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Minime. 284
- Subject: Minime. 284
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 25 Nov 2007 00:41:39 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 284 del 25 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Il ritorno di Serse 2. Ieri, oggi, domani 3. Il 26 novembre a Pisa 4. Adriano Moratto: Quattro intense giornate 5. Raffaello Saffioti: Ripensando il congresso del Movimento Nonviolento dopo il ritorno in Calabria 6. Tatiana Di Federico intervista Maria Milagros Rivera Garretas 7. Velio Abati presenta "Asia maggiore" di Franco Fortini 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: IL RITORNO DI SERSE Nella guerra terrorista e stragista in Afghanistan, cui l'Italia partecipa per illegale e criminale decisione di un governo e un parlamento di fedifraghi e assassini, un altro cittadino italiano e' morto, e con lui tanti altri afgani. * Assassini ne sono non solo coloro che hanno eseguito l'attentato, ma tutti coloro che questa guerra terrorista e stragista hanno deciso e ad essa cooperano. Tra essi assassini vi sono il governo italiano, il parlamento italiano, ed infine noi stessi che non abbiamo avuto la forza di impedirglielo. * Tacciano ora di fronte a questi altri cadaveri i soliti cialtroni. Parlino solo coloro che il lutto ha colpito, e sia la loro parola nitida e onesta: cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan. 2. EDITORIALE. IERI, OGGI, DOMANI Ieri la manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne a Roma. Oggi la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Che anche domani, e il giorno dopo, e sempre, e ovunque, sia la giornata contro la violenza sulle donne. 3. INCONTRI. IL 26 NOVEMBRE A PISA [Da Giovanni Mandorino (per contatti: gmandorino at interfree.it) riceviamo e diffondiamo. Giovanni Mandorino e' una delle piu' rigorose e attive persone impegnate per la nonviolenza, partecipa all'esperienza del Centro Gandhi di Pisa e cura il sito della rivista "Quaderni satyagraha" (pdpace.interfree.it). Silvano Cavaggion e' referente della rete Lilliput di Vicenza, impegnato nel movimento "No Dal Molin". Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Storia e tecniche della nonviolenza, La Laurenziana, Napoli 2006; Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006] Presso l'Universita' di Pisa, al corso di scienze per la pace, lunedi' 26 novembre, dalle ore 16 alle ore 18, aula BF, palazzo Matteucci, Piazza Torricelli 2, si terra' un seminario sul tema "La disobbedienza civile popolare all'estensione dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza (base militare Usa)". Introdurra' l'ingegnere Silvano Cavaggion, referente della rete Lilliput di Vicenza; il dibattito sara' moderato dal professor Antonino Drago. Silvano Cavaggion e' il referente della rete Lilliput di Vicenza ed e' uno dei leader locali della lotta che una parte della popolazione conduce contro l'espansione dell'aeroporto militare americano Dal Molin. 4. RIFLESSIONE. ADRIANO MORATTO: QUATTRO INTENSE GIORNATE [Ringraziamo Adriano Moratto (per contatti: mir.brescia at libero.it) per questa riflessione sul recente congresso del Movimento Nonviolento svoltosi a Verona dal primo al 4 novembre 2007. Adriano Moratto, nato nel 1949, maestro muratore, aspirante contadino, attualmente e' uno dei responsabili della sede di Brescia del Movimento Nonviolento; impegnato da sempre in molte iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle figure piu' note e autorevoli dell'impegno nonviolento in Italia. Un'ampia intervista ad Adriano Moratto e' nelle "Minime" n. 221] Quattro intense giornate con un dibattito iniziale sul "caso Verona". Cioe' il caso Italia, Europa, mondo occidentale. Da come si e' passati negli anni scorsi da politiche di apertura e solidarieta', a scelte di ricerca identitaria sempre piu' individuali e con i valori economici come un pensiero unico che ha invaso ogni campo. Si e' terminato il 4 novembre con una camminata nei punti significativi di Verona: Da S. Zeno, vescovo africano in una citta' ora governata da tendenze xenofobe; al tribunale militare, con il commosso ricordo di Trevisan; all'arsenale gia' riconvertito all'uso civile, ma a rischio di ridursi a un mega parcheggio; al ponte della Vittoria, che, visto il numero dei morti e le atrocita' belliche, preferiamo chiamare "ponte della fine della prima guerra mondiale". Poi c'e' stata la pieta' per i caduti di tutte le guerre, con la posa della bandiera della pace, tra le retoriche corone d'alloro inneggianti ai caduti (morti) e ai mutilati della prima guerra mondiale. * Tra le due iniziative pubbliche tre dense giornate di dibattito, commissioni, confronti e conoscenze dirette di voci e nomi che diventano per l'occasione persone in carne ed ossa. Giornate intense, anche troppo, a rischio di overdose per le mie scarse capacita' di attenzione. Tante le sollecitazioni, i temi, le proposte, i progetti. Non so se la montagna ha partorito un topolino, ho lasciato agli altri i grandi progetti. Forse per deformazione professionale ho sentito la necessita' di pensare alla produzione di "mattoni per la nonviolenza". Traduco la metafora edile. Credo che uno dei compiti dei prossimi anni sia quello di proporre iniziative pubbliche che ci caratterizzino per i nostri metodi e tecniche di lotta. Per questo abbiamo bisogno di studiare, proporre, insegnare i "mattoni della nonviolenza". Far conoscere praticandoli strumenti, tecniche, iniziative caratterizzate nella pratica dai metodi nonviolenti: marce, digiuni, manifestazioni in silenzio, apertura al confronto ed al dialogo. Ci vorra' capacita' di condivisione e di coordinamento delle varie iniziative. Essere seri, "professionali". La ricerca della nonviolenza non puo' essere improvvisata se si vuole essere credibili ed efficaci. Con le nostre attuali forze possiam puntare a poche iniziative concrete, pubbliche continue, a contatto diretto con le persone. Dobbiamo superare il distacco tra il significato alto della proposta nonviolenta, ed il reale seguito che essa ha fra la gente comune che quotidianamente e' bombardata dalla disinformazione interessata dei media. Se si teorizza che conta piu' il mezzo del fine, dobbiamo studiare e perfezionare gli strumenti ed i mezzi. Negli anni '70 circolava un opuscolo, "Vademecum del cittadino sospetto", con consigli ed informazioni sui diritti del cittadino "militante". Beh, varrebbe la pena per cominciare, fare, ora, una cosa analoga per le tecniche e gli strumenti della nonviolenza. Un libretto da distribuire e da diffondere ovunque, non solo fra noi... 5. RIFLESSIONE. RAFFAELLO SAFFIOTI: RIPENSANDO IL CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO DOPO IL RITORNO IN CALABRIA [Ringraziamo Raffaello Saffioti (per contatti: rsaffi at libero.it) per questo intervento. Raffaello Saffioti, amico della nonviolenza, infaticabile promotore di iniziative di pace, solidarieta', cultura, e' animatore dell'esperienza dell a Casa per la pace "Domenico Antonio Cardone" di Palmi] Tornato in Calabria, dopo aver partecipato al congresso di Verona, ho avuto bisogno di tanti giorni per rielaborare un'esperienza che non ha deluso le mie aspettative, mi ha arricchito dal punto di vista culturale ed umano e mi ha dato una forte carica per l'impegno nell'associazione Casa per la pace "Domenico Antonio Cardone" di Palmi. La mia partecipazione ai lavori congressuali e' stata favorita dall'incontro preparatorio che aveva avuto luogo a Palmi nella sede dell'associazione il 25 agosto, con la presenza di Pasquale Pugliese, del coordinamento nazionale del Movimento. Quell'incontro, che ha avuto un notevole successo e del quale c'e' traccia in una delle mozioni approvate dal congresso, e' stato come un embrione della rete nonviolenta della Calabria. Mi sono sentito spinto a partecipare al congresso per tre buone ragioni. La prima ragione: l'interesse per il tema generale "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti". Tema oggi di drammatica attualita', che concludeva il percorso del Movimento Nonviolento iniziato nel 2000. La seconda ragione: la novita' costituita dal tema di una sua commissione, "Resistenza nonviolenta contro il potere mafioso". Da notare che a questo tema era stato dedicato il numero di giugno, monografico, della rivista "Azione nonviolenta", col titolo "Esperimenti di nonviolenza contro il potere mafioso". La terza ragione: il desiderio di incontrare persone amiche della nonviolenza, vecchie e nuove, per il confronto e la comune ricerca. * Il congresso e' riuscito non solo per la sua tematica e per la qualita' dei partecipanti, ma anche per le modalita' del suo svolgimento. Il lavoro nelle commissioni si e' rivelato molto proficuo grazie al metodo adottato, suggerito da una traccia proposta ai partecipanti. A loro veniva chiesta non solo l'analisi del tema della commissione, ma veniva chiesto anche di avanzare proposte con l'assunzione di responsabilita' per l'attuazione delle iniziative. Sono stato colpito dalla serieta' con cui si e' svolto il congresso, in un clima di amicizia tra i partecipanti. "Familiarita' e tensione", come e' stato gia' notato, hanno caratterizzato le giornate congressuali, nei vari momenti. Mi sono trovato a mio agio e mi sono sentito coinvolto, essendoci le condizioni per esprimere le mie idee e l'esperienza della mia associazione, partecipando attivamente alla terza commissione, "Educazione alla nonviolenza", e alla sesta, "Resistenza nonviolenta contro il potere mafioso". Nella terza commissione, richiamando Alex Zanotelli, ho sostenuto la tesi che la promozione della cultura della nonviolenza richiede un'autentica conversione. La promozione di questa cultura e' compito delle associazioni, intese come centri studi e iniziative, ma anche degli enti locali coi quali le associazioni debbono stabilire rapporti secondo il principio della cittadinanza attiva. Vanno stabiliti i nessi tra educazione, etica, politica e religione. C'e' anche interdipendenza tra coscienza e conoscenza. Ho fatto un forte richiamo alla dottrina dei grandi maestri della nonviolenza, con particolar riferimento a Capitini e Dolci. Per la riforma della politica ho sostenuto la necessita' della organizzazione della societa' civile, con il richiamo ai Centri di Orientamento Sociale (Cos) di Capitini e ai laboratori maieutici di Dolci. Ho avuto, cosi', l'occasione per presentare il mio libretto Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, che e' una introduzione alla Bozza di manifesto di Danilo Dolci. Si tratta di un mio studio legato, soprattutto, alla esperienza che ho avuto la fortuna di fare lavorando con Dolci nell'ultimo decennio della sua vita, quello meno conosciuto. Ho voluto anche riportare la mia piu' recente esperienza, nata dal rapporto con Rocco Altieri e la rivista "Quaderni Satyagraha", esprimendo l'esigenza della necessita' di fare rete nel mondo della nonviolenza. Agli atti del congresso ho lasciato un documento, proveniente dall'associazione Casa per la pace di Palmi, col titolo "Ricordando Domenico Antonio Cardone filosofo della pace e della nonviolenza amico di Aldo Capitini". Con questo documento abbiamo inteso dare un contributo alle iniziative per la messa al bando delle armi atomiche e l'adesione all'Appello per un futuro senza armi atomiche. * I risultati del Congresso che servono a qualificarlo e a indicare il suo orientamento per i prossimi tre anni, oltre agli impegni che sono stati presi, sono espressi dai documenti approvati quasi tutti all'unanimita'. Ma i documenti non dicono tutto. Il congresso e' stato vissuto dai partecipanti intensamente non solo nelle riunioni previste dal programma ufficiale, ma in tutti gli altri momenti in cui si e' espressa la sua anima attraverso i contatti e gli scambi personali. Ho sentito questa come la parte piu' viva del congresso, espressione della sua ricca umanita'. Dopo tanti giorni rivivo le conversazioni avute con tante persone, note e meno note, con lo scambio di esperienze in spirito di amicizia, e con il desiderio di continuare a comunicare anche dopo il congresso. Tra gli incontri per me piu' interessanti voglio ricordare in particolare quello con Rocco Pompeo, di Livorno, anche per la discussione su una sua proposta di mozione, e quello con Marino Cau e Agata Cabiddu, che hanno donato al Movimento la Casa per la pace di Ghilarza. L'emozione piu' forte mi e' stata data dall'incontro con Lucia Sardella, moglie di Piergiorgio Acquistapace, recentemente scomparso, e le figlie Laura e Alessia. Di lui conservo un dolcissimo ricordo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo nel lontano 1986 in un campo a Barbiana, stabilendo con lui uno di quei rapporti che il tempo non cancella. Piergiorgio e' stato ricordato dal congresso con grande commozione. Uno degli scambi piu' intensi l'ho avuto con Alberto Trevisan, storico obiettore di coscienza, autore del libro Ho spezzato il mio fucile. Per me notevole e' stata la sua riflessione nel corso della manifestazione del 4 novembre "Non festa ma lutto", conclusiva del congresso, nella sosta davanti al tribunale militare, dove venivano processati e condannati gli obiettori di coscienza. Con Alberto, che mi ha accompagnato a prendere il treno, ho potuto continuare a conversare fino all'ultimo momento. Ma un'appendice interessante del Congresso per me e' stata la conversazione in treno con Alessandro Pizzi, conversazione particolarmente interessante per il suo impegno come uno dei principali animatori del Comitato contro l'aeroporto di Viterbo, oltre che per la sua esperienza d'insegnante e di ex-sindaco di Soriano nel Cimino (Vt). E' da notare che la rappresentanza calabrese nel Congresso e' stata sparuta dal punto di vista numerico, ma Pasquale Pugliese ha potuto dire che "non c'e' mai stata tanta Calabria e tanta antimafia in un congresso del Movimento Nonviolento", e molto utile ai lavori della commissione su "Resistenza nonviolenta contro il potere mafioso" e' stato il documento che ha fatto pervenire Antonio D'Agostino da Vibo Valentia. La mozione prodotta dalla commissione e approvata dal congresso puo' dare una nota di speranza come dice Pasquale, "in questo momento di grande preoccupazione per l'ennesimo colpo inflitto alla nostra lotta con lo spostamento di Bregantini dalla Calabria". * Il Congresso ha avuto ovviamente dei limiti ed in esso non sono affiorati temi che mi stanno a cuore, ma con queste note ho inteso dare semplicemente una testimonianza personale, con qualche riflessione, mettendo in luce il suo valore, piuttosto che i suoi limiti. 6. RIFLESSIONE. TATIANA DI FEDERICO INTERVISTA MARIA MILAGROS RIVERA GARRETAS [Da "Server donne" (www.women.it) riprendiamo la seguente intervista. Tatiana Di Federico, giornalista e saggista, e' redattrice di "TechneDonne". Tra i suoi lavori: Conoscenza e liberta': l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per lo sviluppo delle donne in Africa Sub-sahariana. Maria-Milagros Rivera Garretas, pensatrice femminista, storica, docente universitaria di Storia medioevale a Barcellona, animatrice del Centre de recerca de dones e della rivista "Duoda", da anni collabora con la rivista italiana "Via Dogana" e con la comunita' filosofica femminile Diotima. Dalla rivista "Via Dogana" riprendiamo la seguente scheda di presentazione: "Maria-Milagros Rivera Garretas vive a Barcellona, dove insegna Storia medievale all'Universita', portando la sua passione ben oltre le mura dell'istituzione. La rete di relazioni che ha saputo creare con il Centre de recerca de dones e con la rivista 'Duoda' si e' allargata alla Rete mondiale con un master on line e con un cd-rom sulle memorie di Leonor Lopez de Cordoba, la prima autobiografia conosciuta in lingua spagnola di una donna vicina alla regina di Castiglia tra il 1404 e il 1412. In italiano possiamo leggere Nominare il mondo al femminile (trad. di Emma Scaramuzza, Editori Riuniti 1998). Da anni ha un intenso rapporto di scambio con 'Via Dogana' e con [la comunita' filosofica femminile] Diotima, anche come traduttrice: e' in gran parte a lei che dobbiamo la conoscenza nei paesi di lingua spagnola del pensiero italiano della differenza sessuale". Tra le opere di Maria-Milagros Rivera Garretas: Nominare il mondo al femminile, Editori Riuniti, Roma 1998; Mujeres en relacion. Feminismo 1970-2000, Icaria Editorial, 2003, edizione italiana Donne in relazione. La rivoluzione del femminismo, Liguori, Napoli 2007; La diferencia sexual en la historia, Universitat de Valencia, 2005] "Donne in relazione" e' un libro estremamente originale, nel quale l'autrice Maria Milagros, docente di storia all'Universita' di Barcellona, analizza la nascita del movimento femminista sostenendo che "il malessere la cui presa di coscienza mise in moto il movimento delle donne nell'ultimo terzo del XX secolo e' scaturito dalla rottura del dialogo con la propria madre intorno ai fondamenti della vita e della convivenza umana". La presa di coscienza di tale rottura e poi il recuperare la relazione materna fino a farla entrare nell'agire politico, mettendo in gioco la relazione, rappresentano il sorgere di una "nuova civilta'". Maria Milagros Rivera Garretas descrive l'importanza dell'agire in relazione analizzando in maniera profonda temi centrali della vita quotidiana delle donne e del movimento femminista. * - Tatiana Di Federico: La sua visione della nascita del movimento femminista e' estremamente originale. Cosa ha significato per lei la rottura con il rapporto materno? - Maria Milagros Rivera Garretas: La rottura del dialogo con la propria madre riguardo ai fondamenti della vita e della convivenza umana e' stata una conseguenza di un doppio messaggio che le nostre madri ci hanno trasmesso: ci volevano libere, ma non hanno saputo farci vedere la liberta' nel femminile. Nella sofferenza di tale negazione abbiamo compreso che la nostra idea di liberta' dovevamo scoprirla da sole. Per me, questo fu il senso principale dell'ordine simbolico della madre, un dirmi: "posso segnalarti la liberta', ma non predeterminare la tua storia: ti ho dato il corpo e la parola". Scoprire questo nelle relazioni con le altre donne, mi restitui' mia madre. Oggi, alla fine del patriarcato, la relazione con la propria madre e' molto piu' dolce di allora, pero' penso che nella relazione di una figlia con sua madre esista sempre una zona d'ombra preziosa, in cui proteggere la propria singolarita'. * - Tatiana Di Federico: Lei affronta il tema della violenza contro le donne mettendo in luce l'importanza della "capacita' di percepire la dignita' della donna maltrattata e accoglierla in noi stesse per condividere con lei il suo dolore". Penso che questa capacita' non sia facile da acquisire e spesso le incomprensioni maggiori sulla violenza di genere provengono proprio dalle donne. - Maria Milagros Rivera Garretas: L'emancipazione ci ha portato a rifiutare le cose superflue e a volte anche le cose necessarie per vivere. Nessuno puo' vivere senza la propria storia, anche se si tratta della storia di un campo di sterminio. Noi femministe volevamo che le donne vittime di violenza si lasciassero dietro la propria storia e loro volevano sorpassarla. La cosa importante per me e', mediante la relazione con un'altra donna, riuscire a trovare in ogni contesto la giusta misura che separa la liberta' dal masochismo e contemporaneamente evitare di credere di potersi lasciare facilmente i propri fallimenti alle spalle. * - Tatiana Di Federico: Nella nostra societa' si parla moltissimo di conciliazione dei tempi di lavoro e di vita privata per le donne. Le difficolta' economiche e il cambiamento delle forme contrattuali rischiano di mettere in crisi il ruolo della donna come depositaria dei momenti significativi della vita, come lei lo definisce nel suo libro. A quali conseguenze portera' tale cambiamento? - Maria Milagros Rivera Garretas: Una conseguenza molto spiacevole e' l'aumento del tasso di malattie tra le ragazze. Il corpo femminile protesta davanti a tanta mancanza di sentimento, davanti a tanto donare e tanto poco ricevere quei regali meravigliosi che sono i momenti significativi della vita. Da questo derivano sofferenza, tristezza, l'impossibilita' di avere figli o quei cancri che sembrano delle vere e proprie proteste. Una conseguenza molto positiva, invece, e' l'esigenza da parte delle giovani di cambiare l'organizzazione del proprio lavoro in modo da poter avere il tempo per continuare ad essere donne senza smettere di lavorare fuori casa. * - Tatiana Di Federico: Lei affronta anche il tema della migrazione femminile, un tema di grande attualita', poiche' nelle nostre societa' conviviamo con donne straniere che permettono ad altre donne di avere una migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi della vita personale. Nonostante questo le donne straniere sono molto spesso isolate e invisibili. A cosa e' dovuta questa mancanza di solidarieta' femminile? Non si rischia di imporre un nuovo paradigma maschilista attraverso la relazione tra donne autoctone e donne immigrate? - Maria Milagros Rivera Garretas: Alle europee costa molto rendersi conto che le immigrate possono essere maestre di liberta'. Me ne resi conto un paio di giorni fa leggendo un testo di un'esiliata colombiana, Gloria Serrato Azat, che lavora a Madrid con le donne africane. Diceva che le immigrate sono qui perche' erano libere prima di venire. Questo ha rivoluzionato il mio modo di pensare basato sul modello capitalista. Anche Marina Terragni, nella rivista "Via Dogana", ha condiviso tale visione. Dubito che le immigrate si lascino imporre un nuovo paradigma maschilista. Quando le sento parlare sui trasporti pubblici percepisco in loro un enorme senso di liberta' nel loro essere donne. * - Tatiana Di Federico: Un aspetto che mi ha toccato molto nel suo libro e' l'analisi della liberta' sessuale. Lei afferma che un altro aspetto importantissimo del movimento delle donne e' stata la liberazione sessuale, ma "la sessualita' e' cultura solo quando accompagna l'amore". Spesso la liberazione sessuale e' stata vista come la possibilita' per le donne di avere molte relazioni, invece lei ne ha dato un'interpretazione completamente diversa. Pensa che le donne siano consapevoli di cosa significhi davvero essere libere sessualmente? - Maria Milagros Rivera Garretas: Noi donne abbiamo molta consapevolezza. Impariamo dagli errori e soffriamo con passione. Uno di questi errori e' stato il credere che la liberta' sessuale coincidesse con la liberta' sessuale maschile, ovvero con la possibilita' di avere molte relazioni. Non so se tuttora sia percepita cosi', in ogni caso noto molto tra le donne la ricerca dell'amore unito alla sessualita'. 7. LIBRI. VELIO ABATI PRESENTA "ASIA MAGGIORE" DI FRANCO FORTINI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 novembre 2007, col titolo "La storia incerta del futuro vista da lontano" e il sommario "Da poco riproposto dalla Manifestolibri Asia Maggiore, il diario di viaggio di Franco Fortini in Cina negli anni Cinquanta. Completano il volume tre saggi dell'autore scritti negli anni Settanta e una postfazione di Edoarda Masi". Velio Abati, nato a Grosseto nel 1953, insegna nell'istituto magistrale della sua citta': si e' laureato alla facolta' di Lettere di Siena, dove ha seguito le lezioni di Franco Fortini, e del "Centro studi Franco Fortini" di Siena e' collaboratore; suoi testi di teoria e critica letteraria sono usciti su riviste quali "L'ombra d'Argo", "Allegoria", "L'Immaginazione"; dirige la Fondazione Luciano Bianciardi, nata a Grosseto nel 1993. E' autore di racconti e poesie, che escono in plaquettes e edizioni minime. Una di queste, Dialoghetti, Gruppo Poesia Arci, Grosseto 1984, reca una litografia di Toti Scialoja; tra le opere in volume di Velio Abati: su Andrea Zanzotto: L'impossibilita' della parola. Per una lettura materialistica della poesia di Andrea Zanzotto, Il Bagatto 1992; Andrea Zanzotto. Bibliografia 1951-1993, Giunti, 1995; ha curato il saggio bibliografico del Meridiano dedicato a Zanzotto, Mondadori, 1999; su Luciano Bianciardi: La nascita dei "Minatori della Maremma". Il carteggio Bianciardi - Cassola - Laterza e altri scritti, Giunti, 1998; sui contrasti popolari d'improvvisazione in ottava rima: Contrasti, a cura di Velio Abati e Luciano Giannelli, Quaderni dell'Archivio delle tradizioni popolari della provincia di Grosseto, 1987; ha curato il volume di Franco Fortini, Un dialogo ininterrotto. Interviste 1952-1994, Bollati Boringhieri, Torino 2003. Franco Fortini (all'anagrafe Franco Lattes, Fortini e' il cognome della madre assunto come nom de plume) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi; e adesso il postumo incompiuto Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata 2006. Si veda anche líantologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti; la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto, Bollati Boringhieri; e la raccolta di Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003. Tra le opere su Franco Fortini in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988; Daniele Balicco, Non parlo a tutti. Franco Fortini intellettuale politico, Manifestolibri, Roma 2006. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo; la bibliogafia generale degli scritti di Franco Fortini e' in corso di stampa presso le edizioni Quodlibet a cura del Centro studi Franco Fortini; una bibliografia essenziale della critica e' nel succitato "Meridiano" mondadoriano pubblicato nel 2003] Asia maggiore e' il diario del viaggio compiuto da Franco Fortini con una delle prime delegazioni culturali italiane nell'ottobre del 1955 e pubblicato l'anno successivo da Einaudi. Ora quel volume e' riproposto dalla Manifestolibri (pp. 269, euro 30) con tre scritti in appendice, che uscirono tra il 1968 e il 1977, e una postfazione di Giorgiana Masi. Ma si ingannerebbe chi credesse di trovarsi di fronte a un testo di esclusivo interesse letterario, anche se certo non gli manchera' il piacere della densita' di alcune descrizioni paesaggistiche o della forza di certi ritratti umani, a cominciare dall'alter ego - compagno di viaggio, Carlo Cassola. Cosi' come il lettore piu' esperto di Fortini trovera' sotterranei rinvii alla produzione successiva, tra i quali l'"incunabolo" di uno dei componimenti poetici di piu' intensa meditazione sulla storia, intitolato Il presente, del 1973: "Insetti tendono / trappole lunghe millenni Seguo il segno che una mano armata incide / sulla scorza del pino / e prepara il fuoco dell'ambra dove staro' visibile", la cui nota ulteriormente chiarisce "fuoco dell'ambra: insetti che talvolta sono rappresi nelle resine fossili". Tuttavia, altri sono i motivi di piu' vivo interesse. Donatello Santarone, studioso fortiniano, che da anni conduce ricerche letterarie e pedagogiche sui rapporti tra culture, da' subito, nell'introduzione, l'indicazione giusta: nel nostro rapporto con il "cosiddetto Altro si tratta di assumere una prospettiva di contemporaneita' tra pari". Qui il lettore trova le sollecitazioni critiche piu' feconde e proprio per le ragioni che apparentemente le rendono piu' inattuali: il loro parlarci da un altro secolo. Nel capitolo introduttivo (Giustificazione e conclusione) Fortini traccia prima di tutto le coordinate spazio-temporali da cui parla: "nessuno crede piu' alla 'natura' dei lontani. In quel sentire il diverso da se' come natura e non come storia, e' il nostro passato occidentale. Non perdiamo, ora, la possibilita' di cominciare a leggere diversamente la Cina. I cinesi stanno costruendo una societa' e una civilta' socialista che e' destinata ad avere, a brevissima scadenza, una decisiva influenza sul resto del genere umano. Essa implica tutto lo sviluppo del pensiero moderno per cui fornisce all'occidentale una eccezionale panoramica su se stesso". La prospettiva del marxismo critico, da cui l'autore guardava ai destini del genere umano, gli permetteva non solo di far propria l'acquisizione illuminista della storia come unita' e come progetto, ma di abbatterne l'etnocentrismo e la linearita', che egli leggeva invece nel marxismo storicista. Cosi' gli incontri con gli uomini e le donne, con le istituzioni, i documenti culturali, l'organizzazione della vita materiale della Cina costringono sempre Fortini a un complesso movimento dialettico nel quale, per un verso, sperimenta nelle sopravvivenze del passato elementi differenzianti dalla storia occidentale e insieme vede come il marxismo di Mao abbia non azzerato ma trasformato quel passato in fattore di liberazione dell'uomo. Per l'altro verso, proprio in quanto nel contadino cinese egli riconosce certi aspetti dell'Europa e dell'Italia trascorsa, l'autore mostra al proprio lettore la verita' del suo passato e quale puo' essere la strada della sua liberazione futura: "come dice Sartre, in Cina ci si sente gia' morti, perche' il popolo vive nella prospettiva di una pianificazione che gia' preoccupa e investe un avvenire, quale noi non vedremo". Va detto, pero', che le cronache cinesi degli ultimi vent'anni incoraggiano il fraintendimento di chi risponde alle parole fortiniane con l'indulgenza sprezzante di colui che dice di saperla lunga. Ma la storia non si acconcia appunto a processi lineari e Fortini sapeva sia cogliere elementi profondi della civilta' cinese, come autorevolmente attesta Edoarda Masi nella postfazione, sia era pronto a carpire i mutamenti, come documenta in presa diretta lo scritto del 1977: in Cina "la 'borghesia nel partito' non esitera' ad usare i plotoni di esecuzione. Anzi li ha gia' usati". La rilettura di Asia maggiore e' un buon viatico per riflettere sulla sconfitta dei progetti novecenteschi di socialismo. E allo stesso tempo introduce alla riflessione sul rapporto con l'altro, proprio ora che gli "extracomunitari" sempre piu' numerosi abitano i luoghi di lavoro e le citta' del "nostro" Occidente. Sono lo strato piu' ricattabile e sfruttato del lavoro, ma spesso vediamo in loro solo il colore della pelle o qualche simbolo religioso. Bisognerebbe mettere alla prova parole d'ordine come uguaglianza, liberta', solidarieta'. Invece e' forte la tentazione di discutere sulla salvaguardia delle identita'. Infine, il rapporto tra Fortini e la storia tessuto in questo diario di viaggio proietta il lettore a fare i conti con quel trionfo del capitalismo che, in chiusura di secolo e apertura di millennio, non ha piu' la pretesa di proclamarsi il futuro desiderabile di tutti: si accontenta di chiamarsi stato di natura, eterno presente. Allo stesso tempo, il corporativismo imperante nella globalizzazione scaraventa ciascuno in una feroce identita' di terra e di sangue, recintando nella meccanica identitaria ogni dialettica umana. Se il rapporto con l'"Altro" e', come sempre e' stato, una questione che riguarda il futuro del genere umano, proprio oggi che questo rapporto si dipana dentro piazze e case comuni. Ha dunque colto nel segno Fortini quando annota che "la nostra Cina e' qui e indipendentemente dalle nostre metafore e allegorie, quel che qui e ora facciamo o non facciamo e', per dei comunisti, il solo modo corretto di intervenire a favore o a sfavore del movimento comunista dell'Asia orientale e del mondo intero; senza dimenticare che l'Italia e l'Europa sono anche la' e che quel che i contadini e gli operai cinesi fanno e non fanno modifica il sapore dell'aria, l'essenza degli affetti, le quote di verita' su cui si fondano o si sgretolano le nostre giornate". 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 284 del 25 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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