Minime. 208



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 208 del 10 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: L'urlo di Stentore
2. Nanni Salio: Nonviolenza vs terrorismi
3. In dieci citta' italiane l'11 settembre
4. Riletture: Clotilde Pontecorvo, Maurizio Pontecorvo, Psicologia
dell'educazione. Conoscere a scuola
5. Riletture: Clotilde Pontecorvo, Anna Maria Ajello, Cristina
Zucchermaglio, Discutendo si impara
6. Riletture: Clotilde Pontecorvo (a cura di), La condivisione della
conoscenza
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: L'URLO DI STENTORE

Disegno il seguente scenario, dichiaro il pericolo che incombe. Nella
speranza che resti solo un incubo che non riesca a irrompere nel mondo,
nella speranza che non prevalga il sonno della ragione. E' della mia citta'
che parlo, e guardando all'umanita' di ciascuna persona, all'umanita'
intera.
*
Cosi' decisero che su questi quartieri di migliaia e migliaia di abitanti
calassero al ritmo di uno ogni quarto d'ora i carri volanti della giuliva
barbarie della razza padrona.
Cosi decisero che per tre minuti ogni quarto d'ora il loro frastuono recasse
timore e tremore alle migliaia e migliaia di miseri terricoli della
provinciale cittadina; di gran lunga superando e vieppiu' degradando
quell'uso che della Cavalcata delle Valchirie faceva il folle e guascone
ufficiale surfista di Apocalypse Now.
Cosi' decisero che le migliaia e migliaia di abitanti di quella ridente
borgata ogni dodici minuti interrompessero ogni loro attivita' verbale e
uditiva - o anche il mero riposo, il palpitante godimento del silenzio.
Cosi' decisero che tutti dovessero tacere, ed essere ridotti a impotente
sordita'.
A meno che non avessero voce efficiente ad emulare l'urlo di quell'antico
Stentore.
*
Realizzare a Viterbo l'aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e
fuggi" diretto a Roma, nell'area termale che ne verrebbe devastata, ed
infliggendo a migliaia e migliaia di abitanti della citta' un inquinamento
acustico immedicabile: quale follia, quale crudelta'.
Ridurre occorre il trasporto aereo, restituire occorre salute e vivibilita'
agli abitanti di Ciampino, impedire occorre lo scempio di un terzo polo
aeroportuale nel Lazio.
Occorre invece sostenere il trasporto ferroviario, il turismo lento,
intelligente e responsabile; occorre difendere e valorizzare i beni
culturali e ambientali, le vocazioni produttive dei territori; occorre
difendere e promuovere il diritto di tutti alla salute e al benessere;
occorre difendere e custodire l'unica Terra che abbiamo.

2. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: NONVIOLENZA VS TERRORISMI
[Dal sito www.cssr-pas.org riprendiamo il testo dela relazione di Nanni
Salio al convegno di Pisa del 9-11 settembre 2006 nel centenario della
nascita del satyagraha gandhiano, relazione che appare nel n. 12 dei
"Quaderni satyagraha" recentemente pubblicato, alle pp. 87-98 (con lievi
variazioni). Per le caratteristiche grafiche nel nostro notiziario abbiamo
qui omesso le tabelle che corredavano il testo.
Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta'
di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace
Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e
azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura
nonviolenta in Italia; e' il fondatore e presidente del Centro studi
"Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca
specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122
Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail:
regis at arpnet.it, sito: www.cssr-pas.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa
armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione
riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace
educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago,
Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la
pace, vol. I. Le ragioni e il futuro,  vol. II. Gli attori principali, vol.
III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le
guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il
potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine
mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia
nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G.
Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001]

Che cos'e' il terrorismo?
"Le parole sono pietre" (Carlo Levi) e violenza e guerra nascono prima nella
mente umana, poi nel linguaggio e solo dopo si traducono in fatti ed eventi.
Terrorismo e terroristi sono due vocaboli usati frequentemente nel
linguaggio della politica, di difficile definizione e con una molteplicita'
di significati. Il primo di solito e' usato al singolare e il secondo al
plurale, ma come vedremo si deve piuttosto parlare di terrorismi e non solo
di terrorismo, poiche' siamo di fronte a un'ampia casistica.
A tutt'oggi non c'e' una definizione condivisa accettata in sede
internazionale, sebbene da tempo l'Onu stia lavorando in tal senso (la
letteratura su questo argomento e' ovviamente vastissima. Ci limitiamo a
segnalare  testi e contributi che ci sembrano piu' utili e accessibili:
Claudio Magris e Roberto Toscano, "Il dubbio dell'Occidente. Chi e' il vero
terrorista?", Corriere della Sera, 5 maggio 2005; Luigi Bonanate, La
politica internazionale tra guerra e terrorismo, Laterza, Roma-Bari 2004;
Antonio Gambino, Esiste davvero il terrorismo internazionale?, Fazi, Roma
2005; Luigi Bonanate, Il terrorismo come prospettiva simbolica, Aragno,
Torino 2006). Possiamo tuttavia svolgere alcune riflessioni introduttive,
utili per affrontare il problema che ci sta a cuore: la nonviolenza come
strategia politica per lottare contro guerre e terrorismi.
Nel tentare di descrivere e/o definire cosa si intende per terrorismo
possiamo iniziare con l'osservazione, in un certo senso "disperante" ma
molto realista, di Noam Chomsky: "'terrorismo' e' quello che loro fanno a
noi, e 'antiterrorismo' e' quello che noi facciamo a loro" (Settimana dei
diritti umani 2002, Noam Chomsky, 28 dicembre 2002 "ZNet"
www.zmag.org/italy/chomsky-humanrights.htm).
Ma dietro questa apparente "disperazione" c'e' la denuncia della lunga
sequela di atrocita', misfatti, crimini, perpetrati in ogni tempo e luogo
dagli eserciti di tutti gli stati, coperti con falsi tentativi di
giustificarli attraverso il concetto di "guerra giusta", "missioni
umanitarie", "esportazione della democrazia" e cosi' via.
Una analisi piu' ampia e sofisticata e' quella proposta da Luigi Bonanate,
il quale mette a confronto modelli diversi di conduzione della guerra, della
resistenza e di azioni comunemente considerate terroriste (come quelle di Al
Qaeda) secondo i parametri individuati nella concezione tomista di "guerra
giusta" e in quella proposta da Michael Walzer. Nel primo caso, Al Qaeda e
le forze di occupazione in Iraq raggiungono lo stesso numero di condizioni
per ritenersi nel giusto, superate entrambe dalla resistenza irachena. Nel
secondo, Al Qaeda resta indietro di un punto rispetto alle altre due (Luigi
Bonanate, Il terrorismo come prospettiva simbolica, Aragno, Torino 2006, si
veda in particolare il capitolo conclusivo e le pp. 96 e 101).
In un dialogo con Claudio Magris, l'ambasciatore Roberto Toscano mette in
evidenza lo scarto tra mezzi e fini, tema tipicamente nonviolento,
osservando che: "quando si parla di terrorismo si confondono fini e mezzi,
si prende posizione sulla legittimita' o meno della causa per cui l'azione
terrorista viene messa in atto e, se la causa viene ritenuta 'buona',
l'azione non e' piu' definita terrorista". Si giunge in tal modo alla famosa
affermazione secondo cui "'il tuo terrorista e' il mio eroe' e viceversa"
(Claudio Magris e Roberto Toscano, "Il dubbio dell'Occidente. Chi e' il vero
terrorista?", Corriere della Sera, 5 maggio 2005). Questa osservazione mette
il dito nella piaga: l'inadeguatezza dell'attuale filosofia politica
dominante di fronte ai problemi etici della violenza, della guerra e del
terrorismo. Se ne esce solo con una piena ed esplicita assunzione di una
filosofia politica della nonviolenza, che possiamo descrivere mediante il
seguente schema, da intendersi come uno strumento empirico, una sorta di
esercizio, non privo di possibili difficolta' e ambiguita' nella scelta dei
termini, soprattutto per quanto riguarda la natura dei fini (violenti o
nonviolenti), che richiederebbero una analisi ben piu' ampia (come quella
condotta, per esempio, da Giuliano Pontara, Se il fine giustifichi i mezzi,
Il Mulino, Bologna 1974).
[Abbiamo omesso lo schema per esigenza grafiche del nostro notiziario - ndr]
Come si vede dallo schema, solo nel quadrante in alto a destra si hanno
contemporaneamente mezzi e fini nonviolenti. Nel caso di societa'
genericamente democratiche (quadrante in alto a sinistra) si possono avere
fini nonviolenti, ma mezzi violenti qualora una guerra o una resistenza
armata siano considerate giuste. Il quadrante in basso a sinistra
corrisponde a mezzi e fini violenti. Ma il pericolo sempre latente e' che
anche le societa' democratiche scivolino verso questo quadrante e pratichino
la tortura (guerra d'Algeria, Guantanamo, ecc.), provocando una deriva
autoritaria della societa' verso quelle che sono state definite
"democrature", ibridi tra democrazie e dittature.
Tra le molteplici forme che puo' assumere il terrorismo, sembra importante
soffermarsi su due in particolare, per evidenziare la complessita' del
fenomeno. Ci sono forme di "terrorismo mirato", che forse potremmo chiamare
piu' semplicemente e correttamente assassinii, rivolti contro esponenti di
spicco, simbolici, come capi di governo (Rabin, Kennedy), personalita'
politiche e religiose (papa Giovanni Paolo II), leader di movimenti di
resistenza anche nonviolenta (Gandhi, Martin Luther King).
E ci sono invece azioni terroriste vere e proprie contro la popolazione
civile, ritenuta anch'essa responsabile, a torto o a ragione, della
situazione politica che si intende modificare. Se si accetta questa
distinzione, tutt'altro che secondaria sebbene non esaustiva, dobbiamo
allora ricordare che i bombardamenti strategici della seconda guerra
mondiale furono in molti casi (Dresda, Amburgo, Tokyo) veri e propri atti di
terrorismo culminati in quello che a tutt'oggi e' l'evento in assoluto piu'
enorme: il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki nel corso del
quale gli Usa hanno incenerito all'istante circa trecentomila persone
(prevalentemente bambini, donne, anziani, e qualche militare). Un massacro
pari ad almeno cento volte quello dell'11 settembre 2001.
D'altronde, anche i genocidi, praticati allo scopo di distruggere
integralmente e/o incutere terrore, sono stati effettuati dagli Stati
assassini (Rudolph J. Rummel, Rubbettino editore, Soverio Mannelli,
Catanzaro, 2005), o meglio dalle elite che governano tali stati.
Sappiamo inoltre che l'intera dottrina della dissuasione nucleare e' basata
sull'ipotesi e sulla determinazione di compiere il piu' enorme, completo e
definitivo atto di terrorismo globale ("sterminismo" secondo
l'interpretazione dello storico inglese Edward Thompson), con centinaia di
milioni di vittime prevalentemente tra la popolazione civile, tanto che
questa strategia e' stata chiamata non solo Mad (mutua distruzione
assicurata, follia) ma anche "equilibrio del terrore".
Ha dunque perfettamente ragione Dietrich Fischer nel ricordarci (The Real
Threat is Nuclear Terrorism,
www.transnational.org/SAJT/pressinf/2005/pi225_Fischer_NukeTerror.html) che
la vera minaccia e' costituita dal terrorismo nucleare favorito dalla
proliferazione nucleare (verticale e orizzontale) di cui sono responsabili
innanzitutto gli stati, a cominciare da quelli gia' dotati di armi nucleari.
*
Perche' il terrorismo? Le cause
Se si incontrano gravi difficolta' nel definire cos'e' il terrorismo,
dobbiamo aspettarci difficolta' analoghe, se non maggiori,
nell'identificarne le cause. Passeremo rapidamente in rassegna le tesi
sostenute da alcune delle scuole di pensiero e dagli autori piu'
significativi.
Nella sua imponente trilogia (Gli ultimi giorni dell'impero americano,
Garzanti, Milano 2001; Le lacrime dell'impero, Garzanti, Milano 2005;
Nemesis, Metropolitan Books, London 2007) Chalmers Johnson sviluppa con
ampi riferimenti storici la tesi del  blowback, il contraccolpo provocato
dalla politica estera ed economica degli Stati Uniti, che si e' manifestato
clamorosamente con gli attentati dell'11 settembre 2001. Questa politica
crea insicurezza e instabilita' crescenti e dilaganti, invece che sicurezza
e stabilita'.
In un recente pamphlet, Hans Magnus Enzensberger (Il perdente radicale,
Einaudi, Torino 2007) sostiene la tesi del terrorista come "perdente
radicale", frustrato, fallito di fronte alla sfida della globalizzazione.
Per avere spiegazioni piu' complete e meno monocausali, bisogna ricorrere a
studi piu' completi come quelli condotti da Robert A. Pape. In un ampio
lavoro sulle radici del terrorismo suicida egli si spinge a esaminare questo
fenomeno in vari paesi e culture, rintracciandone l'origine non nell'islam
ma nella guerra che da decenni insanguina lo Sri Lanka (Dying to Win: The
Strategic Logic of Suicide Terrorism, Radom House, 2005; si veda anche uno
studio piu' breve, preliminare: "The Strategic Logic of Suicide Terrorism",
American Political Science Review, vol. 97, n. 3, august 2003; oppure
"Suicide Terrorism and Democracy: What We've Learned Since 9/11",
www.cato.org/pubs/pas/pa582.pdf). Pape sostiene che il movente principale e'
di natura squisitamente politica e non religiosa, sebbene questa possa
subentrare alla prima e sostenerla. La tesi di Pape e' particolarmente
importante perche' rafforza l'idea che il terrorismo debba essere
contrastato mediante la politica e non con la guerra.
Tra le molte voci intervenute nel dibattito, ricordiamo quella di Hildegard
Goss-Mayr che, nel corso di una conferenza svolta a Vienna, ha sottolineato
l'importanza di lottare contro la poverta', considerata come una delle cause
importanti ("The Roots of Terrorism and Seeking Solutions in a Global
Context", International Reconciliation, n. 1, 2005, pp. 7-13).
La questione della poverta', come molte altre, e' alquanto controversa. Pur
non potendo sviluppare un'analisi piu' esaustiva del dibattito, segnaliamo
ancora un classico sull'argomento, lo studio di Walter Laqueur, L'eta' del
terrorismo (Rizzoli, Milano 1987; dello stesso autore si veda anche un testo
piu' recente: Il nuovo terrorismo, Corbaccio, Milano 2002) che pur scritto
vent'anni fa presenta un quadro significativo per comprendere anche i
fenomeni odierni. Riferendosi al suo lavoro George Weigel elenca quelli che
a suo parere sono gli undici principali errori che si commettono nel tentare
di comprendere la natura di questo fenomeno (Understanding Terrorism. Eleven
Mistakes, www.eppc.org/publications/pubID.1905/pub_detail.asp).
A questo punto, si e' tentati, spazio e tempo permettendo, di mettere a
confronto questi undici errori con le undici lezioni che secondo Robert
McNamara avremmo dovuto apprendere, ma ahime' non lo abbiamo fatto, dalla
guerra. E' un utile esercizio che suggeriamo a coloro che vogliano
approfondire questo punto. (Si veda il bellissimo film The Fog of War di
Errrol Morris, disponibile in DVD. Per il testo dei dialoghi, con le undici
lezioni, si veda: www.strategiaglobale.com/the_fog_of_war.html).
*
Lo scenario internazionale
L'evento cruciale che ha contribuito a cambiare radicalmente le relazioni
internazionali e' stato il 9 novembre 1989 e non l'11 settembre 2001. Due
date che si contrappongono: il 9/11 contro l'11/9. Il primo caso e' quello
dello straordinario successo delle lotte pragmaticamente nonviolente
condotte nei paesi dell'Est europeo che hanno provocato la piu' grande
trasformazione di un sistema di relazioni internazionali senza sparare un
colpo di fucile, contraddicendo le teorie di coloro che ritenevano tale
transizione impossibile senza una guerra globale, che peraltro non si poteva
combattere, pena il suicidio collettivo. Questo evento ha suscitato ingenue
speranze in un futuro senza piu' guerre e in un enorme "dividendo della
pace" che finalmente avrebbe potuto essere investito per risolvere problemi
globali come la miseria estrema che affligge un quarto dell'umanita'. Ma ben
presto, solo due anni dopo, le guerre jugoslave prima e quelle del Golfo poi
riaprirono una stagione nefasta che sarebbe culminata nel terribile blowback
della data simmetrica, l'11/9.
Su questo evento, meno cruciale di quello precedente, ma tuttavia quanto mai
significativo nell'immaginario collettivo, soprattutto in quello degli
statunitensi, si scontrano interpretazioni contrapposte. Secondo quella
corrente, si tratterebbe di un attacco sfuggito al controllo
dell'intelligence Usa e perpetrato dalla rete del terrorismo globale di Al
Qaeda, diretta da bin Laden.
Ma la visione contrapposta e' quella del "complotto", o della "cupola", per
usare l'espressione proposta da Giulietto Chiesa (La guerra infinita secondo
Giulietto Chiesa,
www.saveriani.bs.it/missioneoggi/arretrati/2003_01/chiesa.htm, La guerra
infinita, Feltrinelli, Milano 2002) e presa in prestito dal sistema mafioso.
Anche in questo caso la letteratura e' crescente e vastissima e qui ci
limitiamo a dire che alcuni fattori oggettivi stanno alla base di questa
storia: cosciente ed esplicito progetto di dominazione da parte della
componente politica Usa nota come neocon; ruolo strategico dell'industria
petrolifera, tanto da far coniare a Gore Vidal l'espressione "colpo di stato
mondiale dei petrolieri" (La fine della liberta', Fazi, Roma 2001);
crescente crisi e perdita di potere economico degli Usa; scontro non di
civilta' (secondo la infelice ed erronea concezione di Huntington) ma di
opposti integralismi (wahabita in Arabia Saudita e puritanesimo negli Usa)
"divisi solo dall'oro nero" come sostiene Johan Galtung nei suoi numerosi
interventi sull'argomento ("Due integralismi divisi solo dall'oro nero", Il
Manifesto, 28 maggio 2002; "11 settembre 2001: Diagnosi, Prognosi, Terapia",
Quaderni Satyagraha, n. 1, aprile 2002,  pp. 40-57; September 11/October 7,
2001 and its Aftermath: Three Discourses,
www.transnational.org/SAJT/forum/meet/2002/Galtung_11SeptandAftermath.html).
Nel campo specifico della peace research e' ancora Johan Galtung a lanciarsi
in una previsione: il crollo dell'impero Usa (tra i vari contributi, si
veda: "2015 crolla l'impero", Carta n. 27, 2004,
www.carta.org/rivista/settimanale/2004/27/27Profumi.htm; La fine dell'impero
americano. Le alternative per un nuovo ordine mondiale,
italy.peacelink.org/pace/articles/art_15600.html) che avverrebbe seguendo
modalita' diverse da quanto successo nell'ex Urss, ma con conseguenze in
larga misura imprevedibili. Contemporaneamente, e' diventato luogo comune
prevedere la nascita dell'impero di Cindia - Cina + India - (Federico
Rampini, L'impero di Cindia, Mondadori, Milano 2006) e l'affacciarsi al
mercato e allo stile di vita consumista occidentale di centinaia di milioni
di nuovi consumatori benestanti, pur sempre immersi nel gran mare della
miseria che li circonda. Tutto cio' ha innescato l'altro grande fenomeno in
corso su scala planetaria: l'instabilita' e il caos climatico (di Al Gore si
vedano il film e il libro, Una scomoda verita', Rizzoli, Milano 2006), che
si sovrappone all'instabilita' e al caos del sistema energetico, con la
possibilita' che si instauri un regime che Michael Klare definisce come
"energofascismo" ("Potere nero", Internazionale, n. 679, 9-15 febbraio 2007,
pp. 22-27).
*
Barbarie e antibarbarie
Se Hitler e il nazismo sono considerati comunemente sinonimi di barbarie
estrema, sono molti coloro che sostengono che siamo in presenza di un
preoccupante ritorno di "tendenze naziste". Ma come argomenta con passione
Giuliano Pontara (L'antibarbarie, Ega, Torino 2006), abbiamo anche un
antidoto, quello della lotta satyagraha, che Gandhi ha saputo applicare con
efficacia in Sudafrica (dando inizio alla lotta in "un altro 11 settembre",
quello del 1906) e in India, e che altri dopo di lui hanno utilizzato nel
corso di tutto il secolo scorso (Martin Luther King negli Usa, Mandela e
Tutu in Sudafrica, Solidarnosc, Havel, Charta 77 nei paesi dell'Est europeo)
e che continua a essere fonte di ispirazione per i movimenti che ovunque nel
mondo lottano per nuovi mondi possibili.
Dal confronto tra Gandhi e Hitler, nel Novecento, siamo passati a quello tra
Gandhi e bin Laden (Darrel J. Fasching, The Globalization of Religion and
Politics: Gandhi and bin Laden,
www.cas.usf.edu/GlobalResearch/txt&Docs/fasching%20paper.doc). Alcuni si
sono spinti sino a chiedersi esplicitamente che cosa avrebbe fatto il
Mahatma di fronte al terrorismo globale del XXI secolo. Che cosa ci insegna
la nonviolenza, che cosa ci direbbe Gandhi? Uno dei suoi nipoti, Arun
Gandhi, prova a rispondere con le seguenti parole: "Quando sono disperato mi
ricordo che lungo tutta la storia la via della verita' e dell'amore ha
sempre vinto; ci sono sempre stati tiranni e assassini, e per qualche tempo
essi possono sembrare invincibili, ma alla fine cadono sempre" (in "Azione
Nonviolenta", ottobre 2001; vedi anche Terrorismo e nonviolenza,
www.sgi-italia.org/riviste/bs/Preview.php?A=672&R=1).
Bhikhu Parekh, uno dei piu' acuti studiosi del pensiero politico gandhiano
ha invce immaginato un possibile dialogo tra Gandhi e bin Laden, sulla
falsariga di quanto effettivamente il Mahatma fece a suo tempo con i fautori
della lotta armata contro gli inglesi, che avevano promosso azioni
terroriste mirate contro esponenti di rilievo dell'impero inglese (si
confrontino il testo di Bhikhu Parekh, Why terror?,
http://alainet.org/active/show_text.php3?key=6078 con quello scritto da
Gandhi stesso in polemica con i terroristi di allora: The Philosophy of the
Bomb, www.punjabilok.com/freedom/phil_ofbombs5.htm). Il noto monaco zen
Thich Nhat Hanh si e' invece cimentato in un dialogo diretto tra lui stesso
e bin Laden, al fine di cercare di ascoltare e capire le ragioni profonde
che lo hanno indotto a organizzare un attentato di tali dimensioni
(Intervista a Thich Nhat Hanh, a cura di Anne A. Simpkinson, Che cosa direi
a Osama bin Laden, "Buone notizie", n. 3, 2001, pp. 3-7,
www.arpnet.it/regis/centro/document_cosadirei.htm).
Da questi contributi emerge una prima indicazione di  metodologia
nonviolenta: seguire la filosofia del dialogo, dell'ascolto, del "guardarsi
dentro", del riconoscere i propri errori e chiedere scusa. E' la stessa
proposta fatta da Johan Galtung nei suoi lavori sulla trasformazione
nonviolenta dei conflitti (disponibili nell'originale in www.transcend.org,
oppure: La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Ega, Torino 2000).
*
Lotte e iniziative nonviolente contro i terrorismi
Non c'e' dubbio che, come sostiene Brian Martin, gli attentati dell'11
settembre 2001 hanno causato enormi difficolta' alla causa della
nonviolenza, offrendo una giustificazione apparentemente condivisibile da
parte di moltissime persone per innescare una spirale di violenza e
controviolenza nella quale l'alternativa nonviolenta e' stata
marginalizzata. "La nonviolenza offre numerosi modi per opporsi e prevenire
il terrorismo, ma queste risposte sono del tutto diverse dal modo con cui le
elite al governo vedono il mondo" (Brian Martin, Nonviolence versus
terrorism, www.uow.edu.au/arts/sts/bmartin/pubs/02sa.html).
Oltre agli ipotetici dialoghi virtuali tra Gandhi e bin Laden, cosa si puo'
effettivamente fare dal punto di vista della nonviolenza per contrastare i
"due terrorismi"?
Per rispondere a questo interrogativo, occorre proporre un "programma
costruttivo" che, ispirandosi a quello elaborato a suo tempo  da Gandhi, sia
adeguato ad affrontare i problemi odierni. Quello che presentiamo e' un
programma in dieci punti (ma potrebbero essere anche di piu' o di meno, a
seconda delle priorita'), che tiene conto del contributo di molti autori.
Esso nasce dalla consapevolezza che "ci sono alternative!", che ai problemi
politici occorre dare una risposta politica e non militare ovvero modificare
fini e mezzi della politica, facendo prevalere la formula che si e' rivelata
vincente il 9 settembre del 1989: primato della politica, politiche di pace,
people power (si veda il mio lavoro Il potere della nonviolenza, Ega, Torino
1995) invece di quella militarista che ha prodotto l'11 settembre del 2001 e
che nei cinque anni successivi ha dimostrato ampiamente non solo di non
avere raggiunto gli obiettivi, ma di aver aggravato i problemi.
1. Conferenza internazionale di pace per tutto il Medio Oriente, che
comprenda tutti gli attori coinvolti, nessuno escluso, e tutti i problemi da
affrontare. La conferenza potrebbe avviare un processo simile a quello
iniziato in Europa nel 1975 con il Trattato di Helsinki sui diritti umani e
culminata nella Csce (Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa), trasformatasi poi in una struttura permanente, l'Oscse
(Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).
2. Inoltre, la conferenza sarebbe il primo passo verso la costituzione di
una Unione dei paesi del Medio Oriente (Confederazione), che si ispirerebbe
a quella dell'Unione Europea, che ha saputo porre fine alle guerre intestine
che per secoli hanno lacerato il nostro continente.
3. Commissione per la Verita' e la Conciliazione, simile a quella che
Desmond Tutu e Nelson Mandela hanno creato in Sudafrica dopo la fine
dell'apartheid, per innescare un processo di elaborazione dei traumi subiti
dalle vittime, di riconoscimento e riparazione degli errori commessi da
ciascuna delle parti in conflitto, di ricostruzione e riconciliazione.
4. Lotta alla miseria, all'esclusione, all'emarginazione, per eliminare
motivazioni che possono favorire il consenso al terrorismo, promuovere la
transizione dall'attuale modello di economia e di sviluppo verso un'economia
nonviolenta, del dono e della  sostenibilita'.
5. Transizione da un sistema energetico ad alta potenza, centralizzato,
dipendente da combustibili fossili e nucleari, non sostenibile, verso un
sistema decentrato, a bassa potenza, basato su fonti solari distribuite e
rinnovabili.
6. Trasformazione del modello di difesa offensivo in difensivo e
nonviolento, mediante un processo di transarmo, smantellamento e
riconversione del complesso militare-industriale-scientifico-corporativo;
costruzione di Corpi Civili di Pace (in sigla: Ccp) su scala sia locale che
internazionale e sotto la direzione dell'Onu, denuclearizzazione; riforma
democratica dell'Onu.
7. Dialogo, ascolto profondo, tra culture e religioni per promuovere un
processo di rifondazione delle religioni a partire dalla nonviolenza
(Darrell J. Fasching, The Globalization of Religion and Politics: Gandhi and
bin Laden, www.patelcenter.usf.edu/assets/doc/SecurityFaschingPaper.doc),
riscoprendo in ciascuna delle grandi tradizioni pensieri ed esperienze
significative come quella del tikkun nella tradizione ebraica, del sufismo
nell'islam e la straordinaria esperienza di Badshah Khan, il Gandhi
musulmano (Eknath Easwaran, Badshah Khan, il Gandhi musulmano, Sonda, Torino
1990).
8. Giornalismo di pace, secondo la scuola iniziata dalla rete Transcend
(www.transcend.org) e proseguita con i lavori di Jack Lynch e Annabel
McGoldrick, Peace Journalism, Hawthorn Press, Stroud, Gloucestershire 2005)
per esprimere anche nel mondo dei media il punto di vista della
trasformazione nonviolenta dei conflitti, sconfiggere la politica della
paura e promuovere un dialogo continuo e creativo.
9. Mediazione internazionale, trasformazione nonviolenta dei conflitti,
cultura della nonviolenza, operando a diversi livelli: di base, intermedi e
di vertice, secondo i modelli elaborati, tra gli altri, da Paul Lederach e
Johan Galtung.
10. Trasformare i terroristi suicidi in satyagrahi, dare una speranza ai
"perdenti radicali" tenendo conto, tra l'altro, che secondo l'autorevole
parere espresso nel corso di una conferenza dal leader delle lotte
nonviolente in Palestina, Mubarak Awad, "Coloro con il maggior potenziale di
diventare i piu' grandi attivisti nonviolenti sono gli attentatori suicidi"
(Peter Ryan, Terrorism and Nonviolence,
www.middleeastwindow.com/article-print-688.html, 21 june 2004). Nelle
tradizioni religiose si incontrano sovente parabole e racconti che narrano
la  conversione di un brigante o di un assassino, come nel bel libro di
Satish Kumar, The Buddha and the Terrorist. Lo schema della figura
sottostante evidenzia questa possibile transizione e l'impegno che essa
comporta.
[Abbiamo omesso lo schema per esigenza grafiche del nostro notiziario - ndr]
I dieci punti elencati sopra comprendono obiettivi raggiungibili nel breve,
medio e lungo periodo e costituiscono una concreta bozza di programma per
una politica della nonviolenza che renda possibile costruire "un futuro
nonviolento". Sono un segno e un sogno di speranza, a partire dalla
constatazione che, come afferma sagacemente Michael Nagler (Per un futuro
nonviolento, Ponte alle Grazie, Firenze 2005): "la guerra talvolta funziona,
ma non e' mai efficace. La nonviolenza talvolta funziona, ma e' sempre
efficace". Tuttavia, l'efficacia della nonviolenza si verifica su tempi
medio-lunghi e richiede fermezza, coraggio, determinazione e continuita'
nell'azione per potersi manifestare.

3. INCONTRI. IN DIECI CITTA' ITALIANE L'11 SETTEMBRE
[Nuovamente riproponiamo questa bella notizia ricevuta da Rocco Altieri (per
contatti: centro at gandhiedizioni.com).
Rocco Altieri e' nato a Monteleone di Puglia, studi di sociologia, lettere
moderne e scienze religiose presso l'Universita' di Napoli, promotore degli
studi sulla pace e la trasformazione nonviolenta dei conflitti  presso
l'Universita' di Pisa, docente di Teoria e prassi della nonviolenza
all'Universita' di Pisa, dirige la rivista "Quaderni satyagraha". Tra le
opere di Rocco Altieri segnaliamo particolarmente La rivoluzione
nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca
Franco Serantini, Pisa 1998]

Dieci citta' italiane ricordano l'11 settembre, il Satyagraha di Gandhi, per
rilanciare in Italia e nel mondo l'azione nonviolenta.
*
L'11 settembre 1906, nel Teatro Imperiale di Johannesburg in Sudafrica, una
grande assemblea di immigrati indiani decideva di intraprendere una campagna
di disobbedienza civile alle leggi discriminatorie del cosiddetto Black Act.
Lo stesso Gandhi riconobbe in quell'evento l'atto di nascita del satyagraha,
cioe' di un modo nuovo di lottare che sostituisce alla forza fisica una
forza piu' grande, generata dalla Verita' e dall'Amore.
Il convegno del 2006 a Pisa per il centenario, promosso dalla rivista
"Quaderni Satyagraha", vide la partecipazione di oltre duecento abbonati e
lettori provenienti da tutta Italia, oltre ai principali studiosi e
personalita' del mondo della nonviolenza.
*
Quest'anno in occasione della pubblicazione del n.12 dei "Quaderni
Satyagraha" ( per riceverlo scrivere all'indirizzo e-mail:
centro at gandhiedizioni.com) che comprende le relazioni piu' importanti del
convegno: L'11 Settembre di Gandhi - la luce sconfigge la tenebra (Firenze,
Libreria Editrice Fiorentina, 16 euro) sono stati organizzati incontri di
riflessione, preghiera e presentazione del volume in dieci citta' italiane.
Di fronte allo smarrimento e al senso di impotenza di molti pacifisti,
all'uso spesso strumentale del termine "nonviolenza" e della stessa immagine
di Gandhi, il quaderno riafferma con forza che la nonviolenza non e'
passivita', rassegnazione al male minore: e' invece attiva obiezione di
coscienza alle strutture di dominio e di guerra, scelta rivoluzionaria di
trasformazione sociale per costruire il potere di tutti (l'omnicrazia di
Aldo Capitini).
Le varie iniziative italiane  sono collegate a quelle che si svolgono in
tutto il mondo in risposta all'appello di Arun Gandhi, nipote diretto del
Mahatma, per trasformare l'11 settembre in giornata della speranza, della
pace, del rilancio della lotta Satyagraha.
*
Ecco il calendario degli appuntamenti italiani:
Bergamo: lunedi' 10 settembre, presso la sede universitaria, nell'aula 1,
alle ore 18, presentazione del n. 12 dei "Quaderni Satyagraha", con Fulvio
C. Manara, coautore del volume.
*
Palmi di Calabria: martedi' 11 settembre alle ore 17 si terra' un incontro
di preghiera ecumenica per la pace sul Monte S. Elia, uno dei luoghi
simbolici della citta', davanti al monumento dedicato a Domenico Antonio
Cardone, filosofo calabrese della pace, amico e collaboratore di Aldo
Capitini, protagonista negli anni '50 della campagna Russell-Einstein per la
messa al bando delle armi nucleari. Sara' rievocato il Satyagraha di Gandhi,
nella compresenza dei due grandi maestri Domenico Antonio Cardone e Danilo
Dolci, che tanto hanno insegnato  alla comunita' di Palmi con la loro
presenza, nel perdurante impegno quotidiano contro la violenza mafiosa, per
il disarmo e l'educazione alla nonviolenza. Animeranno l'incontro Raffaello
Saffioti, Rosellina Scarcella e  tutti gli amici della Casa per la pace "D.
A. Cardone".
*
Palermo: martedi' 11 settembre alle ore 21 presso la Chiesa di San Francesco
Saverio nel quartiere storico dell'Albergheria  incontro di riflessione e di
presentazione del n. 12 dei "Quaderni Satyagraha". Partecipano allíincontro
don Cosimo Scordato, Andrea Cozzo, Enzo Sanfilippo, Augusto Cavadi.
*
San Ferdinando di Puglia: martedi' 11 settembre alle ore 21 presso la Casa
per la nonviolenza incontro di preghiera e riflessioni sul Satyagraha di
Gandhi con Mariella Dipaola e Matteo Della Torre, coautori del n. 12 dei
"Quaderni Satyagraha".
*
Tempio Pausania: martedi' 11 settembre alle ore 17, a cura dell'associazione
Nord Sud, incontro di riflessione e presentazione del n. 12 dei "Quaderni
Satyagraha", con la partecipazione di Maria Erminia Satta, redattrice dei
"Quaderni Satyagraha".
*
Napoli: martedi' 11 settembre, alle ore 17,15, presso l'Istituto Italiano
Studi Filosofici, in via Monte di Dio 14, presentazione del n. 12 dei
"Quaderni Satyagraha". Interverranno Rocco Altieri, Franz Amato, Gianfranco
Borrelli, Adriana Buffardi, Renato Briganti, Isadora D'Aimmo, Corrado
Gabriele, Giuseppe Ferraro, Geppino Fiorenza, Giovanni Laino, Gordon Poole,
Francesco Ruotolo, Donatella Trotta, Alex Zanotelli.
*
Firenze: martedi' 11 settembre alle ore 21 presso la Chiesa di San Martino a
Giogoli di Scandicci incontro di preghiera e presentazione del n. 12 dei
"Quaderni Satyagraha". Sara' presente Pierpaolo Calonaci della redazione dei
"Quaderni Satyagraha".
*
Piacenza: martedi' 11 settembre alle 21 presso il Caffe' letterario
Baciccia, via D. Carli, presentazione del n. 12 dei "Quaderni Satyagraha",
con la partecipazione di Piero P. Giorgi, Daniele Novara, Federico Fioretto.
*
Torino: martedi' 11 settembre alle ore 20,30, presso il Centro Studi "Sereno
Regis", in via Garibaldi 13, presentazione del n. 12 dei "Quaderni
Satyagraha". Saranno presenti Alberto Pellissero, docente di sanscrito
presso l'Universita' di Torino, Enrico Peyretti e Nanni Salio del Centro
Studi "Sereno Regis".
*
Ovada: martedi' 11 settembre presso il Teatro comunale, Corso martiri della
Liberta' 10, alle ore 9 con le scuole e alle ore 21,30 con la cittadinanza
nell'ambito della manifestazione "Testimone di pace" presentazione del n. 12
dei "Quaderni Satyagraha". Presenzieranno Ruben Dario Pardo Santamaria e
Carla Mariani della Rete di solidarieta' "Colombia Vive" e redattori dei
"Quaderni Satyagraha".

4. RILETTURE. CLOTILDE PONTECORVO, MAURIZIO PONTECORVO: PSICOLOGIA
DELL'EDUCAZIONE. CONOSCERE A SCUOLA
Clotilde Pontecorvo, Maurizio Pontecorvo, Psicologia dell'educazione.
Conoscere a scuola, Il Mulino, Bologna 1986, pp. 446, lire 30.000. Un lavoro
apparentemente manualistico ed invece ricco di percorsi originali di
riflessione e di ricerca; a distanza di oltre vent'anni e' ancora sia
un'efficace introduzione che un utile strumento di lavoro e di verifica.

5. RILETTURE. CLOTILDE PONTECORVO, ANNA MARIA AJELLO, CRISTINA
ZUCCHERMAGLIO: DISCUTENDO SI IMPARA
Clotilde Pontecorvo, Anna Maria Ajello, Cristina Zucchermaglio, Discutendo
si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, La Nuova Italia
Scientifica, Roma 1991, poi Carocci, Roma 1999, pp. 266, lire 51.000. Una
bella monografia a piu' mani sulla scuola come contesto sociale e sulla
costruzione sociale della conoscenza.

6. RILETTURE. CLOTILDE PONTECORVO (A CURA DI): LA CONDIVISIONE DELLA
CONOSCENZA
Clotilde Pontecorvo (a cura di), La condivisione della conoscenza, La Nuova
Italia, Scandicci (Firenze) 1993, pp. VIII + 502, lire 46.000. Aperto da un
saggio introduttivo della curatrice, e con contributi di numerosi studiosi
internazionali, il libro e' una polifonica riflessione nutrita di solide
verifiche empiriche "sul ruolo dell'interazione sociale nella costruzione
della conoscenza" in ambito scolare; organizzato in quattro parti (La
definizione sociale del contesto; Ontogenesi dell'argomentazione
nell'interazione tra bambini; L'intreccio tra agomentazione e ragionamento;
Interazione con l'insegnante e interazione con i coetanei), contiene alcuni
interventi di grande interesse.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 208 del 10 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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