Minime. 305



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 305 del 16 dicembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Un incontro a Milano con le donne del movimento "No Dal Molin" di Vicenza
il 7 luglio 2007 (parte prima)
2. Letture: Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella, La casta
3. Riletture: Centro nuovo modello di sviluppo, Sud-Nord. Nuove alleanze per
la dignita' del lavoro
4. Riletture: Giovanni Stiz, cooperativa Il seme, Guida alla finanza etica
5. Riletture: Antonella Valer, Bilanci di giustizia
6. Riletture: Tomaso Zanda, Tortillas riso e erbe amare
7. Riedizioni: Marco Tullio Cicerone, Opere morali
8. Riedizioni: Edward W. Said, Orientalismo
9. Riedizioni: Lucio Anneo Seneca, Teatro
10. Riedizioni: Marco Travaglio, Bananas
11. Riedizioni: Marco Travaglio, Berluscomiche
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. UN INCONTRO A MILANO CON LE DONNE DEL MOVIMENTO "NO DAL MOLIN"
DI VICENZA IL 7 LUGLIO 2007 (PARTE PRIMA)
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.librriadelledonne.it)
riprendiamo la trascrizione degli interventi dell'incontro con le donne del
movimento "No Dal Molin" svoltosi al Circolo della Rosa, a Milano, il 7
luglio 2007. La redazione del testo e' a cura di Silvia Marastoni]

Luisa Muraro
Oggi ci incontriamo con il gruppo donne del presidio No Dal Molin di
Vicenza, che lottano per qualcosa in cui tutte e tutti che siamo qui, io
credo, concordiamo vivamente.
Ne' loro ne' noi ci diamo arie, ma penso che sia un giorno importante; penso
inoltre che noi abbiamo da imparare da loro perche' agiscono con energia e
intelligenza in una situazione tutt'altro che facile.
Alcune di loro sono femministe o hanno radici nel femminismo, altre
assolutamente no. C'e' una caratteristica di trasversalita' che abbiamo
sempre sentito; il disfare certe geografie che paralizzano le forze per
collegarsi trasversalmente e ricominciare la politica a partire dalla
qualita' di certi rapporti.
D'altra parte, loro sono invece in una situazione differente. Ricordo, da un
vecchio testo che e' stato considerato importante: i tempi, i luoghi e gli
strumenti della politica delle donne non sono quelli della politica
tradizionale.
Questo movimento e' nato da una ragione grave e precisa, cioe' dalla
scoperta che un pezzo del loro territorio era stato venduto (ma diciamo pure
svenduto, perche' non e' che ci siano grandi guadagni...) al governo degli
Usa, a loro e nostra insaputa, con la connivenza di uomini politici sia di
destra che di sinistra, e anche - almeno per un certo tempo - con quella dei
giornalisti, della stampa. In un primo tempo, infatti, i giornali hanno
tentato di far credere che si trattasse di una base Nato, che quindi faceva
parte degli impegni presi all'interno di questa alleanza (essa stessa una
costruzione su cui bisognerebbe interrogarsi, ma comunque una cosa
diversa...).
Non si tratta affatto, invece, di una base Nato, ma di una base che dipende
dal Pentagono, cioe' direttamente dal governo degli Stati Uniti. Una delle
prime battaglie che si e' dovuta fare e' stata quindi quella di far si' che
si dicesse la verita'.
Loro si trovano in un'urgenza, in una costrizione, riguardo ai mezzi e ai
tempi della loro lotta, che sono quelli che sono, e sono dettati da altri,
non certo liberamente decisi da loro... E' una morsa, in cui bisogna
scegliere se starci o non starci.
Le donne che sono qui oggi hanno trovato un modo per farlo: nell'intervista
a Radio Popolare di stamattina, Antonella parlava ad esempio della cura che
hanno per il loro presidio, che e' uno scampolo di terra polverosa ricavato
fra due strade, vicino al sito dove vorrebbero costruire la base... E' una
cosa simbolica e, in questo senso di grande bellezza, in senso umano e
politico...
Le domande che mi preme porre, in questo confronto, sono queste: come si fa
a non farsi rubare l'anima dal fatto di dipendere dai risultati di una lotta
politica che ha degli obiettivi?
Come si fa a stare a una politica dove bisogna lottare alle condizioni che
non hai scelto tu, dove non c'e' agio, ne' puoi rallentare i tempi, perche'
i tempi sono quelli che sono?
Come si fa ad avere, qui e ora, quella gioia, quella soddisfazione che viene
dal dire "io ci sono, qui"?
Come si fa, in una lotta come questa, a non vivere con la testa finalizzata
all'obiettivo fuori di se', che strumentalizza tutto?
Come si fa ad avere gia' guadagnato oggi, qui ed ora, con le altre, la vera
ragione per cui si combatte, che e' quella di favorire la vita e le
condizioni che rendono la vita possibile, a cominciare dalla pace? Come si
puo' tenere tra le proprie mani l'essenziale, senza farselo rubare dalle
urgenze della mobilitazione? Io ho sempre rifiutato l'idea di una politica
basata sulla militanza, eppure mi sono ritrovata a dire, magari un po'
scherzosamente, "sono anch'io una militante 'No Dal Molin'", perche'
evidentemente questa la sento come una milizia, seppure naturalmente in
senso pacifico...
Pongo queste domande perche' so che voi avete questo segreto, e anche per un
altro motivo, cioe' pensando alla "madre pace" americana, Cindy Sheehan, che
a un certo punto si e' trovata piegata, ha perso le energie. Non ha perso la
sua ispirazione, non ha tradito; ma - come spiega lei stessa - a un certo
momento, da qualche parte, ha perso qualcosa che era la sua forza. So,
quindi, che si cammina su un filo prezioso e rischioso, difficile...
*
Antonella Cunico
Quelle che ci fa Luisa sono domande importanti... Io comunque vorrei fare
una premessa: come avete visto dal video, il nostro movimento ha una
caratteristica particolare, la sua grande eterogeneita'. E' un movimento
trasversale, che comprende uomini e donne, persone di eta' e di culture
diverse, che hanno iniziato a parteciparvi con motivazioni e obiettivi molto
differenti.
Ci siamo resi conto abbastanza rapidamente che a Vicenza stava accadendo
qualcosa di veramente straordinario: tutto quello che avete visto contrasta
moltissimo con lo stereotipo del vicentino che tende a farsi gli affari
propri e (per quanto riguarda le donne) a guardare solo alla propria
famiglia. Adopero alla lettera delle frasi che ho sentito fin da quando ero
piccola, usate anche da Goffredo Parise e Luigi Meneghello per descrivere il
modello tradizionale della vicentinita' quieta, che tende appunto a farsi
gli affari suoi, a non immischiarsi. Abbiamo visto, invece, che seppure in
misura diversa la gente ha iniziato a mobilitarsi.
Posso dire che cosa e' accaduto a noi, e innanzitutto a me. Io abito nella
zona di confine tra Vicenza e Caldogno: la mia casa e' proprio al limite
dell'argine oltre il quale c'e' l'aeroporto. Dalla mia finestra vedo i colli
Berici, i campi ancora intatti, le case... Con la mia famiglia siamo andati
ad abitare li', siamo usciti dal centro citta' proprio perche' cercavamo un
ambito quieto in cui vivere.
Pero', lavorando a Vicenza, non conoscevamo i nostri vicini, non avevamo
intessuto rapporti, relazioni. Oggi invece proprio attraverso questo
percorso queste relazioni le abbiamo strette, tessute, create. Dal punto di
vista personale e familiare, dunque, e' stata un cosa molto importante.
Dalla fase iniziale di preoccupazione, in cui si cercavano soprattutto
informazioni sul progetto e sulle conseguenze che la sua realizzazione
avrebbe comportato, qui e ora, per noi, siamo passati a porci interrogativi
piu' importanti: cosa avrebbe significato la presenza della 173a Brigata
aviotrasportata, che sarebbe arrivata a Vicenza per ricongiungersi con le
truppe della caserma Ederle.
Cosa vuol dire rientrare, come popolazione, in una strategia complessiva che
ha una funzione terribile nel mondo, quella della militarizzazione.
Cosa vuol dire essere parte di un gioco che si decide sopra le nostre teste
e che ha come finalita' il controllo delle zone "calde" del mondo.
In un primo momento speravamo che l'attuale governo si sarebbe opposto a un
progetto le cui trattative erano iniziate con il governo precedente. Quindi
tutta la prima parte della mobilitazione e' stata volta a raccogliere
informazioni, a cercare di capire cosa stesse accadendo, per sensibilizzare
l'opinione pubblica e arrivare a coinvolgere i cittadini e le cittadine nel
processo decisionale.
La svolta, lo spartiacque si e' determinato a gennaio, quando Prodi disse
che non si sarebbe opposto alla realizzazione del progetto. A quel punto la
citta' e' scesa in piazza, in una manifestazione spontanea durante la quale
ci fu l'occupazione della stazione ferroviaria. Una cosa incredibile, per
Vicenza... Quella notte si costitui' il presidio e inizio' una nuova fase,
caratterizzata dall'urgenza, dall'incalzare degli eventi. Dovevamo cercare
di mantenere viva l'attenzione, di dare dei segnali per far capire che li'
era iniziata una resistenza tenace, che una parte della citta' continuava ad
opporsi.
Come si fa, in questo vortice, a stabilire delle relazioni, a non farsi
risucchiare la vita?
Noi donne abbiamo iniziato a costituire proprio tra di noi un gruppo, per
riflettere insieme su quel che stava accadendo. Ci siamo dette "non possiamo
farci trasportare dagli eventi, bisogna che vediamo che significato ha per
noi essere qui".
Come ricordava Luisa, tra di noi ci sono persone che hanno fatto un percorso
nel movimento delle donne, che si riconoscono nei valori che fanno capo a
questa esperienza, e molte altre che invece non sono mai entrate in questa
dimensione.
Il primo interrogativo che ci siamo poste e' stato dunque "che tipo di
relazione possiamo costruire tra noi, per fare in modo che il nostro essere
qui, il nostro tempo ed impegno abbia un significato per noi, e non solo per
l'obiettivo del no al Dal Molin (che, come si e' detto, e' un obiettivo di
carattere generale)?".
Abbiamo cercato un significato alla nostra presenza li' a partire dalla
relazione con le altre.
In questa ricerca ci ha aiutato molto Nora, che e' qui con noi. Nora e' una
formatrice, un'animatrice... Ci ha avviate a riflettere, a esplorare le
motivazioni iniziali che ci avevano portato li'.
Nel frattempo gli eventi urgevano... Cosi' abbiamo cercato di imparare a
"giocare con la catastrofe", per citare un libro di Enrico Euli. Abbiamo
costruito delle azioni nelle quali ci siamo anche divertite, come quella per
l'occupazione della basilica palladiana, o quella fatta con i ragazzi e le
ragazze dei centri sociali, per contrastare il concerto della banda militare
che il comune aveva organizzato sul piazzale della Vittoria (americana,
naturalmente...). Abbiamo cercato di esprimere la nostra opposizione con
fantasia, utilizzando anche la componente ludica.
Parlo di "giocare con la catastrofe" perche' la prospettiva davvero e' di
quelle che non fanno dormire la notte... Se guardo dalla finestra e penso
che fra un anno tutto quello che vedo adesso potrebbe non esserci piu',
provo veramente un'angoscia incredibile.
Pero' poi quando vado al presidio e sto con Cinzia, con Nora, con le altre
donne che sono animate dalla mia stessa tenacia, dalla mia stessa volonta'
di resistere nonostante tutto, allora la sensazione che provo e' anche di
serenita', di star bene... Cerchiamo di star bene tra di noi, di "giocare
con la catastrofe" e di costruire delle azioni con fantasia per stare dentro
al movimento, per partecipare a questa lotta con le sue diverse anime, ma in
questo processo vogliamo anche conoscerci, riconoscerci e stabilire tra di
noi delle relazioni che non sono solo "tra militanti". A queste persone
adesso io voglio bene, con loro sto avviando un percorso che credo ci
portera' molto piu' lontano dell'obiettivo contingente del no al Dal Molin,
e questo per me significa stare in questa lotta con agio, e andare anche
oltre...
*
Cinzia Bottene
Io non ho mai avuto esperienze nel movimento delle donne, nel femminismo.
Fino a un anno fa ho avuto una vita assolutamente normale, banale. Poi mi
sono trovata coinvolta in questa vicenda che mi ha presa e mi sta prendendo
totalmente, perche' e' una battaglia in cui credo fortemente, soprattutto
per la difesa della mia citta'.
Io non sono neanche cosi' direttamente interessata, da un punto di vista
egoistico, perche' abito un po' piu' in la'... Ma e' una battaglia che mi
sento di fare soprattutto in nome di mio figlio, di tutti i nostri figli.
Non solo dei figli dei vicentini, ma di tutti i ragazzi italiani, perche'
non e' un problema che riguarda solo la citta'. Riguarda l'intera nazione,
perche' e' un indirizzo politico quello che viene dato, e vuol dire. piu'
che svendere, regalare il territorio nazionale, che viene poi fruito per
scopi che non hanno niente a che vedere con gli interessi del nostro paese.
Vuol dire rinunciare alla dignita' e alla sovranita', e questo mi indigna,
non riesco ad accettarlo. Da qui e' nata per me l'esigenza di portare avanti
questa lotta.
Io poi sono anche la "responsabile" di quella denominazione - che ormai non
ce la faccio piu' a sentire - di "casalinghe alla riscossa", che viene dal
fatto che sono una casalinga e ho avuto in questo movimento un ruolo un po'
piu' sovraesposto (Cinzia si riferisce al titolo della puntata di "Anno
Zero" di Michele Santoro dedicata al movimento No Dal Molin, poi adottato da
molti mezzi d'informazione - ndr). Dico che non ce la faccio piu' a sentirlo
perche' mi sembra molto folkloristico, riduttivo.
Oltre a non avere mai avuto prima un coinvolgimento nelle problematiche
femminili - a differenza di Antonella -, io non ho neanche mai avuto (al di
la' delle "amiche della vita") dei grandi rapporti femminili, con gruppi di
donne. Per me quindi questa e' stata un'ulteriore scoperta, e anche una
difficolta': per certi versi infatti potrei dire che ho un carattere un po'
maschile, che sono piu' portata all'azione che alla riflessione, e in certi
momenti questo puo' anche danneggiare il rapporto fra noi donne.
Per il ruolo che mi sono trovata ad avere, fra capo e collo, non ho potuto
partecipare al gruppo donne, e quindi mi perdo anche il loro modo di
giocare, di divertirsi nella catastrofe. A me resta solo la catastrofe... Le
invidio moltissimo, mi spiace non avere il tempo per questo e mi riprometto,
appena possibile, di entrare nel loro gruppo... Perche' davvero - come
dicevo - il rapporto con le donne, il far gruppo fra donne per me e' stata
proprio una scoperta. Voglio molto bene a tutte le persone del presidio, e
in particolare voglio molto bene alle donne. Credo che la nostra forza
deriva e derivera' proprio dal fare gruppo, dall'essere molto coesi e dai
grandi affetti che ci sono tra noi. E' un po' come la famiglia, che secondo
me e' molto efficace se c'e' una difesa collettiva basata sull'amore.
All'interno del presidio noi questo amore lo abbiamo, e dobbiamo coltivarlo.
Viviamo sempre nell'emergenza: una condizione che io sento molto, ogni
giorno, pero' questo percorso ha portato una ricchezza incredibile: a me,
perche' come ho detto ho scoperto delle relazioni per me non consuete, ma
anche alla citta' e a tutti.
A volte dico che non so come andra' a finire la questione del Dal Molin, che
e' una battaglia difficilissima, ma so che sicuramente noi tutte - e tutti i
partecipanti al presidio - ne saremo profondamente cambiate e cambiati:
perche' ci ha fatto scoprire le relazioni, la tolleranza fra noi, il saper
fare comunita' nonostante le differenze enormi (di eta', di provenienza
politica, ecc.) a cui accennava prima Antonella. Questa e' una ricchezza
che, comunque vadano a finire le cose, nessuno ci togliera' piu, perche' noi
siamo profondamente cresciute, cambiate, in questo anno di lotta. Ed e' un
tesoro che ci restera'.
*
Nora Rodriguez
Sono argentina, vivo in Italia dal 1982. Pensavo proprio in questi giorni
che sono quarant'anni che vivo nella resistenza: prima per la dittatura in
Argentina. Poi, quando sono arrivata in Italia, a Milano, nella resistenza
dei migranti: i personaggi dei partiti politici infatti ci rincorrevano
(soprattutto quelli di noi di origine italiana) per offrirci tante cose in
cambio del voto... e io resistevo.
Quando mi sono trasferita a Vicenza ho cominciato a lavorare nell'educazione
ai diritti dei bambini. Per me non c'e' educazione se non c'e' relazione. E
ho sempre abbinato la resistenza e la relazione, nel mio percorso di vita.
Non e' neanche stata una scelta, mi ci sono trovata, ma sono state queste le
cose che mi hanno dato forza. Ho visto nascere il movimento delle Madres de
Plaza de Mayo e (dopo aver perso il mio compagno) ho trovato nel gruppo
delle donne la forza, il coraggio per andare avanti. Ho deciso di emigrare
solo quando ho saputo dove era finito: prima non avrei potuto, avevo
promesso che sarei rimasta nel mio paese finche' non avessi saputo che fine
aveva fatto. Solo poi ho trovato il coraggio di emigrare e di cominciare
altre battaglie.
Pero' non mi sarei aspettata di trovarmi ancora questo nemico davanti... La
sera dell'occupazione della basilica mi sono trovata a pensare: "ho
attraversato un oceano, ho cambiato vita, ho ricominciato da capo e mi
ritrovo un'altra volta con l'esercito, la militarizzazione, l'atropeyo - una
parola spagnola che significa quando ti passano sopra senza chiederti come
la pensi".
Nel presidio, conoscendo queste donne, ho capito quante storie si
intrecciavano... E ho pensato che questo era un tesoro da tramandare, al di
la' degli eventi storici: non sappiamo come finira' la nostra battaglia, la
nostra lotta. Ma anch'io credo che la nostra storia non finira', perche' noi
stiamo modificando profondamente Vicenza.
A me interessa molto il linguaggio, la cura delle parole e il ribaltamento
del senso del discorso. Attraverso diversi passaggi ed esperienze (ad
esempio il lavoro con i bambini e l'insegnamento dello spagnolo per la
traduzione, la conoscenza della letteratura spagnola femminile
contemporanea) ho capito come la mia storia si intrecciava con questo, e mi
sono resa conto che non volevo che la nostra storia - quella delle donne del
presidio - restasse parziale, locale o fosse triste e noiosa.
Vorrei che invece ci desse la forza di ridere, di stare in cucina insieme,
di dirci a volte anche delle cose forti, conflittuali... Ho proposto di
parlare anche dei sentimenti, perche' in questa lotta condividiamo
tristezze, angosce, paure, ribellione, di come ci sentiamo quando occupiamo
la basilica, o l'otto marzo, a cui io sono allergica... Abbiamo pensato a un
otto marzo diverso: ci siamo presentate davanti al governo della nostra
citta' con un poncho marrone (il colore della terra) e con una maschera
bianca (per dire che siamo allibite) e con un vasetto di terra in mano con
sopra scritto "la madre terra rifiuta le basi di guerra". Le forze
dell'ordine erano alquanto perplesse: davanti all'irriverenza non sanno cosa
dire, cosa fare; sono presi alla sprovvista.
*
Ersilia Filippi
Sono in questo movimento con una figlia. Di figli ne ho tre, di cui due
femmine: quella di diciotto anni al presidio non c'e', ma solo perche'
quest'anno ha la maturita' da fare; con la testa, pero', anche lei e' li'.
L'altra, invece, e' proprio attivista. Anzi, all'inizio e' stato quasi per
controllare mia figlia che ho cominciato a seguire questa faccenda.
Pur venendo dal femminismo - da giovane ero nel collettivo "La meta' del
cielo" di Vicenza -, in questa fase della vita non me ne poteva fregar di
meno... Confesso che all'inizio non ero neanche al corrente di questa
vicenda del No Dal Molin... L'anno scorso, quando hanno fatto la prima
fiaccolata, io ero in ferie. Quando mia figlia mi ha chiamata per dirmi che
ci stava andando, siccome sapevo che frequentava il capannone del centro
sociale, gia' cominciavo a tremare... Insomma, stavo facendo la mamma: ho
cinquant'anni, faccio la mamma. Certe cose le avevo messe da parte; mi
dicevo: "le manifestazioni, le contestazioni le hai gia' fatte; adesso
lascia che i figli facciano la loro strada...".
Poi invece un giorno, verso l'autunno, quando mia figlia (che nel frattempo
continuava a seguire assiduamente la vicenda) mi ha detto tutta entusiasta
che c'era un'assemblea permanente, ho deciso di andare a vedere che cosa
faceva. Mi preoccupavo, lo dico sinceramente. Per me e' cominciata cosi'...
Non sono l'unica ad avere figli al presidio. Tra di noi ci siamo confrontate
su questo, perche' ci sono anche conflitti tra le generazioni, in
particolare con le figlie femmine. Siamo dentro nella stessa lotta, ma non
e' sempre facile: nell'occupazione della basilica, ad esempio, ci poteva
essere anche il rischio di una denuncia. Io l'occupazione l'ho fatta con mia
figlia, ma ogni tanto mi chiedevo: "ma cosa sto facendo?".
Viceversa, quando abbiamo organizzato l'otto marzo lei non e' venuta; mi ha
detto "a me non importa, la festa della donna io proprio non la sento. Noi
non abbiamo gli stessi problemi che avevate voi". Non riuscivo a farle
capire che anche li' c'era di mezzo il Dal Molin. Altre giovani invece hanno
fatto l'azione con noi, anche grazie a Nora, che ci aiuta sempre molto a
mediare.
La ricchezza e' proprio questa. Se penso alla mia giovinezza, a come mia
madre fosse lontanissima, al fatto che per poter fare le mie scelte -
femminismo per primo - sono scappata di casa, e poi mi guardo adesso, mentre
mi ritrovo di nuovo dentro a una cosa cosi', per una motivazione come
questa, quasi ripartendo da zero, con ragazze di vent'anni che sono anche le
mie figlie... Mi pare che di motivi per riflettere ce ne siano moltissimi.
Mi sembra una cosa unica al mondo, una novita' assoluta, almeno in questo
contesto. Io mi ci sono buttata a pesce... E mi fa un po' male quando le
"ex", le "storiche" che mi vedono la' mi dicono: "ma cosa ti sei messa a
fare?". All'inizio non sapevo neanch'io bene che cosa rispondere, perche'
quello che mi succedeva in un certo senso sorprendeva anche me... Pero' so
che questa lotta mi prende, che c'e' qualcosa che mi prende "di pancia", che
con le altre donne sto andando ad analizzare, ad approfondire.
Adesso dico a me stessa che forse era anche un po' di tempo che non mi
domandavo piu' certe cose; che forse mi ero fermata li', contenta di quello
che avevo realizzato di me stessa, e invece non avevo realizzato tante altre
cose... In questa lotta ci sto molto dentro, anche con tutte le mie
difficolta', ma convinta... E se non ci fosse questa solidarieta', questa
vicinanza con le altre adesso non potrei parlarne cosi'.
*
Anna Faggi
La mia storia e' un po' diversa, anche se ho molti punti in comune con
Ersilia e le altre amiche che sono al presidio. Io sono entrata nel
movimento nell'agosto dell'anno scorso per merito di mio figlio
quattordicenne, che era molto interessato alla cosa. Anche lui cominciava a
frequentare i centri sociali e anch'io, come Ersilia, avevo i capelli ritti.
Mi parlava di questo Dal Molin, dell'osservatorio tenuto dai ragazzi
disobbedienti che per primo aveva iniziato ad approfondire il problema...
Cosi' io e mio marito ci siamo trovati alla fiaccolata dell'estate scorsa.
Io non avevo mai fatto politica direttamente: da ragazza sono andata alle
manifestazioni, e le mie idee sono sempre state vicine a questi problemi, ma
non sono mai stata un'attivista come Ersilia.
Dalla fiaccolata in poi, invece, anch'io ho cominciato a vivere questa cosa
di pancia: man mano che mi addentravo nel problema, l'idea che un'altra base
venisse a rovinare la nostra citta', ad appropriarsene, mi coinvolgeva
sempre di piu'. Vorrei ricordare che a Vicenza, oltre alla caserma Ederle,
ci sono gia' moltissimi altri stanziamenti degli americani; hanno trapanato
tutte le nostre colline, riempiendole di armi nucleari e di altro materiale
bellico.
Mi sono ritrovata sempre piu' coinvolta, sempre piu' appassionata: questo
Dal Molin e' come una droga, non riesci piu' a farne a meno... Perche'
l'indignazione e' talmente grande, talmente insopportabile, che non si puo'
stare fermi.
Io abito in centro citta', lontana dalla zona del Dal Molin. Per me si
tratta soprattutto di non essere coinvolta in una politica di guerra. Io non
voglio essere partecipe delle azioni che partirebbero dalla mia citta' per
andare ad ammazzare civili in Afghanistan, in Somalia e in tutti gli altri
paesi che gli americani vogliono conquistare. Mio figlio mi ha insegnato che
non si puo' tenersi fuori da questi problemi: mi sentirei terribilmente in
colpa. La cosa interessante e' anche questa partecipazione della famiglia in
una lotta cosi'. Proprio venendo qui, parlavamo di come cambiano i rapporti,
gli equilibri all'interno della famiglia... Perche' una cosa cosi' ti
sconvolge anche la vita quotidiana: c'e' l'emergenza e devi andare; sei a
tavola e parli di quello; c'e' il gruppo donne da cui sei coinvolta
emotivamente, mentre l'uomo partecipa in un modo diverso e i ragazzi, i
disobbedienti, in un altro modo ancora. Ai ragazzi, poi, ci siamo
affezionati tutti; a questo punto non potremmo fare a meno di loro.
Questo movimento e' una cosa straordinaria... Nella disgrazia di avere il
Dal Molin, io penso che e' una fortuna incredibile che mi sia capitato di
vivere un'esperienza del genere. Secondo me questo e' un aspetto molto
interessante della faccenda. E' proprio un convivere, un volersi bene,
quello che c'e' nel presidio; pur scazzandosi, perche' non crediate che vada
tutto sempre liscio... Ci si arrabbia anche, si tengono i musi, ci si
fronteggia... Ma se stai una settimana senza andarci, senti che ti manca
qualcosa. Dico la verita': un'appartenenza cosi' forte io non l'ho mai
sentita. Al contrario, adesso se vado in centro perche' devo fare qualcosa,
in quel contesto mi sento a disagio.
L'altra cosa importante e' la grande presenza di donne; donne straordinarie,
secondo me. Per me, che avevo una vita tranquilla - di lavoro, di famiglia,
di relazioni, ma senza questa spinta politica -, trovare persone come
Ersilia, Paola (che e' sempre stata antimilitarista), Antonella, come
tantissime altre che non sono qui oggi, e' stato un incontro di grande
ricchezza.
Questa lotta ha una prospettiva difficile, come diceva Cinzia. Pero' la
citta' e' stata segnata da quest'esperienza, anche al di la' del Dal Molin.
Vicenza e' sempre stata una citta' dormiente, soffocante, chiusa, in cui
ognuno era dedito solo a guadagnare soldi: il nord-est deve lavorare,
produrre, per avere soldi che poi non si sa neanche come e quando
spendere... Avere invece momenti di riflessione e di socializzazione come
quelli che ci sono nel presidio cambia la vita delle persone: di certo ha
cambiato la mia.
*
Paola Ziche
Io sono l'antimilitarista... Eppure non sapevo quasi niente della vicenda
del Dal Molin. Questa storia mi e' piombata addosso, come a quasi tutti...
Immaginate cosa puo' essere, per una che agli inizi degli anni '70 faceva
parte di un gruppo antimilitarista che lavorava sulla nonviolenza, vedere
questa mobilitazione non da parte dei soliti "addetti" (militanti,
politici), ma da parte di un gruppo di persone composto da donne, bambini,
anziani, diversamente abili... All'inizio ero affascinata soprattutto da
questo.
In passato, negli anni '70, ho seguito l'iter della legge sull'obiezione di
coscienza: eravamo tre-quattro donne a impegnarci maggiormente su questo, e
spesso ci chiedevano perche' ce ne occupassimo tanto, visto che in quanto
donne non dovevamo fare il sevizio militare. Rispondevamo che era per
garantire anche ai ragazzi, agli uomini il diritto di non farlo.
Al momento non ce ne siamo accorte, ma poi, riflettendoci, ci siamo rese
conto che il nostro discorso era sovversivo. In primo luogo perche' era
impostato sulla differenza. Poi perche' abbiamo trasformato una condizione
di inferiorita' (le donne infatti non facevano il militare perche'
considerate fragili, deboli, fifone...) in un vanto, un vantaggio, un
diritto che per generosita' volevamo estendere anche ai maschi.
Una cosa simile era successa al movimento degli afro-americani: la loro
vittoria e' stata l'aver saputo trasformare il loro svantaggio, la loro
inferiorita' in orgoglio.
Dentro al movimento No Dal Molin la "carica" delle donne ha una grande
forza. Si e' visto anche l'otto marzo, sotto il municipio, dove eravamo in
centinaia... Lo si vede tutti i giorni, dentro al presidio, anche nella cura
che abbiamo di questo luogo, che e' un tendone piazzato su un polveroso ex
campo di mais: come Silvia ha visto, oggi invece abbiamo i girasoli.
All'inizio, d'inverno, ci si gelava dentro... Una mattina ha cominciato a
piovere dentro, per la condensa: Cinzia forse si ricorda della mia
telefonata disperata... Allora abbiamo preparato teli con cui coprire tutto.
Ne abbiamo inventata una al giorno, per renderlo il piu' accogliente
possibile. Abbiamo cambiato il pavimento due volte. Abbiamo una talpa che
viene a trovarci, gli uccellini che volano dentro per mangiare le briciole,
una pianta di zucca che avevamo piantato fuori ed e' cresciuta anche dentro,
bellissima da vedere...
E' difficile spiegare cosa sta succedendo, noi stesse ce lo stiamo
chiedendo, ma intanto ce lo stiamo godendo fino in fondo, perche' e' una
cosa che da' molta carica. E ritrovare la carica, dopo molti anni, e' molto
importante. Chi ha fatto politica (e a Vicenza, in particolare) sa che cosa
succede, cosa significa la demoralizzazione, la sconfitta. Credo che la cosa
piu' importante sia questa.
Vorrei che veniste a vedere, perche' solo cosi' si puo' capire bene sia
quello che ci sta succedendo, sia quello che ci stanno facendo, che vogliono
fare alla nostra citta'. E' molto bella, Vicenza: Rumor la chiamava "la
piccola Atene ai piedi dei colli Berici"... E' bella come posizione
naturale, e per la sua leggerezza dal punto di vista architettonico... Se
pensate a quello che gia' abbiamo subito fino ad oggi e a quello che ancora
vogliono fare - seppellirci nel cemento... E' una cosa che sentiamo come
intollerabile.
Vorrei davvero che veniste a vedere, perche' io sento il bisogno della
presenza anche di chi sta fuori, altrove, anche perche' sono tanti i
vicentini insensibili, indifferenti, o che per comodita' chiudono gli occhi.
*
Luisa Muraro
Lasciami dire, Paola, che a te e' andata bene: una vecchia antimilitarista a
cui "scoppia" il No Dal Molin!
(Parte prima - segue)

2 LETTURE. SERGIO RIZZO, GIAN ANTONIO STELLA: LA CASTA
Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella, La casta. Cosi' i politici taliani sono
diventati intoccabili, Rizzoli, Milano 2007, pp. 294, euro 18. Questo lavoro
di due giornalisti del "Corriere della sera" che ha avuto ampia diffusione
(venti edizioni in pochi mesi) descrive con dovizia di esempi l'assalto alla
diligenza del pubblico erario da parte del ceto politico e la conseguente
catastrofe delle istituzioni e della democrazia. Un libro che va letto; e
dopo averlo letto occorre che ogni persona di volonta' buona faccia -
continui a fare, inizi a fare - quanto e' in proprio potere per porre
rimedio.

3. RILETTURE. CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO: SUD-NORD. NUOVE ALLEANZE PER
LA DIGNITA' DEL LAVORO
Centro nuovo modello di sviluppo, Sud-Nord. Nuove alleanze per la dignita'
del lavoro, Emi, Bologna 1996, 1997, pp. 160, lire 15.000. Il volume
raccoglie (articolati in tre parti su "Condizioni di lavoro e strategia
produttive delle multinazionali", "Le clausole sociali" e "Gli strumenti di
pressione popolare nei confronti delle multinazionali") i materiali della
conferenza svoltasi a Pisa dal primo al 3 ottobre 1995 per iniziativa del
"Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano; di particolare utilita'
anche le schede e gli indirizzari alle pp. 135-154. Per richieste alla casa
editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax:
051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito:
www.emi.it

4. RILETTURE. GIOVANNI STIZ, COOPERATIVA IL SEME: GUIDA ALLA FINANZA ETICA
Giovanni Stiz, cooperativa Il seme, Guida alla finanza etica. Come investire
i propri risparmi in modo socialmente responsabile, Emi, Bologna 1999, 2001,
pp. 176, euro 9,30. Promosso dalla cooperativa "Il seme" di Bergamo e curato
da un gruppo di lavoro coordinato da Giovanni Stiz, il libro e'
un'introduzione semplice ed agile alle principali esperienze di finanza
etica, con alcune utili schede documentarie. Con una prefazione di mons.
Giuseppe Pasini e una postfazione di Ugo Biggeri. Per richieste alla casa
editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax:
051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito:
www.emi.it

5. RILETTURE. ANTONELLA VALER: BILANCI DI GIUSTIZIA
Antonella Valer, Bilanci di giustizia. Famiglie in rete per consumi leggeri,
Emi, Bologna 1999, 2001, pp. 176, euro 8,26. Il volume documenta
l'esperienza della campagna "Bilanci di giustizia" aderendo alla quale
centinaia di famiglie hanno attuato nel corso del tempo scelte di consumo
coerenti con una visione ecoequosolidale; e' un testo collettivo che
raccoglie (organizzandole tematicamente) le testimonianze e le riflessioni
di molte persone e gruppi che alla campagna partecipano, ed offre materiali
utili per conoscere e prender parte all'iniziativa. Con una presentazione di
Wolfgang Sachs, una postfazione di Gerhard Scherhorn, e in appendice due
testi di Alex Zanotelli e Patrizia Morgante. Per richieste alla casa
editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax:
051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito:
www.emi.it

6. RILETTURE. TOMASO ZANDA: TORTILLAS RISO E ERBE AMARE
Tomaso Zanda, Tortillas riso e erbe amare. Samuel Ruiz e il popolo del
Chiapas, Emi, Bologna 2003, pp. 160, euro 8. Una bella monografia sulla
figura e l'azione del vescovo di San Cristobal de Las Casas, con un capitolo
iniziale d'inquadramento storico e un ampio capitolo finale
sull'impostazione e l'organizzazione della diocesi. Per richieste alla casa
editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax:
051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito:
www.emi.it

7. RIEDIZIONI. MARCO TULLIO CICERONE: OPERE MORALI
Marco Tullio Cicerone, Opere morali, Mondadori, Milano 2007, pp. VI + 760,
euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Con testo latino a
fronte, nelle edizioni dei primi anni Sessanta del secolo scorso a cura di
Adolfo Di Virginio e di Guerino Pacitti, e con gli aggiornamenti
bibliografici a cura di Cristina Borgia dei secondi anni Novanta, le
Tusculanae disputationes, il Cato Maior, de senectute, e il Laelius, de
amicitia. Una commozione profonda mi afferra quando in apertura delle
Tuscolane ho trovato che il curatore e traduttore aveva dedicato questa sua
impresa a Raimondo Pesaresi, che e' stato mio maestro di umanita', non solo
grecista insigne, non solo illustre uomo di scuola, ma testimone e simbolo
di probita', di quella probita' che il preside del liceo viterbese
intitolato all'eroe della Resistenza Mariano Buratti insegnava a noi
giovinetti e giovinotti nell'unico modo in cui si puo' insegnare qualcosa:
con l'esempio e l'amore all'umanita', scilicet: al vero, al giusto, al
buono. Non ho dimenticato. Quanto a Cicerone: va letto tutto, e tutto
meditato, e volta a volta e' Balzac o Kafka, il vertiginoso Tal o Mozart
giocoso. Insopportabilissimo pallone gonfiato e insaziabile precursore di
tutti i talenti e tutte le piste, abissale e imbroglione, colto di tutti i
saperi e rotto a tutte le malizie, inesauribile mestierante della parola
grande dominatrice e dell'intrigo sub specie scacchistica entomologico e
passionale osservatore partecipante, e insieme animo di vasto sguardo e
profondo respiro che tutte abbraccia le sorti del mondo e dell'anima,
tattico funambolico e dispeptico sconfitto, certo, certo, Cicerone e' da
solo un'intera e duplice civilta', splendida e terribile; e pesantissima
un'arcuata eredita'. Ed ineludibile pedagogo: tutto si impara leggendolo. E
presagendo la lama del sicario.

8. RIEDIZIONI. EDWARD W. SAID: ORIENTALISMO
Edward W. Said, Orientalismo, Bollati Boringhieri, Torino 1991, Feltrinelli,
Milano 1999, Gruppo editoriale L'Espresso, Roma 2007, pp. VIII + 448, in
suppl. al quotidiano "La Repubblica" e al settimanale "L'Espresso". Un libro
fondamentale di uno dei piu' grandi intellettuali del Novecento. Una lettura
che vivamente raccomandiamo.

9. RIEDIZIONI. LUCIO ANNEO SENECA: TEATRO
Lucio Anneo Seneca, Teatro, Mondadori, Milano 1993, 2007, 2 voll. per
complessive pp. IV + 1512, euro 12,90 + 12,90 (in supplemento a vari
periodici Mondadori). Con testo a fronte, a cura di Giovanni Viansino, una
bella edizione. Come e' a tutti noto, nella buona societa' si deve ostentare
ammirazione per il Seneca dei trattati, dei dialoghi e delle epistole, e
sufficienza verso il trageda. Eppure e' a quel Seneca tragico che si e'
abbeverato il grande teatro barocco (e tutto il barocco e' teatro, e tutto
il teatro e' barocco - anche Brecht e Beckett e Ionesco -; e tutta la
verita' sul teatro e sul mondo - il gran teatro del mondo, certo - e' ne La
vita e' sogno di Calderon), da quel Seneca procede Shakespeare. Cosicche'
posso dirlo senza tema: che io mi son un di quei che ama il Seneca tragico,
e proprio per quanto ha di piu' retorico, gestuale, lacerato, abissale. Poi,
certo, rendo omaggio alle filosofiche prose e a quella alta e forte e
profonda voce che li' risuona; ma in queste tragiche maschere ritrovo ancora
le verita' altrimenti indicibili.

10. RIEDIZIONI: MARCO TRAVAGLIO: BANANAS
Marco Travaglio, Bananas, Garzanti, Milano 2003, Nuova iniziativa
editoriale - L'Unita', Roma 2007, pp. 368, euro 7,50 (in suppl. al
quotidiano "L'Unita'"). Dal settembre 2002 al settembre 2003, le
microcronache di un paese senza qualita'. Con una prefazione di Furio
Colombo, e un indice dei nomi per i pigri.

11. RIEDIZIONI: MARCO TRAVAGLIO: BERLUSCOMICHE
Marco Travaglio, Berluscomiche, Garzanti, Milano 2005, Nuova iniziativa
editoriale - L'Unita', Roma 2007, pp. 512, euro 7,50 (in suppl. al
quotidiano "L'Unita'"). Dal settembre 2003 al giugno 2005, altre
microcronache dell'infamia. Con una prefazione di Antonio Padellaro.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 305 del 16 dicembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it