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Minime. 159
- Subject: Minime. 159
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 23 Jul 2007 00:49:17 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 159 del 23 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Il lavoro quotidiano, le parole per dirlo 2. A Venezia e in laguna dal 7 al 9 settembre 3. Severino Galante: Iraq, l'Italia e i mercenari 4. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte quarta) 5. Francesca Rigotti presenta "L'individuo senza passioni" di Elena Pulcini 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. VERSO IL CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO. MARIA G. DI RIENZO: IL LAVORO QUOTIDIANO, LE PAROLE PER DIRLO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento in vista del XXII congresso del Movimento Nonviolento, che si svolgera' a Verona dal primo al 4 novembre 2007. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti". Costruire una cultura di pace e' forse la questione piu' importante collegata al disarmo, ed e' una delle piu' complicate che abbiamo di fronte oggi, poiche' il suo "territorio" va dallo scenario internazionale alla piu' piccola delle famiglie umane. Nessuno crede alla possibilita' di vivere in un "paradiso in terra", ma si puo' certamente fare di meglio su questo pianeta, affinche' esso sia una casa piu' felice per noi e per gli altri esseri viventi. Il nostro addestramento al militarismo comincia a scuola, con la tecnica "competizione contro cooperazione" e libri di testo che coprono sproporzionatamente la guerra (con la versione dei conquistatori, Alessandro e Cesare e Augusto e Napoleone, ecc.) e della pace non parlano: la storia dell'umanita' sembra un ininterrotto susseguirsi di sanguinosi conflitti. La maggioranza delle persone non sanno assolutamente nulla, dal punto di vista storico, delle lotte prive di violenza. Percio', ogni volta che le persone danno inizio ad una lotta nonviolenta devono praticamente ricominciare da zero. Gene Sharp faceva gia' notare: "Pensate se questo fosse fatto con la guerra. Supponete che nessun esercito venga organizzato, che nessuno abbia studiato strategie e tattiche militari. Che nessuno abbia tentato di inventare una nuova arma, o sviluppato l'addestramento all'uso delle armi esistenti". C'e' chi pensa che siano i media i primi addestratori all'uso della violenza, ma la storia che si insegna a scuola manda ai ragazzi e alle ragazze il messaggio che la guerra sia tutto cio' di cui la storia si occupa. Una guerra vista sempre come eroismo, coraggio, eccitazione. Il senso di passione che pervade la guerra e' del tutto assente dalle (rare) rappresentazioni della pace, vista come passiva e noiosa. Tramite i media, ci arriva invece la percezione della guerra come forma di intrattenimento; uccidere non e' sbagliato, purche' tu uccida il "cattivo". Quando nelle scuole chiedo ai ragazzi di associare la prima parola che viene loro in mente al termine "conflitto", la risposta primaria e' guerra, persino con i piu' piccoli. Quando chiedo di continuare l'associazione, assieme a morte e dolore la guerra evoca "eroi", "avventura", "vittoria". Per contro, le immagini che vengono associate alla pace appaiono prive di forza: "colomba", "silenzio", "quiete". E questo nonostante tutti dicessero che il conflitto ferisce, e' pericoloso, eccetera. Si puo' guerreggiare. Questo e' un verbo. La guerra e' in azione. Si puo' pacificare, ma a livello semantico non e' la stessa cosa. Non e' la pace ad essere in azione, e' l'atto del pacificare (riportare la pace). Sembra che linguisticamente la pace non sia qualcosa che si puo' "fare" in modo attivo, non c'e' un verbo che lo dica. Il concetto di pace viene definito al negativo, come assenza di guerra o violenza, anziche' come qualcosa di positivo e significativo per se stesso, e purtroppo i termini usati non hanno reale significato, se separati da quelli di cui figurano l'opposto o l'assenza. Il militarismo e' composto di attitudini e pratiche sociali che guardano alla guerra ed alla sua preparazione come ad attivita' normali e socialmente desiderabili. I giocattoli di guerra ne sono un esempio. Esalta il coraggio e la nobilta' che sarebbero associati alla figura del guerriero, e occulta la realta' dei conflitti armati. Il militarismo e' dualistico, antagonista, non considera i processi ma solo gli interessi immediati, riduzionista, e non ha a che fare solo con il conflitto armato o l'economia di guerra, ha a che fare con pratiche, istituzioni, relazioni interpersonali essenzialmente violente, che stanno al centro del modo in cui ci muoviamo socialmente. * Pensate solo alla parola "riconciliazione": troppo spesso, attraverso le lenti del militarismo, viene usata per dire solo "seppelliamo gli orrori del passato sotto il tappeto". A chi gode di privilegi economici e sociali la riconciliazione in questo senso suona come l'assicurazione che tale stato continuera' indisturbato; a una madre i cui figli muoiono di fame o ad una persona che ha perso in guerra parenti e casa, puo' suonare come la certezza che nulla nella sua situazione personale cambiera'. Le gravissime ingiustizie di questo mondo necessitano di essere gestite, per giungere al disarmo. Per avere riconciliazione abbiamo bisogno di stabilire buone relazioni attraverso buone pratiche. Chi si rifa' a tradizioni religiose puo' facilmente trovare suggerimenti in questo senso: Gesu' dice piu' o meno che se ti trovi davanti all'altare per offrirvi un dono e in quel momento ricordi di essere in lite con tuo fratello e' meglio lasciare il dono dove si trova e offrirlo piu' tardi, dopo esserti riconciliato con lui; e la giustizia sociale fu il cruciale interesse dell'Islam degli inizi, in cui ai musulmani veniva richiesto di costruire una comunita' (la famosa umma) caratterizzata dalla compassione pratica (intesa come il "sentire insieme"), una comunita' in cui vi fosse un'equa distribuzione delle ricchezze, e cio' era di gran lunga piu' importante di ogni insegnamento dottrinale. "Non trattare gli altri in modi che tu stesso trovi dolorosi" (Buddha, Udana-Varga 5. 18); "Questo e' il centro del dovere: non fare agli altri cio' che causerebbe dolore se fatto a te" (Mahabharata 5: 1517); "Cio' che e' odioso a te, non farlo al tuo vicino" (Hillel, Talmud, Shabbath 31a); "Guarda al guadagno del tuo vicino come fosse tuo, ed alla sua perdita come se fosse la tua perdita" (T'ai Shang Kan Ying P'ien, 213-218). E vi sono esperienze pratiche e laiche che hanno parecchio da insegnare, e da cui possiamo trarre ispirazione, come il programma "Donne che costruiscono la pace" portato avanti da israeliane e palestinesi. Sumaya Farhat-Naser, una palestinese che vi partecipa, racconta: "Quando hai vissuto per cinquant'anni conoscendo l'altra solo come nemica, con dolore ed amarezza che si accumulano, non e' possibile dire semplicemente: 'Dai, sediamo insieme e abbracciamoci'. Non possiamo abbracciarci, non ancora. Percio' istruiamo i gruppi dapprima separatamente, in modo indipendente, su come ci si incontra, come si impara a rispettare la visione dell'altra, come riconoscere che vi sono almeno due versioni, sempre, per ogni storia che tu racconti. E incontrarsi e' all'inizio comunque doloroso, e devi impegnarti per attraversare questo stadio di sofferenza e andare oltre. Nei gruppi separati affrontiamo questa paura, esprimiamo a voce alta i nostri desideri e le nostre speranze. Poi, quando sia le palestinesi sia le israeliane sono pronte a guardare negli occhi delle altre con rispetto, sono pronte ad ascoltare, a guarire, a contribuire ad una discussione logica che sia altresi' sensibile nella scelta delle parole e nelle attitudini, allora i gruppi si incontrano e cominciano a lavorare insieme". * Lavorare insieme e' un buon punto su cui soffermarsi. Un antico insegnamento sufi dice: "Tu pensi, poiche' hai capito l'uno, che sicuramente capisci il due, perche' uno e uno fanno due. Ma devi anche capire l'e". Noi possiamo pensare che capiamo le donne e gli uomini, ma dobbiamo ancora capire l'e. Il militarismo e' collegato direttamente alla costruzione sociale della mascolinita', e la sua produzione di cultura machista danneggia gli uomini quanto le donne. Il cambiamento da perseguire su questa via dev'essere sistemico, se vogliamo che donne e uomini lavorino insieme verso la riconciliazione, il disarmo, ed una cultura di pace. So che non e' facile, ma la questione non e' eludibile: esaminate solo i progetti diretti allo sviluppo e alla cooperazione internazionale, e vedrete che possono essere agevolmente divisi in "maschili" e "femminili". I primi, dice Suzanne Williams di Oxfam sono quelli "duri": urgenti, veloci, devono dare risultati quantificabili in breve tempo e sono preminentemente basati sulla tecnologia; i secondi sono quelli "morbidi": forme di intervento piu' sottili, ma profonde e attente, i cui risultati sono piu' difficili da misurare e prendono piu' tempo per manifestarsi, ma che agiscono in maniera positiva sugli assetti sociali e culturali. "Tutte le ong", dice Suzanne, "sanno benissimo quali sono quelli che verranno finanziati, quelli per cui e' facile trovare sostegno". E lo sappiamo anche noi. In Timor Est, esiste un gruppo che si chiama "Mane Kontra Violencia" (Uomini contro la violenza) e che affronta con molto rigore e chiarezza la questione della violenza contro le donne. Uno dei suoi membri, Mario Araujo, viene regolarmente accusato di voler "distruggere la cultura" della propria gente, sia che tenga seminari sulla violenza domestica, sia che partecipi a manifestazioni di protesta contro gli stupri. "Di solito rispondo cosi': Se mandi a scuola tua figlia stai distruggendo la nostra cultura? Ovviamente mi rispondono di no. Allora aggiungo: Come pensi che usciremo dalla miseria se alle donne non viene permesso di istruirsi, se la violenza non permette loro di vivere e studiare e lavorare in pace?". Il miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle donne, per quanto giusto e necessario, non evolve pero' automaticamente in una reale "pace" tra uomini e donne, e cioe' in una relazione basata sul rispetto reciproco, sul riconoscimento della dignita' dell'altra/altro come completo essere umano. La differenza fra il progresso materiale e la realizzazione dell'intero potenziale umano di una persona dev'essere colmata. Anche questo e' disarmo. * Quanto in la' si possa poi andare con il lavoro quotidiano di costruzione di pace, quello da fare dapprima nelle nostre teste, e poi nel modo in cui parliamo e agiamo, nelle nostre famiglie e nelle nostre citta' e via allargando, dipendera' da quanto saremo capaci di comunicare, di ottenere solidarieta', di fare rete. Dipendera' da quanto saremo creativi e coerenti, capaci di ascoltare, capaci di intervenire. So che possiamo farlo. Auguri a tutti e tutte noi. 2. INCONTRI. A VENEZIA E IN LAGUNA DAL 7 AL 9 SETTEMBRE [Dall'Ecoistituto del Veneto (per contatti: info at ecoistituto.veneto.it) riceviamo e diffondiamo] Venerdi' 7 settembre "battezziamo" l'Ecomuseo di Venezia e della laguna, che abbiamo chiamato Gaia, come la rivista. Si trova a Malcontenta, a mille metri dalla stupenda Villa Malcontenta-Foscari del Palladio, lungo il tratto della Brenta che sfocia in laguna, a Fusina. Da qui i vaporetti portano a Venezia (Zattere) nel modo piu' bello: attraversando laguna e canale della Giudecca. L'occasione per scoprire Venezia arrivandoci, come ai tempi di Goldoni, in barca, e' l'incontro su Ecologia e spiritualita'. Per partecipare, i costi, come vedete, sono minimi. Non vi resta che prenotare al piu' presto (e potete tornare a Venezia domenica 30 settembre, anche per visitare, al Parco Bissuola di Mestre, l'XI Fiera della citta' possibile) * Gaia - Ecomuseo di Venezia e della laguna, col l'Ecoistituto del Veneto, vi invitano a "Ecologia e spiritualita' 2007: da Laura Conti ad Alex Langer, una nuova etica della vita", due giorni di studio e dibattito. * Venerdi' 7 settembre, presso Gaia - Ecomuseo di Venezia e della laguna, a Malcontenta (riviera della Brenta - Mestre sud) - ore 15-17: arrivi con rinfresco e sistemazioni - ore 17: Anna Ippolito presenta l'Ecomuseo - ore 17.10: Michele Boato - direttore di "Gaia" e Ecoistituto del Veneto, Il contributo di Laura Conti ed Alex Langer all'ecologismo - ore 17.30: Gianni Tamino - docente di biologia dell'Universita' di Padova, Dalle grandi emergenze ambientali una nuova etica della vita: I principi di responsabilita' e di precauzione - ore 20: cena alla veneta - ore 21: serata conviviale con musica dal vivo (jazz) e teatro. * Sabato 8 settembre presso Ecomuseo - ore 7.30: meditazione yoga (facoltativa) - ore 8.30: colazione - ore 9.30: in vaporetto da Fusina a Venezia (Zattere) a Venezia presso Canossiane di San Trovaso (Zattere) - ore 10: Mirta Da Pra - gruppo Abele, Una nuova etica per l'ambiente - ore 11: don Albino Bizzotto - Beati i costruttori di pace, Una nuova etica per la vita e la nonviolenza - ore 13-15: pausa pranzo, con gelato alle Zattere - ore 15: Jutta Steigenwald - consulente sul clima del Consiglio Mondiale delle Chiese, Dalla pace con la natura nasce la giustizia - ore 16: Toio de Savorgnani - alpinista ed educatore ambientale, Ecologia e spiritualita' orientale - ore 18: conclusione incontro - ore 19: ritorno in vaporetto da Venezia all'Ecomuseo di Malcontenta - ore 20: cena alla veneta - ore 21: serata conviviale con musica, ballo (Tango!) e poesia. * Domenica 9 settembre (per chi rimane) - ore 7.30: meditazione yoga - ore 8.30: colazione - ore 9.30: gita in bicicletta - con le guide di Venice Marco Polo "Lungo il naviglio Brenta e la laguna di Venezia" - ore 12 circa: ritorno all'Ecomuseo e arrivederci alla prossima. * Per informazioni e iscrizioni: Associazione Venice Marco Polo, c/o Gaia - Ecomuseo di Venezia e della laguna - Malcontenta (Venezia), tel. 041.5313516 - 320.9797774. Per la partecipazione ai due giorni (due cene, due prime colazioni, due giornate di incontro e due pernottamenti presso l'Ecomuseo) si richiede un contributo minimo di 50 euro. 3. DOCUMENTAZIONE. SEVERINO GALANTE: IRAQ, L'ITALIA E I MERCENARI [Dal quotidiano telematico "Aprile on line" sito www.aprileonline.info del 20 luglio 2007, col titolo "Iraq. L'Italia mercenaria" e il sommario "Il nostro paese mantiene a Nassiriya una presenza armata, seppure in modo indiretto, contribuendo alla fortuna del fenomeno delle compagnie private militari (Pmc). La compagnia privata militare scelta dal governo Prodi e' la Aegis Defence Services, il cui fondatore ed amministratore delegato e' coinvolto in abusi contro i diritti umani ed in violazioni internazionali". Severino Galante, parlamentare, e' capogruppo del Pdci alla Commissione Difesa della Camera dei deputati] Sebbene con grande fatica ed in ritardo, l'Italia alla fine del 2006 e' riuscita a ritirare i suoi soldati da una guerra ingiusta e destabilizzante, come quella che, con grande dispendio di vite umane, soprattutto civili, gli Usa si ostinano a voler combattere in Iraq. Eppure, l'Italia ancora oggi mantiene a Nassiriya una presenza armata, seppure in modo indiretto, contribuendo alla fortuna del fenomeno delle compagnie private militari (Pmc), i cui dipendenti - in altri tempi si sarebbe detto mercenari- sono arrivati a 180.000 unita', superando il numero dei soldati statunitensi impegnati in Iraq. Infatti, nel Decreto di rifinanziamento delle missioni militari all'estero sono previsti 3,5 milioni di euro, a finanziamento del contratto con una societa' che garantisca la sicurezza del personale italiano impiegato presso l'Unita' di sostegno alla ricostruzione. * La compagnia privata militare scelta dal governo italiano e' la Aegis Defence Services, che ha un contratto da 293 milioni di dollari col Pentagono. Tale contratto ha sollevato forti proteste negli Usa, in quanto il fondatore ed amministratore delegato di Aegis Defence Services, Tim Spider, e' coinvolto in abusi contro i diritti umani ed in violazioni internazionali. Spicer e' accusato di aver organizzato una feroce repressione per conto del governo di Papua Nuova Guinea nel 1997, e di aver contrabbandato, nel 1999, 30 tonnellate di armi in Sierra Leone, nonostante l'embargo decretato dall'Onu. Tim Spicer e' fondatore anche di un'altra famigerata Pmc, Sandline International, nota per essere stata coinvolta in vari colpi di stato, come quello tentato in Guinea Equatoriale. Sempre Spicer nel 1992, quando era ufficiale dell'esercito britannico in Irlanda del Nord, fu coinvolto nell'uccisione di un adolescente cattolico ad opera di due soldati sotto il suo comando, i quali furono condannati. Infine, Aegis, proprio in Iraq, e' stata coinvolta in un altro scandalo, documentato da alcuni video amatoriali, perche alcuni dei suoi membri usavano dedicarsi, come crudele passatempo, ad una sorta di criminale caccia all'iracheno per le strade di Bagdad. L'impiego sempre piu' massiccio di Pmc in Iraq ha sollevato molte polemiche, specialmente in seguito al coinvolgimento di alcuni contractor nelle torture avvenute nel carcere di Abu Ghraib. Inoltre, i dipendenti delle Pmc non sono sottoposti ad alcuna giurisdizione, in quanto non sono classificabili ne' come "combattenti" ne' come "non combattenti", trovandosi cosi' a poter agire senza controllo in zone di guerra. In un contesto in cui numerosi crimini sono stati commessi a danno di civili da truppe regolari, ad esempio dai soldati statunitensi a Falluja, possiamo facilmente immaginare quali siano le difficolta' che si presentino nel controllo dell'operato di truppe mercenarie. E' per questo che negli Usa il legislatore sta cercando almeno di colmare le lacune giuridiche, estendendo alle Pmc il Codice unificato della giustizia militare. * In Italia, invece, sembra che nessuno, a partire dai ministeri responsabili, colga la delicatezza e la gravita' della questione. A fronte di una mia interrogazione scritta, intesa a chiedere una spiegazione ai Ministeri degli Esteri e della Difesa sui criteri che hanno condotto alla scelta di una Pmc famigerata come Aegis Defence Services e su quale tipo di controllo si intenda esercitare su di essa, considerando che i suoi servizi sono inseriti in una operazione di aiuto a popolazioni martoriate dalla guerra, il viceministro degli Esteri, on. Intini, ha fornito una risposta a dir poco disarmante. L'on. Intini, infatti, mi rassicura che Aegis "e' societa' di diritto britannico e pertanto soggetta alla normativa di un paese dell'Unione Europea in regime di trasparenza finanziaria e contabile". Che cosa c'entra questo con quanto sopra rilevato in merito al curriculum di Aegis e del suo amministratore delegato? Vorrei, invece, precisare che la popolazione di Nassiriya, la quale ha duramente pagato gli scontri armati ai quali parteciparono i soldati italiani durante la loro permanenza nella zona, non ha certo bisogno di truppe mercenarie sul suo territorio. Inoltre, mi chiedo quale tipo di immagine possa riflettersi sulla missione di ricostruzione italiana e sull'Italia stessa dall'essere "protette" dalle armi di una compagnia militare privata con la pessima fama che Aegis vanta. Mi sembra, dunque, che il meno che si possa fare e' trovare un'altra soluzione per garantire la dovuta sicurezza all'Unita' di sostegno alla ricostruzione, rendendosi pero' conto che la sicurezza passa in primis per la costruzione di un rapporto di collaborazione e di rispetto reciproco tra noi e le autorita' e le popolazioni del luogo, obiettivo che certamente la fama di Aegis non facilita a realizzare. 4. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA (PARTE QUARTA) [Dal sito www.uniroma2.it riprendiamo la seguente dispensa predisposta nell'aprile 2004 per il secondo semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di genere e letteratura latina". Sergio Casali (Varazze, 1969) ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa (corso ordinario e di perfezionamento) dal 1988 al 1997, con una parentesi al St John's College di Oxford nel 1992/93; e' ricercatore all'Universita' Roma Due "Tor Vergata" dal 1998, e professore associato di Lingua e letteratura latina dal 2001. Si interessa soprattutto di poesia augustea, in particolare Ovidio e Virgilio, della tradizione epica romana e dell'esegesi antica dell'Eneide. Sta ultimando un sintetico commento a tutta l'Eneide per la collana "Biblioteca della Pleiade" di Einaudi, e sta lavorando a un commento in inglese al libro IV dell'Eneide per la collana "giallo-verde" di Cambridge University Press. Ha tenuto conferenze e partecipato a convegni su Ovidio e Virgilio in varie universita' italiane e straniere, tra cui Harvard University, Columbia University, University of Wisconsin at Madison, University of Colorado at Boulder, Keele University, Bristol University, Institute of Classical Studies (London), Trinity College (Dublin), University of Manchester, University of California at Los Angeles, Cambridge University, University of Pennsylvania, University of Virginia. Tra le opere di Sergio Casali: Publii Ovidii Nasonis Heroidum Epistula IX: Deianira Herculi, a cura di Sergio Casali, Firenze: Le Monnier, 1995; Commento a Virgilio: Eneide, in Virgilio: Opere, a cura di A. Barchiesi, Torino: Einaudi (in preparazione); Virgil: Aeneid IV, ed. by S. C., Cambridge: Cambridge University Press (in preparazione)] 4. Temi femministi degli anni Settanta e Ottanta (I): la critica della psicoanalisi, la riflessione sulla maternita' e l'"etica della cura" Contenuto del capitolo In questo capitolo ci soffermeremo su alcuni dei temi che hanno piu' interessato la riflessione femminista nel periodo immediatamente successivo a quello del femminismo radicale. Dopo l'ostilita' iniziale verso la psicoanalisi, le pensatrici femministe si impegnano in una rielaborazione critica del pensiero freudiano, a partire da Juliet Mitchell (Psicoanalisi e femminismo, 1974). Le femministe rivolgono la loro attenzione in particolare al tema della maternita', con Adrienne Rich (Nato di donna, 1976), Nancy Chodorow (La funzione materna, 1978), Dorothy Dinnerstein (La sirena e il minotauro, 1977). La riflessione femminista sulla morale porta alcune di loro a sviluppare la cosiddetta "etica della cura" (Carol Gilligan, Con vice di donna, 1982). * 4. 1. Psicoanalisi e femminismo: Juliet Mitchell Le prime neofemministe avevano guardato con molto sospetto alla psicoanalisi, vista come espressione di un punto di vista patriarcale. La situazione cambia alla meta' degli anni Settanta, soprattutto in seguito alla pubblicazione nel 1974 di Psychoanalysis and Feminism di Juliet Mitchell, la femminista socialista inglese a cui abbiamo gia' accennato sopra (par. 2. 4) (trad. it. Psicoanalisi e femminismo, Einaudi, Torino 1976). In esso, all'interno di un impianto marxista althusseriano relativo alla ideologia e alla rivoluzione culturale, si sosteneva che la tradizione freudiana (soprattutto nello sviluppo datole da Jacques Lacan) forniva un'interpretazione del potere paterno nell'inconscio femminile, di cui il femminismo aveva bisogno se voleva confrontarsi con successo con l'ordine culturale del patriarcato. Nel libro vengono illustrati i molti malintesi e fraintendimenti della teoria freudiana da parte delle prime femministe a cominciare da Simone de Beauvoir fino alle contemporanee Kate Millett e Betty Friedan. Mitchell e' stata tra le prime a ribadire con fermezza che fare i conti con la psicoanalisi e' importante per il femminismo. Il suo studio si serve del lavoro dell'antropologo Levi-Strauss, il quale sostiene che il patriarcato dipende dallo scambio delle donne e dal tabu' dell'incesto. Secondo Mitchell patriarcato e capitalismo sono due forze che interagiscono tra loro: se il socialismo puo' ribaltare il capitalismo, solo la psicoanalisi puo' sovvertire il patriarcato. Successivamente Mitchell ha pubblicato numerosi saggi di critica letteraria, alcuni dei quali ispirati al lavoro fondamentale della psicologa femminista americana Phyllis Chesler, Women and Madness (1972; 2a ed. 1997), trad. ital. Le donne e la pazzia, Einaudi, Torino 1977. * 4. 2. La riflessione su donna e maternita' negli Stati Uniti: Adrienne Rich. Abbiamo visto sopra (par. 3. 5; cfr. 9. 1) Adrienne Rich come esponente di punta del pensiero lesbico. Rich si era sposata a 24 anni e aveva avuto tre figli. Venti anni dopo racconta la sua difficile esperienza di moglie e soprattutto di madre nel suo libro Of Woman Born: Motherwood as Experience and Institution, Bantam, New York 1976 (trad. it. Nato di donna, Garzanti, Milano 1977). Per quanto Rich sottolinei le difficolta' dell'essere madre, ella respinge la visione negativa della maternita' che era espressa da femministe radicali come Shulamith Firestone (par. 3. 3). Rich protesta invece con forza contro la funzione materna come "istituzione" imposta alla donna dal potere maschile. Fino a tempi recenti, nella maggior parte dei casi il parto non era una libera scelta delle donne, ma piuttosto qualcosa che capitava loro: "Per la maggior parte delle donne il parto non ha implicato nessun tipo di scelta, e pochissima consapevolezza. Fin dai tempi preistorici, l'idea del travaglio e' stata associata a paura, angoscia fisica o morte, a una marea di superstizioni, disinformazione, teorie teologiche e mediche, in breve a tutto cio' che ci hanno insegnato che dovremmo provare, da una vittimizzazione volontaria a un senso di realizzazione estatica". Rich protesta con forza contro la "sottrazione" alle donne della gravidanza e del parto da parte degli uomini, che controllano il corpo delle donne, e deplora che l'educazione dei bambini sia stata presa in carico da psichiatri di sesso maschile e da altri esperti che fanno sentire le donne incompetenti persino in quello che si supporrebbe essere loro "naturale". Rich critica la visione dell'uomo che concepisce se stesso in contrapposizione alla natura, e auspica l'asserzione da parte delle donne della loro affinita' con la natura. * 4. 3. Nancy Chodorow e Dorothy Dinnerstein Il libro della sociologa femminista americana (in seguito diventata psicoanalista) Nancy Chodorow (1944) Reproduction of Mothering: Psychoanalysis and the Sociology of Gender, University of California Press, Berkeley 1978 (trad. it. La funzione materna: Psicoanalisi e sociologia del ruolo materno, La Tartaruga, Milano 1991) ha avuto notevole influenza su molte ricerche femministe. Chodorow, rifacendosi alle teorie della scuola psicoanalitica delle "relazioni oggettuali", sosteneva che il senso di se' femminile e' riprodotto da una struttura genitoriale in cui la madre e' quella cui spetta principalmente il compito della cura dei figli, e che figli e figlie si sviluppano diversamente a seconda che questo compito di cura parentale spetti primariamente al genitore dello stesso sesso o al genitore di sesso diverso. Le figlie giungono a definirsi in quanto connesse o in relazione con gli altri. I figli maschi, invece, finiscono per definirsi come separati dagli altri, o meno correlati. Un'implicazione delle affermazioni di Chodorow e' che il compito di genitore dovrebbe essere equamente ripartito fra padre e madre, in modo che i figli di entrambi i sessi possano essere seguiti, nel loro sviluppo, sia da un individuo dello stesso sesso sia da un individuo di sesso diverso. Successivamente, Chodorow si e' spostata a un contesto microsociale, che chiama "psicoanalisi in se'" o "per se stessa" (Feminism and Psychoanalytic Theory, Polit, Cambridge 1989). Dorothy Dinnerstein. Conclusioni analoghe a quelle di Chodorow, con l'affermazione della necessita' del "dual parenting" ("doppio genitorato"), sono raggiunte da Dorothy Dinnerstein, nel libro The Mermaid and the Minotaur: Sexual Arrangements and Human Malaise, Harper and Row, New York 1977. La sirena ("mermaid") e il minotauro sono due mostri che simboleggiano rispettivamente la "natura" femminile e quella maschile. Queste due "nature" non sono un dato naturale, ma sono il prodotto dell'attuale modalita' di cura dei figli, caratterizzata dalla totale assenza del padre nella fase pre-edipica. * 4. 4. L'"etica della cura": Carol Gilligan e Virginia Held La psicologa Carol Gilligan espresse, nel libro In a Different Voice: Psychological Theory and Women's Develoment, Harvard University Press, Cambridge MA 1982 (trad. it. Con voce di donna. Etica e formazione della personalita', Feltrinelli, Milano 1987, 1992), la sua idea della "voce diversa" con cui ragazze e donne esprimono il proprio modo di intendere i problemi morali. Come Chodorow, Gilligan approva la tendenza all'affiliazione che sarebbe tipica soprattutto delle donne, e la loro attitudine ad interpretare le proprie responsabilita' morali in funzione dei propri rapporti con gli altri. E' solo il pregiudizio maschile che considera di maggior valore l'autonomia e l'indipendenza personale rispetto all'interesse per gli altri e all'attuazione dei rapporti. La voce di donne esprime l'"etica della cura", dei rapporti interpersonali; la voce dell'uomo esprime l'etica del diritto e della giustizia formale. Questa tesi di Gilligan incontrera' approvazione da parte di molte studiose, ma anche critiche, attirandosi l'accusa di "essenzialismo" ("essenzialismo" e' "l'idea di una natura femminile essenziale, originaria, preesistente al sociale, non modificata da differenze di classe e di razza", Izzo (1996) p. 67). Virginia Held. Della corrente di pensiero che si rifa' all'"etica della cura" teorizzata da Gilligan fanno parte altre studiose importanti, come Virginia Held, autrice del libro Feminist Morality: Transforming Culture, Society, and Politics, The University of Chicago Press, Chicago 1993 (trad. it. Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e societa' post-patriarcale, Feltrinelli, Milano 1997), in cui sviluppa la teoria morale allargando alla sfera sociale l'esperienza della maternita' e della cura dei figli. (Parte quarta - segue) 5. LIBRI. FRANCESCA RIGOTTI PRESENTA "L'INDIVIDUO SENZA PASSIONI" DI ELENA PULCINI [Dal quotidiano "Il sole - 24 ore" del primo luglio 2001, col titolo "Ne' egoisti ne' altruisti" e il sommario "La cultura del dono puo' aiutare a superare vecchie dicotomie". Francesca Rigotti (Milano 1951) dopo aver insegnato presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Goettingen, e' attualmente docente di dottrine e istituzioni politiche presso la facolta' di Scienze della comunicazione dell'Universita' di Lugano; ha pubblicato diverse monografie dedicate alla metaforologia filosofico-politica e all'etica; suoi saggi sono comparsi in numerose riviste italiane e straniere; svolge attivita' di consulenza editoriale e di recensione libraria, soprattutto per il quotidiano "Il Sole - 24 Ore". Dal sito della facolta' di scienze della comunicazione dell'Universita' della Svizzera italianariprendiamo la seguente scheda: "Francesca Rigotti e' docente alla Facolta' di Scienze della comunicazione; incarichi didattici: docente di Dottrine politiche; incarichi in istituti e laboratori: docente all'Istituto Media e Giornalismo. Laureata in Filosofia (Milano 1974), Dr. rer. pol. (I. U. E. 1984), Dr. habil. (Goettingen 1991), e' stata docente alla Facolta' di Scienze politiche dell'Universit‡ di Goettingen come titolare di un 'Heisenberg Stipendium' della Deutsche Forschungsgemeinschaft e visiting fellow al Department of Politics dell'Universita' di Princeton. Tra le sue pubblicazioni si segnalano otto monografie edite da Bibliopolis (1981), Il Mulino (1989, 2000 e 2002), Feltrinelli (1992, 1995 e 1998), Interlinea (2004), alcune delle quali tradotte in spagnolo, tedesco, greco, coreano, tutte pertinenti ad argomenti di storia del pensiero politico-filosofico, di metaforologia e di comunicazione politica, oltre a numerosi articoli, saggi e recensioni su riviste specializzate internazionali. Svolge un'intensa attivita' di critica libraria in riviste e quotidiani. Principali pubblicazioni: a) Libri: L'umana perfezione. Saggio sulla circolazione e diffusione dell'idea di progresso nell'Italia del primo ottocento. Bibliopolis, Napoli 1981; Metafore della politica. Il Mulino, Bologna 1989; Il potere e le sue metafore. Feltrinelli, Milano 1992 (trad. ted.: Die Macht und ihre Metaphern. Ueber die sprachlicher Bilder der Politik, Campus Verlag, Frankfurt 1994); (a cura di, con W. Euchner e P. Schiera), Die politische Metaphorik in historischer Perspektive, Dunker & Humblot, Berlin 1993; La verita' retorica. Etica, conoscenza e persuasione. Feltrinelli, Milano 1995; (a cura di, con P. Schiera), Die vier Elemente und ihre Metaphern, Dunker & Humblot, Berlin 1995; L'onore degli onesti. Feltrinelli, Milano 1998; La filosofia in cucina. Piccola critica della ragion culinaria. Il Mulino, Bologna 1999 e 2002 (Beck, Muenchen 2002 e 20042; Herder, Barcelona 2001; Korean trans. 2003; Studia Humanitatis, Lubiana, 2006); Il filo del pensiero. Il Mulino, Bologna 2002; La filosofia delle piccole cose. Novara, Interlinea, 2004 e 2005; (con G. Ferraro), Agli estremi della filosofia. Mantova, Tre Lune, 2005; (a cura di), La vita straordinaria. Analisi e comunicazione del quotidiano, Milano, Guerini e associati, 2006; Il pensiero pendolare. Bologna, il Mulino, 2006; Il pensiero delle cose. Milano, Apogeo, 2007. b) Contributi a libri: Giacomo Matteotti. Rede vor dem Parlament am 24.6.1924. Mit einem Essay von Francesca Rigotti, Europaeische Verlaganstalt, Hamburg 1996. c) Conferenze con proceedings: con R. Guldin, Mehrsprachigkeit und Uebersetzung. Vilem Flusser, Philosoph des Vielfaeltigen. Ascona, Monte Verita' (26.-28 ottobre 2001). d) Altre pubblicazioni: (con R. Guldin), Flusser nella valigia, Cenobio, (aprile-giugno 1999), p. 167-172; (con R. Guldin),. Tutto e' artificiale naturalmente: Tra Brasile e Provenza, una fenomenologia della natura come costrutto mentale. Sole 24 ore, 2002". Elena Pulcini e' professore ordinario di Filosofia sociale presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Firenze; al centro dei suoi interessi e' il tema delle passioni nell'ambito di una teoria della modernita' e dell'individualismo moderno, con un'attenzione anche al problema della soggettivita' femminile; acuta saggista, da anni riflette su decisivi temi morali e politici in dialogo con le esperienze piu' vive del pensiero delle donne, dei movimenti solleciti del bene comune per l'umanita' e la biosfera, e della ricerca filosofica, e specificamente assiologica, epistemologica e politica contemporanea; fa parte della redazione della rivista "Iride" (Il Mulino) e del Comitato scientifico della rivista "La societa' degli individui" (Angeli); fa parte, per l'Universita' di Firenze, del progetto europeo "Athena" (European Thematic Network Project for Women's Studies Athena) diretto da Rosi Braidotti (Universita' di Utrecht); fa parte della Giunta direttiva della Societa' Italiana di Filosofia Politica (Sifp). Fa parte del gruppo fondatore del "Collegio Italiano di Filosofia Sociale Alfredo Salsano" diretto da Giacomo Marramao; ha curato opere di Rousseau e Bataille. Tra le opere di Elena Pulcini: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987; (a cura di), Teorie delle passioni, Kluwer, Dordrecht, Bologna 1989; Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto moderno, Marsilio, Venezia 1990 (trad. francese c/o Champion-Slatkine, Parigi 1998); (a cura di, con P. Messeri), Immagini dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare, Marietti, Genova 1991; L'individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2001 (traduzione tedesca presso l'editore Diaphanes, Berlino 2004; ristampa 2005); (a cura di, con Dimitri D'Andrea), Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003; Il potere di unire, Bollati Boringhieri, Torino 2003; con Mariapaola Fimiani, Vanna Gessa Kurotschka (a cura di), Umano, post-umano, Editori Riuniti, Roma 2004] "La ricchezza di Londra e' inseparabile dalla sua sporcizia". Con questa lapidaria ma eloquente metafora l'autore della Favola delle api, Bernard de Mandeville, voleva significare che se gli uomini vogliono una societa' ricca e potente, nella quale soddisfare la loro sete di miglioramento e progresso nonche' la loro avidita' di piacere e di lusso, devono riconoscere e subire l'inevitabile groviglio delle passioni. Le passioni quindi sarebbero come la sporcizia di Londra: il prezzo da pagare per avere ricchezza, prestigio e potere. Questa di Mandeville al piu' e' una concessione alla presenza e al peso delle passioni, che ne accentua l'aspetto oscuro e contorto. Non e' ne' un'esaltazione ne' una rivalutazione del loro ruolo. E' stata pensata, inoltre, in un momento di transizione da un'etica arcaica basata su passioni forti e coinvolgenti, come l'onore e la gloria, all'etica moderna dell'homo oeconomicus basata essenzialmente sulla passione acquisitiva, che ha sopraffatto tutte le altre. Questa e' almeno una parte della storia che ricostruisce Elena Pulcini in questo libro (Elena Pulcini, L'individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 230, lire 40.000), del quale diro' subito che e' intelligente e originale, preciso e ben scritto, profondo e insieme assai gradevole, qualita' quest'ultima che per uno studio di filosofia politica non e' sempre cosi' scontata. La storia che il libro racconta e' quella della metamorfosi delle passioni, a partire dall'epoca in cui esse si trasformano dalle passioni calde e sanguigne dell'antichita' a quelle fredde e grigie della modernita', fino al momento della nascita e fioritura dell'individuo caratterizzato da vuoto pulsionale e indifferenza emotiva che e' l'homo democraticus che poi siamo tutti noi. Per combattere gli effetti perversi di questa costruzione sociale che soffoca l'aspetto emotivo e sentimentale Elena Pulcini propone un modello alternativo. In tale operazione l'autrice segue le tracce di illustri precursori: uno di questi e' Rousseau, che suggerisce, per compensare l'aridita' dell'individuo interessato e autoconservativo, lo spazio alternativo e relazionale del cuore e della sensibilita', ma finisce per relegarlo nella sfera privata del femminile e li' lasciarlo; un altro e' Tocqueville, che dopo aver colto i caratteri della nuova specie umana nata dalla democrazia (passiva e individualista, edonista e apatica, tanto per cambiare) non riesce pero' alla fine a elaborare una teoria costruttiva del legame sociale. Secondo la Pulcini una passione alternativa, proponibile proprio perche' presente antropologicamente nella struttura dell'uomo contemporaneo, e' quella del "desiderio del legame", visto come costitutivo dell'identita' dell'io e necessario alla costruzione dell'universo di senso, nonche' edificato sul paradigma della teoria del dono. E' interessante vedere come le diverse competenze che l'autrice ha realizzato nel corso delle sue ricerche convergano qui verso un unico focus: i risultati delle disamine sull'amore di se' come passione del moderno e sull'amour-passion e l'amore coniugale in Rousseau, le analisi del dono e del dispendio, gli studi sul potere femminile di unire e legare si intrecciano qui formando un solido filo, la cui robustezza e' data proprio dal sovrapporsi di molte fibre (per usare un'immagine wittgensteiniana). Il filo che risulta dall'intreccio di queste fibre e' quello della teoria del dono applicata all'individuo comunitario. In essa il dono emerge come espressione di una pulsione al legame e di un desiderio di appartenenza, insomma come passione dell'individuo comunitario, che non coincide ne' con l'individuo egoista e acquisitivo o con l'individuo indifferente e narcisista, ma nemmeno con quello altruista, che dona per donare o per sacrificarsi, non per instaurare un rapporto. L'individuo comunitario con la passione del dono invece instaura proprio grazie a essa forme reticolati di legame in una prospettiva globale e cosmopolitica coniugando in se' individualismo e appartenenza, autorealizzazione e solidarieta'. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 159 del 23 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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