Minime. 269



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 269 del 10 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana ricorda Franz Jaegerstaetter
2. Peppe Sini: Un messaggio di saluto al convegno di Roma del 9 novembre
2007
3. Alberto L'Abate: I Corpi civili di pace e la lotta all'emarginazione
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. MAO VALPIANA RICORDA FRANZ JAEGERSTAETTER
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
averci messo a disposizione il seguente saggio dal titolo "Opporsi alla
guerra e alla sua preparazione. Beata obiezione" apparso nel volume di AA.
VV. (a cura di Giampiero Girardi), Franz Jagerstatter, il contadino contro
Hitler. Una testimonianza per l'oggi", Editrice Berti, Piacenza 2007, pp.
114, 7 euro (con contributi di Diego Cipriani, Francesco Comina, Anselmo
Palini, Filippo Perrini, Enrico Peyretti, Mauro Stabellini, Sergio
Tanzarella, Alberto Trevisan, Mao Valpiana).
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e'
nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007.
Franz Jaegerstaetter, contadino cattolico, condannato a morte ed ucciso il 9
agosto 1943 per essersi rifiutato di prestare servizio militare
nell'esercito nazista. Scritti di Franz Jaegerstaetter: Scrivo con le mani
legate. Lettere dal carcere e altri scritti, Edizioni Berti, Piacenza 2005.
Opere su Franz Jaegerstaetter: Gordon Zahn, Il testimone solitario. Vita e
morte di Franz Jaegerstaetter, Gribaudi, Torino 1968, poi: Franz
Jaegerstaetter, il testimone solitario, Editoria Universitaria, Venezia
2002; Erna Putz, Franz Jaegerstaetter. Un contadino contro Hitler, Berti
Piacenza, 2000; segnaliamo anche l'articolo di Enrico Peyretti riprodotto
sul n. 637 de "La nonviolenza e' in cammino", articolo che segnalava anche i
seguenti materiali: Alfons Riedl, Josef Schwabeneder (Hg), Franz
Jaegerstaetter - Christlicher Glaube und politisches Gewissen [Fede
cristiana e coscienza politica], Verlag Taur, 1997; videocassetta Franz
Jaegerstaetter: un contadino contro Hitler, (27 minuti, in vhs) prodotta
dall'Associazione Franz Jaegerstaetter, via Endrici 27, 38100 Trento (tel.
0461233777, oppure 810441); il capitolo "Un nemico dello Stato" (pp. 76-86),
in Thomas Merton, Fede e violenza, prefazione di Ernesto Balducci,
Morcelliana, Brescia 1965; una nota di Paolo Giuntella in "Adista", n. 11,
13 febbraio 1993, pp. 9-10. L'associazione "Franz Jaegerstaetter Italia"
pubblica periodicamente una newsletter alla figura di Franz Jaegerstaetter
dedicata (per richieste e contatti: Giampiero Girardi, via del Forte 44/B,
38100 Martignano, tel. 0461829526 o 3474185755, e-mail:
franzitalia at gmail.com, gia.gira at gmail.com)]

Sara' pure una coincidenza, ma Franz Jaegerstaetter e' nato nel 1907
(cent'anni fa), proprio l'anno in cui Gandhi "inventava" il suo primo
Satyagraha in Sudafrica, cioe' un movimento basato sulla forza della
verita', destinato a coniare la nonviolenza moderna. Sara' pure una
coincidenza ma Franz e il satyagraha sono nati insieme... A volte conviene
crederci alle coincidenze...
Ora sappiamo dalla Chiesa che Franz Jaegerstaetter fu un perfetto cristiano.
Ci piacerebbe che anche gli stati riconoscessero che fu un perfetto
cittadino. Tutti coloro che per convinzione, interesse, paura, convenienza,
seguirono o non si opposero al nazismo, e furono la quasi totalita' degli
europei, avevano torto. I pochissimi, come Franz Jaegerstaetter, che non
collaborarono al degrado civile, culturale, morale, dell'Europa nazista,
avevano dunque ragione. Pago' con la vita il suo essere perfetto cristiano e
perfetto cittadino, ma e' solo grazie a persone come lui che la Chiesa e
l'Europa oggi possono ancora parlare ai giovani ed essere ascoltate.
*
"Imparino i vivi dal destino dei morti" sta scritto sul monumento al centro
del campo di Mauthausen, uno dei luoghi di sterminio piu' feroci del
nazismo. E' una frase di speranza, che guarda ai vivi, al domani, mentre
tutto intorno trasuda di sangue e di morte, la' dove venivano allineati
nudi, spogliati di tutto - anche del nome - i nuovi prigionieri arrivati
allo Schutzhaftlager, il "campo di internamento protettivo".
Mauthausen dal 1939 al '45 ha visto passare piu' di 195.000 prigionieri, per
farli lavorare nelle cave di pietra o nell'industria bellica pesante. Oltre
105.000 sono morti, ammazzati o deceduti per i patimenti delle condizioni di
vita, la fame, il freddo. A Mauthausen si moriva nelle camere a gas,
camuffate da docce, per impiccagione, con il colpo alla nuca, e poi si
finiva nei forni crematori.
Furono sterminati in questo modo prima i detenuti comuni, poi i comunisti e
i socialisti tedeschi, fu quindi la volta dei polacchi e degli ebrei, degli
spagnoli repubblicani che furono deportati anche con i bambini, e poi
artisti, intellettuali, sacerdoti, prigionieri di guerra dall'Unione
Sovietica, prigionieri politici dalla Francia, dal Belgio, dall'Olanda,
dall'Italia.
Infine furono 22.000 i disertori e obiettori di coscienza condannati a morte
dai tribunali militari nazisti dal 1940 al '45. Oltre 15.000 di queste
condanne furono eseguite e moltissimi giovani renitenti furono sterminati
proprio a Mauthausen.
Nel 1997 per iniziativa del Beoc (Ufficio europeo per l'obiezione di
coscienza), con il patrocinio del Consiglio d'Europa e il consenso del
governo austriaco, partecipai con una delegazione di obiettori di coscienza
provenienti dai paesi di tutta Europa, all'inaugurazione di una targa, che
porta il simbolo del fucile spezzato, dedicata ai giovani tedeschi che
durante il nazismo rifiutarono di entrare nella Wehrmacht di Hitler. C'e'
scritto:
"Per la resistenza nonviolenta nella Wehrmacht
Contro la guerra e i suoi crimini
Per gli obiettori di coscienza e i disertori
In memoria delle migliaia di vittime della giustizia militare nazista".
Oggi quella targa, posta a fianco di quella del popolo ebraico, degli
zingari, degli omosessuali, dei prigionieri politici, testimonia che gli
obiettori di coscienza furono tra le vittime principali del nazismo,
scientificamente sterminati perche' costituivano un reale pericolo
destabilizzante per il regime. E furono annientati senza nemmeno il diritto
alla qualifica di obiettori o disertori, archiviati solo come numeri negli
elenchi degli asociali o dei delinquenti comuni. Riconoscerli come obiettori
sarebbe stato gia' di per se' un elemento sovversivo. E' lo stesso motivo
per cui a Franz Jaegerstaetter, prima di essere decapitato, venne comunicata
la perdita della dignita' militare e gli vennero disconosciuti i diritti
civili. Probabilmente il giudice militare non si e' nemmeno reso conto del
paradosso di questa decisione: la perdita della dignita' militare ai nostri
occhi significa l'acquisizione della dignita' civile, e il disconoscimento
dei diritti civile, oggi lo comprendiamo come il riconoscimento del dovere
religioso.
La targa affissa ufficialmente sul muro del pianto di Mauthausen e'
importante anche come contributo per far accettare all'Austria e alla
Germania la loro storia. La popolazione civile conosceva bene la realta' dei
campi di concentramento, ma all'epoca fingeva di non vedere e oggi ha
rimosso questa convivenza. Pressoche' ogni famiglia in Europa e' stata
toccata, seppur con diverso peso, da questa guerra. E' forse anche per
questo che la proposta di riabilitazione dei disertori e degli obiettori (ai
sopravvissuti o alle vedove e' stata finalmente riconosciuta la pensione) ha
fatto molta fatica ad essere accettata in Germania. Ci sono voluti piu' di
60 anni per far emergere la verita' storica.
*
Anche in Italia durante il regime fascista ci fu chi si oppose con la
nonviolenza ed attuo' l'obiezione di coscienza, incurante delle conseguenze.
Lo sviluppo di un'iniziativa coerente ed efficace contro la guerra, e dunque
ispirata alla nonviolenza, e' stato l'impegno prioritario di Aldo Capitini
(il filosofo fondatore del Movimento Nonviolento) fin dal periodo
antifascista e resistenziale. "Certo io ero sconfitto - annota nel suo
ultimo scritto, "Attraverso due terzi di secolo" - ma soprattutto perche' la
mia attivita' non era stata capace di costituire 'gruppi' di nonviolenti.
Con persuasione nonviolenta c'erano stati, oltre me, amici fin dal momento
pisano del 1931-'32 e perfino tra i partigiani ci furono alcuni che non
tolsero mai la sicura al loro fucile. Ma eravamo sparsi, e nulla sapemmo
organizzare che fosse visibilmente coerente, efficiente e conseguente ad
idee di nonviolenza".
Nel dopoguerra questo tema ritorna con forza in tutti i suoi scritti e nelle
iniziative. In un articolo sul "Nuovo Corriere", del luglio 1948 (lo si puo'
trovare in Italia nonviolenta, sotto il titolo "Opposizione alla guerra")
scrive: "In Italia accanto al vecchio pacifismo, si e' sviluppato un nuovo
pacifismo. Gia' in antitesi al fascismo si ebbero nuclei nonviolenti, ed
alcuni furono imprigionati od esuli per rifiuto del servizio militare".
Chi si opponeva al nazifascismo con l'obiezione di coscienza, senza armi,
era forse considerato un pericolo maggiore perche' minava il concetto di
base su cui si reggeva il regime: la violenza.
Questa ideologia totalitaria voleva annientare tutto cio' che era in
antitesi e diverso dal punto di vista della "razza", della religione, della
filosofia di vita o dell'opinione politica. I campi di concentramento che
sono visitati ogni anno da moltissimi giovani, sono una testimonianza di un
dramma della storia recente dell'Europa e dell'umanita'.
Dopo questi milioni di morti, dopo tanto orrore, i popoli europei hanno
accettato di unire i loro destini. Anche se imperfetto, il grande cantiere
politico della costruzione europea mostra che e' possibile creare una zona
di pace grazie alla cooperazione e alla solidarieta' reciproca fra i popoli.
*
Noi dobbiamo rendere omaggio ai 25.000 obiettori di coscienza, disertori e
renitenti, che sono stati uccisi dal regime nazista perche' rifiutarono di
partecipare all'avventura guerrafondaia e all'Olocausto. Il valore della
testimonianza di questi obiettori di coscienza sotto il nazismo e'
universale.
Da allora la Storia ci ha riservato altre guerre, alcune piu' circoscritte
ma non meno orribili. Il fenomeno della decolonizzazione ha conosciuto la
guerra d'Algeria combattuta dalla Francia, durante la quale milioni di
giovani francesi hanno disertato. Trentacinque anni fa molti soldati
americani rifiutarono di bombardare con il napalm i contadini vietnamiti.
Piu' recentemente 200.000 cittadini dell'ex-jugoslavia si sono rifugiati in
Europa occidentale per non partecipare alla guerra di pulizia etnica
condotta nei loro paesi. E ancora, ricordiamo quei soldati russi che hanno
rifiutato di bombardare la citta' di Grozny e di combattere la guerra contro
i ceceni. Anche i refusnik israeliani che rifiutano di compiere azioni
illegali nei campi palestinesi, attuano una obiezione, come gli anonimi
soldati americani che non vogliono tornare in Iraq dopo aver visto cosa
significa quella guerra, come pure quei soldati birmani che si sono
rifiutati di sparare sugli inermi monaci buddisti che manifestavano pregando
per la democrazia e la liberta'.
La coscienza umana, dunque, e' l'ultimo baluardo contro la tirannia.
*
Quando qualche giovane mi chiede cosa sia líobiezione di coscienza, racconto
sempre questa storia: una sera díinverno del 1891, a Mosca, il conte Leone
Tolstoj vide una guardia municipale che trattava brutalmente un mendicante.
Egli interpello' il funzionario chiedendogli: "Hai mai letto il Vangelo?".
Al che il poliziotto rispose: "E tu, non conosci il nostro regolamento?".
Tutto il problema dell'obiezione di coscienza e' contenuto, in piccolo,  in
questo dialogo. Quando la regola sociale non coincide con la regola morale,
si  creano le condizioni dell'obiezione di coscienza.
Il contenuto fondamentale dell'obiezione di coscienza e' il rifiuto di una
legge, o di un ordine costituito, quando questi vogliono nascondere o far
accettare situazioni di violenza, di ingiustizia o di oppressione.
L'obiezione di coscienza al servizio militare (strumento che rende possibile
la guerra, il piu' grande crimine contro l'umanita') ha fatto recentemente
molti progressi grazie anche al suo riconoscimento come diritto umano
fondamentale da parte delle Nazioni Unite e del Parlamento Europeo. Molti di
noi sognano un'Europa dove non esista piu' lo spirito di conquista militare;
vogliamo un'Europa che faccia delle prevenzione dei conflitti il punto forte
della sua politica estera.
Che la forza del pensiero e della testimonianza di personalita' come Gandhi,
Martin Luther King e Franz Jaegerstaetter guidi i nostri passi verso una
societa' piu' nonviolenta e piu' fraterna.

2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONVEGNO DI ROMA DEL 9
NOVEMBRE 2007
[Riportiamo il seguente messaggio di saluto inviato dal responsabile del
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo a un convegno svoltosi a Roma il
9 novembre 2007, dal titolo "Contro il terzo polo aeroportuale del Lazio,
per la drastica e immediata riduzione del trasporto aereo in difesa del
diritto alla salute, dei beni ambientali e culturali, della biosfera"]

Carissimo Walter, cari amici oggi riuniti a Roma,
nell'impossibilita' di essere presente, ma consapevole che le opinioni che
anch'io avrei potuto esprimere saranno autorevolmente esposte nelle
relazioni della dottoressa Antonella Litta e del professor Alessandro Pizzi,
invio queste poche righe di saluto al vostro convegno.
*
Un convegno che interpreto come in forte continuita' con le varie iniziative
di studio e di sensibilizzazione gia' realizzate a Ciampino, a Viterbo, a
Frosinone dai vari comitati e movimenti impegnati per l'immediata, drastica
riduzione del trasporto aereo; per liberare Ciampino dall'eccessivo traffico
aereo che soffoca la citta' e danneggia gravemente la salute dei cittadini;
per impedire la realizzazione di un terzo polo aeroportuale nel Lazio, che
lungi dal risolvere alcun problema tutti li aggraverebbe ulteriormente, e
provocherebbe altri disastri ambientali, altre devastazioni territoriali,
altra aggressione alla salute delle persone, ulteriore incremento di
inquinamento, nocivita', surriscaldamento del clima - in un pianeta
drammaticamente gia' prossimo al collasso della biosfera.
*
Un convegno che interpreto come in forte continuita' con la posizione
assunta dalla vicepresidente del Parlamento Europeo, Luisa Morgantini, che
ha espresso la sua solidarieta' alla nostra lotta; con la lettera inviata al
Ministro dei Trasporti da dieci europarlamentari - Vittorio Agnoletto,
Vincenzo Aita, Giovanni Berlinguer, Giusto Catania, Giulietto Chiesa,
Claudio Fava, Monica Frassoni, Sepp Kusstatscher, Roberto Musacchio,
Pasqualina Napoletano - che hanno scritto al Ministro per sostenere le
nostre ragioni; con le interrogazioni parlamentari presentate in aiuto al
nostro impegno dai deputati Angelo Bonelli, Paolo Cacciari, Salvatore
Cannavo', Massimiliano Smeriglio, Paolo Russo, Maria Cristina Perugia,
Vladimir Luxuria, Salvatore Iacomino e dai senatori Francesco Martone, Haidi
Giuliani, Salvatore Bonadonna; con le prese di posizione di molti
parlamentari, consiglieri regionali, pubblici amministratori provinciali e
comunali della sinistra che hanno espresso la loro piena solidarieta' alla
nostra lotta, come anche hanno fatto illustri scienziati e autorevoli
personalita' della cultura e della vita civile. E mi e' particolarmente
grato ricordare l'appassionata relazione di Enrico Luciani, presidente della
Commissione Trasporti della Regione Lazio, al nostro convegno viterbese del
18 ottobre sul tema "Un mega-aeroporto a Viterbo? No, grazie. Ne' a Viterbo,
ne' altrove". Anche Enrico Luciani e' uno dei relatori del convegno odierno,
come anche Marinella Correggia, con la quale collaboriamo fin dalla nascita
del nostro movimento per la riduzione del trasporto aereo.
*
Il comitato viterbese che si oppone al terzo polo aeroportuale laziale e
s'impegna per la drastica ed immediata riduzione del trasporto aereo ha
scritto mesi fa nel suo appello:
1. Un aeroporto provoca gravi danni alla salute della popolazione che vive
nei dintorni: sia attraverso l'inquinamento dell'aria, che causa gravi
malattie; sia attraverso l'inquinamento acustico;
2. Il trasporto aereo contribuisce fortemente al surriscaldamento del clima;
3. Il trasporto aereo danneggia gravemente l'ambiente;
4. Il trasporto aereo e' antieconomico: consuma piu' energia di ogni altro
mezzo di trasporto; danneggia gravemente la biosfera; costa molto alla
comunita' poiche' e' fortemente sovvenzionato sia da finanziamenti pubblici
sia da esenzioni ed agevolazioni fiscali (mentre si effettuano sciagurati
tagli di bilancio per sanita', istruzione ed assistenza): paradossalmente la
maggior parte dei costi del trasporto aereo li pagano i cittadini che non lo
usano; danneggiando l'ambiente e sottraendo risorse pubbliche non aiuta le
economie locali ma le impoverisce; l'occupazione nel settore e' limitata,
spesso precaria, e le compagnie aeree hanno spesso condotte gravemente
antisindacali;
5. Il trasporto aereo e' iniquo: statisticamente e' dimostrato che e'
soprattutto un privilegio dei ricchi, ma i costi li pagano soprattutto i
bilanci pubblici, e le conseguenze nocive le pagano innanzitutto i poveri.
6. Nel caso specifico del terzo polo aeroportuale laziale manca
completamente la Valutazione díimpatto ambientale, obbligatoria per legge.
Mi sembra che siano considerazioni che ogni persona ragionevole possa
condividere.
Il Lazio ha bisogno di un modello di mobilita' che privilegi la rete
ferroviaria e il trasporto pubblico; una mobilita' coerente con la difesa e
la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dei diritti sociali e
delle vocazioni produttive del territorio.
*
Pochi giorni fa il congresso nazionale del Movimento Nonviolento ha
approvato all'unanimita' una mozione, presentata dal professor Alessandro
Pizzi, con la quale:
"esprime sostegno ai movimenti che si impegnano per la drastica riduzione
del trasporto aereo; ed in tal ambito sostiene i movimenti e le iniziative
che con la scelta della nonviolenza e la forza della democrazia, in difesa
della legalita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) si oppongono alla realizzazione di nuovi aeroporti (e all'ampliamento
degli aeroporti esistenti) laddove non ve ne sia una vera necessita' ma essi
siano realizzati per promuovere forme di turismo 'mordi e fuggi' legate a
una fruizione consumista, alienata, usurante e mercificata dei beni
ambientali e culturali, e ad un'esperienza del viaggiare che non sia
arricchimento di conoscenza ma asservimento agli imperativi delle agenzie
della narcosi pubblicitaria;
b) si impegnano per la riduzione drastica ed immediata del carico di voli
dei sedimi aeroportuali collocati a ridosso di centri abitati gia'
pesantemente gravati e fin soffocati dall'attivita' aeroportuale;
c) chiedono la cessazione dello sperpero di pubblico denaro per finanziare
le compagnie aeree;
d) chiedono che cessino le agevolazioni e le esenzioni fiscali alle
compagnie aeree;
e) si oppongono alle condotte gravemente antisindacali e violatrici dei
diritti dei lavoratori messe in atto da eminenti compagnie aeree;
f) difendono il diritto alla salute, i beni culturali e ambientali, gli
ecosistemi locali e l'ecosistema planetario, i diritti dell'umanita'
presente e delle generazioni future, minacciati dal dissennato incremento
del trasporto aereo;
g) si impegnano per il rigoroso rispetto della legislazione in materia di
difesa dell'ambiente, della salute, dei beni comuni;
h) chiedono che tutte le strutture aeroportuali realizzate e realizzande
siano sottoposte senza eccezioni alla dirimente verifica della
compatibilita' con quanto disposto dalla vigente legislazione italiana ed
europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (Via) e di
Valutazione ambientale strategica (Vas);
i) si oppongono alle attivita' militari che violano l'art. 11 della
Costituzione e ad ogni ampliamento delle basi aeronautiche militari, e
particolarmente alla presenza e all'ampliamento di basi aeronautiche
militari di stati stranieri e di coalizioni intese a, o impegnate in,
attivita' belliche che la Costituzione ripudia;
l) promuovono forme di mobilita' sostenibile, modelli di sviluppo
autocentrati con tecnologie appropriate, scelte economiche ecocompatibili,
eque e solidali;
m) promuovono una cultura della mobilita' e del viaggio sostenibile,
conviviale, solidale, aperta all'incontro e all'ascolto reciproco,
rispettosa delle persone e dell'ambiente;
n) si impegnano per la riduzione del surriscaldamento climatico e per la
difesa della biosfera".
Mi sembra che siano impegni e obiettivi che anche il convegno odierno possa
e debba condividere e promuovere.
Auguri di buon lavoro.

3. RIFLESSIONE. ALBERTO L'ABATE: I CORPI CIVILI DI PACE E LA LOTTA
ALL'EMARGINAZIONE
[Ringraziamo Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) per averci
messo a disposizione il seguente intervento predisposto come contributo per
il XXII Congresso del Movimento Nonviolento svoltosi a Verona dal primo al 4
novembre 2007.
Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario di
sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di
laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti"
dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella
Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle
attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e
collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo
Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e
programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del
Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso
e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e'
impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione";
e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi civili di pace.
Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla
nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento
sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana,
Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999;
Giovani e pace, Pangea, Torino 2001]

Uno dei problemi esplosi questa estate, e sui quali e' in atto un grosso
dibattito, ed anche un diverbio, all'interno del governo ed  delle sinistre,
e' quello della microcriminalita', e delle forme piu' valide per lottare
contro di questa. Da parte di varie amministrazioni comunali, come  quella
di Firenze, sono state fatte delle delibere, considerate illegali dai
giudici, per impedire lavori considerati molesti, ad esempio quello dei
lavavetri, e per chiedere maggiori poteri di intervento da parte delle
amministrazioni comunali stesse di fronte a questi fenomeni. Ed il governo
sta predisponendo una legge che prevede una risposta quasi esclusivamente di
tipo repressivo-poliziesco, con la cessione anche di un certo numero di
militari per svolgere questo tipo di attivita'.
La cosa si sta coprendo di ridicolo quando si mette al livello delle
microcriminalita' anche il lavoro dei lavavetri, qualche volta, e' vero, un
po' fastidiosi perche' non aspettano che il cliente dia l'assenso al fatto
che svolgano il lavoro, e talvolta anche astiosi nei riguardi degli
automobilisti che rifiutano il loro servizio. Ma considerare questo come
"microcriminalita'" sembra un assurdo vero e proprio, soprattutto se si
pensa alla diffusione del nostro paese di forme reali di criminalita', come
il borseggio, soprattutto al Sud, da parte di gruppi mafiosi e camorristici,
di attivita' commerciali o industriali, per le quali gli interventi
repressivi, che pur ci sono, sembrano essere del tutto inefficaci.
Per quanto riguarda infatti il problema dei lavavetri basterebbe, come ha
proposto un consigliere comunale fiorentino, che invece di lasciare i
lavavetri alla merce' dei capoccia che li sfruttano (questo si', spesso a
livello di criminalita'), vengano dati a loro dei posti fissi, e gli venga
fatta anche una formazione al modo corretto di rivolgersi ai clienti senza
molestarli. Ma la proposta del consigliere comunale, troppo saggia per il
livello dell'amministrazione, non risulta essere stata  accolta, e
l'amministrazione comunale di Firenze, come varie altre, continua a pensare
ad azioni di tipo repressivo, spalleggiata da un governo che anch'esso
sembra non conoscere altri metodi, se non questi, per intervenire (non si
puo' dire "risolvere" perche' l'esperienza ha dimostrato che questi metodi
non risolvono affatto il problema) su problemi di questo tipo.
*
Le ricerche serie (non quelle che Amato ha chiamato "di sociologia
d'accatto") su questi temi hanno dimostrato che una delle cause principali
della nascita di violenze, ed anche della  macro e microcriminalita' e'
l'esistenza nella nostra societa' di grandi squilibri sociali, ed anche di
violenza strutturale (carenza di leggi adeguate, meccanismi di sfruttamento
che fanno si' che i marginali vengano utilizzati per lavori sottopagati, ed
a condizioni estremamente difficili - un esempio concreto preso dalla mia
esperienza in questo campo: si da' un lavoro notturno ma non continuato per
cui si lasciano al lavoratore solo due ore, o al massimo tre di liberta' -
che significa non pagate - per poi continuare il lavoro successivamente per
alcune altre ore, ecc. ecc.).
Questa situazione e' di per se' stimolatrice di violenza e di criminalita',
ma non si risolve solo con leggi dal centro (anche se queste, se fatte bene
possono aiutare), ma c'e' bisogno anche di un lavoro di base che aiuti i
marginali (spesso immigrati, oppure giovani o giovanissimi, o anche donne
con figli che non possono prendere lavori a pieno tempo, ecc.) a superare la
loro marginalita', e le condizioni che permettono il loro sfruttamento.
*
Secondo gli studi piu' approfonditi su questi temi, cinque sono le attivita'
principali che un operatore di base, o facilitatore, di cui ci sarebbe un
estremo bisogno, deve svolgere in queste situazioni:
1) Coscientizzazione. Non sempre i gruppi marginali si rendono conto dei
reali meccanismi che sono alla base della loro marginalita'. Spesso, come
sostiene Freire, acquisiscono anche loro la cultura di chi li sfrutta e li
domina, e questo rende impossibile  un percorso che Freire chiama di
ìliberazioneî. Per questo la prima attivita' e' quella di aiuto a prendere
coscienza di questi meccanismi, ma anche, attraverso la conoscenza di casi
positivi  che hanno superato il problema, della possibilita' di superarli.
2) Organizzazione. I gruppi marginali hanno raramente la capacita' di
organizzarsi. Sono spesso portati, dalle condizioni in cui vivono, a lottare
l'uno con l'altro, o a prendersela con gruppi ancora piu' emarginati
rispetto alla loro condizione. Questo impedisce il mutamento, e facilita la
continuazione delle ingiustizie. Per questo la seconda attivita', in ordine
di importanza, e' quella di aiutare questi gruppi ad organizzarsi, a
prendere delle decisioni partecipate, e non determinate da un "capoccia" che
spesso e' in collusione con il potere che li sfrutta. Un esempio positivo di
questa attivita' e' l'uso del "metodo decisionale del consenso" che i gruppi
nonviolenti hanno teorizzato e sperimentato.
3) Lavoro di rete. Altri gruppi soffrono degli stessi problemi, o possono
dare una mano per risolverli. E' percio' importante avere la capacita' di
scoprirli, e fare con loro alleanze che possano permettere di cambiare la
situazione di partenza. Anche questo puo' essere appreso, e l'operatore di
base puo' aiutare in questo processo.
4) Apprendimento delle forme di lotta nonviolenta. I gruppi marginali non
conoscono la nonviolenza e spesso ne hanno una immagine falsata, come uno
strumento per tenerli buoni. E tendono, quando non ne possono piu' di
sopportare le ingiustizie, a ribellarsi violentemente. Ma questo, di solito,
li emargina ulteriormente non risolvendo il problema ma spesso aggravandolo.
Per questo e' importare un lavoro di formazione alla lotta nonviolenta per
combattere, con questa, contro le ingiustizie ed i soprusi che sono connessi
alla loro emarginazione.
5) Progetto costruttivo. Ma la nonviolenza implica il non accontentarsi
della lotta ma cercare, da subito, quelli che, nella teoria specifica, si
chiamano "gli obiettivi sovraordinati", e cioe' quegli scopi comuni, che ci
possono essere tra gli sfruttati e gli sfruttatori, non quelli che sfruttano
per "mestiere" ma quelli che inconsciamente si trovano da quella parte
(questi scopi comuni possono essere, ad esempio, il bisogno del superamento
del disordine e della criminalita').
Tutte le lotte nonviolente vincenti hanno sempre avuto queste due gambe
(azione diretta nonviolenta, e progetto costruttivo). Per questo e'
importante imparare, da subito, la risoluzione nonviolenta dei conflitti e
la ricerca di possibili soluzioni che risolvano il problema in modo
definitivo e non transitorio.
*
Una parte importante di un approfondimento di questo tema sarebbe quella di
esaminare una serie di casi positivi che, utilizzando una metodologia di
questo tipo, sono riusciti a cambiare la situazione di partenza. Non e'
possibile, in una breve nota, analizzarli a fondo; mi limitero' percio' a
segnalarne sinteticamente solo alcuni a titolo esemplificativo:
a) il lavoro di Danilo Dolci in Sicilia. Egli e' partito dal presupposto che
i "banditi" siciliani, per sconfiggere i quali si ricorreva all'esercito,
alla polizia ed ai giudici, con spese ingentissime, erano di fatto "banditi"
in quanto emarginati dalla societa' che non spendeva quasi nulla per aiutare
queste persone ad uscire dal loro stato di emarginazione. E  senza aiuti da
parte dello stato (che anzi l'ha messo in carcere per un digiuno e uno
"sciopero alla rovescia" ñ l'aggiustatura volontaria di una strada vicinale
in pessime condizioni per rivendicare per gli abitanti della zona, che
partecipavano con lui all'azione, il diritto al  lavoro riconosciuto dalla
nostra Costituzione), ma con l'aiuto di molti volontari e di gruppi esterni
che hanno finanziato il suo lavoro (compreso un premio Lenin per la Pace) e'
riuscito a cambiare totalmente la situazione economica e sociale di una zona
grazie alla costruzione di  una diga (fiume Jato) ñ questa si' pagata dallo
Stato ma ottenuta con molte lotte e manifestazioni della popolazione
stessa -, diga dove viene raccolta l'acqua che e' l'unica in Sicilia non
gestita dalla mafia, dato che i contadini della zona, che avevano lanciato
essi stessi la proposta  di farla, si sono organizzati e gestiscono essi
stessi l'uso agricolo delle acque che da questa si possono trarre.
b) Il lavoro di una operatrice sociale contro la corruzione e la
criminalita' in una cittadina degli Usa (Chelsea). La' Susan Podziba, che si
e' specializzata nella soluzione di dispute pubbliche, attraverso un lavoro
di poco piu' di un anno con il metodo del consenso (cercando di fare
partecipare al processo decisionale tutti gli abitanti - compreso i tanti
immigrati che erano del tutto esclusi in precedenza da questo processo) e'
riuscita a trasformare una cittadina corrotta, in cui erano frequentissimi
gli episodi di criminalita', e nella quale la corruzione era diffusissima
anche tra gli amministratori e la polizia, in una cittadina diventata
modello di convivenza e di democrazia. Si veda, della Podziba, Chelsea
Story. Come una cittadina corrotta ha rigenerato la sua democrazia, Bruno
Mondatori, Milano 2006).
c) Il lavoro delle Pbi (Peace Brigades International) in situazioni di
conflitto. Questa organizzazione, che opera, con gli strumenti della
nonviolenza, ormai da moltissimi anni in molti paesi del mondo nei quali la
conflittualita' e' altissima, aiuta la popolazione a prendere coscienza dei
diritti umani che la legislazione internazionale riconosce ai singoli
cittadini, aiuta le vittime ad organizzarsi (ad esempio le donne i cui
mariti e altri parenti erano stati presi dalla polizia e non si aveva piu'
notizie di loro = i famosi "desparecidos"), ed accompagna, giorno e notte,
del tutto disarmati, ma con l'appoggio di gruppi di sostegno diffusi in
tutti i paesi del mondo che ñ con telegrammi, e-mail, ed altri strumenti -
chiedono l'intervento positivo delle autorita' della zona - le persone
minacciate dagli "squadroni della morte". Anche il premio Nobel per la pace
Rigoberta Menchu' e' stata salvata in questo modo, ed ha dichiarato
pubblicamente la sua gratitudine a questa associazione.
d) Una presenza amica in un quartiere di Torino (Centro Studi Sereno Regis).
Questa metodologia, dell'accompagnamento di persone a rischio, si e'
dimostrata valida anche in altre situazioni, ad esempio in un quartiere di
Torino nel quale la sera le persone di sesso femminile non avevano il
coraggio di uscire perche' rischiavano di essere molestate. La
disponibilita' di obiettori di coscienza in servizio civile per
accompagnarle ha permesso di superare questo problema, ed a poco a poco di
eliminare del tutto il problema da quel quartiere.
*
Ma se si fa una ricerca approfondita gli esempi di questo tipo si
moltiplicherebbero a dismisura, e confermerebbero che la criminalita' si
combatte meglio, ed a costi sicuramente   minori, attraverso un lavoro
positivo di prevenzione che utilizzi operatori di base non armati, ed
educati all'azione nonviolenta, che spesso ora vengono denominati "corpi
civili di pace",  che facciano, in gruppo, un lavoro tipo quello fatto da
Dolci in Sicilia, che, se fatto bene ed in modo continuativo e non
improvvisato (ma ci vorrebbero molti piu' operatori di base di quei
pochissimi che fanno attualmente, pagati, un lavoro di questo tipo), puo'
riuscire ad  eliminare le cause di fondo dalle quali proviene la
criminalita' e la violenza, e di cui queste si nutrono, piuttosto che
attraverso interventi puramente repressivi che tendono spesso a mischiare i
veri criminali con le loro vittime (che sono anche quelle che, per
sopravvivere,  sono costrette  a subire le loro imposizioni e diventano gli
strumenti della stessa criminalita').
*
Sarebbe bello che questo intervento diventasse un saggio collettivo in cui
ognuno dei lettori interessati possa aggiungere altri esempi positivi a sua
conoscenza, o fare le eventuali correzioni al testo che ritengano piu'
opportune, e me le facciano avere, scrivendomi all'indirizzo di posta
elettronica: labate at unifi.it

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 269 del 10 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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