Minime. 203



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 203 del 5 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. A Firenze dal 7 al 9 settembre
2. Diana Napoli intervista Flavio Marcolini
3. A Vicenza
4. Enrico Peyretti presenta "Inchiesta su Gesu'" di Corrado Augias e Mauro
Pesce
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. A FIRENZE DAL 7 AL 9 SETTEMBRE
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Il comitato promotore comunica che la terza Vetrina dell'editoria anarchica
e libertaria si terra' a Firenze il 7-8-9 settembre 2007 al Teatro Saschall
(ex teatro Tenda), lungarno Aldo Moro angolo via Fabrizio De Andre'.
Nel corso dei tre giorni sono previsti stand con esposizione e vendita di
libri, presenze e scambio d'idee con gli editori, dibattiti, presentazione
libri, conferenze, spettacoli teatrali e musicali e altro. Ristori solidali,
buffet e bevande. Ingresso libero.

2. TESTIMONIANZE. DIANA NAPOLI INTERVISTA FLAVIO MARCOLINI
[Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia at libero.it,
sito: www.storiedellastoria.it) e Flavio Marcolini (per contatti:
mir.brescia at libero.it) per questa intervista.
Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano,
e' attualmente volontaria presso il Centro per la nonviolenza di Brescia.
Flavio Marcolini, insegnante, pubblico amministratore, amico della
nonviolenza, e' tra gli animatori del Centro di ricerca nonviolenta di
Brescia]

42 anni, Flavio Marcolini insegna lettere al liceo sociopsicopedagogico "Don
Milani" di Montichiari, del quale ha condensato la storia in un volume
pubblicato dalla Grafo edizioni nel 2004. Fra i coordinatori del Centro di
ricerca nonviolenta di Brescia, e' consigliere comunale a Calcinato, scrive
sul quotidiano "Bresciaoggi" e collabora con alcune riviste gardesane.
Quella di Brescia, in via Milano 65 dal 1975, e' stata una delle prime sedi
italiane del Movimento Nonviolento. In prima linea per il riconoscimento
giuridico dell'obiezione di coscienza, ha ospitato gran parte degli
obiettori negli anni immediatamente seguenti l'approvazione della legge.
A testimonianza di questa storia gloriosa, restano la biblioteca,
l'emeroteca e soprattutto l'archivio, la cui consultazione consente di
ripercorrere alcune delle tappe fondamentali della storia
dell'antimilitarismo e della nonviolenza in Italia.
*
- Diana Napoli: Il Centro di ricerca nonviolenta e' stato creato nel 1976 da
alcuni obiettori allo scopo di raccogliere materiale documentario sulla
nonviolenza e di promuovere studi e ricerche sui temi ad essa legati: la
pace, l'ecologia, l'antimilitarismo. Oggi rimane una biblioteca di 2.500
volumi circa, un'emeroteca e un archivio attraverso i quali e' possibile
leggere la storia della nonviolenza in Italia. Quando hai iniziato ad
occupartene, cosa speravi che diventasse?
- Flavio Marcolini: Quando ho iniziato a collaborarvi, nel 1982, speravo
divenisse la grande biblioteca della nonviolenza italiana, che organizzasse
attivita', iniziative, corsi, convegni, cineforum, pubblicasse testi,
creasse posti di lavoro consentendo ad uno o piu' operatori di lavorarci
stabilmente. Non e' andata cosi'. Il mio ruolo al Centro di ricerca
nonviolenta  da almeno un decennio e' ora di carattere resistenziale.
Continuo a portare materiale, anche se da quando non ci sono piu' gli
obiettori ho smesso di curare l'archiviazione di libri e riviste perche' lo
fanno ottimamente le volontarie in servizio civile. Assai di rado, piu' o
meno una volta all'anno, vengo chiamato per consulenze ai tesisti o agli
studenti che vi si avventurano. Ritaglio sistematicamente gli articoli della
stampa italiana e porto volantini, manifesti, opuscoli, libri, riviste a non
finire. Si tratta per me di una pratica ormai quasi irriflessa, una sorta di
funzione biologica.
*
- Diana Napoli: Come mai a tuo parere l'avvenire del Centro di ricerca
nonviolenta non e' stato del tutto all'altezza dei propositi iniziali e
sconta oggi una sorta di stasi nelle iniziative rivolte all'esterno?
- Flavio Marcolini: Innanzitutto ha pochissimi contatti con l'esterno e
quasi nessuno sa che c'e'. Perche' non volantiniamo tutti i giorni i nostri
fogli e giornali o vendiamo i nostri libri in Piazza Loggia, come  suggeriva
Pietro Pinna venti giorni fa ai Masi di Palu'. Perche' non interveniamo
sulla stampa locale con le nostre idee e posizioni sul degrado antropologico
che ci sta attorno. Perche' non andiamo nelle scuole a tenere assemblee
sulla nonviolenza. Perche' non abbiamo ancora creato un sito web che faccia
sapere al mondo che esistiamo.
*
- Diana Napoli: Tu pensi che oggi siano di questo tipo le iniziative
necessarie?
- Flavio Marcolini: Oggi serve preparare la rivoluzione nonviolenta. Che per
me significa fra mezz'ora andare in piazza qui a Calcinato a discutere in
assemblea le possibili soluzioni dei mali che affliggono il paese. Poi
tornare a casa e glossare un pensiero nonviolento come quello che riapprendo
in questi giorni dallo Zibaldone di Leopardi. E poi ancora (ri)formarmi
un'idea del mondo su giornali, film, libri, canzoni, in attesa di riprendere
le lezioni a scuola, dove cerco di far lievitare coscienze un po' piu'
consapevoli di quelle che lo popolano oggi. Piu' in generale, saluto con
folgorato interesse l'indicazione offertami da Alfredo Mori qualche tempo fa
in casa di amici. C'e' un sacco di gente che va in giro a parlare - diceva
in sostanza partendo da una chiacchierata su Zanotelli - e invece
bisognerebbe stare in un posto e fare. Fare. Ogni luogo e' il centro del
mondo. Con altri compagni abbiamo avviato la per ora zoppicante esperienza
del comitato Via le atomiche da Ghedi: buono. A scuola c'e' un nucleo di
studenti e insegnanti che lavora sulla nonviolenza, l'internazionalismo, il
consumo critico, il commercio equo: buono. A Vicenza c'e' il movimento
contro l'ampliamento della base: buono. A Brescia il Centro e' aperto a
tutti quelli che intendono farsi contaminare: buono, e' un centro da cui
spero ripartano presto uno, dieci, cento, mille raggi in giro per il mondo.
*
- Diana Napoli: Tu come sei stato "captato" (da quale "raggio") dalla
nonviolenza in generale e, piu' nella fattispecie, dal Movimento
Nonviolento?
- Flavio Marcolini: In occasione della festa della Liberazione nel 1982
(credo la sera prima del 25 aprile) incontrai Alfredo Mori in municipio a
Calcinato, dov'era venuto per tenere un'assemblea sulla Resistenza. Alla
fine parlammo a lungo in piazza: fu una illuminazione. Passai l'estate a
leggere fascicoli di "Azione Nonviolenta" e in autunno Guidalberto Bormolini
mi porto' al Centro per la nonviolenza di Brescia per un seminario con Devi
Prasad, un discepolo di Gandhi. Al termine mi fu consegnata una copia
dell'allora inedito in Italia Constructive Programme che tradussi per il
Centro di ricerca nonviolenta. La primavera successiva fu la volta del per
me fondamentale corso esperienziale autogestito "L'uomo Gandhi", una
settimana esilarante, seminale, indimenticabile. A partire da quei mesi data
la mia attivita' al Centro.
*
- Diana Napoli: Quali altre letture sono state per te fondamentali fino a
essere considerate irrinunciabili?
- Flavio Marcolini: Irrinunciabili per la mia formazione politica il Gandhi
di Antiche come le montagne e per quella personale la Baez di Saresti
imbarazzato se ti dicessi che t'amo? (si trovano, peraltro, entrambi al
Centro di ricerca nonviolenta). Poi naturalmente Simone Weil, Danilo Dolci,
don Milani, ma anche Boell, Ginsberg, Silone, Tolstoj.
*
- Diana Napoli: Cos'e' per te la nonviolenza oggi?
- Flavio Marcolini: La nonviolenza e' la vita, per citare un vecchio titolo
di Jean Goss. E' essere innamorati della vita. Serve? Certo che serve. Per
provare a lasciare questo mondo un po' meno peggiore di come l'abbiamo
trovato.
*
- Diana Napoli: E oggi la nonviolenza si trova solo nel Movimento
Nonviolento?
- Flavio Marcolini: Naturalmente il Movimento Nonviolento oggi in Italia e
nel mondo e' (anche e soprattutto) fuori di se'. Limitandoci al nostro
paese, basti pensare a quanti hanno assunto la nonviolenza come orizzonte
valoriale pur collocandosene al di fuori e magari non sapendo nemmeno della
sua esistenza: per fare qualche esempio, nel mondo della cultura Fernanda
Pivano, in letteratura Luisito Bianchi, nel cinema Silvano Agosti... Sta
soprattutto fuori dal Movimento Nonviolento perche' esso non ha la forza -
numerica, economica, ma anche culturale - per incidere come dovrebbe. E
forse e' anche un po' giusto cosi'. Con la Baez, io preferisco parlare di
"movimento per la nonviolenza", molto piu' informale ed esteso, che
raccoglie tutti quelli che - tanto per ripetermi - ne hanno assunto le
potenzialita' come orizzonte valoriale, confidando in essa come l'unico
viatico praticabile per un varco positivo delle difficolta' che tutti
dobbiamo affrontare sul piano personale, interpersonale, nazionale e
internazionale. Certo, poi spesso mi viene da guardare al Movimento
Nonviolento come il padre della nonviolenza organizzata e della sua storia
in Italia, la garanzia che conferisce serieta' alle attivita' proposte: se
una campagna e/o iniziativa la promuove il Movimento Nonviolento, allora ci
siamo; altrimenti di solito vado a  vedere meglio di che si tratta.  Credo
tuttavia che dovrebbe sforzarsi maggiormente di contattare e valorizzare le
migliaia di vene nonviolente aperte in Italia fuori di se'. In passato
c'erano riusciti Aldo Capitini con don Milani, Danilo Dolci (anche se la sua
era un'altra storia) con Silone, la Campo e altri intellettuali. Oggi non
vedo molte azioni concrete in questa direzione.
*
- Diana Napoli: Il tuo piu' bel ricordo del passato con gli amici della
nonviolenza?
- Flavio Marcolini: Per l'armonia di quelle giornate, per la carica del
progetto, per la freschezza delle idee, per la bellezza della gente che vi
ha partecipato, forse anche e soprattutto per i miei 18 anni, il corso
"L'uomo Gandhi" di cui dicevo prima. Ma anche stare davanti ai cancelli
della base militare di Ghedi tutte le volte che decido di farlo insieme a
qualcuno e' un ricordo che mi fa bene. A proposito di ricordi, quello piu'
bello a Ghedi fu una notte del febbraio 1985, trascorsa a costeggiare a
piedi (dall'esterno, ovviamente) la rete di protezione per chilometri e
chilometri, parlando di teorie e prassi nonviolente con Carlo Filippini che
ogni tanto suonava al flauto musiche di pace.

3. INCONTRI. A VICENZA
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Tra pochi giorni apriranno i battenti del campeggio No Dal Molin allestito
per ospitare quanti verranno a Vicenza per partecipare alle mobilitazioni
contro la costruzione della nuova base Usa al Dal Molin.
Vi ricordiamo che, per noi, e' molto utile conoscere il numero
approssimativo di persone che arriveranno, in modo da poter organizzare al
meglio cucine e quant'altro. Nel sito www.nodalmolin.it e' disponibile anche
un modulo da compilare; non e' comunque obbligatorio inviarci tutti i dati
ne il modulo, e' sufficente anche segnalare la propria presenza o il numero
di partecipanti da ogni realta'/territorio.
L'area del campeggio e' molto vasta, chiunque arrivera' trovera' spazio per
piantare la propria tenda.
I primi giorni saranno dedicati prevalentemente - ma non solo - ai
dibattiti; il 9 settembre, inoltre, si svolgera' l'assembla nazionale del
Patto di mutuo soccorso. Le principali manifestazioni, invece, si terranno
negli ultimi tre giorni, il 13-14-15 settembre.
Informazioni, programma, aggiornamenti e news su www.nodalmolin.it ; nei
prossimi giorni pubblicheremo anche le foto dell'area attrezzata. Potete
contattarci anche per e-mail all'indirizzo campeggi at nodalmolin.it o per
telefono al numero 3486381070.
Dall'otto al quindici settembre tutte e tutti a Vicenza contro la
costruzione della nuova base Usa. "Se si sogna da soli e' solo un sogno, se
si sogna insieme e' la realta' che comincia". Il futuro e' nelle nostre
mani. Difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra
*
Presidio permanente No Dal Molin, via Ponte Marchese, c. p. 303, 36100
Vicenza, sito: www.nodalmolin.it

4. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "INCHIESTA SU GESU'" DI CORRADO AUGIAS E
MAURO PESCE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
recensione.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di
pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato
con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di),
Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?,
Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu'
volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli,
indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.info e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia
degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n.
68.
Corrado Augias (Roma, 1935) e' giornalista, scrittore e conduttore
televisivo, gia' parlamentare europeo, e' autore di vari libri sia di
narrativa che di saggistica.
Su Mauro Pesce dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo le seguenti
notizie: "Mauro Pesce (Genova, 1941), dal 1987 e' professore ordinario di
storia del cristianesimo all'Universita' di Bologna, dove e' il presidente
del corso di laurea in scienze antropologiche; nel 1979 ha fondato
l'Associazione italiana per lo studio del giudaismo; nel 1988 ha fondato il
Centro interdipartimentale di studi sull'ebraismo e sul cristianesimo
(Cisec). Tra le opere di Mauro Pesce: Paolo e gli arconti a Corinto. Storia
della ricerca (1888-1975) ed esegesi di 1 Cor 2, 6-8, Paideia, Brescia 1977;
Dio senza mediatori. Una tradizione teologica dal giudaismo al
cristianesimo, Paideia, Brescia 1979; Il cristianesimo e la sua radice
ebraica. Con una raccolta di testi sul dialogo ebraico-cristiano, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1994; Le due fasi della predicazione di Paolo.
Dall'evangelizzazione alla guida delle comunita', Edizioni Dehoniane,
Bologna 1994; (con Adriana Destro), Antropologia delle origini cristiane,
Laterza, Roma-Bari 1995; (con Adriana Destro), Come nasce una religione.
Antropologia e esegesi del Vangelo di Giovanni, Laterza, Bari-Roma 2000; Le
parole dimenticate di Gesu', Fondazione Lorenzo Valla - Mondadori, Milano
2004; L'ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia
cristiana, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2005; (con Adriana
Destro), Forme culturali del cristianesimo nascente, Morcelliana, Brescia
2005; (con Corrado Augias), Inchiesta su Gesu'. Chi era l'uomo che ha
cambiato il mondo, Mondadori, Milano 2006"]

Corrado Augias, Mauro Pesce, Inchiesta su Gesu'. Chi era l'uomo che ha
cambiato il mondo. Mondadori, XI edizione 2006.
*
Bella giacca e bella cravatta. Tra le dita eleganti, gli occhiali di chi ha
appena finito di scrutare testi importanti e difficili, e vi rivolge uno
sguardo intelligente per interrogarvi, riflettere con voi, dirvi quello che
ha capito. Cosi' Augias sul retro della sovracopertina. Sul davanti il
Cristo crocifisso di Salvador Dali', visto dall'alto, stranamente. Per quel
che ne so, questo e' uno dei libri piu' seri, a livello non specialistico,
tra le ricerche sul Gesu' storico. Augias interroga finemente Mauro Pesce,
che risponde da storico del cristianesimo. L'ho letto da lettore comune con
piacere intellettuale, molto interesse, alcune perplessita'. Credo di
qualche eventuale utilita' al dibattito annotare queste ultime, insieme a
libere osservazioni suggerite dalla lettura.
Davvero non e' importante soffermarsi su qualche piccolo errore, in cui
possono incappare anche i piu' colti e attenti: non fu nel roveto ardente
che Dio consegno' a Mose' le tavole della Legge (p. 243). E' impossibile che
sia negli atti del Concilio, ma probabilmente nel diario di Yves Congar
(Vatican II. Le Concile au jour le jour, Paris 1963-1966), quella confidenza
di Ratzinger su un pensiero di Paolo VI riguardo alla responsabilita' degli
ebrei (p. 200). Poi, non e' appropriato accostare come entrambe "attribuite
a Gesu'" dai due evangelisti le parole "violente" di Mt 10, 34 e quelle di
Lc 19, 27, che sono in due contesti ben diversi: le prime sono in un suo
discorso diretto, le seconde sono da Gesu' attribuite ad un personaggio di
una parabola (p. 52). Dubito, poi, che si possa affermare semplicemente, con
quello che sappiamo, che Gesu' "rispettava alla lettera le prescrizioni
della Torah, comprese quelle alimentari" (pp. 27 e 28), mentre piu' avanti
e' detto che "non dava molta importanza alle norme di purita'" (p. 79).
*
Il Padre nostro, la preghiera certamente insegnata da Gesu', sappiamo che e'
comparabile con formule di preghiera ebraiche (ed anche islamiche, posso
aggiungere: vedi in Amadou Hampate' Ba, Gesu' visto da un musulmano, Bollati
Boringhieri, Torino 2000, la comparazione tra la Fatiha - la sura Aprente
del Corano - e il Padre nostro evangelico, alle pp. 55-77). Qui gli autori
dicono che e' "preghiera integralmente ebraica" e che addirittura "non ha
nulla di cristiano". La ragione e' che "Gesu' non dice: Dio rimette i
peccati perche' io moriro' per i peccati degli uomini", come dira' san
Paolo; ma dice "e' Dio che rimette i peccati (...) Egli non pensava di dover
morire per i peccati degli uomini". Qui starebbe la grande differenza "fra
Gesu' ebreo e Gesu' come lo hanno rappresentato i primi cristiani". In
quella preghiera "Gesu' non e' mai nominato", non c'e' alcuna sua "funzione
nella salvezza dell'umanita'", ma i peccati vengono rimessi "attraverso un
rapporto triangolare fra l'uomo, Dio e il suo prossimo" (pp. 29 e 30).
Su questo punto si puo' osservare che pero' Gesu', secondo i vangeli, piu'
volte rimette personalmente, e scandalosamente, i peccati: Mt 9, 6-13; 26,
28; Mc 2, 16-17; Lc 5, 20-32; 7, 40-50, e affida ai discepoli questo potere:
Mt 9, 8; Gv 20, 23. Non so spiegarmi come mai questi passi non sono mai
citati nel libro, neppure per discuterli, tanto che non compaiono
nell'indice delle citazioni bibliche, al termine del volume. C'e' pero',
nell'indice, Mt 26, 28 (parole dell'ultima cena: "... sangue versato per
molti in remissione dei peccati"). Gli autori non affermano (salvo mia
svista) e non so se potrebbero farlo, che le parole in cui Gesu' perdona i
peccati (parole importanti, riferite nei vangeli come motivo di sommo
scandalo per gli ebrei!) siano tutte non autentiche, ma attribuite a Gesu'
dai primi cristiani. Peraltro, gia' nel Padre nostro c'e' anche il nostro
perdonare i peccati: "... come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Dio ci
perdona attraverso il nostro perdonarci.
Che poi la morte in croce di Gesu' sia il fatto indispensabile e necessario
che permette a Dio di perdonarci e a noi di ottenere il perdono, questo
forse non e' detto in modo assoluto: Gesu' non muore per placare Dio col suo
sangue (antica e resistente teoria dell'espiazione sacrificale pretesa dal
Padre), ma per amare tutti noi fino in fondo, con coraggio forte e tenace,
fedele alla sua missione di annuncio del regno di Dio. E' questa sua forte
fedelta' nell'amore per Dio e per gli uomini e nella lotta al male, che
produce nell'umanita' la liberazione dal male e la pace con Dio. E' l'amore
che redime, non il sangue. Non mi pare assurdo pensare che l'amore perfetto
di Gesu' avrebbe redento l'umanita' anche senza la croce. La croce e' il
segno dell'amore totale, non della necessita' di pagare un riscatto morendo
in quel modo. La morte violenta e ignominiosa patita coraggiosamente da
Gesu' non e' voluta da Dio, ma dai suoi nemici, da Satana (come descrive
bene la pagina 213). Il Padre la permette, non vi sottrae con potenza il
Figlio ("Dio mio, perche' mi hai abbandonato?") forse per lasciare che tutta
la forza dell'amore e della vita sulla morte e sul male si manifesti e che
sia riconoscibile nella fede. Se Dio e' buono e giusto non e' pensabile che
voglia quella morte ingiustissima del piu' innocente, ed e' assurdo che ne
abbia bisogno per perdonarci. Se non e' buono e giusto, secondo i criteri
che ci insegna lui stesso, guardiamoci da lui.
Proprio il fatto che la teoria sacrificale, abituale e comune nell'ebraismo
e poi nel cristianesimo, non compaia in parole originali di Gesu' come il
Padre nostro, testimonierebbe della sua originalita' rispetto sia
all'ebraismo sia alla successiva teologia cristiana dei discepoli. Quella
teoria sacrificale e' presente nel Vangelo di Giuda (p. 77, 224, 227-229),
di recentissima scoperta, in forma estrema. Mi pare interessante che la
tradizione cristiana non abbia scelto questo vangelo ultrasacrificale tra i
testi canonici.
*
Giustamente, piu' volte gli autori, specialmente Augias, ricordano che il
loro lavoro e' condotto solo dal punto di vista razionale e storico (pp.
109-110, 136, 140, 155, 175). Pesce tiene a precisare: "Sono convinto che la
ricerca storica rigorosa non allontani dalla fede, ma neppure spinga verso
di essa" (p. 236).
Chi non crede a Gesu' perche' non puo' credere ai miracoli, date le
conoscenze scientifiche moderne, ritiene erroneamente che i credenti credano
ai miracoli e non alla persona di Gesu'. Pesce cita Jacques Dupont: Gesu' ha
fatto pochi miracoli rispetto ai personaggi religiosi del tempo, e ha
evitato il successo che i miracoli gli avrebbero procurato. Pesce dice di
essersi "convinto che e' necessario ammettere l'esistenza di persone in
grado di compiere autentiche guarigioni considerate 'miracolose', per le
quali non esiste una spiegazione scientificamente verificabile". E aggiunge,
a proposito della risurrezione di Lazzaro, dell'intervento su forze
naturali, della moltiplicazione di cibo (pani, pesci, vino): "Sono convinto
che questi episodi non siano stati inventati, ma che i suoi seguaci furono
realmente convinti di avere assistito a quei fatti straordinari" (p. 134).
Si trattava solo di "stati alterati di coscienza, favoriti da certe zone del
cervello predisposte a ricevere rivelazioni di carattere soprannaturale",
come oggi alcuni studiosi anche cattolici interpretano le apparizioni di
Gesu' risorto (analogamente ad altre visioni collettive, anche di questi
nostri anni)? (p. 182). Sul fatto eccezionale - che sia nella materia o
nella coscienza - il credente non si sofferma; per lui e' un'occasione non
necessaria per dare fede alla persona di Gesu', che e', lui, il miracolo,
meraviglia di umanita' nuova e, per il cristiano, incomparabilmente
vivificante e salvifica.
*
Trovo interessanti anche per i problemi attuali la ricostruzione dei motivi
di conflitto tra cristiani e impero romano: non tanto la predilezione per i
poveri, gli umili, addirittura gli schiavi, sebbene cio' minasse gli
equilibri economici a Roma e nell'impero, quanto il fatto che i cristiani
non potevano condividere la religione ufficiale, un elemento oggi diremmo
"costituzionale" della societa' civile e politica, garanzia degli dei sulle
fortune di Roma. Avere una fede non compatibile coi culti ufficiali
costituiva un pericolo politico, un'offesa alle divinita', e faceva
facilmente identificare i cristiani come capro espiatorio delle sventure
pubbliche (pp. 187-193). Questo fino al 313, quando l'impero assunse il
cristianesimo crescente, che si lascio' catturare, a sua religione civile,
fino a perseguitare i vecchi culti. Emerge allora un cristianesimo
intollerante, che si manifestera' per secoli, persuaso di potere sradicare
il male dal mondo (ultimo esemplare Bush), atteggiamento tuttavia temperato
dal principio che solo Dio, e non gli uomini, puo' instaurare il suo regno,
e dal comandamento dell'amore per i nemici (p. 195-197). Quanto attuale
questa storia. Quanto anche oggi eversivo delle potenze, e tuttavia
manipolato e addomesticato, il messaggio di Gesu'.
Sul motivo analogo della polarita' tra dottrina e amore (oggi si dice
verita' e carita': v. p. 212), nelle origini e nella storia cristiana, vedo
un breve e chiaro cenno a p. 86.
*
Sul rapporto, complesso, delicato, anche tragico fino a ieri, tra ebraismo e
cristianesimo, troviamo nel volume pagine importanti, che mi suggeriscono
qualche annotazione.  "Molta strada c'e' ancora da fare per superare un
certo antisemitismo sempre latente nella Chiesa" (p. 201). Pesce precisa
bene cosa intende per antisemitismo: emarginazione civile, fino
all'eliminazione fisica, degli ebrei, per ragioni teologiche fino
dall'antichita' (p. 204) e razziali negli ultimi secoli. Antiebraismo
sarebbe la condanna religiosa dell'ebraismo. Non direi che sia ne'
antisemitismo ne' antiebraismo pensare, a torto o a ragione, che gli ebrei
in maggioranza non abbiano capito e accettato la rivoluzione che Gesu'
faceva dell'ebraismo, proprio mentre lo compiva radicalmente. Questo
giudizio si puo' o no condividere, ma e' una cosa assolutamente diversa
dall'accusare il popolo ebraico di deicidio.
Condannare un popolo per responsabilita' collettiva, purtroppo, non e'
errore e colpa dei soli cristiani, che oggi stanno riconoscendola e
chiedendone perdono. Gia' nelle guerre bibliche (piu' o meno storicamente
verificatesi) gli stranieri idolatri sono giudicati colpevoli in solido, e
condannati allo sterminio senza discriminazioni, per presunta volonta' di
Dio. Il collettivismo morale, gia' sorpassato in alcune pagine dei profeti
biblici, e' idea diffusa nella storia fino all'individualismo moderno. Ma,
anche oggi, a modernita' compiuta, la guerra ad uno stato e a un popolo,
diretta anche sui civili, non e' forse una condanna collettiva, di colpevoli
e innocenti insieme? Abbattere le case degli autori di attentati, pratica
che Israele ha ereditato dai colonialisti inglesi, non e' punizione
collettiva sui familiari innocenti? I bombardamenti angloamericani sulle
citta', di notte, durante la guerra al nazifascismo, e i bombardamenti
ancora peggiori delle nuove guerre in corso, per non dire di Hiroshima, sono
niente altro che questo, esattamente come il terrorismo indiscriminato dei
fanatici violenti, uguale alle indiscriminate reazioni anti-terroristiche.
Il male e' grande, antico e presente. Chi e' senza peccato di condanna
collettiva scagli la prima pietra.
Un'altra questione, ben diversa (a cui accenna Pesce al fondo di p. 204) e'
il ritorno degli ebrei nella terra d'Israele, "a lungo considerato
negativamente". La critica della politica territoriale e giuridica dello
stato di Israele e del modo del suo stabilirsi in Palestina, e'
oggettivamente indipendente dall'antisemitismo etnico come dall'antiebraismo
religioso. Possono esserci interferenze, ma e' necessario alla chiarezza
culturale e politica, e alla giustizia dovuta a tutti, distinguere bene le
cose.
*
Pesce dice che il cristianesimo come tale nasce nella seconda meta' del II
secolo, assumendo il monoteismo e la Bibbia ma leggendola in modo non
ebraico, all'interno di una cultura non ebraica, ma pagana e greca (pp.
201-202). Cioe', direi, nella cultura per quel tempo universalistica,
superando - mi pare importante - il nazionalismo religioso ebraico, e cosi'
dando compimento alle tendenze universali implicite nei profeti e in Gesu'.
Alla domanda se, secondo i cristiani, gli ebrei dovrebbero convertirsi,
Pesce risponde presentando le diverse opinioni, e sembra condividere quella
per cui "i cristiani dovrebbero riconoscere che l'Antico Testamento ha, per
volere di Dio, un significato ebraico che solo il popolo ebraico pienamente
comprende e rispetta. Questa corrente e' pero' minoritaria nella Chiesa" (p.
206). Mi pare che non ci sarebbe alcuna giustizia ne' alcun bisogno - e del
resto come si potrebbe senza violenza? - di togliere agli ebrei la loro
interpretazione della Bibbia ebraica. Non solo, ma questo libro (un insieme
di libri) e' di per se stesso un grande codice di significati
dell'esistenza, senza bisogno di completamenti. I cristiani pero' possono
interpretare (giacche' l'interpretazione e' infinita, come insegna lo stesso
ebraismo) quella stessa Bibbia alla luce della rivoluzione ebraica, compiuta
da Gesu' ebreo, si', ma fortemente innovatore. Per esempio, Gesu' comincia
seguendo Giovanni Battista, che cerca il perdono di Dio fuori dai riti dello
Yom Kippur e dal tempio, e riceve ispirazione diretta da Dio, in una
religione senza sacerdozio ne' sacrifici (pp. 215-216). Egli rispetta,
accetta, difende la tradizione, ma la corregge, la purifica, la radicalizza
autorevolmente col suo ripetuto "Ma io vi dico...". Certamente "era un
ebreo, non un cristiano" (p. 221), ma un ebreo cosi' singolare e nuovo, che
chi credette in lui come Messia, cioe' Cristo, senza bisogno di rinnegare
l'ebraismo si disse cristiano.
*
Richiesto di dire in poche parole l'essenza del messaggio lasciato da Gesu',
Mauro Pesce dice: "avere una totale fiducia in Dio e preoccuparsi dei
bisogni delle persone, cominciando da quelle piu' deboli e piu' povere" (p.
219). A suo parere, tra i discepoli e' l'evangelista Luca quello che meglio
ha compreso e presenta questo messaggio (p. 221; anch'io, tra i vangeli,
prediligo quello di Luca). Un testimone cristiano come Dietrich Bonhoeffer,
nel nostro tempo, traduceva questa sintesi cosi': "Pregare e operare per la
giustizia". Tuttavia, riconoscendo l'esattezza di quella sintesi, a me pare
di poterne indicare un'altra, forse ancora piu' essenziale: "Date in
prestito, non sperando nulla di ritorno" (Luca 6, 35, traduzione Poppi).
Donare senza far conto sul contraccambio, se non la ricompensa nella nuova
vita, non solo riassume tutto il discorso della montagna, cioe' la profonda
e rivoluzionaria operativita' del vangelo, ma ha anche un essenziale
significato teologico: Dio agisce cosi' e cosi' chiede che agiamo noi. Egli,
infatti, e' buono non per essere ringraziato e adorato, ma per bonta'
sorgiva e diffusiva: "Il Padre vostro che e' nei cieli (...) fa sorgere il
suo sole su malvagi e buoni e fa piovere su giusti e ingiusti" (Mt 5,
44-45), "Egli infatti e' buono anche verso gli ingrati e i cattivi" (Lc 6,
35).  Questa e' una scandalosa rivoluzione religiosa di Gesu': il suo Dio,
contro la teologia naturale e razionale, supera la giustizia retributiva,
misurata secondo il merito, ed esercita una giustizia donativa e
trasformativa, che chiama a giustizia interiore anche gli ingiusti,  e
giudica i "giusti" (di qualunque religione o non religione) che si sistemano
nella correttezza formale: "Se la vostra giustizia non superera' quella
degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 5, 20).
Chi ha capito, vissuto, ed espresso bene questo carattere dell'amore
evangelico e' Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese uccisa ad Auschwitz.
Etty scrive queste parole nel campo di Westerbork, punto di smistamento
degli ebrei verso lo sterminio, di cui lei e' gia' lucidamente consapevole:
"Qui molti sentono languire il proprio amore per l'umanita', perche' questo
amore non e' nutrito dall'esterno. Dicono che la gente di Westerbork non ti
offre molte occasioni di amarla. (...) Ma ho dovuto ripetutamente constatare
in me stessa che non esiste alcun nesso causale fra il comportamento delle
persone e l'amore che si prova per loro. Questo amore del prossimo e' come
un ardore elementare che alimenta la vita. Il prossimo in se' ha ben poco a
che farci. Maria cara, qui di amore non ce n'e' molto, eppure mi sento
indicibilmente ricca, non saprei spiegarlo a nessuno" (Etty Hillesum,
Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, pp. 114-115, lettera dell'8 agosto
1943).
Quel dare senza contraccambio riesce (o riusciva?) talmente strano proprio
nel mondo religioso da fare incorrere il direttore dell'"Osservatore
Romano", conte Giuseppe Dalla Torre, in una divertente gaffe. Giovanni
Spadolini, allora ventiquattrenne, pubblicando nel 1950 Il papato
socialista, indicava proprio in questo versetto di Luca la radicale
contrapposizione fra la concezione cattolica della vita (nessuna speranza di
profitto, egualitarismo, rinuncia al superfluo, eterno pessimismo cristiano)
e la concezione liberale e capitalistica del mondo (l'economia del profitto,
gli slanci e le conquiste mirabili del capitalismo). Ripubblicando il suo
libro nel 1969 (Longanesi), Spadolini ricordava che il conte Dalla Torre,
"intrepido superstite del mondo di Pio X", recensendo la prima edizione l'11
marzo 1950, scriveva di non aver trovato questa citazione in tutto il
vangelo di Luca, e aggiungeva che forse si trattava del "Date e vi sara'
dato" (Lc 6, 38), il quale concetto "e' proprio l'opposto del 'dare senza
riavere'". Come dire: il vangelo - cioe' il papato, il cattolicesimo - e'
semmai capitalista, non socialista! La conciliazione col mondo moderno
faceva dimenticare al direttore dell'"Osservatore Romano" un cuore del
vangelo?
*
Infine, tralasciando altre interessanti parti del libro, dico una mia
semplice impressione su queste ricerche oggi molto attive: mi sento vicino a
Bultmann quando dice che e' meno importante (non impossibile, ma meno
importante) la ricerca del Gesu' storico rispetto alla rivelazione interiore
del Gesu' della fede (pp. 198 e 201). Mi appassiono e mi inquieto assai di
piu' su come applichiamo la dottrina e l'esempio di Gesu', quella sintesi
del suo messaggio, nel tempo personale e storico che ci e' dato da vivere,
che non sul conoscerne l'origine esatta. Questa e' conoscenza intellettuale
degnissima e bella, quella e' esperienza vitale necessaria a sperare di
salvare la vita dal male. La conoscenza intellettuale non e' la verifica
dell'esperienza interiore. Se Gesu' diventa piu' figura storica che Spirito
presente, come ha promesso, rimane chiuso dietro la pietra sepolcrale del
passato. Ma addirittura, come ha scritto Umberto Eco in dialogo col cardinal
Martini, se anche Cristo, modello dell'amore universale, fosse il soggetto
inventato di un grande racconto, il fatto che "bipedi implumi" come noi
abbiano potuto immaginarlo, "sarebbe altrettanto miracoloso del fatto che il
figlio di un Dio reale si sia veramente incarnato" (Cinque scritti morali,
Bompiani 1997, pp. 90-91).
D'altra parte, le chiese non devono temere che rintracciare Gesu' ebreo sia
sottrarlo a loro. Qualcuno (forse Garaudy) scriveva tanti anni fa: il Cristo
non vi appartiene, rendetecelo, e' di tutti.
Peccano di piu' gli storici indagatori o le chiese proprietarie e
magisteriali nel gridare "Eccolo qui, eccolo la'!" (cfr Mt 24, 26)? "Non ci
credete", avvertiva Gesu'. Il messia (anche per gli ebrei, credo, e ho in
mente la lettura recente di Moni Ovadia, Vai a te stesso, Einaudi 2002, un
libro di saggezza) viene sempre per altra via.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 203 del 5 settembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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