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Minime. 345
- Subject: Minime. 345
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 25 Jan 2008 01:34:21 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 345 del 25 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: La caduta 2. Mao Valpiana presenta "Combonifem" 3. Paola Gaiotti De Biase: La scelta della strategia preventiva 4. Umberto Galimberti: Tra natura e individuo. Una riflessione laica sull'aborto 5. Maria Antonietta Saracino presenta "L'invenzione dell'Africa" di Valentin Mudimbe 6: Letture: Montale. Vita, poetica, opere scelte 7. Letture: Neruda. Vita, poetica, opere scelte 8. L'Agenda dell'antimafia 2008 9. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA CADUTA Cade il governo della guerra e del razzismo, del cedimento al male, della prostituzione ai potenti e della persecuzione dei poveri e degli oppressi. E proprio per il male commesso da questo governo fedifrago e corrotto si profila il pericolo del ritorno al potere dell'estrema destra eversiva e criminale. * Vi e' un solo modo per contrastare le due destre che dai neonazisti alla sedicente "cosa rossa" hanno governato lungo tutto il decennio per la guerra e per il razzismo, per il riarmo e per l'ecocidio, contro la Costituzione e contro l'umanita'. Occorre che la nonviolenza in cammino (incarnata nelle tante esperienze di lotta e di solidarieta' del movimento delle donne, del movimento delle classi oppresse, dei movimenti per la pace e per l'ambiente, dei movimenti di liberazione e per i diritti umani di tutti gli esseri umani) promuova liste elettorali della sinistra della nonviolenza, e persone amiche della nonviolenza entrino in quanto tali nelle istituzioni, per portare nel governo della cosa pubblica in tutte le istituzioni elettive la scelta, le proposte, la forza della nonviolenza. La scelta nitida e intransigente della nonviolenza. Le proposte concrete e coerenti della nonviolenza. La forza della verita'. * Non vi e' un minuto da perdere. Nessuna ambiguita' e' piu' ammissibile. Solo la scelta della nonviolenza puo' fondare oggi una politica all'altezza delle tragiche sfide dell'ora presente. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. STRUMENTI. MAO VALPIANA PRESENTA "COMBONIFEM" [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questa segnalazione. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007] Ho il privilegio di ricevere l'amicizia di suor Maria Teresa Ratti, direttrice di "Combonifem", donna dalla straordinaria sensibilita' e simpatia grande. "Combonifem" e' un bel progetto, tutto al femminile, che coinvolge la rivista e il sito. In particolare segnalo il dossier "Tutto e' sacro" per una teologia ecofemminista e l'articolo "Il maschilismo sfrutta donna e pianeta". Insomma, queste suore comboniane sono un'espressione avanzata del movimento per la nonviolenza. Per contattare la redazione di "Combonifem": via Cesiolo 46, 37126 Verona, tel. 045 8303149, fax: 0458308303, e-mail: redazione at combonifem.it, sito: www.combonifem.it 3. RIFLESSIONE. PAOLA GAIOTTI DE BIASE: LA SCELTA DELLA STRATEGIA PREVENTIVA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "L'Unita'" il 17 gennaio 2008 col titolo "L'insostenibile leggerezza di Ferrara". Paola Gaiotti de Biase (Napoli, 1927), storica, militante e dirigente politica, parlamentare, autorevole figura del cattolicesimo democratico. Dal sito della Societa' Italiana delle storiche (www.societadellestoriche.it) riprendiamo la seguente scheda: "Laureata in filosofia a Roma. Ordinaria di storia e filosofia nei licei, ha lasciato l'insegnamento nel 1987. Tra gli anni Sessanta e Settanta ha fatto parte piu' volte di commissioni ministeriali come esperta per il lavoro femminile e per la ricerca pedagogica e didattica. Negli anni Sessanta e' stata fra le fondatrici della rivista "Donna e societa'", dal 1987 ha collaborato regolarmente a "Reti", facendo parte del comitato di direzione. Entrata nella DC nel 1968 (esecutivo del Movimento femminile), nel 1975 e' nel Consiglio nazionale. E' quindi parlamentare europea dal 1979 al 1984. Nel 1984 lascia la DC e diviene presidente della Lega democratica di cui era stata fra i fondatori negli anni Settanta, dirigendone anche la rivista "Appunti di cultura e di politica". Fra il 1984 e il 1989 si sposta sempre piu' all'opposizione con una attenzione crescente alla questione dell'alternativa, collaborando a "L'Unita'", fino alla adesione alla proposta di Occhetto per la nascita di una nuova formazione politica, entrando nella Direzione, nel Coordinamento politico, e, dal 1992, nella segreteria politica del Pds. Nel 1994 e' eletta alla Camera dei deputati per il Pds. In Commissione Affari esteri e' capogruppo dei progressisti. E' stata rappresentante per l'Italia nella Commissione della donna dell'Onu nel 1983. Dal 1989 al 1991 ha presieduto il Comitato per la parita' uomo-donna istituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Ha fatto parte dal 1991 al 1994 della Commissione per la parita' uomo-donna presso la Presidenza del Consiglio, nel 2000 della Commissione per la riforma dei cicli istituita dal Ministro De Mauro. Ha fatto parte del direttivo della Societa' Italiana delle storiche dal 2003 al 2005. Tra le opere di Paola Gaiotti de Biase: Le donne oggi, Cinque Lune, Roma 1957; Le origini del movimento cattolico femminile, Morcelliana, Brescia 1963, 2001; La donna nella vita sociale e politica della Repubblica 1945-'48, volume III di "Donne e Resistenza in Emilia Romagna", Atti del Convegno "Donna e Resistenza", Bologna maggio 1977, Evangelista, Milano 1978; Questione femminile e femminismo nella storia della Repubblica, Morcelliana, Brescia 1979; "Movimento cattolico e questione femminile", in Dizionario storico del movimento cattolico, vol I, tomo II, Marietti, Torino 1981; I cattolici e il voto alle donne, Sei, Torino 1996; (con Cecilia Dau Novelli), La questione femminile, Le Monnier, Firenze 1982; Che genere di politica? i perche' e i come della politica delle donne, Borla, Roma 1998; "Da una cittadinanza all'altra: il duplice protagonismo delle donne cattoliche", in AA. VV., Il dilemma della cittadinanza, Laterza, Roma-Bari 1993; "The impact of women's political and social activity in postwar Italy", in AA. VV., The formation of Italian Republic, Peter Lang, New York 1993; "L'accesso alla cittadinanza e il voto alla Costituzione", in Le Donne e la Costituzione, Camera dei deputati, Roma 1989; "Le donne di 'Famiglia cristiana' negli anni Settanta", in La parrocchia di carta (Le lettere a Don Zilli), Edizioni Paoline, Milano 1992; "Educazione sessuale e pari opportunita': per una scuola del paradosso", in Bianca Gelli (a cura di ), Per un'etica della sessualita' e dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1992; AA. VV, Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione dell'identita'; Scheda storica sul Novecento, in Alessandra Bocchetti (a cura di), Ragazze vi racconto la nostra storia, Commissione nazionale per la parita' uomo-donna presso la Presidenza del Consiglio, Roma 2000; "Donne, fede, modernita'; l'asimmetria di genere nei processi di secolarizzazione", in "Bailamme", n. 27, 2001; "Donne cattoliche e scelta resistenziale femminile: un contributo al dibattito", in M. Sega e L. Bellina (a cura di), Fra la citta' di Dio e la citta' dell'uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta, Istituto storico per la Resistenza veneta, Venezia 2004"] E' con fastidio che si interviene nel dibattito aperto da quest'ultima provocazione di Ferrara, che riesce a dimostrare insieme il suo cinismo e la troppa disponibilita' della stampa italiana a prendere sul serio strumentalizzazione e protagonismi che non servono a nessuno e si muovono con spregiudicatezza e insieme superficialita' su terreni che meriterebbero ben altro spessore. Cosa hanno in comune la pena di morte e l'aborto tanto da dover collegare la moratoria dell'Onu (fra l'altro si badi bene iniziativa altamente meritoria e politicamente significativa per gli Stati, ma non vincolante per nessuno, non si sa come applicabile a singoli) alla legge sull'aborto. L'accoppiamento di due temi cosi' diversi, nelle logiche e condizioni che ne sono all'origine, nelle pratiche che possono combatterli, nei soggetti che ne sono responsabili, nasce solo dall'evocazione di questa magica parola "vita", una parola intorno a cui si e' andato come coagulando, in una sostanziale fuga dalla politica reale e dagli strumenti che e' in grado di usare, il rimando a qualcosa di intangibile e assoluto, che va oltre, e spesso ignora, l'unico assoluto e intangibile che per la politica e' la persona reale. Si tratta, infatti, di una espressione insieme ovvia e generica, politicamente inutilizzabile per la sua vaghezza, usata, proprio per la sua genericita' quasi come una fuga dall'analisi approfondita di come e dove la vita umana si difende e garantisce, dei rischi che affronta, degli strumenti cui si puo' ricorrere. E' entro questa analisi che la laicita' della politica e' chiamata a trovare risposte coerenti ai diritti non genericamente della vita ma degli esseri umani nella loro concretezza. Si puo' e si deve difendere la vita, ma per farlo davvero, in fedelta' alla propria coscienza bisogna maturare ben altra consapevolezza degli strumenti adeguati per farlo. Il primo dilemma che ci troviamo di fronte da questo punto di vista sta, a seconda dei problemi che ci troviamo ad affrontare, nella scelta fra strategie preventive e strategie repressive, in particolare in questo caso in cui siamo di fronte alla verifica oggettiva di secoli del fallimento da una parte e del danno aggiuntivo legato alle strategie repressive dall'altra. * In Italia, checche' se ne dica, la lettera della legge 194 non assume affatto il diritto all'aborto ma fa le scelta della strategia preventiva, e la fece (e vorrei ricordarlo per essermene occupata anche da storica in un saggio di qualche anno fa) con particolare forza grazie agli emendamenti introdotti da due cattolici esemplari, Gozzini e Pratesi. Ritengo che il no democristiano a questa scelta preventiva cui si approdo', abbia bloccato allora anche la possibilita' di influire sulla legge riducendone qualche ambiguita'. Il referendum che ne segui' fu condotto ignorando totalmente la natura del problema politico reale, cioe' la scelta politica concreta della strategia preventiva o repressiva, per concentrasi tutto polemicamente sul dilemma astratto e di principio, del si' o del no "alla vita", assai male riflesso del resto nello stesso dispositivo referendario. Questa scelta, politicamente errata e cieca, non solo favori' ulteriormente la sconfitta, comunque prevista, dell'iniziativa referendaria, non solo radico' nella grande maggioranza degli italiani il si' all'aborto attraverso un voto personale, ma accredito' insieme alla vittoria della legge la lettura dell'aborto proprio nella chiave assolutizzante di fatto come un diritto. I colpevoli di quel clamoroso e prevedibilissimo errore storico non solo non ne risposero mai, ma finirono coll'essere considerati dalla Chiesa come i figli piu' coerenti e affidabili. Questo errore ne porto' con se' un altro ancora piu' grave: la prevalenza di un conflitto di natura ideologica, di principi, anziche' di strumenti, fece si' che non si affronto' ne' allora ne' poi proprio il problema centrale degli strumenti adeguati della prevenzione, salvo qualche tentativo di introdurvi elementi dissuasivi, di fatto repressivi. * La scelta preventiva ha dato, come e' stata puntualmente ricordato piu' volte in questi anni, risultati certamente importanti non trascurabili. Ma si tratta pur sempre di una scelta ancora parziale e da integrare nei suoi strumenti decisivi. Ricordiamo i punti centrali: aumentano significativamente i fondi destinati ai consultori, confidando su un loro insediamento sul territorio nazionale, che negli anni successivi non ci sara'; si impone una informazione sui contraccettivi che certamente contribuira' a ridurre sempre piu', ove praticata, il ricorso all'aborto; ma mancano e mancheranno a lungo le misure di sostegno economico e sociale alla maternita', senza le quali non ha fondamento pratico un'azione dissuasiva dei consultori. I sostenitori della moratoria non ci stanno proponendo un ritorno alla strategia repressiva: ma che cosa allora? Una predica edificante? Una ripresa dell'informazione sulla contraccezione? O finalmente una vera politica delle famiglie? Ma se e' questo perche' chiamarla moratoria? Qualcuno pensa che proibire gli asili ai figli degli immigrati clandestini possa dissuadere le migranti, che sono sempre i soggetti oggi piu' esposti, dal ricorrere all'aborto o e' il contrario? La lotta contro l'aborto ha una sola via: creare condizioni economiche sociali, culturali, di solidarieta' collettiva in cui la maternita' possa essere vissuta serenamente e responsabilmente. Il resto e' gioco verbale e impotente. 4. RIFLESSIONE. UMBERTO GALIMBERTI: TRA NATURA E INDIVIDUO. UNA RIFLESSIONE LAICA SULL'ABORTO [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente articolo apparso sul settimanale "L'Espresso", n. 2, 2008, col titolo "Aborto, diritto delle donne". Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; materiali di e su Galimberti sono nei siti http://venus.unive.it e www.feltrinelli.it (che presenta molti suoi interventi sia scritti che audio e videoregistrati). Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata: "Umberto Galimberti e' nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario all'universita' Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia della Storia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola, Brescia, 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973; Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978; di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia, 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975 (Ristampa, Il Saggiatore, Milano, 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977 (II edizione ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo, Feltrinelli, Milano, 1983 (Premio internazionale S. Valentino d'oro, Terni, 1983); La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo, Feltrinelli, Milano 1984 (premio Fregene, 1984); Antropologia culturale, ne Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano 1987; La parodia dell'immaginario in W. Pasini, C. Crepault, U. Galimberti, L'immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino 1992 (nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999); Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del sacro, Feltrinelli, Milano 2000 (premio Corrado Alvaro 2001); La lampada di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003; Le cose dell'amore, Feltrinelli, Milano 2004; Il tramonto dell'Occidente, Feltrinelli, Milano 2005; La casa di psiche. Dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano 2006; L'ospite inquietante, Feltrinelli, Milano 2007. E' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli l'intera sua opera. Traduzioni all'estero: in francese: (Il corpo) Les raisons du corps, Grasset Mollat, Paris, 1998; in tedesco: (Gli equivoci dell'anima) Die Seele. Eine Kulturgeschichte der Innerlichkeit, Verlag Turia + Kant, Wien, 2003; (Le cose dell'amore) Liebe, Beck, Monaco, 2006; in greco: (Storia dell'anima) Historia tes psyches, Apollon, Thessaloniki, 1989; (Paesaggi dell'anima) Topia psyches, Itamos, Athina, 2001; (Gli equivoci dell'anima) Parermeneies tes psyches, University Studio Press, Athina, 2004: in spagnolo: (Dizionario di psicologia) Diccionario de psicologia, Siglo Veintiuno Editores, Citta' del Messico 2002; (Le cose dell'amore), Las cosas del amor, Imago mundi, Madrid, 2006; in portoghese: (Orme del sacro) Rastros do sagrado, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2003; (I vizi capitali e i nuovi vizi) Os vicios capitais e os novos vicios, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2004; (Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica) Psiche e techne. O homen na idade da tecnica, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2005; in giapponese: I vizi capitali e i nuovi vizi, Tokio, 2004"] Giuliano Ferrara, non so se in accordo preventivo con le gerarchie ecclesiastiche, o con le gerarchie ecclesiastiche subito al seguito della sua iniziativa, ha approfittato della recente approvazione all'Onu della moratoria sulla pena di morte per estendere analoga moratoria alla pratica dell'aborto. In questo modo ha rimesso in discussione la legge 194, approvata con un referendum degli italiani trent'anni fa, trascurando il fatto che questa legge, oltre a rendere drasticamente marginali gli aborti clandestini, ha ridotto del 40% le pratiche abortive. Ora, se consideriamo che compito dello Stato non e' costruire la "citta' ideale", ma ridurre il piu' possibile il male nella "citta' reale", dobbiamo dire che questa legge ha funzionato ed e' entrata nella sensibilita' comune degli italiani e soprattutto nel vissuto delle donne, sul cui corpo lo Stato non puo' decidere, ne' nella forma dell'aborto forzato come accade in Cina, ne' nella forma della proibizione dell'aborto come si vorrebbe da noi, perche' in entrambi i casi significa considerare la donna non come "persona" e quindi come soggetto di libere scelte, ma come semplice "funzionaria della specie", quindi sotto un profilo che non esitiamo a definire di "bieco materialismo", in barba a tutti i valori spirituali che si vorrebbero difendere con la proibizione generalizzata della pratica dell'aborto. * La grande contraddizione Per rendercene conto e' sufficiente considerare l'insanabile contraddizione che esiste tra la "natura" e l'"individuo". La natura quasi sempre rifiuta l'aborto perche', per la conservazione della specie, ha bisogno di tanta vita. Non perche' la vita sia "sacra". Alla natura non appartengono giudizi di valore. Per questo essa spreca tante vite senza rimpianto. Nel suo ciclo crudele e innocente di vita e di morte, alla natura i singoli individui interessano solo in quanto riproduttivi. Le loro biografie, le loro storie, i loro progetti, i loro sogni, il senso che essi cercano nel breve tragitto della loro esistenza, alla natura non interessano proprio nulla perche', come vuole l'immagine di Goethe: "Nel vortice della sua danza sfrenata la natura si lascia andare con noi, finche' siamo stanchi e le cadiamo dalle braccia. La vita e' la sua invenzione piu' bella e la morte e' il suo artificio per avere molta vita. Sembra che abbia puntato tutto sull'individualita', eppure niente le importa degli individui". Questa, tra natura e individuo, e' la grande contraddizione che nel corpo della donna, dove le esigenze della natura e quelle della propria soggettivita' confliggono, diventa la grande lacerazione che non consente sempre alla donna di coincidere con l'istanza materna e all'istanza materna di essere sempre compatibile con la realizzazione della propria individualita'. L'aborto e' solo il drammatico epilogo di questa lacerante contraddizione, che viene prima di tutte quelle giustificazioni razionali, assolutamente da non trascurare, che sono l'eta' in cui si resta incinte, il numero dei figli gia' nati, le risorse economiche della famiglia, il costo delle abitazioni, la scarsa disponibilita' di nidi e di asili, la sempre maggior difficolta' delle famiglie nucleari di oggi di farsi aiutare. Tutte queste ragioni vengono dopo, molto dopo. Prima di queste, inconfessatamente, segretamente, incosciamente, c'e' il rifiuto della donna di consegnarsi ineluttabilmente e incondizionatamente alle richieste della natura, che guarda gli individui esclusivamente come fattori riproduttivi per la sua autoconservazione. Nella donna, infatti, tra la sua soggettivita' e il suo essere madre puo' non esserci coincidenza, e l'aborto e' il gesto drammatico che sancisce questa lacerante distanza. I rappresentanti dei vari "movimenti per la vita", oggi impegnati nei consultori a dispensare i loro consigli, non conoscono questa lacerazione. Con la parola "vita" essi pensano alla vita della "natura" non a quella dell'"individuo", dimenticando che e' stato proprio il cristianesimo a far nascere e a far crescere il concetto di "individuo". E lo ha fatto emancipando la persona dall'ordine naturale, per instaurarla come compiuta soggettivita', a cui compete capacita' di discernimento e libero arbitrio. Si e' dimenticata la Chiesa di questo suo principio che ha dato forma alla cultura occidentale, rendendola riconoscibile e differenziandola dalle altre culture proprio a partire da questo suo dettato? Non e' chi non vede, infatti, che la vita e gli interessi dell'individuo non coincidono sempre e in ogni caso con la vita e l'interesse della specie. Non e' una faccenda di egoismo, quindi una faccenda morale. E' il segno di una contraddizione insanabile tra la vita della natura e la vita dell'uomo che, a differenza dell'animale, non coincide perfettamente con l'ordine naturale. L'aborto, che gli animali non praticano, e' uno dei segni evidenti di questa non coincidenza. * Per una morale laica Si dira': non e' necessario arrivare all'aborto, ci sono i contraccettivi o la pillola del giorno dopo per evitare gravidanze indesiderate. E' vero. L'obiezione e' ineccepibile e, a parte la riprovazione della morale cattolica anche in ordine all'uso dei contraccettivi e della pillola RU486, un'adeguata informazione e una corretta educazione sessuale nelle nostre scuole sarebbe davvero auspicabile. Certamente piu' utile delle crociate anti-abortiste, che servono solo a colpevolizzare chi non trova una via d'uscita nella morsa del conflitto tra individuo e natura. Ma neppure questo in Italia si riesce a fare per l'intollerabile ossequio della nostra politica alle indicazioni che provengono dalla gerarchia ecclesiastica. Per un deficit insopportabile di laicita'. E quindi di democrazia. Perche' come e' vero che un laico non obbliga un cattolico a divorziare, ad assumere contraccettivi, ad abortire, cosi' un cattolico non puo' obbligare chi non la pensa come lui ad attenersi ai suoi principi. Cosa dice il Partito democratico in proposito? Che posizione ha preso in ordine al testamento biologico, alla pillola del giorno dopo, alla fecondazione assistita omologa ed eterologa, alla diagnosi preventiva, al rifiuto della tecnica quando si deve nascere per rispetto della "procreazione naturale" e al ricorso massiccio alla tecnica quando "per natura" si dovrebbe morire, come nel caso Welby? Non rischia questo partito di implodere proprio sulle questioni etiche, non assumendo posizione su nessuno dei problemi qui elencati per non lacerare se stesso? E non e' in vista di questa implosione che Giuliano Ferrara ha sollevato di proposito la questione dell'aborto, subito affiancato dalle gerarchie ecclesiastiche, piu' interessate alla difesa dei loro principi che alle sorti dell'uomo? Per sentirmi in un paese democratico chiederei alla politica e, se non a tutta, almeno a quanti si riconoscono nel partito democratico, una chiara presa di posizione in ordine alla laicita', smascherando la sottile persuasione che si va diffondendo secondo la quale, senza religione, non e' possibile darsi una morale. Non e' cosi'. Basta rifarsi a due fondamentali insegnamenti di Kant. Il primo recita: "La morale e' fatta per l'uomo, non l'uomo per la morale". Che e' quanto basta per far piazza pulita di tutte quelle morali fondate sui principi religiosi, che nel nostro tempo sono inapplicabili, perche' formulati quando la natura era considerata immutabile e non come oggi in ogni suo aspetto modificabile. I progressi della scienza e della tecnica, che la chiesa non ha mai smesso di contrastare, rendono quei principi del tutto inutilizzabili. Il secondo dettato che Kant pone alla base della morale laica recita: "L'uomo va trattato sempre come un fine e mai come un mezzo". Un principio questo che, applicato alla questione dell'aborto, significa: non trattare la donna solo come un "mezzo" riproduttivo, imponendole in ogni caso la procreazione, ma come un "fine", e quindi come persona libera e responsabile delle sue scelte. Credo che bastino questi due principi difficilmente contestabili per ispirare un'etica laica, come deve essere quella dello Stato se vuoi essere rispettoso di tutte le opinioni e le credenze, comprese quella cristiana, perche' neppure il cristiano puo' accettare di trattare la donna come un "mezzo" e non come una "persona", dal momento che fu proprio il cristianesimo, lo ripetiamo, a introdurre nella nostra cultura il concetto di "persona". Un'ultima parola agli uomini di religione. Se avete bisogno degli strumenti giuridici per difendere la vostra morale imponendola a tutti, dimostrate solo la debolezza della vostra fede che, se ricorre al dispositivo legislativo, vuol dire che piu' non si fida del convincimento delle coscienze. A me questo pare un problema grave. Ma e' un problema vostro, che pero' non potete far pagare anche a chi non aderisce al vostro credo. 5. LIBRI. MARIA ANTONIETTA SARACINO PRESENTA "L'INVENZIONE DELL'AFRICA" DI VALENTIN MUDIMBE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 gennaio 2008, col titolo "Alle origini del sapere africano con uno sguardo all'Europa" e il sommario "Nel suo saggio del 1988, L'invenzione dell'Africa, tradotto di recente per Meltemi, il filosofo congolese Valentin Mudimbe si e' posto l'obiettivo di scardinare la visione occidentale del continente utilizzando strumenti che molto devono ai classici del pensiero europeo. Le riflessioni di Mudimbe prendono spunto dagli studi del kenyano John S. Mbiti, che fra i primi confuto' i pregiudizi sulle religioni africane, viste come semplici superstizioni". Maria Antonietta Saracino, anglista, insegna all'Universita' di Roma "La Sapienza"; si occupa di letterature anglofone di Africa, Caraibi, India e di multiculturalismo. Ha curato numerosi testi, tra cui Altri lati del mondo (Roma, 1994), ha tradotto e curato testi di Bessie Head (Sudafrica), Miriam Makeba (Sudafrica), la narrativa africana di Doris Lessing e Joseph Conrad, testi di Edward Said, di poeti africani contemporanei, di Aphra Behn; ha curato Africapoesia, all'interno del festival Romapoesia del 1999; ha pubblicato saggi sulle principali aree delle letterature post-coloniali anglofone, collabora regolarmente con le pagine culturali de "Il manifesto" e con i programmi culturali di Radio3. Valentin Mudimbe, filosofo, linguista, studioso di scienze sociali e religiose, narratore, e' docente di lingue romanze e letterature comparate presso la Duke University a Durham, negli Usa; ha pubblicato moltissimi articoli, tre raccolte di poesie, quattro romanzi e numerosi libri di linguistica, filosofia e scienze sociali. Tra le opere recenti di Valentin Mudimbe: Nations, Identities, Cultures (1997), Diaspora and Immigration (1999) e un'enciclopedia delle religioni e della filosofia in Africa. In italiano: L'invenzione dell'Africa, Meltemi, 2007] Riflettendo sul tratto di mondo che forse piu' amava, che certo meglio conosceva per averlo piu' volte percorso in lungo e in largo, il giornalista Ryszard Kapuscinski scrisse: "L'Africa e' un continente troppo grande per poterlo descrivere. E' un oceano, un pianeta a se stante, un cosmo vario e ricchissimo. E' solo per semplificare e per comodita' che lo chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realta' l'Africa non esiste" (Ebano, 1998). Non esiste, cioe', come entita' contenibile, circoscrivibile, raccontabile, se non per frammenti autonomi e al tempo stesso parti integranti di un tutto. E questo a differenza di quanto per quasi tre secoli gli europei cercarono di fare, operando - nel tentativo di descrivere il continente - macroscopiche generalizzazioni che da alcuni decenni gli studiosi africani, da varie angolature, si adoperano a smentire. * Un intellettuale poliglotta E' il caso, questo, di Valentin Y. Mudimbe - linguista, filosofo, studioso di scienze sociali e religiose, narratore - del quale l'editore Meltemi ha di recente pubblicato la versione italiana di uno dei testi piu' significativi, L'invenzione dell'Africa (cura e traduzione di Giusy Muzzopappa, pp. 319, euro 24), corposo volume apparso in inglese nel 1988, e per il quale l'anno successivo l'autore ha ottenuto il prestigioso Herskovitz Award. Nato nell'ex Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo, e quindi in area linguisticamente francofona, Mudimbe ha compiuto il suo percorso formativo dapprima in un monastero benedettino in Ruanda, poi a Lovanio, per approdare infine negli Stati Uniti, alla Duke University, dove tuttora insegna lingue romanze e classiche e tiene corsi di geografia dell'antica Grecia e fenomenologia francese. Mudimbe e' quindi l'incarnazione stessa dell'intellettuale africano poliglotta e multiculturale, figlio di quella diaspora che egli interpreta nel senso migliore del termine e alla quale ha dedicato nel 1999 il volume Diaspora and Immigration, riflessione sul ruolo dell'Africa all'interno di un mondo incalzato dalla globalizzazione. Pur essendo tra i primi scritti dello studioso (che ha oggi al suo attivo una nutrita schiera di saggi sul tema), L'invenzione dell'Africa occupa un posto di rilievo nell'area della ricerca filosofica, religiosa e antropologica dedicata al continente africano proprio perche' rappresenta uno dei primi contributi interdisciplinari che si sono posti l'obiettivo di scardinare la visione occidentale del continente, delineando "una sintesi critica delle complesse questioni riguardanti il sapere e il potere in Africa e sull'Africa". La linea di pensiero di Mudimbe si ricollega agli studi del filosofo e religioso kenyano John S. Mbiti (in particolare African Religions and Philosophy, del 1969), che tra i primi - e a partire da una prospettiva saldamente teologico-cristiana - ha confutato i pregiudizi in base ai quali le religioni africane erano state etichettate dal pensiero occidentale coloniale come superstizioni demoniache e anti-cristiane. Da qui Valentin Mudimbe ha preso avvio per la sua riflessione nella quale ha chiamato a raccolta gli esiti raggiunti sul tema da studiosi di diverse discipline, all'interno del continente come in Europa. Una "autorita' ampia", la definisce nella premessa Mudimbe, che "comprendesse i discorsi degli intellettuali utilizzandoli come una biblioteca critica e includesse, se possibile, l'esperienza di forme di saggezza escluse dalle strutture del potere politico e del sapere scientifico". Convinto con Michel Foucault che il discorso in generale, e il discorso scientifico in particolare, sia tanto complesso da potercisi avvicinare solo a livelli diversi e con metodi differenti, Mudimbe per affrontare il tema della progressiva "costituzione del sapere africano" ha - per cosi' dire - interrogato e posto a confronto tutto cio' che sul tema le varie discipline andavano producendo in quegli anni, o avevano prodotto nei due decenni immediatamente precedenti, particolarmente fertili dal punto di vista critico nonche' animati da grande entusiasmo. Ecco allora l'Orfeo Nero e le riflessioni sul colonialismo di Jean-Paul Sartre, a confronto con la filosofia della Negritudine di Senghor, appassionato cantore di un'Africa che chiedeva liberta', anche sul piano culturale, ma non riusciva a staccarsi dalla tutela europea; e prima ancora, con la riflessione di Edward Blyden vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, che Senghor riteneva padre ideologico e precursore dell'idea di una unita' dell'Africa Occidentale. Ecco Orientalismo di Edward Said, che - apparso nel 1978 - suscito' immediato interesse per il suo carattere di interdisciplinarieta', e che a Mudimbe ha offerto il tema della "invenzione dell'Oriente", come modello su cui costruire una analoga idea di "invenzione" dell'Africa da parte della cultura europea, al fine di giustificare la scientifica spoliazione materiale e culturale di un continente. * Barometri del loro tempo Tuttavia, se al centro della riflessione di Said - che quindici anni piu' tardi avrebbe dato alle stampe quel magistrale affresco interdisciplinare che e' Cultura e imperialismo - sta la forza della letteratura che il continente africano produce per parlare di se', nel testo di Mudimbe il contributo degli scrittori e' presente solo per veloci cenni. Eppure nel 1988 tale contributo era - ai fini della ridefinizione della immagine dell'Africa - assai vistoso e consistente e aveva nei diversi paesi di nuova indipendenza una sua ben precisa fisionomia. In quegli anni infatti era gia' attiva una seconda generazione di intellettuali africani che attraverso la narrativa, spesso intesa come strumento politico, avevano decostruito i modelli culturali imposti dal colonialismo, confrontandosi con l'antropologia e le scienze sociali e riflettendo sul linguaggio. Ma al tempo stesso, in questa sfida ai regimi postcoloniali, si erano posti come portavoce delle singole culture, nonche' come "barometri del loro tempo", per usare una espressione del nigeriano Ben Okri. Gli strumenti con cui lavora Mudimbe molto devono alle riflessioni di Foucault e Merleau-Ponty, Levi-Strauss e Levy-Bruhl, alla filosofia francese e ai classici del pensiero europeo, piu' che a figure di intellettuali africani piu' problematici, ma non per questo meno interessanti, come il kenyano Ali Mazrui, la cui ricerca segue da anni un percorso parallelo a quello di Mudimbe (ma del tutto laico e segnato da un deciso taglio politico militante); o a figure scomode per un atteggiamento di denuncia rivoluzionaria pagato addirittura con la morte, come nel caso dello storico e sociologo Walter Rodney. L'invenzione dell'Africa segue dunque un sentiero piu' sicuro che si sarebbe completato nel 1994 con The Idea of Africa, ma che, per l'ampiezza dell'impostazione e la ricchezza della ricerca bibliografica, e' certo una base da cui partire per conoscere la complessita' delle culture del continente africano. 6. LETTURE. MONTALE. VITA, POETICA, OPERE SCELTE Montale. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2007, pp. 608, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volume, che ripropone materiali gia' pubblicati da Electa e Mondadori, si compone di una biografia di Maria Rosa Tabellini (ampiamente illustrata), una vasta antologia montaliana (che include per intero Ossi di seppia, Le occasioni, La bufera, Satura - insomma tutto il Montale maggiore e decisivo), ed essenziali una cronologia e una bibliografia. Sempre ho amato la poesia di Montale. Sempre la poesia di Montale mi ha parlato. 7. LETTURE. NERUDA. VITA, POETICA, OPERE SCELTE Neruda. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2007, pp. 608, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volume - utilizzando materiali gia' apparsi in precedenti pubblicazioni Electa Mondadori e Guanda - propone un ampio saggio introduttivo di Franca Gusmini con ricco apparato iconografico, un'ampia antologia delle poesie di Neruda (ma la mancanza di un indice dei testi rende poco agevole la consultazione, ed allora viene istintivo tirar giu' dallo scaffale di casa l'antologia edita da Guanda che in questa sezione del volume e' riprodotta), una cronologia e un bibliografia essenziale. Neruda e' stato uno dei poeti piu' letti del Novecento, forse anche perche' la sua poesia si spande in tutte le direzioni e tutte le movenze sperimenta (talvolta suscitando il dubbio di un fluire troppo incontrollato, o troppo smaliziato); ed io che scrivo queste righe sempre lessi Neruda ma non sempre lo amai, e leggendo Confesso che ho vissuto (la sua autobiografia) non di rado ho avvertito un che di volta in volta costruito o compiaciuto, e cosi' non poche sezioni dell'opera in versi sua mi sono parse facili, ridondanti, prescindibili. Ma un'opera come il Canto general e' magnifica, vi senti il battere dei versi di Omero, come un mare infinito; un respiro epico, una sfida dantesca e una spinta a quella verita' che e' nella visione dell'insieme. E letto il Canto general torni a leggere con altri occhi e piu' profonda empatia l'opera di Neruda tutta. 8. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 9. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 345 del 25 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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