Minime. 286



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 286 del 27 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La guerra
2. Una decisione ministeriale profondamente errata
3. Peppe Sini: Non passeranno. Impediremo questa scellerata devastazione
4. Lea Melandri e Angela Azzaro: Che tutta questa energia continui
5. Tamar Pitch: Il doppio legame che avvolge ogni donna
6. Ida Dominijanni: Il movente della liberta'
7. Gloria Germani presenta "L'ospite inquietante" di Umberto Galimberti
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA GUERRA

La guerra.
Che uccide.

2. EDITORIALE. UNA DECISIONE MINISTERIALE PROFONDAMENTE ERRATA
[Riportiamo il seguente comunicato del 26 novembre 2007 del comitato che si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo, dal titolo "Una decisione ministeriale profondamente errata. Il
comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto promuovera' una
opposizione popolare in tutte le sedi con la forza della verita', della
democrazia, della legalita'"]

Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo apprendendo la notizia della decisione del
Ministero dei Trasporti di avviare le procedure per la realizzazione a
Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost giudica
profondamente errata tale scelta.
Errata perche' occorre ridurre e non incrementare il trasporto aereo,
responsabile di una rilevante quota delle emissioni inquinanti che
contribuiscono al surriscaldamento del clima, la piu' drammatica emergenza
ambientale planetaria.
Errata perche' a Viterbo una simile realizzazione e' semplicemente insensata
per i motivi che abbiamo piu' volte illustrato: perche' provoca gravi danni
alla salute delle persone; perche' causa gravi devastazioni a rilevanti beni
ambientali, culturali, sociali ed economici; perche' implica uno scandaloso
sperpero di pubblico denaro; perche' inadeguata al suo stesso fine
dichiarato di infrastruttura al servizio del turismo per Roma; perche'
danneggia il sistema della mobilita' locale, le risorse e le vocazioni
produttive del territorio.
A questa scelta doppiamente errata ci opporremo nelle forme appropriate ed
efficaci, con l'informazione, la sensibilizzazione e la mobilitazione
nonviolenta dei cittadini, con il ricorso agli strumenti che la legislazione
vigente in materia di diritto alla salute e di salvaguardia dell'ambiente
prevede e mette a disposizione.
Il comitato promuovera' le iniziative adeguate affinche' prevalga la
verita', la democrazia, la legalita'; affinche' siano difesi i diritti dei
cittadini; affinche' non si realizzi un irreversibile disastro ambientale.
Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org

3. INIZIATIVE. PEPPE SINI: NON PASSERANNO. IMPEDIREMO QUESTA SCELLERATA
DEVASTAZIONE

La decisione annunciata la mattina del 26 novembre dal Ministro dei
Trasporti di avviare le procedure per la realizzazione a Viterbo di un
nocivo, inquinante e devastante mega-aeroporto per voli low cost costituisce
un errore tanto sciagurato quanto grottesco.
La realizzazione a Viterbo di un nocivo, inquinante e devastante
mega-aeroporto favorirebbe l'incremento del trasporto aereo, quando e' noto
che occorre invece ridurlo drasticamente per contrastare l'effetto serra che
sta portando la biosfera al collasso.
La realizzazione a Viterbo di un nocivo, inquinante e devastante
mega-aeroporto provocherebbe gravi danni alla salute dei cittadini; gravi
danni all'ambiente; gravi danni a rilevanti beni naturalistici, culturali,
sociali ed economici; gravi danni alle autentiche vocazioni produttive del
territorio; un grave sperpero di ingenti fondi pubblici a vantaggio di pochi
speculatori senza scrupoli e a danno dell'intera collettivita'.
*
Comincia adesso la lotta attraverso cui la popolazione viterbese dovra'
contrastare questa nuova servitu', questa nuova aggressione, questa nuova
distrazione e dilapidazione del pubblico denaro, questa scandalosa
distruzione di beni di tutti, questo barbaro assalto alla salute e ai
diritti di tutti i viterbesi.
Noi confidiamo che con la forza della verita', con la forza della
democrazia, con la forza della legalita', sapremo respingere questa
inammissibile operazione speculativa nemica del pubblico bene.
Noi confidiamo che ancora una volta la Viterbo delle persone oneste sapra'
opporsi a questa ennesima violenza alla nostra terra, alle nostre vite, ai
diritti dell'umanita' presente e delle generazioni future.
Noi confidiamo che con l'informazione, la coscientizzazione e la
mobilitazione dei cittadini, con la partecipazione democratica, con l'azione
nonviolenta, con l'applicazione rigorosa delle norme e degli strumenti
previsti dalla legislazione in vigore, riusciremo a impedire la
realizzazione a Viterbo di un nocivo, inquinante e devastante mega-aeroporto
per voli low cost.
Noi chiamiamo tutte le persone di retto sentire e di volonta' buona
all'impegno: difendiamo il Bulicame, difendiamo Viterbo, difendiamo la
salute e i diritti di tutti.
I nuovi barbari e i predoni di sempre non passeranno.
Impediremo questa scellerata devastazione.

4. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI E ANGELA AZZARO: CHE TUTTA QUESTA ENERGIA
CONTINUI
[Dal quotidano "Liberazione" del 25 novembre 2007, col titolo "Ciao maschio,
fatti da parte".
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista,
redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della
rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione
teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente
L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997;
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri,
Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa
del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby
Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le
passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito
www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha
insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene
corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di
Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata
redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba
voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il
desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al
movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica
dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni:
L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati
Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;
La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996;
Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle
donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000;
Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati
Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza
In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della
rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la
rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato,
insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista,
Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le
rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'".
Angela Azzaro, intellettuale femminista, giornalista, scrive sul quotidiano
"Liberazione"]

Ci ha provato pure la pioggia a mettersi di mezzo, ma neanche il temporale
iniziale e' riuscito a bloccare le centocinquantamila donne che ieri sono
scese in piazza a Roma per un corteo straordinario, radicale contro la
violenza degli uomini, senza distinzione di passaporto, sulle donne.
Un successo inaspettato anche per le organizzatrici di una manifestazione
autonoma da partiti e sindacati che e' stata autorganizzata dai tanti
collettivi, associazioni, centri antiviolenza che per un mese hanno lavorato
per portare tutte queste realta' in piazza. Inaspettato successo anche per
la radicalita' del messaggio politico che ha puntato non sulle cosiddette
vittime, ma sulla messa in discussione degli uomini e della famiglia, e che
ha respinto al mittente le politiche sicuritarie e repressive del governo.
No alla famiglia, no al pacchetto sicurezza sono stati gli slogan piu'
ripetuti, urlati dalle protagoniste del corteo. Slogan e richieste di cui
nessuno si poteva appropriare, tantomeno quelle ministre che hanno firmato
il pacchetto sicurezza e che continuano a difendere la famiglia. La reazione
di molte donne al loro presenzialismo mediatico non poteva essere
differente: di protesta contro le strumentalizzazioni, anche quelle di La7
che stava dando la parola al governo. Almeno per un giorno, uno, la politica
istituzionale doveva fare un passo indietro e stare a sentire una voce
collettiva.
La parola delle donne, la loro autonomia, la loro forza, era quello che ieri
c'era in piazza ed e' quello che fa paura, spaventa, terrorizza.
L'incapacita' di stare a sentire il protagonismo delle tante femministe
racconta di una paura maschile a mettere in discussione il proprio potere.
Forse anche per questa ragione, oltre alle dovute contestazioni alle
ministre strappa-applausi, il Tg1, cioe' il telegiornale piu' seguito, e'
riuscito a mettere il servizio sul corteo, che pure era ben fatto, solo al
dodicesimo posto. Quasi alla fine, sperando che un po' di italiani e di
italiane avessero gia' spento il televisore.
Cio' che da' fastidio, crea scandalo, e' che le donne giunte da tutta Italia
non hanno chiesto protezione o tutele. Hanno parlato di rivoluzione nel
rapporto tra i sessi, nella societa', nella cultura, nella politica. E'
stato un messaggio a tutto tondo, partito dalla critica alla violenza degli
uomini che uccide le donne piu' di qualsiasi altra causa, per andare a
toccare tutti i nodi della societa' e della politica.
Anche per questo la manifestazione di ieri non era, come tante ultimamente,
silente. Era si' arrabbiata, ma appunto gioiosa, composta da generazioni
diverse, da tante tantissime giovani, da giovanissime, con nel volto dipinto
il simbolo femminista. Molti slogan, molti cori, molti visi sorridenti. Una
lotta e un conflitto fatti col sorriso. Una manifestazione, hanno detto
molte, come non se ne vedevano da trent'anni.
Adesso e' il momento di assaporare il successo e di pensare ad un futuro, la
cui molla non sono le leggi promesse all'ultimo momento o le leggi gia'
scritte, come quella proposta dalla ministra Barbara Pollastrini criticata
perche' mette al centro non le donne, la loro liberta', ma la famiglia,
ancora la sacra famiglia. Se proprio ci tiene la ministra, inizi un
confronto vero con chi ha organizzato la manifestazione di ieri, non
continui per la sua strada, azzeri invece il suo ddl e senta anche le nostre
ragioni.
Tanti giornalisti hanno chiesto: e adesso che cosa volete? Forse si
aspettavano una ricetta facile facile. Abbiamo detto che vogliamo la luna,
vogliamo tutto e non vogliamo che in nostro nome si giustifichino ne'
politiche di guerra, ne' politiche repressive.
Non e' un caso che il corteo e' iniziato, prima dell'avvio vero e proprio,
con una danza della ragazze rom. Un modo per ribadire la contrarieta' delle
manifestanti alla politica delle espulsioni e alla decisione del governo e
di Veltroni di strumentalizzare l'uccisione di Giovanna Reggiani per mettere
sotto accusa un intero popolo.
L'obiettivo e' un altro. Sono i mariti, i fidanzati, gli ex, e' la famiglia
come luogo in cui la violenza non solo avviene, ma in cui si origina,
cresce, si alimenta. La giornata di ieri ci dice anche quanto questo
messaggio sia passato, sia entrato in molte teste e in molti cuori. Non era
una consapevolezza di poche. Era un senso comune che si respirava in tutto
il corteo, negli slogan, nei discorsi. E vuol dire no alla violenza degli
uomini, ma anche si' all'autodeterminazione delle donne, si' alla loro
liberta', si' alla legge 194 e no alla legge sulla fecondazione assistita,
che questo governo non ha nemmeno messo nel programma scritto prima delle
elezioni e che ora difende a spada tratta. E' una legge fondamentalista,
piu' fondamentalista di tanti paesi che critichiamo solo per giustificare le
guerre, come anche la cronaca di ieri racconta.
Adesso e' importante che tutta questa energia continui. Che non si disperda
e che continui il lavoro collettivo, nel rispetto di tutte le storie e di
tutte le pratiche politiche. Ma e' anche importante che la politica
istituzionale, spenti i riflettori, non faccia di nuovo finta di nulla.
Sarebbe davvero intollerabile. Oggi e' la giornata mondiale contro la
violenza degli uomini sulle donne. Che cosa vuol dire? Vuol dire che gli
uomini devono smettere di fare finta di nulla, quelli di destra e quelli di
sinistra. Sono loro adesso che devono prendere parola pubblica, fare
autocoscienza, dire qualcosa. Un silenzio maschile prolungato non solo non
e' piu' ammissibile, ma ormai patetico. E non significa fare i mea culpa,
battersi il petto, ma farsi da parte, cedere il proprio potere, metterlo in
discussione. Quanti saranno in grado di farlo?

5. RIFLESSIONE. TAMAR PITCH: IL DOPPIO LEGAME CHE AVVOLGE OGNI DONNA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 novembre 2007, col titolo "Il doppio
legame che avvolge ogni donna".
Tamar Pitch, prestigiosa intellettuale, antropologa e sociologa, insegna
sociologia del diritto presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita'
di Camerino. Fa parte del comitato scientifico del Progetto citta' sicure
della Regione Emilia Romagna ed e' giudice onorario presso il Tribunale per
i minorenni di Roma. Collabora a numerose riviste italiane e straniere. Tra
le sue opere: La devianza, La Nuova Italia, Firenze 1975; Sociologia
alternativa e nuova sinistra negli Stati Uniti d'America, La Nuova Italia,
Firenze 1977; Responsabilita' limitate, Feltrinelli, Milano 1989; AA. VV.,
Donne in carcere, Feltrinelli, Milano 1992; Un diritto per due. La
costruzione giuridica di genere, sesso e sessualita', Il Saggiatore, Milano
1998]

Mio padre diceva che, ai tempi, ogni tedesco aveva il suo ebreo, quello
buono e bravo che non doveva fare la fine degli altri. Allo stesso modo,
ogni uomo ha la sua donna: ma, in questo caso, insieme da proteggere e
ammazzare. E' la figura del protettore delle prostitute quella che meglio
rappresenta il doppio legame che coinvolge ogni donna: almeno da quando gli
uomini sono diventati individui e lo stato si e' costituito come garante
delle loro liberta', alle donne e' stato detto, e noi lo abbiamo
interiorizzato, che l'esterno e gli sconosciuti sono il pericolo, che per
attraversare il mondo (la citta'...) abbiamo bisogno di uomini che ci
proteggano. Allo stesso tempo, a questi uomini e' stata lasciata ampia
liberta' di violentarci, maltrattarci, ammazzarci: dentro le sicure mura di
casa, nel rifugio della famiglia. Del resto cosi' e' costruito lo stupro.
Per secoli (ma ancora adesso) lo stupro indica il confine tra "noi" e
"loro". "Noi" sposiamo, "loro" stuprano. Sono i conflitti tra gli uomini a
segnalare quando vi e' stupro: per i bianchi i neri sono gli stupratori, per
i neri lo sono i bianchi, per i ricchi i poveri, per i poveri i ricchi.
Insomma, e' il nemico che stupra e, viceversa, chi stupra e' il nemico.
In questa costruzione, di cui ampia traccia si trova nelle fattispecie di
reato, il conflitto ignorato e' quello fondamentale, ossia quello tra gli
uomini e le donne. Lo stupro, la violenza contro le donne sono appannaggio
degli "altri" (uomini), cio' che legittima "noi" (uomini) a combatterli in
nome e per conto delle "nostre" donne. Dopo l'omicidio Reggiani, Roma e'
tappezzata di manifesti firmati da un gruppo di estrema destra che dice
pressappoco cosi': volete lasciare che le nostre donne, nostra figlia,
moglie, sorella facciano la stessa fine? Dobbiamo mandarli via tutti.
Ma se le destre sono esplicite, non per questo sono le sole a pensare queste
cose. Tutti i discorsi e le politiche di sicurezza sono ciechi di fronte
alla differenza sessuale.
Tutti i discorsi e le politiche di sicurezza ignorano che i "cittadini" di
cui si proclama il diritto alla sicurezza, oltre che a venire in tutte le
fogge, i colori, le eta', sono in primo luogo uomini e donne, e cio' che e'
"sicuro" per gli uomini puo' non esserlo affatto per le donne, anzi.
A voler essere conseguenti con le politiche di sicurezza prevalenti, gli
uomini dalle citta' dovremmo cacciarli tutti, solo cosi' avremmo una citta'
davvero sicura per le donne. E comunque la legittimazione di molte guerre
(invasioni, colonizzazioni), tra cui le ultime, non e' diversa: "noi"
(uomini civili) combattiamo contro di "loro" (uomini barbari) per liberare
le loro donne (oggi dal burka, ieri dal sati). Cosi' come non c'e' niente di
nuovo nello stupro "etnico", una delle prerogative dei combattenti essendo
sempre stata il possesso e lo stupro delle donne del nemico.
Insomma, come si dovrebbe ben sapere, le donne sono oggetto di violenza in
primo luogo da parte dei propri uomini, meglio se conosciuti, anzi intimi; e
dentro le sicure mura di casa, piu' che fuori, in luoghi pubblici e oscuri.
I quali, peraltro, sono ancora considerati off limits per le donne, tanto
che quando qualcuna ci si avventura non e' raro che le venga detto che e'
colpa sua se le capita qualcosa. A meno che, ovviamente, non sia violentata
o ammazzata da qualcuno degli "altri".
Insegno a Perugia, luogo, pare, di perdizione, oggi su tutti i media (per
Meredith, non per Aldo Bianzino, arrestato per trenta piantine di canapa
indiana e ammazzato in carcere). Ho chiesto ai miei studenti quale, secondo
loro, tra l'assassinio di Giovanna Reggiani e quello di Meredith Kercher,
fosse il piu' "comune" (dal punto di vista dei luoghi e del rapporto tra
vittima e aggressori). Non solo mi hanno risposto il primo, hanno anche
(alcune) detto come si sentano insicure a girare per strada, e una ha detto
che era soprattutto per via dei "gruppi di extracomunitari" che stazionano
in centro e quando passano le ragazze fischiano e fanno apprezzamenti.
Niente di strano: tutte le ricerche sulla "paura della criminalita'"
indicano come figure della paura urbana tossici, barboni, "extracomunitari",
e certo l'insicurezza ha molto a che fare con la perdita di familiarita' di
luoghi e tempi. Niente di strano, perche' mi ricordo bene quanto mi mettesse
a disagio un tempo incontrare gruppi di soldati in libera uscita, passare
davanti a muratori in pausa pranzo. Niente di strano, perche' le quotidiane
incivilta' cui le donne sono soggette per strada (apprezzamenti volgari,
mani morte, inseguimenti) ci ribadiscono una sensazione di vulnerabilita'
profondamente interiorizzata, ci dicono che siamo li' a nostro rischio e
pericolo e sarebbe meglio se stessimo a casa. Niente di strano, perche' se
abbiamo imparato bene o male come gestire i maschi "nostri", non sappiamo
invece che cosa dagli "altri" possa essere interpretato come un invito, una
sfida, una provocazione. Pero', che fatica!
Oggi andiamo e vogliamo andare dappertutto, non accettiamo che a dettare
orari e luoghi leciti siano gli uomini. E tutto sommato le statistiche ci
danno ragione, veniamo, l'ho gia' detto, violentate, picchiate, ammazzate in
casa piuttosto che fuori. Pero', che dispendio di energia e' ancora
necessario! E quanto ancora subiamo il doppio legame, senza spesso che ce ne
rendiamo conto (gli "extracomunitari"...). "Io vado dove voglio e quando
voglio", mi diceva una sociologa milanese ad un dibattito. Da sola? Le ho
chiesto. Con un uomo, mi ha risposto lei.
La situazione e' peggiorata? Mah, finora molto poco si sapeva di cio' che
succedeva alle donne a casa loro. Perdipiu', non solo gli uomini, ma anche
le donne ritenevano che molto di cio' che ora si chiama violenza di genere,
violenza contro le donne (perche' non violenza maschile?) fosse legittimo e
giustificato. Oggi le donne sopportano meno, le case sono meno
impenetrabili. Forse, pero', proprio il fatto che le donne sopportino meno,
vogliano rispetto e liberta', potrebbe essere uno degli elementi scatenanti
la violenza da parte di una mascolinita' in crisi verticale, privata dei
punti di riferimento tradizionali, incapace di ricostruirsi diversamente.
Di indizi ce ne sono parecchi. Per esempio, la quantita' di donne separate
perseguitate dagli ex-mariti, amanti, fidanzati. Ma anche certe
rivendicazioni (ahime' accolte!) come l'affidamento condiviso dei figli da
parte delle associazioni di padri separati: bisognerebbe leggere molte delle
relazioni di accompagnamento dei progetti di legge relativi. I padri
separati vi riversano un livore malamente mascherato da preoccupazioni per i
figli "privati del diritto ai due genitori" e da lamentele sul loro statuto
di vittime impotenti delle prevaricazioni di "matrone" arroganti.
Insomma, puo' darsi che sia vero, che la violenza maschile verso le donne
sia in aumento e che cosi' cerchino di farci pagare il di piu' di liberta'
acquisito. Del resto, certe leggi parlano un linguaggio non troppo diverso.
La legge 40, per esempio, trasuda diffidenza e paura delle donne e oltre che
mettere a rischio la loro salute dice che le donne (da sole, se non hanno un
maschio accanto) sono una minaccia per a) le cellule fecondate, b) i figli
in generale.
Dunque, la violenza maschile, le sue forme, la sua consistenza ci parlano di
nuovo del conflitto tra gli uomini e le donne, e dei problemi che hanno
moltissimi uomini oggi ad affrontare donne libere. Dunque, non e' con la
sterilizzazione del territorio urbano che vi si puo' porre rimedio, la
cacciata degli "altri" (bensi' intenti ad ammazzare prevalentemente le donne
loro) e conseguente autoassoluzione dei maschi "nostri" (italiani, di
sinistra, mariti, fidanzati, amanti). Certo, se le strade fossero illuminate
meglio, le periferie urbane meno degradate staremmo meglio non solo noi, ma
tutti. Cosi' come staremmo meglio tutti se le citta' fossero piu' vivibili,
i luoghi pubblici frequentati, anzi se combattessimo la tendenza alla
privatizzazione dei luoghi pubblici, scuole comprese, e venisse
adeguatamente agevolato cio' che costituisce il bello delle citta', la
varieta' e la diversita'.
Ma la violenza maschile richiede altre misure. La prima e' che venga
riconosciuta come tale e analizzata dagli uomini, senza alibi e scorciatoie.
Del resto, la violenza maschile fa problema non solo per le donne: anche gli
uomini ne sono vittime, solo che di solito loro stentano a riconoscerne la
natura sessuata.

6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: IL MOVENTE DELLA LIBERTA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 novembre 2007, col titolo "Il movente
della liberta'".
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di
liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania
Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005]

C'e' da sempre un modo e uno solo per salvare il corpo femminile dalla
violenza maschile che lo riduce a cosa e lo assale di preferenza nel chiuso
delle case, nell'intimita' dell'amore e nell'ipocrisia della famiglia:
uscire nell'aperto della strada e trasformarsi in corpo politico. Fu il
gesto rivoluzionario del femminismo, ed e' ancora l'unica barriera simbolica
efficace, piu' efficace di qualunque legge e di qualunque proclama sulla
sicurezza. Quel gesto si ripete oggi nelle strade di Roma, promosso da una
generazione di giovani donne che la liberta' guadagnata dalle generazioni
precedenti non ha reso immune da stupri, botte, maltrattamenti, omicidi a
movente sessuato: prima causa di morte e di invalidita' permanente per le
donne di tutto il mondo, cosi' dicono i dati ufficiali.
Persistenze patriarcali? Magari: le persistenze prima o poi si esauriscono,
la violenza sulle donne invece prospera, sotto qualunque cielo, qualunque
dio e qualunque regime politico, dove i diritti sono scritti e dove non lo
sono, nei piani bassi e nei piani alti dell'istruzione e della scala
sociale. Non e' l'oppressione, bensi' la liberta' femminile a muoverla: e'
questo il paradosso a cui cercare risposta.
Vendetta del sesso forte, deprivato del suo privilegio e messo in crisi
nelle sue certezze? Troppo semplice, troppo frontale. Il conflitto fra i
sessi segue vie piu' asimmetriche, e riguarda sempre poste in gioco epocali.
Una di queste poste ha a che fare per l'appunto con il senso della liberta'.
Scambiare la liberta' femminile per disponibilita' (sessuale), o per
assimilazione ai metri di misura dell'altro sesso, e' cio' che forse rende
cieco lo sguardo maschile di fronte al desiderio femminile, violenta la mano
di fronte a un rifiuto. E ottusa la mente, sempre pronta a riconoscere la
violenza degli uomini "altri" - islamici, rumeni... - rimuovendo la propria,
o a cercare soluzione nella tolleranza zero o nei pacchetti sicurezza.
Non senza eccezioni tuttavia. Se qualcosa di nuovo e' venuto a interrompere
la sequenza liturgica di un 25 novembre uguale al precedente e al
successivo, e' proprio un inizio di parola pubblica maschile contro la
violenza maschile, che rompe il muro dell'omerta' e il velo
dell'incomprensibilita'. E' una parola maschile che serve a sanzionare e a
capire, e a trovare la strada di relazioni piu' libere fra donne e uomini, e
dunque piu' umane. Per questo la manifestazione di oggi avrebbe dovuto
accoglierla e incoraggiarla, non lasciarla ai margini, come il frutto buono
della semina femminile. Per questo i troppi uomini ancora complici, o ancora
silenti, dovrebbero seguirne l'esempio. Rotti i muri frontali, del resto,
anche per le donne c'e' di che interrogarsi. Le torturatrici di Abu Ghraib,
o l'imitatrice parigina del massacro di Meredith, stanno li' a ricordarci
che la violenza ci riguarda non solo come vittime, ma come un riflesso
dell'altro che ha lasciato l'impronta.

7. LIBRI. GLORIA GERMANI PRESENTA "L'OSPITE INQUIETANTE" DI UMBERTO
GALIMBERTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 novembre 2007, col titolo "Adolescenti
in marcia verso il nulla" e il sommario "In un saggio titolato L'ospite
inquietante. Il nichilismo e i giovani, Umberto Galimberti sottolinea che le
tragedie di cui e' satura la cronaca non vanno liquidate come la somma di
singoli 'casi psichiatrici', bensi' assunte come un fenomeno culturale".
Gloria Germani, filosofa e studiosa delle religioni e delle filosofie
dell'India, laureata in filosofia antica presso l'Universita' di Firenze, ha
proseguito gli studi nel campo delle filosofie e delle religioni dell'India
presso l'Universita' di Pisa; vive e opera a Firenze e fa parte del Centro
Studi Caterina Conio per l'approfondimento degli studi sul pensiero indiano
con particolare interesse al dialogo interreligioso e alla filosofia
comparata. Tra le opere di Gloria Germani: Teresa di Calcutta. Una mistica
tra Oriente e Occidente. Il suo pensiero in rapporto all'India e a Gandhi,
Paoline, 2003.
Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; materiali di
e su Galimberti sono nei siti http://venus.unive.it e www.feltrinelli.it
(che presenta molti suoi interventi sia scritti che audio e
videoregistrati). Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo la seguente scheda
aggiornata: "Umberto  Galimberti e' nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976
professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore
associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario
all'universita' Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia
della Storia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association
for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24
ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver
compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha
tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi
soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola,
Brescia, 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973;
Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978; di Heidegger ha
tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia, 1973.
Opere di Umberto  Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975 (Ristampa, Il Saggiatore,
Milano, 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977 (II edizione
ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il
corpo, Feltrinelli, Milano, 1983 (Premio internazionale S. Valentino d'oro,
Terni, 1983); La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo,
Feltrinelli, Milano 1984 (premio Fregene, 1984); Antropologia culturale, ne
Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al
pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima,
Feltrinelli, Milano 1987; La parodia dell'immaginario in W. Pasini, C.
Crepault, U. Galimberti, L'immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il
gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia,
Utet, Torino 1992 (nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti,
Milano, 1999); Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole
nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano
1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano
1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica
con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme
del sacro, Feltrinelli, Milano 2000 (premio Corrado Alvaro 2001); La lampada
di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi,
Feltrinelli, Milano 2003; Le cose dell'amore, Feltrinelli, Milano 2004; Il
tramonto dell'Occidente, Feltrinelli, Milano 2005; La casa di psiche. Dalla
psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano 2006. E' in
corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli lÌ'intera sua
opera. Traduzioni all'estero: in francese: (Il corpo) Les raisons du corps,
Grasset Mollat, Paris, 1998; in tedesco: (Gli equivoci dell'anima) Die
Seele. Eine Kulturgeschichte der Innerlichkeit, Verlag Turia + Kant, Wien,
2003; (Le cose dell'amore) Liebe, Beck, Monaco, 2006; in greco: (Storia
dell'anima) Historia tes psyches, Apollon, Thessaloniki, 1989; (Paesaggi
dell'anima) Topia psyches, Itamos, Athina, 2001; (Gli equivoci dell'anima)
Parermeneies tes psyches, University Studio Press, Athina, 2004: in
spagnolo: (Dizionario di psicologia) Diccionario de psicologia, Siglo
Veintiuno Editores, Citta' del Messico 2002; (Le cose dell'amore), Las cosas
del amor, Imago mundi, Madrid, 2006; in portoghese: (Orme del sacro) Rastros
do sagrado, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2003; (I vizi capitali e i nuovi
vizi) Os vicios capitais e os novos vicios, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2004;
(Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica) Psiche e techne. O homen
na idade da tecnica, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2005; in giapponese: I vizi
capitali e i nuovi vizi, Tokio, 2004"]

In un saggio intitolato L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani
(uscito di recente da Feltrinelli) Umberto Galimberti si e' assunto il
merito di avere sollevato il sipario su un problema che gli articoli di
cronaca nera e le inchieste continuamente rimandano alla nostra attenzione,
mettendo a fuoco l'evidenza per cui "i giovani, anche se non sempre ne sono
consci, stanno male". Ma piu' importante ancora e' il fatto che questo
malessere non e' dovuto a cause psicologiche, ne' e' la somma di casi
singoli, perche' e' invece un fenomeno collettivo, dunque culturale: "una
crisi dei fondamenti stessi della nostra civilta'", dice Galimberti.
L'affermazione, com'e' evidente, non e' affatto di poco conto e se anche
l'autore ammette di non avere soluzioni immediate da proporre, il suo scopo
e' fare piazza pulita dei tanti rimedi inutili e magari nocivi escogitati
nel tempo senza che sia mai stata colta la vera natura del malessere. La
cronaca di questi anni ci ha raccontato crimini che vanno dall'assassinio di
un suora perpetrato da tre ragazze perbene di Sondrio, al giovane di Sesto
San Giovanni che ha inferto una coltellata a una sua amica nel cortile della
scuola, al ragazzo di Padova che ha ammazzato il padre, professore
universitario, e ne ha bruciato in cortile il cadavere, fino al caso di Novi
Ligure di cui e' stata protagonista una ragazza cresciuta in una famiglia
serena e benestante, che insieme al suo ragazzo ha inferto quaranta
coltellate alla mamma e altrettante al fratellino, negando tutto nel corso
degli interrogatori, senza far trapelare alcun cedimento emotivo.
La psichiatria ritiene che molti di questi gesti siano compiuti da
psicopatici, persone capaci di azioni terribili i cui sentimenti non sono in
sintonia con il pensiero e il cui pensiero non e' in sintonia con l'azione;
ma giustamente Galimberti avverte che tragedie come queste non possono
essere sbrigativamente liquidate come "casi psichiatrici", per venire
altrettanto sbrigativamente rimosse. I dati ci dicono, inoltre, che le
persone nate dopo il 1945 sono toccate dalla depressione in un numero tre
volte maggiore rispetto agli inizi del '900 e la percentuale di suicidi ha
subito un'impennata, soprattutto tra i giovani tra i quindici e i
venticinque anni, tanto che in questa fascia di eta' e' la seconda causa di
morte dopo gli incidenti stradali. In un gia' tanto drammatico quadro si
inserisce poi il fenomeno in continuo aumento della droga, da quelle sporche
come l'eroina a quelle tecnologiche e quindi ancora piu' insidiose come
l'ecstasy, a quelle stimolanti come la cocaina, tanto da farci chiedere da
quali forme di vita i giovani cerchino di fuggire e da quali vogliano
anestetizzarsi.
C'e' inoltre la scollatura, a volte un vero e proprio abisso, che si e'
creato tra il mondo degli insegnanti e quello degli alunni, una situazione
ben descritta dalle parole di Marco Lodoli: "A me sembra che sia in corso un
genocidio... A essere massacrate sono le intelligenze degli adolescenti, il
bene piu' prezioso di ogni societa' che vuole distendersi verso il futuro...
I processi intellettivi piu' semplici, un'elementare operazione di
matematica, la comprensione di una favoletta, sono diventati compiti
sovrumani. In ogni classe ci sono almeno due e tre ragazzi che hanno bisogno
dell'insegnante di sostegno. Ma sono appena piu' inebetiti degli altri, come
se li precedessero di qualche metro appena nel cammino verso il nulla... Vi
prego di credermi, non sono un apocalittico, sono semplicemente un testimone
quotidiano di una tragedia immensa".
Forte della sua esperienza di professore universitario, Galimberti conferma
questa fotografia, e fa riferimento agli importanti studi di Goleman
sull'intelligenza emotiva, che portano a estendere il problema alla
famiglia, a quella cura dell'emotivita' che comincia il giorno stesso della
nascita. Piu' di cento anni fa, Nietzsche si domandava: da dove viene il
piu' inquietate di tutti gli ospiti, il nichilismo? Cioe' l'assenza di
senso, il non sapere cosa fare della propria vita, proprio cio' che rende
muti e sbandati i ragazzi. E del resto Heidegger aveva compreso come il
fatto che ogni valore sia andato perduto non sia casuale, ma riguardi un
processo interno alla logica della storia dell'Occidente.
La domanda sulla provenienza del piu' inquietante tra gli ospiti, ossia il
nichilismo, resta aperta, ma andrebbe riformulata cosi': da dove viene
questo inquietante figlio?

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 286 del 27 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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