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Minime. 166
- Subject: Minime. 166
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 30 Jul 2007 00:32:45 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 166 del 30 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un'intervista ad Antonella Litta 2. Marinella Correggia: Sostegno al comitato che si oppone all'aeroporto 3. Juhie Bhatia: La prigioniera di Teheran 4. Giancarla Codrignani: Ancora obiezione 5. La newsletter n. 18 dell'associazione "Franz Jaegerstaetter Italia" 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. UN'INTERVISTA AD ANTONELLA LITTA Antonella Litta, medico, impegnata da sempre nei movimenti per i diritti, la pace, l'ambiente, la salute, la legalita', presidente di "Nepi per la pace" che da anni nella cittadina altolaziale realizza qualificate iniziative culturali e civiche, e' la portavoce del comitato che si oppone alla realizzazione di un aeroporto a Viterbo (per contatti: info at comitatonepiperlapace.it), comitato che sta raccogliendo significative adesioni. In vista della seduta del Consiglio provinciale di Viterbo sulla specifica questione dell'aeroporto che dovrebbe svolgersi lunedi' 30 luglio in forma aperta con la partecipazione di espressioni della societa' civile come appunto il citato comitato, le abbiamo rivolto alcune domande. * - Redazione de "La nonviolenza e' in cammino": Perche' un medico si impegna in questa iniziativa? - Antonella Litta: Questo impegno e' connaturato alla scelta di essere medico: in quanto medico ti devi occupare dell'ambiente in cui vivono le persone, se vuoi operare per la loro salute; gli esseri umani vivono nell'ambiente e la maggior parte delle malattie hanno origine dall'ambiente, quindi occuparsi dell'ambiente e' un modo di fare medicina preventiva, di difendere il diritto alla salute, quel diritto alla salute di ogni persona che e' riconosciuto e sancito dall'art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana che recita "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse dalla comunita'...". * - Redazione: La situazione dell'Alto Lazio e' quella di un territorio che sarebbe ricchissimo di beni ambientali e culturali, che ha precise e peculiari vocazioni produttive da valorizzare (agricoltura di qualita', artigianato di gloriosa tradizione ed alta specializzazione, cultura come risorsa e turismo responsabile), ma che e' gia' duramente aggredito, gravato di servitu' speculative, colpito da devastanti scelte pregresse di malsviluppo che hanno provocato anche la penetrazione nell'area degli interessi e dei poteri criminali... - Antonella Litta: L'Alto Lazio e' stato sottoposto ad aggressioni molto gravi dal punto di vista ambientale, basti pensare alle discariche abusive, e basti pensare alle conseguenze di tutto cio' per la salute e la sicurezza delle persone che in questo territorio vivono. Lo ripeto, come medico sono molto preoccupata delle conseguenze di scelte nocive che vengono realizzate tenendo la popolazione al di fuori dei processi decisionali e all'oscuro delle conseguenze. * - Redazione: Lei ha partecipato a numerose importanti mobilitazioni per i beni comuni, contro le discariche abusive e le ecomafie, contro le servitu' speculative: le sembra che nell'Alto Lazio vi sia oggi un'attenzione e un impegno dei cittadini radicato e consapevole? - Antonella Litta: la consapevolezza c'e', manca che le tante diverse esperienze di cittadine e cittadini impegnati nelle singole realta' locali in difesa dell'ambiente, della salute e della legalita' siano messe in connessione tra loro e divengano cultura comune, buone pratiche di gestione democratica e responsabile del territorio. * - Redazione: Quali alternative per la mobilita' e per lo sviluppo nel viterbese? - Antonella Litta: Le alternative non si tirano fuori come il fatidico coniglio dal cilindro, ma attraverso lo studio accurato delle questioni e l'interazione cooperativa di diversi soggetti, non solo gli enti locali, non solo la societa' civile consapevole ed organizzata, ma anche la comunita' scientifica, ad esempio valorizzando le competenze dell'Universita': occorre un impegno anche del mondo della cultura a discutere ed elaborare un modello di sviluppo sostenibile ed adeguato, che difenda e valorizzi i beni naturali ed artistici del nostro territorio (che costituiscono un patrimonio di risorse ingentissimo); occorre cioe' cercare insieme soluzioni condivise, con il massimo di conoscenze, con il massimo di partecipazione, con il massimo di democrazia. Certo valorizzando anche gli studi e le esperienze positive gia' fatte in passato, e ve ne sono. E naturalmente consapevoli di alcuni criteri ormai universalmente riconosciuti come tali: l'importanza decisiva del potenziamento del trasporto ferroviario meno inquinante e meno dispendioso di altre tecnologie di trasporto; la centralita' delle vocazioni produttive territoriali; l'intreccio economia-ecologia; l'ambiente e la cultura come beni preziosi e volano di un'economia virtuosa e di una convivenza civile. * - Redazione: Nella vostra iniziativa voi mettete in discussione la scelta aeroportuale, e la questione complessiva della nocivita' del trasporto aereo, nei suoi aspetti e nelle sue dimensioni globali; nel vostro documento intitolato "Alcune proposte di riflessione per un dibattito pubblico" avete posto l'accento sulla "necessita' di un impegno urgente in difesa del clima e della biosfera: il trasporto aereo e' fortemente inquinante; e piu' in generale e' necessario ed urgente muovere verso scelte di modelli di sviluppo ecologicamente sostenibili, autocentrati e con tecnologie appropriate, che si basino su criteri di sobrieta' e condivisione responsabile, di primato della persona umana e di rispetto della natura, rispetto a scelte distruttive e finalizzate prevalentemente se non unicamente alla massimizzazione del profitto e ad uno sfrenato consumismo incompatibile con i limiti della natura". - Antonella Litta: Ci sembra fondamentale, le questioni piu' drammatiche che l'umanita' deve affrontare - il surriscaldamento del clima, in primis - sono questioni globali ma si affrontano sia con scelte politiche generali, sia anche a partire dalle scelte locali e dagli stili di vita personali; ogni persona dovrebbe occuparsi del clima a partire da cio' che si puo' fare nella propria vita e nell'ambito in cui si puo' piu' direttamente incidere: servono accordi di salvaguardia ambientale internazionali, serve la pressione dal basso perche' essi si realizzino, ma servono anche iniziative concrete al livello delle comunita' locali e della vita quotidiana: scelte non consumiste, scelte solidali e responsabili. * - Redazione: Lei mette spesso in rilievo anche il fatto che il viaggio deve essere una esperienza esistenziale, non un mero frettoloso trasferire i corpi umani da un luogo all'altro. - Antonella Litta: E' il pensiero di tanti che vivono il viaggiare come esperienza di conoscenza, e che quindi ritengono nocivi i ritmi di trasporto che idolatrano la massima velocita' (la cui pericolosita' e' sotto gli occhi di tutti), ritmi e modalita' alienanti che si contrappongono alla conoscenza e quindi alla costruzione di relazioni umane con i luoghi, le culture, le comunita', le persone: un viaggio lento e' meno inquinante e si impara di piu'; viaggiare non e' solo spostare un corpo fisico nello spazio. * - Redazione: Voi fate anche riferimento ai valori della sobrieta', della lentezza, del rispetto dell'altro, dell'etica della cura, e sembra di sentire nel vostro modo di argomentare il ricordo delle esperienze e delle riflessioni di alcune maestre e maestri di vita civile dell'Italia novecentesca: padre Ernesto Balducci, Aldo Capitini, Laura Conti, Danilo Dolci, Ada Gobetti, Alexander Langer, don Lorenzo Milani... - Antonella Litta: E' cosi', ho conosciuto personalmente padre Balducci, ho letto le sue opere e condiviso i suoi ideali, la sua - mi si consenta di chamarla cosi' con sincera convinzione - profezia; cosi' come sento profetiche ad esempio le parole che spesso padre Zanotelli pronuncia contro le ingiustizie che ancor oggi condannano gran parte dell'umanita' a condizioni di vita subumane e mantengono iniquita' le cui conseguenze stanno devastando irreversibilmente la biosfera. * - Redazione: E' piaciuto alle persone che hanno apprezzato la vostra iniziativa anche lo stile comunicativo che avete adottato. uno stile dialogante e cooperativo, che vuole ascoltare le opinioni altrui e proporre una riflessione comune, uno stile scevro dalla retorica propagandisca, scevro dagli atteggiamenti presuntuosi e rissosi che sovente deturpano le mobilitazioni civiche; concludendo quel vostro documento gia' citato voi avete scritto che "Non abbiamo la pretesa di offrire delle risposte preconfezionate, ma intendiamo formulare delle domande ed esporre delle preoccupazioni alle quali e' interesse di tutti cercare insieme delle risposte nel confronto pubblico, con il conforto della piu' rigorosa ed aggiornata riflessione scientifica, e nella comune assunzione di responsabilita' in difesa della biosfera e del diritto a una vita degna e sicura delle persone presenti e delle generazioni future"; vi e' in questo stile anche la consapevole scelta della nonviolenza che ad esempio ha gia' caratterizzato l'esperienza del Centro sociale autogestito "Valle Faul" di Viterbo (una delle esperienze che ha promosso la nascita del vostro comitato)? - Antonella Litta: Si', anche per me, per le amiche e gli amici di "Nepi per la pace", e per altre persone ancora che hanno promosso il comitato che si oppone all'aeroporto, la nonviolenza e' una scelta e un riferimento: e'un'esperienza, un metodo, una prospettiva che sentiamo e facciamo nostra, come una bussola per orientare il nostro agire; naturalmente non abbiamo la presunzione di aver gia' compiuto il cammino, siamo persone che cercano di accostarsi alla nonviolenza, a rapporti umani fondati sul rispetto per tutti gli esseri umani e l'amore per l'umanita' intera. * - Redazione: Vi proponete anche di collegarvi ad altre esperienze di impegno della societa' civile e delle comunita' locali in difesa di ambiente, salute, diritti; e vi muovete in una logica non campanilistica ma consapevole delle interconnessioni tra locale e globale e sollecita del benessere non solo dei vicini ma anche dei lontani... - Antonella Litta: Si', siamo gia' in relazione con molti altri comitati impegnati in difesa dell'ambiente, del diritto alla salute, della legalita', dei diritti umani; ed in particolare anche con altre esperienze di impegno civile sulla questione dell'inquinamento provocato dal traffico aereo e dagli aeroporti a livello europeo. * - Redazione: Vi proponete di realizzare e diffondere studi, organizzare incontri di informazione ed approfondimento scientifico, favorire il dibattito, promuovere la partecipazione democratica... - Antonella Litta: Naturalmente; e' il primo impegno: il diritto di tutti ad essere informati per poter prendere delle decisioni consapevoli e' la base della democrazia. E questioni che riguardano tutti e che possono avere conseguenze irreversibili per le persone presenti e per le generazioni future devono essere discusse e decise con il massimo della consapevolezza e della partecipazione, tenendo fermo quel "principio di precauzione" secondo cui innanzitutto non si deve nuocere. E' la mia formazione di medico che si incontra qui con la grande riflessione etica contemporanea e di sempre. * - Redazione: Il comitato ha appena iniziato la sua attivita', state raccogliendo le prime adesioni in questi giorni. Avete avuto gia' attestazioni di stima e di sostegno autorevoli, contributi di riflessione approfonditi, disponibilita' a partecipare significative? - Antonella Litta: Si', la cosa che ci fa piu' piacere e' che stiamo ricevendo un caldo sostegno da parte della gente piu' semplice che ci dice che era ora che qualcuno ponesse queste preoccupazioni e riflessioni all'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni; ma abbiamo ricevuto apprezzamento e fin affettuoso sostegno anche da parte di personalita' illustri del mondo della cultura e della vita civile, per esempio il magistrato Ferdinando Imposimato, che e' un simbolo vivente della lotta per la legalita', il diritto, la civile convivenza. 2. SOLIDARIETA'. MARINELLA CORREGGIA: SOSTEGNO AL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO [La giornalista e saggista Marinella Correggia, autrice di vari apprezzati libri sui temi ambientali, ha inviato al Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo una lettera di sostegno che di seguito riproduciamo. Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007] Cari amici, da tempo mi occupo sia con articoli e saggi sia con altre attivita' di sensibilizzare circa il grave problema ambientale degli aeroporti. All'estero i comitati come quello che per fortuna avete creato sono tanti e le associazioni ambientaliste danno loro man forte unendo la lotta locale e territoriale con quella planetaria contro il riscaldamento del clima. La campagna europea in corso mi ha chiesto di tradurre in italiano il dossier tecnico su aerei e ambiente. In Italia siamo ancora molto indietro nella presa di coscienza e nelle scelte politiche. Mi piacerebbe dunque continuare questo impegno anche con voi. Fatemi sapere delle vostre iniziative. Cerchero' di darne notizia e di essere presente. Marinella Correggia 3. TESTIMONIANZE. JUHIE BHATIA: LA PRIGIONIERA DI TEHERAN [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Juhie Bhatia. Juhie Bhatia, giornalista e scrittrice, e' corrispondente di "We News"] La sera del 15 gennaio 1982, Marina Nemat veniva arrestata a Teheran, la capitale dell'Iran. Fu mandata alla prigione di Evin, nota per il suo braccio della morte destinato ai prigionieri politici condannati alla pena capitale. Marina aveva 16 anni. Erano i primi tempi della rivoluzione islamica dell'ayatollah Khomeini. Marina Nemat non si considerava un'attivista, ma aveva protestato con il suo insegnante di matematica per aver tenuto lezione sull'Islam, anziche' sulla sua materia. L'insegnante le rispose: "Se non ti piace quel che sto insegnando, puoi andartene". E cosi' Marina fece, seguita da altri studenti. Il risultato fu che si trovo' alla prigione di Evin. Sfuggi' all'esecuzione all'ultimo minuto, e fu rilasciata dopo due anni di detenzione. Ma sino ad ora aveva sempre tenuto segreta la storia di come si salvo' e di cio' che accadde ad Evin. Persino i suoi genitori e suo marito erano all'oscuro di tutto. Piu' di vent'anni dopo, Marina Nemat ha deciso di condividere cio' che accadde in prigione nel suo memoriale "La prigioniera di Teheran". I diritti del libro sono gia' stati venduti in 21 paesi, poiche' il testo offre un raro spaccato della vita di un detenuto politico in Iran. "Il mio libro non e' politico", dice tuttavia Marina, "ma e' andata a finire che viene presentato come tale. Narra di cio' che e' accaduto a me, una giovane ragazza cristiana piuttosto ingenua, che si e' trovata in una situazione difficile e vi e' sopravvissuta, ed ora puo' raccontare la sua storia". * Quando Marina giunse ad Evin nel 1982, fu interrogata da due guardie. Una di esse, Ali, si innamoro' di lei. Marina stava marciando con il plotone d'esecuzione quando Ali la riporto' in cella. La sua sentenza venne ridotta all'ergastolo: in cambio, la guardia chiese a Marina di sposarlo, il che richiedeva la sua conversione all'Islam. La ragazza passo' i due anni di prigione come moglie del suo inquisitore. "Una cosa molto importante del libro", dice Lee Gowan, che e' stato insegnante di scrittura per Marina Nemat, "e' il modo in cui lei racconta la vicenda di come Ali la costrinse a sposarlo, e praticamente la stupro', pur senza fare di lui il 'personaggio cattivo' della storia. Gli scrittori, se vogliono essere obiettivi, devono entrare nel cuore umano, e lei sa farlo". Marina dice che Ali, in precedenza, era una brava persona che era stata imprigionata e torturata, e aveva scelto di scatenare l'odio e la rabbia nati da quell'esperienza contro coloro che non condividevano la sua religione o le sue credenze. "Tutti siamo in pericolo di diventare fondamentalisti, che si sia cristiani o musulmani o quant'altro, e lo rischiamo nel momento in cui permettiamo a noi stessi di essere accecati da emozioni basilari", dice Marina. La relazione fra i due fu interrotta violentemente quando Ali venne ucciso a colpi d'arma da fuoco da altri rivoluzionari rivali. * Quando Marina fu rilasciata da Evin nel 1984 non fece parola del matrimonio, o di cio' che era accaduto a lei ed alle altre prigioniere mentre si trovavano la'. Alcune di queste donne, a differenza di lei, non sfuggirono all'esecuzione, ed ognuna aveva la propria storia. "C'era un muro di silenzio, quando sono uscita. Eravamo totalmente dominati dalla paura. Il passato era passato, non volevamo neppure menzionarlo, dovevamo solo andare avanti". Marina sposo' il ragazzo con cui aveva gia' un legame affettivo da adolescente, ed assieme a lui si trasferi' a Toronto, in Canada, quando aveva 26 anni. Per un po' lavoro' come cameriera, poi si dedico' ad allevare i suoi due figli. Voleva dimenticare l'Iran, e mise ogni possibile energia nel diventare canadese. Ma la morte di sua madre, nel 2000, diede inizio a qualcosa in lei. Si chiedeva perche' non le avesse mai parlato di Evin. Da questa domanda, i ricordi di Marina cominciarono a fluire. * Nel 2002 ando' in una rivendita di oggetti per ufficio, compero' alcuni taccuini e comincio' a scrivere. Da principio scriveva per se stessa, ma mano a mano che il tempo passava comprese che voleva raggiungere altre persone. Infine, rivelo' i dettagli della sua permanenza ad Evin a colui che era suo marito da diciassette anni, e poi si iscrisse ad un corso di scrittura. "Era la studentessa piu' determinata in cui mi sia mai imbattuto", racconta Gowan, responsabile del programma di scrittura creativa alla Scuola per la formazione permanente dell'Universita' di Toronto, "Voleva raccontare la sua storia. Al di la' di cio' che questo significava per lei, voleva raccontare la storia delle altre donne in quella prigione, voleva dar loro voce". Marina scrisse il suo libro in inglese, che per lei non e' ne' prima ne' seconda lingua, e ci mise quattro anni. Il memoriale e' stato pubblicato in Canada nello scorso aprile, e in maggio negli Usa. Da allora Marina Nemat ha tenuto conferenze in molte scuole superiori ed universita' in tutto il Canada, ed ha venduto alla tv canadese i diritti per trarre un film dal suo testo. * Marina aveva appena terminato il terzo capitolo del suo memoriale, quando la fotogiornalista iraniana-canadese Zahra Kazemi venne arrestata per aver scattato fotografie di fronte alla prigione di Evin. Era il luglio 2003. Circa tre settimane piu' tardi mori' in galera. Il medico iraniano che aveva esaminato il suo cadavere rivelo' nel 2005 che esso presentava evidenti segni di tortura: inclusi stupro, dita spezzate, unghie mancanti, segni di frustate sulle gambe e una frattura cranica. "Quando Zahra mori' mi sentivo colpevole, perche' ero una testimone che non aveva mai parlato", dice Marina Nemat, "Ma la sua tristissima morte ha gettato un po' di luce sulla condizione dei prigionieri politici in Iran. Tutto quello che posso fare e' narrare la mia storia, sperando che anche questo getti qualche frammento di luce che si unisca al suo. Forse allora il mondo sara' piu' propenso ad ascoltare altre testimonianze. Forse una raccolta di queste vicende puo' contribuire a cambiare le cose, e il modo di pensare della gente". * Michelle Shephard, giornalista del "Toronto Star" ed amica di Marina, pensa sia molto importante che il libro sia uscito ora, anche se riguarda eventi del passato: "L'Iran e' ancora un paese chiuso alla narrazione giornalistica, ed il suo libro e' una piccola finestra, anche se parla di vent'anni fa. E' dura in Iran, come in altre societa' chiuse, perche' e' difficile per le persone trovare abbastanza coraggio da narrare le loro storie: sanno che rischi si assumono, facendolo", dice Michelle, "La sua e' una voce importante. Ha attraversato tutto questo, ed e' madre di due figli, e continua a vivere. Cio' che dice porta con se' un grande significato". * Ora che il memoriale e' finito, Marina si sente pronta a lasciarlo dietro di se'. Sta lavorando a un romanzo. Vive ancora a Toronto, e non e' mai tornata in Iran: "L'Iran e' cambiato, ma non in meglio. La gente ha imparato a vivere sotto la dittatura, a stare sotto il radar", dice Marina, "La prigione di Evin e' la stessa, ma il numero di prigionieri e' inferiore rispetto ai miei tempi, le persone hanno imparato a non 'mettersi nei guai'. Ma quando ci finiscono, vengono trattati esattamente come sono stata trattata io.". * Per maggiori informazioni: www.zibakazemi.org 4. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: ANCORA OBIEZIONE [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso nel fascicolo di luglio 2007 della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005] Abbiamo appreso dalla stampa della condanna da parte della Corte d'appello militare di due caporalmaggiori della Folgore di Siena, rispettivamente a due e un mese e alla rimozione del grado, per i reati di violenza e ingiurie a un inferiore: di fatto il primo aveva comandato alla seconda, che aveva eseguito, di prendere a calci nelle costole una recluta che chiedeva di poter telefonare. Raccapricciante. Anche per il coinvolgimento di una donna, a dimostrazione che chi perde la cultura "di genere" si omologa con dubbi benefici per la societa'. E' inaccettabile che i metodi di quando il nonnismo, ai tempi della leva obbligatoria, dimostrava i pregi dell'educazione militare siano ancora in uso nelle caserme dell'esercito democratico della Repubblica. Tuttavia, oggi non se ne parla piu' perche' quello del soldato e' diventato un mestiere come un altro e quindi, si dice, "se ne preoccupi chi se lo sceglie". Eppure nessuna struttura pubblica puo' avere carta bianca per trattamenti vessatori. Colpisce, dunque, che la pubblica opinione, salvo qualche improvvido rimpianto per la leva obbligatoria, mostri indifferenza per i problemi della struttura militare. Le caserme non sono ambienti da educande, ma questo "mestiere" non e' sottratto al principio di legalita'. La professionalita' militare, infatti, non puo' produrre effetti disumanizzanti: troppi film di guerra ci hanno resi edotti che si comincia con la disciplina, il rigore, l'obbedienza e si finisce con Abu Graib. Sorprende anche che sia piu' o meno scomparsa la cultura dell'obiezione di coscienza. Per essere stata presidente della Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare (Loc) - la prima organizzazione che si fece carico del nuovo diritto, raccogliendo tra i simpatizzanti anche "Pax Christi" in tempi in cui la gerarchia cattolica disapprovava -, ho sempre pensato che chi obiettava non lo facesse per la ripugnanza di toccare un'arma, ma per essere antimilitarista e disposto a rischiare il carcere per avversione contro le guerre. Non mancavano gli opportunisti, ma la maggioranza che sceglieva di obiettare - lo dice una vecchia statistica della Loc vicentina - lo faceva o per "utilita' sociale" o per "antimilitarismo". Dopo la professionalizzazione dell'esercito, gli enti che si occupavano del "servizio sostitutivo" curano solo il "servizio civile" e non sembrano interessati alle sorti dell'obiezione, apparentemente non piu' necessaria, ma ancora funzionale per il mantenimento degli enti stessi. Eppure, la legislazione italiana prima o poi provvedera' a sopprimere la normativa dell'obiezione di coscienza o ad assorbirla nel servizio civile. Va bene cosi' per tutti? Personalmente, avrei un'obiezione. * La guerra e' quotidianamente presente, quantomeno in forma indiretta, nelle case del mondo. Il pacifismo demonizza giustamente la violenza che rende gli stati complici nella cobelligeranza contro i diritti della convivenza civile e le costituzioni democratiche. La violenza educa anche con le play station e con i realities e le generazioni giovani riscoprono la guerra come gioco: la loro educazione induce a credersi invulnerabili e, se scelgono la carriera militare, sono psicologicamente sensibili a cedere alla seduzione delle prove di forza e del patriottismo ben remunerato. Praticano esercizi "estremi" e si adeguano all'obbedienza. Don Milani fece molto rumore a suo tempo, ma aveva scoperto l'acqua calda: l'obbedienza non e' mai una virtu': senza consenso non si da' comportamento responsabile e non si educano neppure i bambini. Difficile argomentare su questo tema con i militari: senza negazione della liberta' di coscienza, senza sistema premi/punizioni, senza vincoli disciplinari e presunzioni di "onore", non sarebbe possibile indurre qualcuno a uccidere l'eventuale nemico. Viviamo solo nel 2007 d. C. e si possono solo immaginare conflitti risolti con la nonviolenza, anche se la diplomazia sarebbe un mestiere ben migliore dell'esercito. Quindi, siamo realisti. Inutile l'obiezione? rispetto alla vecchia leva certamente si'. Ma il professionista lo diamo per destinato ad obbedire a qualunque ordine? * Ai primi di febbraio di quest'anno e' comparso davanti alla Corte marziale di Fort Lewis, Seattle, il tenente Ehren Watada, ventottenne ufficiale della terza brigata, seconda divisione di fanteria degli Stati Uniti e leale all'esercito del suo paese fino a quando non rifiuto' l'ordine di partenza per l'Iraq perche' "questa guerra non e' solo moralmente sbagliata, ma e' un'orribile violazione delle leggi americane". Watada ha coerentemente sostenuto le sue ragioni con dichiarazioni pubbliche, menzionando sia il diritto internazionale sia i discorsi del segretario dell'Onu, e la Corte non ha voluto accogliere il ricorso della difesa al primo emendamento della Costituzione Usa sulla liberta' di espressione, perche' "nessun esercito puo' tollerare che un ufficiale rifiuti di partire con il suo reparto". Watada, che non e' un vile ne' un disertore, si e' offerto di partire per l'Afganistan, ritenendo illegale e illegittima la guerra contro l'Iraq. Analogo era stato il caso del sergente Camillo Mejia e, successivamente, di Mark Wilkinson, che sarebbe dovuto ritornare per la seconda volta "nell'inferno dell'Iraq" e ha contestatato l'accusa "inesistente" di diserzione. Le corti marziali, soprattutto da quando la guerra e' diventata impopolare, sono in difficolta', ma fanno il loro mestiere quando chi contesta lo fa pubblicamente. Sono infatti migliaia i casi di defezione piu' o meno mascherata che non fanno notizia e una sorda protesta e' latente nei reparti delle forze armate in conseguenza delle situazioni terrificanti in cui sono costretti ad agire in Iraq. Come ha dichiarato il soldato Wilkinson, gli ordini erano di distruggere e saccheggiare tutto quello che incontravano, di fare irruzioni nelle case civili, di terrorizzare la popolazione; e l'obbedienza produceva reazioni di sadismo e post-traumatic stress, vale a dire esiti da abuso di alcool e droghe. In Germania il tenente colonnello dell'aviazione Jurgen Rose ha chiesto di essere esonerato dalle missioni esterne, a causa della decisione del parlamento tedesco di inviare sei Tornado sul fronte afgano. Rose riteneva la decisione antidemocratica e l'impiego dei Tornado contrario al diritto internazionale. Prudentemente i tedeschi hanno trasferito l'obiettore all'amministrazione, ma il rumore ha coinvolto l'opinione pubblica democratica. Hanno gia' una lunga storia i refusenik israeliani, che si sono rifiutati di eseguire ordini iniqui e contrari ai principi di diritto vigenti anche in guerra e che hanno subito processi e condanne, nonostante la loro dichiarata lealta' a Tsahal, l'esercito di Israele. Come italiani non dimentichiamo neppure la protesta di alcuni volontari dell'aviazione che si rifiutarono di far decollare elicotteri insicuri. Obiettori? * Si tratta di nuove esigenze di coscienza che, anche se riguardano professionisti dell'esercito necessitano di essere legittimate, a meno che non ci rifugiamo nella difesa aristocratica di un rifiuto integralista, che non puo' essere esteso a chi e' integrato nelle strutture militari. Il diritto di obiettare per ragioni di coscienza doveva gia' essere nuovamente discusso quando se ne diede estensione a casi fiscali o sanitari, giuridicamente lontani dal principio riconosciuto anche nelle sedi internazionali come l'Onu. Ora diventa necessario riadeguarne la filosofia: se l'impegno contro la guerra non e' integralista, ma agisce attraverso estensioni, graduali e selettive, di difesa dei diritti umani, ragioniamo sul merito di chi, in divisa, sfida il carcere contro le illegittimita' della guerra. 5. MATERIALI. LA NEWSLETTER N. 18 DELL'ASSOCIAZIONE "FRANZ JAEGERSTAETTER ITALIA" [Dall'associazione "Franz Jaegerstaetter Italia" (per contatti: franzitalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo la newsletter n. 18 del luglio 2007. Franz Jaegerstaetter, contadino cattolico, condannato a morte ed ucciso il 9 agosto 1943 per essersi rifiutato di prestare servizio militare nell'esercito nazista. Scritti di Franz Jaegerstaetter: Scrivo con le mani legate. Lettere dal carcere e altri scritti, Edizioni Berti, Piacenza 2005. Opere su Franz Jaegerstaetter: Gordon Zahn, Il testimone solitario. Vita e morte di Franz Jaegerstaetter, Gribaudi, Torino 1968, poi: Franz Jaegerstaetter, il testimone solitario, Editoria Universitaria, Venezia 2002; Erna Putz, Franz Jaegerstaetter. Un contadino contro Hitler, Berti Piacenza, 2000; segnaliamo anche l'articolo di Enrico Peyretti riprodotto sul n. 637 de "La nonviolenza e' in cammino", articolo che segnalava anche i seguenti materiali: Alfons Riedl, Josef Schwabeneder (Hg), Franz Jaegerstaetter - Christlicher Glaube und politisches Gewissen [Fede cristiana e coscienza politica], Verlag Taur, 1997; videocassetta Franz Jaegerstaetter: un contadino contro Hitler, (27 minuti, in vhs) prodotta dall'Associazione Franz Jaegerstaetter, via Endrici 27, 38100 Trento (tel. 0461233777, oppure 810441); il capitolo "Un nemico dello Stato" (pp. 76-86), in Thomas Merton, Fede e violenza, prefazione di Ernesto Balducci, Morcelliana, Brescia 1965; una nota di Paolo Giuntella in "Adista", n. 11, 13 febbraio 1993, pp. 9-10] 2007: beatificazione di Franz Jaegerstaetter "Fede vissuta": celebrazioni del LXIV anniversario della morte di Franz Jaegerstaetter * Cari amici di Franz Jaegerstaetter, il 2007 e' un anno ricco di novita'. Il 20 febbraio a Roma la commissione cardinalizia preposta ha confermato che Franz Jaegersta'tter subi' il martirio e ha dato parere positivo al santo padre Benedetto XVI per la beatificazione. Il primo giugno il papa ha firmato il documento. Ci sono alcune date possibili per la beatificazione (come la festa di Cristo re il 25 novembre e l'Immacolata concezione l'8 dicembre), ma quella piu' probabile e' il 26 ottobre, festa nazionale austriaca, alle ore 10 presso il duomo di Linz. Quest'anno ci sono stati anche segnali del crescente apprezzamento nei confronti di Franziska. Il 16 aprile il presidente del Land dell'Alta Austria, Josef Puehringer, le ha conferito un attestato di merito davanti a un folto gruppo di parenti, amici e rappresentanti delle autorita' civili ed religiose. Il presidente austriaco Heinz Fischer ha invitato Franziska e le figlie a una visita all'Hofburg (che e' un po' il Quirinale di Vienna). Entrambe le occasioni sono state motivo di grande gioia per Franziska. La parrocchia e il comune di St. Radegund hanno onorato in piu' modi Franz Jaegerstaetter in occasione del centenario della nascita, con attivita', mostre, un pellegrinaggio e nuovi documenti in tv e alla radio. Il 22 settembre a Graz ci sara' la prima di un'opera su Franz di Viktor Fortin. Il 24 settembre, sempre a Graz, si terra' un simposio. Su richiesta di Franziska e con il suo aiuto negli ultimi mesi ho preparato per la pubblicazione 590 lettere di Franz alla moglie del periodo 1940-'41 e le 52 lettere di Franziska al marito, che non erano state ancora rese pubbliche. Il volume, che raccogliera' anche le lettere gia' pubblicate e gli scritti dal carcere, uscira' in autunno. La beatificazione imminente e' il tema del nostro giorno della memoria. Forse sara' anche l'ultimo in questa data e in questa forma. Poiche' il 9 agosto e' gia' la festa di S. Edith Stein, per Franz Jaegerstaetter sara' scelto un altro giorno; e' possibile che Roma opti per il 21 maggio, giorno del battesimo di Franz. Mi auguro di incontrarvi tutti il 9 agosto e spero che questa mia lettera serva a mantenere il contatto con chi non potra' essere presente. La vostra Erna Putz * Programma Giovedi' 9 agosto 2007, Chiesa di Ostermiething - ore 9: apertura con momento musicale, saluto del vescovo Ludwig Schwarz - ore 9,30: relazione del prof. Roman Siebenrock: "Non di questo mondo... la fede vissuta di Franz Jaegerstaetter". - ore 11: avola rotonda su "Aspetti mistico-politici della santita' sull'esempio di Franz Jaegerstaetter", con la partecipazione del vicario episcopale dott. Werner Freistetter, della dott.ssa Hildegard Goss-Mayr, del can. dott. Paul Oestreicher, del vescovo dott. Manfred Scheuer, del prof. Siebenrock e di mons. Willi Thaler. - ore 12,30: pausa pranzo. - ore 14,30: programmi televisivi e radiofonici per i cento anni dalla nascita di Franz Jaegerstaetter (nella scuola di musica e in chiesa). - ore 15,30: ora di preghiera in ricordo della morte di Franz Jaegerstaetter nella chiesa di Ostermiething. - ore 16,30: pellegrinaggio a piedi verso St. Radegund. - ore 19,30: santa messa nella chiesa di St. Radegund. Al termine: cerimonia dei lumini sulla tomba del martire. Per il rientro ad Ostermiething sara' a disposizione un pullman. * I relatori - Roman Siebenrock si occupa dell'interpretazione del Concilio Vaticano II. Oltre a condurre ricerche sul pensiero di Karl Rahner, collabora intensamente alle ricerche dell'universita' di Innsbruck su religione-violenza-comunicazione-ordine mondiale. = Werner Freistetter, figlio di un alto ufficiale austriaco, e' direttore dell'Istituto per la pace e la religione e assistente spirituale dell'Organizzazione militare cattolica internazionale (Ami). Da marzo 2007 e' vescovo vicario della diocesi militare e si occupa di scienza e ricerca dal punto di vista teologico e di relazioni internazionali. - Hildegard Goss-Mayr si e' impegnata prima e durante il Concilio per il superamento della guerra fredda, la fine della corsa agli armamenti e per far cessare l'odio tra i popoli. Moltissime persone sono state formate da lei sulle tecniche di difesa nonviolenta, che ha applicato con successo nelle Filippine e in Madagascar. - Paul Oestreicher e' direttore emerito del Centro per la riconciliazione internazionale presso la cattedrale di Coventry, in Inghilterra. E' l'uomo del superamento dei confini, il pellegrino tra i campi nemici, pacifista e peacemaker. - Manfred Scheuer e' vescovo di Innsbruck. E' stato postulatore nel processo di beatificazione diocesano di Franz Jaegerstaetter. Per lui Franz e' un portatore di speranza e un simbolo di coraggio nelle situazioni difficili. - Willi Thaler, parroco evangelico a Innsbruck, e' membro di Pax Christi. Partecipa alla tavola rotonda a nome del sovrintendente dell'Alta Austria, dott. Gerold Lehner, che non puo' intervenire. * La traduzione dell'invito e' stata curata da Lucia Togni. Ha collaborato Mauro Buffa. * Partecipazione dall'Italia Chi intende partecipare si metta in contatto con Giampiero Girardi, cell. 3474185755, e-mail: franzitalia at gmail.com per concordare il viaggio in automobile. Indicativamente si partira' l'8 agosto e si rientrera' il 10. * Materiale disponibile Vhs: Franz Jaegerstaetter, un contadino contro Hitler. Vita e morte di un uomo che ha agito secondo coscienza, durata 27 min., costo 10 euro. Richiedere a: Caritas diocesana, via Endrici 27, 38100 Trento, tel. 0461261166; fax 0461266176; e-mail: caritas at arcidiocesi.trento.it Dvd (novita'): Franz Jaegerstaetter, un contadino contro Hitler. Vita e morte di un uomo che ha agito secondo coscienza, durata 27 min., costo 10 euro. Richiedere a: Caritas diocesana, via Endrici 27, 38100 Trento, tel. 0461261166; fax 0461266176; e-mail: caritas at arcidiocesi.trento.it Volumi: - Scrivo con le mani legate. Lettere dal carcere e altri scritti dell'obiettore-contadino che si oppose ad Adolf Hitler, di Franz Jaegerstaetter, a cura di Giampiero Girardi, traduzione di Lucia Togni, edizioni Berti, Piacenza, 2005, XXXV + 231 pagine, 13 euro. Prefazione di mons. Luigi Bettazzi, premessa di Erna Putz. Rintracciabile in libreria (a Trento: Ancora, via S. Croce 35) oppure presso l'Editrice Berti, via Legnano 1, 29100 Piacenza, tel. 0523 321322; fax 0523 335866; email: info at bertilibri.it - Franz Jaegerstaetter, un contadino contro Hitler, di Erna Putz, edizione italiana a cura di Giampiero Girardi, Berti, 2000, 252 pagine, 13 euro. Rintracciabile in libreria (a Trento: Ancora, via S. Croce 35) oppure presso l'Editrice Berti, via Legnano 1, 29100 Piacenza, tel. 0523321322; fax: 0523 335866; e-mail: info at bertilibri.it - Franz Jaegerstaetter, il testimone solitario, di Gordon Zahn, Editoria universitaria, Venezia, 2002, 200 pagine. Rintracciabile presso l'editore, Albert Gardin, c. p. 570, 30100 Venezia, tel. 0415246242, e-mail: euvenezia at libero.it, sito: www.editoriauniversitaria.com - Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser, di Francesco Comina, prefazione di Albert Mayr, San Paolo, Alba, 2000, 116 pagine. - Sophie Scholle e la Rosa Bianca, di Paolo Ghezzi, Morcelliana, Brescia, 2003, 230 pagine. - La Rosa Bianca: un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', di Paolo Ghezzi, Paoline, 1993, 307 pagine. * Chi desidera ricevere la newsletter "Franz Jaegerstaetter Italia" (o segnalare indirizzi di persone interessate) la richieda a: franzitalia at gmail.com * Per ulteriori informazioni e contatti: Giampiero Girardi, via del Forte 44/B, 38100 Martignano, tel. 0461829526 o 3474185755, e-mail: gia.gira at gmail.com 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 166 del 30 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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