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Minime. 264
- Subject: Minime. 264
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 5 Nov 2007 00:49:07 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 264 del 5 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana: Un passo in avanti 2. L'eredita' vivente di Aldo Capitini 3. Eduardo Galeano: Una guerra truccata 4. Adolfo Perez Esquivel: Alla Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado' 5. Giulio Vittorangeli: Le parole di Pasolini, oggi 6. Zofeen Ebrahim: Il fondamentalismo contro le donne 7. Vandana Shiva: La sopravvivenza 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UN PASSO IN AVANTI [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento scritto subito dopo la conclusione del XXII congresso del Movimento Nonviolento svoltosi dal primo al 4 novembre 2007. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007] In un precedente articolo di presentazione del Congresso del Movimento Nonviolento scrivevo "se riusciremo a svolgere un buon Congresso e condurre una buona manifestazione, avremo, nei fatti, gia' messo in atto la nostra politica nonviolenta. E' quello che possiamo e vogliamo fare". Mi fa davvero piacere poter affermare ora che cio' e' effettivamente accaduto. Le amiche e gli amici della nonviolenza che si sono riuniti a Verona (un centinaio nei quattro giorni di lavori congressuali) hanno dato vita ad un buon congresso, che costituisce la base ideale e programmatica per i prossimi anni di vita del Movimento Nonviolento. La manifestazione del 4 novembre "non festa ma lutto" ha visto una significativa partecipazione (oltre 200 persone in cammino per le vie di Verona) a quella che e' stata una vera e propria "assemblea itinerante" riunita nel nome della nonviolenza per onorare i caduti di tutte le guerre, passate e presenti, nell'unico modo per noi possibile: impegnarsi con la nonviolenza attiva contro la guerra e la sua preparazione. Dunque un passo in avanti e' stato fatto nel cammino della nonviolenza. 2. RIFLESSIONE. L'EREDITA' VIVENTE DI ALDO CAPITINI [Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org] Con la manifestazione antimilitarista per le vie di Verona il 4 novembre "non festa ma lutto" si e' concluso il XXII congresso del Movimento Nonviolento. Il movimento fondato da Aldo Capitini all'indomani della prima marcia Perugia-Assisi si conferma un fondamentale punto di riferimento per quante e quanti alla nonviolenza si accostano, per quante e quanti in essa persuasi persistono. Con la sua rivista mensile "Azione nonviolenta" che da oltre quarant'anni costituisce uno strumento di informazione e formazione insostituibile nel panorama editoriale italiano; con il suo sito www.nonviolenti.org che mette a disposizione di tutte e tutti materiali indispensabili per la costruzione di una cultura della pace; con le sue sedi, le sue iniziative, i suoi militanti che nelle mobilitazioni sociali, nelle iniziative di solidarieta', nelle lotte politiche per la verita' e la giustizia recano l'aggiunta nonviolenta, la coerenza tra mezzi e fini, l'impegno per il riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani; con la sua esemplare lezione di rigore morale e intellettuale, la sua azione pedagogica nel farsi stesso delle lotte contro ogni oppressione e devastazione, contro ogni violenza e contro ogni menzogna, il Movimento Nonviolento e' la prova vivente che l'appello e la proposta di Mohandas Gandhi, di Aldo Capitini, di Danilo Dolci, e di Virginia Woolf, di Simone Weil, di Hannah Arendt, vivono e crescono nella coscienza e nell'agire di sempre piu' numerose persone, persuase della necessita' di scegliere la nonviolenza per fermare le guerre e le stragi, lo sfruttamento e l'oppressione delle donne e degli uomini, l'inquinamento e la devastazione dell'unica casa comune dell'umanita' intera. La nonviolenza e' oggi l'unica proposta politica in grado di fermare le stragi, la barbarie, il collasso della biosfera. La nonviolenza e' in cammino. Il XXII congresso del Movimento Nonviolento ha confermato questa verita', ed e' stato altresi' vibrante un appello a un sempre piu' ampio e profondo e consapevole e condiviso impegno di ogni persona di volonta' buona a scegliere la nonviolenza. A scegliere l'umanita'. 3. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: UNA GUERRA TRUCCATA [Dal sito dei "Quaderni Satyagraha" (www.gandhiedizioni.com) riprendiamo il seguente testo (la traduzione e' di Oriana Marchi). Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente, vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer, Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; e i recenti A testa in giu', Sperling & Kupfer, Milano, e Le labbra del tempo, Sperling & Kupfer, Milano. Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras andantes, Mondadori, Milano] Piove morte. Nel mattatoio cadono uccisi i colombiani colpiti dai proiettili o dai coltelli, dai machete o dalle bastonate, dalla forca o dal fuoco dalle bombe dal cielo o dalle mine nel suolo. Nella selva di Uraba', lungo qualche sponda del fiume Perancho o Peranchito, nella sua casa di legno e palma, una donna di nome Eligia si sventola per difendersi dal calore e dalle zanzare, e anche dalla paura. E mentre il ventaglio agita l'aria, lei dice, a voce alta: - Come sarebbe bello morire di vecchiaia * All'inizio del ventesimo secolo, ci fu la guerra dei mille giorni. A meta' del ventesimo secolo, ci fu la guerra dei tremila giorni. E poco dopo la guerra torno', torno' senza essersene andata, e all'inizio del ventunesimo secolo i soldati fanno il tiro a bersaglio con i colombiani disarmati, Hitler resuscita e muore d'invidia vedendo quello che fanno i paramilitari, e la guerriglia sequestra civili innocenti. * Questa guerra, letale per la Colombia, non e' altrettanto letale per i padroni della Colombia: la guerra moltiplica la paura, e la paura trasforma l'ingiustizia in fatalita' del destino; la guerra moltiplica la poverta', e la poverta' produce braccia a basso costo; la guerra caccia i contadini dalla loro terra, e questa terra non tornera' mai piu' nelle loro mani; la guerra assassina i sindacalisti, affinche' i diritti dei lavoratori non abbiano chi possa difenderli; e la guerra occulta il mercato della droga, affinche' la droga continui ad essere un affare nel quale i nordamericani mettono le narici e i colombiani i morti. * La guerra trasformata in fatalita' del destino. Gli esperti "violentologi" accusano il paese: dicono che la Colombia e' innamorata della morte. E' insita nei geni, dicono. E' il marchio in fronte. Questo paese gioioso, appassionato, innamorato della morte? Perche' non lo chiedono alla Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado'? 4. RIFLESSIONE. ADOLFO PEREZ ESQUIVEL: ALLA COMUNITA' DI PACE DI SAN JOSE' DE APARTADO' [Dal sito dei "Quaderni Satyagraha" (www.gandhiedizioni.com) riprendiamo il seguente testo (la traduzione e' di Valentina Palmieri). Adolfo Perez Esquivel e' nato in Argentina nel 1931, scultore e architetto, attivista nonviolento per i diritti umani, impegnato nel Movimento Internazionale della Riconciliazione, fondatore del "Servicio Paz y Justicia"; incarcerato, torturato, perseguitato per il suo impegno nonviolento; premio Nobel per la Pace nel 1980; e' una delle grandi figure della nonviolenza. Da un sito dedicato alle persone cui sono stati attribuiti i premi Nobel per la pace riprendiamo la seguente piu' ampia scheda: "Adolfo Perez Esquivel nasce a Buenos Aires, Argentina, nel 1931. Completati gli studi alla Scuola nazionale di belle arti e all'Universita' di La Plata, insegna per 25 anni nelle scuole elementari e secondarie, e all'universita'. Come artista, realizza numerose opere plastiche e gli vengono dedicate mostre internazionali. Negli anni '60, Adolfo Perez Esquivel inizia a lavorare con organizzazioni popolari coinvolte nel movimento cristiano nonviolento in America Latina. Nel 1974 viene eletto coordinatore generale dei gruppi di base che militano in modo nonviolento per la liberazione del continente. Dopo il golpe argentino del 1976, quando i militari mettono in atto una politica di repressione sistematica, contribuisce alla formazione e al rafforzamento dei legami tra le organizzazioni popolari che lottano per i diritti umani e aiutano le famiglie delle vittime. In questo contesto nasce il Servicio Paz y Justicia di cui e' fondatore e che e' stato uno strumento di difesa dei diritti umani, promuovendo una campagna internazionale per denunciare le atrocita' commesse dal regime militare. Nel 1975 Adolfo Perez Esquivel viene arrestato in Brasile dalla polizia militare, e di nuovo nel 1976 in Ecuador, insieme a vescovi latinoamericani e statunitensi, e di nuovo nel 1977 a Buenos Aires, nel quartier generale della polizia federale dove e' torturato, detenuto senza processo, e liberato soltanto 14 mesi piu' tardi. Mentre e' incarcerato riceve, tra gli altri riconoscimenti, il Memoriale per la Pace di Papa Giovanni XXIII; nel 1980, gli viene conferito il Premio Nobel per la Pace, per il suo impegno in difesa dei diritti umani E' presidente del comitato d'onore del Servicio Paz y Justicia dell'America Latina e della Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli, ed e' membro del Tribunale permanente dei popoli. Ha pubblicato El Cristo del Poncho e Caminar junto a los Pueblos (1995) sulle esperienze nonviolente in America Latina"] Nella vita e nella memoria del popolo Guarani' e' presente la ricerca della "Terra senza mali" attraverso il susseguirsi delle generazioni. Questa terra desiderata e amata e' l'utopia permanente di tutti i popoli. I libri sacri indicano le strade per la liberazione degli oppressi. Oltre i tempi del dolore e delle sofferenze, c'e' la capacita' di intraprendere la resistenza sociale, culturale, spirituale e politica per conseguire i cambiamenti di cui la societa' ha bisogno, nella consapevolezza che la speranza vive sempre nella mente e nel cuore dei popoli, nell'unione e nella forza della comunita'. Da decenni la Colombia vive una condizione di violenza strutturale e sociale. Migliaia di morti, repressione, carcere, torture, testimoniano le continue violazioni dei diritti umani provocate dallo Stato, dalle forze armate, dai gruppi parapolizieschi e paramilitari, cosi' come dalle forze ribelli della guerriglia che agiscono al di fuori di ogni diritto, sia nazionale che internazionale, violando gli Accordi e i Protocolli delle Nazioni Unite e il Patto di San Jose' di Costa Rica, dell'Organizzazione degli Stati Americani. La Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado' e' vittima della violenza in una regione al centro di grossi interessi economici, che hanno spinto sia i gruppi armati che le forze militari e politiche a provocare massacri nella popolazione, furti, incendi di abitazioni, stupri, persecuzione giudiziaria utilizzando false testimonianze e complicita' della magistratura, blocchi militari, seminando il terrore tra la popolazione. Nonostante la grave situazione di violenza che patiscono gli abitanti, la Comunita' di Pace, con coraggio e determinazione, ha fatto propria la scelta della resistenza civile nonviolenta: non reagire di fronte alle aggressioni con maggiore violenza, ma rispondere in maniera organizzata alla guerra attraverso la formulazione concreta di proposte economiche comunitarie. Il coraggio e la determinazione sono fondamentali al fine di organizzare le zone umanitarie di aiuto e prevenzione contro i continui attacchi da parte dei gruppi armati e dello Stato, contro lo sfollamento forzato che comporta il conseguente abbandono della terra, la distruzione del raccolto e la perdita delle proprie risorse, con il risultato di lasciare la popolazione in balia della miseria e priva di ogni protezione. Il popolo colombiano, per decenni vittima di violenza, ha scelto di difendere in prima persona i propri diritti con mezzi nonviolenti, sviluppando la solidarieta' e il mutuo appoggio. Cio' che accade ad uno o ad una degli abitanti accade a tutti. L'organizzazione e' fondamentale e c'e' bisogno di molta determinazione, chiarezza e coraggio per affrontare la grave situazione che stanno vivendo. La Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado' e' testimonianza di vita e di una costruzione sociale e culturale nonviolenta che difende il diritto e l'uguaglianza per tutti. Sappiano le autorita' e la guerriglia che il popolo e' determinato a resistere e a preservare cio' che considera "la Terra senza mali", la propria terra, quella che ama e dove vuole vivere in pace e con dignita', allo scopo di riappropriarsi degli spazi di liberta' e dei diritti civili, per dire loro: basta con la violenza! La lotta che si deve portare avanti e' quella contro le malattie, la fame, la poverta', l'emarginazione, la mancanza di aiuti per l'istruzione e la sanita'. Abbiamo bisogno di aiuti per la vita. E' necessario che la comunita' internazionale denunci e agisca per porre fine alla violenza che colpisce il popolo colombiano e molte altre regioni da decenni. E' necessario che la comunita' internazionale tenga conto dei contadini e delle contadine che resistono alla violenza e reclamano il proprio diritto a vivere in pace nella "Terra senza mali" di San Jose' de Apartado', nella speranza di recuperare e aiutare coloro che, a causa del conflitto, sono stati obbligati a sfollare in altre regioni del paese. La lotta nonviolenta della Comunita' di Pace consiste nel seminare la speranza e la dignita' di uomini e donne, per permettere loro di costruire nuovi percorsi di pace e di solidarieta' tra la propria gente. Speriamo e desideriamo che la testimonianza di vita che stanno dando porti a dichiarare la Comunita' di Pace di San Jose' de Apartado' "Patrimonio dell'Umanita'", cosi' da illuminare le generazioni presenti e future. La pace e' possibile se si ha il coraggio e la determinazione di cercare i percorsi di costruzione solidale dei popoli. Un fraterno abbraccio solidale di pace e bene. 5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LE PAROLE DI PASOLINI, OGGI [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dellvAssociazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] "Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realta' e' una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del 'vertice' che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli 'ignoti' autori materiali delle stragi piu' recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginita' antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Citta' Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocita' fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perche' sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto cio' che succede, di conoscere tutto cio' che se ne scrive, di immaginare tutto cio' che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica la' dove sembrano regnare l'arbitrarieta', la follia e il mistero. Tutto cio' fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioe' attinenza con la realta', e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano cio' che so io in quanto intellettuali e romanzieri. Perche' la ricostruzione della verita' a proposito di cio' che e' successo in Italia dopo il 1968 non e' poi cosi' difficile...". Sono parole di Pier Paolo Pasolini, del lontano 14 novembre 1974, che conservano intatta tutta la loro attualita' davanti ai troppi "misteri" della repubblica italiana, vecchi e nuovi. In particolare davanti all'affossamento (si spera non definitivamente) della Commissione d'inchiesta parlamentare sulle tragiche giornate di Genova del luglio 2001. Commissione che era parte del programma con il quale l'Unione ha chiesto voti non solo agli elettori di Di Pietro e Mastella, ma anche alle persone che erano a Genova, ed anche a tutti coloro che a Genova non c'erano, ma pretendono chiarezza. Intanto, davanti a questo senso di impotenza, disperazione e indignazione, resta la ferita inferta alle regole della democrazia; e come nei tanti misteri d'Italia, ancora una volta, si nega la ricerca della verita' e il perseguimento della giustizia. "Immaginavo allora ñ ingenuo - che se un giorno un governo non dico 'amico' ma semplicemente 'civile' avesse potuto sostituire quella banda di avventurieri che guidava il paese, il primo gesto politico che non avrebbe potuto non fare sarebbe stato quello di presentarsi in pubblico e dichiarare formalmente che la polizia vista in opera a Genova nel luglio 2001 era incompatibile con la nostra democrazia. Che cio' che era avvenuto nei giorni del G8 non era accettabile ne' scusabile. E che gli autori di quel salto indietro nel nostro peggiore passato avrebbero pagato, dal primo all'ultimo, incominciando dai piu' alti in grado" (Marco Revelli). 6. MONDO. ZOFEEN EBRAHIM: IL FONDAMENTALISMO CONTRO LE DONNE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo dal titolo originale "Giocare con i corpi delle donne". Zofeen Ebrahim e' corrispondente per Inter Press Service] Hyderabad, India. Ci hanno girato intorno, l'hanno rovesciato e sezionato, ma il termine "fondamentalismo religioso" sfidava ogni definizione. L'unica cosa di cui avevano certezza, tutte e tutti, e' che esso lavora contro i diritti delle donne. Il dibattito sul fondamentalismo religioso e' stato vivace ed animato, lo scorso 30 ottobre, nel secondo giorno della quarta Conferenza dell'Asia del Pacifico sulla salute e sui diritti riproduttivi e sessuali, che si e' tenuta a Hyderabad dal 29 al 31 ottobre. Kalpana Kannabiran, indiana, fondatrice del "Centro risorse per le donne", pensa al fondamentalismo come ad un "terreno inospitale per la mobilitazione femminista". Per Zaitun Mohammad Kasim di "Sorelle nell'Islam" il fondamentalismo lavora per la "perpetuazione delle immagini che alimentano l'islamofobia". L'impatto del fondamentalismo, dice Jashodhara Dasgupta, direttrice esecutiva dell'ong Sahayog, cade in particolare sulle donne, le quali subiscono il peggio delle misure regressive che si prendono per proteggere culture minoritarie. Leggi religiose o d'altro tipo criminalizzano le donne rispetto alla contraccezione; inoltre, esse possono soffrire di stereotipizzazione di genere, discriminazione, matrimoni forzati in giovane eta', polluzione rituale (un costume che riguarda il modo in cui sono considerate le mestruazioni) e delle imposizioni relative al controllo demografico. Il fondamentalismo religioso prende forme estremamente violente in alcuni paesi islamici. Esse includono le mutilazioni genitali, i delitti "d'onore", i test sulla verginita', la violenza domestica. Nella maggior parte di questi paesi le donne soffrono di restrizioni rispetto all'abbigliamento, alla mobilita' ed alla partecipazione economica e politica. "Queste violazioni hanno ben poco a che fare con l'Islam, e tutto a che fare con l'abuso, la ricerca del capro espiatorio e la politicizzazione dell'Islam", dice ancora Zaitun Mohammad, che durante il dibattito ha chiesto di rimpiazzare la nozione di obbedienza con il mutuo consenso, per demistificare la sharia (legge islamica) e portare le idee relative alla democrazia ed ai diritti umani all'interno della religione. * Riconoscendo che l'Asia e' una regione attraversata da conflitti, gli esperti e le esperte hanno parlato dell'impatto delle guerre sulle donne, e della lotta che esse portano avanti rispetto alla salute sessuale e riproduttiva. "Il corpo delle donne e' visto come la sede dell'onore della comunita' o della famiglia. Le donne del proprio gruppo devono essere controllate strettamente, e quelle degli 'altri' possono essere stuprate per punire la comunita' nemica", ha denunciato Dasgupta, citando come esempio la divisione del 1947 tra India e Pakistan, che lascio' innumerevoli donne stuprate, uccise o rapite, senza che questo venisse mai riconosciuto. In tempi piu' recenti, il pogrom anti-musulmano nello stato occidentale indiano di Guajarat ha preso a bersaglio le donne. La societa' civile ha riportato le storie di un gran numero di donne stuprate e uccise, e ad alcune delle assassinate, incinte, era stato squarciato il ventre. * Kalpana Kannabiran ha fatto notare che non vi e' un attimo di respiro per le donne neppure in tempi di pace, quando "i movimenti fondamentalisti si appropriano violentemente dei corpi e della sessualita' delle donne". Kannabiran, ha citato il caso di Gudiya, il cui stato civile e' divenuto in India materia di dispute religiose. Il marito di Gudiya, Arif, fu dato per disperso nel 1999, durante il conflitto con il Pakistan, ma riapparve nel 2004 grazie ad un accordo sullo scambio di prigionieri. Nel frattempo Gudiya si era risposata, e nessun giureconsulto religioso riusci' a dire per certo se doveva tornare con il primo marito o restare con il secondo. Cosa pensasse Gudiya non importava a nessuno. Per complicare la questione, la donna era incinta. Finalmente tutti si tranquillizzarono quando la donna mori', da sola, in un ospedale dell'esercito, abbandonata da entrambi i mariti. * La professoressa Elizabeth Aguiling-Pangalangan, docente di diritto all'Universita' delle Filippine, sospetta che nel suo paese vi siano molte coppie infelici, costrette a tirare avanti matrimoni falliti, a causa della religione. Assieme a Malta, le Filippine sono l'unico paese in cui il divorzio non e' ammesso, eccetto che per i musulmani. Durante il dibattito ha detto che il fallimento del suo governo, il governo di un paese formalmente laico, di operare vere riforme e di "sollevare con azioni concrete le vite delle persone dalla poverta'", ha condotto a sfiducia e disperazione nella popolazione. Questo ha spinto le persone verso la religione cattolica, che e' dominante nelle Filippine. La chiesa cattolica, ha aggiunto Elizabeth Aguiling-Pangalangan, nel suo paese opera sulla base di "conclusioni religiose arbitrarie, non basate sugli insegnamenti biblici o del vangelo". * Sebbene le delegate e i delegati abbiano riconosciuto che agende della destra politica frequentemente abusano di religione, culture e diritti umani, hanno biasimato pero' i governi per la copertura che offrono ai gruppi fondamentalisti per ottenere scopi politici. "Lo fanno dicendo: questa e' la sharia, confondendo - deliberatamente o meno - l'Islam autentico e l'islamismo politico, creando ed inventando codici ed equazioni, come quella che fa dell'Arabia e dell'Islam la medesima cosa. Oppure sostituiscono concetti di base con rituali, e restringono la discussione sull'Islam a pochi eletti", conclude Kasim, "Ma se l'Islam deve essere usato come fonte di politiche pubbliche, allora tutti e tutte devono poterne discutere". 7. MAESTRE. VANDANA SHIVA: LA SOPRAVVIVENZA [Da Vandana Shiva, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003, 2004, p. 12. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006] La sopravvivenza della popolazione e della democrazia dipendera' dalla risposta al duplice fascismo della globalizzazione - il fascismo economico che nega alle persone il diritto alle risorse, e il fascismo fondamentalista che si nutre di espulsioni, espropriazioni, insicurezza economica e paura. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 264 del 5 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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