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Minime. 195
- Subject: Minime. 195
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 28 Aug 2007 01:14:40 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 195 del 28 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Angela Dogliotti Marasso: Per Piergiorgio 2. Luigi Malabarba: Una piena solidarieta' 3. Una settimana di dialogo a Srebrenica 4. Il 2 settembre a Fossoli 5. Edith Wharton: Nelle vene di Parigi 6. Umberto Galimberti: Prefazione a "Il tramonto dell'Occidente" 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: PER PIERGIORGIO [Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it) per questo ricordo. Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; Con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004. Piergiorgio Acquistapace, insegnante di straordinarie doti maieutiche; infaticabile animatore di movimenti per la pace, l'ambiente, i diritti di tutti, la costruzione di un altro mondo possibile; gia' responsabile regionale dei verdi e figura storica della sinsitra molisana; limpido e strenuo oppositore della guerra; autorevole volto e nitida voce del Movimento Nonviolento, e' deceduto due giorni fa] Ci eravamo conosciuti ai campi degli insegnanti nonviolenti a Barbiana. Piergiorgio faceva parte del gruppo piu' assiduo, con la moglie Lucia e le figlie, Alessia e Laura. Poi non ci siamo piu' visti per anni, se non, saltuariamente, a qualche manifestazione. Le nostre figlie sono cresciute, il mondo e' cambiato, l'impegno di Piergiorgio e' stato quello di sempre. Ci siamo rivisti a Sulmona, nel novembre scorso, al convegno su Celestino V organizzato da Pasquale Iannamorelli e ci siamo ritrovati con gioia, a casa di Bruno Iannamorelli, con Gege' Scardaccione, Raffaello Saffioti e Piergiorgio, rimettendo insieme, per poche ore, una parte del vecchio gruppo di Barbiana. Ho saputo allora della sua malattia. Ma lui era come sempre. Stava progettando un corso di formazione alla nonviolenza nel quale coinvolgere anche dei militari, perche' e' la' che e' importante fare breccia. Nonostante la malattia e' riuscito a portare avanti il progetto e a maggio siamo andati, Beppe e io, a tenere due incontri a Campobasso. E' venuto a prenderci in stazione. Era magro, piu' del solito. Nel vederlo mi si e' stretto il cuore. Ma quando parlava era quello di sempre. Con la sua modestia, il suo sorriso lievemente ironico, la sua leggerezza... A casa sua, con lui e con Lucia, siamo stati come vecchi amici che si vedono tutti i momenti. Ti siamo grati, Piergiorgio, di averci dato l'opportunita' di starti vicino e di conoscerti ancora di piu', cosi' poco tempo prima che te ne andassi... E a te, Lucia, grazie per il calore, per la forza che ci hai trasmesso con la tua presenza attenta e serena, che lasciava appena trasparire la grande preoccupazione che ti occupava il cuore, affinche' ogni attimo di vita fosse pieno, fino all'ultimo. 2. EDITORIALE. LUIGI MALABARBA: UNA PIENA SOLIDARIETA' [Ringraziamo Luigi Malabarba (per contatti: luigi.malabarba at senato.it) per questa lettera di solidarieta'. Luigi (Gigi) Malabarba, gia' senatore e gia' capogruppo in senato del Prc, e' stato segretario della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito e membro del Copaco (il Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza); operaio dell'Alfa Romeo di Arese per trent'anni, dirigente della Fiom e poi coordinatore nazionale del Sin. Cobas, e' stato anche fortemente impegnato nella solidarieta' internazionale, ed editore e redattore della bella e non dimenticata rivista "Quetzal" per la liberazione dell'America Latina. Tra le opere di Luigi Malabarba: Dai Cobas al sindacato, Datanews, Roma 1995; Il salario sociale, Nuove edizioni internazionali, Milano 1999; 2001-2006: segreti e bugie di stato, Edizioni Alegre, Roma 2006] Caro Peppe, pur non essendo un sostenitore della teoria della decrescita e pur non demonizzando il trasporto aereo, che ha anche consentito di avvicinare tra loro popoli e mondi lontani (uno dei miei primi voli lo feci nei primi anni '80 nel Nicaragua sandinista e poi in Salvador, che hanno segnato molto della mia vita cosi' come i trenta anni di lavoro alla catena di montaggio all'Alfa Romeo di Arese), appoggio incondizionatamente la battaglia del Comitato contro il nuovo aeroporto di Viterbo e piu' in generale contro l'inutile e dannoso terzo aeroporto del Lazio, cosi' come il proliferare di nuovi scali demenziali per tutta la penisola. Le ragioni sono state esposte chiaramente da tanti interventi, anche scientificamente assai fondati e seri. Condivido quindi gli argomenti a sostegno dell'appello, perche' occorre sul serio una drastica riduzione dei voli, soprattutto interni, e un rilancio del sistema di trasporto ferroviario per passeggeri e merci, sostitutivo sia di quello aereo, sia di quello altrettanto insostenibile su gomma. * Il capitalismo - chiamiamo le cose con il loro nome - sta distruggendo l'ecosistema, la democrazia e quanto di socialmente positivo e' stato prodotto dalla civilta' umana. Purtroppo, nonostante le grandi speranze riattivate con il movimento mondiale contro la guerra e la globalizzazione degli ultimi anni, anche gran parte delle forze politiche che vi si erano identificate o che ne avevano condiviso almeno i principi ispiratori hanno ben presto rinunciato, adeguandosi alla realpolitik, anzi teorizzando l'infausto "menopeggismo": e' una tragedia, una sconfitta per tutti e tutte noi, lo dico con amarezza. Lo spettacolo deprimente della cosiddetta sinistra di governo e' li' a dimostrarlo. Dopo aver militato e creduto per tanto tempo a questa sinistra, lo sai bene Peppe, oggi ritengo che non sia piu' recuperabile neppure se - anche grazie alla delusione del suo elettorato popolare - fosse nuovamente sospinta all'opposizione. Bisogna ripartire dalle battaglie nella societa', dai contenuti irriducibili per la salvaguardia della salute, dell'ambiente, dei diritti per tutte e tutti, della democrazia, della pace (ma come fa una sinistra a votare l'aumento delle spese militari e per produzioni di morte e per finanziare missioni di guerra?). Giudichero' la sinistra, una qualche sinistra degna di questo nome, solo in base alla coerenza con questi contenuti. * Sono passato dalla Tuscia qualche giorno fa in vacanza e mi sono ancor piu' rafforzato nell'idea che questo aeroporto non si debba lasciar costruire. L'associazione "Sinistra critica", nella quale milito oggi, e' totalmente a sostegno di questa battaglia. Un grande abbraccio Gigi Malabarba 3. INCONTRI. UNA SETTIMANA DI DIALOGO A SREBRENICA [Da Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e diffondiamo. Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di Alex Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti: e-mail: langer.foundation at tin.it, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e' infaticabile e generosissimo animatore] E'' iniziato il 27 agosto 2007 l'incontro internazionale di Srebrenica, di cui trovate notizia in www.alexanderlanger.org Sono piu' di cento le persone, di diversa estrazione e comptenza, che si sono recate a Srebrenica. Diciotto i giovani volontari collegati alla Fondazione Alexander Langer, oltre a un nutrito gruppo di giovani di Tuzla e Srebrenica che con Tuzlanska Amica e Irfanka Pasagic stanno cercando di costruire un futuro che non neghi la memoria. * Promossa da Tuzlanska Amica e Fondazione Alexander Langer dal 27 agosto al primo.settembre 2007 si svolge a Srebrenica una Settimana internazionale di dialogo dedicata alla memoria, aperta alla partecipazione di membri di istituzioni rappresentative, studiosi, ricercatori, giornalisti, artisti, animatori culturali, giovani, e curiosi provenienti sia dall'area balcanica che dall'Europa. La Settimana Internazionale si colloca all'interno del progetto "Adopt Srebrenica", promosso dall'associazione Tuzlanska Amica di Tuzla e dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano, con un coinvolgimento attivo delle municipalita' di Srebrenica e di diverse amministrazioni pubbliche, centri di ricerca, associazioni di volontariato italiane e internazionali. Gli obiettivi a lungo termine del progetto sono: - la promozione di un processo di confidence building, di dialogo interculturale e di sostegno di una cultura di pace e convivenza, di creazione di una memoria storica condivisibile; - la creazione a Srebrenica di un Centro internazionale di ricerca, documentazione, studio e formazione per l'analisi, la prevenzione e la gestione dei conflitti: un luogo di incontro, scambio e confronto permanente per i giovani del circondario e per visitatori internazionali. Il progetto e' reso possibile grazie all'adesione e al sostegno di: Comune di Srebrenica, Comune di Pescara, Regione Abruzzo, Regione Trentino Alto Adige-Suedtirol, Comune di Marzabotto, Comune di Bolzano, Rete Lilliput - nodo di Ferrara, Associazione Sara di Srebrenica. per informazioni e contatti: - Tuzlanska Amica, tel. e fax: 0038735312321, e-mail: mirza_b95 at yahoo.com e tz-amica at bih.net.ba - Fondazione Alexander Langer, tel. e fax: 0039(0)471977691, e-mail: info@alexanderlanger, sito Internet: www.alexanderlanger.org 4. INCONTRI. IL 2 SETTEMBRE A FOSSOLI [Dalla Fondazione Fossoli (per contatti: fondazione.fossoli at carpidiem.it) riceviamo e diffondiamo] Carissimi, siamo lieti di informarvi delle prossime iniziative in occasione dell'ottava Giornata europea della cultura ebraica, domenica 2 settembre 2007. * Aperture straordinarie dalle ore 10 alle ore 20: Cimitero ebraico, via Cremaschi, Carpi; Sinagoga, via Giulio Rovighi 57, Carpi; Museo monumento al deportato, palazzo Pio, piazza Martiri, Carpi; Ex campo di concentramento di Fossoli, via Remesina Esterna 32, Fossoli (Carpi). * Visite guidate e gratuite - Cimitero ebraico, ore 10 e 16.30. - Sinagoga, ore 11 e 15 (massimo 25 persone, su prenotazione telefonica: 059688272). - Museo monumento al deportato, ore 10 e 16.30. - Ex campo di concentramento di Fossoli, ore 10.30 e 15.30. - Visita guidata alla mostra "Primo Levi - i giorni e le opere", ore 11.30 e 16.30 presso la baracca recuperata dell'ex campo di concentramento di Fossoli (la mostra e' stata prolungata fino al 2 dicembre 2007). * Tavola rotonda: "Primo Levi, una voce dal Novecento", ore 17.30, Fossoli (Carpi), ex campo di concentramento, presso la baracca recuperata. Introduce Alberto Bellelli, assessore alle politiche culturali del Comune di Carpi; Roberto Cavaglion, ricercatore dell'Istoreco di Torino, "Attualita' (e inattualita') della zona grigia"; Stefano Levi Della Torre, Universita' di Milano, "Scrittura della necessita'"; Brunetto Salvarani, direttore della rivista "Cem mondialita'" di Brescia, "Primo Levi tra ebraismo e laicita' radicale"; coordina Silvia Mantovani, Fondazione Fossoli. 5. TESTI. EDITH WHARTON: NELLE VENE DI PARIGI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 agosto 2007, col titolo "Nelle vene di Parigi sembrava scorrere il curaro. 'La guerra e' una cosa troppo seria per lasciarla ai militari' (Charles Maurice de Tayllerand)" e il sommario "Un reportage scritto dalla autrice americana dell''Eta' dell'innocenza' inviata al fronte francese allo scoppio della guerra. Sotto i suoi occhi la folla incredula si accalca davanti al manifesto che proclama la mobilitazione generale, mentre una marea umana invade le strade, consapevole della tragedia che sta per travolgerla I volti che passavano erano cupi, ma non tristi. Nessuno aveva l'aspetto di un agnello portato al macello". Edith Wharton (New York 1862 - Saint Brice sous Foret 1937), scrittrice statunitense, autrice di profonda capacita' descrittiva, sia nell'ambito della tagliente analisi sociologica che dell'acuminata introspezione psicologica. L'autore della traduzione, Marco Dotti, accompagna il testo della Wharton con la seguente scheda sull'autrice dal titolo "Romanzi sullo sfondo delle ipocrisie sociali": "Nata a New York nel 1862 da una antica e facoltosa famiglia, i Newbold Jones, Edith studio' privatamente e dopo un matrimonio infelice con il banchiere bostoniano Edward Wharton ottenne il divorzio e si trasferi' in Francia. Il suo primo romanzo significativo e' La casa dell'allegria, esordio di quel processo di denuncia dell'alta societa' statunitense che le consegnera' la fama di 'storica della societa' nordamericana del suo tempo'. Ma il suo romanzo piu' noto resta L'eta' dell'innocenza, scritto sullo sfondo del grande vuoto che lascio' in lei la morte dell'amico Henry James, in cui analizza le difficolta' di due amanti divisi dai pregiudizi dell'ambiente, di nuovo descritto con dovizia di particolari e innervato da quel raffinato sarcasmo con cui gia' aveva rappresentato l'ipocrisia delle convenzioni sociali. Trasferitasi a Parigi nel 1911, in un prestigioso appartamento di rue de Varenne, descrisse gran parte della propria esperienza francese nella autobiografia Uno sguardo all'indietro (trad. it. M. Buitoni Duca, Editori Riuniti, 2000). Nel 1915, allo scoppio della guerra, ottenne un visto per recarsi al fronte, dove scrisse una serie di reportage pubblicati prima a New York da Scrhribner's, poi raccolti in Fighting France. From Dunkerque to Belport, il libro dal quale e' tratto l'articolo tradotto in questa pagina. Mori' di infarto in Francia nel 1937". Tra le opere di Edith Wharton: La valle della decisione, 1902; La casa dell'allegria, 1905; Il frutto dell'albero, 1907; Racconti di fantasmi, 1910; Ethan Frome, 1911; L'usanza del paese, 1913; Estate, 1917; L'eta' dell'innocenza, 1920; Un figlio al fronte, 1023; L'arte narrativa, 1925; I ragazzi, 1928; Uno sguardo all'indietro, 1934] Il 30 luglio del 1914, risalendo in automobile da Poitiers, in direzione nord, abbiamo pranzato al bordo della strada, sotto alcuni alberi di mele, in prossimita' di un campo. Altri campi si stendevano a sinistra e a destra, fino al limitare di un bosco e del campanile di un villaggio. Regnava la calma del mezzogiorno in questo paesaggio dolce e temperato che il viaggiatore, nella sua memoria, associa naturalmente alla Francia. Anche agli occhi di coloro che li conoscono da molto tempo, questi frammenti nettamente staccati dal tutto, questi piccoli villaggi compatti e grigi possono, talvolta, apparire smorti e piatti. In altri momenti, pero', una immaginazione sensibile percepisce in ognuno di questi austeri blocchi di creta, in ogni solco, l'attaccamento vigile e costante delle generazioni che sono rimaste fedeli alla terra. Questo attaccamento si leggeva in tutte le linee della scheggia di paesaggio che avevamo sotto gli occhi. L'aria sembrava risuonare del lamento della fatica umana al ritmo del lavoro di tutti i giorni, ogni giorno da ricominciare. La serenita' di questo ridente quadretto scacciava dai nostri pensieri le notizie sulla guerra che ci opprimevano fin dal mattino. * Visioni di Chartres Per tutta la giornata, il cielo era stato ricoperto di nubi da temporale, ma quando riuscimmo a raggiungere Chartres, verso le quattro, erano scomparse dall'orizzonte. La citta' era cosi' inondata di sole che entrando nella cattedrale ci si poteva ingannare, pensando di essersi trovati all'improvviso nella piena oscurita' di una chiesa spagnola. Di primo acchito, non era possibile distinguere un solo particolare: venivamo gettati in una notte profonda. Poi, mentre le ombre si stringevano per condensarsi in pilastri, volte e costoni, si genero' in loro come uno straordinario turbine di colori. Dalla loro cornice di tenebra, baciate dal sole di piena estate, le vetrate apparivano lontane e, nello stesso istante, infuocate da un implacabile raggio di sole. Tanto piu' si allargavano formando laghi dalle rive ombrate, tanto piu' risplendevano minacciose, come scudi di angeli sinistri. Alcune vetrate lasciavano ricadere cascate di zaffiri; altre, rose staccatesi dalla tunica di un santo. Altre sembravano immensi piatti cesellati dove si ammucchiavano i tesori di qualche trono celeste. Altre ancora erano vele di galeoni dirette verso le isole di Madeira e, sulla facciata occidentale, i fuochi del rosone fluttuavano come una costellazione nella notte africana. Staccati gli occhi da queste armonie eteree, le scure masse di pietra del suolo, avvolte da un velo di foschia diffuso da lumini d'altare, tutto quanto sembrava rappresentare la vita terrena, con le sue ombre, i suoi deserti, le sue isole di illusione. Tutto cio' che una grande cattedrale puo' offrire, tutti i valori che esprime, tutto il conforto che riesce a portare all'anima, ogni ricchezza di dettagli che riesce a fondere in una grande espressione di forza e bellezza, tutto cio' la cattedrale di Chartres riusci' a donarcelo, in quell'ora ideale. Il sole calava quando arrivammo alle porte di Parigi. Ai piedi di Saint-Cloud e Suresnes, le acque della Senna rimandavano una luce azzurrognola e rosa, che sembrava quella di un Monet ai suoi esordi. Il Bois si stendeva intorno a noi nella tranquillita' ritrovata di una sera di festa. Ai piedi dell'Arco di Trionfo, gli Champs-Elysees discendevano dolcemente in un alone di pulviscolo solare che si sperdeva in una pioggerella di fontana, idealmente avvolta all'obelisco immateriale. Il flusso estivo della gente andava e riveniva col suo ritmo consueto e ordinario, sotto gli alberi delle grandi strade. Questa metropoli, fatta per la pace, le arti e tutte le meraviglie della civilta', sembrava riposasse lungo le rive del suo fiume, come la principessa di una fiaba, vegliata dal suo gigante buono, la Torre Eiffel. * Verso la mobilitazione generale L'indomani, l'atmosfera era carica di rumori. Nessuno ci credeva, ma tutti andavano ripetendolo. La guerra? Suvvia, era impossibile! I governi stavano solo giocando, come ragazzetti un po' agitati, a mettere un piede sull'orlo del precipizio. La forza incalcolabile delle abitudini e la necessita' di pensare alle faccende di tutti i giorni impedivano alla gente di inquietarsi per questi conflitti diplomatici. Ancora una volta, Parigi si consacrava in tutta tranquillita' al suo bisogno estivo, che era poi quello di nutrire, vestire e distrarre l'esercito dei turisti, la sola invasione che la citta' avesse conosciuto da mezzo secolo a questa parte. Nonostante tutto, nessuno ignorava che, in quel preciso momento, altre attivita' si stavano organizzando. Il paese, che sembrava ancora seguire la sua abituale routine, era in realta' attraversato da invisibili e silenziose correnti di preparativi. Erano percepibili, nella calma, come si sente l'arrivo di un temporale in un bel pomeriggio d'estate. Parigi contava i minuti che ancora mancavano all'uscita dei giornali della sera. I giornali non annunciavano, pero', nient'altro se non quello che, ovunque nel paese, si stava dicendo da tempo. "La guerre, nous n'en voulons pas - mais il faut que cela finisse" (in francese nel testo, ndt). Era la sola frase che si ascoltava. Se i diplomatici potevano ancora impedire il conflitto, tanto meglio! Nessuno in Francia voleva la guerra. Tutti coloro che hanno trascorso a Parigi i primi mesi di agosto possono testimoniarlo. Ma se doveva essere guerra, allora il paese si sarebbe fatto trovare pronto e con lui tutti i francesi. L'indomani mattina, dal mio sarto, le modelle affaticate si preparavano a prendere le ferie. Sembravano pallide e inquiete: decisamente, l'atmosfera diventava sempre piu' carica di tensione. A rue Royale, all'angolo con Place de la Concorde, un gruppetto di persone era accalcato davanti a un pezzo di carta bianca, appeso sul muro del Ministero della Marina, dove si stagliavano queste parole: "mobilitazione generale". Un paese in armi sa troppo bene cosa significhino queste parole. Nonostante tutto, i curiosi raggruppati attorno al manifestino erano pochi e, tutto sommato, rimanevano calmi. Altri passanti si fermavano per leggere il comunicato, poi riprendevano il loro cammino. Ne' grida di giubilo, ne' gesti di altro tipo. Con il loro senso innato per la messa in scena, i francesi avevano gia' compreso che l'evento era troppo grave e serio per potere dare adito a una qualsiasi forma di spettacolo. La guerra stava per abbattersi come un torrente in piena su questa nazione tranquilla e laboriosa. Presto, avrebbe cambiato le sue abitudini, distrutto le sue industrie, disperso le famiglie, sepolto sotto una tomba di macerie insensate le dinamiche tanto pazientemente, faticosamente, elaborate da una intera civilta'. Quella sera, dalla terrazza aperta di un ristorante di rue Royale, assistemmo a un defile' strano, di un genere del tutto nuovo. Ci volle un solo istante per capire che cosa significasse la mobilitazione generale: un radicale stravolgimento del corso ordinario degli eventi, come se una diga avesse ceduto di colpo. Sotto i nostri occhi, le vie erano state invase da una marea umana che si lasciava trasportare verso le diverse stazioni della citta'. Persone che avanzavano a piedi, bagagli alla mano. Dall'alba, erano spariti i taxi e gli omnibus, presi nelle reti del ministero della guerra, che cominciava le sue requisizioni. La folla che passava sotto i nostri occhi era composta essenzialmente da coscritti. Erano i mobilisables (in francese nel testo, ndt) del primo giorno, che andavano alla stazione accompagnati da amici e famiglie. Mischiati a loro si trovavano anche piccoli gruppi di turisti attoniti, schiacciati dal peso delle loro valige e dei loro pacchetti, gli occhi inchiodati sui bauli che venivano spinti davanti a loro - poveracci trascinati dalle correnti contrarie di un turbine spaventoso. All'interno del nostro ristorante, un'orchestra in dolmen rosso suonava ariette patriottiche. Il servizio che i pochissimi camerieri rimasti potevano ancora assicurare era interrotto dall'obbligo di alzarsi in piedi per La marsigliese, per God Save the King, per l'inno nazionale russo e, ancora per La marsigliese... * Dietro un disordine apparente Come durante la sera precedente, la folla divenne sempre piu' fitta, davanti alla nostra terrazza. I curiosi cominciarono a intonare marce di battaglia. La Chanson du depart era molto richiesta e il coro degli spettatori la riprendeva con brio. C'era qualcosa di infantile in tutto questo. Dappertutto, da rue Royale a La Concorde fino a La Madeleine, le orchestre degli altri ristoranti provocavano le loro resse e i motivetti militari si stendevano per le strade come fili elettrici. Fu una notte di canti e acclamazioni. La badauderie (in francese nel testo, ndt) di Parigi si mostro' sotto la sua luce migliore. Nel frattempo, tra le file dei curiosi assiepati sui marciapiedi, il flusso ininterrotto dei coscritti procedeva continuo... Tutto questo disordine apparente dava l'idea di una energia gioiosa. I volti che passavano senza interruzione erano cupi, ma non tristi. Nessuno aveva l'aspetto di un agnello portato al macello. Gli adolescenti sembravano soppesare la missione che era stata loro affidata, senza chiedersi il perche'. I piu' giovani parevano cresciuti di colpo. Come se qualche ora bastasse per diventare uomini e prendersi le proprie responsabilita'. Ognuno conosceva il suo ruolo, e lo accettava. L'indomani, all'esercito dei turisti fu intimato di rimanere a casa per permettere all'altro esercito, quello dei coscritti, di andarsene in pace. Finite le partenze precipitose per la stazione. Solo i treni che portavano i soldati si muovevano ancora... * Angosciose immobilita' Strano spettacolo mentre la paralisi, progressivamente, si impossessava della citta'. Come le automobili e i camion che non si vedevano piu' per strada, anche i piccoli battelli a vapore che prima percorrevano la Senna erano ormai scomparsi. Carico e scarico erano finiti. I monumentali archi di pietra si aprivano ormai solo su un vuoto immenso. Le strade infinite si perdevano in deserti lontani. Nei parchi, nei giardini, non c'era piu' nessuno che ripulisse i vialetti o strappasse le erbacce. Le fontane dormivano sul loro bacino, i passeri saltellavano inquieti e affamati, i cani abbandonati, orfani delle loro abitudini, vagavano nell'angoscia, alla ricerca di sguardi familiari. Parigi, cosi' intensamente sveglia e - al tempo stesso - cosi' in letargo, sembrava avere ricevuto iniezioni di curaro in tutte le sue vene. 6. RIFLESSIONE. UMBERTO GALIMBERTI: PREFAZIONE A "IL TRAMONTO DELL'OCCIDENTE" [Dal sito www.feltrinelli.it riprendamo la Prefazione (pp. 11-12) del libro di Umberto Galimberti, Il tramonto dell'Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers, Feltrinelli, Milano 2005, apparso come volume I-III delle Opere di Umberto Galimberti. Nel sito il volume e' presentato dalla seguente scheda editoriale: "I primi tre volumi delle opere di Galimberti: Il tramonto dell'Occidente, che riprende i volumi editi originariamente con i titoli di Linguaggio e civilta' (1977, 1984) e Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente (1975). Sta forse giungendo a compimento il senso espresso dalla nostra cultura che, come dice il nome, e' 'occidentale', cioe' 'serale', avviata a un tramonto, a una fine. L'evento occidentale e' sempre stato presso la sua fine, ma solo ora comincia a prenderne coscienza. Ma che cosa finisce, oggi che l'Occidente e' sulla via di occidentalizzare il mondo e, quindi, di annullare la propria specificita' che l'ha reso finora riconoscibile? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica. Ma la tecnica non ha alcun fine da raggiungere ne' alcuno scopo da realizzare, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verita', la tecnica 'funziona' secondo quelle procedure che, pur nel loro rigore e nella loro efficacia, si rivelano incapaci di promuovere un orizzonte di senso. E sulle ceneri della categoria del 'senso', che dell'Occidente e' sempre stata l'idea guida, si affacciano le figure del nichilismo, le quali, nel proiettare le loro ombre sulla 'terra della sera', indicano, a ben guardare, la direzione del tramonto. Un tramonto gia' iscritto nell'alba di quel giorno in cui l'Occidente ha preso a interpretare se stesso come cultura del dominio dell'uomo sulle cose". Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; materiali di e su Galimberti sono nei siti http://venus.unive.it e www.feltrinelli.it (che presenta molti suoi interventi sia scritti che audio e videoregistrati). Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata: "Umberto Galimberti e' nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario all'universita' Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia della Storia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola, Brescia, 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973; Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978; di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia, 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975 (Ristampa, Il Saggiatore, Milano, 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977 (II edizione ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo, Feltrinelli, Milano, 1983 (Premio internazionale S. Valentino d'oro, Terni, 1983); La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo, Feltrinelli, Milano 1984 (premio Fregene, 1984); Antropologia culturale, ne Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano 1987; La parodia dell'immaginario in W. Pasini, C. Crepault, U. Galimberti, L'immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino 1992 (nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999); Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del sacro, Feltrinelli, Milano 2000 (premio Corrado Alvaro 2001); La lampada di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003; Le cose dell'amore, Feltrinelli, Milano 2004; Il tramonto dell'Occidente, Feltrinelli, Milano 2005; La casa di psiche. Dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano 2006. E' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli lí'intera sua opera. Traduzioni all'estero: in francese: (Il corpo) Les raisons du corps, Grasset Mollat, Paris, 1998; in tedesco: (Gli equivoci dell'anima) Die Seele. Eine Kulturgeschichte der Innerlichkeit, Verlag Turia + Kant, Wien, 2003; (Le cose dell'amore) Liebe, Beck, Monaco, 2006; in greco: (Storia dell'anima) Historia tes psyches, Apollon, Thessaloniki, 1989; (Paesaggi dell'anima) Topia psyches, Itamos, Athina, 2001; (Gli equivoci dell'anima) Parermeneies tes psyches, University Studio Press, Athina, 2004: in spagnolo: (Dizionario di psicologia) Diccionario de psicologia, Siglo Veintiuno Editores, Citta' del Messico 2002; (Le cose dell'amore), Las cosas del amor, Imago mundi, Madrid, 2006; in portoghese: (Orme del sacro) Rastros do sagrado, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2003; (I vizi capitali e i nuovi vizi) Os vicios capitais e os novos vicios, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2004; (Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica) Psiche e techne. O homen na idade da tecnica, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2005; in giapponese: I vizi capitali e i nuovi vizi, Tokio, 2004"] Il titolo di questo libro indica il compiersi di un senso, il senso espresso dalla cultura occidentale che, proprio nel momento in cui sembra in procinto di occidentalizzare il mondo, avverte dentro di se' qualcosa che la erode, la corrompe, la consuma, fino a portarla al suo esaurimento, alla sua fine. Ma che cosa propriamente finisce? Finisce lo sfondo umanistico che ha costituito il tratto specifico della cultura occidentale e, nonostante i progressi della scienza, finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica. Ma la tecnica non ha alcun fine da raggiungere ne' alcuno scopo da realizzare, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verita', la tecnica "funziona" secondo quelle procedure che, pur nel loro rigore e nella loro efficacia, si rivelano incapaci di promuovere un orizzonte di senso. E sulle ceneri della categoria del "senso", che dell'Occidente e' sempre stata l'idea guida, si affacciano le figure del nichilismo, le quali, nel proiettare le loro ombre sulla "terra della sera", indicano, a ben guardare, la direzione del tramonto. Un tramonto gia' inscritto nell'alba di quel giorno in cui l'Occidente ha preso a interpretare se stesso come cultura del dominio dell'uomo sulle cose. Questa pretesa egemonica, che sottende l'intero cammino della filosofia, sia nella sua versione metafisica, sia in quella teologica, e poi tecnico-scientifica, si e' realizzata attraverso quel "pensiero calcolante" che, promosso dal principio di ragione, ha ancorato tutte le cose a fondamenti sempre piu' stabili, che "dessero appunto ragione" alla volonta' di potenza in cui l'Occidente da sempre si e' espresso. Con la soppressione di ogni possibile scenario che non corrisponda alla sua pretesa egemonica, l'Occidente ha ridotto lo spazio della liberta' molto piu' di quanto non abbiano potuto fare le sue espressioni sociopolitiche, perche' la possibilita' di diversi scenari di pensiero e di linguaggio e' molto piu' liberante della "liberta' di parola" all'interno dell'unico e solidificato linguaggio. Nel senso indicato da queste considerazioni, ho scelto come filosofi paradigmatici Heidegger e Jaspers, non solo perche', dopo Nietzsche, sono i migliori testimoni del tramonto, cioe' coloro che, ponendosi ai limiti di un'epoca storica, sono andati alla ricerca delle ragioni del suo smarrimento, ma soprattutto perche', deposta ogni pretesa di un presunto sapere assoluto, che puo' essere tale solo in quanto persegue la volonta' di potenza della nostra civilta', hanno dischiuso itinerari che, nel caso di Jaspers, portano al naufragio della filosofia come "soluzione" con conseguente apertura dello spazio come "ulteriorita' di significazione", mentre, nel caso di Heidegger, promuovono, al di la' della ragione ridotta a calcolo, quel salto che porta in "una regione totalmente diversa", dove ancora e' possibile ascoltare quei significati che sono rimasti "in-auditi", perche' sopraffatti dalla pretesa egemonica della nostra cultura. Il messaggio che scaturisce dalle loro analisi, modificando in maniera sostanziale la natura del "pensiero" che l'Occidente ha ridotto a calcolo, contiene l'indicazione di un possibile futuro, se e' vero che il pensiero puo' produrre un mondo possibile, e che il mondo possibile, prodotto da un pensiero che non sia solo "calcolante", puo' essere di tal forza da cambiare i connotati del mondo reale. Quest'opera e' stata scritta nell'arco del decennio che va dal 1974 al 1984, e per la prima volta, grazie alla sollecita attenzione di Carlo Feltrinelli, esce nella sua versione integrale, articolata in tre libri: Il pensiero aurorale che riproduce, con gli opportuni e necessari aggiornamenti, il volume Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977. Il pensiero occidentale che riproduce Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente, edito da Marietti, Casale Monferrato 1975, e da il Saggiatore, Milano 1996. Oltre l'Occidente che riproduce gli ultimi capitoli di Linguaggio e civilta', aggiunti nell'edizione del 1984. La riproposizione di quest'opera nella sua versione originaria, rivista e opportunamente aggiornata, e' sollecitata dagli eventi drammatici del nostro tempo, la cui comprensione non puo' essere affidata unicamente alla logica della causa e dell'effetto, con cui noi occidentali siamo soliti spiegare le cose, ma richiede un affondo alla radice del modo occidentale di pensare, per farsi almeno un'idea della natura e della qualita' della nostra antropologia, che non e', naturalmente, l'unica modalita' in cui l'uomo puo' trovare espressione. Milano, febbraio 2005 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 195 del 28 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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