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Minime. 327
- Subject: Minime. 327
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 7 Jan 2008 00:41:58 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 327 del 7 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Renato Solmi: Mi abbono ad "Azione nonviolenta"... con una proposta al movimento 2. Alex Zanotelli: Kenya, guerra tra poveri 3. Angela Dogliotti Marasso: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 4. Daniele Lugli: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 5. Beppe Pavan: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 6. Piercarlo Racca: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 7. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 8. Ettore Masina: Lettera 127 del novembre 2007 9. L'Agenda dell'antimafia 2008 10. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. RENATO SOLMI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"... CON UNA PROPOSTA AL MOVIMENTO [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per questo intervento. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' faccio parte del Movimento Nonviolento di cui essa e' l'organo principale nel nostro paese. Vorrei, pero', che dovunque si preparano azioni violente (come accade a Vicenza col progettato raddoppiamento della base americana al Dal Molin), fossero presenti, direttamente o indirettamente, tutti coloro che aderiscono agli ideali nonviolenti: direttamente con la presenza di persone provenienti da altre citta' o regioni del paese accanto ai militanti del presidio locale, e indirettamente mediante azioni parallele e convergenti in tutte le sedi in cui esse potrebbero essere utili: cosi', per esempio, attraverso una pressione costante sui consigli comunali, provinciali e regionali perche', dovunque possibile, manifestino la loro solidarieta' con la resistenza dei vicentini, e promuovano attivamente tutte le iniziative rivolte a questo obbiettivo, facendo in modo che, a poco a poco, una parte sempre crescente del popolo italiano faccia sentire la sua volonta' di pace e manifesti la sua opposizione all'approvazione e all'esecuzione di un progetto destinato ad avere, nel caso in cui si realizzasse, conseguenze irreversibili sulle sorti del nostro paese e su quelle del mondo. So bene che questo punto, o questo problema, non e' il solo su cui la pressione del movimento pacifista e nonviolento dovrebbe farsi sentire, ma penso tuttavia che, anche sul fronte della pace, come accadeva, a suo tempo, su quello della guerra, esistono luoghi privilegiati su cui si conducono, o si dovrebbero condurre, battaglie decisive, il cui esito non potra' fare a meno di imprimere, al corso generale degli eventi, una direzione piuttosto che l'altra, trascinando con se' tutta una serie di effetti collaterali che non potrebbero verificarsi se, su quel punto, non si fosse conseguita, da parte del movimento complessivo, una vittoria di carattere risolutivo. E va da se' che, per tornare sulla dimensione nazionale dei problemi, la campagna contro il raddoppiamento della base americana deve collegarsi direttamente a quella per la rimozione delle armi atomiche (e di tutto l'apparato militare relativo) dal territorio e dalle acque territoriali del paese, che e' attualmente in corso e che e' destinata ad assumere, a poco a poco, una valenza decisiva per l'indirizzo della nostra politica estera e anche per le ripercussioni che essa dovrebbe avere sul futuro dell'Unione Europea (e in particolare dei paesi dell'Europa centrale, come la Germania, la Cechia o la Polonia, dove queste preoccupazioni non sono meno vive che da noi). 2. RIFLESSIONE. ALEX ZANOTELLI: KENYA, GUERRA TRA POVERI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 gennaio 2008, col titolo "E' guerra tra poveri". Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003] Quello che sta avvenendo in Kenya da una parte mi sorprende, dall'altra no. Mi sorprende perche' il Kenya e' sempre stato, dall'indipendenza ad oggi, un paese estremamente stabile e pacifico. Non ha mai conosciuto una guerra civile. Il che nel contesto dell'Africa Orientale e' senza dubbio un merito, perche' tutti gli altri paesi della regione - dalla Somalia all'Eritrea, dall'Etiopia al Sudan - sono martoriati da guerre terribili. Il Kenya e' una sorta di isola felice, un paese assolutamente sicuro all'interno di un contesto (quello africano) martoriato da guerre sanguinarie. Un paese che definirei pacifico. L'ultima violenza che ha conosciuto risale alla lotta dei mau mau per l'indipendenza. Anche le elezioni erano state pacifiche, almeno nella partecipazione. Ora, dopo questo strano risultato elettorale, tutto e' degenerato accendendo lo scontro tra le due grandi etnie (Kikuyu e Luo), che non si sono mai accettate fra loro. In Africa la parola "integrazione" tra i vari gruppi etnici e' purtroppo sconosciuta. E tutta la violenza di questi giorni si sta drammaticamente ripercuotendo su Nairobi, specialmente all'interno delle baraccopoli. Ci sono scontri violentissimi a Kibera (la piu' grande del paese), a Mathare (la seconda), e a Korogocho (la quarta). Quello che invece non mi sorprende e' il perche' stia accadendo tutto cio'. La responsabilita' principale credo che sia del sistema repressivo che vige nel paese. Le baraccopoli sono il frutto amaro di una pressione incredibile da parte della politica. Nairobi ha quattro milioni di abitanti, tre milioni dei quali vivono accatastati nel solo 2,5% del territorio della capitale. E questo 2,5% non e' di proprieta' dei baraccati, ma del governo, il quale puo' venire (come capita spesso) e sbattere fuori quando vuole questa povera gente. L'80% poi non possiede neanche una baracca, pur pagando lo stesso l'affitto del suolo, che e' anche molto salato per chi ha un salario pari quasi a zero. Le baraccopoli hanno dunque uno scopo ben preciso: sono volute dal governo per avere della manodopera a basso prezzo. E oggi con il pretesto del broglio elettorale si fa scoppiare una guerra tra poveri. Come un fiammifero che accendi e ti salta la polveriera. Nella tragedia di questi giorni bisogna tener presente questo contesto e la realta' delle baraccopoli. La situazione e' percio' complicata. L'unica soluzione possibile, al momento, e' quella di tornare subito al voto, invalidando i brogli. Ma credo che questo sia molto difficile, perche' chi e' ora al governo non mi pare abbia l'intenzione di fare un passo indietro. E questo, lo dico con molta paura, rischia di far precipitare tutto in una guerra civile. Il popolo keniota e' stanco, non ha nulla da perdere, e il rischio di una carneficina e' molto alto. Sarebbe davvero tragico se cio' accadesse, per un paese che e' stato capace di uscire indenne da altri momenti drammatici, con una capacita' di sopportazione della gente senza precedenti. Spero che tra i capi ci sia un atto di saggezza e che si arrivi al piu' presto ad un compromesso che porti a nuove elezioni, questa volta sotto un'osservazione internazionale piu' stretta. Anche se, ripeto, e' molto difficile. L'unica speranza e' che possa intervenire la chiesa attuando un ruolo di raccordo tra le parti. I presupposti non sono pero' buoni. Ho saputo che il cardinale di Nairobi ha sostenuto Kibaki durante la campagna elettorale. E' un peccato perche' cosi' si toglie alla chiesa il suo ruolo di neutralita', unico presupposto per evitare altra violenza e altro sangue. 3. AMICIZIE. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it) per questo intervento. Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; Con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004. Due interviste ad Angela Dogliotti Marasso sono nelle "Minime" n. 220 e n. 222] Per mettere in relazione i fili di un tessuto di pace che da tante piccole e grandi iniziative ci aiuti a superare le paure, le diffidenze, le indifferenze e le apatie... per condividere una identita' aperta, dialogante, creativa... per sostenere un piccolo tenace giornale che dal 1964 scrive di nonviolenza e si ostina a provarci... per questo continuo ad abbonarmi ad "Azione nonviolenta". 4. AMICIZIE. DANIELE LUGLI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per questo intervento. Daniele Lugli e' il presidente nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] Mi abbono ad "Azione Nonviolenta" perche' ricordo la sua nascita, la scelta del titolo, l'attesa del primo numero quarantaquattro anni fa, le iniziative per diffonderla e farla conoscere, il suo accompagnare le prime azioni collettive per una legge sull'obiezione di coscienza, il suo sguardo sulle esperienze di nonviolenza in giro per il mondo, l'impegno che da allora continua, la sua apertura; perche' continua a sembrarmi una voce utile e libera e vorrei che altri si abbonassero e l'arricchissero del loro contributo; perche' vi ritrovo la tensione e familiarita' che mi fanno amico della nonviolenza; perche' mi ricorda Capitini e i suoi interventi, sempre cosi' accurati e precisi, e la passione di Piero Pinna e il servizio prezioso, che prosegue, di Mao Valpiana, e i volti delle amiche e degli amici di un tempo e di oggi e le cose che abbiamo fatto, quelle che facciamo e le tante da fare assieme, ancora e Peppe che quotidianamente ci richiama a "saperne di piu'". 5. AMICIZIE. BEPPE PAVAN: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo intervento. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima esperienza nonviolenta della comunita' di base e del "gruppo uomini" di Pinerolo (preziosa esperienza di un gruppo di uomini messisi all'ascolto del femminismo con quella virtu' dell'"attenzione" di cui ci parlava Simone Weil), ed in tante altre esperienze di pace, di nonviolenza, di solidarieta'; cura la newsletter "Uomini in cammino" ed e' tra i promotori dell'associazione "Maschile plurale"] I perche' sono tanti, compreso il fatto che, dopo averla letta, mia moglie e io la passiamo ad un'associazione che si prende cura di persone affette da dipendenze. C'e' un perche' che mi sta piu' a cuore. Pochi giorni fa, a Palermo, abbiamo fatto un piccolo incontro tra uomini, cercando di contribuire alla nascita di un gruppo di autocoscienza maschile anche in quella citta'. E uno dei temi emersi con piu' forza e' stato proprio quello della violenza, declinato in molte forme: dal bullismo alla mafia, passando per la corruzione e le illegalita' diffuse. Per uno degli uomini presenti la violenza e' "il" problema: di questo ci dobbiamo occupare, secondo lui. Io resto convinto, a partire da me, che "il" problema e' rappresentato dal modo di stare al mondo dei maschi dominanti. Non e' dietrologia, ma la conclusione a cui arrivo ogni volta, riflettendo sulle diverse incarnazioni della violenza. Non mi dilungo. Ma anche di questo si parla sempre piu' spesso sulla rivista. Per questo continuero' a sostenerla. 6. AMICIZIE. PIERCARLO RACCA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca at fastwebnet.it) per questo intervento. Piercarlo Racca e' uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressoche' tutte le esperienze piu' vive e piu' nitide di impegno di pace; e' per unanime riconoscimento una delle voci piu' autorevoli della nonviolenza in cammino] Rinnovare l'abbonamento ad "Azione Nonviolenta" e l'iscrizione al Movimento Nonviolento e' la naturale conseguenza di chi crede da sempre nella necessita' di un mondo senza guerre e senza eserciti. "Azione Nonviolenta" fondata da Aldo Capitini nel 1964 ha rappresentato e rappresenta tuttora un punto di riferimento importantissimo nel nostro paese per tutti coloro che "non si rassegnano" ad essere passivamente governati da un potere politico capace solo di aumentare le spese militari. Abbonarsi non e' quindi un gesto simbolico, ma un modo concreto per attuare, diffondere e sostenere le nostre idee. 7. INDICAZIONI PRATICHE. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964; e' un mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Redazione, direzione e amministrazione sono in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Oppure bonifico bancario sullo stesso conto presso BancoPosta ABI 07601 - CAB 11700. Speificare nella causale "Abbonamento a 'Azione nonviolenta'". E' possibile chiedere una copia omaggio della rivista, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 8. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: LETTERA 127 DEL NOVEMBRE 2007 [Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo la sua lettera mensile n. 127 del novembre 2007. Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino". Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81. Angela Altieri e' nata a Roma nel 1963. Ha studiato Lettere Moderne all'Universita' di Roma "La Sapienza", laureandosi con il massimo dei voti nel 1988. Dopo diverse esperienze di insegnamento in scuole pubbliche e private, nel '91 sceglie di lasciare la scuola per un anno e impegnarsi di sua iniziativa come volontaria nell'ospedale San Camillo di Roma, in cui accompagna fino alla fine un paziente terminale. Nel 1994 si trasferisce in Inghilterra per sposarsi (suo marito James e' inglese, di Bath), continua ad insegnare la lingua italiana nei vari istituti britannici e ha due figlie (1996 e 1997). A dicembre del 2003, a Roma in famiglia, durante le vacanze di Natale, viene visitata urgentemente da un chirurgo e dopo la diagnosi di carcinoma mammario e successiva operazione, decide con la famiglia di non tornare in Gran Bretagna e proseguire le cure in Italia. Difficolta' lavorative del marito, le richiedono altri spostamenti: l'anno successivo si trasferisce a Milano e poi, dopo due anni, di nuovo a Roma, dove vive attualmente. A Milano, nel 2005, conosce l'Associazione Attivecomeprima ed entra pienamente nello spirito di questa Onlus, con il cui personale vive due anni di cammino, formazione, condivisione insieme ad altre pazienti... Da questo incontro con Ada Burrone, presidente di Attivecomeprima, e' nata una grande amicizia e una comunione di intenti. Oggi Angela si occupa, sempre da volontaria, della comunicazione per Attivecomeprima e dove puo' porta il suo contributo riguardo all'esperienza vissuta, attraverso la scrittura, l'incontro con altre pazienti e ex pazienti, la cura della rete delle relazioni perche' la competenza dell'Associazione diventi una ricchezza condivisa. Maria Cristina Bartolomei, teologa e filosofa, e' docente di filosofia morale all'Universita' di Milano, componente della direzione della rivista "Filosofia e teologia" e del comitato scientifico della Associazione italiana per gli studi di filosofia e teologia; e' autrice di molti saggi] Ascoltare le donne Come sempre accade per i documenti scritti, "Lettera" non e' soltanto il tentativo di una persona di riordinare i propri pensieri e di entrare in dialogo con sentimenti e idee di altri, ma, anche, e' un documento di narcisismo. Sotto sotto la domanda che gli autori pongono ai lettori e': "Vedi come sono bravo?" (con l'aggiunta di una richiesta taciuta a fatica, per pudore: "Ma allora dimmelo!"). Per i vecchi come me, poi, uno scritto e' anche una specie di certificato di esistenza in vita... Confesso queste inusitate parole per dire che fatico a cedere la mia tribuna; ma questa volta sento il bisogno-dovere di tacere di fronte ai terribili fatti di barbarie, esplosi quasi a coonestare con l'orrore le accuse di genocidio fisico e culturale sollevate recentemente dalle organizzazioni femminili italiane. Il mio silenzio vuole essere partecipazione profonda al lutto delle donne per le loro sorelle massacrate dalla violenza maschile, ma soprattutto il riconoscimento che noi maschi siamo costretti una volta di piu' a riconoscere la violenza della quale siamo tutti (tutti!) portatori: consapevoli alcuni, colpevolmente ignari gli altri. Percio' questa volta "Lettera" e' composta di tre voci di donne, che mi sono sembrate particolarmente alte e limpide. Il primo testo e' di Maria G. Di Rienzo, storica, giornalista e scrittrice, impegnata nel movimento delle donne e in quello della nonviolenza. E' stato pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza in cammino, proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo". "Minime" e' uno straordinario bollettino quotidiano che ho piu' volte raccomandato ai miei lettori e che puo' essere richiesto all'indirizzo e-mail: nbawac at tin.it * Maria G. Di Rienzo (...) Quello che non mi e' capitato mai, neppure quand'ero infelice al sommo grado, arrabbiata, sfinita dall'odio attorno a me, e' stato pensare di aggredire qualcuno, di violentarlo e/o ucciderlo a botte. Naturalmente. Sono una donna. Le donne non stuprano gli uomini. Ma non e' cosi' semplice, sapete, perche' se avessi guardato in basso nella scala gerarchica probabilmente avrei trovato anch'io qualcuno a cui fare del male, a cui rovesciare addosso centuplicato il male fatto a me. Un'altra donna, un bambino, un animale. Ma non volevo e non potevo. Non accettavo la graduatoria del dominio, non l'accetto tuttora. Continuo a pensare che ogni essere umano dovrebbe poter vivere una vita decente, usare le proprie abilita', dare e ricevere amore, e che anche agli animali dovrebbe essere dato maggior rispetto. Continuo a pensare che Giovanna e Nicolae, entrambi esseri umani, condividessero il diritto di vivere: non semplicemente di sopravvivere, proprio di vivere, e al meglio possibile. Ma lei e' stata uccisa, nel modo orribile che sappiamo, soffrendo, lottando, come altre migliaia di donne muoiono ogni giorno. E mi e' bastato uno sguardo alla baraccopoli di Tor di Quinto perche' mi venisse un nodo in gola. Possono vivere cosi', degli esseri umani? Niente prediche, per carita', stiamo ai fatti. Mi par quasi di sentirli, politici e opinionisti e tuttologi. Ho soluzioni da proporre, qualcosa di concreto, invece di ripetere per l'ennesima volta le stesse cose, eh, ce l'ho? Si'. Per iniziare, ne ho due. Sono risposte di base, e non affrontano altre questioni a cui sono ovviamente correlate, come la necessita' di un cambiamento radicale dell'ordine politico ed economico su scala mondiale: ma il piu' lungo dei viaggi comincia con un solo passo, e io ve ne propongo due. Il primo e' che vorrei partisse da subito, con il coinvolgimento di istituzioni, scuole, ong, una grande campagna contro la violenza di genere. Manifesti, forum, incontri, conferenze, la rete delle Commissioni pari opportunita' scenda in campo e faccia il mestiere per cui l'abbiamo creata, le ministre e le parlamentari si siedano attorno ad un tavolo e comincino a parlarne, il movimento femminista si sta gia' muovendo: andiamo alla manifestazione del 24 novembre a Roma, tanto per cominciare, e facciamola riuscire piu' che bene. La societa' e' satura di misoginia e violenza di genere. Il trattamento volto a degradare le donne e' cosi' pervasivo e "normale" che non ci facciamo neppure caso. Siamo tutti coinvolti in questo massacro, perche' la violenza senza fine che investe le donne e' collegata direttamente alla volonta' di disumanizzarle, e quando hai reso qualcuno disumano, tutto e' possibile ("Gli ebrei sono certamente una razza, ma non una razza umana", Adolf Hitler: sei milioni di morti nei campi di sterminio). Dobbiamo innanzitutto imparare a vedere/riconoscere la violenza, e non solo la sua spettacolarizzazione o strumentalizzazione. Il quadro include la violenza di stato e quella individuale, quella pubblica e quella privata. Razzismo, omofobia, e altre forme di marginalizzazione che razionalizzano, "spiegano" la violenza, la narrano come inevitabile e necessaria, provengono da un'unica sorgente, e si alimentano l'un l'altra e si costruiscono l'una a partire dall'altra. Il nome della sorgente e' sessismo. Il nome del "nemico" primario, quello su cui si costruiscono tutti gli altri, e' donna. Quindi non si tratta solo di cio' che gli individui compiono o possono compiere per le ragioni piu' disparate: la violenza e' sostenuta istituzionalmente, e' sistemica, e percio' un certo grado di essa (in diverse forme e contesti ecc.) diventa accettabile, e in alcuni casi persino raccomandato. Quando la III Corte di Cassazione diventa famosa per la "sentenza dei jeans" e poi per quella in cui riconosce attenuanti allo stupratore ("patrigno" della vittima) perche' la ragazzina avrebbe avuto esperienze sessuali precedenti lo stupro, la legge italiana sta dicendo esattamente questo: che un certo grado di violenza e' accettabile in condizioni date. La violenza accettabile e' (quasi) sempre quella che una donna subisce, il motivo per cui e' accettabile e' che la donna la vuole, la merita, se l'e' andata a cercare. E comunque, soddisfare gli uomini e' tutto cio' a cui una femmina serve. Ci sono soldi da fare, amici. L'industria dei giocattoli sta lanciando in questo momento nuove linee dirette a bambine dai sei ai nove anni: cosmetici, piccoli reggicalze, top di tessuto elastico. Non e' mai troppo presto per infilare nelle menti delle bambine questo concetto: cio' che e' veramente importante e' la loro abilita' di compiacere sessualmente gli uomini. Ok? Quando non vi sono reti di sostegno sociale (welfare, redistribuzione equa delle risorse) una donna che vive con un partner violento e' costretta a restarci. Quando impieghi mal retribuiti, non sicuri, non permettono ad una donna di costruirsi una vita decente, la espongono a situazioni in cui la violenza e' facilitata. E questa e' un'altra responsabilita' istituzionale rispetto alla violenza di genere. La seconda proposta: bisogna accelerare sul pedale dei diritti per gli immigrati. Proprio. Le persone che vengono qui sono nostri concittadini e concittadine, lavorano qui, hanno figli qui, e capita che commettano crimini qui, proprio come gli italiani. Ma noi continuiamo a dir loro che questo non e' il loro paese, che non lo sara' mai. La cittadinanza degli immigrati e delle immigrate deve avere pieno titolo, diritto di voto compreso, responsabilita' verso il bene comune compresa, e non tanto e non solo per considerazioni etiche: se sai di essere a casa tua e' piu' difficile che ti venga voglia di distruggerla; se sai di essere tra persone civili e accoglienti, che potrebbero persino diventare amici, e' piu' difficile alimentare l'odio in ambo le direzioni. E' inutile pensare, come qualcuno non solo pensa ma dice, che possiamo rimandare i migranti da dove vengono. Le condizioni oggettive (e qui sto sul piu' crudo pragmatismo) economiche, storiche, sociali non permettono il tipo di soluzione "scopiamoli sotto il tappeto e dimentichiamoci di loro", e lo sa bene anche chi strilla il contrario. Percio' dobbiamo affrontare la situazione e renderla il piu' possibile pacifica e accettabile e serena per tutti. E quando un'idiota ci passa un volantino con su scritto "Questi non devono piu' toccare le nostre donne" restituiamolo chiedendogli da quando e' stata reintrodotta in Italia la schiavitu': le donne non sono di nessuno, appartengono a se stesse, come qualsiasi altro essere umano sulla faccia della Terra. E gli italiani le degradano e feriscono quanto gli altri. Viviamo in un paese in cui la gente spara dalle finestre gridando "Vi odio tutti", in cui i bambini si impiccano non sopportando lo scherno e l'esclusione, in cui ragazzi di vent'anni si danno il turno a stuprare una quindicenne intercalando la violenza con giochini al computer: sono tutti fatti di cronaca, abusi commessi da italiani su altri italiani, disperazione tutta italiana, non mi sto inventando niente. Vogliamo cominciare a dire che non ci sta bene? Vogliamo spegnere i fuochi dell'odio, prima che il rogo ci annienti tutti? * Angela Altieri Il secondo scritto del quale riporto alcuni brani potete leggerlo nella sua interezza sul blog di Angela Mac Donald Altieri, www.angelaesiste.blogspot.com/. Benche' lei lo neghi con risolutezza, io considero Angela una straordinaria scrittrice, e, se gia' non la conoscete, vi invito a farle visita virtualmente. La notizia di questi giorni non e' che un rumeno sia un assassino ma che una donna, l'ennesima, sia stata martirizzata. Poche ore dopo, un'altra giovane vita di donna veniva risucchiata dalla bestia, a Perugia. Non e' che gli stranieri portano orrori nelle nostre case ma e' l'orrore che si incarna nella mente ferita, li' dove baracche di cartone e immondizie trasformano un uomo in uno scarafaggio. Tuttavia la storia ci insegna che neppure una villetta lustra e ben arredata della Lombardia puo' preservarci dalla follia, ne' il mare intenso e la tavola buona nobilitare sempre la Sicilia. Questo male che ci mangia il cuore lo chiamiamo extracomunitario, vorremmo che fosse extra da noi; eppure di li' a poco uno di noi, proprio a Roma, sparava sulla folla: come fanno i ragazzi americani quando riversano sui Campus la loro ferocia, come gli islamici nelle piazze pubbliche. L'orrore ci appartiene, e' l'inesorabile abisso in cui puo' finire la coscienza di un uomo. Ha attraversato popoli, ha divorato generazioni: Cambogia, Cile, Bosnia, Rwanda... la lista e' interminabile: che sia la guerra personale o collettiva contro l'altro gli effetti sono la "deflagrazione" dell'essere. Allora sono lenitive, curative, le parole espresse dalla famiglia valdese che parlano di tolleranza e amore. Come si puo' guarire dalla ferita lacerante del male subito e del male compiuto? Il processo di guarigione riguarda tutti, anche noi che assistiamo impotenti, che siamo umiliati dall'essere spettatori non solo dall'efferatezza ma anche dall'incapacita' politica a trovare risposte. La politica non basta, non ha strumenti sufficienti, non riesce a perdere di vista il proprio ombelico. La religione ha fallito nel tentativo di salvarsi il tempio e le casse: talvolta e' stata ed e' protagonista della deflagrazione. Resta la fede, nell'uomo e nella sua capacita' di guarigione... Quanto suonano violente e regressive allora le parole che istigano alla vendetta e alle deportazioni in massa del "nemico"... da quei sentieri non si va da nessuna parte, anzi da una parte si va di certo: quella del carnefice! Scegliamo di non tradire le vittime: scegliamo la vita che e' stata divelta, proseguiamo e portiamo a compimento la strada sottratta all'innocente. * Maria Cristina Bartolomei Il terzo testo che vi propongo tratta un altro argomento, come vedrete. L'autrice e' Maria Cristina Bartolomei, teologa e filosofa. Tiene una rubrica sul mensile "Jesus", al quale io stesso collaboro, e nell'ultimo numero della rivista ha pubblicato un testo lucido e appassionato che, nel suo amore per le lotte dei poveri, si contrappone felicemente alla cancellazione della memoria che dilaga in Italia. La rivoluzione d'ottobre e il dovere di "cercare ancora" Il 7 novembre 1917 scoppio' in Russia la "Rivoluzione d'ottobre" (quando l'antico calendario russo venne adeguato a quello gregoriano la data slitto' da un mese all'altro); nel febbraio-marzo dello stesso anno vi era stata una prima rivoluzione liberal-borghese, che mirava a sostituire lo zar Nicola II. I movimenti di sinistra si attivarono, chiesero una Costituente, cominciarono a organizzarsi in soviet, che divennero poi il nerbo della rivoluzione bolscevica. Il regime sovietico e' crollato; quasi scomparsi dalla faccia della terra o in via di radicali trasformazioni (e deformazioni; ad esempio, in Cina) sono sia il suo tipo di comunismo sia altri tipi. I cattolici, soprattutto italiani, ricordano la scomunica latae sententiae (cioe' automatica) comminata nel 1948 da Pio XII a chi avesse sostenuto il partito comunista. I motivi di condanna dei modelli di comunismo realizzato sono gravi e noti: mancanza di liberta' individuali; di rispetto dei diritti umani; repressione religiosa e ateismo di stato. L'impianto economico comunista, come tale (al di la' delle deviazioni totalitarie dei regimi), e' criticato in quanto non "funziona", non produce benessere e ricchezza (purtroppo, a parte le comunita' religiose, solo lo scopo del lucro e interesse privati pare riesca a motivare gli esseri umani!). Il XC anniversario della rivoluzione non sara' dunque molto celebrato, tanto meno dai cattolici. Perche' allora ce ne occupiamo? Perche' il comunismo puo' essere una risposta sbagliata, ma il drago che ha affrontato e' vivo, i problemi che ha denunciato e cercato di risolvere sono veri e, nel quadro del capitalismo, si sono aggravati. Sono i problemi dell'ingiustizia, orrenda, gravissima che vige nei rapporti tra gli esseri umani; dello sfruttamento di molti a vantaggio di pochi, che vuol dire miliardi di vite triturate nelle rotelle dell'ingranaggio che produce benessere sufficiente a tacitare le nostre coscienze, e opulenza nonche' potere di dominio del mondo (anche con l'uso della guerra) nelle mani di pochissimi. Prima del movimento socialista non si ricordano sollevazioni cristiane contro la trasformazione in merce dell'uomo, contro le condizioni disumane di lavoro, anche di donne e bambini. Ci furono molte generose iniziative di assistenza (quante congregazioni religiose!), ma non azioni politiche a contrasto di quell'"ordine" costituito. Diritti oggi (o almeno sino a ieri!) considerati ovvi furono conquistati a prezzo di dure e sofferte lotte: senza l'incitamento del movimento socialista, tutto cio' non sarebbe accaduto. Il comunismo ebbe certo torto a indicare in Dio e nella religione il nemico della promozione umana. Ma piu' grave torto lo ebbero i cristiani a non schierarsi con gli ultimi, a non opporsi ai potenti che li opprimevano. Che Dio ci perdoni per come il suo volto e il messaggio dell'Evangelo sono stati deformati dalla prassi delle Chiese! C'e' chi si e' compiaciuto di redigere il "libro nero" delle vittime del comunismo: azione, come minimo, incauta. Altri potrebbe infatti redigere il libro nerissimo delle vittime del capitalismo, che non sono finite e comprendono non solo i miserabili del Sud del mondo sfruttati dalle multinazionali e in mille altri modi, ma anche i bambini cui negli Usa oggi viene negata assistenza sanitaria gratuita. Dall'alba del capitalismo, quanti milioni sono morti di stenti, fame, fatica, guerre fatte per motivi economici, quante vite sono schiacciate dall'unico criterio del profitto? E qualcuno potrebbe addirittura scrivere un libro nero del cristianesimo "reale": un libro di persecuzioni e violenze; di repressioni; di inadempienze, ritardi, cecita' nel cogliere i bisogni del mondo. Ci ribelleremmo, e con ragione; un ideale non si misura solo dai modi devianti in cui viene realizzato, dai tradimenti dei suoi portatori: un criterio che abbiamo il dovere morale di applicare anche nel caso del comunismo. Il comunismo, accusato di ridurre l'essere umano a solo fatto economico, in realta' fa da specchio al modo in cui va il mondo: non siamo oggi (in democrazia) assuefatti a vedere valutare tutto sul piano del mercato?! La tragica contraddizione tra mezzo e fine del comunismo fu l'uso della violenza per ottenere la liberazione sociale. Ma la spinta dell'ottobre 1917 fu l'indignazione per l'ingiustizia; la ricerca della giustizia per tutti, della eliminazione dei rapporti di dominio (purtroppo perseguita eliminando fisicamente i dominatori); fu la convinzione che, al di qua delle legittime differenze, gli esseri umani sono uguali e hanno uguali diritti: l'esatto contrario di cio' che ispiro' i totalitarismi fascisti, ai quali a torto il comunismo viene assimilato. Il comunismo apri' un orizzonte di speranza e dignita' a milioni di oppressi, che si riconobbero "compagni": uomini che condividono lo stesso pane (quali assonanze per i cristiani!). Non lo rimpiangiamo, ma abbiamo l'onere di rispondere ai problemi che affronto', di trovare vie piu' umane di economia e societa'; il suo fallimento ci interpella: "cercate ancora!". * Cari saluti Ettore Masina 9. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 10. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 327 del 7 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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