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Minime. 320
- Subject: Minime. 320
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 31 Dec 2007 00:33:03 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 320 del 31 dicembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il 2 gennaio all'Eremo di Ronzano 2. Ettore Masina: Lettera 120 del gennaio 2007 3. Stefano Catucci ricorda Karlheinz Stockhausen 4. Karlheinz Stockhausen: Da qui sono partito 5. Riletture: Lea Melandri, Le passioni del corpo 6. L'Agenda dell'antimafia 2008 7. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. IL 2 GENNAIO ALL'EREMO DI RONZANO [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo. Benito Maria Fusco, impegnato nella solidarieta' e per i diritti umani di tutti gli esseri umani, gia' militante della nuova sinistra, poi assessore comunale a Casalecchio sul Reno, abbraccia successivamente la vita religiosa ed entra nell'ordine dei Servi di Maria; e' frate dell'Eremo di Ronzano. Luigi Ciotti e' nato a Pieve di Cadore nel 1945, sacerdote, animatore a Torino del Gruppo Abele; impegnato contro l'emarginazione, per la pace, contro i poteri criminali; ha promosso numerosissime iniziative. Riportiamo la seguente piu' ampia scheda biografica dalla Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (Bl), emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prendera' in seguito il nome di Gruppo Abele, costituendosi in associazione di volontariato e intervenendo su numerose realta' segnate dall'emarginazione. Fin dall'inizio, caratteristica peculiare del gruppo e' l'intreccio dell'impegno nell'accompagnare e accogliere le persone in difficolta' con l'azione educativa, la dimensione sociale e politica, la proposta culturale. Nel 1968 comincia un intervento all'interno degli istituti di pena minorili: l'esperienza si articola in seguito all'esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime comunita' per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (To), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l'irruzione improvvisa e diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunita'. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano all'entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze. Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero rispetto alle tossicodipendenze e all'alcolismo non si e' mai interrotta. E' invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, Usa, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed e' chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi anni Ottanta segue un progetto promosso dall'Unione internazionale per l'infanzia in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento nazionale delle comunita' di accoglienza (Cnca), presiedendolo per dieci anni: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunita' e associazioni. Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la lotta all'aids (Lila), nata per difendere i diritti delle persone sieropositive, di cui e' il primo presidente. Nel marzo 1991 e' nominato Garante alla Conferenza mondiale sull'aids di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell'aiuto e nel sostegno ai malati. Nel marzo 1995 presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi e' il Gruppo Abele. Nel corso degli anni Novanta intensifica l'opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui e' direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra diverse realta' di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel 1995 "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che coordina oggi nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" e' presieduta da Luigi Ciotti. Il primo luglio 1998 riceve all'Universita' di Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell'educazione; Ciotti accoglie il conferimento del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell'opera di tutto il Gruppo Abele. Alle attivita' del Gruppo Abele, di cui Ciotti e' tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a Torino; in otto comunita' che ospitano persone con problemi di tossicodipendenza, di alcolismo o malate di aids; in un servizio di accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha anche promosso e gestito l'esperienza di una "Unita' di strada" a Torino, la seconda attivata in Italia; lavori di tipo artigianale, informatico, agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di uno specifico progetto Carcere e lavoro; interventi di cooperazione internazionale in Costa d'Avorio, Guatemala, Messico; iniziative culturali, informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono attraverso l'Universita' della Strada, l'Universita' Internazionale della Strada, il Centro Studi, documentazione e ricerche, l'Ufficio Stampa e comunicazione, la casa editrice Edizioni Gruppo Abele, la libreria Torre di Abele, le riviste "Animazione sociale" e "Narcomafie", l'Ufficio scuola. Luigi Ciotti e' stato piu' volte membro del Consiglio Presbiteriale ed e' attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta e' stato docente presso la Scuola superiore di polizia del ministero dell'Interno. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti e' editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, L'Avvenire, L'Unita', Il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant'Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali". Opere di Luigi Ciotti: e' autore di vari libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale; tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Genitori, figli e droga, Edizioni gruppo Abele, Torino 1993; Chi ha paura delle mele marce?, Edizioni gruppo Abele - Sei, Torino 1992; Persone, non problemi, Edizioni gruppo Abele, Torino 1994; Terra e cielo, Mondadori, Milano 1998; naturalmente ha anche contribuito con propri interventi a numerosi testi collettanei] Cari amici ed amiche, vi comunichiamo che don Ciotti sara' presente all'Eremo di Ronzano mercoledi' 2 gennaio 2008 nell'ambito di iniziative comuni con associazioni di Reggio Emilia. Un inizio d'anno con don Luigi e' di buon auspicio per il senso di responsabilita' e di coraggio che sa infondere con le sue parole d'amore e di lotta. Ringrazio la famiglia Benassi, del compianto padre Giuseppe, per averci concesso il privilegio di accogliere una testimonianza cosi' significativa sia per la comunita' dei frati che per i laici che frequentano Ronzano. L'incontro, per chi desidera partecipare, e' aperto a tutti e si terra' alle 16 presso la Sala Turoldo. Chiedo di far circolare l'informazione solo a chi e' veramente interessato. Grazie, e auguro a tutti un anno vissuto coraggiosamente, fra Benito M. Fusco Eremo di Ronzano 2. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: LETTERA 120 DEL GENNAIO 2007 [Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo la sua lettera mensile n. 120 del gennaio 2007. Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino". Nurit Peled-Elhanan e' la figlia di Gal Peled, consigliere di Rabin a Oslo; nel 1994 sua figlia e' morta in seguito ad un attentato contro un autobus a Gerusalemme; docente universitaria di Linguaggio ed educazione, e' insegnante, traduttrice, scrittrice e madre israeliana; e' fortemente impegnata per la pace tra Israele e Palestina; nel 2001 ha ricevuto dal Parlamento europeo il Premio Sakharov per i diritti umani. Cfr. altri suoi interventi nei nn. 468, 613, 1364 de "La nonviolenza e' in cammino" e nel n. 86 di "Voci e volti della nonviolenza"] Il regno di Abir, Smadar e Ahmad Nurit Peled Elhahan e' tornata a scrivere ai suoi amici. L'abbiamo conosciuta a Bologna, l'anno scorso, in occasione di un convegno di grande importanza, dal titolo "Pace e psicoanalisi". Non cercate di ricordarvene: nessun giornale italiano lo ha giudicato degno di nota. Nurid non e' una psicoanalista ma un'insegnante, e lo e' in tutti i sensi. Non soltanto a scuola ma in mezzo all'atroce conflitto mediorientale addita all'opinione pubblica israeliana - anche lei e' ebrea - la feroce oscenita' della guerra e l'assoluta necessita', anche psichica, della pace. Non e' una politica e non e' neppure una grande oratrice ma quando parla ti fa venire i brividi. Senti nella sua voce lo strazio di una madre capace di piangere per i figli uccisi di tutte le madri. Una sua bambina di 13 anni, Smadar, e' stata stroncata da un attacco suicida compiuto da un adolescente palestinese. Nurid non si e' limitata a piangere: ha fondato con Izzat Ghazzawi, anche lui insegnante, un centro per la riconciliazione. Izzat e' palestinese, uno dei suoi quattro figli, Ahmad, e' stato ucciso da un soldato israeliano mentre andava a scuola. Smadar, Ahmad... Nurid ci scrive adesso di Abir Aramin, una bambina palestinese di nove anni, uccisa, mentre usciva da scuola, da una pallottola di gomma sparatale da un poliziotto di frontiera. Il crimine e' avvenuto in un villaggio la cui scuola e' stata tagliata a meta': da un lato le aule, dall'altro il cortile per la ricreazione. Il padre di Amir e' stato un militante di Fatah ed ha passato lunghi anni in un carcere israeliano. Poi e' stato uno dei fondatori di "Combattenti per la pace", un'organizzazione formata da palestinesi e israeliani che rifiutano la violenza e chiedono la fine dell'occupazione e una soluzione giusta del conflitto. Scrive Nurit: "Per aver cercato di tirare una granata contro una jeep dell'esercito israeliano che stava pattugliando Hebron occupata, Bassan Aramin si e' fatto nove anni di carcere. Non passera' una sola ora in prigione il soldato che la mattina di mercoledi scorso ha sparato alla testa di sua figlia Abir, di nove anni... In Israele, i soldati non vengono incarcerati per aver ucciso un arabo. Mai. Non importa se gli arabi sono vecchi o bambini, reali o potenziali terroristi, manifestanti pacifici o lanciatori di pietre. L'esercito non ha aperto nessuna inchiesta sulla morte di Abir Aramin. Ne' la polizia ne' le corti hanno indagato qualcuno. Non ci sara' nessuna inchiesta. Per quanto riguarda le Forze di Difesa Israeliana (Idf), lo sparo non e' mai avvenuto. La versione ufficiale dell'esercito israeliano sulla sua morte dichiara che Abir e' stata colpita da un sasso, lanciato da uno dei suoi compagni di classe contro 'le nostre forze'. "Noi che abitiamo in Israele sappiamo che le pietre tirate da un bambino di dieci anni non fanno saltare i cervelli. Cosi' come vediamo, invece, tutti i giorni, le jeep israeliane circondare i bambini palestinesi mentre vanno o tornano da scuola, salutarli con stun-bombs, pallottole di gomma e gas lacrimogeni. "Una pallottola e' penetrata nel cranio di Abir Aramin, mentre usciva da scuola con sua sorella. L'ho vista subito dopo all'ospedale di Hadassah, dove dormiva calma in un immenso letto di ospedale. Il volto di Abir era bianco. I suoi grandi occhi, chiusi. In quel momento, il suo cervello era gia' clinicamente morto, ed i dottori stavano decidendo se permettere anche al resto di lei di farlo. Ho visto chiaramente che la sua testa era stata ferita da uno sparo alle spalle. Un giovane studente che ha testimoniato sul suo ferimento ha riferito ai giornalisti che la polizia israeliana di frontiera, parte dell'Idf, ha bersagliato le ragazze appena sono uscite da scuola: 'Le ragazze erano spaventate e hanno cominciato a scappare. La polizia di frontiera le ha inseguite. Abir aveva paura e si e' fermata davanti ad uno dei negozi che si trovano al bordo della strada. Io stavo vicino a lei. Il poliziotto di frontiera ha sparato attraverso una fessura speciale che hanno sul finestrino della jeep. L'automezzo si trovava molto vicino a noi. Abir si e' accasciata per terra... Ho visto che sanguinava dalla testa'. "Abir Aramin e' morta. I dottori dell'Hadassah non comunicheranno ai genitori ed amici la causa della sua morte. Suo padre, Bassam Aramin, e' uno dei fondatori dei Combattenti per la Pace. Sono membri di questo gruppo anche i miei figli Elik e Guy, che hanno servito l'esercito israeliano nei territori occupati. Sono amici intimi di Bassam. Bassam ci ha detto che non potra' avere pace finche' l'assassino di sua figlia non lo convincera' che una bambina di nove anni aveva minacciato la sua vita o la vita degli altri soldati sulla jeep. Ho paura che Bassam non avra' mai l'opportunita' di darsi pace. "Abir Aramin si e' unita, nel regno sotterraneo dei bambini morti, alle migliaia di altri bambini uccisi in questo paese e nei territori occupati. Penso che sia stata accolta dalla mia piccola Smadar. Smadar e' stata uccisa nel 1997 da un attentatore suicida. Se il suo assassino fosse sopravissuto, sono certa che sarebbe stato spedito in prigione per il suo crimine, insieme al resto della sua famiglia, e la sua casa demolita. Adesso, siedo con Salwa, la madre di Abir, e cerco di dirle 'Siamo tutti vittime dell'occupazione'. Mentre lo dico, so che il suo inferno e' molto piu' terribile del mio. L'assassino di mia figlia ha avuto la decenza di uccidere se stesso quando ha ucciso Smadar. Il soldato che ha ucciso Abir sta probabilmente bevendo birra, giocando a backgammon con i suoi amici e andando in discoteca la sera. Abir e' in una tomba. "Il padre di Abir e' stato un soldato che ha combattuto contro l'occupazione - ufficialmente un 'terrorista', anche se e' una strana logica quella che definisce 'terroristi' coloro che resistono all'occupazione e all'oppressone della propria gente. Oggi Bassam Aramin e' ancora un combattente - ma come attivista per la pace. Lui sa, come so anch'io, che la sua bambina porta con se' nella tomba tutte le ragioni di questa guerra. Le sue piccole ossa non hanno potuto sopportare il peso della vita, della morte, della vendetta e dell'oppressione con i quali ogni bambino arabo e' costretto a crescere. Bassam, come musulmano, deve affrontare una prova: come uomo d'onore non deve cercare vendetta, non deve arrendersi, non deve trascurare la lotta per la dignita' e la pace nella sua terra. Quando mi ha chiesto dove ho trovato la forza per andare avanti, gli ho detto l'unica cosa alla quale potevo pensare: dai bambini che ci sono stati lasciati. La sua altra bambina, i miei altri tre figli. Dagli altri bambini palestinesi ed israeliani che hanno il diritto di vivere senza che i piu' anziani li forzino ad essere occupanti o occupati. Il mondo occidentale non coglie cosa sta accadendo qui; rimane in disparte e non fa nulla per salvare le bambine dai loro assassini in divisa. Il mondo illuminato accusa l'Islam, come una volta colpevolizzava il nazionalismo arabo, per tutte le atrocita' che il mondo non-islamico sta infliggendo ai musulmani. L'occidente illuminato ha paura delle bambine con il velo in testa. E' terrorizzato dai bambini con la kefia. E in Israele, i bambini vengono educati ad avere paura, piu' di tutto, dei frutti dell'utero musulmano. Per questo, quando diventano soldati, non vedono nulla di male nell'uccidere i bambini palestinesi 'prima che crescano'. Ma Bassam e Salwa e tutti noi - ebrei ed arabi vittime dell'occupazione israeliana - vogliamo vivere insieme, cosi' come moriamo insieme. Vediamo i nostri figli sacrificati sull'altare di una occupazione che non ha alcuna base nella legge o nella giustizia. E, fuori, il mondo illuminato giustifica il tutto e manda altri soldi agli occupanti. Se il mondo non torna alla ragione, non ci sara' altro da dire o da scrivere o da ascoltare in questa terra se non il pianto silenzioso del mattino e le voci mute dei bambini morti". Questo ci ha scritto Nurit Peled, e non saprei che cosa aggiungere alle sue parole. Vi mando la fotografia di Abir e vi domando se il suo sorriso non somigli a quello delle bambine che amiamo: e non ci chieda, con la loro voce: "E tu?". Ettore Masina * Care amiche, cari amici, ho ricevuto da non pochi di voi segnalazioni sulla difficolta' di trovare nelle librerie Comprare un santo, il mio ultimo romanzo. Sono lieto di dirvi che ho ottenuto per gli amici di "Lettera" la possibilita' di richiedere il libro direttamente all'Editore tramite contrassegno al prezzo di euro 12 (sconto 20% del costo di copertina, spese postali incluse). Le richieste devono essere indirizzate tramite e- mail a: produzione at edizioni-oge.com oppure fax: 0289548490. 3. MEMORIA. STEFANO CATUCCI RICORDA KARLHEINZ STOCKHAUSEN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2007, col titolo "Alle fonti siderali del suono" e il sommario "Nascosta e sigillata come un mistero in costruzioni sonore stranianti, la bellezza sorprendentemente classica delle opere di Stockhausen rivela una pulsione verso la lontananza e la estraneita' che muove alla sopresa e all'incanto". Stefano Catucci (Roma, 1963) si e' laureato in Filosofia all'Universita' di Roma La Sapienza e ha studiato presso la Freie Universitat di Berlino e l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, conseguendo il dottorato di ricerca in Estetica all'Universita' degli Studi di Bologna. Ha svolto attivita' didattica nelle universita' di Roma "La Sapienza", "Roma Tre", e all'Universita' di Paris X Nanterre. Alla Facolta' di Architettura dell'Universita' di Camerino insegna Estetica dal 1996. Oltre all'attivita' di ricerca, e' attivo nel campo della saggistica e dell'organizzazione musicale, collaborando con istituzioni quali il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Carlo Felice di Genova e l'Accademia Filarmonica Romana, del cui Comitato Artistico fa parte dal 1995. Per Rai-Radio3 conduce dal 1989 programmi musicali e culturali, mentre dal 2000, insieme a Michele Dall'Ongaro, e' direttore artistico dei Concerti di Radio3 al Quirinale. Opere di Stefano Catucci: le sue pubblicazioni vertono principalmente sulla storia del pensiero filosofico ed estetico del Novecento francese e tedesco; fra le altre si segnalano i volumi La filosofia critica di Husserl, Guerini e Associati, Milano 1995; Introduzione a Foucault, Laterza, Roma-Bari 2000; Per una filosofia povera. La Grande Guerra, l'esperienza, il senso: a partire da Lukacs, Bollati Boringhieri, Torino; nonche' i saggi "Lukacs lettore della Critica del Giudizio", in P. Montani, a cura di, Senso e storia dell'estetica, Pratiche, Parma 1996; Gli animali di Celine, in "Rivista di Estetica", 1996; Estetica della censura, in "Almanacchi Nuovi", 1997; ha collaborato al progetto e alla scrittura del Dizionario di Estetica, curato da G. Carchia e P. D'Angelo, Laterza, Roma-Bari 1999, curando, fra le altre, la voce "Teorie dell'architettura". Karlheinz Stockhausen (1928-2007) e' stato uno dei piu' rilevanti musicisti del Nvecento. Dal sito www.rainews24.it riportiamo per stralci la seguente scheda: "Nato a Kerpen-Moedrath nel 1928, Stockhausen e' stato uno dei piu' significativi musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia alla musica elettronica. Stockhausen dal 1947 al 1951 ha studiato pedagogia della musica e pianoforte alla Musikhochschule (conservatorio) di Colonia e scienza della musica, germanistica e filosofia all'universita' di Colonia. Dal 1950 compone non solo creando nuove forme di musica ma anche inserendo nuovi segni innovativi nel campo della notazione musicale. Come docente universitario ed autore di numerose pubblicazioni sulla teoria della musica, attraverso le sue attivita' per la radio e grazie a piu' di 300 proprie composizioni che spesso hanno modificato il confine di quello che era considerato tecnicamente possibile, ha partecipato in modo significativo a modificare la musica del XX secolo. Negli anni '50 e' stato sposato con Doris Andrae con la quale ha avuto un figlio, il trombettista Markus Stockhausen. Negli anni '60 e' stato sposato con l'artista Mary Bauermeister con la quale ha avuto un figlio, il compositore Simon Stockhausen. Mentre le sue prime composizioni come per esempio "Doris" sono piu' tradizionali, negli anni '50 Stockhausen si volge verso la musica seriale (per esempio "Kreuzspiel" o "Formel"). E' considerato in modo particolare uno dei fondatori della cosiddetta musica puntuale. Ispirato da "Mode de Valeur et d'intensites" (1952) di Olivier Messiaen, partecipa ai suoi corsi di analisi musicale e composizione presso il Conservatorio Superiore di Parigi. Tra il 1953 ed il 1998 ha collaborato strettamente con lo "Studio per la musica elettronica" della radio Westdeutscher Rundfunk, per qualche tempo anche come direttore artistico, e si e' dedicato di piu' alla musica elettro-acustica. In questo studio di Colonia ha realizzato nel 1955 la sua opera centrale "Gesang der Juenglinge" (canto dei fanciulli) ponendo un nuovo obiettivo nel campo della musica spaziale. D'ora in avanti prosegue l'attivita' come docente a livello internazionale. Conduce per molti anni i "corsi colonesi per la musica nuova". E' l'attrazione principale durante l'Esposizione mondiale del 1970 ad Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 Karlheinz Stockhausen e' professore di composizione al conservatorio di Colonia. Da quel momento si concentra anche sulla conclusione di una delle opere liriche piu' voluminose della storia della musica con il titolo "Licht" (luce) che e' praticamente finita. In quest'opera, come anche in altre opere teatrali (per esempio "Inori" del 1973), Stockhausen cerca di collegare l'idea scenica con quella musicale in un'unita' indivisibile"] Introducendo un suo concerto a Francoforte, nel 1991, Karlheinz Stockhausen parlo' a lungo della bellezza, tema che siamo soliti considerare estraneo alle preoccupazioni di tutta l'arte del secondo Novecento e soprattutto lontano dagli orizzonti della musica contemporanea. Non ha forse quella musica inseguito ideali di assoluto rigore strutturale, non amava definirsi radicale proprio perche' votata a calcoli ingegneristici e a macchinari elettronici, senza nessun riguardo per l'incanto del suono e dell'ascolto? L'opera e i pensieri di Stockhausen dimostrano il contrario e collocano la ricerca della bellezza in una dimensione al tempo stesso quotidiana e ideale, individuale e collettiva: una bellezza sorprendentemente classica, nascosta in costruzioni sonore stranianti con la stessa cura e devozione con le quali si custodisce un segreto, un mistero. * Una forma per l'imprevisto Stockhausen aveva gia' insistito sul valore della bellezza agli inizi della sua carriera, poco dopo essere stato colpito da un brano di Olivier Messiaen, Mode de valeurs et d'intensites, dal confronto con il quale sarebbe nato il suo primo lavoro innovativo: Kreuzspiel, del 1951. La bellezza gli appariva allora come un sentimento diffuso, qualcosa che incontriamo ogni volta che un'opera d'arte riesce a sorprenderci e a stimolare in noi il desiderio di frequentare altra bellezza o di produrne di nuova: proprio come era accaduto a lui stesso in seguito all'ascolto di Messiaen. A quarant'anni di distanza le sue parole percorrevano la stessa linea di pensiero, ma con un'aggiunta decisiva che si era venuta consolidando nel corso del tempo e che riassumeva nella formula fremde Schoenheit: bellezza estranea, o meglio straniera, per rimanere piu' aderenti al senso del suo discorso. L'opera d'arte avrebbe il compito di fare accadere l'imprevisto e di portarci "lontano da dove siamo, in una terra straniera" che lentamente ci diventa piu' amica, familiare. La sua bellezza non si puo' regolamentare ma si riconosce ogni volta che l'opera e' fatta in modo che non sembri mancarle nulla, rispondendo solo a un criterio interno di compiutezza e di perfezione costruttiva. E' stato sempre cosi', diceva Stockhausen. All'epoca di Bach quel che suonava straniero aveva una collocazione geografica relativamente vicina: il minuetto proveniva dall'Italia cosi' come la ciaccona rimandava alla Spagna, mentre le sue Suites Inglesi e Francesi portavano gia' nel titolo il riferimento ad altri paesi e ad altre tradizioni. Nell'Ottocento, il secolo delle grandi Esposizioni Universali, si percepiva come straniero soprattutto l'esotico, con gli strumenti importati dall'Estremo Oriente e quelle sonorita' impreviste, dal colore giapponese, che sono alla base dell'ispirazione di Debussy. Come nei titoli delle composizioni dell'eta' barocca, anche in quelli delle opere di Stockhausen si puo' leggere la traccia di questa pulsione verso la lontananza e la estraneita'. La si legge, per esempio, in Telemusik, messa a punto negli studi di una radio giapponese nel 1966, nella quale Stockhausen sintetizzava in un unico organismo elettroacustico suoni provenienti dalla musica dei paesi piu' diversi, dal Brasile all'Indonesia, dalla Cina al Congo, dal Vietnam, fino al patrimonio popolare europeo e al Giappone stesso. E cosi' e' in Hymnen, l'opera che a partire dal 1967 richiese tre anni di lavoro su tutti gli inni nazionali della terra, convogliati nella visione cosmopolita di una Weltmusik che Stockhausen considerava premessa pratica e teorica dello spirito new age. "L'intero pianeta", scriveva, "si trasforma in un'unica tradizione musicale planetaria". Ma una volta giunti a questa frontiera occorreva andare oltre, perche' in un'epoca come la nostra, nella quale e' possibile fare il giro del mondo in poco tempo viaggiando con l'aereo, con l'immaginazione, oggi con internet, quel che sentiamo come straniero deve provenire da un altro tipo di distanza, quella che ci separa dall'origine del suono e che si nasconde, spesso, nell'infinitamente piccolo, in suoni microscopici che confinano con le regioni del rumore. Il cosiddetto "secondo stile" di Stockhausen, il cui punto d'avvio si fa coincidere con Mantra per live electronics e due pianisti (del 1970), non e' in realta' un distacco dal "primo stile", non e' un passaggio dal serialismo integrale a una riscoperta del canto e della melodia, ma e' un ulteriore approfondimento del suo viaggio verso una dimensione di estraneita' indispensabile a quell'effetto di sorpresa e di meraviglia che e' alla base della sua concezione del bello. Inori, l'opera forse piu' dipendente dall'influenza di letture mistiche ed esoteriche, sembra voler porre una domanda sull'origine del suono, sul suo impercettibile distinguersi dal rumore, mentre i successivi Sternklang e Sirius tentano di dare a quella domanda una risposta insieme utopica e concreta. Il lato metafisico della risposta sta nell'idea di trasformare l'ordine delle costellazioni in una musica che tende al cosmico e all'ultraterreno. Il lato terrestre sta invece nella convinzione che un'opera bella debba ormai pensarsi come proveniente da una distanza abissale, diventando non piu' semplice straniera, ma addirittura aliena. Nel grande ciclo Licht, elaborato nel corso di un ventennio e basato sui sette giorni della settimana, con al centro personaggi come l'angelo custode Michael, Eva e Lucifero, il desiderio di portarci il piu' lontano possibile ha assunto il volto di un'ambizione totalizzante: musica, scena, mimica, danza, riunite insieme nel disegno mistico di un'opera d'arte totale che ha fatto pensare a Wagner come al suo unico precedente riconoscibile. E' vano, pero', cercare di comprendere l'opera di Stockhausen in una prospettiva storicistica, fatta di precursori e di maestri. La possibilita' che abbiamo, oggi, di accedere facilmente alle musiche di tutte le epoche e di tutto il mondo, rende l'universo sonoro una specie di presente enormemente dilatato e costantemente disponibile, al punto che il dovere immediato del compositore sarebbe quello di "conservare quante piu' forme musicali e stili di esecuzione possibile", come Stockhausen scrisse in un saggio dedicato alla componente ritmica delle cadenze nell'opera di Mozart. L'idea di "musica nello spazio" (Musik im Raum) non e' per lui solo figlia delle possibilita' tecniche di trasmissione del suono in un ambiente di ascolto, non e' solo musica che si diffonde a partire da fonti sonore disseminate, ma e' soprattutto l'effetto di una convinzione profonda che tende a disinnescare la forza della storia. Per Stockhausen, a consentire lo scambio con il passato non sono le misure della distanza storica, non il filo di una tradizione, ma le relazioni di estraneita' e di familiarita' che coltiviamo con il mondo dei suoni. Un contrappunto, un basso albertino, un tema di sonata, sono percio' altrettante risorse espressive del presente alle quali possiamo attingere trasfigurandole, proiettandole cioe' in distanze dalle quali possano tornare a noi vestendo abiti diversi, irriconoscibili, che diano loro ancora la forza di sorprenderci. "La bellezza straniera oggi si incontra sempre meno", scrive, "eppure proprio quei rari incontri sono gli unici che tengono aperta una speranza e ci mantengono in vita, poiche' alimentano la fiducia nell'esistenza di un mondo pieno di segreti, illimitato, che epoca dopo epoca gli artisti hanno cercato di captare e di tradurre, dando vita a quei capolavori che oggi sono per noi bellezze conosciute, familiari". * Una utopia in abito sciamanico Sorpresa e incanto sono dunque i due atteggiamenti che l'opera di Stockhausen ha voluto suscitare e gli unici con i quali porsi in ascolto di una musica la cui potenza immaginativa, e la cui capacita' di fascinazione, sono direttamente proporzionali all'abilita' con la quale egli ha saputo costruirla, dandoci l'impressione - nei suoi lavori piu' riusciti - che in essa davvero non manchi nulla e che il criterio della perfezione compositiva sia l'aurea regola classica da lui rispettata piu' di ogni altro musicista contemporaneo. Incanto e' la parola che possiamo associare ai lontani, magnifici Kontra-Punkte del 1953 e Canto degli adolescenti, di tre anni successivo, nei quali aleggia il nome di Bach, come pure nel recente estratto da Klang, presentato a Roma neppure un anno fa. Sorpresa e' anche negli effetti iperspettacolari di un brano come il Quartetto degli elicotteri del 1993, nel quale i musicisti del Quartetto Arditti suonavano ciascuno a bordo di un diverso elicottero, collegati via radio, mentre il compositore a terra mixava in tempo reale i loro suoni con quelli di eliche e motori. L'utopia cosmopolita, cosmica e tecnologica di Karlheinz Stockhausen ha indossato spesso abiti sciamanici per presentarsi piu' leggera, e forse anche meno credibile. Ascoltare la sua musica senza vederlo piu' seduto al mixer non sara' la stessa cosa. La sua opera ci diventera' forse meno estranea, alcuni dei suoi lavori diventeranno forme di una bellezza a noi piu' familiare. Qualcuno forse raccogliera' il sogno del quale fin dagli anni Cinquanta egli si e' sentito portatore e si spingera' piu' lontano ancora, dietro l'angolo o verso altri pianeti, alla ricerca di bellezza nuova. 4. MEMORIA. KARLHEINZ STOCKHAUSEN: DA QUI SONO PARTITO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2007, col titolo "Pianoforte, vocale A, vento, rumore bianco", alcuni frammenti da una lezione inedita di Karlheinz Stockhausen sul suo iter musicale] Intorno agli anni Cinquanta si e' smesso di considerare come un'ovvieta' il fatto che il suono sia qualcosa di semplice e l'idea di lavorare sui suoni e' emersa quasi come una conseguenza del processo avviato dalla Scuola di Vienna. I compositori viennesi avevano ridotto gli oggetti musicali - temi, melodie - a rapporti fra due soli suoni, due intervalli, com'e' stato soprattutto nel caso di Anton Webern. Quando ho cominciato a comporre musica ero ovviamente figlio dello spirito della prima meta' del secolo, continuavo e cercavo di ampliare cio' che i protagonisti di quell'epoca avevano preparato. C'e' stato bisogno solo di un piccolo passo in piu' per avere l'idea di comporre un singolo suono. L'idea, comunque, non e' venuta subito. All'inizio ho cominciato analizzando ogni tipo di suoni. Ne ho registrati al Musee de l'Homme, a Parigi, dove si puo' trovare ogni genere di strumento esotico - in pietra, in legno, in metallo - appartenente a ogni tipo di cultura e a ogni periodo storico. Ma poi ho analizzato anche suoni e rumori che ho registrato in momenti della vita quotidiana... Mi sono concentrato sulle differenze tra i suoni, per esempio tra un suono di pianoforte, la vocale A e il suono del vento. E dopo avere analizzato un gran numero di suoni e' arrivata l'idea: se posso analizzare suoni che gia' esistono, perche' non tentare di sintetizzare suoni per trovarne di nuovi, che ancora non esistono? A quell'epoca c'erano strumenti elettronici che cercavano solamente di imitare il suono degli strumenti classici... Specialmente nei gruppi di musica pop si potevano trovare tastiere dotate di registri simili a quelli degli organi classici per imitare i suoni della tromba, del flauto, del clarinetto. Oggi e' possibile con questo tipo di strumenti anche trasformare i suoni, ma rimane il fatto che alla loro base c'e' una sorta di catalogo di suoni e timbri, come una serie di colori che un pittore puo' comprare, ma con i quali deve poi cominciare a lavorare mescolandoli... L'idea di sintetizzare un suono, invece, deve avere alla base qualcosa di piu' elementare. Ho cominciato allora a indagare nei laboratori di acustica quale fosse il suono piu' semplice che si poteva ottenere, ho cercato di ricavare le onde sonore e gli spettri sonori piu' semplici, arrivando fino a trovare un generatore in grado di produrre un rumore bianco, come si dice in analogia con il colore bianco, e che filtrato elettronicamente poteva servire a produrre rumori colorati. Ho cominciato cosi' a sintetizzare suoni in maniera molto primitiva, per esempio aumentando la velocita' del suono: si puo' aumentare o diminuire la velocita' del suono semplicemente cambiando quella del nastro, e a partire dalla fine degli anni Quaranta e' possibile farlo in maniera continua, non solo discontinua, trasformando i suoni per accelerazione o decelerazione. Questo permette di arrivare immediatamente a due estremi. Se prendiamo una sinfonia di Beethoven e la acceleriamo, se siamo capaci di farlo senza alterare il registro dei suoni, avremo la stessa sinfonia, con gli stessi timbri, ma compressa. Possiamo farla durare appena un secondo e allora l'avremo trasformata in un unico suono dotato pur sempre di un suo colore e di un suo timbro caratteristico, che resta quello della sinfonia di Beethoven e che possiamo riconoscere se lo confrontiamo con un'analoga forma di compressione di una musica Gagaku, giapponese. Al contrario, se prendiamo un suono qualsiasi, che al momento della registrazione durava uno o due secondi, e lo rallentiamo per farlo durare venti minuti, allora abbiamo musica. La sua forma, espansa nel tempo, sara' identica alla struttura microacustica che c'era nel suono al momento della registrazione. Da qui sono partito. 5. RILETTURE. LEA MELANDRI: LE PASSIONI DEL CORPO Lea Melandri, Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 192, euro 13,43. Una raccolta di testi scritti lungo gli anni '90 da una delle piu' acute pensatrici del femminismo, della corrente calda della nonviolenza in cammino. Un indimenticabile gioiello e' la terza sezione della parte terza, "Le stagioni di un'adolescenza": una silloge di pagine di diario che tolgono il respiro per forza di poesia e verita'; ne estraiamo tre capoversi da una pagina del 9 febbraio 2000: "Questa vicinanza con la vecchiaia, la malattia, la morte, mi aiutera' a riequilibrare il rapporto tra pensiero e vita, a riconoscere il pieno di esperienza che l'intellettualita' si lascia alle spalle, a ricostruire le gerarchie del dolore, a vedere nel male piu' privato la condizione umana nella sua massima generalita'". "Forse e' questo mare immenso di sofferenza e di fatica che sottosta' ala vita pubblica, non riconosciuto, lasciato senza nome e senza parola, a imprimere al corso della civilta' un andamento cosi' vertiginosamente volto alla distruzione". "E' nel quotidiano, nella 'normalita'', che si consuma la piu' feroce e la piu' silenziosa delle guerre". 6. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 320 del 31 dicembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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