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Minime. 276
- Subject: Minime. 276
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 17 Nov 2007 02:42:54 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 276 del 17 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 0. Una comunicazione di servizio 1. Dopo sei anni 2. Una lettera aperta al rettore dell'Universita' degli studi della Tuscia 3. "Una citta'" intervista Pietro Polito su Piero Gobetti 4. Marianne Barriaux: La lotta di Dora Akunyili 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO Per un grave problema tecnico, ancora non risolto, ed ovviamente non dipendente dalla nostra volonta', ancora nei giorni scorsi sono andate perse molte e-mail che ci sono state inviate, ma che non abbiamo affatto ricevuto. Se si trattava di comunicazioni importanti saremo grati a coloro che le hanno inviate se potessero inviarcele di nuovo tra qualche giorno. Speriamo infatti di riuscire a trovare una soluzione al problema entro pochi giorni. Ci scusiamo con tutte e tutti per l'inconveniente e confidiamo nella vostra comprensione e pazienza. 1. EDITORIALE. DOPO SEI ANNI Dopo sei anni di illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan nessuno qui ci fa piu' caso alcuno. Finche' pazzi non meno e non piu' pazzi di noi non verranno ad ucciderci in casa restituendoci l'orrore. E quando chiederemo al terrorista chi gli ha insegnato a fare cio' che ha fatto, in un beffardo riso o in un sussurro di tristezza infinita ci dira': "Voi, voi m'insegnaste a menar strage, voi. Appresi bene la vostra lezione?", e avra' detto il vero, il duro vero. * Cessi immediatamente la partecipazione illegale e criminale del nostro paese alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan. Si torni subito all'integro rispetto del diritto internazionale, della legalita' costituzionale. Di tutti i crimini la guerra e' il massimo. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. DOCUMENTI: UNA LETTERA APERTA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELLA TUSCIA [Riportiamo la lettera aperta al rettore dell'Universita' di Viterbo diffusa il 16 novembre dal comitato] Egregio rettore dell'Universita' della Tuscia, lei dovrebbe gia' sapere che l'eventuale realizzazione a Viterbo di un mega-aeroporto per voli low cost avrebbe effetti disastrosi per la salute dei cittadini, per i beni ambientali e culturali della citta', per la qualita' della vita di tutti. In particolare: a) il mega-aeroporto avrebbe un impatto devastante sull'area termale del Bulicame, bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e finanche simbolico, fondamentale per la nostra citta'; b) l'inquinamento atmosferico prodotto dagli aerei aggiungerebbe un ulteriore carico di avvelenamento in un'area, l'Alto Lazio, che gia' subisce il gravosissimo peso delle emissioni inquinanti del polo energetico Civitavecchia-Montalto; c) per popolosi quartieri della citta' l'enorme inquinamento acustico costituirebbe un fattore di nocivita' estremo; d) la presenza di tale ennesima devastante servitu' provocherebbe altresi' un danno economico immenso: togliendo valore ad aree, immobili ed esercizi; danneggiando le autentiche vocazioni produttive del territorio; aggredendo beni ambientali e culturali che vanno invece difesi e valorizzati. Condifiamo che, sapendo tutto cio', anche lei vorra' ora prendere una posizione meditata e responsabile, adeguata e coerente con il suo ruolo che dovrebbe essere inteso al pubblico bene, e non supina alla propaganda scandalosa e dissennata dei nuovi barbari della lobby politico-affaristica che propugna il mega-aeroporto a vantaggio degli interessi speculativi di ristrette cerchie di accaparratori e a danno della cittadinanza tutta e del pubblico erario. Confidiamo che anche lei vorra' dire una parola di verita', di gratitudine per la citta' che ospita lei e l'Universita' di cui e' rettore, di rispetto per la sua natura, la sua storia, la sua cultura; una parola in difesa dell'area termale del Bulicame, della qualita' della vita nell'Alto Lazio, del diritto alla verita' e alla salute per tutti i cittadini; una parola di opposizione nitida e intransigente a un'opera distruttiva e nociva che solo la barbarie saccheggiatrice di pochi e l'ipnotica ignoranza dei loro sodali puo' voler imporre a danno di tutti i cittadini, a danno del pubblico interesse, a danno dell'ecosistema locale e della biosfera, a danno della dignita' e dei diritti di tutti. Se anche fino a ieri di tutto cio' che concerne le reali conseguenze del mega-aeroporto lei non avesse avuto contezza, e possa eventualmente aver espresso in informali interlocuzioni delle opinioni non fondate su una piena intellezione della situazione de quo, ora che ne e' informato crediamo che non vorra' esimersi dall'assumere una posizione consona e coerente con i suoi doveri di persona investita di una pubblica responsabilita', di persona che regge un'istituzione di alta cultura, e - last, but not least - di cittadino tout court: una posizione che si opponga alla barbarie, alla devastazione dei beni di tutti, a un'opera nociva, distruttiva, speculativa; una posizione che contribuisca al bene comune. Distintamente, Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti Viterbo, 16 novembre 2007 3. RIFLESSIONE. "UNA CITTA'" INTERVISTA PIETRO POLITO SU PIERO GOBETTI [Da "Una citta'", n. 151, 2007 riprendiamo la seguente intervista (disponibile anche nel sito: www.unacitta.it) li' apparsa col titolo "Il senso della lotta" e il sommario "Come in Piero Gobetti si intrecciarono liberalismo e idea di rivoluzione. Un marxismo valido nel suo materialismo e nell'idea di storia come storia di lotta di classi. Il grande valore democratico del conflitto e della lotta nella societa'. Intervista a Pietro Polito". Pietro Polito (Forio d'Ischia, 1956), ricercatore al Centro studi Piero Gobetti e all'Universita' di Torino, fa parte della redazione di "Teoria Politica" e collabora con varie riviste, tra cui "Mezzosecolo" e "Nuova Antologia"; ha pubblicato numerosi saggi sul pensiero politico novecentesco, con particolare riguardo agli autori democratici, radicali e pacifisti del Novecento italiano, ed ha curato diverse opere di Norberto Bobbio. Tra le opere di Pietro Polito segnaliamo particolarmente L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001. Piero Gobetti, nato a Torino nel 1901 e deceduto a Parigi nel 1926, editore, scrittore, organizzatore, una delle coscienze piu' lucide ed alte dell'antifascismo. Opere di Piero Gobetti: le Opere complete sono edite da Einaudi (Scritti politici, vol. I.; Scritti storici, letterari e filosofici, vol. II; Scritti di critica teatrale, vol. III); l'edizione anastatica de "La Rivoluzione Liberale" e' stata pubblicata da Guanda, Parma 1967 (ora l'intera raccolta della rivista e' disponibile anche in rete all'indirizzo: www.erasmo.it/liberale/); la ristampa anastatica de "Il Baretti" dalla Bottega d'Erasmo, Torino 1977; una recente edizione economica e commentata del fondamentale saggio gobettiano La rivoluzione liberale e' stata pubblicata dalla Newton, Roma 1998. Opere su Piero Gobetti: si vedano almeno - tra molti altri - i volumi di Festa, Pogliano, Spriano, e naturalmente di Ada Gobetti. Di fondamentale utilita' il sito del Centro studi Piero Gobetti: www.erasmo.it/centrogobetti/home.html] Pietro Polito, curatore dell'archivio Norberto Bobbio, ricercatore per il Centro Studi Piero Gobetti di Torino, ha lavorato a lungo con Norberto Bobbio e curato diverse sue opere, come la riedizione del De Senectute (2006). Tra i suoi scritti: Piero Gobetti e gli intellettuali del Sud (1995), L'eresia di Aldo Capitini (2001), La democrazia alla prova (2005). Nel 2007 ha pubblicato Il liberalismo di Piero Gobetti, edito dal Centro Studi di Torino. Presso il Centro studi coordina il "Laboratorio della democrazia", che con un gruppo di giovani ha avviato un percorso di ricerca nella crisi delle democrazie contemporanee. L'intera raccolta della "Rivoluzione Liberale", rivista storica settimanale diretta da Piero Gobetti e uscita dal novembre 1918 al febbraio 1920, e' disponibile in rete all'indirizzo internet: www.erasmo.it/liberale/ * - "Una citta'": Piero Gobetti fu protagonista giovanissimo di un periodo storico drammatico per il nostro Paese. L'intensita' e la lucidita' dei suoi scritti sorprendono ancora, soprattutto se accostati alle leggerezze e alle contraddizioni del presente. Pensi che sia utile rileggere Gobetti oggi? - Pietro Polito: E' difficile rispondere a questa domanda. Posso dire che nel mio ultimo libro questa possibilita' rimane sullo sfondo, ma non e' esplorata. Mi e' sembrato piu' interessante provare a fare un percorso a partire da Piero Gobetti, uno degli autori studiati nei nostri seminari, non per arrivare a una riflessione sulla democrazia oggi ma per un ragionamento piu' storico, per arrivare a considerazioni piu' generali rispetto a quelle che l'attualita' suggerirebbe. Il testo, nato da una serie di lezioni all'Universita', si confronta sul rapporto fra Gobetti e la tradizione del pensiero liberale, sul suo liberalismo, che Gobetti stesso chiamo' "rivoluzionario", e sul suo illuminismo. Perche' il grande tema di Piero Gobetti non e' la democrazia, ne' la politica in generale, ma e' il liberalismo: l'eredita' e il rinnovamento del liberalismo. Gobetti e' un intellettuale sui generis, che si colloca nella grande tradizione del pensiero liberale italiano ed europeo, ma che da questa tradizione si distacca per una elaborazione politica assolutamente nuova. C'e' un articolo fondamentale nel suo cammino, "I miei conti con l'idealismo attuale", del 16 gennaio del 1923. E' un articolo di svolta, in cui si confronta con la sua formazione idealistica. Non se ne stacca completamente, pero' si pone oltre, egli stesso ricostruisce la cronaca della sua formazione intellettuale e dice a un certo punto: "Nel 1920 interruppi le 'Energie Nove' perche' sentivo bisogno di maggiore raccoglimento e pensavo a una elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero, di fatto, nel settembre al tempo dell'occupazione delle fabbriche". Poi aggiunge: "Devo la rinnovazione della mia esperienza salveminiana al movimento dei comunisti torinesi da una parte, vivi di un concreto spirito marxista, dall'altra agli studi sul risorgimento e sulla rivoluzione russa che ero venuto compiendo in quel tempo". Mi interessava rispondere a questa domanda: che cos'e' questa elaborazione politica assolutamente nuova e a cosa allude Gobetti quando evoca quest'idea? La questione e' importante. Gli anni di Gobetti vanno dal 1918 al 1925, sette anni incandescenti come incandescente fu la sua biografia. Sono gli anni dall'affermazione della rivoluzione russa mentre in Italia si andava dal socialismo possibile al fascismo reale. Cioe', dalla possibilita' che l'Italia, dopo l'occupazione delle fabbriche, vivesse una rivoluzione, si arrivo' all'avvento del fascismo e al consolidamento del suo potere. Fu un periodo storico e politico arroventato e complesso, i paragoni col presente possono essere fatti solo con grande precauzione. E poi bisogna saper leggere la realta' nel suo complesso. Nel periodo fra il 1918 e 1920 a Torino era attivo anche l'"Ordine Nuovo" di Gramsci, c'era una grande vitalita' culturale e democratica. Tutto questo evaporo' nel giro di sette anni: prima l'affermazione del fascismo, poi nel 1925 il consolidamento della dittatura, l'anno successivo l'esilio di Gobetti a Parigi e poi la sua morte, il 16 febbraio 1926. Questi sono i sette anni di Gobetti, quelli della piu' o meno contemporanea vittoria del comunismo e del fascismo. Successe veramente cosi'. Il comunismo si affermo' in Russia nel 1917, divenne il faro di tutte le rivoluzioni immaginarie e immaginate, ma contemporaneamente si ebbe anche l'affermazione del fascismo. Gobetti si pose di fronte a tutto questo inizialmente come un liberale che rifiuta la rivoluzione, ma successivamente come un liberale che si confronta con quella rivoluzione e soprattutto con l'ideologia di quella rivoluzione: il marxismo. Non a caso riconosce il debito del suo rinnovamento "al movimento dei comunisti torinesi, vivi di un concreto spirito marxista"; si tratta di Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini, Angelo Tasca. * - "Una citta'": Quanto fu forte in Gobetti l'ispirazione marxista? - Pietro Polito: Non vorrei sopravvalutare il posto del marxismo nel pensiero di Gobetti, pero' un certo marxismo almeno ha un posto importante. C'e' un articolo, "L'ora di Marx", che Gobetti scrisse nel 1924, uscito prima su "La liberta'", il giornale dei giovani socialisti vicini a Carlo Rosselli, e poi sulla "Rivoluzione liberale". Fu Carlo Rosselli, il teorico del socialismo liberale, a chiedere questo articolo. Avrebbe pubblicato nel 1929 "Socialismo liberale", ma gia' in quegli anni Rosselli veniva elaborando e predicando un rinnovamento del socialismo in senso liberale. "La liberta'" stava promuovendo un dibattito sulla vitalita' del marxismo, uno dei primi su questo tema, e fra gli altri fu chiamato a esprimere la sua opinione anche Piero Gobetti. "La Rivoluzione liberale" era una delle sedi piu' attente alla critica e revisione del marxismo. Nel suo articolo "L'ora di Marx" Gobetti spiega quali sono gli aspetti del pensiero di Marx che ritiene attuali, e che forse sono attuali ancora oggi. Dice Gobetti: "In Marx mi seduce lo storico, gli studi sulle lotte di classe in Francia e l'apostolo del movimento operaio. L'economista e' morto con il plusvalore, con il sogno dell'abolizione delle classi, con la profezia del collettivismo. In filosofia il suo hegelianismo e' un progresso rispetto ad Hegel. Il materialismo storico e la lotta di classe sono strumenti acquisiti per sempre alla scienza sociale e che bastano alla sua gloria di teorico". Gobetti distingue una parte caduca che e' l'economia, il Marx come critico dell'economia politica. Egli ritenne sempre che l'economia politica classica, leggi capitalistica, fosse superiore, anche come strumento ermeneutico, di interpretazione del fatto economico, alla economia collettivistica. E poi ritenne dall'inizio alla fine che il sogno dell'abolizione delle classi fosse una chimera non realizzabile ne' auspicabile. La parte viva del marxismo consiste secondo Gobetti in tre cose: il materialismo storico, cioe' la concezione materialistica della storia; la lotta di classe, che esprime una concezione realistica della storia superiore a quella idealistica, perche' la storia e' il teatro della lotta di classe; infine, l'indicazione del movimento operaio come futuro soggetto della rivoluzione. Solo che la rivoluzione auspicata da Gobetti era di tipo liberale e non socialista. * - "Una citta'": Ma líaggettivo "rivoluzionario" a cosa fa riferimento con precisione? e' un aggettivo che sembra stonare col sostantivo "liberalismo". - Pietro Polito: Liberalismo e rivoluzione sono termini in contraddizione solo se guardiamo al liberalismo odierno e a quello della tradizione conservatrice italiana, da cui Gobetti si distacca. Questa osservazione su rivoluzione-liberale come un ossimoro fu sollevata anche allora, dai suoi collaboratori. Si tratta di intendersi su che cosa si intende per liberalismo e cosa per rivoluzione, cosa c'e' dentro queste due scatole. Va ricordato che da un certo punto in poi il liberalismo di Gobetti e' nuovo rispetto a quello dei maestri Einaudi e Croce. Per liberalismo si possono intendere fondamentalmente due cose: una e' la teoria politica, cioe' la teoria dello Stato limitato, altrimenti detta dello Stato garantista dei diritti dell'individuo. Questo concetto e' nella grande tradizione del pensiero liberale europeo, da Locke a Kant a Hobbes, ma non ha cittadinanza o ne ha scarsa in Italia. Altra cosa e' il liberalismo a cui guarda Gobetti, quello che rimanda una concezione conflittualistica della societa' e della storia. E' una teoria del conflitto - cosi' anche era inteso sia da Einaudi che da Croce. Ma mentre il liberalismo conflittuale dei maestri si arresta di fronte alla teoria della lotta di classe e la nega, Gobetti la inserisce all'interno della propria visuale, e in questa svolta non segue piu' i maestri e i maestri non avrebbero piu' potuto seguire l'allievo. Si puo' sostenere che la revisione liberale da lui auspicata e intrapresa, sia pure in modo frammentario e a-sistematico, passa attraverso la diversa considerazione del pensiero di Marx. Una volta superato l'iniziale antimarxismo ereditato dai maestri, Gobetti tende ad accogliere alcune istanze provenienti dalla tradizione culturale vicina al movimento operaio. Sul piano teorico la revisione consiste nell'accettazione della lotta di classe come concetto fondamentale per la comprensione della societa' moderna, sul piano politico nell'assunzione del movimento operaio come soggetto storico della futura rivoluzione italiana. E' lo stesso Gobetti, consapevole dell'allontanamento dal liberalismo dei maestri, che in un articolo intitolato "Revisione liberale" del 1923, spiega il significato del termine rivoluzionario. "Il nostro liberalismo, che chiamammo rivoluzionario per evitare ogni equivoco, si ispira ad una inesorabile passione libertaria, vede nella realta' un contrasto di forze capace di produrre sempre nuove aristocrazie dirigenti a patto che nuove classi popolari ravvivino la lotta con la loro disperata volonta' di elevazione", e aggiunge: "lo Stato non e' se non e' lotta". L'attenzione va messa sulla "passione libertaria", le "nuove aristocrazie dirigenti", le "nuove classi popolari", che sono i soggetti di un liberalismo rivoluzionario inteso come contrasto di forze. A me pare che questo sia un passaggio decisivo. Politicamente la differenza fondamentale fra il liberalismo tradizionale e il liberalismo rivoluzionario e' nel diverso atteggiamento nei confronti dello Stato e della societa'. Il liberalismo tradizionale, conservatore, si pone di fronte al problema politico dal punto di visto dello Stato e dall'alto. Il liberale rivoluzionario si pone di fronte al problema politico dal basso e dal punto di vista della societa'. La passione libertaria, cioe', e' un processo dal basso, e' un'iniziativa continua che si rinnova attraverso il conflitto, il contrasto di forze che si genera permanentemente nella societa'. Questo e' il processo rivoluzionario del liberalismo. Gobetti dice che il momento liberale della storia, o della dinamica politica, non e' quello dell'unita' o in cui i contrasti si compongono in un nuovo ordine, ma e' il momento in cui si liberano energie nuove che rinnovano costantemente l'equilibrio politico dal basso. "Lo Stato non e' se non e' lotta" significa che lo Stato e' la continua armonizzazione di questi contrasti che si liberano nella societa'. Questo processo e' stato ben colto da Umberto Morra, uno dei collaboratori di Gobetti, che ha chiarito che nel caso piu' che di liberale bisogna parlare di "liberato", ancor meglio di "liberantesi". Liberale e' cio' che si libera nella societa', e piu' che di liberta' si tratta di liberazione. * - "Una citta'": Sotto questo punto di vista il paternalismo e' uno degli equivoci in cui siamo caduti. Ci si pone l'unita' sociale come obiettivo guidato dall'alto, mentre le dinamiche dal basso sono bloccate e la spinta al cambiamento soffocata con ogni mezzo... - Pietro Polito: Questo aspetto che sottolinei e' importante, pero' siamo oltre Gobetti e non mi attrae molto l'idea di parlare di attualizzazione. Si puo' invece provare a vedere se questa nozione di conflitto che abbiamo visto come centrale nel liberalismo di Gobetti puo' - e come - interagire con la democrazia. Io penso di si', nel senso che l'interpretazione della realta' come contrasto di forze rimanda a un'idea di democrazia conflittuale e quindi alla democrazia come un equilibrio che dal conflitto deriva e col conflitto si rafforza. Di piu', e' ordine, nella misura in cui e' espressione di un conflitto reale, effettivo. La democrazia e' il tentativo ordinato di comporre conflitti reali. Si puo' fare un ragionamento proprio su questa frase: "Il nostro liberalismo vede nella realta' un contrasto di forze". Significa che la democrazia, il conflitto democratico e' effettivamente tale se la gara elettorale misura un effettivo contrasto, un'effettiva opposizione di forze nella realta' sociale. Allora, torniamo all'idea di lotta di classe. Sviluppando alcuni aspetti di Gobetti, si puo' alludere a un'idea di lotta di classe non piu' nel senso di lotta fra formazioni sociali espressioni di una determinata posizione economica nella realta'. Le classi di Gobetti non denotano una relazione con la stratificazione economica della societa', ma sono delle forze, dei soggetti collettivi, che si sprigionano nella realta' e vengono tenuti insieme, prima ancora che da un nesso con la struttura economica, da un progetto ideale e politico. Queste forze (Gobetti spesso parla di dialettica delle forze intendendo dialettica delle classi), possono trovare una loro composizione in parlamento. Se le forze rappresentate in parlamento rappresentano solo interessi stratificati e non sono piu' espressione di una dinamica conflittuale reale nella societa', il parlamento viene meno al suo ruolo. Con espressione un poco trita, possiamo ricordare che i partiti in parlamento senza le forze nella societa' sono vuoti e le forze nella societa' senza i partiti in parlamento (o le elite che le orientano) sono vuote. Uno dei motivi per cui la democrazia e' in crisi e' dovuto a questa scissione fra forze e partiti o, se vuoi, fra societa' e politica. La societa' non esprime piu' politica, non esprime piu' elite forti in grado di rappresentarla, e la politica rappresenta solo se stessa. Ma questo e' ben oltre Gobetti. * - "Una citta'": Rimane un ultimo punto: l'idea del nuovo illuminismo, in cosa consiste? - Pietro Polito: L'illuminismo e' un punto importante, perche' l'idea del contrasto di forze potrebbe dar adito a derive nella direzione del darwinismo sociale. Invece, questa rappresentazione della realta' conflittuale, questo marxismo rivisitato, e' esente da derive darwiniane perche' viene corretto da un antidoto illuministico. L'interpretazione di questo liberalismo e' fondata, da un lato, sul conflittualismo, ma, dall'altro, su un'idea di nuovo illuminismo che Gobetti venne gradatamente sviluppando nell'arco della sua breve parabola. Questo lo possiamo dire richiamando due momenti importanti di questo cammino. Uno e' l'articolo "Illuminismo" che Gobetti pubblico' nel 1924 come editoriale della sua terza rivista, "Il Baretti". Forse ancor piu' chiaramente questo passaggio lo possiamo cogliere richiamando uno degli articoli piu' belli di Piero Gobetti, intitolato "Elogio della ghigliottina". E' un articolo che esce il 23 novembre del 1922, piu' o meno un mese dopo la marcia su Roma; in esso Gobetti prende posizione contro la nuova tirannide ed e' il luogo piu' emblematico in cui esprime questa idea di un nuovo illuminismo. La sostanza qual e'? Che non si tratta di vincere. Proviamo ad attualizzare questa analisi. Qual e' il difetto principale della mentalita' di sinistra degli ultimi tempi? La sinistra degli ultimi tempi si e' posta esclusivamente il problema di come vincere. Si chiede come vincere e propone programmi, regole, uomini che facciano vincere. Nel programma di Gobetti il progetto non e' vincere, anzi e' la lotta in se stessa, e' la lotta in quanto tale che da' il senso al nuovo illuminismo. Nel momento in cui uno vince e l'altro soccombe il liberalismo viene meno. Non e' quello il momento liberatorio. Ci si libera prima, nel momento della lotta. E poi, non si tratta solo di vincere ma di lottare. E non e' neanche la lotta per la lotta, ma e' una lotta educativa, che ha uno scopo. Oggi il problema della bonta' della lotta non si pone neppure. Ma non e' importante solo lottare, bisogna anche avere delle opinioni, qualcosa per cui lottare. Altrimenti vinci per fare che cosa? Gobetti nel momento in cui aveva di fronte la "nuovissima tirannide" fu capace di dire intanto quali erano gli attori della lotta, e questo non e' del tutto chiaro neppure oggi, e soprattutto quali erano gli obiettivi. Affermo': "La salvezza verra' dal movimento autonomo che gli operai contrapporranno alla presente tirannide. In mezzo alle orge dei vittoriosi riaffermiamo che lo spirito della liberta' e della rivoluzione non si potra' uccidere. Si possono bruciare le camere del lavoro, non si distrugge un movimento operaio che e' nato insieme col risorgimento nazionale, prepariamo i quadri le correnti gli ideali. Mentre gli scimmiotti della setta gentilesca pensano ad azzuffare cattedre e cattedre, per noi il problema e' tutto qui, riuscire ad essere i nuovi illuministi dell'89". Il senso della lotta non e' la vittoria - vedi i nostri politici corifei della vittoria ad ogni occasione, politica o sportiva come mondana, mediatica o non so cos'altro - e non e' neanche la sopraffazione. Il senso della lotta non e' il fatto che uno vince sull'altro, o addirittura distrugge l'altro. Il senso della lotta e' che in essa si preparano i nuovi quadri, le nuove correnti ideali, si educa e ci si auto-educa. 4. NIGERIA. MARIANNE BARRIAUX: LA LOTTA DI DORA AKUNYILI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo dal titolo "La guerra delle medicine" apparso sul "Guardian" del 9 novembre 2007. Marianne Barriaux e' giornalista del prestigioso quotidiano britannico "The Guardian"] Dora Akunyili appare molto serena, per essere una donna che e' scampata ad un tentativo di assassinarla, la cui famiglia e' perseguitata, e che ora ha otto guardie armate attorno a se' tutto il giorno. Ma, come lei stessa sottolinea: "Se lascio il mio lavoro, i falsificatori di medicine ne usciranno vittoriosi". Nei sei anni da quando e' stata nominata direttrice generale dell'"Agenzia nazionale nigeriana per il controllo e la somministrazione di cibo e medicinali" (Nafdac), Akunyili ha portato avanti una lotta senza sosta contro la contraffazione di medicine nel suo paese. La sua battaglia e' anche personale: nel 1988, sua sorella mori' perche' le fu data dell'insulina fasulla per il suo diabete. Dora ricorda: "Non solo non c'era insulina, ma la sostanza era anche contaminata, e le causo' degli ascessi. Il suo organismo non rispondeva piu' agli antibiotici e tutto quello che abbiamo potuto fare e' stato guardarla morire". Prima che Dora Akunyili si facesse carico del lavoro, i decessi correlati a medicine fasulle erano comuni in Nigeria. Si stima che almeno il 41% dei medicinali in circolazioni fossero contraffatti. E questa, dice Dora, era una stima prudente. Alcuni rapporti suggerivano percentuali attorno all'80%. L'anno scorso, una ricerca su 600 campioni di medicinali in Nigeria ha mostrato che la proporzione e' calata al 16,7%: e' solo un indicatore, ma mostra che Dora sta avendo qualche successo. Il problema dei medicinali finti non e' un'istanza da paesi in via di sviluppo, ma e' un problema globale. L'Organizzazione mondiale per la sanita' (Oms) stima che le vendite di queste sostanze ammontino ad una somma totale di 32 miliardi di dollari annui. Questo costa 46 miliardi di perduto profitto all'industria farmaceutica e mette in pericolo la vita di milioni di individui. Dora Akunyili e la sua squadra (Dora dirige 3.000 persone che parlano piu' di 300 lingue) hanno suscitato la consapevolezza dell'opinione pubblica tramite campagne e concorsi scolastici, hanno creato centri di controllo nei porti marini e negli aeroporti, ed hanno pubblicamente dato fuoco a finte medicine per un valore di 150 milioni di dollari. Le azioni dell'Agenzia hanno portato a 45 arresti e 60 casi ancora pendenti nei tribunali. Come dice una delle sue colleghe all'Oms: "Se il continente africano fosse pieno di Dore, sarebbe facile sbarazzarci dei contraffattori". Ma la lotta ha un suo prezzo. Dora Akunyili ha ricevuto innumerevoli minacce di morte e teme costantemente per la propria vita. Nel 2003, uno dei suoi figli e' scampato di un soffio al rapimento sostenendo che Dora non era sua madre, ma sua zia. Alcuni uffici del Nafdac sono stati bruciati o distrutti da atti vandalici. Tutto cio' e' culminato nel tentativo di uccidere Dora stessa, alla fine del 2003, quando le fu sparato addosso mentre tornava al suo villaggio. "Le pallottole infransero il lunotto posteriore della mia auto, traforarono il fazzoletto che portavo in testa e mi bruciarono il cuoio capelluto come acqua bollente. Un conducente di autobus mori' sul colpo a causa della raffica"". Sposata e con sei bambini, nata nel 1954, Dora racconta che la sua famiglia l'ha ripetutamente supplicata di licenziarsi. La maggior parte dei figli sono stati mandati a vivere negli Usa dopo che la famiglia ha ottenuto una "carta verde", e Dora e il marito avevano trattenuto con loro solo il piu' piccolo. A seguito dell'attentato del 2003, il bimbo ha raggiunto i suoi fratelli. Ne vale la pena?, le chiedo. "Se mollo, i delinquenti penseranno di aver vinto. Se mollo, cio' scoraggera' tutte le persone che lavorano con me, e scoraggera' ogni persona onesta dal prendere il mio posto. E la faccenda diventera' ancora piu' pericolosa di quanto lo e' per me". Oggi Dora ha una scorta e un'automobile a prova di proiettile, ma evita di recarsi in alcuni luoghi, come Lagos: "Non e' sicuro", dice. * Dora Akunyili e' cresciuta in una famiglia della classe medio-alta, figlia di un famoso uomo d'affari e politico. Poiche' era una bambina brillante, il padre decise che non si sarebbe occupata dei lavori di casa, e li lascio' tutti ai suoi fratelli e sorelle: "Pranzava con me, e non con loro. Mi trattava come se fossi figlia unica. Mia madre non era contenta, e le mie sorelle e i miei fratelli ancor meno". All'eta' di dieci anni, fu mandata dal padre al villaggio della nonna, nel sud, dove un suo zio insegnante avrebbe potuto darle un'istruzione. "La vita del villaggio era l'inferno in terra, per me. Ero scioccata, perche' avevo l'abitudine di mangiare buon cibo e di avere a disposizione l'acqua corrente, e mi trovavo in un posto senza gabinetti e senza acqua corrente". Tuttavia la giovane Dora si mise d'impegno a studiare e ottenne la licenza per frequentare il liceo. Dopo l'interruzione dovuta alla guerra civile nigeriana ne ottenne un'altra per andare all'universita' dove studio' farmacia e, dopo aver lavorato per un po' in un ospedale, si laureo'. Sali' fra i ranghi accademici come docente e lettrice in varie universita', mentre portava avanti le sue ricerche. Nel 1997 fu incaricata dal governo locale di coordinare i progetti del Petroleum Trust Fund (Ptf) volti a migliorare le infrastrutture nella Nigeria del sudest. L'occasione di contrastare i contraffattori di medicinali venne quando Dora si ammalo' nel 1999 e fu mandata a Londra per essere operata. Il Ptf copri' tutte le sue spese, e le diede 12.000 sterline per l'operazione. Dopo gli esami, i dottori scoprirono che il suo problema poteva essere risolto senza intervenuto chirurgico, con delle semplici medicazioni. Cosi' Dora restitui' il denaro al Ptf. E cio' non manco' di essere notato, in un paese piagato dalla corruzione. Allo stesso presidente Obasanjo fu narrata la storia della donna che aveva restituito 12.000 sterline al suo datore di lavoro. Il presidente volle incontrarla e le offri' il difficile compito di dare una ripulita all'ambito del controllo sui medicinali. Ci fu una dura opposizione alla sua nomina. "Non avevo una tessera politica", spiega Dora, "Non appartenevo al partito di governo. Non avevo un padrino politico e il mio genere era anche un problema. Oltretutto, io sono Igbo, di una tribu' Igbo. L'allora Ministro della salute era Igbo, e un bel poí dei contraffattori sono Igbo". Dora Akunyili ricorda che si sentiva insicura ad assumersi il rischio di quell'incarico: "La gente che faceva parte del Nafdac non credeva che io potessi combattere la mafia, che era rimasta priva di contrasto per almeno tre decenni. Per i contraffattori fu un brutale shock lo scoprire che rifiutavo ogni discussione o negoziazione rispetto al fatto che i loro affari potessero continuare come sempre". Dora doveva anche eliminare la corruzione interna, rimuovere il personale corrotto ed assumerne di nuovo. Il lavoro e' stato duro per tutti, ma ha dato risultati positivi per tutti. Come lei stessa fa notare: "Non e' solo il fatto che i delinquenti sono al palo, ma dagli ospedali mi arrivano rapporti che le percentuali di decessi stanno calando, i medici sono felici, e gli affari stanno prosperando perche' ora c'e' un nuovo terreno pulito su cui giocare: le industrie locali sono passate dalle 70 del 2001 alle 150 di oggi. Le ditte estere che avevano lasciato la Nigeria a causa della frustrazione stanno tornando, perche' l'ambiente ora ha delle regole. Il bando sulle medicine prodotte in Nigeria, che esisteva in diversi paesi dell'Africa occidentale, e' stato tolto". * Dora tuttavia ammette che la lotta e' lungi dall'essere finita e che, globalmente, la situazione sta invece peggiorando: "Ogni anno il problema aumenta, in modo tremendo. Nei paesi in via di sviluppo l'acquisto di medicinali via internet sta alimentando il problema". Persino da noi in Gran Bretagna, in cui vi e' una regolamentazione capillare, le medicine contraffatte hanno avuto un giro d'affari di tre milioni di sterline durante l'anno finanziario 2006/2007. E si stima che cio' si ripetera' l'anno prossimo. Dora enfatizza il suo punto di vista al proposito: "Questa malvagita' delle finte medicine e' peggio della piaga della malaria, dell'Hiv/Aids, delle rapine a mano armata e delle droghe: la malaria puo' essere prevenuta o curata, l'Hiv/Aids puo' essere evitato, i rapinatori possono non uccidere e la cocaina la compra chi puo' permettersela, ma le medicine contraffatte le prendono tutti e chiunque puo' esserne vittima". Ma dietro al suo coraggio c'e' anche la paura. "I contraffattori continuano a giurare che non importa quanto tempo ci metteranno, ma arriveranno ad uccidermi. Io prego, perche' non voglio morire. Voglio rivedere i miei figli, e voglio vedere i miei nipoti". Dora Akunyili intende completare il suo secondo ciclo quinquennale al Nafdac. "E credo fortemente che terminero' su una nota alta, se saro' ancora viva per arrivarci". 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 276 del 17 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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