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Voci e volti della nonviolenza. 97
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 97
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 28 Aug 2007 12:39:28 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 97 del 28 agosto 2007 In questo numero: 1. Gabriele De Veris: 28 agosto 1963, il sogno di Martin Luther King in marcia a Washington 2. Martin Luther King: Io ho un sogno 3. Sergio Albesano: Cinque momenti della vita di Martin Luther King 4. Et coetera 1. GABRIELE DE VERIS: 28 AGOSTO 1963, IL SOGNO DI MARTIN LUTHER KING IN MARCIA A WASHINGTON [Dal sito dell'Agesci, settore pace, nonviolenza, solidarieta' (http://italy.peacelink.org/agescipns/) riprendiamo il seguente intervento li' apparso col titolo "28 agosto 1963: la Marcia su Washington. 'I have a dream'. Il sogno di Martin Luther King ha risvegliato gli americani nel 1963: oggi ricordiamo quel giorno guardando al presente e sognando un mondo migliore"] Il 28 agosto 1963 si svolse la Marcia per i diritti civili, la "Marcia su Washington", organizzata da Martin Luther King; centinaia di migliaia di persone, bianchi e neri, marciarono insieme fino al Lincoln Memorial, per chiedere la fine della segregazione e discriminazione razziale. La manifestazione, che fu una delle piu' grandi iniziative nonviolente negli Stati Uniti, si concluse con il canto di Joan Baez e Bob Dylan, e infine con le parole immortali del discorso di Martin Luther King, "I Have a Dream": (Io ho un sogno). "Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza...". * Gandhi aveva iniziato le manifestazioni nonviolente in India, poi altre manifestazioni antinucleari si erano svolte in Inghilterra; nel settembre 1961 la Marcia per la pace e la fratellanza da Perugia ad Assisi promossa da Aldo Capitini. La nonviolenza era nell'aria, ed era la risposta costruttiva a un mondo ancora stravolto dalla violenza della guerra, dei campi di sterminio, della bomba atomica. La Marcia su Washington fu probabilmente l'ago della bilancia tra una repressione feroce e una rivolta armata che avrebbe probabilmente infiammato gli Stati Uniti: la stretta strada della nonviolenza, faticosa, derisa, spesso ignorata dai libri di storia ufficiali e dai revisionisti distratti e un po'ignoranti. La Marcia su Washington fu costruita da uomini e donne che rischiavano la vita ogni giorno, in un Paese teoricamente libero e democratico ma di fatto tragicamente incoerente. Traccio' anche la rotta per quanti lottano per i diritti umani, per la pace, per un mondo a misura d'uomo: la nonviolenza come strumento indispensabile, positivo, costruttivo, personale e collettivo al tempo stesso. * A noi, spesso abituati a fiumi di parole, comunicati e conferenze stampa, interviste, pagine web, foto digitali, telefonate e servizi televisivi, puo' sembrare incredibile che quella manifestazione - cosi' piccola se paragonata ai megaconcerti planetari - sia stata costruita con tali mezzi, a suon di ciclostilati e telefonate, e abbia avuto tanto effetto da passare alla storia perche' ha fatto davvero la storia. Ma capire meglio come stavano le cose e come sono cambiate in quella fine di agosto di 44 anni fa puo' aiutarci a rileggere la nostra storia quotidiana, le nostre lotte, il nostro impegno per rendere questo mondo un po' migliore di come lo abbiamo trovato, dove i diritti umani sono un dovere per ciascuno di noi. 2. MARTIN LUTHER KING: IO HO UN SOGNO [Riproponiamo ancora una volta il seguente discorso estratto dall'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King curata da Fulvio Cesare Manara, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' quello dell'indimenticabile discorso tenuto alla marcia a Washington per l'occupazione e la liberta', Washington, 28 agosto 1963; la traduzione (di Tania Gargiulo) e' ripresa da Martin Luther King, "I have a dream", Mondadori, Milano 2000, 2001, pp. 226-230. Cosi' Martin Luther King descrisse la circostanza: "Cominciai a parlare leggendo il mio discorso, e fino a un certo punto continuai a leggere. Quel giorno sentivo nell'uditorio una rispondenza straordinaria, e tutt'a un tratto mi venne in mente questa cosa. Nel giugno precedente, dopo essermi unito a un tranquillo raduno di migliaia di persone nelle strade del centro di Detroit, nel Michigan, avevo tenuto un discorso nella Cobo Hall, in cui mi ero servito dell'espressione 'io ho un sogno'. L'avevo gia' usata piu' volte nel passato, e semplicemente mi venne fatto di usarla anche a Washington. Non so perche': prima di pronunciare il discorso non ci avevo pensato affatto. Dissi la frase, e da quel momento in poi lasciai del tutto da parte il manoscritto e non lo ripresi piu'"] Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sara' ricordata come la piu' grande manifestazione per la liberta' nella storia del nostro paese. Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firmo' il Proclama dell'emancipazione. Si trattava di una legge epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri, marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come un'aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattivita'. Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono passati cento anni, e la vita dei neri e' ancora paralizzata dalle pastoie della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i neri vivono in un'isola solitaria di poverta', in mezzo a un immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli angoli della societa' americana, si ritrovano esuli nella propria terra. Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d'indipendenza, hanno firmato un "paghero'" di cui ciascun americano era destinato a ereditare la titolarita'. Il "paghero'" conteneva la promessa che a tutti gli uomini, si', ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi diritti inalienabili: "vita, liberta' e ricerca della felicita'". Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di colore, l'America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di adempiere a questo sacro dovere, l'America ha dato al popolo nero un assegno a vuoto, un assegno che e' tornato indietro, con la scritta "copertura insufficiente". Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di opportunita' di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo venuti a incassarlo, questo assegno, l'assegno che offre, a chi le richiede, la ricchezza della liberta' e la garanzia della giustizia. Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all'America l'infuocata urgenza dell'oggi. Quest'ora non e' fatta per abbandonarsi al lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo. Adesso ' il momento di tradurre in realta' le promesse della democrazia. Adesso e' il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale. Adesso e' il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della fraternita'. Adesso e' il momento di tradurre la giustizia in una realta' per tutti i figli di Dio. Se la nazione non cogliesse l'urgenza del presente, le conseguenze sarebbero funeste. L'afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finira' finche' non saremo entrati nel frizzante autunno della liberta' e dell'uguaglianza. Il 1963 non e' una fine, e' un principio. Se la nazione tornera' all'ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po' e poi se ne sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa. In America non ci sara' ne' riposo ne' pace finche' i neri non vedranno garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finche' non spuntera' il giorno luminoso della giustizia. * Ma c'e' qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci portera' a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la sete di liberta' bevendo alla coppa del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignita' e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s'incontra con la forza dell'anima. Il nuovo e meraviglioso clima di combattivita' di cui oggi e' impregnata l'intera comunita' nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perche' molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito che il loro destino e' legato al nostro. Hanno capito che la loro liberta' si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro. C'e' chi domanda ai seguaci dei diritti civili: "Quando sarete soddisfatti?". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalita' poliziesca. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle citta', per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' tutta la facolta' di movimento dei neri restera' limitata alla possibilita' di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno piu' grande. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i nostri figli continueranno a essere spogliati dell'identita' e derubati della dignita' dai cartelli su cui sta scritto "Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere niente per cui votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finche' la giustizia non scorrera' come l'acqua, e la rettitudine come un fiume in piena. Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la liberta' sono stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalita' poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione. Tornate nel Mississippi, tornate nell'Alabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle nostre citta' del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione puo' cambiare e cambiera'. * Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficolta' di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano. Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgera' e vivra' il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verita' evidenti di per se', che tutti gli uomini sono creati uguali. Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternita'. Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell'ingiustizia, il caldo afoso dell'oppressione, si trasformera' in un'oasi di liberta' e di giustizia. Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l'essenza della loro personalita'. Oggi ho un sogno. Ho un sogno, che un giorno, laggiu' nell'Alabama, dove i razzisti sono piu' che mai accaniti, dove il governatore non parla d'altro che di potere di compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno, proprio la' nell'Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle. Oggi ho un sogno. Ho un sogno, che un giorno ogni valle sara' innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sara' rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme. Questa e' la nostra speranza. Questa e' la fede che portero' con me tornando nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternita'. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, schierarci insieme per la liberta', sapendo che un giorno saremo liberi. Quel giorno verra', quel giorno verra' quando tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo: "Patria mia, e' di te, dolce terra di liberta', e' di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dell'orgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi liberta'". E se l'America vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero. E dunque, che la liberta' riecheggi dalle straordinarie colline del New Hampshire. Che la liberta' riecheggi dalle possenti montagne di New York. Che la liberta' riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania. Che la liberta' riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado. Che la liberta' riecheggi dai pendii sinuosi della California. Ma non soltanto. Che la liberta' riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia. Che la liberta' riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee. Che la liberta' riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la liberta'. E quando questo avverra', quando faremo riecheggiare la liberta', quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da ogni citta', saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dell'antico inno: "Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente". 3. SERGIO ALBESANO: CINQUE MOMENTI DELLA VITA DI MARTIN LUTHER KING [Dal sito www.comitatopace.it riprendiamo il seguente articolo di Sergio Albesano, dal titolo "Martin Luther King. La figura del leader del movimento per i diritti civili dei neri attraverso cinque momenti della sua vita"] 1. Il boicottaggio degli autobus a Montgomery Il primo dicembre 1955 a Montgomery, in Alabama, Rosa Parks, una signora nera di mezza eta', sali' su un autobus di linea, segui' l'indicazione "Gente di colore" e prese posto nella quinta fila a sinistra, dietro ai posti riservati ai passeggeri bianchi. L'autobus ben presto si riempi'. Il conducente invito' allora a far posto ai "signori bianchi" e tre neri si alzarono. Rosa era stanca, aveva appena terminato una lunga giornata di lavoro, le facevano male i piedi e decise di rimanere seduta. Il conducente la invito' esplicitamente ad alzarsi, ma la donna rifiuto', senza alzare la voce, perche' sapeva che altrimenti avrebbe offerto un pretesto per farla scendere. L'autista si allontano' e ritorno' dopo poco accompagnato da due poliziotti, i quali afferrarono la donna e la trascinarono via. L'autobus riparti' e la donna venne condotta al posto di polizia, dove il funzionario di turno compilo' il modulo di arresto con l'accusa di violazione delle norme municipali regolanti la disposizione razziale dei posti sugli autoveicoli pubblici. Rosa telefono' a E. D. Nixon, presidente dell'Naacp, il quale la raggiunse al commissariato, pago' la cauzione e la riporto' a casa. Quindi avviso' dell'accaduto Jo Ann Robinson, presidentessa del Consiglio politico delle donne di Montgomery, la quale propose a Nixon di lanciare un appello alla popolazione di colore per boicottare i mezzi pubblici in segno di protesta. Alle cinque del mattino Nixon telefono' a due pastori della citta' per chiedere il loro appoggio. Uno dei due era Martin Luther King, il quale esito' e chiese di poter riflettere, ma quaranta minuti dopo, dietro le insistenze di Nixon, accetto' di mettere a disposizione la sua chiesa come luogo di incontro della comunita' nera per poter discutere la questione. Nelle prime ore del pomeriggio erano gia' stati distribuiti quarantamila volantini in cui si invitava a non utilizzare l'autobus lunedi' 5 dicembre. L'appello al boicottaggio era gia' stato lanciato prima che avesse inizio la riunione, durante la quale King si tenne in disparte, suscitando la lamentela di Robinson. Solo le chiese disponevano dell'organizzazione necessaria per mobilitare un alto numero di neri e alla fine i pastori promisero di dare risalto al boicottaggio nei sermoni della domenica e di ristampare all'interno delle singole comunita' ecclesiali il volantino. La domenica nelle chiese afflui' una massa di gente e i pastori raccolsero applausi scroscianti. Nel pomeriggio King lesse un articolo sul "Montgomery adviser", in cui si bollava il minacciato boicottaggio come un'azione di razzismo nero e cio' sollevo' i suoi dubbi. Alla fine decise che il boicottaggio era un tentativo di spiegare ai bianchi che non era possibile collaborare oltre con un sistema malvagio. In genere in una giornata lavorativa utilizzavano i mezzi pubblici ventimila neri. Quel lunedi' furono contati solo dodici viaggiatori neri. Intanto fu processata Rosa Parks, che fu riconosciuta colpevole e le venne inflitta una multa di dieci dollari. Il suo avvocato presento' ricorso. Qualche ora piu' tardi alcune persone si incontrarono nella chiesa di King ed egli, colto di sorpresa, fu eletto presidente della Montgomery Improvement Association. "Tutta la faccenda mi si presento' cosi' inaspettatamente, che non ebbi tempo di rifletterci sopra", affermo' King. "Io non avevo ne' iniziato ne' proposto quella protesta. Reagii semplicemente al richiamo del popolo che chiedeva un portavoce". L'assemblea preparo' il testo delle richieste da proporre all'azienda dei trasporti, tra le quali si chiedeva "che i viaggiatori possano prendere posto secondo l'ordine di salita, i neri a cominciare dalle ultime file". Si trattava di richieste indubbiamente moderate, che non mettevano in discussione il principio della separazione razziale. Quella sera il neopresidente tenne un discorso appassionato di fronte ad una folla enorme. Ricordo' molti casi di ingiustizie subite da neri sui mezzi pubblici. Poi disse: "Siamo qui per dire a coloro che ci hanno maltrattato per tanto tempo che noi siamo stanchi. Siamo stanchi di essere segregati e umiliati. Siamo stanchi di essere presi brutalmente a calci, di essere oppressi. Non abbiamo altra alternativa che la protesta. Per molti anni abbiamo mostrato una pazienza sorprendente. A volte abbiamo dato ai nostri fratelli bianchi l'impressione che il modo in cui venivamo trattati ci piacesse. Ma questa sera siamo venuti qui per dire che la nostra pazienza e' finita, che saremo pazienti solo quando avremo liberta' e giustizia". L'assemblea approvo' all'unanimita' la proposta di continuare il boicottaggio ad oltranza, fino a quando fossero state rispettate le richieste della popolazione nera, la quale continuo' l'azione di protesta per trecentottantasei giorni, organizzando un sistema di trasporti alternativo. In questi mesi King acquisto' una statura di rilievo pubblico. Quotidiani di tutto il mondo inviarono giornalisti nella citta' sul fiume Alabama e arrivarono le televisioni a riprenderlo. Il nuovo mezzo d'informazione, sufficientemente sviluppato negli Stati Uniti a quell'epoca, contribui' a rendere Martin Luther King una figura di rilevanza nazionale. Contemporaneamente King e la sua famiglia furono subissati da minacce di morte e ricevettero un'infinita' di telefonate piene di insulti e di volgarita'. La sua casa subi' un attentato dinamitardo in cui moglie e figlio si salvarono per miracolo. King ebbe dubbi, provo' paura, ma trovo' nella sua fede religiosa la forza di continuare. Intanto venne accusato di frode fiscale; quindi arrestato per eccesso di velocita'. Era la prima di una lunga serie di detenzioni. Una folla adirata si aduno' davanti alla prigione chiedendo la scarcerazione del pastore e la polizia, dietro pagamento della cauzione, lo rilascio'. King volo' da una parte all'altra degli Stati Uniti per mobilitare l'opinione pubblica e per raccogliere fondi per la causa. Intanto le autorita' municipali intentarono un processo per "trasporto di viaggiatori non autorizzato" contro il movimento per i diritti civili, chiedendo al tribunale un provvedimento ingiuntivo temporaneo contro il sistema di automobili private che offrivano passaggi gratuiti ai neri. King cerco' di trattare con l'azienda, che pero' si dimostro' irremovibile. Il momento era delicato, perche' se la Corte locale avesse dato ragione alle autorita' municipali, il boicottaggio sarebbe giunto alla fine, in quanto non si poteva chiedere alla popolazione nera di andare e tornare tutti i giorni dal lavoro a piedi. Proprio in quel momento pero' la Corte Suprema, alla quale avevano fatto ricorso gli avvocati della Naacp, dichiaro' incostituzionale la separazione razziale sui mezzi pubblici di trasporto di Montgomery e le norme locali di segregazione delle Stato dell'Alabama. La comunita' di colore si preparo' al trasporto integrato simulando sui banchi della chiesa alcune scene di situazioni conflittuali. La popolarita' di King era alle stelle e all'inizio del 1957 la sua fotografia campeggio' sulla copertina di "Time". Il boicottaggio ebbe termine il 21 dicembre 1956 e nel giro di una settimana il trasporto integrato divenne una pratica comune a Montgomery. Si verificarono soltanto due piccoli incidenti di intolleranza. La vittoria di Montgomery non fu merito soltanto di King e dei suoi uomini. Fin dall'inizio i grandi media avevano appoggiato il movimento per i diritti civili, assecondando un nuovo atteggiamento che andava delineandosi nella societa'. Anche il sound nero contribui' a diffondere una nuova cultura di tolleranza. Alla fine degli anni Cinquanta, gli Stati Uniti si trovarono di fronte una nuova generazione di giovani che attraverso il rock and roll erano approdati al movimento per i diritti civili. Senza la beat generation il movimento di King dopo Montgomery si sarebbe arenato. * Spunti di riflessione La protesta parti' dalle donne. King non cerco' di capeggiare la protesta, ma lo fece quasi suo malgrado. Il boicottaggio fu accompagnato da azioni legali. Il boicottaggio ebbe successo perche' fu un'azione di massa. La protesta fu sempre e inequivocabilmente nonviolenta. La popolazione nera coinvolta si preparo' a situazioni conflittuali. I grandi media furono determinanti per la buona riuscita dell'azione. La coscienza civica e' pronta ad accogliere i cambiamenti legislativi che in parte sono gia' patrimonio della cultura civile. E' solo quando la notte e' piu' buia che si vedono le stelle. * 2. Birmingham Birmingham era un centro industriale dell'Alabama a un'ora e mezza di automobile a nord di Montgomery. Nel 1957 erano stati attuati in citta' diciassette attentati dinamitardi contro le chiese dei neri senza che alcun responsabile fosse mai stato individuato e il Ku Klux Klan era penetrato cinquanta volte nel quartiere delle persone di colore. Fred Shuttlesworth, un collega di King e suo amico dai tempi di Montgomery, lo aveva chiamato a Birmingham, ben sapendo di imbarcarsi in un'impresa a rischio. Durante una riunione preparatoria King aveva detto ai suoi collaboratori: "Ci tengo molto che ciascuno di voi rifletta attentamente prima di decidere se partecipare alla campagna. Io prevedo che qualcuno dei presenti non tornera' a casa vivo. Quindi pensateci bene". La campagna di disobbedienza civile fu preparata sia reclutando alcune centinaia di volontari con il compito di coinvolgere la popolazione nera, sia organizzando conferenze tenute da King in ogni dove per raccogliere i fondi necessari. Il giorno d'inizio della campagna fu mercoledi' 3 aprile 1963 e la sera precedente King indisse un raduno di preghiera. Al mattino trenta volontari presero posto ai banchi delle tavole calde dei cinque grandi magazzini piu' prestigiosi della citta' e chiesero di essere serviti. Furono respinti e venne loro intimato di lasciare il locale. Quando si rifiutarono di abbandonare i loro posti, la polizia sopraggiunta ne porto' in prigione ventuno. Quella sera King fece appello alla popolazione nera perche' boicottasse i grandi magazzini dei bianchi in segno di solidarieta' con gli arrestati. I primi tre giorni della protesta si svolsero in modo quasi pacifico e furono effettuati soltanto trentacinque arresti. Il sabato quarantacinque volontari si recarono in marcia al municipio insieme al pastore Shuttlesworth per presentare una protesta contro l'arresto dei sostenitori dei diritti civili. Quarantadue di loro furono fermati. La domenica il fratello di King, Alfred-Daniel, che era stato chiamato come pastore a Birmingham, si spinse fino in centro con una marcia di preghiera. Fu arrestato e spedito in prigione insieme ad altri venticinque dimostranti. Il ministro della giustizia Robert Kennedy fece pervenire a King un messaggio personale, in cui gli consigliava di smorzare il tono della protesta giacche', cosi' si esprimeva, "i diritti civili non si conquistano in piazza". King era deciso ad ignorare l'ingiunzione emessa dal tribunale locale che vietava qualunque altra forma di protesta e organizzo' per il venerdi' santo una marcia alla prigione insieme a cinquanta volontari; negli ultimi cinque giorni circa cinquecento neri erano stati rinchiusi in carcere. La polizia ben presto interveni' e condusse i dimostranti in prigione. Per King si trattava del tredicesimo arresto. In carcere scrisse la Lettera dal carcere di Birmingham, che era una risposta agli ecclesiastici che reputavano che i neri avrebbero fatto meglio a sfruttare le loro possibilita' legali, anziche' impiegare tutto quel tempo a tenere dimostrazioni. King scrisse: "Quando attraversi il Paese e sei costretto a dormire notte dopo notte negli angoli scomodi di un'automobile perche' non c'e' un motel che ti accolga; quando giorno dopo giorno vieni umiliato dai cartelli provocatori 'per bianchi' e 'per gente di colore'; quando non hai piu' un nome perche' ti chiamano 'nigger', non hai altro appellativo che 'boy', qualunque sia la tua eta', e il tuo cognome e' comunque 'John'; quando a tua moglie e a tua madre non viene mai riconosciuto il titolo di riguardo Mrs.; quando il fatto di esser nero ti tormenta di giorno e ti perseguita di notte e ti costringe a camminare sempre in punta di piedi; allora bisogna comprendere perche' a noi risulti tanto difficile aspettare". Sabato 20 aprile King fu rimesso in liberta' dietro pagamento della cauzione e il successivo processo si concluse con una multa di cinquanta dollari. Gli organizzatori della manifestazione decisero allora di coinvolgere i ragazzi. Il 2 maggio gruppi di cinquanta giovani partirono dalla chiesa dove avevano ascoltato un discorso di King. La polizia era schierata con manganelli, caschi, scudi e cani al guinzaglio. I ragazzi riuscirono pero' ad aggirare il blocco e a raggiungere il centro, dove si riunirono in un corteo che avanzo' verso il municipio. La polizia rincorse i manifestanti e fermo' la marcia, arrestando novecentocinquantanove bambini e ragazzi, che furono trattati in maniera umiliante e violenta. King indisse per il giorno seguente un'altra manifestazione. Cinquecento ragazzi lasciarono l'edificio della chiesa prima che la polizia arrivasse a sbarrare il portone. Gli altri si defilarono dalle uscite laterali. La polizia attacco' i dimostranti con gli idranti e scateno' i cani contro di loro. Per reazione sui tetti delle case circostanti comparvero giovani neri che cominciarono a prendere di mira la polizia con un lancio di sassi. La campagna nonviolenta rischiava di precipitare. Gli organizzatori riuscirono a salvare la situazione invitando ancora una volta a non fare uso della violenza. Il corteo dei ragazzi suscito' aspre critiche, poiche' King e gli organizzatori della protesta furono accusati di bieco cinismo e di abusare dei giovani. King rispose affermando che un bianco non era in grado di farsi un'idea di che cosa significava essere un bambino nero che cresceva in una realta' come quella di Birmingham. Dopo le dimostrazioni dei ragazzi, la popolazione di colore continuo' le manifestazioni e tutti i giorni furono organizzate marce verso il municipio, nonostante i manganelli e gli idranti della polizia. Il 6 e 7 maggio furono arrestate duemila persone. Le carceri erano sovraffollate. Robert Kennedy invio' a Birmingham un incaricato speciale, con il compito di convincere i commercianti bianchi a trattare con King per giungere ad un'intesa. King avanzo' quattro richieste: l'abolizione della segregazione nelle tavole calde, nei bagni, negli spogliatoi e alle fontanelle dell'acqua potabile dei centri commerciali; l'assunzione di neri, con la relativa possibilita' di fare carriera, all'interno dell'amministrazione comunale e delle aziende commerciali; la sospensione di tutti i procedimenti penali in corso contro i dimostranti; l'istituzione di un comitato misto di bianchi e neri per programmare altre misure per l'abolizione della segregazione. Agli occhi di chi deteneva il potere nella citta', pero', nessuna di queste condizioni poteva esser oggetto di trattative. Intanto sulle strade la protesta continuava e si ebbero numerosi feriti. Volarono pezzi di mattone, bottiglie e sassi. King con il megafono continuava a richiamare alla nonviolenza. Impressionati dal protrarsi della crisi, i rappresentanti della Camera di commercio avviarono trattative segrete con i responsabili della protesta. Il 9 maggio King fu di nuovo arrestato. Shuttlesworth, dimesso dall'ospedale dove era stato ricoverato a causa di un getto d'idrante, mise in campo mille volontari per occupare il centro cittadino, dove nel frattempo si erano schierati duemila soldati regolari. Intervenne allora Robert Kennedy in persona, che convinse dopo difficili trattative Shuttlesworth a rinviare la marcia al carcere al tardo pomeriggio e a sospenderla, qualora King fosse stato rilasciato. Il governo fece pressioni sul tribunale locale affinche' King fosse immediatamente liberato dietro pagamento della cauzione e cosi' avvenne. Lo stesso giorno i negoziatori bianchi si dichiararono disposti ad accettare tutte le condizioni richieste. L'autorita' giudiziaria rilascio' tremila dimostranti detenuti, ma l'amministrazione comunale si rifiuto' di riconoscere l'intesa raggiunta. Su richiesta del Consiglio comunale il Provveditorato agli studi allontano' dalle lezioni millecento ragazzi per partecipazione non autorizzata a dimostrazioni. Ma alla fine del mese il Supremo tribunale amministrativo destitui' dall'incarico il Consiglio comunale. L'effetto Birmingham si fece sentire e nel giro di dieci settimane il Ministero della giustizia registro' settecentocinquanta dimostrazioni in centottantasei citta'. L'11 giugno John F. Kennedy si rivolse alla nazione con un discorso per conquistare il consenso dell'opinione pubblica sulla propria iniziativa di legge sui diritti civili. King aveva dimostrato che i diritti civili erano stati conquistati in piazza. Intanto a Birmingham ci furono attentati dinamitardi contro le case dei neri e scoppiarono disordini. King corse nella citta' e riusci' a calmare i neri. A settembre una bomba venne lanciata da una finestra nella chiesa da dove King aveva fatto partire le manifestazioni dei ragazzi. Quattro ragazze nere fra gli undici e i quattordici anni, che stavano seguendo la lezione di catechismo, morirono. Nessun colpevole venne mai trovato. I genitori di una delle ragazze accusarono King della morte della loro figlia. * Spunti di riflessione La campagna fu preparata accuratamente. Per sostenere le iniziative c'e' bisogno di fondi. * 3. La grande marcia su Washington Il mattino del 28 agosto 1963 duecentocinquantamila persone confluirono a Washington da tutte le parti del Paese. Passarono attraverso le strade cantando: "Black and white together". Secondo le stime ufficiali, tra i dimostranti c'erano ottantacinquemila bianchi. Il presidente Kennedy stava cercando di far approvare la legge sui diritti civili e aveva sconsigliato di organizzare la grande marcia, poiche' temeva che suonasse come un ricatto nei confronti dei delegati. King ribadi': "Di tutte le campagne alle quali io abbia partecipato e' sempre stato detto che capitavano al momento sbagliato". Tuttavia i dirigenti neri fecero di tutto per assicurare che la marcia risultasse una manifestazione pacifica. Duemila poliziotti neri di New York si erano offerti come volontari per il servizio di sicurezza. Joan Baez canto' l'inno del Movimento "We shall overcome" e milioni di telespettatori assistettero al corteo, che era lungo chilometri. Un gruppetto esiguo di nazisti statunitensi si fece notare ai margini della manifestazione. I dirigenti neri lessero le loro rivendicazioni, che avrebbero poi sottoposto al Presidente, alla Casa bianca, a conclusione del raduno: leggi efficaci per i diritti civili, finanziamenti federali per i programmi di integrazione, abolizione della segregazione in tutte le scuole pubbliche entro la fine del 1963, riduzione del numero dei delegati alla Casa dei rappresentanti per tutti gli Stati che limitavano il diritto al voto dei neri, richiesta di un'edilizia popolare pubblica, iniziative federali contro la sottoccupazione e l'abolizione di posti di lavoro, aumento del minimo salariale. King fu l'ultimo a parlare e pronuncio' il famoso discorso ricordato con la sua affermazione "I have a dream". Disse: "Io ho un sogno: che un giorno sulle colline rosse della Georgia i figli degli schiavi e i figli degli schiavisti di un tempo possano sedere assieme al tavolo della fratellanza. Io ho un sogno: che un giorno persino lo Stato del Mississippi, uno Stato che sta languendo nella foga dell'ingiustizia e dell'oppressione, si trasformi in un'oasi di liberta' e giustizia. Io ho un sogno: che un giorno i miei quattro figli potranno vivere in una nazione che non li giudichera' per il colore della loro pelle, ma per il loro carattere. Io ho un sogno...". La folla lo seguiva esclamando "Amen" e "Lodato sia il Signore" e lo interrompeva continuamente con applausi scroscianti. Durante la manifestazione non si verificarono incidenti. * 4. Premio Nobel per la pace Nell'ottobre 1964 il comitato per l'assegnazione dei premi Nobel scelse Martin Luther King come vincitore del premio Nobel per la pace. King ricevette la notizia in ospedale, dove era ricoverato a causa della fatica a cui si era sottoposto. Con i suoi trentacinque anni King era la persona piu' giovane a cui fino a quel momento fosse stato conferito il premio. I suoi avversari si ribellarono all'iniziativa e avviarono una campagna denigratoria contro di lui. Un giornale del Sud scrisse: "La gente del Sud sa che, dove passa King, lascia violenza e odio". Edgar Hoover, direttore dell'Fbi, defini' King "il piu' famigerato bugiardo del Paese". Alla cerimonia ad Oslo, King pronuncio' un discorso, che concluse affermando che, quando sara' scritta la storia di quest'epoca, si dovra' rendere un tributo ai tanti "umili figli di Dio", mai contati ne' menzionati, le cui sofferenze per la causa della giustizia hanno generato una nuova epoca, "una terra piu' bella, un popolo migliore e una cultura piu' nobile". La cerimonia fu diffusa in eurovisione in tutta l'Europa occidentale. Era la prima volta che la gioventu' potesse identificarsi in un premio Nobel. Nella realta' da incubo che i giovani stavano vivendo, il sogno di King diventava un nuovo simbolo di speranza. * 5. L'assassinio Nel febbraio 1968 a Memphis le forze di polizia caricavano con sostanze chimiche e manganelli i netturbini neri in sciopero, che chiedevano il riconoscimento del loro sindacato, nuovi contratti di lavoro e l'istituzione di un ufficio per le conciliazioni. Il sindaco respinse le loro richieste. I netturbini allora entrarono in sciopero, ma le autorita' comunali dichiararono illegale tale sciopero e fecero intervenire la polizia. Come reazione furono boicottati negozi, fu organizzato un sit-in davanti al municipio e le chiese promossero assemblee di protesta. Dopo quattro settimane l'amministrazione cittadina ancora non dava segni di cedimento e allora venne chiamato in aiuto Martin Luther King, la cui presenza doveva essere una motivazione in piu' per i netturbini in sciopero. Inoltre avrebbe dato rilievo pubblico alla loro lotta. Egli parlo' davanti a quindicimila persone, spronando i netturbini a continuare la loro lotta e invitando tutti i neri di Memphis a organizzare uno sciopero generale. Per giovedi' 28 marzo fu indetta una marcia, che si risolse in un fallimento, perche' il corteo era avanzato di appena tre incroci quando cominciarono a volare sassi, sfondando le vetrine dei negozi. La polizia intervenne, duecentottanta dimostranti furono arrestati e un giovane mori' per le ferite di arma da fuoco riportate. In citta' fu proclamato il coprifuoco notturno. Il 4 aprile King si stava preparando in albergo prima di recarsi ad un comizio indetto per quella sera. Dopo essersi annodato la cravatta usci' sul balcone e scambio' alcune parole con un amico che stava la' sotto. La pallottola di grosso calibro lo uccise di colpo. Colpi' King sotto il labbro, gli spappolo' il mento, rimase conficcata nelle vertebre cervicali e gli trapasso' il midollo spinale. E' probabile che King sia morto all'istante. I ghetti esplosero. Furono arrestate ventisettemila persone, tremilacinquecento rimasero ferite, quarantatre uccise e i danni complessivi ammontarono a cinquantotto milioni di dollari. King aveva sempre saputo che quella sarebbe stata la sua fine. Nel discorso che aveva tenuto la sera prima, aveva detto: "Non so che cosa succedera' adesso. Ma non e' questo che mi interessa. Sono salito in cima alla montagna. Non sono preoccupato. Come tutti, anch'io desidero vivere a lungo. Ma tutto questo ora non mi preoccupa. Desidero soltanto compiere la volonta' di Dio. Egli mi ha concesso di salire in cima alla montagna. Io ho guardato oltre e ho visto la Terra Promessa. Forse io non arrivero' fin la' con voi. Ma voglio che voi sappiate, questa notte, che noi insieme, come popolo, giungeremo alla Terra Promessa. Per questo oggi sono felice. No, non mi preoccupa piu' niente. Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto l'arrivo del Signore, il suo splendore". 4. ET COETERA Gabriele De Veris e' una delle figure piu' conosciute e stimate dell'impegno per la pace e la nonviolenza in Italia; vive e lavora a Perugia come bibliotecario; capo scout, obiettore di coscienza, si occupa da molti anni di educazione alla pace e nonviolenza; collabora con varie associazioni, e in particolare con la Tavola della pace per l'organizzazione della marcia Perugia-Assisi; ha organizzato un centro di documentazione su pace e nonviolenza. * Sergio Albesano e' impegnato nei movimenti di pace, di solidarieta' e per la nonviolenza, cura una rubrica di storia e una di libri su "Azione nonviolenta". Opere di Sergio Albesano: Storia dell'obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta, Treviso 1993; con Bruno Segre e Mao Valpiana ha coordinato la realizzazione del volume di AA. VV., Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, coedizione Anppia e Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999. * Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 97 del 28 agosto 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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