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Minime. 203
- Subject: Minime. 203
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 5 Sep 2007 00:40:15 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 203 del 5 settembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. A Firenze dal 7 al 9 settembre 2. Diana Napoli intervista Flavio Marcolini 3. A Vicenza 4. Enrico Peyretti presenta "Inchiesta su Gesu'" di Corrado Augias e Mauro Pesce 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. A FIRENZE DAL 7 AL 9 SETTEMBRE [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] Il comitato promotore comunica che la terza Vetrina dell'editoria anarchica e libertaria si terra' a Firenze il 7-8-9 settembre 2007 al Teatro Saschall (ex teatro Tenda), lungarno Aldo Moro angolo via Fabrizio De Andre'. Nel corso dei tre giorni sono previsti stand con esposizione e vendita di libri, presenze e scambio d'idee con gli editori, dibattiti, presentazione libri, conferenze, spettacoli teatrali e musicali e altro. Ristori solidali, buffet e bevande. Ingresso libero. 2. TESTIMONIANZE. DIANA NAPOLI INTERVISTA FLAVIO MARCOLINI [Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia at libero.it, sito: www.storiedellastoria.it) e Flavio Marcolini (per contatti: mir.brescia at libero.it) per questa intervista. Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano, e' attualmente volontaria presso il Centro per la nonviolenza di Brescia. Flavio Marcolini, insegnante, pubblico amministratore, amico della nonviolenza, e' tra gli animatori del Centro di ricerca nonviolenta di Brescia] 42 anni, Flavio Marcolini insegna lettere al liceo sociopsicopedagogico "Don Milani" di Montichiari, del quale ha condensato la storia in un volume pubblicato dalla Grafo edizioni nel 2004. Fra i coordinatori del Centro di ricerca nonviolenta di Brescia, e' consigliere comunale a Calcinato, scrive sul quotidiano "Bresciaoggi" e collabora con alcune riviste gardesane. Quella di Brescia, in via Milano 65 dal 1975, e' stata una delle prime sedi italiane del Movimento Nonviolento. In prima linea per il riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza, ha ospitato gran parte degli obiettori negli anni immediatamente seguenti l'approvazione della legge. A testimonianza di questa storia gloriosa, restano la biblioteca, l'emeroteca e soprattutto l'archivio, la cui consultazione consente di ripercorrere alcune delle tappe fondamentali della storia dell'antimilitarismo e della nonviolenza in Italia. * - Diana Napoli: Il Centro di ricerca nonviolenta e' stato creato nel 1976 da alcuni obiettori allo scopo di raccogliere materiale documentario sulla nonviolenza e di promuovere studi e ricerche sui temi ad essa legati: la pace, l'ecologia, l'antimilitarismo. Oggi rimane una biblioteca di 2.500 volumi circa, un'emeroteca e un archivio attraverso i quali e' possibile leggere la storia della nonviolenza in Italia. Quando hai iniziato ad occupartene, cosa speravi che diventasse? - Flavio Marcolini: Quando ho iniziato a collaborarvi, nel 1982, speravo divenisse la grande biblioteca della nonviolenza italiana, che organizzasse attivita', iniziative, corsi, convegni, cineforum, pubblicasse testi, creasse posti di lavoro consentendo ad uno o piu' operatori di lavorarci stabilmente. Non e' andata cosi'. Il mio ruolo al Centro di ricerca nonviolenta da almeno un decennio e' ora di carattere resistenziale. Continuo a portare materiale, anche se da quando non ci sono piu' gli obiettori ho smesso di curare l'archiviazione di libri e riviste perche' lo fanno ottimamente le volontarie in servizio civile. Assai di rado, piu' o meno una volta all'anno, vengo chiamato per consulenze ai tesisti o agli studenti che vi si avventurano. Ritaglio sistematicamente gli articoli della stampa italiana e porto volantini, manifesti, opuscoli, libri, riviste a non finire. Si tratta per me di una pratica ormai quasi irriflessa, una sorta di funzione biologica. * - Diana Napoli: Come mai a tuo parere l'avvenire del Centro di ricerca nonviolenta non e' stato del tutto all'altezza dei propositi iniziali e sconta oggi una sorta di stasi nelle iniziative rivolte all'esterno? - Flavio Marcolini: Innanzitutto ha pochissimi contatti con l'esterno e quasi nessuno sa che c'e'. Perche' non volantiniamo tutti i giorni i nostri fogli e giornali o vendiamo i nostri libri in Piazza Loggia, come suggeriva Pietro Pinna venti giorni fa ai Masi di Palu'. Perche' non interveniamo sulla stampa locale con le nostre idee e posizioni sul degrado antropologico che ci sta attorno. Perche' non andiamo nelle scuole a tenere assemblee sulla nonviolenza. Perche' non abbiamo ancora creato un sito web che faccia sapere al mondo che esistiamo. * - Diana Napoli: Tu pensi che oggi siano di questo tipo le iniziative necessarie? - Flavio Marcolini: Oggi serve preparare la rivoluzione nonviolenta. Che per me significa fra mezz'ora andare in piazza qui a Calcinato a discutere in assemblea le possibili soluzioni dei mali che affliggono il paese. Poi tornare a casa e glossare un pensiero nonviolento come quello che riapprendo in questi giorni dallo Zibaldone di Leopardi. E poi ancora (ri)formarmi un'idea del mondo su giornali, film, libri, canzoni, in attesa di riprendere le lezioni a scuola, dove cerco di far lievitare coscienze un po' piu' consapevoli di quelle che lo popolano oggi. Piu' in generale, saluto con folgorato interesse l'indicazione offertami da Alfredo Mori qualche tempo fa in casa di amici. C'e' un sacco di gente che va in giro a parlare - diceva in sostanza partendo da una chiacchierata su Zanotelli - e invece bisognerebbe stare in un posto e fare. Fare. Ogni luogo e' il centro del mondo. Con altri compagni abbiamo avviato la per ora zoppicante esperienza del comitato Via le atomiche da Ghedi: buono. A scuola c'e' un nucleo di studenti e insegnanti che lavora sulla nonviolenza, l'internazionalismo, il consumo critico, il commercio equo: buono. A Vicenza c'e' il movimento contro l'ampliamento della base: buono. A Brescia il Centro e' aperto a tutti quelli che intendono farsi contaminare: buono, e' un centro da cui spero ripartano presto uno, dieci, cento, mille raggi in giro per il mondo. * - Diana Napoli: Tu come sei stato "captato" (da quale "raggio") dalla nonviolenza in generale e, piu' nella fattispecie, dal Movimento Nonviolento? - Flavio Marcolini: In occasione della festa della Liberazione nel 1982 (credo la sera prima del 25 aprile) incontrai Alfredo Mori in municipio a Calcinato, dov'era venuto per tenere un'assemblea sulla Resistenza. Alla fine parlammo a lungo in piazza: fu una illuminazione. Passai l'estate a leggere fascicoli di "Azione Nonviolenta" e in autunno Guidalberto Bormolini mi porto' al Centro per la nonviolenza di Brescia per un seminario con Devi Prasad, un discepolo di Gandhi. Al termine mi fu consegnata una copia dell'allora inedito in Italia Constructive Programme che tradussi per il Centro di ricerca nonviolenta. La primavera successiva fu la volta del per me fondamentale corso esperienziale autogestito "L'uomo Gandhi", una settimana esilarante, seminale, indimenticabile. A partire da quei mesi data la mia attivita' al Centro. * - Diana Napoli: Quali altre letture sono state per te fondamentali fino a essere considerate irrinunciabili? - Flavio Marcolini: Irrinunciabili per la mia formazione politica il Gandhi di Antiche come le montagne e per quella personale la Baez di Saresti imbarazzato se ti dicessi che t'amo? (si trovano, peraltro, entrambi al Centro di ricerca nonviolenta). Poi naturalmente Simone Weil, Danilo Dolci, don Milani, ma anche Boell, Ginsberg, Silone, Tolstoj. * - Diana Napoli: Cos'e' per te la nonviolenza oggi? - Flavio Marcolini: La nonviolenza e' la vita, per citare un vecchio titolo di Jean Goss. E' essere innamorati della vita. Serve? Certo che serve. Per provare a lasciare questo mondo un po' meno peggiore di come l'abbiamo trovato. * - Diana Napoli: E oggi la nonviolenza si trova solo nel Movimento Nonviolento? - Flavio Marcolini: Naturalmente il Movimento Nonviolento oggi in Italia e nel mondo e' (anche e soprattutto) fuori di se'. Limitandoci al nostro paese, basti pensare a quanti hanno assunto la nonviolenza come orizzonte valoriale pur collocandosene al di fuori e magari non sapendo nemmeno della sua esistenza: per fare qualche esempio, nel mondo della cultura Fernanda Pivano, in letteratura Luisito Bianchi, nel cinema Silvano Agosti... Sta soprattutto fuori dal Movimento Nonviolento perche' esso non ha la forza - numerica, economica, ma anche culturale - per incidere come dovrebbe. E forse e' anche un po' giusto cosi'. Con la Baez, io preferisco parlare di "movimento per la nonviolenza", molto piu' informale ed esteso, che raccoglie tutti quelli che - tanto per ripetermi - ne hanno assunto le potenzialita' come orizzonte valoriale, confidando in essa come l'unico viatico praticabile per un varco positivo delle difficolta' che tutti dobbiamo affrontare sul piano personale, interpersonale, nazionale e internazionale. Certo, poi spesso mi viene da guardare al Movimento Nonviolento come il padre della nonviolenza organizzata e della sua storia in Italia, la garanzia che conferisce serieta' alle attivita' proposte: se una campagna e/o iniziativa la promuove il Movimento Nonviolento, allora ci siamo; altrimenti di solito vado a vedere meglio di che si tratta. Credo tuttavia che dovrebbe sforzarsi maggiormente di contattare e valorizzare le migliaia di vene nonviolente aperte in Italia fuori di se'. In passato c'erano riusciti Aldo Capitini con don Milani, Danilo Dolci (anche se la sua era un'altra storia) con Silone, la Campo e altri intellettuali. Oggi non vedo molte azioni concrete in questa direzione. * - Diana Napoli: Il tuo piu' bel ricordo del passato con gli amici della nonviolenza? - Flavio Marcolini: Per l'armonia di quelle giornate, per la carica del progetto, per la freschezza delle idee, per la bellezza della gente che vi ha partecipato, forse anche e soprattutto per i miei 18 anni, il corso "L'uomo Gandhi" di cui dicevo prima. Ma anche stare davanti ai cancelli della base militare di Ghedi tutte le volte che decido di farlo insieme a qualcuno e' un ricordo che mi fa bene. A proposito di ricordi, quello piu' bello a Ghedi fu una notte del febbraio 1985, trascorsa a costeggiare a piedi (dall'esterno, ovviamente) la rete di protezione per chilometri e chilometri, parlando di teorie e prassi nonviolente con Carlo Filippini che ogni tanto suonava al flauto musiche di pace. 3. INCONTRI. A VICENZA [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] Tra pochi giorni apriranno i battenti del campeggio No Dal Molin allestito per ospitare quanti verranno a Vicenza per partecipare alle mobilitazioni contro la costruzione della nuova base Usa al Dal Molin. Vi ricordiamo che, per noi, e' molto utile conoscere il numero approssimativo di persone che arriveranno, in modo da poter organizzare al meglio cucine e quant'altro. Nel sito www.nodalmolin.it e' disponibile anche un modulo da compilare; non e' comunque obbligatorio inviarci tutti i dati ne il modulo, e' sufficente anche segnalare la propria presenza o il numero di partecipanti da ogni realta'/territorio. L'area del campeggio e' molto vasta, chiunque arrivera' trovera' spazio per piantare la propria tenda. I primi giorni saranno dedicati prevalentemente - ma non solo - ai dibattiti; il 9 settembre, inoltre, si svolgera' l'assembla nazionale del Patto di mutuo soccorso. Le principali manifestazioni, invece, si terranno negli ultimi tre giorni, il 13-14-15 settembre. Informazioni, programma, aggiornamenti e news su www.nodalmolin.it ; nei prossimi giorni pubblicheremo anche le foto dell'area attrezzata. Potete contattarci anche per e-mail all'indirizzo campeggi at nodalmolin.it o per telefono al numero 3486381070. Dall'otto al quindici settembre tutte e tutti a Vicenza contro la costruzione della nuova base Usa. "Se si sogna da soli e' solo un sogno, se si sogna insieme e' la realta' che comincia". Il futuro e' nelle nostre mani. Difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra * Presidio permanente No Dal Molin, via Ponte Marchese, c. p. 303, 36100 Vicenza, sito: www.nodalmolin.it 4. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "INCHIESTA SU GESU'" DI CORRADO AUGIAS E MAURO PESCE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa recensione. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68. Corrado Augias (Roma, 1935) e' giornalista, scrittore e conduttore televisivo, gia' parlamentare europeo, e' autore di vari libri sia di narrativa che di saggistica. Su Mauro Pesce dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo le seguenti notizie: "Mauro Pesce (Genova, 1941), dal 1987 e' professore ordinario di storia del cristianesimo all'Universita' di Bologna, dove e' il presidente del corso di laurea in scienze antropologiche; nel 1979 ha fondato l'Associazione italiana per lo studio del giudaismo; nel 1988 ha fondato il Centro interdipartimentale di studi sull'ebraismo e sul cristianesimo (Cisec). Tra le opere di Mauro Pesce: Paolo e gli arconti a Corinto. Storia della ricerca (1888-1975) ed esegesi di 1 Cor 2, 6-8, Paideia, Brescia 1977; Dio senza mediatori. Una tradizione teologica dal giudaismo al cristianesimo, Paideia, Brescia 1979; Il cristianesimo e la sua radice ebraica. Con una raccolta di testi sul dialogo ebraico-cristiano, Edizioni Dehoniane, Bologna 1994; Le due fasi della predicazione di Paolo. Dall'evangelizzazione alla guida delle comunita', Edizioni Dehoniane, Bologna 1994; (con Adriana Destro), Antropologia delle origini cristiane, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Adriana Destro), Come nasce una religione. Antropologia e esegesi del Vangelo di Giovanni, Laterza, Bari-Roma 2000; Le parole dimenticate di Gesu', Fondazione Lorenzo Valla - Mondadori, Milano 2004; L'ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia cristiana, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2005; (con Adriana Destro), Forme culturali del cristianesimo nascente, Morcelliana, Brescia 2005; (con Corrado Augias), Inchiesta su Gesu'. Chi era l'uomo che ha cambiato il mondo, Mondadori, Milano 2006"] Corrado Augias, Mauro Pesce, Inchiesta su Gesu'. Chi era l'uomo che ha cambiato il mondo. Mondadori, XI edizione 2006. * Bella giacca e bella cravatta. Tra le dita eleganti, gli occhiali di chi ha appena finito di scrutare testi importanti e difficili, e vi rivolge uno sguardo intelligente per interrogarvi, riflettere con voi, dirvi quello che ha capito. Cosi' Augias sul retro della sovracopertina. Sul davanti il Cristo crocifisso di Salvador Dali', visto dall'alto, stranamente. Per quel che ne so, questo e' uno dei libri piu' seri, a livello non specialistico, tra le ricerche sul Gesu' storico. Augias interroga finemente Mauro Pesce, che risponde da storico del cristianesimo. L'ho letto da lettore comune con piacere intellettuale, molto interesse, alcune perplessita'. Credo di qualche eventuale utilita' al dibattito annotare queste ultime, insieme a libere osservazioni suggerite dalla lettura. Davvero non e' importante soffermarsi su qualche piccolo errore, in cui possono incappare anche i piu' colti e attenti: non fu nel roveto ardente che Dio consegno' a Mose' le tavole della Legge (p. 243). E' impossibile che sia negli atti del Concilio, ma probabilmente nel diario di Yves Congar (Vatican II. Le Concile au jour le jour, Paris 1963-1966), quella confidenza di Ratzinger su un pensiero di Paolo VI riguardo alla responsabilita' degli ebrei (p. 200). Poi, non e' appropriato accostare come entrambe "attribuite a Gesu'" dai due evangelisti le parole "violente" di Mt 10, 34 e quelle di Lc 19, 27, che sono in due contesti ben diversi: le prime sono in un suo discorso diretto, le seconde sono da Gesu' attribuite ad un personaggio di una parabola (p. 52). Dubito, poi, che si possa affermare semplicemente, con quello che sappiamo, che Gesu' "rispettava alla lettera le prescrizioni della Torah, comprese quelle alimentari" (pp. 27 e 28), mentre piu' avanti e' detto che "non dava molta importanza alle norme di purita'" (p. 79). * Il Padre nostro, la preghiera certamente insegnata da Gesu', sappiamo che e' comparabile con formule di preghiera ebraiche (ed anche islamiche, posso aggiungere: vedi in Amadou Hampate' Ba, Gesu' visto da un musulmano, Bollati Boringhieri, Torino 2000, la comparazione tra la Fatiha - la sura Aprente del Corano - e il Padre nostro evangelico, alle pp. 55-77). Qui gli autori dicono che e' "preghiera integralmente ebraica" e che addirittura "non ha nulla di cristiano". La ragione e' che "Gesu' non dice: Dio rimette i peccati perche' io moriro' per i peccati degli uomini", come dira' san Paolo; ma dice "e' Dio che rimette i peccati (...) Egli non pensava di dover morire per i peccati degli uomini". Qui starebbe la grande differenza "fra Gesu' ebreo e Gesu' come lo hanno rappresentato i primi cristiani". In quella preghiera "Gesu' non e' mai nominato", non c'e' alcuna sua "funzione nella salvezza dell'umanita'", ma i peccati vengono rimessi "attraverso un rapporto triangolare fra l'uomo, Dio e il suo prossimo" (pp. 29 e 30). Su questo punto si puo' osservare che pero' Gesu', secondo i vangeli, piu' volte rimette personalmente, e scandalosamente, i peccati: Mt 9, 6-13; 26, 28; Mc 2, 16-17; Lc 5, 20-32; 7, 40-50, e affida ai discepoli questo potere: Mt 9, 8; Gv 20, 23. Non so spiegarmi come mai questi passi non sono mai citati nel libro, neppure per discuterli, tanto che non compaiono nell'indice delle citazioni bibliche, al termine del volume. C'e' pero', nell'indice, Mt 26, 28 (parole dell'ultima cena: "... sangue versato per molti in remissione dei peccati"). Gli autori non affermano (salvo mia svista) e non so se potrebbero farlo, che le parole in cui Gesu' perdona i peccati (parole importanti, riferite nei vangeli come motivo di sommo scandalo per gli ebrei!) siano tutte non autentiche, ma attribuite a Gesu' dai primi cristiani. Peraltro, gia' nel Padre nostro c'e' anche il nostro perdonare i peccati: "... come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Dio ci perdona attraverso il nostro perdonarci. Che poi la morte in croce di Gesu' sia il fatto indispensabile e necessario che permette a Dio di perdonarci e a noi di ottenere il perdono, questo forse non e' detto in modo assoluto: Gesu' non muore per placare Dio col suo sangue (antica e resistente teoria dell'espiazione sacrificale pretesa dal Padre), ma per amare tutti noi fino in fondo, con coraggio forte e tenace, fedele alla sua missione di annuncio del regno di Dio. E' questa sua forte fedelta' nell'amore per Dio e per gli uomini e nella lotta al male, che produce nell'umanita' la liberazione dal male e la pace con Dio. E' l'amore che redime, non il sangue. Non mi pare assurdo pensare che l'amore perfetto di Gesu' avrebbe redento l'umanita' anche senza la croce. La croce e' il segno dell'amore totale, non della necessita' di pagare un riscatto morendo in quel modo. La morte violenta e ignominiosa patita coraggiosamente da Gesu' non e' voluta da Dio, ma dai suoi nemici, da Satana (come descrive bene la pagina 213). Il Padre la permette, non vi sottrae con potenza il Figlio ("Dio mio, perche' mi hai abbandonato?") forse per lasciare che tutta la forza dell'amore e della vita sulla morte e sul male si manifesti e che sia riconoscibile nella fede. Se Dio e' buono e giusto non e' pensabile che voglia quella morte ingiustissima del piu' innocente, ed e' assurdo che ne abbia bisogno per perdonarci. Se non e' buono e giusto, secondo i criteri che ci insegna lui stesso, guardiamoci da lui. Proprio il fatto che la teoria sacrificale, abituale e comune nell'ebraismo e poi nel cristianesimo, non compaia in parole originali di Gesu' come il Padre nostro, testimonierebbe della sua originalita' rispetto sia all'ebraismo sia alla successiva teologia cristiana dei discepoli. Quella teoria sacrificale e' presente nel Vangelo di Giuda (p. 77, 224, 227-229), di recentissima scoperta, in forma estrema. Mi pare interessante che la tradizione cristiana non abbia scelto questo vangelo ultrasacrificale tra i testi canonici. * Giustamente, piu' volte gli autori, specialmente Augias, ricordano che il loro lavoro e' condotto solo dal punto di vista razionale e storico (pp. 109-110, 136, 140, 155, 175). Pesce tiene a precisare: "Sono convinto che la ricerca storica rigorosa non allontani dalla fede, ma neppure spinga verso di essa" (p. 236). Chi non crede a Gesu' perche' non puo' credere ai miracoli, date le conoscenze scientifiche moderne, ritiene erroneamente che i credenti credano ai miracoli e non alla persona di Gesu'. Pesce cita Jacques Dupont: Gesu' ha fatto pochi miracoli rispetto ai personaggi religiosi del tempo, e ha evitato il successo che i miracoli gli avrebbero procurato. Pesce dice di essersi "convinto che e' necessario ammettere l'esistenza di persone in grado di compiere autentiche guarigioni considerate 'miracolose', per le quali non esiste una spiegazione scientificamente verificabile". E aggiunge, a proposito della risurrezione di Lazzaro, dell'intervento su forze naturali, della moltiplicazione di cibo (pani, pesci, vino): "Sono convinto che questi episodi non siano stati inventati, ma che i suoi seguaci furono realmente convinti di avere assistito a quei fatti straordinari" (p. 134). Si trattava solo di "stati alterati di coscienza, favoriti da certe zone del cervello predisposte a ricevere rivelazioni di carattere soprannaturale", come oggi alcuni studiosi anche cattolici interpretano le apparizioni di Gesu' risorto (analogamente ad altre visioni collettive, anche di questi nostri anni)? (p. 182). Sul fatto eccezionale - che sia nella materia o nella coscienza - il credente non si sofferma; per lui e' un'occasione non necessaria per dare fede alla persona di Gesu', che e', lui, il miracolo, meraviglia di umanita' nuova e, per il cristiano, incomparabilmente vivificante e salvifica. * Trovo interessanti anche per i problemi attuali la ricostruzione dei motivi di conflitto tra cristiani e impero romano: non tanto la predilezione per i poveri, gli umili, addirittura gli schiavi, sebbene cio' minasse gli equilibri economici a Roma e nell'impero, quanto il fatto che i cristiani non potevano condividere la religione ufficiale, un elemento oggi diremmo "costituzionale" della societa' civile e politica, garanzia degli dei sulle fortune di Roma. Avere una fede non compatibile coi culti ufficiali costituiva un pericolo politico, un'offesa alle divinita', e faceva facilmente identificare i cristiani come capro espiatorio delle sventure pubbliche (pp. 187-193). Questo fino al 313, quando l'impero assunse il cristianesimo crescente, che si lascio' catturare, a sua religione civile, fino a perseguitare i vecchi culti. Emerge allora un cristianesimo intollerante, che si manifestera' per secoli, persuaso di potere sradicare il male dal mondo (ultimo esemplare Bush), atteggiamento tuttavia temperato dal principio che solo Dio, e non gli uomini, puo' instaurare il suo regno, e dal comandamento dell'amore per i nemici (p. 195-197). Quanto attuale questa storia. Quanto anche oggi eversivo delle potenze, e tuttavia manipolato e addomesticato, il messaggio di Gesu'. Sul motivo analogo della polarita' tra dottrina e amore (oggi si dice verita' e carita': v. p. 212), nelle origini e nella storia cristiana, vedo un breve e chiaro cenno a p. 86. * Sul rapporto, complesso, delicato, anche tragico fino a ieri, tra ebraismo e cristianesimo, troviamo nel volume pagine importanti, che mi suggeriscono qualche annotazione. "Molta strada c'e' ancora da fare per superare un certo antisemitismo sempre latente nella Chiesa" (p. 201). Pesce precisa bene cosa intende per antisemitismo: emarginazione civile, fino all'eliminazione fisica, degli ebrei, per ragioni teologiche fino dall'antichita' (p. 204) e razziali negli ultimi secoli. Antiebraismo sarebbe la condanna religiosa dell'ebraismo. Non direi che sia ne' antisemitismo ne' antiebraismo pensare, a torto o a ragione, che gli ebrei in maggioranza non abbiano capito e accettato la rivoluzione che Gesu' faceva dell'ebraismo, proprio mentre lo compiva radicalmente. Questo giudizio si puo' o no condividere, ma e' una cosa assolutamente diversa dall'accusare il popolo ebraico di deicidio. Condannare un popolo per responsabilita' collettiva, purtroppo, non e' errore e colpa dei soli cristiani, che oggi stanno riconoscendola e chiedendone perdono. Gia' nelle guerre bibliche (piu' o meno storicamente verificatesi) gli stranieri idolatri sono giudicati colpevoli in solido, e condannati allo sterminio senza discriminazioni, per presunta volonta' di Dio. Il collettivismo morale, gia' sorpassato in alcune pagine dei profeti biblici, e' idea diffusa nella storia fino all'individualismo moderno. Ma, anche oggi, a modernita' compiuta, la guerra ad uno stato e a un popolo, diretta anche sui civili, non e' forse una condanna collettiva, di colpevoli e innocenti insieme? Abbattere le case degli autori di attentati, pratica che Israele ha ereditato dai colonialisti inglesi, non e' punizione collettiva sui familiari innocenti? I bombardamenti angloamericani sulle citta', di notte, durante la guerra al nazifascismo, e i bombardamenti ancora peggiori delle nuove guerre in corso, per non dire di Hiroshima, sono niente altro che questo, esattamente come il terrorismo indiscriminato dei fanatici violenti, uguale alle indiscriminate reazioni anti-terroristiche. Il male e' grande, antico e presente. Chi e' senza peccato di condanna collettiva scagli la prima pietra. Un'altra questione, ben diversa (a cui accenna Pesce al fondo di p. 204) e' il ritorno degli ebrei nella terra d'Israele, "a lungo considerato negativamente". La critica della politica territoriale e giuridica dello stato di Israele e del modo del suo stabilirsi in Palestina, e' oggettivamente indipendente dall'antisemitismo etnico come dall'antiebraismo religioso. Possono esserci interferenze, ma e' necessario alla chiarezza culturale e politica, e alla giustizia dovuta a tutti, distinguere bene le cose. * Pesce dice che il cristianesimo come tale nasce nella seconda meta' del II secolo, assumendo il monoteismo e la Bibbia ma leggendola in modo non ebraico, all'interno di una cultura non ebraica, ma pagana e greca (pp. 201-202). Cioe', direi, nella cultura per quel tempo universalistica, superando - mi pare importante - il nazionalismo religioso ebraico, e cosi' dando compimento alle tendenze universali implicite nei profeti e in Gesu'. Alla domanda se, secondo i cristiani, gli ebrei dovrebbero convertirsi, Pesce risponde presentando le diverse opinioni, e sembra condividere quella per cui "i cristiani dovrebbero riconoscere che l'Antico Testamento ha, per volere di Dio, un significato ebraico che solo il popolo ebraico pienamente comprende e rispetta. Questa corrente e' pero' minoritaria nella Chiesa" (p. 206). Mi pare che non ci sarebbe alcuna giustizia ne' alcun bisogno - e del resto come si potrebbe senza violenza? - di togliere agli ebrei la loro interpretazione della Bibbia ebraica. Non solo, ma questo libro (un insieme di libri) e' di per se stesso un grande codice di significati dell'esistenza, senza bisogno di completamenti. I cristiani pero' possono interpretare (giacche' l'interpretazione e' infinita, come insegna lo stesso ebraismo) quella stessa Bibbia alla luce della rivoluzione ebraica, compiuta da Gesu' ebreo, si', ma fortemente innovatore. Per esempio, Gesu' comincia seguendo Giovanni Battista, che cerca il perdono di Dio fuori dai riti dello Yom Kippur e dal tempio, e riceve ispirazione diretta da Dio, in una religione senza sacerdozio ne' sacrifici (pp. 215-216). Egli rispetta, accetta, difende la tradizione, ma la corregge, la purifica, la radicalizza autorevolmente col suo ripetuto "Ma io vi dico...". Certamente "era un ebreo, non un cristiano" (p. 221), ma un ebreo cosi' singolare e nuovo, che chi credette in lui come Messia, cioe' Cristo, senza bisogno di rinnegare l'ebraismo si disse cristiano. * Richiesto di dire in poche parole l'essenza del messaggio lasciato da Gesu', Mauro Pesce dice: "avere una totale fiducia in Dio e preoccuparsi dei bisogni delle persone, cominciando da quelle piu' deboli e piu' povere" (p. 219). A suo parere, tra i discepoli e' l'evangelista Luca quello che meglio ha compreso e presenta questo messaggio (p. 221; anch'io, tra i vangeli, prediligo quello di Luca). Un testimone cristiano come Dietrich Bonhoeffer, nel nostro tempo, traduceva questa sintesi cosi': "Pregare e operare per la giustizia". Tuttavia, riconoscendo l'esattezza di quella sintesi, a me pare di poterne indicare un'altra, forse ancora piu' essenziale: "Date in prestito, non sperando nulla di ritorno" (Luca 6, 35, traduzione Poppi). Donare senza far conto sul contraccambio, se non la ricompensa nella nuova vita, non solo riassume tutto il discorso della montagna, cioe' la profonda e rivoluzionaria operativita' del vangelo, ma ha anche un essenziale significato teologico: Dio agisce cosi' e cosi' chiede che agiamo noi. Egli, infatti, e' buono non per essere ringraziato e adorato, ma per bonta' sorgiva e diffusiva: "Il Padre vostro che e' nei cieli (...) fa sorgere il suo sole su malvagi e buoni e fa piovere su giusti e ingiusti" (Mt 5, 44-45), "Egli infatti e' buono anche verso gli ingrati e i cattivi" (Lc 6, 35). Questa e' una scandalosa rivoluzione religiosa di Gesu': il suo Dio, contro la teologia naturale e razionale, supera la giustizia retributiva, misurata secondo il merito, ed esercita una giustizia donativa e trasformativa, che chiama a giustizia interiore anche gli ingiusti, e giudica i "giusti" (di qualunque religione o non religione) che si sistemano nella correttezza formale: "Se la vostra giustizia non superera' quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 5, 20). Chi ha capito, vissuto, ed espresso bene questo carattere dell'amore evangelico e' Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese uccisa ad Auschwitz. Etty scrive queste parole nel campo di Westerbork, punto di smistamento degli ebrei verso lo sterminio, di cui lei e' gia' lucidamente consapevole: "Qui molti sentono languire il proprio amore per l'umanita', perche' questo amore non e' nutrito dall'esterno. Dicono che la gente di Westerbork non ti offre molte occasioni di amarla. (...) Ma ho dovuto ripetutamente constatare in me stessa che non esiste alcun nesso causale fra il comportamento delle persone e l'amore che si prova per loro. Questo amore del prossimo e' come un ardore elementare che alimenta la vita. Il prossimo in se' ha ben poco a che farci. Maria cara, qui di amore non ce n'e' molto, eppure mi sento indicibilmente ricca, non saprei spiegarlo a nessuno" (Etty Hillesum, Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, pp. 114-115, lettera dell'8 agosto 1943). Quel dare senza contraccambio riesce (o riusciva?) talmente strano proprio nel mondo religioso da fare incorrere il direttore dell'"Osservatore Romano", conte Giuseppe Dalla Torre, in una divertente gaffe. Giovanni Spadolini, allora ventiquattrenne, pubblicando nel 1950 Il papato socialista, indicava proprio in questo versetto di Luca la radicale contrapposizione fra la concezione cattolica della vita (nessuna speranza di profitto, egualitarismo, rinuncia al superfluo, eterno pessimismo cristiano) e la concezione liberale e capitalistica del mondo (l'economia del profitto, gli slanci e le conquiste mirabili del capitalismo). Ripubblicando il suo libro nel 1969 (Longanesi), Spadolini ricordava che il conte Dalla Torre, "intrepido superstite del mondo di Pio X", recensendo la prima edizione l'11 marzo 1950, scriveva di non aver trovato questa citazione in tutto il vangelo di Luca, e aggiungeva che forse si trattava del "Date e vi sara' dato" (Lc 6, 38), il quale concetto "e' proprio l'opposto del 'dare senza riavere'". Come dire: il vangelo - cioe' il papato, il cattolicesimo - e' semmai capitalista, non socialista! La conciliazione col mondo moderno faceva dimenticare al direttore dell'"Osservatore Romano" un cuore del vangelo? * Infine, tralasciando altre interessanti parti del libro, dico una mia semplice impressione su queste ricerche oggi molto attive: mi sento vicino a Bultmann quando dice che e' meno importante (non impossibile, ma meno importante) la ricerca del Gesu' storico rispetto alla rivelazione interiore del Gesu' della fede (pp. 198 e 201). Mi appassiono e mi inquieto assai di piu' su come applichiamo la dottrina e l'esempio di Gesu', quella sintesi del suo messaggio, nel tempo personale e storico che ci e' dato da vivere, che non sul conoscerne l'origine esatta. Questa e' conoscenza intellettuale degnissima e bella, quella e' esperienza vitale necessaria a sperare di salvare la vita dal male. La conoscenza intellettuale non e' la verifica dell'esperienza interiore. Se Gesu' diventa piu' figura storica che Spirito presente, come ha promesso, rimane chiuso dietro la pietra sepolcrale del passato. Ma addirittura, come ha scritto Umberto Eco in dialogo col cardinal Martini, se anche Cristo, modello dell'amore universale, fosse il soggetto inventato di un grande racconto, il fatto che "bipedi implumi" come noi abbiano potuto immaginarlo, "sarebbe altrettanto miracoloso del fatto che il figlio di un Dio reale si sia veramente incarnato" (Cinque scritti morali, Bompiani 1997, pp. 90-91). D'altra parte, le chiese non devono temere che rintracciare Gesu' ebreo sia sottrarlo a loro. Qualcuno (forse Garaudy) scriveva tanti anni fa: il Cristo non vi appartiene, rendetecelo, e' di tutti. Peccano di piu' gli storici indagatori o le chiese proprietarie e magisteriali nel gridare "Eccolo qui, eccolo la'!" (cfr Mt 24, 26)? "Non ci credete", avvertiva Gesu'. Il messia (anche per gli ebrei, credo, e ho in mente la lettura recente di Moni Ovadia, Vai a te stesso, Einaudi 2002, un libro di saggezza) viene sempre per altra via. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 203 del 5 settembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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