Minime. 265



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 265 del 6 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Alcuni messaggi di saluto al congresso del Movimento Nonviolento
2. Giancarla Codrignani: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
3. Ekkehart Krippendorff: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
4. Alberto L'Abate: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
5. Enrico Peyretti: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
6. Giuliano Pontara: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
7. Lorenzo Porta: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
8. Carmelo Sgandurra: Un messaggio di saluto al congresso del Movimento
Nonviolento
9. Peppe Sini: Brevi tre considerazioni
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ALCUNI MESSAGGI DI SALUTO AL CONGRESSO DEL MOVIMENTO
NONVIOLENTO

Ringraziamo Mao Valpiana per averci messo a disposizione i messaggi di
saluto al XXII congresso del Movimento Nonviolento svoltosi dal primo al 4
novembre 2007 a Verona. Pubblichiamo di seguito una prima serie di essi; gli
altri pubblicheremo via via che saranno trascritti e ci saranno messi a
disposizione.
Anche da questi messaggi si evince come il congresso del movimento fondato
da Aldo Capitini abbia avuto la capacita' di essere punto di riferimento ed
appello alla riflessione comune. Voci diverse vi si sono incontrate in un
dibattito non reticente.
E' tempo che le persone amiche della nonviolenza escano dalla subalternita'
e della marginalita'; e' tempo che chiamino ogni persona di volonta' buona
ad uscire dall'apatia o dalla rassegnazione; e' tempo di dismettere ogni
ambiguita' e di rompere ogni collusione con i poteri assassini, con le
ideologie violentiste, con le pratiche dell'oppressione e della
devastazione. E' tempo di proporre la nonviolenza come proposta politica,
come prassi politica, come azione politica, come organizzazione politica.
La nonviolenza cosi' come l'ha pensata e praticata Mohandas Gandhi,
organizzatore politico di lotte politiche per obiettivi politici. La
nonviolenza cosi' come l'ha pensata e praticata Martin Luther King,
organizzatore politico di lotte politiche per obiettivi politici. La
nonviolenza cosi' come l'ha pensata e praticata Danilo Dolci, organizzatore
politico di lotte politiche per obiettivi politici.
La nonviolenza del movimento delle donne, che della nonviolenza in cammino
e' stata ed e' la massima esperienza storica.
La nonviolenza dell'ecologia fondata sul principio responsabilita'.
La nonviolenza della tradizione socialista e libertaria.
La nonviolenza del riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli
esseri umani.
La nonviolenza giuriscostituente.
La nonviolenza e' la politica del XXI secolo. Qui e adesso e' il luogo e il
momento di passare dalla mera testimonianza personale all'azione politica
collettiva.
Solo la nonviolenza puo' fermare la guerra. Solo la nonviolenza puo'
sconfggere la barbarie. Solo la nonviolenza puo' impedire la devastazione
della biosfera.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO
DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di
coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei
movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure
piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la
nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai
telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le
altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994;
L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005]

Caro Mao,
avevo registrato sull'agenda da prima dell'estate le date del vostro
Congresso a cui mi ero ripromessa di partecipare per l'importanza che assume
in un momento particolarmente critico, ma oggi ti mando un contributo
sostitutivo perche' saro' all'estero e non potro' essere con voi.
Ho detto che ritengo rilevante il momento, sia per le vicende in corso che
hanno a che vedere con tutti i problemi della violenza, sia perche' i
principi che abbiamo coerentemente onorato negli anni debbono essere riletti
alla luce delle ipotesi che sapremo formare per il futuro.
Non intendo soffermarmi su cose ovvie. Tuttavia credo che, proprio a partire
dalla nonviolenza, si debba ridare senso al "fare politica" come dovere
civile costruttivo e "bello".
Parto dall'obiezione di coscienza, che e' stata ragione di conoscenza per
molti fra noi. Come Presidente della Loc sono da tempo dimissionaria,
proprio perche' vorrei che si rimettesse in discussione il significato di
questa scelta dopo la fine della leva obbligatoria e dell'entrata in vigore
del servizio civile. Se c'e' oggi da riflettere sulle possibilita' che i
militari professionisti abbiano a scontrarsi con problemi di coscienza
davanti a ordini iniqui (penso ai refusenik israeliani o ai disubbidienti
americani), sono anch'io perplessa di fronte ad un impegno "civile" che
rischia di diventare un "precariato nobile" che puo' produrre profitto in un
settore rigorosamente no profit.
Concordo con molte delle anticipazioni sulla rivista di ottobre e non ripeto
la necessita' di un impegno sui temi ambientali, energetici, di contrasto
alle mafie... Tuttavia credo che le societa' occidentali mostrino segni di
cosi' grave cedimento culturale in manifestazioni, anche latenti, di
violenza che debbono essere contrastate da quanti se ne rendono consapevoli,
in primo luogo sul piano informativo ed educativo.
I cittadini non ricevono informazioni adeguate rispetto alla necessita' di
conoscere le situazioni di conflitto prima che la loro evoluzione diventi
guerra. Da almeno un paio d'anni chiedevo ai giovani con cui parlavo se
qualcuno di loro studiava il Pakistan, come luogo da allarme rosso: non che
avere un'idea delle situazioni produca di per se' effetti, ma non si puo'
fare una marcia ad Assisi dopo che le guerre sono esplose: e' il sapere che
fa coscienza. Oltre ai luoghi, occorre dedicare attenzione alla nuova
qualita' dei sistemi d'arma: il nucleare puo' essere miniaturizzato, le armi
chimiche e biologiche aprono scenari devastanti, ci sono "novita'" come i
droni che preoccupano perfino se usati nel settore civile, i paesi invasi
sono vittime non solo delle truppe d'occupazione ma dei mercenari... Siccome
e' difficile "vincere" la partita della riduzione del commercio delle armi,
si deve capire di piu' come cambiano le guerre, visto che anche i militari
le esecrano, ma le fanno purche' "preventive" o "umanitarie". Anche la
"riconversione" dell'industria bellica e' un tema che, invecchiando, non e'
diventato piu' facile e non si riescono a trovare proposte concrete - lo
stato dovrebbe finanziarla - perche' ormai tutti sanno che lo stampo dei
proiettili non riesce a produrre caffettiere.
Quello che, pero', va tenuto sotto controllo e portato avanti con il massimo
di approfondimento e di iniziativa e' l'educazione. Stiamo diventando
societa' violente, con ragazzi irresponsabili, educati dalle famiglie e
dalla scuola all'irresponsabilita'. Nella mia citta' nel '68 si chiedeva di
fare l'amore e non la guerra, nel '77 comparve l'immagine della P38, e oggi
si pretende il diritto di scrivere sui muri. E' evidente che e' stata sempre
inadeguata la risposta alle sollecitazioni della storia, ma questo non esime
dal riprendere in forme rinnovate l'impegno a fare qualcosa che impedisca
una deriva. Una radice di cio' che chiamiamo "pace" sta qui.
Anche perche' i ragazzi che vanno a scuola oggi entreranno in un futuro
molto piu' intrigante di quello delle nostre generazioni: basta considerare
il settore della genetica o la crisi ambientale per capire che sara'
necessario avere gente capace di cogliere il senso dei fenomeni complessi.
In particolare vanno tenute nel debito conto le nuove tecnologie
informatiche: il lavoro delle reti puo' veicolare, se ben organizzate,
informazioni e dati non solo per dare appuntamenti ad attivita' del
movimento, ma per sollecitare idee e proposte.
Se, poi i nonviolenti saranno cosi' efficaci da capire che non si puo' piu'
parlare di nonviolenza senza partire dalla cultura di genere e dalla
competenza delle donne, forse si potra' aprire qualche pagina nuova.
Caro Mao, saro' lieta se comunicherai anche agli altri questo mio
contributo. Buon congresso e un abbraccio.

3. RIFLESSIONE. EKKEHART KRIPPENDORFF: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO
DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Ekkehart Krippendorff, nato nel 1934, gia' docente di scienze politiche e
relazioni internazionali alla Freie Universitaet di Berlino, alla City
University e alla Columbia University di New York, e in diverse universita'
italiane (Bologna, Siena, Urbino) e di altri paesi (Austria, Giappone,
Inghilterra...), e' uno dei maggiori politologi tedeschi, autore di
numerosissimi studi di argomento sociologico, politico e letterario. Fra le
opere di Ekkehart Krippendorff: Staat und Krieg (Stato e guerra), 1985;
Militaerkritik (Critica militare), 1993; L'arte di non essere governati,
Fazi, Roma 2003; Critica della politica estera, Fazi, Roma 2004; Shakespeare
politico, Fazi, Roma 2005. Il centro "Irene" di Udine sta traducendo in
italiano il suo libro piu' famoso nel campo degli studi di pace, Staat und
Krieg (Stato e guerra), la cui pubblicazione e' prevista per il 2008 per i
tipi della Libreria Editrice Fiorentina]

Cari compagni,
vi invio un saluto cordiale e di simpatia per il vostro Congresso. Mi fa un
grandissimo piacere che il mio modesto lavoro accademico risulti utile per
le vostre deliberazioni nell'approfondimento di un atteggiamento politico e
umano che abbiamo in comune.
La nonviolenza e' ovviamente qualcosa di diverso da una semplice posizione
intellettuale e generica di pura negazione ñ la a-violenza, cioe' la
negazione della violenza. Essa puo' essere  solo l'espressione pratica e il
comportamento concreto di una visione positiva e creativa della vita, di una
fiducia nella ragione dell'uomo, nella nostra capacita' di crescere in
coscienza e di superare istinti primordiali e primitivi come quelli della
vendetta e del valore della forza fisica come indice della giustizia di una
causa socio-politica.
Ammettiamo che la nostra e' una posizione difficile, confutata empiricamente
quasi ogni giorno - ma la storia dell'umanita' e' anche una lotta di
minoranze contro l'empirismo facile e banale del potere che manipola gli
oppressi, i poveri, i poco educati e che vuole farci credere che "la gente"
vuole essere governata e preferisce rinunciare alla fatica dell'autogestione
e dell'autonomia propria. Ammettiamo anche che la democrazia in questo senso
e' un modo di vivere davvero difficile, impegnativa e faticosa per tutti.
Ognuno ha quindi il diritto di non partecipare alla vita pubblica e di
ritirarsi (gli antichi greci, scopritori della politica come attivita'
collettiva, chiamavano un tale uomo un "idiota").
La guerra, la violenza fisica e' il modo di comportarsi da "idiota" -
cercare soluzioni presumibilmente rapide, efficaci e facili a problemi in
realta' complessi, come complessa e' la vita umana stessa.

4. RIFLESSIONE. ALBERTO L'ABATE: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario di
sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di
laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti"
dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella
Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle
attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e
collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo
Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e
programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del
Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso
e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e'
impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione";
e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi civili di pace.
Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla
nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento
sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana,
Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999;
Giovani e pace, Pangea, Torino 2001]

Cari amici,
avevo programmato di venire al Congresso ed avevo gia' preparato due
interventi da presentare e discutere in quella sede. Purtroppo una brutta
malattia, una bronchite che secondo i medici  richiede vari giorni per
uscirne e molta attenzione a non strapazzarmi e non prendere freddo, mi
impedisce di farlo.
Gli interventi, comunque, ve li faccio avere per e-mail, il primo sulla
lotta all'emarginazione ve l'ho gia' mandato ma nella versione che vi faccio
spedire ora (il mio computer e' bloccato, non capisco per quale ragione)
c'e' una piccola aggiunta che secondo me e' molto importante; il secondo
l'ho scritto ieri e perfezionato stamani mattina stesso, e lo passo a Gigi
Ontanetti, della sezione locale del Movimento Nonviolento, "la Fucina per la
Nonviolenza", che sara' al congresso sabato e domenica prossima, e che ve lo
spedisce, con líaltro, stasera stessa, ed e' anche disposto a presentarlo al
congresso a nome mio, perche' se ne possa discutere. Se comunque li potete
fotocopiare e mettere nella cartella del congresso  questo puo' facilitare
la discussione.
Alcune raccomandazioni:
1) Nel direttivo dell'Ipri-Rete Corpi Civili di Pace, con le dimissioni di
Giulia Allegrini, manca il rappresentante del Movimento Nonviolento eletto
all'Assemblea. Sarebbe importante, per il funzionamento di questo organismo
di cui fa parte anche il Movimento, che nominiate un vostro rappresentante
che abbia tempo e voglia di seguire i lavori di questo organismo.
Questo,  attualmente, e' impegnato in iniziative, con il Tavolo della
Sentinelli, viceministro degli esteri, per fare qualche concreta
realizzazione dei Corpi Civili di Pace, sia in Italia, attraverso un
progetto Infoeas (Informazione di Educazione allo Sviluppo) che prevede
molte iniziative in varie regioni italiane per far conoscere agli studenti
di vari ordini e gradi, e alla popolazione stessa, cosa sono e cosa possono
fare i Corpi Civili di Pace, ed all'estero con progetti in fieri per il
Kossovo (due nostri collaboratori stanno andando in quella zona per cercare
una associazione locale con la quale collaborare strettamente), ed in Medio
Oriente (si sta cercando di vedere se e' possibile presentare un progetto di
lavoro in Palestina ed Israele per il prossimo bando della Comunita' Europea
di partnership con questa area. Gia' attualmente collaboriamo ad un ufficio
informazione e di coordinamento delle iniziate italiane   in loco (una prima
forma di ambasciata di pace) organizzato a Gerusalemme dall'Associazione
della Pace, che fa  parte  delle Ipri-Rete Corpi Civili di Pace. Inoltre
stiamo collaborando strettamente, con la Provincia di Bolzano, la Fondazione
Langer, e l'Universita' di Bologna,   alla Conferenza nazionale sui Corpi
Civili di Pace, che si terra' a Bolzano, il 29-30 novembre 2007, ed a
Bologna il primo dicembre. Oltre  a questo siamo impegnati in iniziative,
che anticipano líInfoeas suaccennato, a Venezia, e a Gorizia.
Sull'altro fronte, di interventi di Corpi Civili di Pace contro i mali
interni del nostro paese e nella lotta all'emarginazione, siamo impegnati ad
organizzare una iniziativa in Calabria, nella Locride. Vi accludo un mio
intervento su questa tema che sviluppa quello che ho presentato, a nome
dellíIpri-Rete Ccp, al Tavolo del Ministro Ferrero sulla lotta
all'emarginazione.
2) Ricordatevi che da un appello di Zanotelli e da un documento collettivo
sulla lotta alle basi nucleari in Italia, firmato da molti di noi,
attraverso un lungo lavoro cui hanno collaborato sia Tiziano Cardosi della
Fucina per la Nonviolenza di Firenze, sia Alfonso Navarra di Milano, sia
anche altri di noi, e' stato predisposta una proposta di legge di iniziativa
popolare sulla eliminazione di queste basi. Spero che qualcuno ne parli al
congresso e che questo decida di dare una mano concreta alla raccolta di
firme che questo progetto comporta. Su questo tema, nel mese di novembre, ci
sara' anche un convegno a Milano, cui collaboriamo anche come Ipri-Rete Ccp,
che sviluppera' a fondo questa tematica.
Detto questo tanti, tanti auguri per lo svolgimento dei vostri lavori che mi
auguro siano proficui ed impegnati.
Cari saluti.

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di
pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato
con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di),
Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?,
Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu'
volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli,
indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.info e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia
degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n.
68]

Carissimi amici,
non potro' essere presente al congresso del Movimento Nonviolento per
l'impegno preso gia' un anno fa di partecipare, negli stessi giorni, al
convegno a Camaldoli "Oggi la Parola".
Propongo un tentativo di riflessione sul tema del congresso: nonviolenza e
politica, nonviolenza messa alla prova della politica. Mi pare che, su
questo punto, noi oggi oscilliamo tra l'assoluto del principio, ricordato in
tutta la sua pienezza, e il relativo, che e' sempre il carattere dell'azione
e della politica (azione sempre concertata con altri, sempre mediata con
altre posizioni).
Per fare un paragone neotestamentario, la nonviolenza e' come la fede, la
politica e' come le opere: la fede senza le opere e' morta, ma le opere sono
sempre inferiori alla fede, sono imperfette, parziali.
La nonviolenza deve diventare politica; la politica deve diventare
nonviolenta. Su questo siamo d'accordo. Questo "deve" e' un dovere morale
nei persuasi della nonviolenza, e' la dinamica necessaria per salvare la
storia, ma non e' imponibile per via politica, di legge, di maggioranza, se
non matura prima nelle convinzioni. Quel dovere non puo' realizzarsi
totalmente in tempi visibili, cioe' rimangono impurita' e compromessi anche
nella politica che cerca nonviolenza.
La nonviolenza o sta a parte, guarda e giudica politica e storia ripetendo
il principio "non uccidere", "no a eserciti e guerra"; oppure scende nella
storia e nella politica realizzando il piu' possibile - cioe' non
perfettamente -, insieme ad altri, certi gradi di riduzione della violenza,
che saranno, nel migliore dei casi, soltanto gradi di riduzione e non
scomparsa della violenza.
Credo che i diversi movimenti oggi ispirati alla nonviolenza potrebbero
ottenere qualche passo politico istituzionale di riduzione della violenza
attualmente presente nella politica, se si collegassero in una "federazione
politica nonviolenta", per agire insieme.
Mao Valpiana scrive (in "Notizie minime della nonviolenza in cammino" del 13
ottobre 2007): "Se riusciamo a svolgere un buon congresso e condurre una
buona manifestazione, avremo, nei fatti, gia' messo in atto la nostra
politica nonviolenta. E' quello che possiamo e vogliamo fare". Dubito
proprio che fare bene le due ottime cose che dice Mao sia gia' aver messo in
atto la politica nonviolenta. I valori, gli obiettivi (per noi la
nonviolenza), poi i programmi e mezzi di azione, per diventare politica
hanno bisogno di consenso. La nonviolenza e' cultura, educazione,
propaganda, ma non sara' politica fino a quando non avra' un certo numero di
consensi, notevole, influente, determinante. Fino ad allora e' progetto
politico, ma non "messa in atto della politica nonviolenta". Questa
attuazione e' assai lontana. Non facciamoci illusioni. Se riusciamo a farne
passare qualche elemento, dobbiamo accettare di non potere per ora togliere
una maggiore quantita' di violenza dalla politica.
L'assolutismo dei principi e' ben giusto, ma, se la nonviolenza si limita a
riaffermarlo, deve rinunciare alla politica, che e' necessariamente relativa
dovendo tollerare quote di contraddizione, ed e' tuttavia accettabile,
nonostante queste contraddizioni, se e' orientata nella giusta direzione.
Oppure il movimento deve "dire tutta la verita' al potere" (Gandhi), senza
condividere il potere politico, ma deve rispettare il lavoro di chi fa
politica accettandone la relativita'. Dalla discussione sulla guerra in
Afghanistan nel 2006, qualche amico della nonviolenza insulta pesantemente
("assassini complici di assassini") quei politici, compresa Lidia Menapace,
che ritennero di dover tollerare la presenza italiana in quella guerra in
vista di una sua riduzione, e chi di noi ha dimostrato comprensione per
loro. Anche a me pare evidente che l'affermazione assoluta del principio
contro la guerra fino a far cadere il governo di centro-sinistra porterebbe
piu' guerra, col ritorno del centro-destra che volle affiancare attivamente
le guerre dell'impero. Bisogna che tra noi ci sia rispetto della diversita'
dei giudizi politici concreti, altrimenti non c'e' nonviolenza e non c'e'
politica.
Vi allego una riflessione su "Politica e morte", che non vorrebbe essere
pessimista e scoraggiante, ma un guardare insieme la strada ardua da
percorrere.
Auguro di cuore buon lavoro al Congresso e mando un fraterno saluto a tutti.

6. RIFLESSIONE. GIULIANO PONTARA: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello
internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia'
apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara
e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la
Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre
trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in
pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato
come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino,
Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei
fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace
(Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la
Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato
coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi.
Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di
agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente
dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della
giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet
(Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui
crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come
presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha
pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e
teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad
introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano,
inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo
e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en
inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una
introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik,
Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol.
I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The
Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32;
Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G.
Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori
Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia,
Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a
cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp.
100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State
and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International,
Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988;
Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma
1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y
generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,  Torino 1996; Breviario per un'etica
quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte,
LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle
voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo,
in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi
anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi,
Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses
Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi
Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica
della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un
ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu'
ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara (che comprende circa
cento titoli) puo' essere letta nel n. 380 de "La nonviolenza e' in
cammino"]

Cari amici e compagni della nonviolenza difficile,
mi piacerebbe essere fisicamente presente a queste giornate di corale
ricerca e marciare con voi per le vie di Verona (e magari tirar fuori sul
piu' bello un panino di tasca e mangiarlo ordinatamente in istrada); non
potendo essere presente, desidero esprimervi la mia ammirazione e
gratitudine per il vostro continuo, giornaliero, instancabile impegno
etico-politico di cui, ne siamo tutti coscienti, c'e' piu' bisogno che mai.
La nonviolenza e' fatta nel giornaliero, da uomini e donne "terribilmente
normali", con aggiunte individuali che assieme possono creare ruscelli,
torrenti, fiumi.
Buon lavoro  e un caro saluto a tutti.

7. RIFLESSIONE. LORENZO PORTA: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Lorenzo Porta, studioso e amico della nonviolenza, sociologo,
peace-researcher, e' docente di "Maieutica reciproca e ricerca-azione per la
pace" del Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei
conflitti" del Dipartimento di Studi sociali della Facolta' di Scienze della
formazione e scienze politiche dell'Universita' di Firenze; collabora con la
Libera Universita' delle Autobiografie di Anghiari. Tra le opere di Lorenzo
Porta: (a cura di, con Nedo Baracani), Il pregiudizio antisemitico. Una
ricerca-intervento nella scuola, Franco Angeli, Milano 1999; "Procedimento
maieutico e scrittura autobiografica", in I. Gamelli (a cura di), Il prisma
autobiografico, Unicopli, Milano 2003; (a cura di), Autobiografie a scuola.
Un metodo maieutico, Franco Angeli, Milano 2004]

Invio questa lettera aperta dopo aver consegnato un mio saggio a Mao
Valpiana intitolato "Sul buon uso degli anniversari: memoria e futuro a
partire da Danilo Dolci". Per la sua lunghezza tale scritto non verra'
pubblicato sulla rivista "Azione nonviolenta", ma pochi giorni fa Mao lo ha
commentato ed ha colto alcune problematiche importanti in esso sollevate.
Non posso essere presente all'assemblea, ma con questa mia lettera spero di
essere compresente proprio nei primi giorni di novembre che per Aldo
Capitini erano la "festa della compresenza dei morti e dei viventi".
Nel saggio succitato che verra' pubblicato prossimamente in un numero
monografico su Dolci dalla rivista "Segno" ho cercato di descrivere la
temperie culturale degli anni '50, decade in cui la lotta nonviolenta
organizzata animata da Dolci e il Centro studi e iniziative di Partinico si
andava dispiegando. Ho sottolineato la tenace, costante e poco ostentata
trama di relazioni che Aldo Capitini aveva realizzato attorno
all'esperimento di Dolci negli anni '50 ed in particolare ai contatti che
aveva coltivato con l'area dell'azionismo socialista e democratico di Piero
Calamandrei, avvocato difensore di Dolci e dei compagni che attuarono lo
sciopero alla rovescia  del febbraio '56 di ricostruzione di una strada a
Partitico. Il processo del marzo '56 e' il capovolgimento del concetto di
ordine pubblico dei codici fascisti per far risaltare un "disordine" come
esercizio della democrazia nello spirito della Costituzione repubblicana.
Nel mio lavoro di scandaglio dell'epoca, nonostante gli anni duri del
sindacato spaccato, dell'Europa della guerra fredda, della societa' divisa
ideologicamente, ho visto crearsi attorno all'iniziativa siciliana un polo
d'attrazione che coinvolge trasversalmente giovani, intellettuali critici,
gruppi e movimenti che intendono andare oltre le ideologie sclerotiche: un
cattolicesimo istituzionale ancora gravido di dogmatismo, sulla difensiva;
ed un comunismo gerarchico, che affidava  al partito ed al suo gruppo
dirigente le decisioni del cambiamento: attendere la presa del potere e poi
costruire la societa' nuova.
Ma oggi in una societa' la cui composizione di classe e' molto cambiata e in
cui la produzione di beni e servizi si e' moltiplicata a dismisura, cosa ci
dice quella frase pronunciata da Dolci che fu incriminata per oltraggio alle
istituzioni: "Non garantire il lavoro secondo lo spirito della Costituzione
e' da assassini". (...)
Ecco la grande differenza tra una strategia di azione diretta nonviolenta
che vuole colpire l'ingiustizia e non le persone e propone strategie
concrete di lotta a vasta partecipazione per contrastare lo sfruttamento.
Il problema e' terribilmente serio, lo constatiamo negli strati bassi del
lavoro dequalificato soprattutto nel settore terziario, dove si concentra la
gran parte del lavoro deregolamentato, precario, una situazione simile a
quella del vasto settore agricolo negli anni '50.
La grande manifestazione del 20 ottobre a Roma ci dice che e' possibile
organizzare territorialmente un controllo dal basso del furto di tempo,
legalita' e democrazia presente in modo diffuso negli ambiti vitali delle
nostre societa' sentito da milioni di persone, ma che non trova un
corrispettivo organizzativo adeguato alla sfida proprio per la situazione di
polverizzazione e divisione fisica, territoriale e contrattuale dei
lavoratori.
*
Anche il lavoro intellettuale e' esposto ad una precarizzazione di lungo
periodo, nell'ambito dell'istruzione nei diversi gradi degli insegnamenti
dalle elementari all'Universita'. Assistiamo ad un aumento forte della
societa' disciplinare, gerarchica, con diffusione delle pratiche di mobbing,
termine di nuovo conio per esprimere l'arbitrio delle decisioni. E questo
avviene nei luoghi pubblici preposti alla formazione culturale dei giovani.
L'universita' e' sovente il luogo in cui queste pratiche sono diffuse fino a
considerarle un elemento ambientale ineliminabile. Non e' vero!
Un'universita', quella italiana, dove le percentuali di abbandono dei corsi
e' piu' che doppia nei soggetti con genitori privi di laurea rispetto a
coloro che hanno un genitore laureato, questo differenziale non e' mutato
sostanzialmente dal 2001 al periodo in cui e' stata varata la  riforma
Moratti e successivamente (Indagine Istat sui "Percorsi di studio e di
lavoro dei diplomati", 2004, cfr. www.lavoce.it, argomento: Scuola e
Universita', Uguali perche' mobili, gennaio 2007; La mobilita' sociale resta
al palo, ottobre 2006).
La ricerca versa in condizioni miserevoli ed e' assai scadente a confronto
con altri Stati europei. Non solo, la didattica fino ad ora e' stata
tremendamente compressa con la semestralizzazione dei corsi. Solo ora il
Ministro Mussi ha posto mano all'increscioso problema aumentando a 120 ore
annue l'attivita' didattica dei docenti strutturati (associati e ordinari) e
facendo argine ai Corsi di laurea fittizi. Ma gran parte del lavoro e'
svolto dai  quarantottomila docenti a contratto che con compensi da fame
svolgono le lezioni, fanno ricevimento, seguono le tesi. Alcuni di essi sono
persone che svolgono altre professioni e si fregiano di un "titolo di
prestigio", molti altri sono studiosi che hanno puntato moltissimo sul
lavoro all'Universita' e si trovano con un compenso che a Firenze in
quest'anno accademico si aggira sui 720 euro lordi per quaranta ore di
lezione (6 crediti formativi). Sia questi incarichi, sia la partecipazione a
gruppi di ricerca, ad attivita' didattiche a pagamento come masters,
perfezionamenti, sono a discrezione dei professori ordinari.
Ma c'e' di piu'. Nella mia doppia veste di docente a contratto di "Maieutica
reciproca e ricerca azione per la pace" nel Corso "Operazioni di pace" di
Firenze e di docente di ruolo in filosofia e scienze della formazione nelle
scuole superiori ribadisco e preciso quello che avevo gia' detto nel
seminario su "Monviolenza e politica" del maggio 2006 a Firenze e in quello
su "La politica e la nonviolenza" nell'ottobre 2006 a Verona, ma che non e'
stato sufficientemente recepito. Gli effetti della precarizzazione,
dell'aumento dell'arbitrio si manifestano anche in quei corsi di laurea come
quello di "Operazioni di pace" a Firenze, corsi dove i valori della pace,
del disarmo e della nonviolenza sono oggetto di studio oltre che essere
assunti da chi li studia come espressione di una societa' possibile e
desiderabile. Qui la contraddizione e' piu' stridente che in altri ambiti
dell'istituzione universitaria.
Chiedere trasparenza nei consigli di corso di laurea sui meccanismi di
reclutamento nei concorsi universitari e' considerato un affronto
all'autorita', un esercizio della democrazia paritaria curiosa, frase che
significa: "come osa un docente a contratto chiedere trasparenza. E' gia'
tanto che sieda in Consiglio di Corso di Laurea, bisognerebbe tornare agli
anni '50, quando gli assistenti, quasi tutti di classi elevate, non avevano
alcun riconoscimento giuridico, faceva fede l'affiliazione di classe". Per
avere praticato questo elementare esercizio della democrazia ho pagato e
sconto misure di isolamento.
Chiedo al Movimento Nonviolento che si possa istituire un gruppo di lavoro
come un coordinamento di insegnanti che possa approfondire ed agire da
collegamento sulla questione della democrazia, trasparenza e qualita' della
formazione nelle universita', nelle scuole, luoghi pubblici preposti alla
formazione culturale e professionale dei giovani. Gli amici della
nonviolenza si presentano spesso nell'universita' in ordine sparso e si
trovano talvolta impotenti ed accettano lo stato delle cose, tollerando che
veri e propri abusi possano essere fatti passare come vizi di forma. Tutto
cio' non deve accadere.

8. RIFLESSIONE. CARMELO SGANDURRA: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONGRESSO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Carmelo Sgandurra, amico della nonviolenza, gia' obiettore di coscienza, e'
insegnante ad Avola, impegnato in iniziative di pace e di solidarieta']

Cari amici della nonviolenza,
mentre scrivo vi immagino riuniti a Verona e mi sento vicino a voi
(compresente), anche se scrivo dall'estremo sud. Ho vissuto tre anni in
Veneto ed ho conosciuto persone straordinarie ed esperienze in grado di
rilanciare sempre la speranza che si possa costruire un mondo piu' equo,
piu' giusto, meno arrogante. Tre anni che hanno lasciato il segno, dei bei
ricordi e tanti amici, anche tra voi del Movimento Nonviolento.
Ho scelto di aderire al movimento perche' credo che la nonviolenza sia
l'unica strada percorribile per rendere piu' umano il rapporto con gli
altri, a cominciare da noi stessi, prima ancora di dare risposte concrete a
grandi temi come la politica, l'ambientalismo, l'antimafia.
Penso alle esperienze di questi ultimi mesi ed in questo momento, in
particolare, penso alla bellissima figura di Danilo Dolci che ha gettato le
basi della resistenza nonviolenta all'arroganza mafiosa e merita di essere
imitato e ricordato, dieci anni dopo la sua morte, in maniera piu'
dignitosa, soprattutto da noi siciliani.
Con la certezza che le strade della nonviolenza, pur non essendo molto
trafficate, sono in grado di indicarci la direzione giusta, vi auguro buon
congresso.

9. LE ULTIME COSE. PEPPE SINI: BREVI TRE CONSIDERAZIONI

Una nonviolenza meramente declamatoria, meramente scolastica, meramente
professorale, non e' nonviolenza, ma dissipazione.
Una nonviolenza che delega la politica ad altri, non e' nonviolenza, ma
vilta'.
Una nonviolenza che non trasforma il mondo, che non salva le vite, che non
ferma la guerra e le stragi, che non organizza la resistenza alla barbarie,
che non si pone l'obiettivo del potere, del potere per la liberazione di
tutte e tutti, del potere di tutte e di tutti, non e' nonviolenza, ma
complicita'.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 265 del 6 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it