Minime. 204



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 204 del 6 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Rosellina Scarcella: Contro la violenza mafiosa per una Calabria parco di
pace
2. Aseel Kami: Una madre irachena
3. Sabina Siniscalchi: Centro America tra oppressione e speranza
4. Programma della Vetrina dell'editoria anarchica e libertaria a Firenze
dal 7 al 9 settembre
5. Serge Latouche: La virtu' del giardiniere
6. Girolamo De Michele presenta "Contro il relativismo" e "Pensare dritto,
pensare storto" di Giovanni Jervis
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. SOLIDARIETA'. ROSELLINA SCARCELLA: CONTRO LA VIOLENZA MAFIOSA PER UNA
CALABRIA PARCO DI PACE
[Attraverso Raffaello Saffioti riceviamo e diffondiamo la seguente lettera
di solidarieta' ad Antonio D'Agostino e i suoi familiari scritta da
Rosellina Scarcella. Ci associamo a quesa dichiarazione ed invitiamo chi ci
legge a fare altrettanto. Dichiarazioni di solidarieta' con Antonio
D'Agostino e Francesca Romano possono essere inviate a Raffaello Saffioti
(e-mail: rsaffi at libero.it) che provvedera' a inoltrarle.
Rosellina Scarcella e' impegnata nell'associazione Casa per la pace
"Domenico Antonio Cardone" di Palmi.
Antonio D'Agostino, ingegnere, insegnante, e' persona di forte impegno
civile, amico della nonviolenza.
Francesca Romano, coniuge di Antonio D'Agostino, e' magistrata alla Corte
d'appello di Catanzaro.
Raffaello Saffioti, amico della nonviolenza, infaticabile promotore di
iniziative di pace, solidarieta', cultura, e' animatore dell'esperienza
della Casa per la pace "Domenico Antonio Cardone" di Palmi]

A Tonino D'Agostino, alla sua famiglia, agli amici dei "Quaderni del Sud -
Quaderni Calabresi"
Carissimi,
per noi che viviamo in questa regione tragica e sublime, bella e martoriata
da mille problemi, per noi che abbiamo deciso di restare a vivere in
Calabria e a lavorare per il cambiamento di questa terra, segnata dalla
violenza e dal degrado, e' quasi scontato lo scontro con le forme di
illegalita' diffuse nel territorio, presenti sul posto di lavoro, nella
societa' in cui viviamo.
Per noi non e' mai una eventualita' remota il fatto di dover fronteggiare,
prima o poi, un mafioso o i metodi mafiosi di cui tanti sono portatori.
Ma per noi che, come voi, abbiamo visto in tanti seminari con Danilo Dolci,
qui in Calabria, la gente svegliarsi e sognare una Calabria "Parco di pace
tra due mari"; per noi che abbiamo visto gli occhi di tanti ragazzi
accendersi mentre descrivevano i loro sogni di un futuro diverso per la
Calabria, e' quasi impossibile non continuare a lottare per una societa'
piu' giusta e a sperare in un domani senza piu' la violenza, mafiosa e non,
a condizionare la nostra vita e i nostri pensieri.
Sappiamo i rischi che si corrono quando l'impegno nella societa' civile
contrasta il malaffare e soprattutto quando si lavora per coinvolgere la
gente onesta nella gestione della cosa pubblica.
Non mi sorprende il coraggio con cui avete affrontato questo evento e la
calma lucidita' con cui vi preparate a rispondere alla barbarie
rappresentata da quel rozzo gesto compiuto dinanzi alla vostra abitazione.
Mi sorprende invece che, nonostante negli ultimi anni si faccia un gran
parlare sulla forza della 'ndrangheta, ancora non si sia pronti, nella
societa' civile e tra i politici, a dare risposte concrete ed utili a
cambiare la vita nei nostri paesi. Magari anche solo risposte che siano
segnali di speranza.
Non credo che i politici siano tutti collusi con la mafia ma poco coraggiosi
si'. Essi appaiono spesso, quando non sono complici, scarsamente consapevoli
del grado di violenza che devono fronteggiare nel quotidiano amministrare, e
poco preparati a proporre alternative, a percorrere vie nuove. E non penso
tanto alla cultura della nonviolenza, ancora poco conosciuta, ma a qualcosa
di piu' "facile" come l'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione.
Quanti amministratori onesti hanno capito la portata del principio di
sussidiarieta'? Quanti di loro sanno che l'amministrazione puo' prendersi
cura insieme ai cittadini dei beni comuni? Quanti sono i sindaci e le
amministrazioni (tra quelli veramente desiderosi di cambiare le cose nel
loro territorio) che hanno incominciato il nuovo amministrare partendo dal
coinvolgimento delle persone motivate ad essere cittadini attivi? Quanti
hanno capito che la spinta ad agire viene dalla speranza e che mandare
segnali che alimentino la speranza e' il primo e piu' importante passo per
il cambiamento?
Non la speranza generica che prima o poi la cose cambieranno ma la speranza
che nasce dalla visione profetica del futuro, la speranza che trae forza
dalla disponibilita' anche a correre i rischi necessari per cambiare la
realta'. Perche' sappiamo che questa non e' immobile e immutabile ma puo'
cambiare anche a seconda dell'impegno di ciascuno, quando l'impegno nasce
dalla convinzione profonda che un mondo diverso e' possibile, quando
l'impegno e' sostenuto dalla tensione etica.
Molti politici onesti ancora non hanno capito quali sono le priorita' in
regioni martoriate dalla violenza mafiosa. Ma la mafia ha certo capito:
distruggere la speranza, impedire la partecipazione, alimentare la paura e
la diffidenza reciproca tra le persone, e' importante per arrivare al
dominio su eventi e uomini.
*
Il vostro lavoro di contrasto allo strapotere mafioso e' importantissimo ed
efficace e dunque e' quasi naturale che si cerchi di colpire chi lo porta
avanti. Per questo bisogna mandare chiara la risposta che non siete soli.
Voi partecipate di una rete che si estende in tutta Italia e oltre, una rete
che e' quella degli uomini di buona volonta' ma anche di centinaia di gruppi
e di associazioni di giovani, di professionisti, di cittadini comuni che
sanno che un altro mondo non solo e' possibile ma e' ormai necessario se la
terra deve sopravvivere.
Una rete di associazioni e centri che studiano e sperimentano a tutti i
livelli nel vivere quotidiano, sul posto di lavoro, nelle scuole, nelle
universita' un modo diverso di relazionarsi agli altri, alla cultura, alla
natura; un modo piu' rispettoso della vita, piu' attento ai bisogni di
ciascuno e in particolare di quella creatura di creature che e' la terra.
Questa lettera vuole farvi giungere la mia personale solidarieta' oltre a
quella della Casa per la pace di Palmi della quale faccio parte. Essa ha lo
scopo di dirvi che sono pronta ad appoggiare qualunque iniziativa di
risposta nonviolenta alle minacce mafiose vorrete prendere.
Non ci siamo ancora riuniti come gruppo e quindi non abbiamo ancora deciso
il che fare come associazione, ma a me sembra che un convegno sul ruolo
della cittadinanza attiva, nei paesi condizionati dalla presenza di gruppi
clientelari e/o mafiosi per contrastarne il potere, potrebbe risultare
utile.
Cosi' come un convegno sul recupero dei centri storici del sud e sulla loro
utilizzazione per riavviare la democrazia partecipata, mettendo a confronto
esperienze diverse, anche fatte all'estero, potrebbe diffondere conoscenze,
esperienze e contribuire ad alimentare la speranza in chi vuole lavorare per
una Calabria diversa da quella che le cronache dei giornali ci rimandano;
per una Calabria che, noi lo sappiamo, esiste gia' perche' la vediamo viva
ogni qualvolta ci si incontra a Pisa, a Viterbo, a Perugia, a Vibo, a
Nardodipace, a Palmi come abbiamo potuto costatare anche nell'ultimo
incontro dei gruppi nonviolenti della Calabria il 25 agosto scorso.
Spero di potervi incontrare al piu' presto per qualche iniziativa comune. Vi
abbraccio tutti
Rosellina  Scarcella, Casa per la pace di Palmi

2. TESTIMONIANZE. ASEEL KAMI: UNA MADRE IRACHENA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo dal
titolo "Il lavoro piu' duro e' essere madre" pubblicato dallla Reuters il 2
settembre 2007.
Aseel Kami, giornalista irachena, e' dal 2005 corrispondente della Reuters a
Baghdad]

Baghdad. La gente mi chiede se e' difficile essere una giornalista, in Iraq.
Per me, il lavoro piu' duro e' essere madre.
La quotidiana paura che ho per mio figlio mi ha sommersa l'anno scorso,
quando un'autobomba e' esplosa vicino a casa nostra, durante il Ramadan. Mio
figlio Hani, che allora aveva sei anni, aveva appena spesso di giocare a
calcio con gli amichetti, in strada. E' entrato in casa, sudato e felice, si
e' lavato faccia e mani e si e' seduto a tavola per pranzare con me e mia
madre. Il boato dell'esplosione e' stato assordante. Frammenti di una
finestra andata in pezzi sono caduti su mia madre e tutti abbiamo fatto un
salto sulla sedia. Ho afferrato Hani e l'ho trascinato con me nell'angolo
piu' sicuro della casa. Alcuni minuti dopo mi sono ricordata di essere una
giornalista e sono corsa fuori a vedere cos'era accaduto. Potevo scorgere
solo nuvole di polvere e sentivo solo persone urlare. Anch'io ho gridato:
"Cosa sta succedendo, per amor di Dio?". Ho udito la risposta di un vicino:
"E' un'autobomba, un'autobomba". Sei persone rimasero uccise, fra cui una
bambina di cinque anni. Uno degli amici che avevano appena finito di giocare
con Hani e' stato ferito allo stomaco, un altro ha perso un occhio. Ancora
non riesco ad immaginare cosa sarebbe potuto accadere se mio figlio si fosse
attardato in strada solo altri pochi attimi.
Hani ora e' al secondo anno di scuola. L'ho spostato dalla scuola pubblica,
che e' vicina a casa nostra, ad una scuola privata che e' attaccata al mio
ufficio alla Reuters. La' gli insegnano anche inglese e musica, materie che
io non studiavo quando avevo la sua eta'. Sta andando bene. Ma e' fortunato
se riesce a frequentare due settimane di seguito senza essere bloccato a
casa da problemi di sicurezza. Ogni volta che perde giorni di scuola a causa
delle nostre paure mi sento terribilmente frustrata. Ma la scuola non e'
l'unico luogo in cui riceve insegnamenti. Una societa' lacerata dalla
violenza settaria gli sta insegnando altre cose che io da bambina non ho mai
appreso. Seduto a tavola, un giorno, Hani mi ha chiesto: "Mamma, io sono
sciita o sunnita?". Non ho mai potuto sopportare l'idea di dividere la gente
in sette. Ho risposto: "A chi te lo chiede, rispondi cosi': sono un
musulmano".
Il bombardamento di un sito sacro sciita nella citta' di Samarra, nel
febbraio 2006, ha scatenato un'ondata di violenza settaria che ha ucciso
decine di migliaia di iracheni, e ne ha forzati molti di piu' a fuggire
dalle proprie case. Sono sempre tentata di chiudere dentro casa mio figlio,
per tenerlo al sicuro. Ma so che un bimbo che cresce ha bisogno di uscire.
Quando avevo la sua eta', io andavo in piscina con la mia famiglia, e in
locali pubblici, e facevo pic-nic nei parchi con i miei genitori e i miei
compagni di scuola. Tutte queste cose sono impossibili oggi. Pero' Hani ama
il calcio, e ci gioca ogni giorno, passando due o tre ore in strada. Ora
sembra sia un po' piu' sicura, e' bloccata da un checkpoint dell'esercito
proprio nel punto in cui l'autobomba esplose l'anno scorso, ma si puo'
morire nella strada adiacente per i colpi di mortaio.
Noi madri di Baghdad cerchiamo di darci aiuto l'un l'altra come possiamo.
Ogni giorno parlo al telefono con un'amica che vive sull'altra sponda del
fiume Tigri, che taglia Baghdad in due. Incontrarci di persona e' troppo
pericoloso. La mia amica sta male a causa della pressione alta e
dell'esaurimento dovuto al preoccuparsi per la sua famiglia. Ha tre figli,
il che significa che il suo travaglio e' il triplo del mio. Ali, il suo
figlio maggiore, ha 21 anni, ed e' la sua principale fonte di ansia. Ha un
nome tipicamente sciita, e la famiglia vive in un quartiere a maggioranza
arabo-sunnita. Il ragazzo frequentava l'universita' in un'area parimenti
sunnita. "L'ho costretto a posporre gli studi, per quest'anno", mi ha detto
la mia amica, "Ero troppo spaventata all'idea che lo ferissero, soprattutto
quando ho sentito che uomini armati sono entrati nella sua facolta' e hanno
portato via due studenti sciiti".
A volte, come madri, sfoghiamo la nostra frustrazione proprio contro i
nostri figli, e poi ci sentiamo disperatamente colpevoli. Un'altra mia
amica, ventiseienne, ha una piccola di tre anni ed un bimbo di appena dieci
mesi, e va nel panico se solo non riesce a mettersi in contatto con suo
marito, poliziotto, quando lui e' al lavoro. "Influisce su come tratto i
miei bambini", mi ha confidato, "Urlo contro di loro, a volte finisco per
dare uno schiaffo alla piu' grande".
Quest'anno sono riuscita a portare Hani in vacanza in Siria, per tre
settimane. E' stato cosi' bello vederlo sedere nei caffe', girare per i
giardini e i parchi. Hani mi ha chiesto se potevamo restare un altro mese,
ma dovevamo tornare, per via del mio lavoro. Sono molto fiera del mio
lavoro. Solo, a volte, mi sento egoista, e mi chiedo se sto ipotecando il
futuro di mio figlio. Passo notti insonni a ripetermi questa domanda: un
altro fardello, dei tanti che pesano sulla schiena di una madre irachena.

3. RIFLESSIONE. SABINA SINISCALCHI: CENTRO AMERICA TRA OPPRESSIONE E
SPERANZA
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo la prefazione di Sabina
Siniscalchi al recente libro di Luca Martinelli, I colori del mais.
Societa', economia e risorse in Centro America, Emi, Bologna 2007.
Sabina Siniscalchi (Caronno Pertusella, 1952), parlamentare italiana, dopo
la laurea in scienze politiche nel 1975 ha passato la selezione per la
carriera diplomatica, ma ho scelto di rimanere nel mondo non governativo; ha
lavorato a Mani Tese dal 1978 al 2002, negli ultimi dieci anni come
segretaria nazionale; oggi e' direttrice della Fondazione culturale della
Banca Etica; ha partecipato ai vertici Onu sullo sviluppo, ai Social Forum e
a reti e progetti internazionali contro la poverta', per l'abolizione del
lavoro minorile e la giustizia sociale.
Luca Martinelli, amico della nonviolenza, redattore di "Altreconomia", e'
impegnato nell'esperienza di Mani Tese e in varie iniziative di
solidarieta'; nato a Pescia, in provincia di Pistoia, nel 1980, vive a
Torino e lavora a Milano nella redazione della rivista "Altreconomia";
laureato a Pisa in scienze politiche con una tesi sul Plan Puebla Panama e
lo sviluppo nel Sudest messicano e in America Centrale; dal 1999 volontario
dell'associazione Mani Tese; tra il 2003 e il 2004 ha lavorato come
volontario per il Centro de Investigacion Economica y Politica de Accion
Comunitaria (Ciepac) in Chiapas; dall'autunno 2004 al novembre 2006 si e'
occupato del Centro di documentazione dell'associazione Mani Tese a Milano;
collaboro con "Liberazione", "Manitese", "Guerre&Pace", "Il manifesto",
"Diario", "Carta". Opere di Luca Martinelli: I colori del mais. Societa',
economia e risorse in Centro America, Emi, Bologna 2007]

Il Centro America e' il paradigma di una globalizzazione sbagliata, persino
di un mondo sbagliato.
Paesi che potrebbero integrarsi con profitto nell'economia mondiale sono
vessati da accordi commerciali che ne sfruttano le preziose risorse senza
lasciare benessere. Paesi pacifici, estranei a odi etnici e conflitti
tribali, ma che sono stati il campo di battaglia delle "guerre per procura"
con cui le due superpotenze hanno insanguinato il Sud del mondo ai tempi
della guerra fredda. Paesi dalle terre fertili e dal clima mite, dove il
tasso di malnutrizione e denutrizione sta crescendo. Paesi ricchi di cultura
e tradizioni, dove le comunita' sono sbriciolate da modelli sociali che
arrivano da lontano.
Ho viaggiato in Centro America in anni diversi: ai tempi delle "Repubbliche
delle banane", quando imperversavano le feroci dittature foraggiate dalla
Cia, e le popolazioni resistevano con coraggio, fino alla vittoria. Poi
negli anni Novanta, quando si affacciavano all'orizzonte nuovi governi e
nuove speranze, spazzati via dalle lotte politiche, dalla corruzione e dalla
frantumazione sociale.
Oggi, nonostante le gloriose battaglie e le luminose figure di martiri, il
Centro America non si sottrae ai problemi indotti da una globalizzazione che
avvantaggia pochi. Manca il lavoro per gli adulti, costretti a emigrare,
mentre i bambini vengono sfruttati e abbandonati. I contadini si
impoveriscono in un mercato che, a causa dell'instabilita' dei prezzi dei
prodotti agricoli e della volatilita' del credito, non offre loro nessuna
garanzia. Le comunita' indigene, senza programmi di integrazione nelle loro
lingue, rimangono escluse dai processi sociali e politici. Le donne,
oppresse da un machismo senza eta', sopportano il carico delle famiglie e il
peso dell'emarginazione.
Centro America senza futuro, dunque? Non credo: queste terre sono state la
culla di lotte che hanno dato l'esempio al resto del mondo, presto
conosceranno la giustizia e la liberta', come altri Paesi del continente
latinoamericano, che oggi incarnano la speranza di un mondo nuovo.

4. PROGRAMMA DELLA VETRINA DELL'EDITORIA ANARCHICA E LIBERTARIA A FIRENZE
DAL 7 AL 9 SETTEMBRE
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Si terra' a Firenze dal 7 al 9 settembre 2007, al Teatro Saschall (ex teatro
Tenda), lungarno Aldo Moro angolo via Fabrizio De Andre', la terza Vetrina
dell'editoria anarchica e libertaria
Nel corso dei tre giorni sono previsti stand con esposizione e vendita di
libri, presenze e scambio d'idee con gli editori, dibattiti, presentazione
libri, conferenze, spettacoli teatrali e musicali e altro. Ristori solidali,
buffet e bevande. Ingresso libero.
Presentiamo il programma dell'iniziativa.
*
Venerdi 7 settembre
Ore 17-17,45: Alternativa Libertaria: cofanetto prima serie di Antipodi e
mostra
Ore 17,55-18,40: Cira-Losanna: campagna di finanziamento
Ore 18,50-20,20: Edizioni La Baronata: "Francobollo per Giuseppe Pinelli",
"Gimenez (memorie sulla guerra di Spagna)"
Ore 21-22: Gruppo Malatesta: proiezione film su Malatesta di P. Lilienthal
Ore 22: cinema di notte
*
Sabato 8 settembre
Ore 10,20-11,05: "Cenerentola": presentazione rivista
Ore 11,15-12: Edizioni Galzerano: "Michele Schirru e l'attentato a Mussolini
(1931)"
Ore 12,10-13: Comunita' di Carrara: presentazione delle attivita'
Ore 14-14,45: Edizioni Zero in Condotta: "La comunita' escludente. La nuova
destra tra piccole patrie ed Europa nazione" di Pietro Stara, interviene
l'autore
Ore 14,55-16,10: Edizioni La Fiaccola: proiezione "Franco Leggio" e
presentazione libro tra le novita' in uscita
Ore 15,30-17: Tavola rotonda: "Vivere senza padroni", con Stefano Boni e
Elis Fraccaro
Ore 16,20-17,05: Csl "Louise Michel": "Sacco e Vanzetti cause e fini di un
delitto"
Ore 17,15-19,15: "A. Rivista Anarchica": proiezione "A forza di essere
vento. Lo sterminio nazista degli zingari", a cura di Paolo Finzi e
dibattito con la partecipazione di Piero Colacicchi e Demir Mustafa'
Ore 19,25-20,05: L'autore Stefano d'Errico presenta "Anarchismo e politica.
Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del ventesimo secolo, il
programma minimo dei libertari del terzo millennio. Rilettura antologica
biografica di Camillo Berneri"
Ore 21: Zero Beat: proiezione dello spettacolo teatrale E.R.O. Camillo
Berneri
Ore 22: cinema di notte
*
Domenica 9 settembre
Ore 9-10,30: Comitato promotore della Vetrina: dibattito sulla Vetrina
dell'editoria anarchica e libertaria
Ore 10,30-12: Acrataz: dibattito sull'editoria elettronica anarchica.
Alternativa Libertaria: dibattito su: Ruolo e forme della propaganda
libertaria oggi nel mondo
Ore 12 -12,45: Edizioni Zero in Condotta: "Erich Muehsam: il poeta
anarchico - vita e poesie" a cura di Leonhard Schaefer
Ore 14-15: Carlo Capuano: conferenza "Storia dell'Inquisizione"
Ore 15,10-16: Gruppo Malatesta: proiezione "Libertad integral" con commento
Ore 16,10- 17,20: ApArte: "Bresci, un tessitore anarchico"; "Ventotene
storie di confinati"
Ore 17-17,45: Anarchismo Net: presentazione sito
Ore 17,30-18,20: Centro Studi Della Val di Pesa: pubblicazioni fuori collana
2007 "Fiume". L'estetica alla guerra", "Arte & Anarchia", "Poesia ribelle",
a cura di Alberto Ciampi
Ore 18,30-20: "Collegamenti Wobbly": presentazione trentesimo della rivista
con dibattito
Ore 21-22: Maurizio Bignardelli: proiezione cortometraggi autoprodotti
"Mamma li turchi!" "Leonardo De Lorenzo"
*
Mostre
- "Il Vernacoliere": locandine anticlericali
- Ado: illustrazione di critica sociale - 45 tavole
- Cira - Losanna: storia e attivita' del Cira - 10 pannelli
- Carlo Capuano: disegni "Cleroticus" - "Clerotarocchi"
- Gruppo Malatesta: (manifesti Spagna '36) - 33 pannelli
- Centro internazionale della grafica: disegni anticlericali di Vincenzo e
Ulisse
- Circolo Anarchico "Camillo Berneri": Giornali murali
*
Scultura
Performance di un'opera fatta da scultori e maestranze della pietra, del
marmo, del ferro e del legno. Ogni pezzo sara' realizzato secondo la loro
libera ispirazione rispettando le misure concordate per la riuscita
nell'assemblamento. Esecutori: Francesco Verdelli - scultura in marmo,
Accademia Belle Arti di Carrara; Angelo Viola - scultura in pietra,
Accademia Belle Arti di Napoli; Beppe Valente - ebanista falegname;
Maestranze fabbri forgiatori: Dante Rossi - cavatore e fabbro di Carrara;
Pietro Elis Fraccaro di Marghera, Venezia; Roberto Giordani di Mercato
Saraceno, Cesena; Iadran Scenico di Ardea, Roma; Sisco di Firenze
*
Musica e teatro
7 settembre
Ore 17: banda musicale (Firenze)
Ore 18: teatro sperimentale Anatolia compagnia teatrale: "Delicati uccisori"
riadattamento de "I giusti" di Albert Camus con Chiara Bartoli, Andrea
Lanzini, Daniele Montorsi (Firenze)
Ore 21: concerto Alessio Lega (Milano) "Sotto il pave' la spiaggia", canzoni
di rivolta italiane e francesi
Ore 22,30: concerto dei Faber: tributo a Fabrizio De Andre'
*
8 settembre
Ore 18: teatro: Muehsam, Sacco & Vanzetti: "Per ragion di stato" recitano
Patrizia Creati e Leonhard Schaefer, canta Angela Batoni
Ore 21: omaggio a Caterina Bueno (Firenze) con i gruppi: "Della leggera",
"Radici con le ali", "Tazza di Arianna" e i musicisti di Caterina Bueno
Ore 22,30: concerto dedicato alle canzoni di De Andre', Fondazione G
Ore 23,30: Concerto Gianfry Bogart band (Firenze): dal Blues al Soul per
arrivare al Funky
9 settembre
Ore 15,30: teatro Angelo Maddalena "Lu jurnu di tutti li santi", carte (da
leggere), chitarra (da grattare), voce (per raccontare)
Ore 17,15: "Corvi": canti e tamburi degli indiani d'America (Firenze)
Ore 18,30: teatro Andrea Trere: Storie e ballate di uomini, animali e belve
vol. 2 (Ravenna)
Ore 21: Concerto A Band (Modena)
Ore 22,30: Concerto Terra Terra, canzoni popolari e di lotta (Firenze)
Ore 23,30: Verolis e/o P.G.C.: Cover anni '70 musica rock latino-americana
di controtendenza

5. RIFLESSIONE. SERGE LATOUCHE: LA VIRTU' DEL GIARDINIERE
[Il testo seguente (dal sito:
www.carta.org/campagne/globalizzazione/decrescita/) e' estratto da un
intervento di Serge Latouche tenuto in occasione di un incontro promosso
dalla Fondazione Basso e trascritto da Daniela Degan del Tavolo dell'altra
economia di Roma.
Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed
epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici
e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle
scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle
figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e
la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del
mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati
Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la
deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione
tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati
Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti
dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa.
Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto
a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita'
occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000;
L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del
mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio
sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza
limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia
vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004;
Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia
dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla
decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa'
alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della
decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato
da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali,
globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000]

Il progresso non coincide in nessun modo con lo sviluppo, scriveva piu' di
trent'anni fa Pier Paolo Pasolini. Oggi registriamo dati molto chiari: il
rapporto Living Planet del 2006 del Wwf ci dice che nel 2050 ci occorreranno
due pianeti per procurare le risorse rinnovabili (cibo, legna e acqua). Il
rapporto Stern dice che nel 2050 i cambiamenti climatici avranno effetti
catastrofici dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Il
rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia ci ricorda che tra cinque
anni entreranno in crisi i giacimenti petroliferi di Russia, Usa e Messico.
Intanto, in Francia, in vista delle prossime elezioni presidenziali, e'
stato preparato un Contratto per l'ambiente e tutti gli schieramenti
politici lo hanno firmato. Si tratta di un contratto costruito su cinque
punti fondamentali e l'inasprimento della tassa sul carbone e' la misura
piu' impegnativa. Ma i programmi politici annunciati sono poi accomunati da
un altro aspetto importante: la "crescita". E allora la sensazione e' quella
di predicare nel deserto quando si dice che dobbiamo uscire dalla crescita e
organizzare un'altra societa'. Tale dichiarazione appare blasfema e la
crescita invece cosa assolutamente sacra.
Quanto alla decrescita, siamo di fronte a un concetto o a uno slogan? Credo
che la decrescita non sia un concetto, ma uno slogan che vuole provocare.
Sarebbe piu' corretto parlare di "a-crescita", perche' si deve considerare
che la crescita e' l'aspetto fondamentale sul quale la religione
dell'economia pone l'accento da molti anni. "Crescere per crescere": questo
e' il fine della societa' occidentale. Consumo, produzione, lavoro,
profitto: abbiamo dimenticato la gioia di vivere, i nostri veri bisogni, la
vita.
Ma e' chiaro che non ha senso nemmeno il contrario, "decrescere per
decrescere". Appare urgente inventare un altro modo di vivere, per quella
che potremmo chiamare societa' della decrescita. Il sistema industriale ha
creato tanta miseria e il desiderio di uscire da questo sistema e' stato
chiamato in diversi modi: socialismo, associazionismo, economia sociale. Ora
c'e' la societa' della decrescita.
Possiamo vederla come una societa' autonoma con le proprie leggi che
rappresenta una contrapposizione alla societa' dello sviluppo, quella dei
"gloriosi anni Trenta", quando gli economisti potevamo parlare senza essere
contraddetti dai "circuiti virtuosi dell'economia". Che pero', con il
passare degli anni, sono diventati perversi e allora la crescita economica,
l'accumulazione del capitale, la concorrenza senza pieta' hanno prodotto la
crescita senza limiti delle disuguaglianze e il saccheggio sfrenato della
natura. La natura e i popoli del sud del mondo hanno pagato amaramente la
nostra crescita folle, soprattutto i popoli che non condividono l'idea di
controllo della natura ad opera dell'uomo.
Il circuito virtuoso della societa' della decrescita, come detto in altre
occasioni, non puo' avere un programma politico, ma un modello concreto, un
sogno possibile. Piu' semplicemente un circuito virtuoso dove le tappe si
legano l'una all'altra: sono le ormai note otto "R" (rivalutare,
ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre,
riutilizzare e riciclare), di cui abbiamo gia' parlato.
Abbiamo nella nostra testa un martello economico e se in testa hai un
martello, la cosa piu' spontanea che ti viene in mente sono solo i chiodi. I
chiodi sono i verbi produrre, lavorare, sfruttare sempre di piu' la natura,
la tecnologia e la modernita'. Per cambiare i valori e l'immaginario, non
bisogna essere un guerriero, ma un buon giardiniere armato di pazienza,
lentezza, reciprocita', altruismo certamente non dell'odio. Attualmente i
media che tipo di valori propongono? Non certo quelli della societa' della
decrescita: non puo' esserci un risultato immediato, il processo sara'
lungo. Ma sara' "per amore o per forza".

6. LIBRI. GIROLAMO DE MICHELE PRESENTA "CONTRO IL RELATIVISMO" e "PENSARE
DRITTO, PENSARE STORTO" DI GIOVANNI JERVIS
[Dal quotidiano "Liberazione" del 5 settembre 2007 riprendiamo la seguente
recensione.
Girolamo De Michele, nato a Taranto, vive a Ferrara, scrittore, docente nei
licei, in ambito universitario collabora con la cattedra di antropologia
filosofica a Bologna e svolge corsi di logica e storia italiana
contemporanea per matricole di giurisprudenza a Ferrara; ha pubblicato saggi
di filosofia, ricerche storiche, romanzi. Opere di Girolamo De Michele: Tiri
mancini. Walter Benjamin e la critica italiana, Mimesis, 2000; Felicita' e
storia, Quodlibet, 2001; Tre uomini paradossali, Einaudi, 2004; Scirocco,
Einaudi, 2005.
Giovanni Jervis, nato a Firenze nel 1933, figlio del martire della
Resistenza Guglielmo Jervis, psichiatra, ha preso parte alla lotta contro le
istituzioni totali e per un'assistenza rispettosa della dignita' umana della
persona sofferente, docente universitario. Tra le opere di Giovanni Jervis a
nostro giudizio fondamentale resta il suo Manuale critico di psichiatria,
Feltrinelli, Milano 1975. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle
scienze filosofiche (www.emsf.rai.it7 riprendiamo la seguente scheda: "Nato
a Firenze il 25 aprile 1933, Giovanni Jervis ha conseguito la laurea in
Medicina a Firenze nel 1957, e la specializzazione in Neurologia e
Psichiatria a Roma nel 1960. Nel 1968 ha ottenuto la libera docenza in
Psichiatria. Dal 1959 al 1963 ha collaborato con l'etnologo Ernesto De
Martino in ricerche sul tarantismo pugliese e sul tema culturale e
psicopatologico della fine del mondo. Dal 1966 al 1969 ha collaborato con lo
psichiatra Franco Basaglia lavorando a tempo pieno nella Comunita'
terapeutica di Gorizia. Dal 1969 al 1977 e' stato direttore dei Servizi
psichiatrici territoriali di Reggio Emilia. Dal 1977 insegna all'Universita'
La Sapienza di Roma. Attualmente e' ordinario di Psicologia Dinamica nella
Facolta' di Psicologia di questa Universita'. E' stato, negli anni Sessanta,
membro del consiglio editoriale della casa editrice Einaudi e in seguito
consulente per la Feltrinelli e la Garzanti. Ha una formazione
psicoanalitica freudiana...". Opere di Giovanni Jervis: Manuale critico di
psichiatria, Feltrinelli, Milano 1975; Il buon rieducatore, Feltrinelli,
Milano 1977; Presenza e identita', Garzanti, Milano 1984; La psicoanalisi
come esercizio critico, Garzanti, Milano 1989; Fondamenti di psicologia
dinamica. Un'introduzione allo studio della vita quotidiana, Feltrinelli,
Milano 1993; Sopravvivere al Millennio, Garzanti, Milano 1996; (con Giorgio
Bartolomei), Freud, Carocci, Roma 1996;  La conquista dell'identita'. Essere
se stessi, essere diversi, Feltrinelli, Milano 1999; Psicologia dinamica, Il
Mulino, Bologna 2001; La depressione, Il Mulino, Bologna 2002;
Individualismo e cooperazione. Psicologia della politica, Laterza, Roma-Bari
2002; Prime lezioni di psicologia,  Laterza, Roma-Bari  2004; Contro il
relativismo,  Laterza, Roma-Bari 2005; Pensare dritto, pensare storto.
Introduzione alle illusioni sociali, Bollati Boringhieri, Torino 2007]

Al dibattito in corso sul relativismo si e' iscritto ultimamente Giovanni
Jervis, autore di quel Manuale critico di psichiatria che e' stato un punto
di riferimento per il pensiero critico degli anni Settanta. In Contro il
relativismo (Laterza, 2005) e Pensare dritto, pensare storto. Introduzione
alle illusioni sociali (Bollati Boringhieri, 2007) Jervis ha unito una
chiara difesa delle verita' scientifiche con un esplicito rifiuto del
relativismo, da lui inteso come indifferenza verso i valori ed
indiscriminata equiparazione di culture e stili di vita: in definitiva, una
versione estrema del nichilismo, alla cui radice e' la scissione
nietzscheana tra fatti e interpretazioni, una sfiducia nell'idea di
oggettivita' che conduce, intenzionalmente o meno, ad attribuire un ruolo
eccessivo alla soggettivita'.
Per contro, Jervis rivendica un realismo (che chiama anche empirismo)
incentrato sull'esistenza di fatti verificabili. "Ci occorre comunque
qualche bussola", una migliore conoscenza della mente umana che ci aiuti a
distinguere tra fatti e percezioni dei fatti.
Jervis fornisce un breve elenco di stereotipi che alterano la nostra
percezione dei fatti: la deformazione del nostro modo di interpretare il
comportamento altrui, per effetto del quale tendiamo a sottovalutare
l'influenza della situazione per sopravvalutare le caratteristiche del
protagonista; la percezione dei comportamenti altrui "come dovuti a
intenzioni dirette a un fine", una sorta di predisposizione alla percezione
del finalismo, laddove "non tutti gli eventi che colpiscono la nostra
immaginazione dipendono da intenzioni consapevoli" perche' il caso e
l'inconsapevolezza "hanno un'importanza che non sempre siamo disposti a
riconoscere"; la tendenza a credere che un fenomeno debba avere una sola
causa. In questi stereotipi, o pre-giudizi, l'inquietante e un po' caotica
complessita' del pluri-verso viene trasformata in un rassicurante uni-verso
ordinato secondo un riconoscibile ordine dei fini: l'offerta di valori
assoluti contro una generica modernita' pervasa dal relativismo, dallo
scientismo e dal positivismo si avvale sapientemente di questi pre-giudizi.
*
Per Jervis un fatto e' un'asserzione scientificamente accertata e
dimostrabile: alcune affermazioni sulla natura umana sono quindi fatti,
ovverosia esiste una natura umana: "uno dei punti fermi della moderna
antropologia scientifica e' che una natura umana esiste, e proprio in senso
biologico". Particolarmente interessante e' la metafora della mente umana
come "coltellino svizzero": le nostre facolta' mentali, comprese le piu'
evolute e astratte, sono "come strumenti, due lame, un giravite, forbicine,
e che questi strumenti [sono] utili a fare mille cose, ma non tutte, perche'
ciascuno di essi ha i suoi impieghi e i suoi limiti". L'invariante biologico
della natura umana e' l'assenza di un'adeguata dotazione originaria in
termini di strumenti fisici e mentali, habitat, capacita', alla quale
l'essere umano sopperisce con l'adattabilita'. Sono evidenti gli echi di una
linea antropo-filosofica che, partendo da Bolk e Gehlen, riconosce che i
tratti invarianti della natura umana implicano la massima variabilita'
dell'esperienza: l'invariante biologico che contraddistingue l'esistenza
dell'animale umano e' riconducibile non a una supposta natura immutabile e
teleologicamente ordinata, ma al concetto filosofico di potenza (dynamis).
Non a caso Jervis ha in passato approfondito il concetto di identita' come
conquista, come processo che, pur partendo da alcune costanti genetiche,
viene costantemente modificato dal contesto sociale e dal conflitto tra
identita' individuale e identita' sociale. Qui, pero', Jervis rischia di
contraddire se stesso. Se infatti il richiamo all'imprescindibilita' del
fatto scientifico e' una salutare ventata sui miasmi del dilagante
antiscientismo teocon, e' pero' vero che nel suo radicale anti-relativismo
Jervis finisce per incorrere nell'errore opposto: sottovalutare l'importanza
delle interpretazioni con valore di fatto rispetto al mero dato scientifico.
Se il fatto e' il carattere potenziale della natura umana, dunque l'assenza
di verita' come destino, con buona pace della passivita' con cui le greggi
riminesi compitavano che "la verita' e' il destino per cui siamo stati
fatti": allora l'interpretazione di questo fatto, la potenza che sostanzia i
diritti e i valori che si innestano su questa natura indifferenziata, ha
almeno tanta realta' quanto il fatto stesso. Dove Jervis sbaglia e' nel far
coincidere il relativismo con l'indifferenza: come effettivamente accade nel
relativismo accademico americano (sostanzialmente indifferente alla concreta
durezza della vita), o nel pensiero neo-reazionario che ripropone una
raffinata versione del razzismo mascherata dal rispetto per le differenze
culturali. Ma che il relativismo sia solo questo e' la tesi cara a Ratzinger
e ai suoi atei devoti: per combattere la quale il sano materialismo di
Jervis, una volta smussati i suoi eccessi, e' un utile compagno di strada.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 204 del 6 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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