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Minime. 162
- Subject: Minime. 162
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 26 Jul 2007 01:00:42 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 162 del 26 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. L'abitudine 2. Piercarlo Racca: Due obiettivi 3. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte settima) 4. Vittorio Lanternari: Ernesto de Martino 5. Riletture: Dina Bertoni Jovine, Storia della didattica 6. Riletture: Ada Marchesini Gobetti, Educare per emancipare 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. L'ABITUDINE A tutto si fa l'abitudine - finche' a morire sono gli altri. Governo e parlamento votano ancora una volta di continuare la guerra, il terrorismo e le stragi contro la popolazione afgana; votano ancora una volta la prosecuzione flagrante e scellerata della violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale; votano ancora una volta una politica internazionale militarista, riarmista, complice dell'imperialismo razzista e terrorista e onnicida che mette in pericolo l'umanita' intera; una politica contro l'umanita' intera. Nessuno batte ciglio. Si fa la guerra e nessuno batte ciglio. Si delibera di continuare a contribuire a stragi e terrorismo, e nessuno batte ciglio. Si usano le pubbliche risorse per annientare vite umane, la civilta' umana, e nessuno batte ciglio. Cosa siamo diventati, cosa vogliono fare di noi, mio caro Gregor Samsa. Manca una Leni Riefenstahl per immortalare le grandi e fulgide opere di si' eccelsi statisti. 2. VERSO IL CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO. PIERCARLO RACCA: DUE OBIETTIVI [Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca at fastwebnet.it) per questo intervento in vista del XXII congresso del Movimento Nonviolento, che si svolgera' a Verona dal primo al 4 novembre 2007. Piercarlo Racca e' uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressoche' tutte le esperienze piu' vive e piu' nitide di impegno di pace; e' per unanime riconoscimento una delle voci piu' autorevoli della nonviolenza in cammino] Nei giorni dal primo al 4 novembre si terra' a Verona il XXII congresso nazionale del Movimento Nonviolento. A questo congresso andremo con un gran bagaglio di iniziative fatte e con una punta di delusione sul versante delle aspettative istituzionali. Con grande soddisfazione e speranza avevamo apprezzato il convegno di Rifondazione comunista tenutosi a Venezia il 28-29 febbraio 2004 e il gran dibattito che aveva suscitato per la svolta "nonviolenta" di questo partito; potevamo finalmente uscire dalla nostra nicchia di utopisti, ma a tre anni di distanza quel passaggio "nonviolento" sembra dimenticato. Tanti altri stop alle nostre utopie nonviolente sono arrivati dal governo Prodi che anziche' mantenere quanto dichiarato nel programma politico dell'Unione vediamo caratterizzato da un incremento delle spese militari, impegni a costruire inutili cacciabombardieri da 100.000 euro cadauno, un allineamento con le scelte guerrafondaie americane in Afganistan e altre parti del mondo, e per ultimo il raddoppio della base militare Usa di Vicenza. Non solo non viene rispettato quanto dichiarato nel programma elettorale, ma viene attuato l'esatto contrario. Come nonviolenti sul versante istituzionale siamo tornati al 1999 quando un governo di "centrosinistra" partecipa ai bombardamenti della Nato in Serbia e Kossovo. Gli effetti devastanti di quei bombardamenti e la non soluzione del problema Kossovo sono sotto gli occhi di tutti; pero' a livello politico si evita di parlarne per non ammettere l'ennesimo fallimento delle "soluzioni militari". Preso atto di questa brutta situazione non dobbiamo comunque dichiararci rassegnati, ma al prossimo congresso del Movimento Nonviolento arrivare determinati con proposte che ci portino a ottenere almeno due obiettivi politici importanti oggi identificabili in: - impedire il raddoppio della base militare Usa di Vicenza; - ottenere, come da accordi sottoscritti dall'Italia sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari, l'allontanamento delle bombe nucleari presenti sul nostro territorio. Questi due obiettivi non riguardano solo il Movimento Nonviolento, ma sono obiettivi su cui il Movimento Nonviolento ha il dovere di impegnarsi a fondo. 3. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA (PARTE SETTIMA) [Dal sito www.uniroma2.it riprendiamo la seguente dispensa predisposta nell'aprile 2004 per il secondo semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di genere e letteratura latina". Sergio Casali (Varazze, 1969) ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa (corso ordinario e di perfezionamento) dal 1988 al 1997, con una parentesi al St John's College di Oxford nel 1992/93; e' ricercatore all'Universita' Roma Due "Tor Vergata" dal 1998, e professore associato di Lingua e letteratura latina dal 2001. Si interessa soprattutto di poesia augustea, in particolare Ovidio e Virgilio, della tradizione epica romana e dell'esegesi antica dell'Eneide. Sta ultimando un sintetico commento a tutta l'Eneide per la collana "Biblioteca della Pleiade" di Einaudi, e sta lavorando a un commento in inglese al libro IV dell'Eneide per la collana "giallo-verde" di Cambridge University Press. Ha tenuto conferenze e partecipato a convegni su Ovidio e Virgilio in varie universita' italiane e straniere, tra cui Harvard University, Columbia University, University of Wisconsin at Madison, University of Colorado at Boulder, Keele University, Bristol University, Institute of Classical Studies (London), Trinity College (Dublin), University of Manchester, University of California at Los Angeles, Cambridge University, University of Pennsylvania, University of Virginia. Tra le opere di Sergio Casali: Publii Ovidii Nasonis Heroidum Epistula IX: Deianira Herculi, a cura di Sergio Casali, Firenze: Le Monnier, 1995; Commento a Virgilio: Eneide, in Virgilio: Opere, a cura di A. Barchiesi, Torino: Einaudi (in preparazione); Virgil: Aeneid IV, ed. by S. C., Cambridge: Cambridge University Press (in preparazione)] 7. Il femminismo nell'universita': la questione del soggetto e dell'identita' (dalla meta' degli anni Ottanta a oggi) Contenuto del capitolo Con gli anni Ottanta, la vitalita' del movimento femminista si affievolisce dal punto di vista dell'azione politica, ma resta forte dal punto di vista dell'elaborazione teorica. In area angloamericana il femminismo entra nelle universita', con la creazione di dipartimenti di "studi delle donne" e di "studi di genere". La riflessione femminista, molto influenzata anche negli Stati Uniti dalla "teoria francese" di ispirazione decostruzionista, si concentra sul problema del soggetto e dell'identita'. Tra le personalita' importanti vedremo Donna Haraway (teorica del cyberfemminismo), Teresa de Lauretis, Rosi Braidotti, Judith Butler. Il femminismo della differenza, con il suo incentrarsi sul concetto di un punto di vista straniato e marginale, stimola lo sviluppo di settori di studio che risentono fortemente dell'influsso femminista: studi condotti dal punto di vista di varie "minoranze", di genere sessuale (studi gay, lesbici, "queer") ed etniche (femminismo afromericano). * 7. 1. L'"accademizzazione" del femminismo A partire dagli anni Ottanta, il femminismo entra in crisi come movimento di donne organizzate politicamente, come del resto accade a tutti i "movimenti" politici degli anni Sessanta e Settanta. L'elaborazione del pensiero e della teoria femminista, pero', non conosce crisi, e anzi si sviluppa e si diffonde sempre di piu' in molteplici campi del sapere (filosofia, storia, critica letteraria, sociologia), e in tutti i paesi avanzati (vedremo nella prossima unita' didattica il caso degli studi sulle letterature classiche). Nel mondo angloamericano il femminismo si "accademizza" rapidamente. Le femministe degli ultimi venti anni sono per lo piu' docenti universitarie, impegnate prevalentemente in un lavoro di ricerca di tipo accademico; nell'universita' entrano anche la maggior parte delle femministe radicali che abbiamo visto sopra (par. 3). In area angloamericana si diffondono, a livello universitario, gli "Women's Studies" e i "Gender Studies", cosi' come i campi correlati (in quanto ispirati sempre al valorizzamento delle potenzialita' conoscitive insite in una "differenza", sia etnica che di genere) dei "Gay" e "Lesbian Studies", dei "Queer Studies", dei "Cultural Studies", dei "Postcolonial Studies", del femminismo nero ed etnico. Le femministe piu' recenti non si dedicano piu' all'elaborazione di strumenti concettuali destinati ad essere usati nelle lotte politiche del movimento, come negli anni Settanta, ma si propongono di studiare e analizzare concetti filosofici fondamentali come quelli di "identita'", "soggettivita'", "sessualita'", "corporeita'". Le loro opere si fanno sempre piu' "difficili" e specialistiche, anche a causa dell'influenza crescente sia negli Stati Uniti che in Italia del pensiero decostruzionista (solitamente di non facile accesso), delle pensatrici francesi, a loro volta decostruzioniste, cui abbiano accennato sopra (Irigaray, Kristeva, Cixous), e dei filosofi, sempre francesi, del "postmoderno" (Deleuze, Lyotard, Baudrillard). L'opera di Michel Foucault, in particolare, e specialmente la sua Storia della sessualita' in tre volumi, avra' grande influenza sugli studi femministi e di genere rivolti all'antichita' classica, come vedremo nella prossima unita' didattica. * 7. 2. Donna Haraway e il cyber-femminismo Un nome significativo delle tendenze recenti del femminismo e' quello di Donna Haraway. Biologa, e storica della biologia, insegna attualmente "History of Consciousness" ("Storia della coscienza") nel Dipartimento omonimo dell'University of California, Santa Cruz, dove e' collega di altre due femministe celebri, Angela Davis e Teresa de Lauretis (vedi sotto). E' diventata famosa con il saggio intitolato "Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist Feminism in the 1980's", in "Socialist Review" 80 (1985) pp. 65-108, ristampato in Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, New York, Routledge 1991, pp. 149-181. Il "cyborg" e' un individuo meta' macchina (cyb-), meta' organismo (-org), come il "Terminator" dei film di James Cameron. Partendo dall'idea di cyborg, creature presenti (per ora) molto piu' nella fantascienza che non nella realta', Haraway propone e prevede una ironica e giocosa utopia socialista-femminista, dove verranno a cadere, nella mescolanza di tecnologia e umanita', tutte le distinzioni di genere e di razza, e anche i confini tra umano e animale, tra mondo fisico e mondo informatico. * 7. 3. Teresa de Lauretis Teresa de Lauretis, una delle pensatrici femministe piu' influenti sulla scena mondiale, e' nata e cresciuta in Italia. Dopo il dottorato in Lingue e letterature moderne alla Bocconi di Milano, si e' trasferita negli Usa, dove ha insegnato italiano, letterature comparate, "women's studies" e critica del cinema in varie universita'. Attualmente, come si e' detto sopra, insegna nel Dipartimento di Storia della coscienza all'University of California, Santa Cruz. De Lauretis, esponente del femminismo lesbico, si propone, seguendo le idee delle lesbiche radicali francesi (come Helene Cixous), e sviluppando concetti di Irigaray, una demolizione teorica dei concetti di genere e di identita' sessuale. Importante nella sua elaborazione il concetto di "parodia", e del continuo cambiamento di ruolo che la parodia comporta. Nessuna identita' e' fissa e immutabile, ogni identita' e' parodia di un'altra, un "simulacro" di qualcosa che non esiste come dato di natura. Un concetto di de Lauretis spesso citato e' quello delle "tecnologie di genere": il genere viene visto come un prodotto delle "tecnologie di genere", cioe' dei discorsi, delle istituzioni, delle narrazioni culturali, delle pratiche di rappresentazione visiva e verbale che ingenerano il soggetto donna. * 7. 4. "Queer Theory" E' lei a coniare, nel 1990, l'espressione "queer theory". In inglese queer significa "strano, bizzarro, eccentrico", ed e' in origine un termine volgare e spregiativo per indicare l'omosessuale. Il termine, nel senso "positivo" attuale, era originariamente associato con i politici radical gay di ActUp, Outrage, e altri gruppi che si appropriarono della parola "queer" come di un marchio d'identita' che puntava in direzione di una politica separatista, non-assimilazionista. Nella teoria culturale, tuttavia, la "queer theory" si propone di sfidare le nozioni essenzialiste sia di eterosessualita' che di omosessualita', per mirare a una comprensione della sessualita' che metta in primo piano l'oltrepassare i confini, le ambivalenze, e le costruzioni culturali il cui cambiamento dipende dal contesto storico e sociale. "To queer" significa allora rendere strana e dissestata anche la sessualita' "normale", mettere in discussione l'eterossesualita' come norma socio-sessuale "naturale", e promuovere la nozione di "non-straightness" ("non-eterosessualita'"). * 7. 5. Rosi Braidotti Anche Rosi Braidotti, come Teresa de Lauretis, e' un'italiana che da molto tempo si e' trasferita all'estero, in Olanda, dove insegna all'Universita' di Utrecht. Le sue due opere piu' importanti sono Patterns of Dissonance (1991), trad. it. Dissonanze. Le donne e la filosofia contemporanea, La Tartaruga, Milano 1994, in cui Braidotti compie una rivisitazione critica del pensiero poststrutturalista francese (Lacan, Derrida, Deleuze, Foucault), e The Nomadic Subject (1994), trad. it. Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernita', Donzelli, Roma 1995, in cui propone il concetto di filosofia femminista "nomadica". Braidotti elabora uno schema a tre livelli per capire la differenza sessuale. Il primo livello e' quello delle differenze tra uomini e donne, e implica la critica alla falsa universalita' del sistema simbolico maschile, e, dal punto di vista politico, il rifiuto dell'emancipazionismo, in quanto a rischio di omologazione. Il secondo livello e' quello delle differenze tra donne, e implica la critica alla falsa unita' della categoria "donne", che e' invece incrinata da una molteplicita' di variabili sociali (la classe, l'etnia, l'orientamento sessuale). Il terzo livello, infine, e' quello delle differenze all'interno di ogni donna, per esempio tra il piano della soggettivita' conscia e quello delle identificazioni inconsce. L'invito di Braidotti e' a transitare, "nomadicamente", da un livello all'altro. * 7. 6. Judith Butler e la riflessione sul concetto di "corpo" Centrale nelle opere di Braidotti e' la riflessione sul "corpo" della donna. Questo accento sul corpo e' condiviso anche da Judith Butler, una femminista lesbica che insegna all'University of California, Berkeley. Le sue due opere principale sono Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, New York-London 1990, e Bodies that matter (1993), trad. it. Corpi che contano. I limiti discorsivi del "sesso", Feltrinelli, Milano 1997. In questa seconda opera, Butler adotta una prospettiva tipicamente "queer". "Corpi che contano" sono quelli che "rispettano" i "codici" o "discorsi" di provenienza maschilista che prescrivono di "recitare" dei ruoli fissati. Chi non rispetta quei codici e' l'"abietto", il diverso, il "queer". Per Butler occorre provare a mettere in discussione quei codici, prendendo coscienza del loro carattere di "costruzioni" culturali, e adottando pratiche "drag", da travestiti, da attori teatrali che cambiano continuamente ruoli e abiti. * 7. 7. Il femminismo nero ed etnico Nell'ambito del femminismo un ruolo importante di critica "interna" e' stato svolto non solo dalle lesbiche, ma anche dalle donne nere e di altre minoranze etniche, inizialmente marginalizzate da un movimento femminista che, oltre che eterosessuale, era anche decisamente bianco e medio-borghese. Tra le numerose voci di dissonanza rispetto al femminismo bianco ed eurocentrico ricordiamo Gayatri Spivak (indiana di nascita, trasferitasi negli Stati Uniti, traduttrice di Derrida in inglese, e importante critica letteraria di ispirazione marxista), le afroamericane bell hooks ("bell" come la madre, Rosa Bell Watkins, "hooks" come la nonna materna, Bell Blair Hooks; di lei si puo' leggere in italiano la raccolta di saggi Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, Feltrinelli, Milano 1998), Angela Davis (nota esponente della lotta antirazzista della fine degli anni Sessanta), e Barbara Smith; le latinoamericane Gloria Anzaldua e Rosario Morales. (Parte settima - segue) 4. PROFILI. VITTORIO LANTERNARI: ERNESTO DE MARTINO [Dal sito dell'Associazione internazionale Ernesto de Martino (www.ernestodemartino.it) riprendiamo il seguente profilo biografico estratto da Vittorio Lanternari, Ernesto de Martino, in Dizionario biografico degli italiani, Enciclopedia Treccani, vol. XXXVIII, 1990, pp. 584-588. Vittorio Lanternari, nato nel 1918, docente di etnologia e storia delle religioni, e' uno dei maestri dell'antropologia. Tra le sue opere fondamentali: La grande festa. Vita rituale e sistemi di produzione nelle societa' tradizionali, Il Saggiatore, Milano 1959, Dedalo, Bari 2004; (con Raffaele Pettazzoni), Oceania (secondo volume di Miti e leggende), Utet, Torino 1963; Movimenti religiosi di liberta' e di salvezza dei popoli oppressi, Feltrinelli, Milano 1960, 1977, Editori Riuniti, Roma 2005; Occidente e terzo mondo, Dedalo, Bari 1967, 1972; Antropologia e imperialismo, Einaudi, Torino 1974, 1975; tra le opere piu' recenti: Incontro con una cultura africana, Liguori, Napoli 1976; Crisi e ricerca d'identita', Liguori, Napoli 1977; Identita' e differenza: percorsi storico-antropologici, Liguori, Napoli 1986; Dei profeti contadini. Incontri nel Ghana, Liguori, Napoli 1988; Medicina, magia, religione, valori, Liguori, Napoli 1994; (con Pietro Barcellona, Ettore Gelpi), Laicita'. Una sfida per il terzo millennio, Argo, Lecce 1995; Antropologia religiosa. Etnologia, storia, folklore, Dedalo, Bari 1997; La mia alleanza con Ernesto De Martino e altri saggi post-demartiniani, Liguori, Napoli 1997; Ecoantropologia. Dall'ingerenza ecologica alla svolta etico-culturale, Dedalo, Bari 2003; Religione magia e droga. Studi antropologici, Manni, Lecce 2006; Dai "primitivi" al "post-moderno". Tre percorsi di saggi storico-antropologici, Liguori, Napoli 2006. Ernesto De Martino e' stato uno dei piu' grandi intellettuali del Novecento: nato nel 1908 e scomparso nel 1965, non solo illustre studioso di etnologia, folklore, cultura delle classi subalterne, ma anche uomo fortemente impegnato per il progresso civile e la giustizia sociale. Opere di Ernesto De Martino: da lui edite in volume: Naturalismo e storicismo nell'etnologia, Laterza, ora Argo; Il mondo magico, Boringhieri; Morte e pianto rituale nel mondo antico, Boringhieri; Sud e magia, Feltrinelli; La terra del rimorso, Il Saggiatore; Magia e civilta', Garzanti; Furore Simbolo Valore, Il Saggiatore, poi Feltrinelli; postumo e' apparso il materiale raccolto in La fine del mondo, Einaudi; nell'ambito della pubblicazione di tutte le opere edite e inedite di De Martino, la casa editrice Argo ha già pubblicato anche i volumi: Note di campo; L'opera a cui lavoro; Storia e metastoria. Segnaliamo anche due carteggi editi: Cesare Pavese, Ernesto De Martino, La collana viola. Lettere 1945-1950, Bollati Boringhieri, Torino 1991; Riccardo Di Donato (a cura di), Compagni e amici. Lettere di Ernesto De Martino e Pietro Secchia, La Nuova Italia, Firenze 1993. Una raccolta di conversazioni radiofoniche del '53-'54 di e su De Martino e': Panorami e spedizioni, Bollati Boringhieri, Torino 2002] Nacque a Napoli il primo dicembre 1908 da Ernesto, ingegnere delle Ferrovie dello Stato, e da Gina Jaquinangelo. All'universita' di Napoli segui la scuola di Adolfo Omodeo, con cui si laureo' nel 1932 con una tesi in storia delle religioni e che lo introdusse nella cerchia di Benedetto Croce. Della filosofia crociana, anche attraverso l'insegnamento dell'Omodeo, il de Martino assorbi' l'indirizzo storicista che difendera' fino all'ultimo con tenacia, pur sviluppandolo e integrandolo con apporti speculativi eterogenei, e ampliandone l'applicazione a settori praticamente esclusi dal Croce, come la storia delle religioni e l'etnologia. La' de Martino allargo' la prospettiva della speculazione crociana fin dal suo primo libro, Naturalismo e storicismo nell'etnologia (Bari 1941), che segno' l'inizio di una laboriosa e metodica riflessione critica nel campo delle teorie etnologiche dominanti in ambito internazionale. Le varie correnti di pensiero, dal prelogismo di Lucien Levy-Bruhl, al sociologismo di Emile Durkheim, alla scuola di Vienna di Wilhelm Schmidt con la sua teoria storico-culturale o diffusionista, al funzionalismo di Bronislaw Malinowski in Gran Bretagna, fino all'appendice dell'antropologia applicata statunitense, venivano passate al vaglio di un pensiero critico che intendeva dimostrarne un comune presupposto antistoricista - per il de Martino "naturalistico" - dichiarato o implicito. Il contatto con Raffaele Pettazzoni, che a cominciare dal 1934 ne pubblicava vari contributi nella rivista da lui fondata e diretta, "Studi e materiali di storia delle religioni", maturo' e oriento' sempre piu' gli interessi del de Martino verso l'etnologia religiosa e la storia delle religioni (in cui conseguira' la libera docenza rispettivamente nel 1952 e nel 1956). Particolare impegno egli pose fin dalla prima fase della sua attivita' di studioso nell'affrontare i problemi interpretativi connessi con i fenomeni di magia, a cio' spinto anche da un suo preliminare interesse psicologico. A questa prima fase di ricerche appartengono infatti vari contributi che rivelano precisi interessi per la metapsichica, il magismo e i fenomeni sciamanici (Percezione extra sensoriale e magismo etnologico, ibid., XVIII [1942], pp. 1-19, e XIX-XX [1943-1946], pp. 31-84; Lineamenti di etnometapsichica, ibid., XVIII [1942]. pp. 113-139; Di alcune condizioni delle sedute metapsichiche alla luce del magismo sciamanistico, in "Rivista di antropologia", XXXIV [1942-1943], pp. 479-490). In questo senso il de Martino si dimostrava pionieristicamente avviato ad affrontare temi che avrebbero, ma solo piu' tardi in Italia, sollecitato, entro gli ambienti psichiatrici, crescenti contatti e rapporti con l'etnologia, cosi' da sviluppare una nuova branca autonoma, nell'ambito delle discipline psichiatriche, che avrebbe preso corpo nella psichiatria transculturale o etnopsichiatria. Ne Il mondo magico (Torino 1948) - primo volume della collana di studi religiosi, etnologici e psicologici diretta da Cesare Pavese e poi dallo stesso de Martino - egli legava vistosamente i problemi d'interpretazione dei mondi culturali "primitivi" di livello etnologico, con i problemi d'interpretazione riguardanti la realta' dei poteri magici in generale. Qui per la prima volta il de Martino prendeva le distanze dal crocianesimo ortodosso sostenendo la tesi della storicizzabilita' delle categorie crociane. Contro la filosofia implicitamente etnocentrica del Croce, che ignorava o poneva in parentesi i mondi culturali delle societa' "primitive" extraoccidentali, egli rivalutava il mondo culturale di magismo delle societa' tradizionali, che faceva oggetto di una autonoma problematica storiografica. Il mondo della magia, di cui le societa' "primitive" offrono imponenti manifestazioni ch'egli assume a documento, ha per lui una sua realta' precategoriale ed e' visto come una primordiale rappresentazione del mondo, funzionale al bisogno - per usare i termini da lui adottati - di "garantire la presenza". Sensibile fin da quest'opera e' l'influenza dell'esistenzialismo di Heidegger, da cui egli mutua alcuni concetti-base e in parte il linguaggio, introducendo nel campo dell'antropologia religiosa nozioni quali quella di "crisi della presenza" e quella di "riscatto dalla crisi": un riscatto attuato, secondo il de Martino, per il tramite del rituale magico religioso, inteso come tecnica. di superamento della crisi e della "angoscia della storia". Sviluppando la sua speculazione etnologico-religiosa, il de Martino si avvale sempre piu' della psicologia e dell'ausilio offerto dalla sua conoscenza delle scienze psichiatriche, secondo un criterio che sara' da lui stesso piu' tardi ripreso con il massimo impegno, nell'ultimo periodo della sua attivita' di studioso, cioe' nell'opera cui attendeva prima della prematura morte e che sarebbe stata pubblicata postuma, La fine del mondo. In cio' si rivela una continuita' di pensiero e di interessi che procede dai primissimi contributi fino agli ultimi e piu' impegnativi, attraverso una fase intercalare, pur essa di fondamentale importanza, ma relativamente autonoma e che abbraccia il periodo delle opere "meridionalistiche". * Una svolta decisiva nell'esistenza e nell'attivita' del de Martino fu determinata dalla sua esperienza di militante nei partiti della sinistra e dal proprio impegno ideologico-sociale. Dal 1945 egli si trovo' ad agire, come segretario di federazione del Partito socialista (Psiup poi Psi), nell'Italia meridionale: a Bari, Molfetta, poi Lecce (qui in veste di commissario). Dal 1950 egli aderiva al Partito comunista italiano. Il contatto diretto con i contadini del Sud, e con i problemi del Meridione, impresse un marchio originale sulla personalita' dello studioso, che in quell'esperienza ricevette lo stimolo a muoversi verso un'etnologia o antropologia fatta di ricerche sul terreno. Da allora fu spinto ad assumere come problema centrale della propria ricerca l'analisi del folklore religioso nella cultura contadina del Sud. Se il Meridione d'Italia costituiva da tempo un problema nella coscienza di storici, economisti, sociologi, nessuno aveva fin allora affrontato nella sua autonomia il problema della "cultura" contadina del Sud, vista come complessa e specifica concezione del mondo e collocata sul fondo di una societa' storicamente determinata. la' de Martino senti' l'urgenza di colmare questo vuoto. Oltre che dall'esperienza della militanza politica, egli fu indotto a questa scelta anche dalla convergenza di alcuni altri fattori o eventi: in particolare l'uscita del Cristo si e' fermato a Eboli di Carlo Levi nel 1945 e il conseguente incontro con Levi; l'incontro con Rocco Scotellaro, poeta-contadino lucano, e infine l'uscita dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci nel 1948. Scoperta - anche attraverso Levi e Scotellaro - la drammatica umanita' di quel mondo subalterno, il de Martino si avvio' al suo compito di analisi e interpretazione, valendosi degli strumenti offertigli dalla sua consapevolezza di storico, dalle tecniche della ricerca etnologica e dalla chiave interpretativa - marxista e classista - che Gramsci gli offriva relativamente alle forme di quel folklore meridionale che Gramsci stesso raccoglieva nella categoria del "cattolicesimo popolare". Le origini, il significato, il persistere di credenze e pratiche magico-religiose arcaiche tra i ceti rurali del Sud sono infatti studiati dal de Martino nel contesto di una storia sociale che ne costituisce la base determinante. Cosi, con una serie di missioni etnografiche dai primi anni '50, egli raccolse una quantita' di documenti relativi a manifestazioni magico-religiose e ne studio' le origini storiche, i rapporti con le condizioni storiche e sociali attraverso i secoli, i motivi impliciti che ne giustificavano il persistere. Tutti i fenomeni posti al centro della sua indagine avevano in effetti origini arcaiche, precristiane, da un antico fondo di civilta' agrarie, ed erano stati a lungo oggetto di polemiche, di repressioni, di interventi adattivi da parte della Chiesa ufficiale. Oggetto della sua investigazione particolarmente furono: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania (Sud e magia, Milano 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania (Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958); il tarantismo del Salento (La terra del rimorso, Milano 1961). ll perdurare di tali rituali e di tali credenze, con le varie manifestazioni connesse di sincretismo pagano-cristiano, e' interpretato come espressione di una resistenza implicita, inconsapevole e disorganica alla cultura ufficiale cristiana, rappresentata dalla Chiesa. La storia delle varie polemiche del clero e dei sinodi ecclesiastici contro tali manifestazioni e' dallo studioso ripercorsa a prova della sua interpretazione, che spiega anche gli adattamenti della politica culturale ecclesiastica nell'assorbire e riplasmare culti e credenze d'origine arcaica. D'altra parte il de Martino spiega il perdurare di tali arcaismi secondo ragione storica, come espressione di una concezione del mondo propria di una societa' rimasta per secoli nell'isolamento da parte dei poteri centrali e delle istituzioni ufficiali che l'emarginarono e la sfruttarono. La "miseria culturale", - egli afferma - e' lo specchio di una miseria psicologica determinata a sua volta da condizioni storico-sociali imposte all'intero Mezzogiorno da un regime di subalternita' plurisecolare e che pure in epoca contemporanea in certa misura persiste o fa pesare le sue conseguenze a lungo termine, il folklore religioso appare dunque come il riflesso della "non storia" del Sud, e cioe' della continua repressione subita. Nel loro insieme le tre opere meridionalistiche costituiscono un nucleo paradigmatico di studi di storia sociale, religiosa e culturale, condotti sulla base di inchieste dirette e reiterate, operate da lui sul posto mediante interviste, osservazione partecipante - e con l'ausilio dei mezzi d'inchiesta allora aggiornati, quali registratore, macchine da ripresa, ricostruzione di momenti e sequenze di vita locale. Con queste opere s'inauguro' in italia un importante filone di ricerche di antropologia culturale, o etnologia della societa' meridionale metropolitana, destinato ad avere sviluppi crescenti, dopo la morte del de Martino, da parte di antropologi di piu' giovane generazione, che in queste opere hanno trovato una fonte di stimoli e di sollecitazioni. Infatti, anche se negli ultimi anni le tecniche e le metodologie della ricerca antropologica dispongono di un apparato empirico piu' sofisticato e hanno sviluppato problematiche via via piu' penetranti, gli studi pionieristici del de Martino costituiscono un inevitabile punto di riferimento. Particolare importanza come tecnica innovativa da lui inaugurata e' quella dell'indagine interdisciplinare, che egli adotto' soprattutto nello studio del tarantismo pugliese, con l'unione in un'unica equipe di uno psichiatra, di una psicologa, oltre allo storico delle religioni, a un'antropologa culturale, all'etnomusicologo e al documentarista cinematografico. il criterio della interdisciplinarieta' sarebbe poi rimasto come un'acquisizione ed un'esigenza definitiva negli studi etno-antropologici. * Divenuto professore di ruolo di storia delle religioni nella facolta' di lettere dell'universita' di Cagliari dal dicembre 1959, al periodo meridionalista successe un periodo di approfondimenti e sviluppi problematici. La' de Martino da un lato scopri' e pose in questione una serie di manifestazioni religiose o parareligiose di tipo extraufficiale nel cuore della societa' borghese occidentale: rigurgiti di magismo in Germania, feste carnevalesche a carattere orgiastico-contestativo nella Svezia di fine anni '50 (il capodanno di Stoccolma), insieme con altre manifestazioni rituali d'ambito ufficiale nella societa' socialista dell'Urss, come il simbolismo cerimoniale sovietico (Furore, simbolo, valore, Milano 1962). D'altronde egli dette avvio ad una ricerca interdisciplinare intorno ad una tematica nuova, quella dell'apocalisse e dei miti escatologici. Per l'analisi di questo tema raccolse materiale non solo dal campo della storia religiosa in un'accezione ampia che include accanto al giudeo-cristianesimo anche le religioni "primitive", ma anche dalla letteratura moderna della crisi - Jean-Paul Sartre, Alberto Moravia, Albert Camus, dalla filosofia e dai teorici del marxismo classico, dalla psichiatria. Alle prese con tale complessa tematica, la sua personalita' poliedrica si dispiego' interamente avvalendosi dell'apporto delle diverse discipline suindicate, dimostrando la natura multiforme dei suoi interessi culturali, che travalicavano le partizioni accademiche e le etichettature formali. Del resto la poliedricita' delle sue aperture speculative inducevano in lui una particolare ambivalenza sul piano dell'impostazione epistemologica. Infatti egli tendeva a unificare prospettive di per se' eterogenee come quella storicista di derivazione crociana, ma riveduta in chiave marxista, con quella fenomenologico-ontologica, volta tipicamente alla identificazione di "universali" e di strutture invarianti d'ordine psicologico. * Il saggio Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche (in "Nuovi Argomenti", LXIX-LXXI [1964], pp. 105-141), introduceva la tematica a cui egli lavorava dai primi anni '60 e che, interrotta dalla morte, doveva trovare una elaborazione, sebbene incompiuta e frammentaria, nel libro postumo La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali (Torino 1977). Pur nella incompiutezza che la caratterizza e che ne fa, salvo per la parte psichiatrica, piuttosto una silloge di appunti e di trascrizioni da testi e da autori vari con note e riflessioni personali, quest'opera documenta la somma degli interessi speculativi e culturali dell'ultimo de Martino. Vi ritorna il tema della crisi e della sua reintegrazione religiosa, visto pero' in una sua autonomia ontologica e non piu' nel preciso rapporto di condizionamento storico-sociale entro cui era collocato e interpretato nelle precedenti opere meridionalistiche. Un riaccostamento all'impostazione fenomenologica prevalsa ne Il mondo magico distacca quest'ultima fase della riflessione demartiniana da quella piu' legata allo storicismo gramsciano che domina nei tre libri dedicati al folklore del Sud: e cio' si dica anche se gia' nella seconda edizione de Il mondo magico (1958) l'autore aveva ritrattato la precedente sua tesi che poneva la magia in una fase precategoriale dello sviluppo del pensiero umano, per riaderire ai fondamenti delle critiche mossegli dal Croce. Ne La fine del mondo lo storicismo assoluto del primo de Martino - secondo il quale il senso e le forme delle civilta' umane e delle religioni si risolvono per intero e senza residui nella loro storia - sfuma, lasciando notevole spazio ad una prospettiva fenomenologico-psicologistica. Nel contempo e' vigorosamente riaffermata la funzione liberante della visione del mondo laica marxista. Pertanto l'apocalittica marxiana e' contrapposta a quella alienante delle religioni, mentre per la prima volta il de Martino prende atto del valore innovativo e creativo che studi recenti hanno riconosciuto nei movimenti profetici, millenaristi e apocalittici di liberazione delle popolazioni ex-coloniali del Terzo Mondo. Anche nell'ultimo e incompiuto lavoro si rivelavano, da squarci di apertura geniale, la ricchezza e la densita' di riflessione tipiche del de Martino. In questo lavoro, come nei precedenti, egli parte da esperienze dell'oggi e del qui, da problemi, situazioni, crisi incombenti nella nostra civilta' contemporanea, per risalire da qui - in uno sforzo di comprensione storica universale - all'osservazione e all'analisi di mondi "altri" in senso psicologico (il mondo della psicopatologia), ovvero in senso storico cronologico (il mondo del cristianesimo primitivo), ed in senso storico-culturale (il mondo delle culture extraoccidentali oggetto di studio dell'etnologia). Precisamente di fronte all'arduo compito assuntosi di una comprensione storica universale, il de Martino si pone metodicamente il problema della giusta prospettiva spettante allo scienziato che guarda aIl'"alieno" e alle culture "altre". * Di qui si sviluppa la sua riflessione intorno al tema degli etnocentrismi: una riflessione che aveva impegnato l'autore, ma su un piano pratico-operativo diretto, fin dall'epoca delle sue ricerche nel Mezzogiorno, nel sistematico incontro-scontro con i portatori di modelli culturali fondamentalmente "alieni" per uno scienziato cresciuto e formatosi nel seno della societa' borghese ufficiale e colta. Infatti gia' allora il de Martino non aveva perduto occasione per esprimere un proprio "senso di colpa" di fronte alla miseria culturale e psicologica delle plebi meridionali: un senso di colpa che intorno a quella stessa epoca ispirava pagine e riflessioni di un altro illustre esponente del pensiero antropologico in Europa, Claude Levi-Strauss. Nello sviluppare in forma riflessa e metodica la sua tesi sull'etnocentrismo, il de Martino rifiutava come decisamente superata ogni forma di etnocentrismo dogmatico, con i suoi condannevoli corollari del razzismo e del pregiudizio sociale. Tuttavia egli respingeva altrettanto decisamente la prospettiva del relativismo culturale d'origine americana, per il quale ciascuna "cultura" vale per se stessa ne' deve essere valutata dall'esterno se non in riferimento ai parametri validi per i suoi diretti esponenti. Egli infatti ravvisava la doppiezza e la contraddittorieta' di questa posizione teorica e speculativa, la quale, sotto la specie di un liberalismo teorico, nascondeva ogni riserva di intervento pratico-politico sui portatori delle culture aliene. Il de Martino affermava e proponeva la validita' di una posizione che egli stesso aveva assunto nel confronto con la cultura contadina meridionale nel corso delle sue precedenti indagini: posizione definita da lui "etnocentrismo critico". Questo e' da intendersi come sforzo supremo di allargamento della propria coscienza culturale di fronte ad ogni cultura "altra", e come sofferto processo di presa di coscienza critica dei limiti della propria storia culturale, sociale, politica. L'etnocentrismo critico pone in questione "le stesse categorie di osservazione di cui lo studioso dispone all'inizio della ricerca". Con questa tensione etico-speculativa si puo' realizzare, secondo il de Martino, quell'"umanesimo etnografico" che implica un'opera di storicizzazione di se' e della propria cultura, e di autocritica in base al confronto storico-culturale, ma senza rinunziare - com'egli ribadisce - alla idea del primato della civilta' occidentale. Il modello della civilta' europea piu' avanzata sul piano del sapere scientifico, della tecnologia, dello sviluppo culturale, non puo' cedere, per il de Martino, ai modelli di culture altre per le quali, pur nell'indispensabile sforzo di conoscerle, capirle e giustificarle sul piano storico, logico e psicosociale, la prospettiva di sviluppo proposta e' pur quella di adeguarsi al modello occidentale nelle sue espressioni socialmente piu' avanzate. Questa visione eurocentrica, per quanto critica ed autocritica, avrebbe dato avvio poi a discussioni e interventi variamente orientati, negli sviluppi postdemartiniani del pensiero antropologico in Italia. Per la complessita' poliedrica dell'approccio del de Martino allo studio dell'uomo, per la forte tensione etico-sociale-ideologica che permea i suoi scritti, per l'efficacia scandagliatrice delle sue analisi, per la soggettivita' fascinosa del suo linguaggio - per cui la sua opera si impone anche per il suo valore letterario - la sua produzione si pone al di sopra delle specializzazioni accademiche piu' o meno settoriali, e pare destinata a riscuotere risonanze durevoli nell'ambito di molteplici discipline, dei piu' vari orientamenti di studio che hanno a che fare con il problema dell'uomo e di tutti coloro che a tale problema rivolgono un personale e sensibile interesse. De Martino mori' a Roma il 9 maggio 1965. 5. RILETTURE. DINA BERTONI JOVINE: STORIA DELLA DIDATTICA Dina Bertoni Jovine, Storia della didattica dalla legge Casati ad oggi, Editori Riuniti, Roma 1976, 2 voll. per complessive pp. LXXXIV + 802. A cura di Angelo Semeraro, un'ampia raccolta di scritti della grande pedagogista e militante del movimento di liberazione degli oppressi (1898-1970). 6. RILETTURE. ADA MARCHESINI GOBETTI: EDUCARE PER EMANCIPARE Ada Marchesini Gobetti, Educare per emancipare (scritti pedagogici 1953-1968), Lacaita, Manduria 1982, pp. 252. A cura di M. Cristina Leuzzi e con una nota introduttiva di Goffredo Fofi, una raccolta di scritti su temi educativi di Ada Gobetti (1902-1968), una delle figure piu' luminose della cultura e dell'impegno civile dell'Italia del Novecento. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 162 del 26 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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