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Voci e volti della nonviolenza. 104
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 104
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 10 Oct 2007 11:14:21 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 104 del 10 ottobre 2007 In questo numero: Adriano Paolella e Zelinda Carloni: Un altro modo e' possibile (parte seconda e conclusiva) ADRIANO PAOLELLA E ZELINDA CARLONI: UN ALTRO MODO E' POSSIBILE (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Da "A. rivista anarchica", anno 37, n. 329, ottobre 2007, riprendiamo il seguente dossier "Un altro modo e' possibile. Riflessioni sull'uso delle merci", a cura di Adriano Paolella e Zelinda Carloni, settimo inserto della serie "Globalizzazione e ambiente. Idee per capire, vivere e opporsi al nuovo modello di profitto"] Un vestito usato Il livello di spreco di un popolo si puo' desumere da quanto le merci che esso butta sono ancora interessanti per altri. In gran parte del mondo una moltitudine di persone setaccia le discariche alla ricerca di cibo e merci utilizzabili. Anche noi bisogna incominciare a cercare nelle nostre discariche. In primo luogo in quelle di casa, evitando di buttare materiali ancora utilizzabili e prima ancora di acquisire merci che gia' sappiamo non utilizzeremo a lungo. In secondo luogo mettendoci nella condizione di essere disponibili all'uso di merci che altri hanno buttato ma che rispondono alle nostre esigenze. Queste non saranno forse esattamente uguali a quelle che avremmo comprato ma adattarle alle nostre esigenze ed adattare le nostre esigenze ad esse fa parte di una intelligenza operativa che ha caratterizzato da sempre l'agire umano. Armadi, specchi, automobili, libri, riviste, vestiti. Nei numerosi mercatini domenicali affluiscono vestiti usati dei paesi piu' ricchi di noi e di persone maggiormente avvezze allo spreco. Maglioni, camice, calzoni nuovi o praticamente nuovi colpevoli di avere, al massimo, piccole macchie asportabili, scuciture ricucibili, bottoni mancanti sostituibili, minuscoli buchi rammendabili. Spesso merce di grande qualita' che mantiene immutata la sua efficienza ma e' considerata importabile. Forse e' opportuno tralasciare i mercati dei prodotti della nuova moda (chi sa perche' la moda cambia di stagione in stagione?) e recuperare almeno parzialmente mercati meno frenetici connotati da quella capacita' di adattare e di adattarsi che rende minimo lo spreco. Mantenere i proprio vestiti a lungo, comprare anche vestiti usati e usare le merci smesse da altri. E' difficile farlo? E' troppo da poveracci? Eppure... * Condizionarsi l'aria L'aria e' il primo bene comune degli uomini, indispensabile e uniformemente diffuso su tutto il pianeta. La disabitudine della nostra civilta' a provvedere con mezzi semplici alle diverse condizioni poste all'uomo dal clima (scegliere abiti piu' idonei, isolare adeguatamente le abitazioni, adattare i tempi del lavoro alle condizioni esterne) e l'affidamento sempre piu' esteso alla tecnologia per la risoluzione dei problemi, hanno fatto si' che anche l'aria, in qualche modo, sia divenuta merce: riscaldata, raffreddata, depurata, in una parola: condizionata. Le temperature sono aumentate mediamente di pochissimo, un pochissimo sufficiente ad alterare i sistemi naturali ma non ancora a danneggiare gli uomini, specialmente quelli residenti nelle zone temperate. L'aumento della temperatura ha fatto si' che in alcuni giorni dell'anno essa sia pesante da sostenere. Ma questo disagio, in realta' riferito ad un periodo brevissimo, ha indotto la collettivita' a ritenere che l'unica soluzione sia l'installazione di impianti di condizionamento, che pero' procedono a funzionare con il calendario, e non con il termometro. E si assiste all'assurdo per cui, per entrare in un supermercato o in un negozio, bisogna coprirsi, mentre fuori c'e' una temperatura invidiabilmente mite. La presenza diffusa di questi impianti fa' si' che intere zone, luoghi e strade prima vissute regolarmente, si siano trasformate in fornaci insopportabili grazie alle emissioni dei condizionatori, che, notoriamente, freddano dentro e scaldano fuori. Per di piu' la fornace e' rumorosissima e niente affatto discreta visivamente. La risposta ad un esteso disagio, ma ridotto nel tempo, invece di portare ad una riduzione dei movimenti e quindi del lavoro e dei consumi, invece di essere volta alla messa in opera di sistemi passivi, ambedue soluzioni che riducono le emissioni e il riscaldamento globale, per difendersi in quei pochi giorni, e' di acquisire apparecchi di condizionamento. Milioni. Decine di milioni. Ciascuno di questi rinfresca l'aria interna ma sputa fuori calore: consuma energia ed aumenta l'effetto serra, cioe' il maggiore responsabile dei disagi climatici. Una risposta imbecille. Senza scusanti. Rappresentazione del benessere fittizio individuale e menefreghista che questo mercato produce. Chiudere gli impianti di aria condizionata, ingegnarsi, per esempio, con tende, vegetazione, aumento della coibentazione di pareti e superfici vetrate per eliminare questa nuova e indotta sudditanza. E' difficile farlo? Non riusciamo piu' ad adattarci al variare delle condizioni ambientali? Eppure... * Un amico coltivatore Quando si mangia un pomodoro fa piacere sapere che esso e' stato coltivato senza l'uso di sostanze chimiche dannose alla nostra salute, vicino al luogo dove noi lo consumiamo, senza quindi essere trasportato con grande consumo di energia, che e' stato coltivato senza sfruttare nessuno, che e' stato colto al tempo giusto senza "svernare" nelle celle frigorifere o negli impianti di maturazione a gas. Fa piacere sapere che non e' stato pompato di acqua e di ormoni, che e' cresciuto nel luogo adatto alla sua crescita usando l'energia del sole, non forzato da serre ne' da impianti per l'anticipazione della maturazione. Fa piacere mangiare un pomodoro nel tempo dei pomodori e fa piacere mangiare un pomodoro che e' stato coltivato con cura sapendo che chi lo mangera' avra' piacere a mangiarlo perche' riconoscera' la qualita' del lavoro svolto ed il piacere che un pomodoro, quel pomodoro, sa dare alla nostra esistenza. La merce pomodoro industrializzato questo non lo potra' mai garantire. Essa al massimo ci assicurera' di non avvelenarci immediatamente ma non che non abbia usato nei processi produttivi sostanze che con il tempo ci danneggeranno. Tutto il resto e' estraneo al pomodoro industrializzato. Allora per noi e' importante connettersi a chi direttamente produce per noi con la qualita' che richiediamo e che solo conoscendoci egli potra' garantirci. Un amico che fa i pomodori. Cercarli, sostenere le piccole produzioni. Fuori dal mercato industrializzato, costruendo relazione dirette. E' difficile farlo? Non abbiamo piu' il piacere di quel pomodoro? Eppure... * Soldi da soldi C'e' chi fa soldi sui soldi. In una societa' di merci il denaro assume un'importanza smisurata. Il denaro stesso diventa una merce e il guadagno maggiore e' il guadagno sul denaro. Perche' investire nelle borse e cercare di arricchirsi con esse? Non da' un senso di irrequietezza l'eventuale aumento dei capitali? Non ci viene in mente che proprio a quei soldi possano corrispondere prelievi indiscriminati di risorse, speculazioni scorrette con popolazioni, ed impoverimenti di qualcun altro? Per aumentare il totale del mercato hanno privatizzato e quindi immesso nel mercato elettricita', acque, gas, petrolio, foreste, pascoli, proprieta' comuni, tutti beni dell'umanita' prima che di chiunque altro e solo attraverso di essi la quantita' delle transazioni e' aumentata. E poi e' aumentata fittiziamente sull'aumento ottenuto. Attraverso questo meccanismo si sono arricchiti i ricchi e impoveriti i poveri, si sono svendute le risorse naturali e culturali, si e' speculato sul benessere immettendo sul mercato quelli che erano servizi comuni. Che ha a che fare con questo mondo un impiegato, un artigiano, un piccolo imprenditore? Non lo governa, sa solo quello che alcuni vogliono che si sappia e, attenzione, quando vogliono che si sappia. Che abbiamo a che fare con questo mondo che si astrae dalle necessita' e dal piacere degli uomini per traslare ogni interesse su un oggetto convenzionale come il denaro e che pone a ragione fondante di ogni decisione la capacita' di produrre denaro? Ma sono i ricchi a possedere il denaro e a produrre denaro con il denaro, ed applicare questo unico parametro e' una iattura per tutta l'umanita'. Ridurre il gioco sul denaro. Non utilizzare le carte di credito, ridurre i servizi bancari, controllare dove vanno a finire i nostri soldi (per esempio sarebbe bello che non finanziassero le armi e le guerre), porre i risparmi in banca etica o in cooperative sociali, non speculare in borsa. E' difficile farlo? Il nostro patrimonio finanziario ne trarrebbe nocumento? Eppure... * La panacea delle norme Nello scombinamento prodotto dalla grandezza e dalla penetrazione del mercato unico e dalla stravolgente quantita' e tipologia di merci, di azioni, di servizi in vendita, le norme divengono una panacea. Si regolamenta tutto e gli utilizzatori sono garantiti dall'applicazione delle norme. Ma le norme possono essere sbagliate. In particolare quelle che riguardano le merci sono sbagliate in quanto definite appositamente per garantire gli interessi delle grandi compagnie. Cosi', ad esempio, in campo alimentare il fatto che i cetriolini in salamoia debbano tutti essere dritti e simili per peso e forma per rispondere alle norme di qualita' europee ha tolto di mezzo i produttori non industrializzati che non riescono a garantire quel livello di uguaglianza tra i cetrioli. Cosi' il gelato artigianale, o il salame tagliato a mano, o il famoso lardo di Colonnata (per cui e' stata cambiata la norma) sono tutte merci fuori legge. Le norme che afferiscono alle merci hanno favorito e favoriscono una visione del mondo, industrializzata e omogenea, che elimina le tecniche locali e la cultura produttiva sostituendo tutto con prodotti uguali, asettici, ma non per questo salubri. In questo vengono favorite le grandi produzioni e il modello praticato dalla concentrazione della produzione e dalla distribuzione capillare dello stesso tipo di prodotto. Questo apparato normativo non garantisce i cittadini. Bisogna dunque controllare al di la' delle norme ed essere critici, diffidando, comprendendo le motivazioni da cui le scelte normative sono derivate, cercando di sostenere le merci che mantengono caratteri ambientali e sociali corretti. E' difficile farlo? E' un'ulteriore fatica? Eppure... * Il mito del progresso Nella nostra cultura contemporanea il mito del progresso esercita una grande capacita' di attrazione. Forse l'impulso dato dai movimenti sociali nati nell'Ottocento verso una fiducia nelle armi del progresso per il miglioramento delle condizioni dell'uomo (fiducia che a tratti si e' radicalizzata in fede), forse il retaggio dell'Illuminismo che pragmaticamente si affida alla scienza e alla tecnologia per preparare un futuro migliore per l'uomo, sono i motivi che hanno fatto si' che la nostra societa' costruisse la sua immagine proiettata nel futuro: tutto cio' che e' nuovo e' automaticamente buono, tutto cio' che e' moderno e' di fatto migliore e preferibile all'antico. Questo dogma, mai palesemente espresso ma del tutto implicito nel costume sociale, fa si' che il mercato, che e' l'espressione principale della nostra societa', si avvalga di continui e imprescindibili richiami al "nuovo", al "moderno", al "tecnologicamente avanzato" per incrementare le vendite e i consumi. Il futuro, identificato con il progresso, viene anticipato anche come immagine di riferimento, e la maggior parte delle persone sembra adeguarsi a questa proiezione, cercando di somigliare a quella immagine, come se essa fosse l'ineluttabile condizione del futuro. L'adeguamento passa, ovviamente, per l'acquisizione di merci che di quella proiezione sono i tratti identificanti. Sicche' ci si sente moderni e anticipatori del futuro se si possiede l'ultimo modello tecnologico di una certa cosa. Sentirsi cosi' equivale a sentirsi "adeguati". L'immagine del nostro futuro viene costruita nei laboratori della pubblicita'. Naturalmente non ci viene detto, per esempio, che l'ultimo modello di televisore in realta' e' gia' ampiamente superato dalla tecnologia, e che non ci daranno in pasto l'ultimo modello finche' tutti non avremo acquistato quello gia' vecchio. Potrebbe essere piu' interessante costruirci da soli la "nostra" immagine del futuro, scoprire che potrebbe non somigliare per niente a quella della pubblicita', scoprire che potrebbe essere infinitamente piu' bella e affascinante. Rifiutare di assomigliare agli androidi della pubblicita', sottrarsi alla mercificazione, sottrarsi ai comportamenti teleguidati, scegliere un'altra via in cui riconoscersi e riconoscere gli altri, esercitarsi ad inventare quello che potremmo essere. E' difficile farlo? E' talmente gratificante sentirsi adeguati al mondo che ci propongono? E' quello il mondo futuro che vorremmo? Eppure... * Eppure... sembrano atti alla nostra portata. E lo sono. Piccole azioni quasi quotidiane che potrebbero modificare le relazioni tra il sistema delle merci e gli utilizzatori e quindi modificare il mercato con tutte le implicazioni ambientali e sociali che cio' comporterebbe. Il sistema di mercato e' il tallone d'Achille della nostra societa', il punto di maggiore vulnerabilita'. Se i criteri che ci vengono proposti come modelli sociali ci appaiono insostenibili, e' necessario pensare che la loro modificazione non e' necessariamente affidata ad una titanica ricostituzione di un modello diverso, ma potrebbe essere validamente e concretamente avviata dall'acquisizione di comportamenti diversi dai previsti, e che vadano ad incidere proprio sul lato "debole" della struttura: il mercato. E riappropriarsi cosi' della dignita' delle proprie scelte e della liberta' di compierle. Per un gruppo di persone di un villaggio africano basta una capra per modificare integralmente la propria esistenza, e non per un tempo determinato ma per sempre. Forse per noi, abitanti dei paesi ricchi, non basta cosi' poco, ma sicuramente abbiamo anche noi la nostra "capra" che modifica il grande sistema in cui siamo inseriti e che oggi appare a molti unico, insuperabile e come tale fagocitatore e senza alternative. Oppure si ritiene che comunque ce la caveremo, che la specie umana, grazie alla tecnologia, riuscira' a trovare soluzioni atte a farci continuare questo cammino basato sullo sfruttamento insensato di uomini e natura, per permettere a pochi privilegiati di continuare il proprio standard di vita? E' possibile. Ma e' proprio questo cammino, indipendentemente dalle sue possibilita', che si vuole evitare di percorrere, costituendo oggi, e non in un imprecisato e sempre posticipato futuro, le condizioni per permettere la vita (e non solo la nascita) delle persone. E per fare questo non e' possibile delegare ad altri o al futuro il compito ma bisogna divenire parte attiva attraverso il nostro corretto agire. Vogliamo credere che si sia in molti a pensare che questo "modo" non e' possibile, che non e' giusto, che non puo' essere condiviso. Per questo abbiamo voluto con semplicita' riflettere criticamente sulla possibilita', attraverso comportamenti piu' attenti, di non essere strumenti di sostegno ad un modello che porta nel mondo miseria, sopraffazione, danni all'ambiente, alle comunita' e alla salute. Perche' non dovremmo esser attenti? Attenti come lo siamo stati per millenni ai segnali della natura, attenti agli altri uomini, attenti ai luoghi. Perche' oggi dovremmo deporre questa capacita' di discernimento ed attenzione sulla quale abbiamo sviluppato la nostra intelligenza e la nostra tecnica? Porre attenzione alle cose che si fanno, capirne il senso, considerarne gli effetti, l'efficienza, la correttezza. La correttezza rispetto ad alcuni criteri sulla base dei quali discernere quello che e' congruo fare e quello che puo' essere evitato. Criteri sulla base dei quali e' possibile esprimere un giudizio sui comportamenti. Allora, ogni qual volta ci viene presentata una merce, sia essa nuova o innovativa, sia essa necessaria o utile, le domande che bisogna porci sono: qual e' il suo impatto nell'ambiente? Riduce l'urto imposto alla natura e al territorio rispetto alla soluzione precedentemente adottata? Quanto la sua fabbricazione, il suo uso, la sua dismissione migliora le condizioni dell'ambiente rispetto a quelle attuali? Quante persone fa lavorare? Si e' ricorso a processi industrializzati a basso uso di manodopera? Se e' una merce prodotta in grandissime quantita', quale e' stata l'incidenza del lavoro umano e quanto sarebbe stato possibile trovare soluzioni alternative? Quanti sono i beneficiari economici? I profitti della produzione, distribuzione e commercializzazione sono concentrati in pochi soggetti o sono distribuiti equamente nella comunita'? Quanto esprime la cultura di una comunita'? Quanta tecnica specifica e' conservata nella merce? Quanto l'oggetto contribuisce a far permanere la conoscenza tecnica nella comunita' e la sua autonomia produttiva? Ben sapendo che i problemi maggiori del nostro pianeta sono collegati ad un ambiente depredato, alterato e distrutto, alla mancanza di lavoro, alla concentrazione dei profitti, al depauperamento culturale ed asservimento delle comunita', se una merce ha un peso ambientale elevato, se la sua produzione fa lavorare poche persone, se aumenta la concentrazione dei profitti, se non esprime la cultura e la capacita' propria di una comunita' non e' una merce che ci possa interessare. Essa e' una merce che fa male, fa male ad altri uomini, induce poverta' e asservimento, fa male all'ambiente, distruggendo gli ecosistemi, e proprio per questo non va utilizzata. E proprio in questo non utilizzo e' anche richiesto il nostro discernimento. Un altro modo e' possibile. * Bibliografia Sono inseriti i testi che principalmente forniscono indicazioni pratiche. Tra questi si segnala Correggia M. (2007), la pubblicazione piu' recente che raccoglie un elevato numero di indicazioni. Bologna G., Gesualdi F., Piazza F., Saroldi A. (2000) Invito alla sobrieta' felice, Emi, Bologna Bonadonna F. (2001) Il nome del barbone, Deriveapprodi, Roma Centro nuovo modello di sviluppo (1996) Boycott! Manuale del consumatore etico, Emi, Bologna Centro nuovo modello di sviluppo (2003) Guida al consumo critico, Emi, Bologna Centro nuovo modello di sviluppo (2006) Guida al vestire critico, Emi, Bologna Centro nuovo modello di sviluppo (2002) Guida al risparmio responsabile, Emi, Bologna Carlsson C. (a cura) (2003) Critical mass. L'uso sovversivo della bicicletta, Feltrinelli, Milano Correggia M. (2007) La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni individuali e collettive, Feltrinelli, Milano Da Re, M. (2004) Citta' senz'auto, Associazione centro di documentazione di Pistoia Dauncey G, Mazza P. (2003) Clima tempestoso. 101 soluzioni per ridurre l'effetto serra, Franco Muzzio, Milano Earthworks group, Wwf Italia (1991) 50 piccole cose che ognuno di noi puo' fare per salvare il mondo, Leonardo Editore, Milano Gesualdi F. (1999) Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, Milano Gesualdi F. (2004) Sobrieta', Feltrinelli, Milano Holdgate M. (1997) From care to Action, Eatshan Publications, Londra Latouche S. (2002) Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi, Bologna Luppi P. (2006) Tutto da rifare, Terre di mezzo, Milano Predine E., Colleart J.P., L'arte dell'orto a quadretti, Ed. agricole Schibel K.L., Zamboni S. (2005) Citta' contro l'effetto serra, Edizioni Ambiente, Milano Schlumberger A. (2005) 50 piccole cose da fare per salvare il mondo e risparmiare denaro, Apogeo Schumacher E.F: (1998) Piccolo e' bello, Mondadori, Milano Wuppertal Institut (1997) Futuro sostenibile, Emi, Bologna Wwf Italia, Cittadinanza attiva (2004) La rivoluzione dell'efficienza: misure ed azioni praticabili, Edicom, Roma Wwf Italia, Cittadinanza attiva (2004) Ecoconsigli. I tuoi piccoli gesti possono fare una grande differenza, Provincia di Torino Wwf Italia, Enea (a cura) (2006) Risparmio ed efficienza energetica in casa, Roma * Sitografia Sono inseriti i siti specifici sui temi trattati. Altre informazioni possono essere raccolte sui siti delle associazioni ed organizzazioni ambientaliste o sociali nazionali. www.bilancidigiustizia.it www.retegas.it (Gruppi d'acquisto) www.assobdm.it (Botteghe del mondo) www.altroconsumo.it www.acquistiverdi.it (Prodotti ecologici) www.cnms.it (Centro nuovo modello di sviluppo) www.cambieresti.net www.occhiodelriciclone.com www.carfree.com www.criticalmass.it www.chooseclimate.org www.climatecare.org www.ortidipace.it www.biodiversita.info * Il presente fascicolo non si configura come un manuale ma come un insieme di riflessioni. Esso quindi, pur sapendo quanto importante sia riportare esperienze ed idee, non vuole dare indicazioni specifiche per non assomigliare a quei manuali per il funzionamento degli elettrodomestici, dove e' spiegato, spesso in maniera incomprensibile, assolutamente "tutto". La manualistica indica gli esiti ma non fornisce gli elementi di stimolo alla conduzione autonoma di una pratica; ed e' per questo che risulta cosi' diffusa in societa' interessate ai prodotti piu' che agli uomini che li praticano. Un manuale di comportamento quotidiano appare ridurre le scelte individuali ad una mera esecuzione di buone pratiche. Si ritiene invece che il percorso del recupero di una logica comportamentale passi attraverso la consapevolezza che e' atto interpretativo e quindi creativo da cui scaturisce l'attuazione di una pratica. Per recuperare tale carenza di informazioni specifiche si rimanda, con una crediamo articolata bibliografia, a fonti che raccolgono esperienze di indubbio interesse. In realta' la denominazione "societa' dei consumi" non e' esatta per indicare l'attuale modello auspicato e sostenuto dal mercato. Una denominazione piu' appropriata potrebbe essere "societa' degli acquisti" perche' le merci dopo essere acquisite non sono consumate, o "societa' dei rifiuti" perche', anche nei processi di produzione, le quantita' dei rifiuti sono enormemente piu' grandi di quelle delle merci e perche' le merci non consumate divengono rapidissimamente rifiuti per lasciare spazio a nuove merci. * Un altro modo e' possibile. Testi di Adriano Paolella e Zelinda Carloni Supplemento al n. 329 (ottobre 2007) della rivista anarchica mensile "A", direttrice responsabile Fausta Bizzozzero, registrazione al tribunale di Milano n. 72 in data 24.2.1971, stampa e legatoria Sap s.n.c. (Vigano di Gaggiano - Mi). Editrice A, via Rovetta 27, 20127 Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista at tin.it o anche edacoop at tin.it, conto corrente postale 12552204, conto corrente bancario n. 107397 presso Banca Etica, filiale di Milano (abi 05018, cab 01600). ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 104 del 10 ottobre 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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