Minime. 267



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 267 dell'8 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La scelta
2. Adesso
3. Il 24 novembre manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle
donne
4. Adriano Paolella e Zelinda Carloni: Riscaldamento globale e controllo
sociale (2002) (parte seconda e conclusiva)
5.. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE. LA SCELTA

Il governo della guerra, dei campi di concentramento, delle deportazioni.
*
La nonviolenza che lotta per la pace, la solidarieta', il riconoscimento di
tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

2. EDITORIALE. ADESSO

Smettere di leggere i loro giornali, i giornali dei razzisti e degli
assassini.
Smettere di guardare le loro televisioni, le televisioni dei razzisti e
degli assassini.
Smettere di subire la loro egemonia, smettere di seguire la loro agenda.
Organizzare qui e adesso la lotta nonviolenta, l'autonoma presenza
nonviolenta nelle istituzioni rappresentative, l'autonoma voce della
nonviolenza in campo informativo e culturale.
Non perdere piu' tempo al teatrino dei gabbamondo.
La nonviolenza non ha tempo da perdere. E ha un mondo da salvare.

3. INIZIATIVE. IL 24 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA
MASCHILE SULLE DONNE
[Riproponiamo ancora una volta il seguente appello]

L'assemblea di singole donne e di realta' associative femminili, femministe
e lesbiche, provenienti da tutta Italia, che si sono riunite in assemblea
pubblica domenica 21 ottobre a Roma presso la Casa Internazionale delle
Donne sulla base dell'appello diffuso dal sito www.controviolenzadonne.org,
in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
convoca una manifestazione nazionale a Roma sabato 24 novembre 2007 alle ore
14.
*
Le donne denunciano le continue violenze e gli assassinii che avvengono in
contesti familiari da parte di padri, fidanzati, mariti, ex e conoscenti.
E' una storia senza fine che continua a passare come devianza di singoli,
mentre la violenza contro le donne avviene principalmente all'interno del
nucleo familiare dove si strutturano i rapporti di potere e di dipendenza.
Ricordiamo che l'aggressivita' maschile e' stata riconosciuta (dati Onu)
come la prima causa di morte e di invalidita' permanente per le donne in
tutto il mondo.
Il tema, soprattutto in Italia, continua a essere trattato dai mezzi di
informazione come cronaca pura avallando la tesi che sia qualcosa di
ineluttabile, mentre si tratta di un grave arretramento della relazione
uomo-donna.
La violenza contro le donne non deve essere ricondotta, come si sostiene da
piu' parti, a un problema di sicurezza delle citta' o di ordine pubblico. La
violenza maschile non conosce differenze di classe, etnia, cultura,
religione, appartenenza politica.
Denunciamo la specifica violenza contro le lesbiche volta a imporre un
modello unico eterosessuale.
Non vogliamo scorciatoie legislative e provvedimenti di stampo securitario e
repressivo.
Senza un reale cambiamento culturale e politico che sconfigga una volta per
tutte patriarcato e maschilismo non puo' esserci salto di civilta'.
Scendiamo in piazza e prendiamo la parola per affermare, come protagoniste,
la liberta' di decidere delle nostre vite nel pubblico e nel privato.
Scendiamo in piazza per ribadire l'autodeterminazione e la forza delle
nostre pratiche politiche.
*
Per informazioni e contatti: controviolenzadonne.org

4. MATERIALI. ADRIANO PAOLELLA E ZELINDA CARLONI: RISCALDAMENTO GLOBALE E
CONTROLLO SOCIALE (2002) (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Da "A. rivista anarchica", anno 32, n. 279, marzo 2002, riprendiamo il
seguente dossier dal titolo "Riscaldamento globale e controllo sociale" a
cura di Adriano Paolella e Zelinda Carloni, parte della serie sul tema
"Globalizzazione. Idee per capire, vivere e opporsi al nuovo modello di
profitto" (disponibile anche nel sito www.arivista.org)]

Il mercato del clima
Il Wto interviene nelle scelte dei governi
Secondo le regole dettate dal Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio)
vale il principio per cui "prodotti similari" non possono essere
discriminati in base alle modalita' di produzione o al luogo di provenienza.
Questo significa, per esempio, che se un governo decidesse di promuovere la
produzione di automobili che garantisca un uso significativamente minore di
risorse combustibili, il Wto ricorrerebbe al Tribunale mondiale del
commercio per violazione delle regole del commercio globale, in quanto
questa azione discriminerebbe gli altri produttori di automobili, e ne
uscirebbe vincente.
Il problema e' che molti dei paesi che hanno firmato il protocollo di Kyoto,
che impegna a serie misure per la riduzione dei gas-serra, sono anche
aderenti al Wto: questo conflitto e' evidentemente destinato a non
permettere di produrre effetti significativi per quanto riguarda la
risoluzione del problema dei mutamenti climatici, o comunque a renderla
piuttosto "faticosa".
*
Quel che non pote' la scienza pote' l'economia
I dirigenti delle assicurazioni sono preoccupati: i premi delle compagnie e
le coperture delle polizze relativi agli eccessi del clima si sono sempre
basati sulla regola della media. Ma l'andamento dei fenomeni degli ultimi
anni li costringe a "rinegoziare la copertura": "Il mercato assicurativo e'
il primo ad essere colpito dal cambiamento del clima... tutto il settore
potrebbe andare in rovina", e' l'affermazione di Nutter, presidente della
Raa. Nei soli Stati Uniti i rimborsi assicurativi per danni provocati dal
clima negli anni '90 sono arrivati a 57 miliardi di dollari, contro i 17
miliardi di dollari per gli anni '80.
Dunque, se non basta la scienza a convincere gli irriducibili della gravita'
della situazione, puo0 essere che ci riesca l'economia di mercato...
*
Rimanere nell'ottica di mercato. Ovvero come fare dell'inquinamento un
business
La ratifica impone nuove pratiche nei tagli delle emissioni, come quella di
poter ricorrere ai "meccanismi flessibili" che prevedono di poter
"bilanciare" le emissioni con la creazione di foreste che compenserebbero il
danno, ovvero di "comprare" da altri paesi meno inquinatori (normalmente del
terzo mondo) i "diritti" per poter incrementare le proprie emissioni, in
modo che complessivamente la quantita' di gas serra rimanga dentro i
parametri previsti.
*
Prima regola vendere
E' ormai un dato chiaro e indiscutibile anche alla ragione comune che
l'aumento dei consumi energetici e' il principale responsabile dei
cambiamenti climatici in atto, e che questi mutamenti sottopongono le
popolazioni del pianeta a eventi meteorologici eccezionali e gravi.
Chiaro per tutti, ma non per l'Amministrazione degli Stati Uniti. In seguito
ad una grave ondata di calore che colpi' alcuni anni fa gli Stati Uniti del
Sud, e che provoco' parecchi morti, l'ex presidente Clinton, manifestando il
suo cordoglio e l'intenzione di porre rimedio alla situazione, si impegno',
con grande e grave serieta', a che "ciascun americano potesse essere dotato
di un impianto di aria condizionata, povero o ricco che fosse". La citazione
e' a memoria, essendo tratta da un'intervista televisiva di quegli anni.
In questa maniera anche il clima diviene mezzo di business, sebbene suicida.
*
I governi governati tipici della globalizzazione
L'attuale politica degli Usa taglia gli investimenti per le fonti
energetiche rinnovabili, alternative a quelle fossili, del 27%, gli
investimenti per progetti solari e energia eolica calano del 49%. Il
Vicepresidente dichiara che la riduzione dei consumi energetici e' una
virtu' personale ma non puo' costituire la politica energetica del paese. Il
Presidente avvia una campagna di sfruttamento delle risorse petrolifere
nelle aree protette dell'Alaska e dichiara che sara' necessario costruire
migliaia di nuovi impianti di produzione elettrica.
La recente politica statunitense e' basata sul petrolio, ed e' stato stimato
che essa aumentera' le emissioni del Paese di circa il 35%.
Il Presidente Bush, oltre ad essere direttamente connesso al mondo del
petrolio (Bush senior e' comproprietario di societa' che possiedono pozzi,
guarda caso, nel Golfo Persico), e' stato sostenuto nella sua campagna
elettorale dall'intero comparto petrolifero statunitense.
*
La soluzione praticata: aumentare il controllo sociale dei territori e delle
tecniche
Al di la' di timorosi proclami nessuno stato ha attivato significative
azioni sulle cause del riscaldamento globale. La scelta nei confronti del
problema "cambiamento climatico", sostenuta al di la' delle parole dai loro
atteggiamenti, e' di ignorare i segnali di profonda alterazione e confermare
gli obiettivi, i criteri e le modalita' del modello praticato.
Tale scelta scaturisce, come gia' accennato, dalla totale incapacita' da
parte dei governi di modificare i comportamenti del settore produttivo ed
energetico, in quanto cio' lederebbe gli interessi che sostengono i governi
e dunque da essi difesi.
Nonostante questa considerazione, l'atteggiamento suicida messo in atto da
questo sistema globale ed imposto ai 4/5 del mondo induce a delle
perplessita'; non sembra infatti verosimile, al di la' del potere esercitato
dalle lobby dei produttori, che interi stati non riescano a comprendere
quale sia l'enorme rischio che l'umanita', e dunque anche gli interessi
privati che rappresentano, stanno affrontando.
Sembra quasi che la posizione degli stati "sovrani", abbia verificato la
possibilita' di aumentare i propri vantaggi economici e militari attraverso
il mantenimento e l'incremento delle differenze ed un migliore
posizionamento dei propri poteri, piuttosto che affrontare la possibilita'
di risolvere il problema.
Questo modello di mercato puo', incredibilmente, trarre vantaggi dal
disastro ecologico del mutamento climatico e tali vantaggi, gia' valutati,
potrebbero essere la ragione della blanda risposta degli stati.
Ad esempio, all'aumento della pressione sulle risorse idriche ha corrisposto
il crescente controllo delle stesse da parte di governi e privati. Tale
problema riguardera' maggiormente le aree di nuova siccita' e quindi
l'Europa meridionale, l'Africa e zone tropicali aumentando la loro
dipendenza da soggetti esterni e indebolendole politicamente, senza invece
interessare vaste aree dei paesi gia' ricchi che non avranno problemi di
risorse idriche.
Per quanto attiene l'agricoltura e il deterioramento dei suoli la risposta
e' stata l'aumento della produzione artificiale. I produttori agricoli
aumentano la richiesta di semi che possano fronteggiare situazioni di
alterazioni (semi transgenici ibridi), i quali semi pero' debbono essere
comprati direttamente dalle multinazionali produttrici. In tale maniera si
incrementa l'asservimento delle popolazioni agricole dei paesi poveri agli
interessi dell'industria dei paesi ricchi. Inoltre il deterioramento dei
suoli rendera' necessario il cambiamento delle modalita' di produzione con
l'uso maggiore di additivi chimici in zone artificializzate ad elevata
produttivita'. Cio' e' un bene per i produttori di impianti; si potranno
vendere piu' serre, piu' impianti di irrigazione e di riscaldamento delle
stesse e cio' concentrera' di piu' la produzione nei paesi che riusciranno
ad effettuare tali investimenti, e quindi nei paesi ricchi, aumentando la
sudditanza dei paesi gia' poveri.
Ad altri temi, come quello della modificazione delle foreste, si risponde
con l'attesa: esse non rappresentano un grande interesse per il mercato del
grande profitto; il taglio delle foreste e' un bell'interesse ma a quello
gia' sta procedendo attivamente. Altri temi si presentano gia' vantaggiosi
per alcuni.
Ad esempio la modificazione della produttivita' agricola che migliorera' al
nord (Stati Uniti del nord, Canada, Europa del Nord, Russia) e peggiorera'
al sud, comporta solo dei benefici per il modello globale. Parte delle aree
ricche potra' divenire piu' ricca, mentre la parte povera del mondo sara'
piu' povera; in questa parte si ridurra' la produttivita', si ridurra'
quindi l'autonomia alimentare e, a seguito di questa, quella sociale e
politica crescendo cosi' la dipendenza dal modello globale.
Ad altri problemi connessi si risponde con soluzioni tecniche attraverso il
mercato dei prodotti. L'aumento degli eventi meteoclimatici estremi: essi
coinvolgono principalmente popolazioni povere che non hanno alcun interesse
per il modello; quando invece si manifestano in aree con popolazioni ricche
si sta gia' ricorrendo all'uso di sistemi d'allarme e tecniche per ridurre
il rischio per le persone e le cose. L'aumento del livello del mare: se esso
sara' localizzato dove vi sono interessi fondiari, produttivi, immobiliari
si interverra' artificializzando le coste (dighe, argini, difese spondali
etc.); se sara' localizzato in aree dove l'interesse e' minimo (paesi
poveri, ambiti naturali etc) non si interverra'.
Anche per quanto riguarda il fastidio provocato dal gia' riscontrato aumento
delle temperature, nei paesi ricchi si procedera' all'uso sempre piu' esteso
di impianti di climatizzazione degli ambienti chiusi, ambienti che hanno
gia' avuto un incremento nel numero, nella estensione, nella tipologia
(mercati, sport, attivita' ricreative, serre ecc.). Per il resto del mondo
si perderanno enormi superfici abitabili (esodi e sofferenze).
Questo scenario che gia' si sta attuando, seppure senz'alcuna dichiarazione
programmatica, potrebbe essere il ragionamento che sostiene la politica del
lasciare tutto com'e' messo in atto dagli stati potenti. Esso procura (sta
procurando) il riscaldamento del pianeta, salva gli interessi di alcuni e
massacra l'ecosistema planetario e i popoli che lo abitano.
*
La soluzione di ottimizzazione del modello: aumentare l'efficienza
Fin dagli anni Sessanta il problema dell'esorbitante consumo energetico del
modello praticato ha fatto nascere perplessita' e critiche. Alla produzione
di energia sono stati connessi problemi ambientali e sociali e si e'
sostanziata una ricerca tesa all'individuazione di soluzioni alternative per
la produzione e l'uso dell'energia.
Numerose sono le tecniche gia' individuate, operative e sperimentalmente
collaudate: sistemi per la produzione di energia a basso impatto, soluzioni
per la riduzione dei consumi e delle emissioni nei mezzi di produzione, nei
mezzi di trasporto, nelle abitazioni.
Oggi sono disponibili automobili che percorrono piu' di 50 km con un litro
di benzina, edifici che non abbiano perdite di calore superiori a 50-60
kwh/mq all'anno, sono possibili risparmi fino al 77% sull'energia per la
climatizzazione degli edifici, miglioramenti fino al 50% dell'efficienza
energetica degli elettrodomestici ecc.
Quasi tutte queste soluzioni dimostrano la loro praticabilita' nell'ambito
dei sistemi produttivi e di profitto consolidati. E' dunque possibile
migliorare l'efficienza energetica della mobilita', della produzione, del
commercio, dell'abitare garantendo guadagni, accontentando industriali,
immettendo sul mercato nuove merci e riducendo di quattro o piu' volte il
consumo energetico.
Sembrerebbe la soluzione ottimale: garantisce il mantenimento dell'attuale
modello ed una concreta praticabilita': in sintesi possiamo continuare a
consumare senza preoccuparci. Eppure nessuna di queste soluzioni e' stata
applicata in maniera diffusa: rimangono sul mercato macchine che fanno con
un litro 8 km, vengono costruiti edifici con perdite di calore pari a circa
500 kwh/mq annui (e' la media italiana) e spaventosi consumi per la
climatizzazione.
Cio' dimostra che la praticabilita' tecnica ed economica delle soluzioni
prospettate non e' stata di fatto garanzia della loro realizzabilita'.
Nessuna di queste concrete e praticabili soluzioni e' riuscita a sostituire
le attuali tecniche inquinanti in quanto non ha superato le regole di
convenienza dettate e praticate dall'attuale economia. Prelevare un bene
comune come il petrolio a costi bassissimi, facendo arricchire pochi
personaggi locali e alcune multinazionali, per rivenderlo, grazie alle
enormi quantita', a basso prezzo e' molto piu' conveniente di qualsiasi
altra soluzione praticabile quando i costi ambientali, l'inquinamento, i
costi sociali (per esempio delle malattie conseguenti), dell'alterazione
della qualita' dell'habitat li paga la collettivita'.
Inoltre il controllo scientifico delle tecniche, la capacita' di produrle e
commercializzarle, la possibilita' di acquisirle sara' possibile
esclusivamente per i benestanti dei paesi ricchi. Queste nuove soluzioni
disponibili, questi nuovi prodotti in realta' sono pronti ad aumentare il
divario tra le diverse popolazioni e tra i diversi individui. Beni pubblici,
quali sono aria, clima, acque, saranno ulteriormente privatizzati e le
condizioni dell'esistenza saranno garantite da merci e servizi acquistabili
sul mercato; in questo le tecniche approntate in risposta alle mutazioni
climatiche incrementeranno la distanza tra nord e sud ovvero tra chi
possedera' le soluzioni tecnologiche e chi le dovra' acquisire.
Infine, il cammino verso quell'efficienza energetica che consentirebbe
almeno una riduzione delle emissioni diventa impraticabile senza una
contemporanea riduzione dei consumi di energia.
Ad esempio fra il 1950 e il 1990 le tonnellate di carbonio emesse per ogni
milione di dollari di prodotto mondiale lordo sono state ridotte del 39% (da
250 a 150 tonnellate) e questa riduzione evidenzia un significativo aumento
di efficienza. Ma nello stesso periodo le emissioni mondiali di carbonio da
combustibili fossili, in ragione di un vertiginoso aumento della produzione,
sono passate da circa 1 ml di tonnellate del 1950 a piu' di 6 ml di
tonnellate nel 2000.
E' dunque possibile una riduzione delle emissioni attraverso l'aumento
dell'efficienza dei processi e dei prodotti solo se essa e' accompagnata da
una revisione dei criteri su cui si fonda il modello e quindi solo se si
riducono gli sprechi, le merci, i consumi.
*
La soluzione di superamento del modello: ridurre, rallentare, riutilizzare
La soluzione prospettabile al fine di ridurre il riscaldamento del pianeta
e' quella di modificare i caratteri del modello consumistico e globalizzato
promuovendo modalita' di esistenza in condizione di non alterare
dell'ambiente.
Per fare questo e' necessario ridurre la quantita' di merci, di movimenti,
di scambi, di ridurre in sintesi la grandezza del mercato e la quantita'
degli oggetti commercializzabili; e' necessario rallentare le azioni svolte,
allungando i tempi del loro svolgimento; e' necessario usare e riutilizzare
gli oggetti e le merci fino a quando esse presentino la capacita' di
svolgere la loro funzione.
Cosi' facendo si eliminerebbero quei comportamenti energivori, contrari ai
precedenti, che per essere svolti consumano energia e materiali, tempo e
spazio e quindi direttamente producono emissioni.
I livelli di azione praticabili sono la denuncia, la proposizione di
comportamenti attuabili da altri soggetti, e l'azione diretta.
*
Proporre
Nessuno stato, in un modello di libero mercato, puo' e vuole imporre una
tendenza ai produttori ed al mercato stesso. Nessun paese, che applichi quel
modello, riuscira' a gestire la riduzione delle emissioni: esse si
ridurranno se e quando il mercato, ovvero coloro i quali gestiscono i
profitti che da esso scaturiscono, avranno la convenienza a comportarsi in
altra maniera
Alla riscontrabile congenita incampacita' da parte di questo sistema a
modificare il proprio atteggiamento si aggiunge il sospetto che le
modificazioni socio-politiche prodotte dal riscaldamento, se adeguatamente
gestite dai forti, possano esser vantaggiose per alcuni stati.
Questa condizione puo' diventare un grande business: aumenta il divario tra
ricchi e poveri e consolida i poteri dei potenti.
L'enorme dispendio di energia che caratterizza lo "sviluppo" dei paesi e che
segna la colonizzazione del globo da parte del modello di vita occidentale,
consumistico e assoggettato alle leggi del mercato, non implica affatto un
aumento del "benessere"; anzi le societa' a basso consumo energetico sono
spesso piu' equilibrate, meno esposte alle contraddizioni e alle lacerazioni
sociali e umane che il nostro modello comporta, con una migliore relazione
con la natura e l'ambiente, con una maggiore autonomia politica e sociale.
E' dunque fondamentale denunciare come il modello occidentale sia in realta'
sostenuto dall'interesse di pochi e sostenga l'interesse di pochi, e che il
benessere che si affanna a proporre al mondo nasconda in realta' la difesa
di un privilegio riservato a chi ne puo' disporre.
Il modello globale proposto non puo' modificare le cause che originano i
cambiamenti climatici perche' l'intervento risolutivo sarebbe diretto ad un
benessere diffuso e di cui tutti potrebbero usufruire direttamente, mentre
le azioni che guidano questo modello di societa' sono basate sulle merci,
sul profitto, sul beneficio privato.
*
Denunciare
L'azione di proporre nuove soluzioni e la richiesta alle amministrazioni ed
agli operatori per modificare politica e criteri operativi al fine di una
riduzione delle emissioni e' fondamentale. Mantenere sotto pressione con
richieste concrete, fattibili, che migliorino effettivamente anche un poco
le condizioni complessive e' indispensabile per permettere almeno la
permanenza della tensione verso il miglioramento, tensione che in assenza di
stimoli scomparirebbe, fagocitata dalle logiche di mercato.
Ma tutto cio' deve essere fatto con la consapevolezza che il miglioramento
riformista, inteso come un lento ma ineluttabile processo, in presenza delle
attuali regole sociali non e' garanzia di buon fine. Anzi, ottiche
riformiste, miglioriste, buoniste, si infrangono contro interessi eccessivi,
illogici, potenti per affrontare i quali non si possono adattare finalita' e
comportamenti alle loro logiche ma e' necessario, mantenendo la propria
autonomia, richiedere con consapevole energia e semplicita' una
contaminazione della loro prassi.
In quest'ottica le pressioni presso le amministrazioni pubbliche o gli
operatori privati per tentare di modificarne seppur di poco i comportamenti
possono aver un valore.
Tra i grandi ambiti di intervento il primo e' la richiesta di mettere in
atto sistemi di produzione energetica a minore impatto sul clima. Vi e' la
possibilita' di sostituire a impianti tradizionali a combustibili fossili
soluzioni che afferiscono all'uso delle biomasse, dell'energia eolica e di
quella solare. Ciascuno di questi sistemi non puo' autonomamente riuscire a
soddisfare il fabbisogno energetico degli stati ricchi ma l'insieme di
queste soluzioni, se debitamente promosse e quindi adeguatamente diffuse,
puo' soddisfare le esigenze energetiche dei paesi.
Il secondo e' riportare sui produttori i costi ambientali e sociali delle
merci, caricando quindi i costi dei singoli prodotti dell'effettivo onere
che la comunita' sostiene. In questo quadro il petrolio avrebbe, proprio in
ragione dell'inquinamento ambientale e dei danni alla salute dei cittadini,
un prezzo molto superiore a quello attuale.
Questa misura potrebbe essere estesa a tutti coloro i quali emettono
sostanze inquinanti nei loro processi produttivi e potrebbe essere combinata
con un'azione di sgravi fiscali e di incentivi per coloro che invece non
inquinano o hanno posto in atto soluzioni a minor impatto.
Il terzo e' di puntare ad una politica dell'efficienza e quindi stimolare le
amministrazioni e gli imprenditori ad adottare soluzioni ottimali al fine
della riduzione delle emissioni e al risparmio energetico.
Queste ipotesi sono fattibili e totalmente compatibili con l'attuale
struttura imprenditoriale e di mercato (riducendo lievemente i profitti) e
sono gia' perseguite in numerosi paesi in cui i governi, dietro lo stimolo
dei cittadini, hanno preso atto della loro attuabilita' e hanno proceduto,
non senza difficolta', alla loro sperimentazione.
Molto piu' difficile da promuovere nelle amministrazione e tra i produttori
e' invece la riduzione della produzione e dei consumi, obiettivo questo
inalienabile per una qualsiasi ipotesi di sostanziale miglioramento
ambientale e sociale. Attualmente la sensibilita' in questo campo riguarda
solo pochi operatori che risolvono il problema della riduzione delle entrate
per la limitazione delle quantita' con l'aumento dei prezzi dei prodotti
venduti. In una societa' dei consumi parlare di riduzione delle quantita'
assume l'immagine del suicidio imprenditoriale.
La strategia da attuare dovrebbe essere improntata a ricostruire il senso e
la capacita' di autogestirsi delle singole comunita' insediate contribuendo
a farle uscire dal mercato e cosi' direttamente incidendo sulle dimensioni e
la potenza di quest'ultimo.
L'obiettivo e' quello di recuperare una gestione diretta da parte delle
comunita' della produzione energetica, sganciandosi dai grandi produttori di
energia e dai loro interessi, recuperando l'autonomia energetica che e'
stata ed e' alla base di una qualunque comunita' non succube.
Sarebbe questa un'autonomia energetica che passa attraverso l'uso di risorse
rinnovabili, il cui uso non danneggia i sistemi naturali (vento, acqua,
sole) e dunque passa attraverso la consapevolezza di un rapporto paritetico
con l'ambiente di cui l'individuo e la comunita' sono parte.
L'opposizione alle forme di artificializzazione della vita quotidiana e'
l'opposizione alla dipendenza da chi gestisce e mercifica tali forme; un
equilibrio con l'ambiente naturale ed il sapiente uso delle sue risorse e'
l'unica garanzia per la comunita' di poter vivere liberamente.
In questo anche il problema della mobilita' deve essere affrontato in chiave
energetica e culturale. E' incredibile come i mezzi di trasporto siano stati
uniformati appunto a quelli prodotti dal mercato monopolistico del motore a
scoppio. Anche in questo il recupero di un'autonomia locale e' il primo
passaggio da compiersi e tale recupero passa attraverso la consapevolezza,
per esempio, che l'automobile non e' uno strumento efficiente: essa ci
garantisce si' una elevata mobilita' ma l'abuso di questa mobilita' produce
un danno cosi' forte da minare le condizioni stesse del nostro vivere,
quindi da questo punto di vista e' uno strumento "deficiente".
*
Fare per ridurre
Ogni occidentale ha un peso energetico 20 volte superiore e a quello di un
abitante del terzo mondo. 100.000.000 di occidentali "pesano" come
2.000.000.000 di uomini del terzo mondo o di 1.500.000.000 uomini "medi".
Un gruppo di iniziative possono essere direttamente attuate: per quanto
riguarda, ad esempio, l'aumento dell'efficienza della propria abitazione dal
punto di vista del risparmio energetico l'attuazione passa attraverso
l'aumento dell'isolamento, l'uso di illuminazione a basso consumo, l'uso
degli elettrodomestici in maniera adeguata; o l'aumento dell'efficienza
della propria automobile passa attraverso un uso ridotto, la scelta della
piccola cilindrata, la scelta di velocita' moderate.
Ma il carattere principale dell'azione praticabile e' quello di consumare di
meno, di acquisire il minor numero di merce possibile.
Ogni individuo muovendosi velocemente e consumando energia emette calore.
Primo sistema per ridurre il riscaldamento globale e' rallentare. Rallentare
la velocita' degli spostamenti, rallentare il ritmo degli acquisti,
rallentare...
Primo sistema per rallentare e' selezionare e ottimizzare il fare.
La vita delle persone del modello consumi-mercato e' piena di azioni
produttive; vi e' una vera ansia del produrre, ansia connessa all'accumulo
del denaro, unico strumento che da' il benessere. Vi e' anche un'ansia del
fare cose concrete, testimoniali di un'esistenza che si sostanzia con il
segno delle proprie tracce; spesso si sostituisce con esse un vuoto di
ragione, un vuoto che corrisponde alla mancanza di riconoscimento del
proprio fare nel fare collettivo, nell'avere un comune benessere.
La ricerca del benessere individuale, astratto da quello della comunita' in
cui si attua, e' fortemente dispendioso in termini di risorse e di energia.
Probabilmente sottrarsi alla "frenesia produttiva", ristabilendo
fondamentali equilibri e relazioni con il mondo delle cose e degli uomini,
sarebbe un buon modo per iniziare a modificare il micidiale ingranaggio che
oggi pretende di governare il mondo.
*
Bibliografia
AA.VV. (1998), I cambiamenti climatici, in L'ambiente in forma, anno I n. 4,
Ministero dell'Ambiente, Roma.
AA.VV. (1999), Climate Crisis, numero speciale The Ecologist vol. 29 n. 2.
AA.VV. (2001), Climate Change. Time to act, The Ecologist report, nov. 2001.
Abramovitz J.N. (2001), Evitare le calamita' "naturali", in Brown L.R.,
Flavin C., French H., State of the World 2001, Edizioni Ambiente, Milano.
Bologna G. (a cura) (2000), Italia capace di futuro, Emi, Bologna.
Bright C. (1997), Seguire l'ecologia del cambiamento climatico, in Brown
L.R. ed altri, State of the World 1997, Isedi, Torino.
Bright C. (2000), A confronto con le "sorprese" ambientali, in Brown L.R.,
Flavin C., French H., State of the World 2000, Edizioni Ambiente, Milano.
Bunyard P. (2000), Fidding while the Climate burns, in The Ecologist, vol.
30 n. 2, apr 2000.
Commoner B. (1980), La politica dell'energia, Garzanti, Milano.
Donati A., Masullo A. (2000), Clima: Italia in ritarso sugli obiettivi di
Kyoto, in Attenzione n, 17, Editrice Edicomp.
Dunn S. (2001), Meno carbonio nel sistema energetico, in Brown L.R., Flavin
C., French H., State of the World 2001, Edizioni Ambiente, Milano.
European Commision, Undp (1999), Energy as a Tool for Sustainable
Devolopment for African, Caribbean and Pacific countries, Ec-Undp,
Bruxelles-New York.
Fagan B. (2001), La rivoluzione del clima. Come le variazioni climatiche
hanno influenzato la storia, Sperlin & Kupfer Editori, Milano.
Flavin C. (1996), Affrontare i rischi del cambiamento climatico, in Brown
L.R. ed altri, State of the World 1996, Isedi, Torino.
Flavin C., Dunn S. (1998), La minaccia del cambiamento climatico, in Brown
L.R., Flavin C., French H., State of the World 1998, Edizioni Ambiente,
Milano.
French H. (2000), Ambiente e globalizzazione. Le contraddizioni tra
neoliberismo e sostenibilta', Edizioni Ambiente, Milano.
Gelbspan R. (1988), Clima rovente, Baldini & Castoldi, Milano.
Gribbin J. (1988), Il clima e i suoi effetti. Come cambiano il territorio e
la vita degli uomini per effetto delle mutazioni climatiche, Franco Muzzio
Editore.
Iacomelli A. (1998), Kyoto: El Gringo sta cambiando il clima del Pianeta,
Wwf, Roma.
Loh J. (1997), Mutamenti climatici e aree protette, in Attenzione n. 7/8,
Editrice Edicomp.
Lombardi P. (1996), Il clima cambia. Una sintesi del Secondo Rapporto
dell'Intergovernamental Panel on Climate Change (Ipcc), in Attezione
(Dossier), n. 2, Edizioni Ambiente.
Lovins A.B. (1979), Energia dolce, Bompiani, Milano.
Mastny L. (2000), Lo scioglimento dei ghiacci, in Brown L.R., Renner M.,
Halweil B., Vital Signs 2000, Edizioni Ambiente, Milano.
Ministero dell'Ambiente (2001), Relazione sullo stato dell'ambiente, Min.
Ambiente, Roma.
Navarra A., Pinchera A. (2000), Il clima, Laterza, Bari.
Retallack S. (1997), Kyoto: Our Last Change, in The Ecologist, vol. 27 n. 6,
nov/dic 1997.
Retallack S., Sobhani L. (2001), Perche' il clima impazzisce?, in
Capitalismo, Natura, Socialismo n. 11, anno IX, fascicolo 39.
Roodman D.M. (1998), La ricchezza naturale delle nazioni. Come orientare il
mercato a favore dell'ambiente, Edizioni Ambiente, Milano.
Undp, Unep, World Bank, World Resources Institute (2000), World Resources
2000-2001. People and Ecosystems, Washington-Oxford.
Unfpa (2001), Lo stato della popolazione nel mondo 2001. Popolazione e
cambiamenti ambientali, Aidos, Roma.
Vellinga P., Van Verseveld W.J. (2000), Climate Change and extreme weather
events, Wwf, Gland (Svizzera).
von Weizsacker E.U., Lovins A.B., Lovins L.H. (1998), Fattore 4. Come
ridurre l'impatto ambientale moltiplicando per quattro l'efficienza della
produzione, Edizioni Ambiente, Milano.
Wackernagel M., Rees W.E. (2000), L'impronta ecologica. Come ridurre
l'impatto dell'uomo sulla terra, Edizioni Ambiente, Milano.
Wwf Internazionale (2001), Sale la febbre del Pianeta. Sintesi del III
Rapporto per i decisori politici dell'International Panel on Climate Change,
in Attenzione n. 22, Edizioni Edicomp, Roma.
Wwf, Uea (1996), Climate Change and Southern Africa: an exploration of some
potential impacts and implications in the Sadc region, Wwf, Gland
(Svizzera).
*
Questo volantone e' stato realizzato da Adriano Paolella e Zelinda Carloni.
Per contattarli via e-mail, scrivete a antiglo at email.it
Questo volantone e' il terzo di una serie - tutta curata da Adriano e
Zelinda - iniziata con Globalizzazione - Idee per capire, vivere ed opporsi
al nuovo modello di profitto, uscito nel n. 274 (estate 2001) di "A. rivista
anarchica" in versione bilingue (italiano ed inglese) in coincidenza con la
mobilitazione a Genova contro il G8. Nel novembre 2001 e' poi seguito Le
strategie della fame, supplemento al n. 276. realizzato in vista del vertice
di Roma (poi rimandato) della Fao. Ne sono previsti altri, in un prossimo
futuro. Chi volesse ricevere copie singole e/o per la diffusione, ci
contatti per conoscerne disponibilita' e prezzi.
Questo volantone esce come supplemento al n. 279 (marzo 2002) della rivista
mensile anarchica "A"... Il prossimo volantone, uscira' in estate e sara'
dedicato all'uso delle risorse in vista degli incontri internazionali di
Johannesburg.
"A" esce regolarmente 9 volte l'anno dal febbraio 1971. Non esce nei mesi di
gennaio, agosto e settembre. E' in vendita per abbonamento postale, in
numerose librerie e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe ecc.
Se ne vuoi una copia/saggio, chiedicela. Siamo alla ricerca di nuovi
diffusori. Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa dei nostri
"prodotti" (volantone antifascista, Letture di Bakunin, Kropotkin, Malatesta
e Proudhon, volantoni della serie anti-globalizzazione, maglietta "Segno
Libero", poster di Malatesta 1921, cd+libretto di Fabrizio De Andre' "ed
avevamo gli occhi troppo belli", dossier "Signora liberta', signorina
anarchia" dedicato a De Andre', lista di oltre cento cd, mc, ecc. della
"Musica per 'A'", ecc.) contattaci. Se ci fai avere per fax, e-mail o in
segreteria telefonica il tuo indirizzo completo, ti spediamo a casa tutte le
informazioni necessarie per poter ordinare quello che vuoi. Una copia di "A"
costa 3 euro, l'abbonamento annuo 30 euro, quello estero 40 euro,
l'abbonamento sostenitore da 100 euro in su.
Editrice A, cas. post. 17120, I - 20170 Milano, tel. (+ 39) 022896627, fax
(+ 39) 0228001271, e-mail arivista at tin.it, sito web
www.anarca-bolo.ch/a-rivista, conto corrente postale 12552204, conto
corrente bancario n. 6.81 presso ag. Milano 11 del Monte dei Paschi di Siena
(Abi 01030, Cab 01612).

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 267 dell'8 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it