del
nostro tempo). Dal 1993 cura e conduce il programma di cultura religiosa
Uomini e profeti, che alterna dialoghi e interventi su tutto cio' che
concerne il religioso nella vita sociale, politica, culturale, a cicli
monografici di riflessione su alcuni testi e figure delle grandi tradizioni
religiose. Presso la casa editrice Morcelliana cura l'omonima collana che
riproduce alcune delle serie monografiche del programma... Ha inoltre curato
inoltre i seguenti volumi: AA.VV., Luoghi e oggetti della morte, Roma 1979;
AA.VV., L'amore, Roma, 1980; G. Lukacs, Diario 1910-11, Milano 1983; Y.
Bonnefoy, L'impossibile e la liberta', Genova 1988; Y. Bonnefoy, Entroterra,
Roma 2004; Sergio Quinzio, Mi ostino a credere, Brescia 2006. Collabora a
diverse testate culturali, dove da anni interroga le forme e i linguaggi
dell'esperienza religiosa. Dal 2002 al 2005 ha insegnato Religioni e
comunicazione all'Universita' La Sapienza di Roma, nell'ambito del Corso di
laurea in scienze storico-religiose, tenendo i seguenti corsi: "L'ascolto
nell'esperienza religiosa"; "Il dialogo come espressione spirituale"; "I
linguaggi delle fedi". Nell'anno 2005-2006 ha tenuto ogni domenica una
rubrica sul quotidiano "Avvenire" dal titolo "Sul confine"]

Paolo De Benedetti, Teologia degli animali, a cura di Gabriella Caramore,
Morcelliana 2007, pp. 85, euro 10.
*
E' almeno il quarto libretto di Paolo De Benedetti sugli animali che leggo
con gioia. Anzi, l'ho letto lo stesso giorno in cui l'ho ricevuto
dall'autore. Ma che succede? Uno studioso, docente, biblista come lui
continua a perdersi dietro alle bestie grandi e piccole? Ora possiede un
asino, come ha avuto cani, stornelli e soprattutto gatti. Ho in comune con
lui, sebbene minore, una convivenza coi gatti e so qualcosa di cio' che
significa. Egli fa gustare al lettore la sua grande capacita' di lodare il
Signore in tutte le cose, specialmente nelle piccole umili vite degli
animali, tanto da noi dimenticate, disprezzate, maltrattate, o soltanto non
considerate per cio' che sono. Dice e raccoglie, come gia' negli altri
libri, pensieri e suggerimenti veri e giusti.
In queste conversazioni con vari interlocutori in "Uomini e profeti", la
qualificata rubrica religiosa e sapienziale su Radiotre di Gabriella
Caramore, che ne ha curato la pubblicazione, De Benedetti porta piu' avanti
precedenti riflessioni. Intanto, sostiene che si tratta di una vera e
propria teologia, una delle "nuove teologie", una "teologia di tutto cio'
che e' vivo, e di tutto il creato" (p. 70), e ne mette in luce le chiare
basi bibliche. Soprattutto, e' la fragilita' e la sofferenza degli animali,
il loro silenzio, che li annovera tra i poveri del mondo, per i quali Dio ha
uno sguardo privilegiato, non puo' non avere un tale sguardo (pp. 7-8).
L'autore non dimentica che la creatura umana, nelle intenzioni di Dio,
doveva essere il meglio del creato, e talvolta lo e', talvolta e' il peggio.
Mentre noi commettiamo colpe, gli animali patiscono il dolore senza colpa.
Non esita a dire che "il piu' grande problema che la teologia ha da
affrontare e' la sofferenza degli animali" (p. 12). E' possibile risolverlo
interamente come un effetto della nostra colpa? E dice di ritenere che "il
dolore degli animali sia un mistero ancora maggiore rispetto al dolore
umano" (p. 31). Il veterinario Squassino giudica "che l'animale soffra tanto
quanto l'uomo" (p. 61).
Ogni cuore sensibile se ne fa carico. Leggiamo nel libro pagine toccanti di
tanti autori, su queste storie di dolore, che inquietano. In un cavallo
"ingiuriato - usato e colpito - e poi ingiuriato", che Anna Maria Ortese
ricorda dopo sessant'anni, Gabriella Caramore domanda se non si possa
scorgere "un'immagine cristica". "Si', e a ragione" risponde de Benedetti, e
aggiunge: "Credo che questa pagina sia stata letta anche da Dio in cielo"
(p. 74).
Egli afferma: "Credo che la vita sara' restituita". "Credo che l'animale,
compagno di tante solitudini, di tante tristezze, in misura varia secondo la
sua coscienza - affermo e ripeto coscienza - ci accompagnera' anche
nell'altra vita e non ci si chieda di spiegare il perche'" (p. 55). Per la
Bibbia, l'uomo non e' salvato da solo. "Liberta' e coscienza esistono,
almeno negli animali cosiddetti superiori (...) anche se la coscienza dei
singoli animali e' diversa dalla coscienza dell'uomo" (pp. 55, 61). Gli
animali domestici hanno spesso una "concezione religiosa dell'uomo", "uno
scambio di spirito" con lui, e dunque "sono davvero persone" (p. 30).
*
Diversi piccoli animali di casa sono morti nelle mie mani. Ultima, un'alba
di maggio, la mia intelligente Gatta, di cui scrissi a Paolo. E non
dimentico cio' che lui mi disse di quella sua gatta, a cui si rivolge e che
lo ascolta, vivente nel mondo ulteriore. "Spesso, come gli angeli nelle
antiche leggende, gli animali sono messaggeri del Cielo, memoria viva
dell'innocenza, della grazia, della fedelta' che l'uomo ha perduto" (p. 64).
E' vero che i loro occhi entrano nei nostri occhi, come suggerisce una
poesia di Tagore, quando gioiscono di stare in nostra compagnia, quando
soffrono e interrogano, quando muoiono. Io ricordo dopo decenni gli occhi
tristi e belli di un puma dietro le sbarre della gabbia, fissi nei miei,
quando ancora c'era lo zoo nella mia citta'. Resta ignoto il nome di quel
filosofo che confessa: "Guardate gli occhi di un cane che muore e
vergognatevi di tutta la vostra filosofia" (p. 59). Nessuna dottrina
risponde a questa domanda, se non la sapienza dell'amore universale.
Abbiamo con le bestie una "comunione di sofferenza" e il paradiso che
speriamo non sarebbe, senza di loro, il recupero del creato. L'animale e' un
soggetto morale, se non come agente, almeno nel senso di "paziente morale"
(p. 18). De Benedetti ritiene che anche molti animali siano capaci di
pieta', di perdono e di amore (p. 46).
C'e' il gran problema - che fa sorridere chi non vuole pensare - del
mangiare la loro carne, quindi della industria della carne. Luisella
Battaglia, docente di filosofia morale, arriva a porre l'alternativa:
"essere vegetariani o essere torturatori?". Tortura industriale, infatti,
sono gli allevamenti intensivi, che un grande autore sudafricano, J. M.
Coetzee, ma anche uno scrittore ebreo come Isaak Singer, paragonano a quanto
i nazisti hanno fatto agli ebrei. De Benedetti ascolta angosciato. Trattare
gli uomini come animali ci fa comprendere, per via negativa, la nostra
fraternita' con gli animali trattati come cose insensibili (pp. 22-25).
Anche la macellazione rituale, nell'ebraismo e nell'islam, e' un problema
affrontato nel libro. Gia' la Tora' contiene varie regole limitative,
perche' uccidere una vita e' tentazione di immedesimarsi con Dio, e
soprattutto impone che l'animale non deve soffrire. Questo problema oggi non
e' risolto (pp. 26-27). Cosi', i sacrifici religiosi di animali sono atti
che ormai "ci ripugnano" (p. 37) e, nell'evoluzione religiosa, sono
sostituiti dall'offerta di se' nell'ascolto esistenziale della Parola.
Non si parla del giocare con la morte degli animali, come nella caccia e
pesca sportive, e in certe crudelta' infantili: tra i miei rimorsi c'e' la
partecipazione in un piccolo branco all'affogamento di un topo preso in una
gabbietta. Lutero diceva: "Dio e' presente tanto nello spirito dell'uomo
quanto nelle trippe di un topo" (p. 44).
C'e' una piccola imprecisione dove si parla (p. 41) del trattamento degli
animali nell'induismo: Gandhi era vegetariano ma non jainista (cfr. Teoria e
pratica della nonviolenza, pp. 72-77).

7. LIBRI. DONATELLO SANTARONE PRESENTA "IL PENSIERO DISARMATO" DI MARCO
CATARCI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 febbraio 2008, col titolo "Il profeta
della nonviolenza che sale in cattedra" e il sommario "Aldo Capitini. 'Il
pensiero disarmato', un saggio che ricostruisce la sua parabola di studioso.
A scuola di valori. Un attivismo segnato da una forte tensione religiosa che
si riflette nelle sue teorie pedagogiche".
Donatello Santarone insegna Teorie e tecniche della mediazione culturale
all'Universita' Roma Tre. Tra le opere di Donatello Santarone:
Multiculturalismo, Palumbo, Palermo 2001; La mediazione letteraria. Percorsi
interculturali su testi di Dante, Tasso, Moravia, Fortini, Arbasino, Defoe,
Tournier, Coetzee, Emecheta, Ken Saro-Wiwa, Palumbo, Palermo 2005; Educare
diversamente. Migrazioni, differenze, intercultura, Armando, Roma 2006.
Marco Catarci, da sempre attivo in iniziative di solidarieta', per i
diritti, la pace e la difesa della biosfera, e' ricercatore e docente di
Pedagogia sociale presso la facolta' di Scienze della formazione
dell'Universita' degli studi Roma Tre, dove collabora con il Creifos (Centro
di ricerca sull'educazione interculturale e sulla formazione allo sviluppo).
Ha partecipato a numerose ricerche in campo educativo e sociale, e' autore
del volume All'incrocio dei saperi. Una didattica per una societa'
multiculturale, e di numerosi saggi e articoli sui temi dell'immigrazione,
della formazione, della mediazione culturale. Tra le opere di Marco Catarci:
All'incrocio dei saperi. Una didattica per una societa' multiculturale,
Anicia, Roma 2004; "La pedagogia degli oppressi di Paulo Freire", in
"Studium", n. 4, 2004; "Il percorso formativo del mediatore
linguistico-culturale: il modello proposto dal Cies" e "La mediazione in
ambito educativo", in F. Susi, M. Fiorucci (a cura di), Mediazione e
mediatori in Italia. La mediazione linguistico-culturale per l'inserimento
socio-lavorativo dei migranti, Anicia, Roma 2004; "Formazione e inserimento
lavorativo dei rifugiati in Italia", in M. Fiorucci, S. Bonetti (a cura di),
Uomini senza qualita'. La formazione dei lavoratori immigrati: dalla
negazione al riconoscimento, Guerini Associati, Milano 2006; Il pensiero
disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino
2007.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura
di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della
nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org)
sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di
Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini,
Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un
profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze
2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze
2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza
di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; cfr. anche il capitolo dedicato a
Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi,
Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro
di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini
sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini:
www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai
utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere
richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a
Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento
Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org]

Nella faticosa opera di ricostruzione di un pensiero critico e di un'azione
politica di sinistra, un posto non secondario dovra' essere assegnato
all'inquieto e profetico liberalsocialismo di Aldo Capitini.
Personalita' profondamente religiosa, ma in modo sempre antidogmatico e
polemico con la gerarchia ecclesiastica (la sua sensibilita' per i
perseguitati lo porto' negli anni Trenta a definirsi "ebreo onorario" e nel
dopoguerra a chiedere al vescovo di Perugia di essere cancellato dagli
elenchi dei battezzati), coerente antifascista e attivo propugnatore, sul
piano teorico e pratico, della lotta nonviolenta. La componente
profetico-religiosa del socialismo di Capitini si sostanzia nel farsi
carico, leopardianamente, e in un orizzonte storico di liberazione umana,
anche di quelle dimensioni dell'esistenza spesso trascurate nell'azione
politica: la malattia, la vecchiaia, la morte. Per Capitini, "oppresso - ha
scritto Norberto Bobbio - e' un salariato, ma oppresso... e' anche il
condannato alla pena capitale, il nato cieco, il morto".
Fu di Capitini l'idea di promuovere nel 1961 la prima Marcia per la pace da
Perugia ad Assisi. Espressione proprio di una nonviolenza tesa alla
trasformazione dell'esistente che lo portera' a sostenere le lotte di Danilo
Dolci in Sicilia, le denunce antimilitariste di don Milani e altre
innumerevoli azioni contro la guerra e per il disarmo. Una lotta
nonviolenta, pero', mai pensata come bel gesto eroico di un individuo
isolato, ma come processo difficile e molecolare di lotta di cui - scrive
Capitini riflettendo sul rapporto tra marxismo e nonviolenza - e' stato
protagonista centrale proprio il movimento operaio con le sue posizioni
contro le guerre imperialiste, con le manifestazioni di massa, gli scioperi,
l'occupazione delle terre, la disobbedienza civile.
Michelstaedter, Momigliano, Calogero, Codignola, Tartaglia furono alcuni
degli interlocutori e maestri di Capitini. Ma la sua passione per la
filosofia, la letteratura, la religione, la politica fu costantemente
intrecciata a quella per la pedagogia (disciplina che insegno' per lunghi
anni nelle universita' di Cagliari e Perugia). L'agire educativo permeo'
l'intera sua esistenza, forte della convinzione che l'uomo nuovo nonviolento
non nasce in maniera naturale ma necessita di un lungo percorso di
apprendimento fatto di conoscenze e di comportamenti. E' proprio a questa
dimensione che il giovane ricercatore Marco Catarci dedica il volume Il
pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini
(Edizioni Gruppo Abele, pp. 317, euro 18), un documentatissimo lavoro che
ricostruisce l'intera parabola teorica e pratica di Capitini,
approfondendone pero' in maniera intelligente e attuale la dimensione
pedagogica. Il tutto intramezzato da interviste a quanti hanno conosciuto o
si sono confrontati con i temi capitiniani: Goffredo Fofi, Pietro Pinna,
Alberto Granese, Luciano Capitini, Lidia Menapace e altri.
Un punto su cui Catarci insiste e' quello relativo alla concezione
capitiniana dell'educazione come liberazione, in forte consonanza con un
altro teorico della pedagogia del Novecento, il brasiliano Paulo Freire,
anch'egli oggetto di interesse e studio da parte dell'autore. In questo
Capitini non si accontenta della pur straordinaria tradizione dell'attivismo
pedagogico, che con il filosofo statunitense John Dewey aveva esaltato
l'esperienza del soggetto che apprende in un contesto di progressiva e
autonoma conquista di una cittadinanza democratica.
Capitini avverte tuttavia il pericolo di un'esperienza che amministra se
stessa senza determinare quelle trasformazioni fondamentali del soggetto in
direzione della pace e della nonviolenza e per il superamento delle
ingiustizie sociali. "L'educazione - scrive nel 1953 - e' la concreta
occasione a vivere il superamento del mondo e della sua ripetizione,
incontrando il di piu'". Questo "di piu'" e' per Capitini quell'"aggiunta"
di valori forti che soli danno un senso ai processi educativi. Valori
propedeutici a una piena realizzazione del bene, della verita' e del
perfezionamento di se' e degli altri. Valori d'altronde contemplati dalla
carta costituzionale e che prevedono una scuola laica, pubblica, gratuita,
democratica nei contenuti e nella didattica. Il suo impegno per la riforma
della scuola media unica del 1962 fa sua questa prospettiva costituzionale.
Suoi interlocutori negli anni Cinquanta e Sessanta su questi temi furono
Lamberto Borghi, don Milani, Aldo Visalberghi, Danilo Dolci.
Molto opportunamente Marco Catarci pubblica in appendice alcuni scritti
finora inediti di Capitini del 1952 che costituiscono una sorta di feconda
eredita' per quanti oggi lavorano nei sistemi educativi: "Perche'
l'educazione detta attiva se vale come opposizione e liquidazione
dell'educazione autoritaria ed esteriormente disciplinare, rischierebbe di
rimanere sollecitazione e svolgimento delle energie umane in un modo
semplicemente amministrativo, in direzione orizzontale, e di difesa di cio'
che si e', della vita e del benessere, se non scendesse un senso del valore,
una tensione al rinnovamento dell'uomo, l'apertura ad una liberazione che e'
ben diversa dalla ripetizione o mera continuazione di cio' che e'
attualmente l'umanita', la societa', la realta'".

8. LETTURE. DICKINSON. VITA, POETICA, OPERE SCELTE
Dickinson. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008, pp.
624, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volume
accorpa materiali gia' editi da Electa e Mondadori: un'ampia silloge dei
versi della grande poetessa, un saggio introduttivo e agili apparati di
Ester Mazzoni, iconografia, e finalmente un indice (che nei precedenti
volumi di questa collana assurdamente mancava). Emily Dickinson e' gia'
tutta la letteratura e la sapienza e il mistero del mondo. Se si dovesse
fare quel vecchio gioco di decidere quale unico libro vorresti avere su
un'isola deserta, diceva Annibale Scarpante, decidermi non saprei ma certo
l'opera enigmatica della donna di Amherst sarebbe tra quelle cui non vorrei
rinunciare.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 374 del 23 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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