Minime. 320



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 320 del 31 dicembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 2 gennaio all'Eremo di Ronzano
2. Ettore Masina: Lettera 120 del gennaio 2007
3. Stefano Catucci ricorda Karlheinz Stockhausen
4. Karlheinz Stockhausen: Da qui sono partito
5. Riletture: Lea Melandri, Le passioni del corpo
6. L'Agenda dell'antimafia 2008
7. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. IL 2 GENNAIO ALL'EREMO DI RONZANO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo.
Benito Maria Fusco, impegnato nella solidarieta' e per i diritti umani di
tutti gli esseri umani, gia' militante della nuova sinistra, poi assessore
comunale a Casalecchio sul Reno, abbraccia successivamente la vita religiosa
ed entra nell'ordine dei Servi di Maria; e' frate dell'Eremo di Ronzano.
Luigi Ciotti e' nato a Pieve di Cadore nel 1945, sacerdote, animatore a
Torino del Gruppo Abele; impegnato contro l'emarginazione, per la pace,
contro i poteri criminali; ha promosso numerosissime iniziative. Riportiamo
la seguente piu' ampia scheda biografica dalla Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche: "Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve
di Cadore (Bl), emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Nel 1966 promuove
un gruppo di impegno giovanile, che prendera' in seguito il nome di Gruppo
Abele, costituendosi in associazione di volontariato e intervenendo su
numerose realta' segnate dall'emarginazione. Fin dall'inizio, caratteristica
peculiare del gruppo e' l'intreccio dell'impegno nell'accompagnare e
accogliere le persone in difficolta' con l'azione educativa, la dimensione
sociale e politica, la proposta culturale. Nel 1968 comincia un intervento
all'interno degli istituti di pena minorili: l'esperienza si articola in
seguito all'esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime
comunita' per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso
il seminario di Rivoli (To), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal
cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la
strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l'irruzione improvvisa e
diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la
prima comunita'. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano
all'entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze.
Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero
rispetto alle tossicodipendenze e all'alcolismo non si e' mai interrotta. E'
invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, Usa, Giappone, Svizzera, Spagna,
Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed
e' chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi anni
Ottanta segue un progetto promosso dall'Unione internazionale per l'infanzia
in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di
cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in
via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento
nazionale delle comunita' di accoglienza (Cnca), presiedendolo per dieci
anni: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunita' e
associazioni. Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la
lotta all'aids (Lila), nata per difendere i diritti delle persone
sieropositive, di cui e' il primo presidente. Nel marzo 1991 e' nominato
Garante alla Conferenza mondiale sull'aids di Firenze, alla quale per la
prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non
governative impegnate nell'aiuto e nel sostegno ai malati. Nel marzo 1995
presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione
del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi e' il Gruppo Abele.
Nel corso degli anni Novanta intensifica l'opera di denuncia e di contrasto
al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui e'
direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra
diverse realta' di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel
1995 "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che
coordina oggi nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia
locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" e' presieduta da Luigi
Ciotti. Il primo luglio 1998 riceve all'Universita' di Bologna la laurea
honoris causa in Scienze dell'educazione; Ciotti accoglie il conferimento
del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell'opera di
tutto il Gruppo Abele. Alle attivita' del Gruppo Abele, di cui Ciotti e'
tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si
occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a
Torino; in otto comunita' che ospitano persone con problemi di
tossicodipendenza, di alcolismo o malate di aids; in un servizio di
accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha
anche promosso e gestito l'esperienza di una "Unita' di strada" a Torino, la
seconda attivata in Italia; lavori di tipo artigianale, informatico,
agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di
uno specifico progetto Carcere e lavoro; interventi di cooperazione
internazionale in Costa d'Avorio, Guatemala, Messico; iniziative culturali,
informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono
attraverso l'Universita' della Strada, l'Universita' Internazionale della
Strada, il Centro Studi, documentazione e ricerche, l'Ufficio Stampa e
comunicazione, la casa editrice Edizioni Gruppo Abele, la libreria Torre di
Abele, le riviste "Animazione sociale" e "Narcomafie", l'Ufficio scuola.
Luigi Ciotti e' stato piu' volte membro del Consiglio Presbiteriale ed e'
attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da
alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di
Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta e' stato docente presso la Scuola
superiore di polizia del ministero dell'Interno. Giornalista pubblicista dal
1988, Ciotti e' editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici
(tra cui: La Stampa, L'Avvenire, L'Unita', Il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il
Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant'Antonio, Nuovo Consumo),
scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti,
interviene su testate locali". Opere di Luigi Ciotti: e' autore di vari
libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale;
tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Genitori, figli e droga, Edizioni
gruppo Abele, Torino 1993; Chi ha paura delle mele marce?, Edizioni gruppo
Abele - Sei, Torino 1992; Persone, non problemi, Edizioni gruppo Abele,
Torino 1994; Terra e cielo, Mondadori, Milano 1998; naturalmente ha anche
contribuito con propri interventi a numerosi testi collettanei]

Cari amici ed amiche,
vi comunichiamo che don Ciotti sara' presente all'Eremo di Ronzano
mercoledi' 2 gennaio 2008 nell'ambito di iniziative comuni con associazioni
di Reggio Emilia. Un inizio d'anno con don Luigi e' di buon auspicio per il
senso di responsabilita' e di coraggio che sa infondere con le sue parole
d'amore e di lotta.
Ringrazio la famiglia Benassi, del compianto padre Giuseppe, per averci
concesso il privilegio di accogliere una testimonianza cosi' significativa
sia per la comunita' dei frati che per i laici che frequentano Ronzano.
L'incontro, per chi desidera partecipare, e' aperto a tutti e si terra' alle
16 presso la Sala Turoldo.
Chiedo di far circolare l'informazione solo a chi e' veramente interessato.
Grazie, e auguro a tutti un anno vissuto coraggiosamente,
fra Benito M. Fusco
Eremo di Ronzano

2. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: LETTERA 120 DEL GENNAIO 2007
[Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo la sua lettera
mensile n. 120 del gennaio 2007.
Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista,
scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una
delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue
esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri
autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e
guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in
cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un
cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo
secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella
storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in
serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile,
Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile,
Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire.
Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993
col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele,
1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del
passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo,
1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina,
scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de
"La nonviolenza e' in cammino".
Nurit Peled-Elhanan e' la figlia di Gal Peled, consigliere di Rabin a Oslo;
nel 1994 sua figlia e' morta in seguito ad un attentato contro un autobus a
Gerusalemme; docente universitaria di Linguaggio ed educazione, e'
insegnante, traduttrice, scrittrice e madre israeliana; e' fortemente
impegnata per la pace tra Israele e Palestina; nel 2001 ha ricevuto dal
Parlamento europeo il Premio Sakharov per i diritti umani. Cfr. altri suoi
interventi nei nn. 468, 613, 1364 de "La nonviolenza e' in cammino" e nel n.
86 di "Voci e volti della nonviolenza"]

Il regno di Abir, Smadar e Ahmad
Nurit Peled Elhahan e' tornata a scrivere ai suoi amici. L'abbiamo
conosciuta a Bologna, l'anno scorso, in occasione di un convegno di grande
importanza, dal titolo "Pace e psicoanalisi". Non cercate di ricordarvene:
nessun giornale italiano lo ha giudicato degno di nota. Nurid non e' una
psicoanalista ma un'insegnante, e lo e' in tutti i sensi. Non soltanto a
scuola ma in mezzo all'atroce conflitto mediorientale addita all'opinione
pubblica israeliana - anche lei e' ebrea - la feroce oscenita' della guerra
e l'assoluta necessita', anche psichica, della pace. Non e' una politica e
non e' neppure una grande oratrice ma quando parla ti fa venire i brividi.
Senti nella sua voce lo strazio di una madre capace di piangere per i figli
uccisi di tutte le madri. Una sua bambina di 13 anni, Smadar, e' stata
stroncata da un attacco suicida compiuto da un adolescente palestinese.
Nurid non si e' limitata a piangere: ha fondato con Izzat Ghazzawi, anche
lui insegnante, un centro per la riconciliazione. Izzat e' palestinese, uno
dei suoi quattro figli, Ahmad, e' stato ucciso da un soldato israeliano
mentre andava a scuola.
Smadar, Ahmad... Nurid ci scrive adesso di Abir Aramin, una bambina
palestinese di nove anni, uccisa, mentre usciva da scuola, da una pallottola
di gomma sparatale da un poliziotto di frontiera. Il crimine e' avvenuto in
un villaggio la cui scuola e' stata tagliata a meta': da un lato le aule,
dall'altro il cortile per la ricreazione. Il padre di Amir e' stato un
militante di Fatah ed ha passato lunghi anni in un carcere israeliano. Poi
e' stato uno dei fondatori di "Combattenti per la pace", un'organizzazione
formata da palestinesi e israeliani che rifiutano la violenza e chiedono la
fine dell'occupazione e una soluzione giusta del conflitto.
Scrive Nurit: "Per aver cercato di tirare una granata contro una jeep
dell'esercito israeliano che stava pattugliando Hebron occupata, Bassan
Aramin si e' fatto nove anni di carcere. Non passera' una sola ora in
prigione il soldato che la mattina di mercoledi scorso ha sparato alla testa
di sua figlia Abir, di nove anni... In Israele, i soldati non vengono
incarcerati per aver ucciso un arabo. Mai. Non importa se gli arabi sono
vecchi o bambini, reali o potenziali terroristi, manifestanti pacifici o
lanciatori di pietre. L'esercito non ha aperto nessuna inchiesta sulla morte
di Abir Aramin. Ne' la polizia ne' le corti hanno indagato qualcuno. Non ci
sara' nessuna inchiesta. Per quanto riguarda le Forze di Difesa Israeliana
(Idf), lo sparo non e' mai avvenuto. La versione ufficiale dell'esercito
israeliano sulla sua morte dichiara che Abir e' stata colpita da un sasso,
lanciato da uno dei suoi compagni di classe contro 'le nostre forze'.
"Noi che abitiamo in Israele sappiamo che le pietre tirate da un bambino di
dieci anni non fanno saltare i cervelli. Cosi' come vediamo, invece, tutti i
giorni, le jeep israeliane circondare i bambini palestinesi mentre vanno o
tornano da scuola, salutarli con stun-bombs,  pallottole di gomma e gas
lacrimogeni.
"Una pallottola e' penetrata nel cranio di Abir Aramin, mentre usciva da
scuola con sua sorella. L'ho vista subito dopo all'ospedale di Hadassah,
dove dormiva calma in un immenso letto di ospedale. Il volto di Abir era
bianco. I suoi grandi occhi, chiusi. In quel momento, il suo cervello era
gia' clinicamente morto, ed i dottori stavano decidendo se permettere anche
al resto di lei di farlo. Ho visto chiaramente che la sua testa era stata
ferita da uno sparo alle spalle. Un giovane studente che ha testimoniato sul
suo ferimento ha riferito ai giornalisti che la polizia israeliana di
frontiera, parte dell'Idf, ha bersagliato le ragazze appena sono uscite da
scuola: 'Le ragazze erano spaventate e hanno cominciato a scappare. La
polizia di frontiera le ha inseguite. Abir aveva paura e si e' fermata
davanti ad uno dei negozi che si trovano al bordo della strada. Io stavo
vicino a lei. Il poliziotto di frontiera ha sparato attraverso una fessura
speciale che hanno sul finestrino della jeep. L'automezzo si trovava molto
vicino a noi. Abir si e' accasciata per terra... Ho visto che sanguinava
dalla testa'.
"Abir Aramin e' morta. I dottori dell'Hadassah non comunicheranno ai
genitori ed amici la causa della sua morte. Suo padre, Bassam Aramin, e' uno
dei fondatori dei Combattenti per la Pace.  Sono membri di questo gruppo
anche i miei figli Elik e Guy, che hanno servito l'esercito israeliano nei
territori occupati. Sono amici intimi di Bassam. Bassam ci ha detto che non
potra' avere pace finche' l'assassino di sua figlia non lo convincera' che
una bambina di nove anni aveva minacciato la sua vita o la vita degli altri
soldati sulla jeep. Ho paura che Bassam non avra' mai l'opportunita' di
darsi pace.
"Abir Aramin si e' unita, nel regno sotterraneo dei bambini morti, alle
migliaia di altri bambini uccisi in questo paese e nei territori occupati.
Penso che sia stata accolta dalla mia piccola Smadar. Smadar e' stata uccisa
nel 1997 da un attentatore suicida. Se il suo assassino fosse sopravissuto,
sono certa che sarebbe stato spedito in prigione per il suo crimine, insieme
al resto della sua famiglia, e la sua casa demolita. Adesso, siedo con
Salwa, la madre di Abir, e cerco di dirle 'Siamo tutti vittime
dell'occupazione'. Mentre lo dico, so che il suo inferno e' molto piu'
terribile del mio. L'assassino di mia figlia ha avuto la decenza di uccidere
se stesso quando ha ucciso Smadar. Il soldato che ha ucciso Abir sta
probabilmente bevendo birra, giocando a backgammon con i suoi amici e
andando in discoteca la sera. Abir e' in una tomba.
"Il padre di Abir e' stato un soldato che ha combattuto contro
l'occupazione - ufficialmente un 'terrorista', anche se e' una strana logica
quella che definisce 'terroristi' coloro che resistono all'occupazione e
all'oppressone della propria gente. Oggi Bassam Aramin e' ancora un
combattente - ma come attivista per la pace. Lui sa, come so anch'io, che la
sua bambina porta con se' nella tomba tutte le ragioni di questa guerra. Le
sue piccole ossa non hanno potuto  sopportare il peso della vita, della
morte, della vendetta e dell'oppressione con i quali ogni bambino arabo e'
costretto a crescere. Bassam, come musulmano, deve affrontare una prova:
come uomo d'onore non deve cercare vendetta, non deve arrendersi, non deve
trascurare la lotta per la dignita' e la pace nella sua terra. Quando mi ha
chiesto dove ho trovato la forza per andare avanti, gli ho detto l'unica
cosa alla quale potevo pensare: dai bambini che ci sono stati lasciati. La
sua altra bambina, i miei altri tre figli. Dagli altri bambini palestinesi
ed israeliani che hanno il diritto di vivere senza che i piu' anziani li
forzino ad essere occupanti o occupati. Il mondo occidentale non coglie cosa
sta accadendo qui; rimane in disparte e non fa nulla per salvare le bambine
dai loro assassini in divisa. Il mondo illuminato accusa l'Islam, come una
volta colpevolizzava il nazionalismo arabo, per tutte le atrocita' che il
mondo non-islamico sta infliggendo ai musulmani. L'occidente illuminato ha
paura delle bambine con il velo in testa. E' terrorizzato dai bambini con la
kefia. E in Israele, i bambini vengono educati ad avere paura, piu' di
tutto, dei frutti dell'utero musulmano. Per questo, quando diventano
soldati, non vedono nulla di male nell'uccidere i bambini palestinesi 'prima
che crescano'. Ma Bassam e Salwa e tutti noi - ebrei ed arabi vittime
dell'occupazione israeliana - vogliamo vivere insieme, cosi' come moriamo
insieme. Vediamo i nostri figli sacrificati sull'altare di una occupazione
che non ha alcuna base nella legge o nella giustizia. E, fuori, il mondo
illuminato giustifica il tutto e manda altri soldi agli occupanti. Se il
mondo non torna alla ragione, non ci sara' altro da dire o da scrivere o da
ascoltare in questa terra se non il pianto silenzioso del mattino e le voci
mute dei bambini morti".
Questo ci ha scritto Nurit Peled, e non saprei che cosa aggiungere alle sue
parole. Vi mando la fotografia di Abir e vi domando se il suo sorriso non
somigli a quello delle bambine che amiamo: e non ci chieda, con la loro
voce: "E tu?".
Ettore Masina
*
Care amiche, cari amici, ho ricevuto da non pochi di voi segnalazioni sulla
difficolta' di trovare nelle librerie Comprare un santo, il mio ultimo
romanzo. Sono lieto di dirvi che ho ottenuto per gli amici di "Lettera" la
possibilita' di richiedere il libro direttamente all'Editore tramite
contrassegno al prezzo di euro 12 (sconto 20% del costo di copertina, spese
postali incluse). Le richieste devono essere indirizzate tramite e- mail a:
produzione at edizioni-oge.com oppure fax: 0289548490.

3. MEMORIA. STEFANO CATUCCI RICORDA KARLHEINZ STOCKHAUSEN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2007, col titolo "Alle fonti
siderali del suono" e il sommario "Nascosta e sigillata come un mistero in
costruzioni sonore stranianti, la bellezza sorprendentemente classica delle
opere di Stockhausen rivela una pulsione verso la lontananza e la
estraneita' che muove alla sopresa e all'incanto".
Stefano Catucci (Roma, 1963) si e' laureato in Filosofia all'Universita' di
Roma La Sapienza e ha studiato presso la Freie Universitat di Berlino e
l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, conseguendo il
dottorato di ricerca in Estetica all'Universita' degli Studi di Bologna. Ha
svolto attivita' didattica nelle universita' di Roma "La Sapienza", "Roma
Tre", e all'Universita' di Paris X Nanterre. Alla Facolta' di Architettura
dell'Universita' di Camerino insegna Estetica dal 1996. Oltre all'attivita'
di ricerca, e' attivo nel campo della saggistica e dell'organizzazione
musicale, collaborando con istituzioni quali il Teatro alla Scala di Milano,
il Teatro Carlo Felice di Genova e l'Accademia Filarmonica Romana, del cui
Comitato Artistico fa parte dal 1995. Per Rai-Radio3 conduce dal 1989
programmi musicali e culturali, mentre dal 2000, insieme a Michele
Dall'Ongaro, e' direttore artistico dei Concerti di Radio3 al Quirinale.
Opere di Stefano Catucci: le sue pubblicazioni vertono principalmente sulla
storia del pensiero filosofico ed estetico del Novecento francese e tedesco;
fra le altre si segnalano i volumi La filosofia critica di Husserl, Guerini
e Associati, Milano 1995; Introduzione a Foucault, Laterza, Roma-Bari 2000;
Per una filosofia povera. La Grande Guerra, l'esperienza, il senso: a
partire da Lukacs, Bollati Boringhieri, Torino; nonche' i saggi "Lukacs
lettore della Critica del Giudizio", in P. Montani, a cura di, Senso e
storia dell'estetica, Pratiche, Parma 1996; Gli animali di Celine, in
"Rivista di Estetica", 1996; Estetica della censura, in "Almanacchi Nuovi",
1997; ha collaborato al progetto e alla scrittura del Dizionario di
Estetica, curato da G. Carchia e P. D'Angelo, Laterza, Roma-Bari 1999,
curando, fra le altre, la voce "Teorie dell'architettura".
Karlheinz Stockhausen (1928-2007) e' stato uno dei piu' rilevanti musicisti
del Nvecento. Dal sito www.rainews24.it riportiamo per stralci la seguente
scheda: "Nato a Kerpen-Moedrath nel 1928, Stockhausen e' stato uno dei piu'
significativi musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia alla
musica elettronica. Stockhausen dal 1947 al 1951 ha studiato pedagogia della
musica e pianoforte alla Musikhochschule (conservatorio) di Colonia e
scienza della musica, germanistica e filosofia all'universita' di Colonia.
Dal 1950 compone non solo creando nuove forme di musica ma anche inserendo
nuovi segni innovativi nel campo della notazione musicale. Come docente
universitario ed autore di numerose pubblicazioni sulla teoria della musica,
attraverso le sue attivita' per la radio e grazie a piu' di 300 proprie
composizioni che spesso hanno modificato il confine di quello che era
considerato tecnicamente possibile, ha partecipato in modo significativo a
modificare la musica del XX secolo. Negli anni '50 e' stato sposato con
Doris Andrae con la quale ha avuto un figlio, il trombettista Markus
Stockhausen. Negli anni '60 e' stato sposato con l'artista Mary Bauermeister
con la quale ha avuto un figlio, il compositore Simon Stockhausen. Mentre le
sue prime composizioni come per esempio "Doris" sono piu' tradizionali,
negli anni '50 Stockhausen si volge verso la musica seriale (per esempio
"Kreuzspiel" o "Formel"). E' considerato in modo particolare uno dei
fondatori della cosiddetta musica puntuale. Ispirato da "Mode de Valeur et
d'intensites" (1952) di Olivier Messiaen, partecipa ai suoi corsi di analisi
musicale e composizione presso il Conservatorio Superiore di Parigi. Tra il
1953 ed il 1998 ha collaborato strettamente con lo "Studio per la musica
elettronica" della radio Westdeutscher Rundfunk, per qualche tempo anche
come direttore artistico, e si e' dedicato di piu' alla musica
elettro-acustica. In questo studio di Colonia ha realizzato nel 1955 la sua
opera centrale "Gesang der Juenglinge" (canto dei fanciulli) ponendo un
nuovo obiettivo nel campo della musica spaziale. D'ora in avanti prosegue
l'attivita' come docente a livello internazionale. Conduce per molti anni i
"corsi colonesi per la musica nuova". E' l'attrazione principale durante
l'Esposizione mondiale del 1970 ad Osaka con le sue composizioni nel
padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 Karlheinz Stockhausen e' professore di
composizione al conservatorio di Colonia. Da quel momento si concentra anche
sulla conclusione di una delle opere liriche piu' voluminose della storia
della musica con il titolo "Licht" (luce) che e' praticamente finita. In
quest'opera, come anche in altre opere teatrali (per esempio "Inori" del
1973), Stockhausen cerca di collegare l'idea scenica con quella musicale in
un'unita' indivisibile"]

Introducendo un suo concerto a Francoforte, nel 1991, Karlheinz Stockhausen
parlo' a lungo della bellezza, tema che siamo soliti considerare estraneo
alle preoccupazioni di tutta l'arte del secondo Novecento e soprattutto
lontano dagli orizzonti della musica contemporanea. Non ha forse quella
musica inseguito ideali di assoluto rigore strutturale, non amava definirsi
radicale proprio perche' votata a calcoli ingegneristici e a macchinari
elettronici, senza nessun riguardo per l'incanto del suono e dell'ascolto?
L'opera e i pensieri di Stockhausen dimostrano il contrario e collocano la
ricerca della bellezza in una dimensione al tempo stesso quotidiana e
ideale, individuale e collettiva: una bellezza sorprendentemente classica,
nascosta in costruzioni sonore stranianti con la stessa cura e devozione con
le quali si custodisce un segreto, un mistero.
*
Una forma per l'imprevisto
Stockhausen aveva gia' insistito sul valore della bellezza agli inizi della
sua carriera, poco dopo essere stato colpito da un brano di Olivier
Messiaen, Mode de valeurs et d'intensites, dal confronto con il quale
sarebbe nato il suo primo lavoro innovativo: Kreuzspiel, del 1951. La
bellezza gli appariva allora come un sentimento diffuso, qualcosa che
incontriamo ogni volta che un'opera d'arte riesce a sorprenderci e a
stimolare in noi il desiderio di frequentare altra bellezza o di produrne di
nuova: proprio come era accaduto a lui stesso in seguito all'ascolto di
Messiaen. A quarant'anni di distanza le sue parole percorrevano la stessa
linea di pensiero, ma con un'aggiunta decisiva che si era venuta
consolidando nel corso del tempo e che riassumeva nella formula fremde
Schoenheit: bellezza estranea, o meglio straniera, per rimanere piu'
aderenti al senso del suo discorso.
L'opera d'arte avrebbe il compito di fare accadere l'imprevisto e di
portarci "lontano da dove siamo, in una terra straniera" che lentamente ci
diventa piu' amica, familiare. La sua bellezza non si puo' regolamentare ma
si riconosce ogni volta che l'opera e' fatta in modo che non sembri mancarle
nulla, rispondendo solo a un criterio interno di compiutezza e di perfezione
costruttiva. E' stato sempre cosi', diceva Stockhausen. All'epoca di Bach
quel che suonava straniero aveva una collocazione geografica relativamente
vicina: il minuetto proveniva dall'Italia cosi' come la ciaccona rimandava
alla Spagna, mentre le sue Suites Inglesi e Francesi portavano gia' nel
titolo il riferimento ad altri paesi e ad altre tradizioni. Nell'Ottocento,
il secolo delle grandi Esposizioni Universali, si percepiva come straniero
soprattutto l'esotico, con gli strumenti importati dall'Estremo Oriente e
quelle sonorita' impreviste, dal colore giapponese, che sono alla base
dell'ispirazione di Debussy.
Come nei titoli delle composizioni dell'eta' barocca, anche in quelli delle
opere di Stockhausen si puo' leggere la traccia di questa pulsione verso la
lontananza e la estraneita'. La si legge, per esempio, in Telemusik, messa a
punto negli studi di una radio giapponese nel 1966, nella quale Stockhausen
sintetizzava in un unico organismo elettroacustico suoni provenienti dalla
musica dei paesi piu' diversi, dal Brasile all'Indonesia, dalla Cina al
Congo, dal Vietnam, fino al patrimonio popolare europeo e al Giappone
stesso. E cosi' e' in Hymnen, l'opera che a partire dal 1967 richiese tre
anni di lavoro su tutti gli inni nazionali della terra, convogliati nella
visione cosmopolita di una Weltmusik che Stockhausen considerava premessa
pratica e teorica dello spirito new age. "L'intero pianeta", scriveva, "si
trasforma in un'unica tradizione musicale planetaria". Ma una volta giunti a
questa frontiera occorreva andare oltre, perche' in un'epoca come la nostra,
nella quale e' possibile fare il giro del mondo in poco tempo viaggiando con
l'aereo, con l'immaginazione, oggi con internet, quel che sentiamo come
straniero deve provenire da un altro tipo di distanza, quella che ci separa
dall'origine del suono e che si nasconde, spesso, nell'infinitamente
piccolo, in suoni microscopici che confinano con le regioni del rumore.
Il cosiddetto "secondo stile" di Stockhausen, il cui punto d'avvio si fa
coincidere con Mantra per live electronics e due pianisti (del 1970), non e'
in realta' un distacco dal "primo stile", non e' un passaggio dal serialismo
integrale a una riscoperta del canto e della melodia, ma e' un ulteriore
approfondimento del suo viaggio verso una dimensione di estraneita'
indispensabile a quell'effetto di sorpresa e di meraviglia che e' alla base
della sua concezione del bello. Inori, l'opera forse piu' dipendente
dall'influenza di letture mistiche ed esoteriche, sembra voler porre una
domanda sull'origine del suono, sul suo impercettibile distinguersi dal
rumore, mentre i successivi Sternklang e Sirius tentano di dare a quella
domanda una risposta insieme utopica e concreta. Il lato metafisico della
risposta sta nell'idea di trasformare l'ordine delle costellazioni in una
musica che tende al cosmico e all'ultraterreno. Il lato terrestre sta invece
nella convinzione che un'opera bella debba ormai pensarsi come proveniente
da una distanza abissale, diventando non piu' semplice straniera, ma
addirittura aliena.
Nel grande ciclo Licht, elaborato nel corso di un ventennio e basato sui
sette giorni della settimana, con al centro personaggi come l'angelo custode
Michael, Eva e Lucifero, il desiderio di portarci il piu' lontano possibile
ha assunto il volto di un'ambizione totalizzante: musica, scena, mimica,
danza, riunite insieme nel disegno mistico di un'opera d'arte totale che ha
fatto pensare a Wagner come al suo unico precedente riconoscibile. E' vano,
pero', cercare di comprendere l'opera di Stockhausen in una prospettiva
storicistica, fatta di precursori e di maestri. La possibilita' che abbiamo,
oggi, di accedere facilmente alle musiche di tutte le epoche e di tutto il
mondo, rende l'universo sonoro una specie di presente enormemente dilatato e
costantemente disponibile, al punto che il dovere immediato del compositore
sarebbe quello di "conservare quante piu' forme musicali e stili di
esecuzione possibile", come Stockhausen scrisse in un saggio dedicato alla
componente ritmica delle cadenze nell'opera di Mozart. L'idea di "musica
nello spazio" (Musik im Raum) non e' per lui solo figlia delle possibilita'
tecniche di trasmissione del suono in un ambiente di ascolto, non e' solo
musica che si diffonde a partire da fonti sonore disseminate, ma e'
soprattutto l'effetto di una convinzione profonda che tende a disinnescare
la forza della storia. Per Stockhausen, a consentire lo scambio con il
passato non sono le misure della distanza storica, non il filo di una
tradizione, ma le relazioni di estraneita' e di familiarita' che coltiviamo
con il mondo dei suoni. Un contrappunto, un basso albertino, un tema di
sonata, sono percio' altrettante risorse espressive del presente alle quali
possiamo attingere trasfigurandole, proiettandole cioe' in distanze dalle
quali possano tornare a noi vestendo abiti diversi, irriconoscibili, che
diano loro ancora la forza di sorprenderci.
"La bellezza straniera oggi si incontra sempre meno", scrive, "eppure
proprio quei rari incontri sono gli unici che tengono aperta una speranza e
ci mantengono in vita, poiche' alimentano la fiducia nell'esistenza di un
mondo pieno di segreti, illimitato, che epoca dopo epoca gli artisti hanno
cercato di captare e di tradurre, dando vita a quei capolavori che oggi sono
per noi bellezze conosciute, familiari".
*
Una utopia in abito sciamanico
Sorpresa e incanto sono dunque i due atteggiamenti che l'opera di
Stockhausen ha voluto suscitare e gli unici con i quali porsi in ascolto di
una musica la cui potenza immaginativa, e la cui capacita' di fascinazione,
sono direttamente proporzionali all'abilita' con la quale egli ha saputo
costruirla, dandoci l'impressione - nei suoi lavori piu' riusciti - che in
essa davvero non manchi nulla e che il criterio della perfezione compositiva
sia l'aurea regola classica da lui rispettata piu' di ogni altro musicista
contemporaneo. Incanto e' la parola che possiamo associare ai lontani,
magnifici Kontra-Punkte del 1953 e Canto degli adolescenti, di tre anni
successivo, nei quali aleggia il nome di Bach, come pure nel recente
estratto da Klang, presentato a Roma neppure un anno fa. Sorpresa e' anche
negli effetti iperspettacolari di un brano come il Quartetto degli
elicotteri del 1993, nel quale i musicisti del Quartetto Arditti suonavano
ciascuno a bordo di un diverso elicottero, collegati via radio, mentre il
compositore a terra mixava in tempo reale i loro suoni con quelli di eliche
e motori.
L'utopia cosmopolita, cosmica e tecnologica di Karlheinz Stockhausen ha
indossato spesso abiti sciamanici per presentarsi piu' leggera, e forse
anche meno credibile. Ascoltare la sua musica senza vederlo piu' seduto al
mixer non sara' la stessa cosa. La sua opera ci diventera' forse meno
estranea, alcuni dei suoi lavori diventeranno forme di una bellezza a noi
piu' familiare. Qualcuno forse raccogliera' il sogno del quale fin dagli
anni Cinquanta egli si e' sentito portatore e si spingera' piu' lontano
ancora, dietro l'angolo o verso altri pianeti, alla ricerca di bellezza
nuova.

4. MEMORIA. KARLHEINZ STOCKHAUSEN: DA QUI SONO PARTITO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2007, col titolo "Pianoforte,
vocale A, vento, rumore bianco", alcuni frammenti da una lezione inedita di
Karlheinz Stockhausen sul suo iter musicale]

Intorno agli anni Cinquanta si e' smesso di considerare come un'ovvieta' il
fatto che il suono sia qualcosa di semplice e l'idea di lavorare sui suoni
e' emersa quasi come una conseguenza del processo avviato dalla Scuola di
Vienna. I compositori viennesi avevano ridotto gli oggetti musicali - temi,
melodie - a rapporti fra due soli suoni, due intervalli, com'e' stato
soprattutto nel caso di Anton Webern. Quando ho cominciato a comporre musica
ero ovviamente figlio dello spirito della prima meta' del secolo, continuavo
e cercavo di ampliare cio' che i protagonisti di quell'epoca avevano
preparato. C'e' stato bisogno solo di un piccolo passo in piu' per avere
l'idea di comporre un singolo suono. L'idea, comunque, non e' venuta subito.
All'inizio ho cominciato analizzando ogni tipo di suoni. Ne ho registrati al
Musee de l'Homme, a Parigi, dove si puo' trovare ogni genere di strumento
esotico - in pietra, in legno, in metallo - appartenente a ogni tipo di
cultura e a ogni periodo storico. Ma poi ho analizzato anche suoni e rumori
che ho registrato in momenti della vita quotidiana... Mi sono concentrato
sulle differenze tra i suoni, per esempio tra un suono di pianoforte, la
vocale A e il suono del vento. E dopo avere analizzato un gran numero di
suoni e' arrivata l'idea: se posso analizzare suoni che gia' esistono,
perche' non tentare di sintetizzare suoni per trovarne di nuovi, che ancora
non esistono? A quell'epoca c'erano strumenti elettronici che cercavano
solamente di imitare il suono degli strumenti classici... Specialmente nei
gruppi di musica pop si potevano trovare tastiere dotate di registri simili
a quelli degli organi classici per imitare i suoni della tromba, del flauto,
del clarinetto. Oggi e' possibile con questo tipo di strumenti anche
trasformare i suoni, ma rimane il fatto che alla loro base c'e' una sorta di
catalogo di suoni e timbri, come una serie di colori che un pittore puo'
comprare, ma con i quali deve poi cominciare a lavorare mescolandoli...
L'idea di sintetizzare un suono, invece, deve avere alla base qualcosa di
piu' elementare. Ho cominciato allora a indagare nei laboratori di acustica
quale fosse il suono piu' semplice che si poteva ottenere, ho cercato di
ricavare le onde sonore e gli spettri sonori piu' semplici, arrivando fino a
trovare un generatore in grado di produrre un rumore bianco, come si dice in
analogia con il colore bianco, e che filtrato elettronicamente poteva
servire a produrre rumori colorati. Ho cominciato cosi' a sintetizzare suoni
in maniera molto primitiva, per esempio aumentando la velocita' del suono:
si puo' aumentare o diminuire la velocita' del suono semplicemente cambiando
quella del nastro, e a partire dalla fine degli anni Quaranta e' possibile
farlo in maniera continua, non solo discontinua, trasformando i suoni per
accelerazione o decelerazione. Questo permette di arrivare immediatamente a
due estremi. Se prendiamo una sinfonia di Beethoven e la acceleriamo, se
siamo capaci di farlo senza alterare il registro dei suoni, avremo la stessa
sinfonia, con gli stessi timbri, ma compressa. Possiamo farla durare appena
un secondo e allora l'avremo trasformata in un unico suono dotato pur sempre
di un suo colore e di un suo timbro caratteristico, che resta quello della
sinfonia di Beethoven e che possiamo riconoscere se lo confrontiamo con
un'analoga forma di compressione di una musica Gagaku, giapponese. Al
contrario, se prendiamo un suono qualsiasi, che al momento della
registrazione durava uno o due secondi, e lo rallentiamo per farlo durare
venti minuti, allora abbiamo musica. La sua forma, espansa nel tempo, sara'
identica alla struttura microacustica che c'era nel suono al momento della
registrazione. Da qui sono partito.

5. RILETTURE. LEA MELANDRI: LE PASSIONI DEL CORPO
Lea Melandri, Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e
storia, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 192, euro 13,43. Una raccolta
di testi scritti lungo gli anni '90 da una delle piu' acute pensatrici del
femminismo, della corrente calda della nonviolenza in cammino. Un
indimenticabile gioiello e' la terza sezione della parte terza, "Le stagioni
di un'adolescenza": una silloge di pagine di diario che tolgono il respiro
per forza di poesia e verita'; ne estraiamo tre capoversi da una pagina del
9 febbraio 2000: "Questa vicinanza con la vecchiaia, la malattia, la morte,
mi aiutera' a riequilibrare il rapporto tra pensiero e vita, a riconoscere
il pieno di esperienza che l'intellettualita' si lascia alle spalle, a
ricostruire le gerarchie del dolore, a vedere nel male piu' privato la
condizione umana nella sua massima generalita'". "Forse e' questo mare
immenso di sofferenza e di fatica che sottosta' ala vita pubblica, non
riconosciuto, lasciato senza nome e senza parola, a imprimere al corso della
civilta' un andamento cosi' vertiginosamente volto alla distruzione". "E'
nel quotidiano, nella 'normalita'', che si consuma la piu' feroce e la piu'
silenziosa delle guerre".

6. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008
Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia
2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007,
euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro
Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse.
L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel.
0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it

7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008
Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di
riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla
nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di
"antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente
rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo.
Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it
Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti
progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 320 del 31 dicembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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