Minime. 274



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 274 del 15 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Ida Dominijanni: L'emergenza rimossa
2. Stefano Rodota': Un clima pericoloso
3. Peppe Sini: Un messaggio di saluto al congresso regionale di Legambiente
del Lazio
4. Gabriella Falcicchio: Un convegno a Pienza su "La pedagogia di Aldo
Capitini tra profezia e liberazione"
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: L'EMERGENZA RIMOSSA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 novembre 2007.
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di
liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania
Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005]

Passano i giorni, monta l'onda razzista, cresce il delirio identitario, si
gonfia il panico securitario, slitta in stato d'eccezione lo stato di
diritto, precipita in senso comune fascistoide il senso comune democratico,
e nel frattempo svanisce nella nebbia del rimosso il fatto, il dato,
l'evento che a tutto questo ha dato origine. Una donna, italiana per caso,
aggredita, seviziata e massacrata da un uomo, rumeno per caso.
Per caso, come per caso era inglese Meredith Kergher, massacrata a Perugia
da qualcuno di cui non si conosce ancora il certificato etnico. Era italiana
Chiara Poggi, massacrata a Garlasco quasi certamente da uno di casa. Era
pakistana Hina, massacrata a Brescia nell'estate 2006 da suo padre e dai
suoi zii pakistani perche' voleva vivere all'italiana. Era italiana la
moglie di un intellettuale illuminato di Pescara, massacrata e infilata in
un cassonetto dal marito poco prima di Hina. L'elenco, si sa, non ha fine, e
sovente non ha nomi. Solo volti senza nome e cifre senza volto, per
quell'epidemia che ne uccide in Europa piu' del cancro e dell'infarto, e
alla quale il nostro illuminato governo dedica un illuminato spot preventivo
nelle prime serate tv.
C'e' un'emergenza di cui occuparsi e preoccuparsi? Si', c'e' e non e' quella
rumena. Si chiama violenza sulle donne, e non ha ne' colore ne' passaporto,
e' transculturale e globale, e gode, a destra e a manca, di rimozioni e
connivenze transculturali e globali. E' insopportabile la strumentalita' con
cui l'omicidio efferato di Giovanna Reggiani e' stato usato, da neofascisti
e neodemocratici, per legittimare il repulisti dei rumeni dalle "nostre"
strade. Ma non e' bella nemmeno la facilita' con cui quell'omicidio efferato
scivola negli argomenti sacrosanti di chi i rumeni vuole difenderli e
rifiuta di criminalizzarli. La questione sessuale affonda nel razzismo da
una parte, nella solidarieta' dall'altra. E' inevitabile?
Non puo' e non deve. E' un vecchio tic della razionalita' politica
(maschile), questo di "trascendere" i fatti e i corpi in "piu' alti"
significati: l'immigrazione, la globalizzazione, l'insicurezza, la
sicurezza... ma quel corpo di una donna massacrato da un uomo resta li', con
tutti gli altri corpi di donne massacrati da uomini, a chiedere anche un
altro ordine del discorso. Questo ad esempio, che non sono solo i decreti
emergenziali, la confusione fra responsabilita' individuali e presunti
"marchi culturali" collettivi, la sospensione reiterata dei diritti e dello
stato di diritto - non sono solo queste le anticamere o le porte spalancate
al razzismo, ai pogrom e alle pulizie etniche. C'e' da sempre, nella cultura
occidentale e non solo in quella occidentale, un indicatore certo
dell'imbarbarimento razzista, ed e' la riduzione del corpo femminile a cosa,
la pretesa di averne piena disponibilita' con le buone o con le cattive,
l'identificazione del sesso femminile col carattere della preda e col
destino della vittima e di quello maschile col carattere del predatore e col
destino del carnefice. Sesso e carattere appunto: prima del nazismo venne
Weininger.
Barriere di sesso e barriere identitarie crescono assieme, cadono assieme.
Non uno degli uomini che hanno a cuore la sicurezza sara' credibile finche'
alienera' sui rumeni o su altri "altri" un'autocoscienza che non riesce a
fare su di se' e sui propri vicini di casa. Non uno degli uomini che hanno a
cuore l'accoglienza dei rumeni fra noi sara' credibile finche' non si
interroghera' sulle violenze di cui troppe donne rumene soffrono nelle
proprie case. Ci sara' il 24 novembre una manifestazione di donne contro la
violenza sulle donne. Sarebbe stato bello, civile, democratico se a
convocarla fossero stati uomini.

2. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': UN CLIMA PERICOLOSO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 3 novembre 2007.
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente
all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e
seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo,
Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e'
Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e
Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste
"Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al
Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati
internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al
2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati
personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della
responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella
societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e
controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo
sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile
diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio
di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di
Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994;
Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia
e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997;
Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della
Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e
liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano
2006]

L'aggressione contro un gruppo di romeni dimostra che e' avvenuto qualcosa
che i pessimisti sentivano nell'aria. Quando sono tanto forti le emozioni, e
nessuno le raffredda e troppi le sfruttano, non soltanto diventa difficile
trovare le risposte giuste, ma si esasperano i conflitti.
Da un caso gravissimo, l'uccisione di Giovanna Reggiani, si e' passati con
troppa rapidita' all'indicazione di responsabilita' collettive. L'assassinio
e' quasi finito in secondo piano, e l'attenzione e' stata tutta rivolta a
documentare una sorta di incompatibilita' tra la nostra societa' e la
presenza romena, insistendo sulla percentuale di reati commessi da persone
provenienti da quel paese. In un clima sociale che si sta facendo sempre
piu' violento, le premesse per l'apertura della caccia al romeno, purtroppo,
ci sono tutte.
Cosi' non bastera' condannare l'accaduto. Le risposte istituzionali sono
gia' venute, e sarebbe sbagliato chiederne ulteriori inasprimenti, che
darebbero la sensazione che alla violenza si debba reagire solo con la
violenza si' che, se lo Stato arriva tardi o in maniera ritenuta inadeguata,
tutti sarebbero legittimati a farsi giustizia da se'. Alla politica si
devono chiedere non deplorazioni, ma misura; non ricerca di consenso, ma di
soluzioni ragionate.
Da anni, da troppi anni, siamo prigionieri di un uso congiunturale delle
istituzioni, che porta a misure che rispondono ad emozioni o a interessi di
breve periodo piu' che alla realta' dei problemi da affrontare. E' un
rischio che stiamo correndo anche in questi giorni, mentre avremmo bisogno
di analisi non approssimative e testa fredda nell'indicare le via d'uscita.
Di fronte alle tragedie nessuno dovrebbe fare calcoli meschini.
*
Il presidente della Repubblica ha sottolineato che le questioni
dell'immigrazione esigono responsabilita' comuni dell'Unione europea. Il
presidente del Consiglio si e' messo in contatto con il primo ministro
romeno. Dalle parti piu' diverse si e' sottolineata la necessita' di un
controllo del territorio e di una attenzione per le condizioni in cui vivono
gli immigrati. E' stata proprio una donna romena che ha consentito
l'immediato arresto dell'assassino.
Perche' allineo questi fatti? Perche', messi insieme, dimostrano la
parzialita' della tesi di chi pensa che sia sufficiente inasprire le pene,
cancellare le garanzie, far di tutt'erbe un fascio, sparare nel mucchio.
"Facimmo 'a faccia feroce" e' una vecchia tecnica di governo, ma e'
esattamente il contrario di quel che serve in situazioni come questa. E'
indispensabile, invece, una strategia integrata, fatta di cooperazione
internazionale, di legalita' a tutto campo, di efficienza degli apparati di
sicurezza, di misure per l'integrazione, di politica delle citta'. Ed e'
indispensabile una politica volta a promuovere la fiducia degli immigrati:
senza la collaborazione di quella donna, senza la rottura dello schema
dell'omerta' (purtroppo cosi' forte anche nella nostra cultura), l'assassino
non sarebbe stato individuato cosi' rapidamente. In ogni societa' la fiducia
e' una risorsa essenziale. Da soli, i provvedimenti di ordine pubblico non
ce la fanno, non ce l'hanno mai fatta.
Essere consapevoli di tutto questo non e' cattiva sociologia, ma buona
politica, anzi l'unica politica possibile. Proprio quanti si preoccupano
dell'efficienza dovrebbero esigere che si facciano passi concreti in quelle
direzioni. Proprio chi invoca la legalita' deve sapere che questa non e'
divisibile, ed e' stato giustamente notato che uno dei meriti del "pacchetto
sicurezza" e' nell'aver previsto anche una nuova disciplina del falso in
bilancio. Proprio chi fa professione di garantismo deve mostrare coerenza,
soprattutto nei momenti difficili: non si puo' essere garantisti a corrente
alternata.
Non sto sostenendo che il problema e' "ben altro". Cerco di dire che non ci
si puo' mettere la coscienza in pace con un decreto e una raffica di
espulsioni, dando cosi' all'opinione pubblica la pericolosa illusione che il
problema sia risolto. Qualche sera fa, intervenendo in una trasmissione
televisiva, Pier Luigi Vigna, certo non imputabile di atteggiamenti
compiacenti verso chi viola la legalita', ha riferito la risposta di un
responsabile dell'ordine pubblico ad una sua domanda su dove fossero finiti
i lavavetri scomparsi dalle vie di Firenze: "Stanno a rubare". E' l'effetto
ben noto a chi ha indagato sulla scomparsa o la diminuzione dei reati nelle
aree videosorvegliate: semplicemente i comportamenti criminali si erano
spostati nelle zone vicine. Ecco perche', se davvero si vuole uscire dalla
violenza e vincere la paura, nuove norme contenute in un decreto possono
essere un punto di partenza, vedremo fino a che punto accettabile.
*
Guardando solo agli inasprimenti della legislazione, anzi, si finisce col
distogliere lo sguardo dalla realta'. Piu' di una inchiesta di questo
giornale, ultima quella di Giuseppe D'Avanzo, ha documentato il degrado
urbano, le terribili condizioni di vita degli immigrati. Si puo' davvero
pensare che il problema si risolva con una politica delle ruspe e degli
"allontanamenti"? Con una tolleranza zero che poi non riesce neppure ad
essere tale se le forze di polizia non sono messe in grado di un controllo
intelligente e mirato del territorio, se i nuovi poteri dei sindaci
finiscono con l'indirizzare la loro attenzione verso una esasperazione del
momento dell'ordine pubblico invece di mettere al centro gli interventi
strutturali, complici le difficolta' economiche dei comuni? Si puo' certo
contare sull'effetto dissuasivo di una massiccia ondata di espulsioni. Ma
quanto potra' durare? E quali saranno gli effetti reali e i prezzi della
nuova disciplina?
Il decreto riprende lo schema delle norme di attuazione della direttiva
comunitaria del 2004 sul diritto di circolazione e di soggiorno dei
cittadini comunitari (romeni compresi), in vigore dal marzo di quest'anno,
con due significative integrazioni. La prima riguarda l'attribuzione del
"potere di allontanamento" non piu' al solo ministro dell'Interno, ma pure
al prefetto (una figura di cui si continua chiedere la scomparsa e che,
invece, ottiene cosi' una nuova e forte legittimazione). La seconda, ben
piu' incisiva, consiste nell'ampliamento delle cause che permettono
l'allontanamento del cittadino comunitario, riassunte nella formula dei
"motivi imperativi di pubblica sicurezza" che derivano dall'aver "tenuto
comportamenti che compromettono la tutela della dignita' umana o dei diritti
fondamentali della persona umana ovvero l'incolumita' pubblica, rendendo la
sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria
convivenza". Malgrado riferimenti altisonanti come dignita' o diritti
fondamentali, siamo di fronte ad una formula larghissima, nella quale
possono rientrare le situazioni e i comportamenti piu' diversi. Come sara'
interpretata?
Qui gioca il clima in cui il decreto e' stato approvato. Non "necessario e
urgente" fino alla sera prima (sono questi i requisiti di un decreto), il
provvedimento lo diventa dopo il brutale assassinio di Roma. Poiche' si deve
supporre che il governo conoscesse gia' i dati riguardanti i reati commessi
dai romeni, sui quali si e' tanto insistito in questi giorni, la conclusione
obbligata e' che si e' utilizzato lo strumento del decreto unicamente per
rispondere all'emozione dell'opinione pubblica. E la sua applicazione
rischia di essere guidata dalla stessa ispirazione, rendendo inoperanti le
garanzie necessarie per evitare che venga travolta una liberta' essenziale
del cittadino europeo.
*
La pressione dell'opinione pubblica non e' stata alleggerita dal decreto. Al
contrario, e' stata ulteriormente legittimata, si' che bisogna attendersi
che continuera' nei confronti dei prefetti. Gia' si annunciano liste di
migliaia di persone da allontanare: questo rendera' difficilissimo motivare
in modo adeguato ciascun singolo provvedimento. E i debolissimi giudici di
pace, che dovrebbero controllare questi provvedimenti, non hanno i mezzi per
farlo in modo adeguato, si' che non se la sentiranno di pronunciare un no.
Per non parlare di un successivo ricorso al tribunale amministrativo contro
l'allontanamento, che quasi nessuno potra' concretamente proporre. La
garanzia giurisdizionale, essenziale in uno Stato di diritto, rischia cosi'
d'essere concretamente cancellata.
Alle norme del decreto bisogna guardare con distacco e preoccupazione. Con
distacco, perche' non verra' solo da esse la soluzione di problemi che,
com'e' divenuto evidentissimo proprio in questi giorni, esigono interventi
di altra qualita' per rispondere alle legittime richieste dei cittadini in
materia di sicurezza. L'ordinaria convivenza, alla quale il decreto si
riferisce, non e' un qualcosa da salvaguardare, ma da ricostruire con
responsabilita' e azioni comuni, di cui gli italiani devono essere i primi
protagonisti. Con preoccupazione, perche' le norme del decreto e il clima in
cui nasce ci spingono in una direzione che aumenta la distanza dall'"altro",
che favorisce la creazione di "gruppi sospetti", abbandonando la logica
della responsabilita' individuale.
*
Serve, davvero con "necessita' e urgenza", un'altra forma di tolleranza
zero. Quella contro chi parla di "bestie", o invoca i metodi nazisti. Non e'
questione di norme. Bisogna chiudere "la fabbrica della paura". E' il
compito di una politica degna di questo nome, di una cultura civile di cui
e' sempre piu' arduo ritrovare le tracce. Un'agenda politica ossessivamente
dominata dal tema della sicurezza porta inevitabilmente con se' pulsioni
autoritarie. Ricordiamo una volta di piu' che la democrazia e' faticosa, ma
e' la strada che siamo obbligati a percorrere.

3. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO REGIONALE DI
LEGAMBIENTE DEL LAZIO
[Riportiamo il messaggio di saluto del responsabile del Centro di ricerca
per la pace di Viterbo al congresso regionale di Legambiente del Lazio che
si terra' il 17-18 novembre a Roma, dal titolo "Ridurre il trasporto aereo
per difendere salute e ambiente. Una nitida e intransigente opposizione al
terzo polo aeroportuale regionale"]

Carissimo Maurizio, e cari amici di Legambiente,
invio un breve messaggio di saluto al vostro congresso regionale che si
tiene sabato e domenica, ed ovviamente non avro' bisogno di molte parole
perche' cio' che anch'io vorrei dire lo dira' di persona durante i vostri
lavori la dottoressa Antonella Litta, portavoce del comitato che si oppone
all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
che so essere stata invitata dal presidente regionale di Legambiente ad
intervenire.
*
Come sapete, in questo momento a Viterbo - come in altri luoghi della
regione - siamo particolarmente impegnati per la riduzione del trasporto
aereo e contro la prospettiva sciagurata della realizzazione di un terzo
mega-aeroporto regionale per voli low cost.
A Viterbo la realizzazione di siffatta opera implicherebbe conseguente
catastrofiche; ed a voler segnalare solo le principali:
- la devastazione dell'area termale del Bulicame (fondamentale bene
naturalistico, culturale, terapeutico e sociale della citta', e simbolo di
Viterbo);
- un inquinamento atmosferico che aggraverebbe la situazione di una
provincia gia' colpita dalle emissioni del polo energetico
Civitavecchia-Montalto (una situazione gravissima di cui al vostro congresso
so che riferiranno gli amici del comitato "No coke");
- un inquinamento acustico che renderebbe la vita impossibile in interi
popolosi quartieri;
- un'ulteriore servitu' in una zona gia' gravata di servitu' energetiche,
militari, speculative;
- una vera e propria enorme distrazione di finanziamenti pubblici che
sarebbe invece necessario investire per potenziare la rete ferroviaria
(riaprendo la linea Civitavecchia-Capranica-Orte chiusa da decenni;
potenziando la linea Viterbo-Orte e la linea Viterbo-Roma che hanno
attualmente tempi di percorrenza biblici).
*
Ma anche a Frosinone o a Latina la realizzazione di un terzo mega-aeroporto
regionale per voli low cost sarebbe un danno sanitario, ambientale e sociale
enorme.
Ne' "ciampinizzare" un'altra citta' sarebbe di effettivo giovamento agli
abitanti di Ciampino oggi soffocati dal traffico aereo. Per Ciampino occorre
una riduzione drastica e immediata dei voli, una riduzione netta e senza
ambiguita', che riporti la situazione ambientale e sanitaria a livelli
accettabili. Spostare qualche volo senza un scelta netta di riduzione reale
del trasporto aereo significherebbe comunque mantenere la dinamica che ha
provocato la crescita esponenziale del traffico aereo e che la riprodurrebbe
ancora. E' invece necessario ridurre tout court il trasporto aereo, senza
alcuna concessione ad imprese (peraltro ben note per condotte antisindacali
e rifiuto di rispettare e applicare le leggi italiane a  tutela dei
lavoratori) che gia' hanno divorato ingenti risorse pubbliche e gia' hanno
devastato ambiente, salute e diritti dei cittadini in misura scandalosa.
Il movimento viterbese e' pienamente solidale con i cittadini ed i movimenti
che a Ciampino, a Frosinone, a Latina s'impegnano per i nostri stessi
obiettivi: ridurre il trasporto aereo, difendere l'ambiente e la salute
delle persone, far rispettare rigorosamente la legislazione di tutela
ambientale, agire per garantire alle generazioni future un mondo vivibile.
*
Non solo: occorre aprire una vera e propria vertenza nazionale ed
internazionale per la riduzione del trasporto aereo: infatti, come ha
scritto il comitato viterbese nel suo appello:
1. Un aeroporto provoca gravi danni alla salute della popolazione che vive
nei dintorni: sia attraverso l'inquinamento dell'aria, che causa gravi
malattie; sia attraverso l'inquinamento acustico;
2. Il trasporto aereo contribuisce fortemente al surriscaldamento del clima;
3. Il trasporto aereo danneggia gravemente l'ambiente;
4. Il trasporto aereo e' antieconomico: consuma piu' energia di ogni altro
mezzo di trasporto; danneggia gravemente la biosfera; costa molto alla
comunita' poiche' e' fortemente sovvenzionato sia da finanziamenti pubblici
sia da esenzioni ed agevolazioni fiscali (mentre si effettuano sciagurati
tagli di bilancio per sanita', istruzione ed assistenza): paradossalmente la
maggior parte dei costi del trasporto aereo li pagano i cittadini che non lo
usano; danneggiando l'ambiente e sottraendo risorse pubbliche non aiuta le
economie locali ma le impoverisce; l'occupazione nel settore e' limitata,
spesso precaria, e le compagnie aeree hanno spesso condotte gravemente
antisindacali;
5. Il trasporto aereo e' iniquo: statisticamente e' dimostrato che e'
soprattutto un privilegio dei ricchi, ma i costi li pagano soprattutto i
bilanci pubblici, e le conseguenze nocive le pagano innanzitutto i poveri.
6. Nel caso specifico del terzo polo aeroportuale laziale manca
completamente la Valutazione díimpatto ambientale, obbligatoria per legge.
Il Lazio ha bisogno di un modello di mobilita' che privilegi la rete
ferroviaria e il trasporto pubblico; una mobilita' coerente con la difesa e
la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dei diritti sociali e
delle vocazioni produttive del territorio.
*
Ed e' proprio in ragione della condivisione di queste riflessioni che il
congresso nazionale del Movimento Nonviolento pochi giorni fa ha approvato
una mozione (presentata dal professor Alessandro Pizzi) che:
"esprime sostegno ai movimenti che si impegnano per la drastica riduzione
del trasporto aereo; ed in tal ambito sostiene i movimenti e le iniziative
che con la scelta della nonviolenza e la forza della democrazia, in difesa
della legalita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) si oppongono alla realizzazione di nuovi aeroporti (e all'ampliamento
degli aeroporti esistenti) laddove non ve ne sia una vera necessita' ma essi
siano realizzati per promuovere forme di turismo 'mordi e fuggi' legate a
una fruizione consumista, alienata, usurante e mercificata dei beni
ambientali e culturali, e ad un'esperienza del viaggiare che non sia
arricchimento di conoscenza ma asservimento agli imperativi delle agenzie
della narcosi pubblicitaria;
b) si impegnano per la riduzione drastica ed immediata del carico di voli
dei sedimi aeroportuali collocati a ridosso di centri abitati gia'
pesantemente gravati e fin soffocati dall'attivita' aeroportuale;
c) chiedono la cessazione dello sperpero di pubblico denaro per finanziare
le compagnie aeree;
d) chiedono che cessino le agevolazioni e le esenzioni fiscali alle
compagnie aeree;
e) si oppongono alle condotte gravemente antisindacali e violatrici dei
diritti dei lavoratori messe in atto da eminenti compagnie aeree;
f) difendono il diritto alla salute, i beni culturali e ambientali, gli
ecosistemi locali e l'ecosistema planetario, i diritti dell'umanita'
presente e delle generazioni future, minacciati dal dissennato incremento
del trasporto aereo;
g) si impegnano per il rigoroso rispetto della legislazione in materia di
difesa dell'ambiente, della salute, dei beni comuni;
h) chiedono che tutte le strutture aeroportuali realizzate e realizzande
siano sottoposte senza eccezioni alla dirimente verifica della
compatibilita' con quanto disposto dalla vigente legislazione italiana ed
europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (Via) e di
Valutazione ambientale strategica (Vas);
i) si oppongono alle attivita' militari che violano l'art. 11 della
Costituzione e ad ogni ampliamento delle basi aeronautiche militari, e
particolarmente alla presenza e all'ampliamento di basi aeronautiche
militari di stati stranieri e di coalizioni intese a, o impegnate in,
attivita' belliche che la Costituzione ripudia;
l) promuovono forme di mobilita' sostenibile, modelli di sviluppo
autocentrati con tecnologie appropriate, scelte economiche ecocompatibili,
eque e solidali;
m) promuovono una cultura della mobilita' e del viaggio sostenibile,
conviviale, solidale, aperta all'incontro e all'ascolto reciproco,
rispettosa delle persone e dell'ambiente;
n) si impegnano per la riduzione del surriscaldamento climatico e per la
difesa della biosfera".
*
Confido che ogni associazione autenticamente ambientalista vorra'
contribuire a questo impegno in difesa della salute delle persone, in difesa
degli ecosistemi locali e di quello globale, in difesa dei beni culturali e
dei diritti sociali, in difesa della legalita' e della democrazia.
*
Carissimo Maurizio, cari amici,
auguri di buon lavoro al vostro congresso regionale, e un cordiale saluto a
tutte e tutti i partecipanti.

4. INCONTRI: GABRIELLA FALCICCHIO: UN CONVEGNO A PIENZA SU "LA PEDAGOGIA DI
ALDO CAPITINI TRA PROFEZIA E LIBERAZIONE"
[Ringraziamo Luciano Capitini (per contatti: capitps at libero.it) per averci
fatto pervenire questo resoconto del convegno su "La pedagogia di Aldo
Capitini tra profezia e liberazione" svoltosi a Pienza dal 5 al 7 ottobre
2007.
Gabriella Falcicchio, docente di pedagogia interculturale all'Universita' di
Bari, ha curato la segreteria scientifica del convegno. Tra le opere di
Gabriella Falcicchio: Dinamiche multiculturali. Il caso Canada, Guerini
Scientifica, 2002.
Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nell'associazione
nazionale "Amici di Aldo Capitini", nella Rete di Lilliput e in numerose
altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza
e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una
esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della
campagna "Scelgo la nonviolenza".
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura
di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della
nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org)
sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di
Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini,
Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un
profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze
2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze
2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it,
altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un
altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a
Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni:
l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche
redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org]

Quando Aldo Capitini rientro' nel mondo universitario, lo fece da docente di
pedagogia. Era il 1956 e Cagliari la sue sede di insegnamento. Una sede
decentrata per un personaggio che gia' aveva mostrato piu' volte quale e
quanta capacita' di dissenso era in grado di esprimere; una materia (era
ancora presto per chiamarla disciplina) anch'essa di secondaria importanza
nel ventaglio dei saperi umanistici, quella che non a caso era definita
sulla scorta di Giovanni Gentile "filosofia minore". In altre parole un
Capitini geograficamente e culturalmente messo a un canto, avrebbe dovuto
essere tenuto sotto controllo meglio.
Come puo' immaginare chi conosce questa straordinaria personalita', mai doma
e sempre in grado di aprirsi, non isolo' l'attivita' instancabile del Nostro
ne' la collocazione in Sardegna, ne' la pretesa di relegarlo nell'area
pedagogica, che invece diventa il terreno piu' fertile per tradurre la sua
visione del mondo, la teoria della compresenza, in azione praticabile nella
quotidianita' per realizzare la liberazione.
E' nell'atto educativo che la punta piu' alta del passato-presente, per
quanto limitato, e la realta' liberata si incontrano, nel maestro-profeta e
nel fanciullo, il figlio della festa. Senza questo contatto che porta la
generazione adulta ad aprirsi ai nuovi nati vedendoli gia' pienamente come
espressione del futuro, e a sostenerli perche' fioriscano e possano dare
vita a un mondo radicalmente nuovo, "tramutato", non c'e' possibilita' di
rivoluzionare la storia di secoli. Questo contatto avvia l'educazione.
Su queste considerazioni e' nata la volonta' di tornare ad ascoltare la voce
piu' pedagogica di Aldo Capitini, quella che forse meno e' stata valorizzata
finora e che pure si e' inserita nel dibattito pedagogico del suo tempo con
spunti attualissimi ñ si pensi alla scuola media unica ñ e non di rado con
una capacita' profetica che anticipa linee di ricerca recenti ñ si pensi
alla pedagogia interculturale, al dialogo interreligioso e alla gestione
creativa dei conflitti ñ o addirittura ancora inattuali ñ si pensi alla
mancanza di una vera educazione alla cittadinanza nella scuola italiana. Ma
si pensi a quanto illuminato e lungimirante lo sguardo dell'educatore
Capitini, quando parla dell'amicizia, da praticare e insegnare, con tutti
gli esseri viventi.
Sono scenari che Capitini sa scorgere e li vede tutti collocati
nell'educazione, processo complesso nel quale la partita per un domani
liberato dal male puo' sperare di essere vinta, a patto che gli educatori
sappiano, da profeti, riconoscere nei bambini il preannuncio della
liberazione.
*
Con queste due parole, profezia e liberazione, che non intendono chiudere un
segmento, ma segnare due elementi ineliminabili di un asintoto che punta
verso aperture e aggiunte infinite, si e' voluto intitolare il convegno
tenutosi a Pienza (Siena) il 5, 6 e 7 ottobre.
L'ottica dell'incontro e' stata quella di riportare in primo piano il
Capitini che dedica tre opere fondamentali all'educazione (L'atto di
educare, Il fanciullo nella liberazione dell'uomo, i due volumi di
Educazione aperta), che riunisce studiosi di tutta Italia per formulare
quella che fu la prima proposta strutturata e completa di un'educazione
civica della giovane democrazia italiana (L'educazione civica nella scuola e
nella vita sociale), che scrive articoli di attualita' pedagogica e che
dissemina tutti i suoi scritti di riferimenti all'educazione.
Ma anche quella di superare interpretazioni che spezzano la profonda unita'
di un pensiero, e della relativa azione, che non sono etichettabili:
Capitini non fu solo filosofo, non solo pedagogista, non solo animatore
culturale e sociale, non solo attivista, ma fu tutto questo insieme, e altro
ancora. Pensare di racchiuderlo in una definizione puo' servire agli
studiosi per orientarsi davanti a una personalita' che sfugge, ma rischia di
chiudere Capitini in ambiti che non esauriscono la sua essenza, e di
impedire di andare in profondita', dove tutto il suo pensiero e' intimamente
interconnesso.
E' per questo che nel convegno sono stati presenti accademici appartenenti
al mondo pedagogico e studiosi, esponenti del mondo nonviolento, che si
ispirano a Capitini nel lavoro quotidiano di dissenso verso la realta'
com'e' e alimentano il fuoco della pratica nonviolenta,; ne' poteva mancare
la voce di chi Capitini l'ha avuto vicino come docente all'universita' e
maestro nella propria professione insegnante. Tre modalita' di avvicinarsi
al pensiero e all'opera pedagogica capitiniana, perche' rimanessero vivi
tutti gli spunti che offre il Nostro: l'interpretazione degli studiosi va e
deve camminare insieme alla pratica della nonviolenza e alla traduzione
concreta della sua pedagogia nella quotidianita' educativa. E viceversa.
*
In questa cornice, Franco Cambi (Universita' di Firenze) ha collocato la
pedagogia capitiniana nella temperie culturale del Novecento, utilizzando
come prisma interpretativo la categoria dell'emancipazione, che mette vicino
a Capitini altre grandi personalita' anche molto diverse, come don Milani,
Danilo Dolci, Paulo Freire.
Sull'asse dell'idea di apertura ha costruito il suo intervento Massimo Pomi
(dirigente scolastico e assessore alla pace del Comune di Pienza), che vede
in essa la chiave di lettura di tutto il pensiero pedagogico capitiniano,
volto a una tramutazione nonviolenta del reale resa possibile solo con
l'atto di aprirsi all'altro.
Rocco Pompeo (Centro di documentazione e ricerca per la nonviolenza di
Livorno), raccogliendo moltissimi articoli sul tema, ha ricostruito
l'impegno di Capitini per una scuola che sa entrare in polemica con la
realta' diventando centro aperto di nonviolenza, e che per questo deve
essere pubblica e laica.
Adriana Croci (dirigente scolastica) ha ripreso alcuni spunti pedagogici
capitiniani, evidenziando come ella stessa, con la guida del Capitini
docente, li abbia tradotti in pratica educativa quotidiana con i
diversamente abili, durante l'insegnamento e la dirigenza scolastica.
Luisa Santelli (Universita' di Bari) ha ribadito la qualita' essenziale
della pedagogia capitiniana, come pedagogia dell'impegno, la sua aderenza
alla vita di chi l'ha propugnata. Solo quando l'intersezione tra pensiero e
scelte personali e' cosi' estesa da far coincidere le due cose, la voce del
pedagogista ha probabilita' di incidere sul tessuto sociale e contribuire al
suo cambiamento, e Capitini e' stato espressione eccelsa di questa unita'.
Tiziana Pironi (Universita' di Bologna) ha evidenziato la funzione sociale
ed educativa dei Centri di Orientamento Sociale, esperienza unica di
cittadinanza attiva e partecipata ma anche strumento di autoeducazione
dell'adulto, con cui puo' praticarsi una democrazia che non si accontenta di
se stessa e punta all'omnicrazia.
Matteo Soccio (Casa della pace di Vicenza), facendo riferimento al concetto
di Bildung, di formazione come percorso esistenziale di cura di se', ha
ricostruito questa idea nel pensiero capitiniano.
*
Cosi' come strutturato, il convegno, avviato il 5 ottobre con la
presentazione elaborata dal professor Mario Martini (Universita' di
Perugia), interprete storico del pensiero capitiniano, ha voluto riaprire
alcune piste di ricerca, cercando di dare piu' che una visione che si
pretendesse esaustiva, elementi di riflessione su alcuni aspetti salienti,
anche giovandosi dell'apporto di giovani studiosi.
I loro contributi, focalizzati sul dialogo interreligioso, la relazione
educativa, l'educazione estetica, la visione etica e politica, l'educazione
alla cittadinanza, la prospettiva antispecistica, l'amore, hanno trovato
spazio nella mattinata del 7 ottobre.
La strada e' aperta.
Un ringraziamento va rivolto all'Amministrazione Comunale di Pienza che ha
ospitato l'evento, alla Provincia di Siena che ha contribuito alla sua
realizzazione, a Luciano Capitini che ha curato la nascita e lo sviluppo del
convegno.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 274 del 15 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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