Coi piedi per terra. 16



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 16 del primo settembre 2007

In questo numero:
1. Paolo Cacciari: Sono d'accordo con il comitato
2. Roberto Corzani: Contro la realizzazione di un nuovo aeroporto
3. Daniele Gallo: Mettere al centro la persona
4. Helene Paraskeva': Un diritto inalienabile di tutti
5. Sergio Paronetto: La bonta'
6. Anna Puglisi e Umberto Santino: Condividiamo le ragioni
7. Elio Rindone: Se cresce la consapevolezza
8. Giancarlo Torricelli: Piena adesione
9. Serge Latouche: Manifesto del doposviluppo (2005)
10. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. SOLIDARIETA'. PAOLO CACCIARI: SONO D'ACCORDO CON IL COMITATO
[Ringraziamo Paolo Cacciari (per contatti: paolo.cacciari_49 at libero.it) per
questa dichiarazione.
Paolo Cacciari (Venezia, 1949), parlamentare, militante per la pace e i
diritti, e' stato tra i promotori del convegno "Agire la nonviolenza"
svoltosi a Venezia nel 2004; architetto e giornalista, ha lavorato a
"l'Unita'" e collabora con "Carta"; ha diretto l'"Osservatorio veneto"; e'
stato per vari periodi assessore al Comune di Venezia per il Pci prima e per
il Prc poi, occupandosi di partecipazione, servizi pubblici, ambiente,
centro pace; e' stato consigliere regionale del Veneto e attualmente e'
deputato del Prc; ha collaborato con Legambiente, Lipu, Forum ambientalista.
Ha scritto con Stefania Potenza, Il ciclo edilizio per Officina edizioni,
1973, e ha pubblicato una raccolta di scritti su La salvaguardia di Venezia,
Arc, 1995. Per Punto Rosso ha curato il volume: AA. VV., Agire la
nonviolenza, 2004, e AA. VV., Sulla comunita' politica, 2007. Per le
edizioni Intra Moenia ha partecipato al volume collettivo La democrazia
possibile, 2002, e ha pubblicato Pensare la decrescita. Sostenibilita' ed
equita', 2006. Per gli Amici di Tolstoj ha scritto la postfazione del volume
Tolstoj e Marx. Oltre il marxismo verso la nonviolenza, Sankara, 2006]

Sono perfettamente d'accordo con il vostro comitato.

2. SOLIDARIETA'. ROBERTO CORZANI: CONTRO LA REALIZZAZIONE DI UN NUOVO
AEROPORTO
[Ringraziamo Roberto Corzani (per contatti: corzani.roberto at yahoo.it) per
questo intervento.
Roberto Corzani e' consigliere comunale di Barbarano Romano (Vt) ed e'
impegnato nel movimento dei verdi]

Aderisco al comitato costituitosi contro la realizzazione di un nuovo
aeroporto nella provincia di Viterbo.

3. RIFLESSIONE. DANIELE GALLO: METTERE AL CENTRO LA PERSONA
[Ringraziamo Daniele Gallo (per contatti: d.gallo at viator.it) per questo
intervento.
Daniele Gallo e' il direttore della bella rivista "Viator", mensile
cristiano della pace, della solidarieta', del dialogo e dei diritti umani]

Chiunque dotato di istinto di sopravvivenza non puo' che rimanere sbigottito
di fronte alla becera iniziativa di realizzare il terzo polo aeroportuale
laziale a Viterbo.
Questa scelta, infatti, va esattamente nella direzione opposta a quella che
il buon senso suggerirebbe. Bisogna ridurre ed eliminare, non ingrandire ed
aggiungere: se l'uomo non si decide a scegliere la sobrieta' ed un umile
profilo non ha scampo.
L'aggressivita' inquinante del traffico aereo e' devastante e i suoi effetti
dannosi si abbattono su tutti noi. Continua a prevalere la logica del
profitto e degli investimenti acefali che non tengono conto di un ambiente
costantemente ferito, ma soltanto di un malinteso senso di sviluppo e di un
finto progresso.
Manca totalmente una progettualita' che metta al centro la persona con i
suoi diritti e i suoi bisogni, che tenga conto delle necessita' dello
scenario di una Creazione fatta per soddisfare le esigenze primarie delle
creature e non per omaggiarne i feticci voluttuari e inutili.
La crisi della nostra compagnia aerea e la conseguente flessione del
traffico e del fatturato della Malpensa (per la quale sono stati spesi
tantissimi soldi pubblici) dovrebbe far riflettere e indirizzare le scelte
verso una indispensabile prospettiva etica. Il saggio ammonisce: abbiamo
spinto cosi' in avanti il progresso tecnico che adesso occorre fermarsi un
po' per consentire alle nostre coscienze di recuperare.

4. RIFLESSIONE. HELENE PARASKEVA': UN DIRITTO INALIENABILE DI TUTTI
[Ringraziamo Helene Paraskeva' (per contatti: helenep at fastwebnet.it) per
questo intervento.
Helene Paraskeva' e' nata ad Atene e risiede a Roma, scrittrice, docente, ha
pubblicato tra l'altro vari racconti in rivista e in volume e un testo per i
licei. Opere di Helene Paraskeva': Nell'uovo cosmico, Fara Editore,
Sant'Arcangelo di Romagna 2006]

Aderisco con entusiasmo alla vostra mobilitazione partendo dal presupposto
che progresso significa prima di tutto salvaguardia della qualita' della
vita come diritto inalienabile di tutti.
Capita spesso di osservare che i responsabili dell'inquinamento ambientale,
dopo aver avvelenato territori ed ecosistemi, si spostano a vivere lontano
dai luoghi distrutti, in cerca di paradisi irraggiungibili che si possono
permettere grazie proprio ai proventi dell'inquinamento. Sappiamo che dietro
al sedicente "sviluppo" si possono nascondere interessi e profitti illeciti.
Il paradiso invece e' qui, sta a noi crearlo, mantenerlo e salvaguardarlo.
L'economia va "mossa" e incentivata, certamente, ma bisogna anche creare
regole etiche per impedire che i luoghi di abitazione e di lavoro si
trasformino in inferni afosi, velenosi, assordanti, stressanti,
irrespirabili e cancerogeni.
Il ritmo della crescita scientifico-tecnologica oggi e' tale da farci
confondere il presente con il futuro e l'ambiente in cui viviamo sta
correndo gravi pericoli. E' necessario, quindi, che tale sviluppo sia sempre
unito alla ricerca di nuove fonti di energia e guidato da criteri etici,
chiari ed espliciti. E' anche indispensabile, tuttavia, che questi criteri
si trasformino in valori da trasmettere alle nuove generazioni come "forma
mentis".
E dobbiamo affrettarci se desideriamo condividere un futuro migliore.

5. SOLIDARIETA'. SERGIO PARONETTO: LA BONTA'
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com)
per questo intervento.
Sergio Paronetto insegna presso l'Istituto Tecnico "Luigi Einaudi" di Verona
dove coordina alcune attivita' di educazione alla pace e ai diritti umani.
Tra il 1971 e il 1973 e' in Ecuador a svolgere il servizio civile
alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione
internazionale (Coopi). L'obiezione di coscienza al servizio militare gli
viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e
di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso
gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios
(quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione
secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni '80 e'
consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il
disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate
dall'Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra
Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo,
Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Perez Esquivel, Beyers Naude' e tanti
testimoni di pace. Negli anni '90 aderisce a Pax Christi (che aveva gia'
conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale e del cui Centro
studi fa parte. E' membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e,
ultimamente, del Sinodo diocesano di Verona. Opere di Sergio Paronetto, La
nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va)
2004]

Care amiche e cari amici,
avverto la bonta' della vostra-nostra causa.
Condivido la vostra idea mobilitante e l'opinione di tanti che vi hanno
scritto.
Sento che le vostre intenzioni sono rette e "alte". Ci fanno "volare alto"
in modo retto e sano.
Un abbraccio. Shalom.
Sergio Paronetto

6. SOLIDARIETA'. ANNA PUGLISI E UMBERTO SANTINO: CONDIVIDIAMO LE RAGIONI
[Ringraziamo Anna Puglisi ed Umberto Santino (per contatti: Centro
Impastato, e-mail: csdgi at tin.it) per questa dichiarazione di solidarieta'.
Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, e' impegnata
nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
di cui e' una delle fondatrici. Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto
Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta
Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e
contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro
siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la
mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato,
Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di),
Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di
documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005.
Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici
piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi
studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri
criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e
criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia
difficile,  Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e
guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano
1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia
agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto
Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio
a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda
edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di
sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto
politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia
interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la
democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella
della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in
terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato",
Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di
Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli
1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e
il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino,
Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli
2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto
Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna
di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in
cammino" nei nn. 931-934]

Condividiamo le ragioni contro questo ennesimo scempio del territorio per
un'opera di cui non si sente il bisogno.

7. SOLIDARIETA'. ELIO RINDONE: SE CRESCE LA CONSAPEVOLEZZA
[Ringraziamo Elio Rindone (per contatti: eliorindone at tiscali.it) per questa
adesione.
Elio Rindone e' docente di storia e filosofia a Roma, fa parte
dell'Associazione nazionale docenti, tiene sovente appassionanti seminari;
e' autore di perspicui libri e saggi di argomento teologico e filosofico]

Condivido in pieno le motivazioni del comitato che si oppone alla
costruzione di un aeroporto a Viterbo e ho molta fiducia nelle iniziative di
democrazia dal basso, come quelle di Vicenza o della Val di Susa.
Se cresce la consapevolezza dei cittadini e si diffondono comportamenti
coerenti, per cui evitiamo quando possibile di usare l'aereo o l'automobile,
possiamo riuscire a tutelare l'ambiente e migliorare la qualita' della
nostra vita.

8. SOLIDARIETA'. GIANCARLO TORRICELLI: PIENA ADESIONE
[Ringraziamo Giancarlo Torricelli (per contatti: zzzkw at libero.it) per questo
intervento.
Giancarlo Torricelli e' consigliere comunale di Bassano Romano (Vt) e
dirigente del Prc]

Aderisco all'appello e al comitato contro l'aeroporto a Viterbo.

9. TESTI. SERGE LATOUCHE: MANIFESTO DEL DOPOSVILUPPO (2005)
[Dal sito www.carta.org/campagne/globalizzazione/decrescita/ riprendiamo il
seguente testo.
Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed
epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici
e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle
scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle
figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e
la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del
mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati
Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la
deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione
tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati
Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti
dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa.
Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto
a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita'
occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000;
L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del
mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio
sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza
limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia
vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004;
Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia
dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla
decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa'
alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della
decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato
da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali,
globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000]

La corrente di pensiero che si riferisce alla decrescita ha conservato fino
a oggi un carattere quasi confidenziale. Nel corso di una storia gia' lunga
ha prodotto, ciononostante, una letteratura non disprezzabile che si trova
rappresentata in numerosi campi di ricerca e d'azione nel mondo. Nata negli
anni Sessanta, il decennio dello sviluppo, da una riflessione critica sui
presupposti dell'economia e sul fallimento delle politiche di sviluppo,
questa corrente riunisce ricercatori, attori sociali del Nord come del Sud
portatori di analisi e di esperienze innovatrici sul piano economico,
sociale e culturale. Nel corso degli anni si sono intrecciati dei legami
spesso informali tra le sue diverse componenti e le esperienze e le
riflessioni si sono mutuamente alimentate. Il movimento per la decrescita
s'inscrive dunque nel piu' ampio movimento dell'International Network for
Cultural Alternatives to Development (Incad) e si riconosce pienamente nella
dichiarazione del 4 maggio 1992. Intende proseguire e ampliare il lavoro
cosi' cominciato.
Il movimento mette al centro della sua analisi la critica radicale della
nozione di sviluppo che, nonostante le evoluzioni formali conosciute, resta
il punto di rottura decisivo in seno al movimento di critica al capitalismo
e della globalizzazione. Ci sono da un lato quelli che, come noi, vogliono
uscire dallo sviluppo e dall'economicismo e, dall'altro, quelli che militano
per un problematico "altro" sviluppo (o una non meno problematica "altra"
globalizzazione). A partire da questa critica, la corrente procede a una
vera e propria "decostruzione" del pensiero economico. Sono pertanto rimesse
in discussione le nozioni di crescita, poverta', bisogno, aiuto ecc. Le
associazioni e i membri della presente rete si riconoscono in tale impresa.
Dopo il fallimento del socialismo reale e il vergognoso scivolamento della
socialdemocrazia verso il social-liberalismo, noi pensiamo che solo queste
analisi possano contribuire a un rinnovamento del pensiero e alla
costruzione di una societa' veramente alternativa alla societa' di mercato.
Rimettere radicalmente in questione il concetto di sviluppo e' fare della
sovversione cognitiva, e questa e' la condizione preliminare del
sovvertimento politico, sociale e culturale. Il momento ci sembra favorevole
per uscire dalla semiclandestinita' dove siamo stati relegati finora e il
grande successo del colloquio di La ligne d'horizon, "Defaire le
developpement, refaire le monde", che si e' tenuto presso l'Unesco dal 28
febbraio al 3 marzo 2002, rafforza le nostre convinzioni e le nostre
speranze.
*
Rompere l'immaginario dello sviluppo e decolonizzare le menti
Di fronte alla globalizzazione, che non e' altro che il trionfo planetario
del mercato, bisogna concepire e volere una societa' nella quale i valori
economici non siano piu' centrali (o unici). L'economia dev'essere rimessa
al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo.
Bisogna rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore.
Cio' non e' solo necessario per evitare la distruzione definitiva delle
condizioni di vita sulla Terra ma anche e soprattutto per fare uscire
l'umanita' dalla miseria psichica e morale. Si tratta di una vera
decolonizzazione del nostro immaginario e di una diseconomicizzazione delle
menti indispensabili per cambiare davvero il mondo prima che il cambiamento
del mondo ce lo imponga nel dolore. Bisogna cominciare con il vedere le cose
in altro modo perche' possano diventare altre, perche' sia possibile
concepire soluzioni veramente originali e innovatrici. Si tratta di mettere
al centro della vita umana altri significati e altre ragioni d'essere che
l'espansione della produzione e del consumo.
La parola d'ordine della rete e' dunque "resistenza e dissidenza".
Resistenza e dissidenza con la testa ma anche con i piedi. Resistenza e
dissidenza come atteggiamento mentale di rifiuto, come igiene di vita.
Resistenza e dissidenza come atteggiamento concreto mediante tutte le forme
di autorganizzazione alternativa. Cio' significa anche il rifiuto della
complicita' e della collaborazione con quella impresa dissennata e
distruttiva che costituisce l'ideologia dello sviluppo.
*
Illusioni e rovine dello sviluppo
L'attuale globalizzazione ci mostra quel che lo sviluppo e' stato e che non
abbiamo mai voluto vedere. Essa e' lo stadio supremo dello sviluppo
realmente esistente e nello stesso tempo la negazione della sua concezione
mitica. Se lo sviluppo, effettivamente, non e' stato altro che il seguito
della colonizzazione con altri mezzi, la nuova mondializzazione, a sua
volta, non e' altro che il seguito dello sviluppo con altri mezzi. Conviene
dunque distinguere lo sviluppo come mito dallo sviluppo come realta'
storica.
Si puo' definire lo sviluppo realmente esistente come una impresa che mira a
trasformare in merci le relazioni degli uomini tra loro e con la natura. Si
tratta di sfruttare, di valorizzare, di trarre profitto dalle risorse
naturali e umane. Progetto aggressivo verso la natura e verso i popoli, e' -
come la colonizzazione che la precede e la mondializzazione che la segue -
un'opera al tempo stesso economica e militare di dominazione e di conquista.
E' lo sviluppo realmente esistente, quello che domina il pianeta da tre
secoli, che causa i problemi sociali e ambientali attuali: esclusione,
sovrappopolazione, poverta', inquinamenti diversi ecc.
Quanto al concetto mitico di sviluppo, e' nascosto in un dilemma: da una
parte, esso designa tutto e il suo contrario, in particolare l'insieme delle
esperienze storiche e culturali dell'umanita', dalla Cina degli Han
all'impero degli Inca. In questo caso non designa nulla in particolare, non
ha alcun significato utile per promuovere una politica, ed e' meglio
sbarazzarsene. Dall'altra parte, esso ha un contenuto proprio, il quale
designa allora necessariamente cio' che possiede in comune con l'avventura
occidentale del decollo dell'economia cosi' come si e' organizzata dalla
rivoluzione industriale in Inghilterra negli anni 1750-1800. In questo caso,
quale che sia l'aggettivo che gli si affianca, il contenuto implicito o
esplicito dello sviluppo e' la crescita economica, l'accumulazione del
capitale con tutti gli effetti positivi e negativi che si conoscono. Ora,
questo nucleo centrale che tutti gli sviluppi hanno in comune con tale
esperienza, e' legato a rapporti sociali ben particolari che sono quelli del
modo di produzione capitalistico. Gli antagonisti di classe sono ampiamente
occultati dalla pregnanza di "valori" comuni ampiamente condivisi: il
progresso, l'universalismo, il dominio della natura, la razionalita'
quantificante. Questi valori sui quali si basa lo sviluppo, e in particolare
il progresso, non corrispondono affatto ad aspirazioni universali profonde.
Sono legati alla storia dell'Occidente e trovano scarsa eco nelle altre
societa'. Al di fuori dei miti che la fondano, l'idea di sviluppo e'
totalmente sprovvista di senso e le pratiche che le sono legate sono
rigorosamente impossibili perche' impensabili e proibite. Oggi questi valori
occidentali sono precisamente quelli che bisogna rimettere in discussione
per trovare una soluzione ai problemi del mondo contemporaneo ed evitare le
catastrofi verso le quali l'economia mondiale ci trascina. Il doposviluppo
e' al contempo postcapitalismo e postmodernita'.
*
I nuovi aspetti dello sviluppo
Per tentare di scongiurare magicamente gli effetti negativi dello sviluppo,
siamo entrati nell'era dello sviluppo aggettivato. Si e' assistito alla
nascita di nuovi sviluppi autocentranti, endogeni, partecipativi,
comunitari, integrati, autentici, autonomi e popolari, equi... senza parlare
dello sviluppo locale, del microsviluppo, dell'endosviluppo,
dell'etnosviluppo. Affiancando un aggettivo al concetto di sviluppo, non si
tratta veramente di rimettere in discussione l'accumulazione capitalistica;
tutt'al piu' si pensa di aggiungere un risvolto sociale o una componente
ecologica alla crescita economica come un tempo si e' potuto aggiungerle una
dimensione culturale. Questo lavoro di ridefinizione dello sviluppo
riguarda, in effetti, sempre piu' o meno la cultura, la natura e la
giustizia sociale. In tutto cio' si tratta di guarire un male che colpirebbe
lo sviluppo in modo accidentale e non congenito. Per l'occasione e' stato
addirittura creato uno spauracchio, il malsviluppo. Questo mostro e' solo
una chimera, poiche' il male non puo' colpire lo sviluppo per la buona
ragione che lo sviluppo immaginario e' per definizione l'incarnazione stessa
del bene. Il buon sviluppo e' un pleonasmo perche' lo sviluppo significa
buona crescita, perche' anche la crescita e' un bene contro il quale nessuna
forza del male puo' prevalere.
E' l'eccesso stesso delle prove del suo carattere benefico che meglio rivela
la frode dello sviluppo.
Lo sviluppo sociale, lo sviluppo umano, lo sviluppo locale e lo sviluppo
durevole non sono altro che gli ultimi nati di una lunga serie di
innovazioni concettuali tendenti a far entrare una parte di sogno nella dura
realta' della crescita economica. Se lo sviluppo sopravvive ancora lo deve
soprattutto ai suoi critici. Inaugurando l'era dello sviluppo aggettivato
(umano, sociale ecc.), gli umanisti canalizzano le aspirazioni delle vittime
dello sviluppo del Nord e del Sud strumentalizzandoli. Lo sviluppo durevole
e' il piu' bel successo di quest'arte di ringiovanimento di vecchie cose.
Esso illustra perfettamente il procedimento di eufemizzazione mediante
aggettivo. Lo sviluppo durevole, sostenibile o sopportabile (sustainable),
portato alla ribalta alla Conferenza di Rio del giugno 1992, e' un tale "fai
da te" concettuale, che cambia le parole invece di cambiare le cose, una
mostruosita' verbale con la sua antinomia mistificatrice. Ma nello stesso
tempo, con il suo successo universale, attesta la dominazione dell'ideologia
dello sviluppo. Ormai la questione dello sviluppo non riguarda soltanto i
paesi del Sud, ma anche quelli del Nord. Se la retorica pura dello sviluppo
con la pratica legata dell'espertocrazia volontarista non ha piu' successo,
il complesso delle credenze escatologiche in una prosperita' materiale
possibile per tutti e rispettosa dell'ambiente resta intatto. L'ideologia
dello sviluppo manifesta la logica economica in tutto il suo rigore. Non
c'e' posto in questo paradigma per il rispetto della natura reclamato dagli
ecologisti ne' per il rispetto dell'uomo reclamato dagli umanisti. Lo
sviluppo realmente esistente appare allora nella sua verita'. E lo sviluppo
alternativo come un miraggio.
*
Oltre lo sviluppo
Parlare di doposviluppo non e' soltanto lasciar correre l'immaginazione su
cio' che potrebbe accadere in caso di implosione del sistema, fare della
fantapolitica o esaminare un problema accademico. E' parlare della
situazione di coloro che attualmente al Nord come al Sud sono esclusi o sono
in procinto di diventarlo, di tutti coloro, dunque, per i quali il progresso
e' un'ingiuria e una ingiustizia, e che sono indubbiamente i piu' numerosi
sulla faccia della Terra. Il doposviluppo si delinea gia' tra noi e si
annuncia nella diversita'. Il doposviluppo, in effetti, e' necessariamente
plurale. Si tratta della ricerca di modalita' di espansione collettiva nelle
quali non sarebbe privilegiato un benessere materiale distruttore
dell'ambiente e del legame sociale. L'obiettivo della buona vita si declina
in molti modi a seconda dei contesti. In altre parole, si tratta di
ricostruire nuove culture. Questo obiettivo puo' essere chiamato l'humran
(crescita/rigoglio) come in Ibn Khaldun, swadeshi-sarvodaya (miglioramento
delle condizioni sociali di tutti) come in Gandhi, o bamtaare (stare bene
assieme) come dicono i toucouleurs, o in altro modo. L'importante e'
esprimere la rottura con l'impresa di distruzione che si perpetua sotto il
nome di sviluppo oppure, oggi, di mondializzazione. Per gli esclusi, per i
naufraghi dello sviluppo, puo' trattarsi soltanto di una sorta di sintesi
tra la tradizione perduta e la modernita' inaccessibile. Queste creazioni
originali di cui si possono trovare qua e la' degli inizi di realizzazione
aprono la speranza di un doposviluppo. Bisogna al tempo stesso pensare e
agire globalmente e localmente. E' solo nella mutua fecondazione dei due
approcci che si puo' tentare di sormontare l'ostacolo della mancanza di
prospettive immediate. Il doposviluppo e la costruzione di una societa'
alternativa non si declinano necessariamente nello stesso modo al Nord e al
Sud. Proporre la decrescita conviviale come uno degli obiettivi globali
urgenti e identificabili attualmente e mettere in opera alternative concrete
localmente sono prospettive complementari.
*
Decrescere e abbellire
La decrescita dovrebbe essere organizzata non soltanto per preservare
l'ambiente ma anche per ripristinare il minimo di giustizia sociale senza la
quale il pianeta e' condannato all'esplosione. Sopravvivenza sociale e
sopravvivenza biologica sembrano dunque strettamente legate. I limiti del
patrimonio naturale non pongono soltanto un problema di equita'
intergenerazionale nel condividere le disponibilita', ma anche un problema
di giusta ripartizione tra gli esseri attualmente viventi dell'umanita'. La
decrescita non significa un immobilismo conservatore. La saggezza
tradizionale considerava che la felicita' si realizzasse nel soddisfare un
numero ragionevolmente limitato di bisogni. L'evoluzione e la crescita lenta
delle societa' antiche si integravano in una riproduzione allargata ben
temperata, sempre adattata ai vincoli naturali. Organizzare la decrescita
significa, in altre parole, rinunciare all'immaginario economico, vale a
dire alla credenza che di piu' e' uguale a meglio. Il bene e la felicita'
possono realizzarsi con costi minori. Riscoprire la vera ricchezza nel
fiorire di rapporti sociali conviviali in un mondo sano puo' ottenersi con
serenita' nella frugalita', nella sobrieta' e addirittura con una certa
austerita' nel consumo materiale.
La parola d'ordine della decrescita ha soprattutto come fine il segnare con
fermezza l'abbandono dell'obiettivo insensato della crescita per la
crescita, obiettivo il cui movente non e' altro che la ricerca sfrenata del
profitto per i detentori del capitale. Evidentemente, non si prefigge un
rovesciamento caricaturale che consisterebbe nel raccomandare la decrescita
per la decrescita. In particolare, la decrescita non e' la crescita
negativa. Si sa che il semplice rallentamento della crescita sprofonda le
nostre societa' nel disordine con riferimento alla disoccupazione e
all'abbandono dei programmi sociali, culturali e ambientali che assicurano
un minimo di qualita' della vita. Si puo' immaginare quale catastrofe
sarebbe un tasso di crescita negativa. Allo stesso modo non c'e' cosa
peggiore di una societa' lavoristica senza lavoro e, peggio ancora, di una
societa' della crescita senza crescita. La decrescita e' dunque auspicabile
soltanto in una "societa' di decrescita". Cio' presuppone tutt'altra
organizzazione in cui il tempo libero e' valorizzato al posto del lavoro,
dove le relazioni sociali prevalgono sulla produzione e sul consumo dei
prodotti inutili o nocivi. La riduzione drastica del tempo dedicato al
lavoro, imposta per assicurare a tutti un impiego soddisfacente, e' una
condizione preliminare.
Ispirandosi alla carta su "consumi e stili di vita" proposta al Forum delle
Ong di Rio, e' possibile sintetizzare il tutto in un programma di sei "R":
rivalutare, ristrutturare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.
Questi sono i sei obiettivi interdipendenti un circolo virtuoso di
decrescita conviviale e sostenibile. Rivalutare significa rivedere i valori
in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita, nonche'
cambiare i valori che devono essere cambiati. Ristrutturare significa
adattare la produzione e i rapporti sociali in funzione del cambiamento dei
valori. Per ridistribuire s'intende la ridistribuzione delle ricchezze e
dell'accesso al patrimonio naturale. Ridurre vuol dire diminuire l'impatto
sulla biosfera dei nostri modi di produrre e di consumare. Per fare cio'
bisogna riutilizzare gli oggetti e i beni d'uso invece di gettarli e
sicuramente riciclare i rifiuti non compressibili che produciamo.
Tutto cio' non e' necessariamente antiprogressista e antiscientifico. Si
potrebbe, nello stesso tempo, parlare di un'altra crescita in vista del bene
comune, se il termine non fosse troppo alternativo.
Noi non rinneghiamo la nostra appartenenza all'Occidente, di cui
condividiamo il sogno progressista, sogno che ci ossessiona. Tuttavia,
aspiriamo a un miglioramento della qualita' della vita e non a una crescita
illimitata del Pil. Reclamiamo la bellezza delle citta' e dei paesaggi, la
purezza delle falde freatiche e l'accesso all'acqua potabile, la trasparenza
dei fiumi e la salute degli oceani. Esigiamo un miglioramento dell'aria che
respiriamo, del sapore degli alimenti che mangiamo. C'e' ancora molta strada
da fare per lottare contro l'invasione del rumore, per ampliare gli spazi
verdi, per preservare la fauna e la flora selvatiche, per salvare il
patrimonio naturale e culturale dell'umanita', senza parlare dei progressi
da fare nella democrazia. La realizzazione di questo programma e' parte
integrante dell'ideologia del progresso e presuppone il ricorso a tecniche
sofisticate alcune delle quali sono ancora da inventare. Sarebbe ingiusto
tacciarci come tecnofobi e antiprogressisti con il solo pretesto che
reclamiamo un "diritto di inventario" sul progresso e sulla tecnica. Questa
rivendicazione e' un minimo per l'esercizio della cittadinanza.
Semplicemente, per i paesi del Sud, colpiti in pieno dalle conseguenze
negative della crescita del Nord, non si tratta tanto di decrescere (o di
crescere, d'altra parte), quanto di riannodare il filo della loro storia
rotto dalla colonizzazione, dall'imperialismo e dal neoimperialismo
militare, politico, economico e culturale. La riappropriazione delle loro
identita' e' preliminare per dare ai loro problemi le soluzioni appropriate.
Puo' essere sensato ridurre la produzione di certe colture destinate
all'esportazione (caffe', cacao, arachidi, cotone ecc., ma anche fiori
recisi, gamberi di allevamento, frutta e verdure come primizie ecc.), come
puo' risultare necessario aumentare la produzione delle colture per uso
alimentare. Si puo' pensare inoltre a rinunciare all'agricoltura
produttivista come al Nord per ricostituire i suoli e le qualita'
nutrizionali, ma anche, senza dubbio, fare delle riforme agrarie,
riabilitare l'artigianato che si e' rifugiato nell'informale ecc. Spetta ai
nostri amici del Sud precisare quale senso puo' assumere per loro la
costruzione del doposviluppo.
In nessun caso la rimessa in discussione dello sviluppo puo' ne' deve
apparire come una impresa paternalista e universalista che la assimilerebbe
a una nuova forma di colonizzazione (ecologista, umanitaria...). Il rischio
e' tanto piu' forte in quanto gli ex colonizzati hanno interiorizzato i
valori del colonizzatore. L'immaginario economico, e in particolare
l'immaginario dello sviluppo, e' senza dubbio ancor piu' pregnante al Sud
che al Nord. Le vittime dello sviluppo hanno la tendenza a non vedere altro
rimedio alle loro disgrazie che un aggravarsi del male. Pensano che
l'economia sia il solo mezzo per risolvere la poverta' quando e' proprio
essa che la genera. Lo sviluppo e l'economia sono il problema e non la
soluzione; continuare a pretendere e volere il contrario fa parte del
problema. Una decrescita accettata e ben meditata non impone alcuna
limitazione nel dispendio di sentimenti e nella produzione di una vita
festosa o addirittura dionisiaca.
*
Sopravvivere localmente
Si tratta di essere attenti al reperimento delle innovazioni alternative:
imprese cooperative in autogestione, comunita' neorurali, Lets e Sel e gli
altri sistemi non monetari, autorganizzazione degli esclusi del Sud. Queste
esperienze che noi intendiamo sostenere o promuovere ci interessano non
tanto per se stesse, quanto come forme di resistenza e di dissidenza al
processo di aumento della mercificazione totale del mondo. Senza cercare di
proporre un modello unico, noi ci sforziamo di realizzare in teoria e in
pratica una coerenza globale dell'insieme di queste iniziative. Il pericolo
della maggior parte delle iniziative alternative e', in effetti, di
chiudersi nella nicchia che hanno trovato all'inizio invece di lavorare alla
costruzione e al rafforzamento di un insieme piu' vasto. L'impresa
alternativa vive o sopravvive in un ambiente che e' e dev'essere diverso dal
mercato mondializzato. E' questo ambiente dissidente che bisogna definire,
proteggere, conservare, rinforzare, sviluppare attraverso la resistenza.
Piuttosto che battersi disperatamente per conservare la propria nicchia
nell'ambito del mercato mondiale, bisogna militare per allargare e
approfondire una vera societa' autonoma ai margini dell'economia dominante.
Il mercato mondializzato con la sua concorrenza accanita e spesso sleale non
e' l'universo dove di muove e deve muoversi l'organizzazione alternativa.
Essa deve cercare una vera democrazia associativa per sfociare in una
societa' autonoma. Una catena di complicita' deve legare tutte le parti.
Come nell'informale africano, nutrire la rete dei "collegati" e' la base del
successo. L'allargamento e l'approfondimento del tessuto di base e' il
segreto del successo e deve essere il primo pensiero delle sue iniziative.
E' questa coerenza che rappresenta una vera alternativa al sistema.
Al Nord, si pensa prima ai progetti volontari e volontaristici di
costruzione di mondi differenti. Alcuni individui, rifiutando in tutto o in
parte il mondo in cui vivono, tentano di mettere in atto qualcos'altro, di
vivere altrimenti: di lavorare o di produrre altrimenti in seno a imprese
diverse, di riappropriarsi della moneta anche per servirsene per un uso
diverso, secondo una logica altra rispetto a quella dell'accumulazione
illimitata e dell'esclusione massiccia dei perdenti.
Al Sud, dove l'economia mondiale, con l'aiuto delle istituzioni di Bretton
Woods, ha cacciato dalle campagne milioni e milioni di persone, ha distrutto
il loro modo di vita ancestrale, soppresso i loro mezzi di sussistenza, per
gettarli e stiparli nelle bidonvilles e nelle periferie Terzo mondo,
l'alternativa e' spesso una condizione di sopravvivenza. I "naufraghi dello
sviluppo", abbandonati a loro stessi, condannati nella logica dominante a
scomparire, non hanno scelta per restare a galla che organizzarsi secondo
un'altra logica. Devono inventare, e almeno alcuni inventano effettivamente,
un altro sistema, un'altra vita.
Questa seconda forma dell'altra societa' non e' totalmente separata dalla
prima, e cio' per due ragioni. Innanzitutto, perche' l'autorganizzazione
spontanea degli esclusi del Sud non e' mai totalmente spontanea. Ci sono
aspirazioni, progetti, modelli, o anche utopie che informano piu' o meno
questi "fai da te" della sopravvivenza informale. Poi, perche',
simmetricamente, gli "alternativi" del Nord non sempre hanno possibilita' di
scegliere. Anch'essi sono spesso degli esclusi, degli abbandonati, dei
disoccupati o candidati potenziali alla disoccupazione, o semplicemente
degli esclusi per disgusto... Ci sono dunque possibilita' di contatto tra le
due forme che possono e devono fecondarsi reciprocamente. Questa coerenza
d'insieme realizza un certo modo, certi aspetti che Francois Partant
attribuiva alla sua proposta centrale: dare a dei disoccupati, a dei
contadini rovinati e a tutti coloro che lo desiderano la possibilita' di
vivere del loro lavoro, producendo, al di fuori dell'economia di mercato e
nelle condizioni da loro stessi determinate, cio' di cui ritengono di aver
bisogno.
Rafforzare la costruzione di tali altri mondi possibili passa per la presa
di coscienza del significato storico di queste iniziative. Numerose sono
gia' state le riconquiste da parte delle forze dello sviluppo delle imprese
alternative isolate, e sarebbe pericoloso sottovalutare le capacita' di
recupero del sistema. Per contrastare la manipolazione e il lavaggio del
cervello permanente a cui siamo sottoposti, la costruzione di una vasta rete
sembra essenziale per condurre la battaglia del buon senso.

10. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 16 del primo settembre 2007

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