Voci e volti della nonviolenza. 74



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 74 del 3 luglio 2007

In questo numero:
1. Francesca Borrelli intervista Tzvetan Todorov
2. Tonino Bucci intervista Tzvetan Todorov
3. Gian Guido Vecchi intervista Tzvetan Todorov
4. Umberto Galimberti presenta "Lo spirito dell'illuminismo" di Tzvetan
Todorov
5. Et coetera

1. FRANCESCA BORRELLI INTERVISTA TZVETAN TODOROV
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 giugno 2007, col titolo "Appunti sul
secolo scorso da un illuminista del nostro tempo", il sommario "Nella
critica dialogica, che non parla delle opere, ma alle opere, il filo
conduttore fra la prima stagione di storico della letteratura e il
successivo approdo alla storia del pensiero e delle culture. Un incontro con
lo studioso bulgaro che ieri a Torino ha ricevuto il premio Grinzane Cavour"
e la seguente scheda: "Quarant'anni di studi nel segno delle lettere. Nato a
Sofia nel 1939, Tzvetan Todorov si trasferi' nel 1963 a Parigi, dove studio'
filosofia del linguaggio con Roland Barthes. Oggi, dopo anni di insegnamento
alla Ecole pratique des hautes etudes e alla Yale University, e' impegnato
presso il Centre de recherche sur les arts et le langage di Parigi. Ai
Formalisti russi, oggetto dei suoi primi lavori di critica letteraria, ha
dedicato la cura di un libro introdotto da Roman Jakobson (Einaudi). Della
stessa stagione fa parte anche un saggio sulla Letteratura fantastica
(Garzanti). Negli anni '80 le ricerche che Todorov aveva esteso al campo
filosofico confluirono in saggi come La conquista dell'America e Noi e gli
altri (entrambi Einaudi). Le sue analisi si sono rivolte soprattutto alla
storia delle idee, e alla nascita di quella forma politica peculiare del XX
secolo che e' il totalitarismo, di cui parla in Di fronte all'estremo e in
Memoria del male, tentazione del bene (Garzanti). L'ultimo saggio edito in
Italia e' dedicato allo Spirito dell'Illuminismo (Garzanti, 2007) ma il suo
volume piu' recente, Litterature en peril, uscito in Francia a gennaio
(Flammarion 2007), cosi' come il libro che lo aveva preceduto, dedicato a
Rilke, Wilde e Cvetaeva (Les aventuriers de l'absolu), testimoniano che la
letteratura e' ancora al centro degli interessi di Todorov"]

Quando Tzvetan Todorov comincio' a interessarsi di letteratura viveva ancora
in Bulgaria e a scuola lo avevano educato a una critica che, prima ancora di
analizzare un testo, sapeva gia' qual era il senso che bisognava
rintracciarvi, e ne misurava il valore sulla base dell'aderenza alla
squallida armonia prestabilita dagli imperativi ideologici. La teoria della
letteratura, che allora era parte irrinunciabile del programma di uno
studente di filologia, si riduceva a inseguire nelle opere due indizi di
qualita': "lo spirito del popolo" e "lo spirito del partito", prerogativa -
quest'ultima - che si mostrava in tutto il suo fulgore solo tra le pagine di
quegli autori che, percio', godevano dei piu' sentiti apprezzamenti.
La provvidenziale reazione di Todorov, prima ancora di approdare in Francia,
dove arrivo' nel 1963, in piena ebbrezza strutturalista, fu quella di
trovare un rifugio mentale nelle teorie dei formalisti russi, che in appena
quindici anni di attivita' rivoluzionarono il panorama della critica
affermando il valore autonomo della parola: ne' semplice sostituto
dell'oggetto nominato, ne' serbatoio di emozioni, ne' rimando a altra
realta' che non sia quella del proprio peso e del proprio valore. Fu allora
che, per la prima volta, Todorov comincio' a riflettere sul fatto che ne' la
pretesa di possedere la verita', alla quale lo avevano educato in gioventu',
ne' la rinuncia a cercarla alla quale era approdato con la critica immanente
dei formalisti soddisfacevano le sue esigenze di interrogare i testi; e con
la scoperta di Michail Bachtin, al quale dedico' nell'81 una monografia,
abbraccio' quella "critica dialogica" che implica nella scrittura un atto di
comunicazione, estendendo questo metodo alla storia delle idee e delle
culture, cui consacro' la sua seconda stagione. Oggetto privilegiato
dell'indagine divenne quella che, in suo libro, sintetizzo' come La vita
comune (Pratiche, 1998), ossia la socialita' come definizione stessa della
condizione umana, dalla quale passo' a una ricapitolazione delle ideologie
dominanti (in Noi e gli altri, Einaudi, 1991) e, ancora, a una articolata
radiografia del secolo tragico, interrogandosi sulle possibili rifondazioni
dell'etica dopo l'esperienza dei gulag e dei campi nazisti (in Di fronte
all'estremo, Garzanti, 1992) e sulle implicazioni storiche e ideologiche
dello scontro tra totalitarismo e democrazia nel XX secolo (in Memoria del
male, tentazione del bene, Garzanti, 2001). Del tutto coerente con la
ricerca dei fondamenti intellettuali e morali che stanno alla base della
nostra vita comune, l'ultimo libro di Todorov (uscito da poco per Garzanti)
si rivolge allo Spirito dell'illuminismo e alle proiezioni sulla
contemporaneita' dei dibattiti che lo hanno animato. Su alcuni passaggi di
questa lunga parabola torneremo, approfittando della presenza di Tzvetan
Todorov a Torino, dove ieri ha ricevuto il premio Grinzane Cavour.
*
- Francesca Borrelli: Lei ha individuato in due incontri, uno con Arthur
Koestler, l'altro con Isaiah Berlin due momenti epifanici di una svolta
nella sua vita. L'autore di Buio a mezzogiorno la risveglio' dal fatalismo
politico cui l'aveva consegnata la sua infanzia nella Bulgaria stalinista;
mentre Berlin l'ha aiutata ad abbandonare una idea di letteratura come puro
insieme di strutture. Sono rimasti questi gli autori cui deve di piu' anche
il suo lavoro degli ultimi anni?
- Tzvetan Todorov: Per quel che riguarda la mia giovinezza, aggiungerei tra
gli incontri che piu' hanno influenzato il corso delle mie idee quello con
Roman Jakobson. Lo vidi una prima volta in Bulgaria quando ancora ci
abitavo, e da allora nessuno ha destato in me una impressione altrettanto
forte. Quel che piu' mi attraeva era il fatto che, nella sua persona, il
rigore scientifico si combinava strettissimamente con la passione per la
poesia e per l'arte, due elementi quasi sempre dissociati l'uno dall'altro.
Conobbi Arthur Koestler e Isaiah Berlin molti anni piu' tardi, quando avevo
gia' letto i loro libri; con entrambi l'incontro fu breve e tuttavia furono
capaci di scombussolarmi le idee, di cambiare le mie convinzioni, di
determinare il mio incontro con la politica, che non ha mai preso la forma
della militanza in un partito bensi' quella della partecipazione al
dibattito pubblico. Da un certo punto in avanti, pero', a guidare il mio
lavoro e' stato soprattutto l'esempio di Germaine Tillion, la ricerca di una
approssimazione alla verita' e alla giustizia incarnata in questa figura
esemplare di quanto e' stato fatto di meglio nel corso del XX secolo, almeno
in Francia. Contrariamente a cio' che si legge sulla copertina del suo libro
pubblicato in Italia dalle edizioni Medusa, Alla ricerca del vero e del
giusto, Germaine Tillion non e' morta; ha compiuto cent'anni nel maggio
scorso, trainando in questo secolo una lezione di vita alla quale mi sento
particolarmente grato. La sua era una forma di impegno che non poteva
restare estranea all'azione. Scese in campo la prima volta all'indomani
della occupazione nazista della Francia, militando in una rete della
Resistenza, e per questo venne messa in prigione; fu poi internata in un
campo nazista, dal quale usci' nel '45. Dopo una lunga assenza dalla scena
pubblica vi ricomparve nel '54, all'inizio della guerra di Algeria, dove
gia' l'avevano portata i suoi studi di etnologa. Fino al '62 si spese in
ogni modo per aiutare le vittime di entrambe le parti, per sottrarle alla
tortura, per salvarle dalle esecuzioni, per metterle in guardia dai continui
attentati. Se e' vero che fu Koestler a risvegliare il mio interesse per la
politica, devo a Germaine Tillion il fatto di avermi aiutato a indirizzare
meglio, con il suo esempio, la mia sensibilita' per la vita pubblica.
*
- Francesca Borrelli: Se si cercasse un filo che leghi la sua prima stagione
di teorico della letteratura, sotto il segno del formalismo, al suo approdo
alla storia del pensiero e delle culture, lo si potrebbe probabilmente
cogliere nella sua predilezione per la "critica dialogica": quella fatta
propria da Michail Bachtin, quella che "non parla delle opere ma alle
opere". E' d'accordo?
- Tzvetan Todorov: Direi di si', e' anche la mia ipotesi; fermo restando il
fatto che proprio dal pensiero di Bachtin ho imparato come gli autori non
siano i migliori interpreti delle loro opere e come ogni cultura, ogni idea
si riveli al meglio nel confronto con altre culture e altre idee. Quanto al
mio ruolo, invece, quello in cui piu' mi riconosco l'ho sintetizzato in una
sorta di autobiografia che ho intitolato Devoirs et delices, da una frase di
Rousseau secondo cui si puo' avere accesso alle cose sia tramite il dovere
che tramite il piacere. Il mio ruolo - dicevo - e' quello del passeur, di
colui che traghetta le persone da una riva all'altra: ossia di chi cerca di
mettere in relazione, dunque di far dialogare - come voleva Bachtin - le
lingue, le idee, le discipline, le diverse culture. E, in effetti, quando
guardo al mio percorso sono colpito da un elemento anacronistico: mi sembra
di essere un uomo di un'epoca anteriore, proprio perche' mi sono interessato
di pressoche' tutte le scienze umane. Naturalmente, questo orientamento
enciclopedico sconta il prezzo che consiste nel non approfondire mai nulla;
ma ha anche il vantaggio di allargare la mente, di farti vedere cosa succede
al di la' dei tuoi confini. Dal punto di vista politico, quel che piu' mi
interessa, al momento, e' la costruzione dell'Europa, la questione delle
identita' nazionali; ma della mia prima stagione non ho rinnegato nulla.
Quando arrivai in Francia, e per il periodo immediatamente successivo,
pensavo che si sarebbe dovuto trovare un mezzo per leggere i testi in modo
piu' sistematico, piu' rigoroso, e questo metodo me lo forniva lo
strutturalismo. Poi arrivo' un giorno in cui lo scopo del mio lavoro non si
limito' piu' all'apprendimento dei mezzi con cui leggere un'opera
letteraria, e cominciai cosi' a servirmi del sapere metodico che avevo
acquisito per provare a indagare il mondo intorno a me. Cio' che prima era
un fine l'ho fatto diventare un mezzo, ho fatto di quel che era un approdo
uno strumento. Ma la letteratura e' tutt'altro che scomparsa dal mio
orizzonte, tanto e' vero che i miei ultimi due libri, entrambi non ancora
tradotti in italiano, si intitolano Les aventuriers de l'absolu e La
litterature en peril: il primo l'ho scritto per cercare di capire e di
valutare il progetto di tre grandi scrittori - Rainer Maria Rilke, Oscar
Wilde e Marina Cvetaeva - che hanno organizzato la loro vita come un'opera
d'arte; il secondo saggio riguarda, invece, i pericoli che corre una certa
concezione della letteratura, a mio avviso estrememente angusta: quella
derivata da una perversa interpretazione dell'eredita' strutturalista, che
concentrandosi solo sulla costruzione dei testi, dimentica come la
letteratura riguardi le verita' essenziali della vita e di noi stessi.
*
- Francesca Borrelli: Nella sua lunga analisi dei principali avvenimenti del
XX secolo, che ha svolto soprattutto nel suo saggio Memoria del male,
tentazione del bene, lei assegna una importanza centrale alla comparsa di
quel regime politico fino a allora inedito che e' il totalitarismo: di
questo bisogna scongiurare il ritorno. Non altrettanto esplicita, nel suo
libro, e' la risposta alla domanda che lei si fa nella prima pagina: "che
cosa bisogna conservare di questo secolo?".
- Tzvetan Todorov: Bisognerebbe salvaguardare, intanto, l'esempio di alcuni
destini individuali, che pur essendo stati drammaticamente segnati dalle
tragedie dei totalitarismi, non hanno convertito lo spavento in paralisi e,
percio', hanno saputo nutrire le nostre vite. Penso a Primo Levi, a Vasilij
Grossman, alla stessa Germaine Tillion di cui prima le parlavo, a Margarete
Buber-Neumann, a David Rousset e a altri ancora il cui esempio dovrebbe
accompagnare i secoli a venire. Naturalmente, del '900 vale la pena di
conservare alcune scoperte scientifiche e tecnologiche, ma forse soprattutto
il cambiamento di status delle donne, perche' ha determinato il passaggio
alla scena pubblica di una serie di valori prima relegati alla vita privata:
valori dissimulati e marginalizzati durante tutto il corso della storia
europea, dalla educazione dei ragazzi alla coltivazione dei legami tra gli
individui, oggi in primo piano grazie alla magnifica eredita' che ci hanno
lasciato le donne del XX secolo.
*
- Francesca Borrelli: A proposito di eredita' del XX secolo, lei si
riferisce piu' volte, nei suoi libri, al pensiero psicoanalitico, ma in
realta' di Freud sembra salvare solo il linguista, l'autore del Motto di
spirito. In altre parole, la interessa il senso costante e universale della
tecnica di interpetazione simbolica, mentre la coinvolge di meno cio' che si
puo' trarre dalla tecnica fondata sulle libere associazioni di pensiero. E'
cosi'?
- Tzvetan Todorov: Si', e' cosi', ma questo dipende dall'orientamento
generale dei miei interessi, che sono di certo piu' attratti dalla filosofia
morale e politica che non dall'analisi delle pulsioni inconsce.
Naturalmente, spero di avere tesaurizzato le mie letture di Freud e mi
auguro che ne siano rimaste tracce nel mio lavoro - anche recentemente ho
ripreso in mano L'avvenire di una illusione e Il disagio della civilta'; ma
resta il fatto che Freud non e' stato, per me, un autore decisivo come lo e'
stato, per esempio, Bachtin.
*
- Francesca Borrelli: Come giustifica, nella sua parabola di studioso, un
ritorno di interesse verso l'Illuminismo tale da dedicargli il suo ultimo
libro?
- Tzvetan Todorov: Il pretesto che ha funzionato come punto di avvio me lo
ha fornito la Biblioteca nazionale francese, organizzando una grande
esposizione sull'Illuminismo e sul significato della sua lezione per il
mondo attuale, della quale mi ha affidato la supervisione. Il lavoro e'
durato due anni e si e' poi trasformato in un libro. Ma la ragione che sta
alle spalle del mio interesse riguarda il fatto che, dopo la fine del
conflitto tra i totalitarismi e la democrazia, sebbene questa ne sia uscita
vittoriosa siamo entrati in un'epoca per nulla tranquilla e pacificata, in
cui molte tra le idee dell'Illuminismo tornano a esserci utili e ad
acquisire attualita' nella analisi dei conflitti che oppongono, per esempio,
le diverse religioni o quel che accade in una guerra come quella dell'Iraq.

2. TONINO BUCCI INTERVISTA TZVETAN TODOROV
[Dal quotidiano "Liberazione" del 26 giugno 2007 col titolo "Todorov: 'La
deriva dell'occidente e' voler imporre i suoi modelli a tutti'" e il
sommario "A colloquio con lo studioso francese d'origini bulgare, allievo di
Barthes e storico della cultura, di filosofia morale e politica. E' stato a
Torino per ritirare un premio alla manifestazione letteraria del Grinzane
Cavour appena conclusa" (segnaliamo che il testo contiene qualche
imprecisione e qualche possibile fraintendimento)]

E' stato allievo di Roland Barthes. Ha fatto discutere con La conquista
dell'America , uno dei suoi libri piu' famosi. Tzvetan Todorov ha origini
bulgare, e' nato a Sofia nel 1939, ma e' parigino d'adozione - risiede nella
capitale francese dal '63 e puo' considerarsi a pieno titolo un maitre a
penser.
Negli studi giovanili e' partito dallo strutturalismo e dalla filosofia del
linguaggio, poi c'e' stato l'incontro con Roland Barthes: con l'idea che
tutto sia cultura e segno, che ogni cosa debba essere interpretata in base a
un codice che l'ha costituita. Come a dire: le culture non sono identita'
immodificabili, non sono sistemi naturali dati una volta per tutte ai quali
gli individui debbano aderire per nascita, vita natural durante. Le culture
sono costruzioni artificiali, frutto di negoziazioni continue e la loro
caratteristica piu' evidente e' che la miglior posizione da cui descriverle
e' quella dell'altro: quella di chi appartiene a un mondo culturale diverso.
Se applicato alla storia moderna il ragionamento di Todorov diventa una
formidabile chiave di analisi, non solo teorica ma anche politica. Vale a
dire: alla civilta' occidentale, tanto osannata dai fautori dello scontro
tra religioni, non puo' essere lasciato il monopolio di raccontarsi a
partire esclusivamente da se stessa, iuxta propria principia.
Ma e' con gli occhi delle culture e delle popolazioni sterminate, dal punto
di vista delle vittime indie di uno dei piu' grandi genocidi commessi che la
cultura dell'uomo occidentale deve essere smascherata e ri-raccontata.
Todorov ha considerato la conquista del continente americano come una tappa
fondamentale della storia moderna, il primo contatto degli europei con un
"altro" assoluto, fino ad allora sconosciuto. Per la prima volta l'uomo
europeo poteva guardare se stesso con gli occhi degli altri, degli indigeni,
delle popolazioni americane. Negli anni successivi alla pubblicazione de La
conquista dell'America Todorov ha continuato a lavorare sulla posizione
dell'altro, indispensabile a definire ogni identita'. Basta citare Noi e gli
altri. La riflessione francese sulla diversita' umana, il saggio nel quale
ha messo a fuoco la sua proposta di un "umanesimo ben temperato" collegato
all'eredita' dell'illuminismo, in grado cioe' di conciliare una politica e
una morale valida potenzialmente per l'intero genere umano con il
riconoscimento e il rispetto delle differenze. Abbiamo incontrato Todorov a
Torino, premiato dal Cavour Grinzane con il titolo "Dialogo tra i
continenti" (la manifestazione letteraria si e' conclusa con la premiazione
anche dei due scrittori Pascal Mercier e Marcello Fois).
*
- Tonino Bucci: Nel mondo globalizzato di oggi le culture dominanti si
affermano ovunque, gli stili di pensiero tendono ad assomigliarsi, non
esistono spazi liberi. Non c'e' un "altro" che non sia stato gia' assimilato
e metabolizzato. Come potremmo guardarci dal di fuori?
- Tzvetan Todorov: Essere altro e' una questione che si pone a diversi
livelli. Uno riguarda quello personale. L'"altro" e' la persona che ci sta
di fronte e che ci e' indispensabile per definirci in quanto "io". Il
bambino, ad esempio, per diventare umano ha bisogno dello sguardo della
madre, dei genitori, di un'altra persona. Senza gli altri non potremmo
acquisire coscienza di noi stessi, non avremmo nessuna attestazione della
nostra esistenza. Oggi, e' vero, esiste una comunicazione capillare, molto
piu' estesa nel mondo di quanto non fosse in passato. Anche nell'Unione
Europea esiste un'alterita' nonostante la vicinanza dei paesi membri.
Pensiamo alle divergenze tra i vari governi. Noi europei abbiamo in comune
l'origine illuministica. La sfida dell'alterita' e' rappresentata
essenzialmente da tutti quei fondamentalismi religiosi che ai nostri occhi
incarnano ideali antitetici. Ma non dobbiamo reagire cercando soltanto di
cancellare, attenuare le differenze. E neppure esagerare ritenendole
insormontabili. Questa e' la sfida dell'alterita' oggi.
*
- Tonino Bucci: Forse oggi non abbiamo bisogno di andare in giro per il
mondo alla ricerca di luoghi esotici per trovare l'altro. Gli altri, i
migranti, vivono tra noi, nelle nostre citta' e il rischio e' che
l'alterita' susciti nelle nostre societa' un'ondata di xenofobia. La
vittoria di Sarkozy in Francia, ad esempio, non e' un effetto del sentimento
di paura e insicurezza?
- Tzvetan Todorov: La xenofobia e l'etnocentrismo sono sentimenti
universali, tutti gli esseri umani li hanno praticati senza esclusione. Non
esiste gruppo sociale al riparo da simili sentimenti. Faccio un esempio. I
bulgari sono stati osannati per essere stati gli unici a non aver deportato
gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Non esisteva un sentimento
antisemita. Allora la Bulgaria e' un paese tollerante? Niente affatto. Ai
nostri giorni e' un paese che nutre un odio razzista verso rom e turchi. Per
quanto riguarda la Francia e' vero che Sarkozy, quando era ministro degli
interni, aveva parlato molto di politica della sicurezza e di eventuali
misure repressive nei confronti degli immigrati, anche di quelli di seconda
generazione. Ora che e' diventato presidente, invece, si e' dimostrato una
persona molto pragmatica capace di adattarsi alle circostanze e cambiare
idea. Ha sorpreso anche i suoi compagni di partito. Ha messo nel governo tre
ministri che appartengono alla prima generazione di immigrati. E' stato un
segnale in controtendenza rispetto alle dichiarazioni fatte in passato come
ministro degli interni. Il suo punto di forza, direi, e' il dinamismo.
*
- Tonino Bucci: Lei ha usato l'espressione "tradimento dei chierici". Gli
intellettuali sono venuti meno al loro dovere morale. Dovrebbero
rappresentare un universalismo esteso all'intero genere umano. E invece sono
spesso conformisti e servili nei confronti del potere. Giustificano in nome
del bene qualsiasi guerra e la chiamano "intervento umanitario". Parlano di
democrazia ma accettano che possa essere esportata con le armi. Parlano di
genere umano ma tollerano ingiustizie e sfruttamento. Sono questi gli eredi
dell'Illuminismo?
- Tzvetan Todorov: Non c'e' nessuna garanzia che l'intellettuale abbia
sempre una visione lucida della realta'. Non solo. Spesso sono minacciati
dalla stessa posizione di privilegio rispetto agli altri. La loro forza e'
anche la loro debolezza. Si tengono a distanza dalla concretezza e dalle
situazioni reali, si illudono di poter giudicare il mondo dall'esterno e
restare critici. E' un rischio. Li rende convinti di vivere in un mondo di
idee e di spirito che li autorizza a sentirsi legittimati a parlare. Se
nella Francia del dopoguerra avessero votato solo gli intellettuali, il
paese sarebbe diventato una repubblica popolare all'interno del campo
socialista. L'uomo comune, l'uomo della strada, invece, la pensava in
tutt'altro modo. Certo, bisogna ammettere che le idee di uguaglianza e
giustizia del comunismo erano di grande interesse. Gli intellettuali non
possono sentirsi, per il fatto di essere tali, al riparo da ogni critica e
dagli errori. Tutti sbagliano e nessuno e' perfetto. Non c'e' garanzia in
questo mondo.
*
- Tonino Bucci: Forse gli intellettuali sono pericolosi quando parlano del
bene degli altri. La cultura europea e occidentale ha un sentimento di
superiorita' nei confronti degli altri. Ritiene che i suoi modelli, anche
quelli politici ed economici, siano i migliori e come tali vadano imposti a
tutti. Eppure la nostra democrazia mostra molti difetti. Le oligarchie si
mantengono al governo sfruttando razzismi, populismi, xenofobie pur di
raccogliere consensi. E la nostra economia capitalistica ha abbassato l'uomo
a mezzo da sfruttare e distrugge senza sosta il pianeta. Dov'e' la nostra
superiorita'?
- Tzvetan Todorov: C'e' un grande pericolo nel voler imporre la propria
visione del bene agli altri con la forza. La morale si declina solo alla
prima persona singolare. L'essere morale esige una condotta rigorosa nei
confronti di se stessi. Ma se questa esigenza di moralita' si rivolge agli
altri allora non e' piu' morale ma si fa del moralismo.

3. GIAN GUIDO VECCHI INTERVISTA TZVETAN TODOROV
[Dal sito www.bulgaria-italia.com riprendiamo la seguente intervista apparsa
sul "Corriere della Sera" del primo febbraio 2007, con il titolo "Todorov:
'Per liberarci dal passato smettiamo di nasconderlo", la scheda "Nato in
Bulgaria nel 1939, Tzvetan Todorov vive da lungo tempo in Francia, dove ha
diretto il Centro di ricerca sulle arti e il linguaggio Semiologo e
linguista, si e' occupato anche di filosofia e di storia Tra le sue opere:
La conquista dell'America (Einaudi), Noi e gli altri (Einaudi), Il nuovo
disordine mondiale (Garzanti)", e la notizia ulteriore "Gli studiosi e i
critici ignorano il lettore In Francia e' appena uscita l'ultima fatica di
Tzvetan Todorov: La litterature en peril (Flammarion, pp. 97, euro 12) e' un
grido d'allarme contro 'una concezione gretta della letteratura', coltivata
dagli studiosi accademici, dai critici e dagli stessi scrittori, che la
taglia fuori dal mondo reale e finisce per deludere il lettore. Si tratta di
un saggio polemico che ha gia' suscitato reazioni critiche, per esempio da
parte di 'Le Monde'. In Italia invece Garzanti mandera' in libreria ad
aprile un'altra opera di Todorov, Lo spirito dell'Illuminismo, pubblicata in
Francia lo scorso anno, che pone a confronto la concezione umanista dei Lumi
con gli eventi storici degli ultimi due secoli"]

"E' quando si smette di nascondere il passato che ci si puo' liberare della
sua influenza". Tzvetan Todorov ha la voce gentile, quasi timida, e un modo
di argomentare affine a quello che elogiava in testimoni del secolo come
Vasilij Grossman o Primo Levi, "senza urla ne' proclami tonanti", quanto di
piu' alieno dalla spocchia di chi impartisce lezioni ex cathedra. Non per
niente e' tra i massimi intellettuali europei: filosofo, studioso di
letteratura, storico della cultura, ha scritto pagine memorabili sui
totalitarismi e sa bene cos'e' il comunismo, nel 1963 aveva 24 anni quando
lascio' la sua Bulgaria per andare a Parigi a studiare con Roland Barthes.
*
In Memoria del male, tentazione del bene (Garzanti) metteva in guardia dagli
effetti funesti dell'oblio e dagli abusi opposti del ricordo, "la via tra
sacralizzazione e banalizzazione del passato puo' essere stretta" scriveva
"e tuttavia esiste". Ora il problema si ripropone, c'e' uno spettro che
torna ad aggirarsi per l'Europa, dal sepolcro del comunismo spuntano dossier
segreti che parlano di compromissioni imbarazzanti e fanno saltare nomine
gia' decise, monsignor Stanislaw Wielgus costretto a lasciare
l'arcivescovado di Varsavia, prima ancora l'economista rumeno Varujan
Vosganian che perde il seggio alla Commissione europea per la sua
collaborazione con la Securitate e cosi' via. Il problema e' stabilire se
all' Est si rischia un abuso della memoria, un ricatto permanente.
"Qui non vedo abusi", scuote la testa Todorov. "Se il coinvolgimento della
persona nel vecchio regime e' stato forte, e' normale che i fatti siano
portati a conoscenza del pubblico e la decisione d'una nomina sia presa con
cognizione di causa. E' abbastanza sgradevole vedere coloro che
approfittavano del vecchio regime presentarsi come vittime innocenti per
poter approfittare oggi di nuovi privilegi. Questo e' vero in particolare
per i collaboratori della polizia politica. Certo, bisognerebbe anzitutto
verificare se le informazioni diffuse sono fondate o no".
*
Il filosofo bulgaro sfugge alle facili categorie ed esercita il suo
umanesimo critico: "Per coloro che vivevano all'interno di un Paese
comunista, la compromissione non era solo diffusa, era inevitabile. Forse vi
sfuggivano i soli malati di mente rinchiusi negli istituti; non e' un caso
se a un certo momento, in Urss, si e' cominciato a mandare negli ospedali
psichiatrici quelli che non si piegavano, i dissidenti. Ma tale accettazione
del compromesso conosceva gradi molto differenti, ed e' questo che
importava: si poteva cosi' distinguere tra persone degne e indegne".
Ad esempio "si poteva diventare membro del partito o astenersene,
trasformarsi in delatore o meno, lavorare per la polizia politica o no. Del
resto anche queste categorie rimangono troppo sommarie: alcuni delatori,
obbligati a collaborare per ragioni familiari o altro, facevano in modo di
non denunciare che persone morte o assenti... E' un tipo di espediente assai
antico: si praticava gia' questa tattica sotto l'Inquisizione, nel Medio
Evo".
*
Resta il problema dei dossier, il rischio che si trasformino in un'arma. "Il
modo migliore di evitare possibili ricatti e' rendere la memoria
trasparente, cioe' assicurare il libero accesso agli archivi di polizia e
altri: se non per tutti, almeno per i parlamentari o gli uffici governativi,
ma anche per i ricercatori".
Da questo punto di vista, la decisione del Vaticano e della Chiesa locale di
"fare chiarezza" su tutti i 144 vescovi polacchi e sui sacerdoti puo' essere
un esempio? "Questo esame franco e aperto del passato e' effettivamente cio'
che sarebbe necessario fare; speriamo che le intenzioni siano seguite dagli
atti".
*
Tutto sommato, Todorov non teme per i Paesi dell'Est, "se non saranno
tentati di occultare il passato". Piuttosto, "essi possono insegnare molto
ai Paesi dell'Europa occidentale, questi ultimi hanno l'opportunita' di
arricchire la loro visione della storia osservando i pericoli dell'utopismo
comunista, piu' in generale dell'abbandono delle regole di vita democratica
o dei tentativi di instaurare lo Stato perfetto, il paradiso sulla terra".
La tentazione del bene, appunto.
E, speculare, quella delle prediche altezzose: "Il passato dei Paesi
dell'Est puo' anche insegnare a tutti quanto e' grande la vulnerabilita'
dell'individuo davanti alla dittatura e quindi spingerci a non lasciarci
andare a un moralismo facile, colmando del nostro disprezzo i cittadini dei
Paesi totalitari".
*
Inutile immaginare repulisti di massa, "non si possono scartare tutti coloro
che si sono compromessi nel passato: di solito non sono colpevoli che di
conformismo, del desiderio di avere successo, caratteristiche ben diffuse
nella nostra societa'. Altrimenti bisognerebbe bandire tutti coloro che
hanno piu' di trent'anni... Rendere pubblico il passato, ma vivere nel
presente: questa mi sembra dovrebbe essere la regola di base oggi".
Si puo' pensare ad un'amnistia, come in Italia fece Palmiro Togliatti per i
fascisti? Todorov sorride: "Amnistia si', amnesia no. Non si puo' condannare
un'intera popolazione perche' non e' stata eroica, ma non bisogna piu'
occultare questa debolezza umana, troppo umana".

4. UMBERTO GALIMBERTI PRESENTA "LO SPIRITO DELL'ILLUMINISMO" DI TZVETAN
TODOROV
[Dal quotidiano "La repubblica" del 5 maggio 2007 col titolo " Quei Lumi che
devono guidarci" e l'occhiello "Lo spirito dell'illuminismo, appassionato
pamphlet di Tzvetan Todorov"]

Dopo la morte di Dio e dopo il crollo delle ideologie che hanno innescato la
tragedie del XIX secolo, quale puo' essere il fondamento intellettuale e
morale della nostra societa'? Per Tzvetan Todorov, uno degli intellettuali
europei piu' autorevoli e piu' ascoltati, la risposta non puo' trovarsi se
non ritornando all'Illuminismo, qui inteso non tanto come una corrente di
pensiero o un compendio di dottrine filosofiche, quanto come una condotta,
una pratica di vita, un esercizio del pensiero, da cui l'umanita', se non
vuole abdicare a se stessa, non puo' esonerarsi.
Quindi l'Illuminismo, non come teoria ma come prassi, come azione capace di
ispirarsi a quelli che per Todorov sono i cinque cardini dell'Illuminismo.
*
Autonomia
L'autonomia del pensiero, innanzitutto, capace di garantire a tutti la
liberta' di analizzare, discutere, criticare, dubitare, al di la' delle
fedi, dei dogmi e delle istituzioni intoccabili. E questo perche', ce lo
ricorda Kant: "L'illuminismo e' l'uscita dell'uomo da una condizione di
minorita' di cui egli stesso e' responsabile, dove per minorita' si deve
intendere l'incapacita' di servirsi del proprio intelletto senza la guida di
altri".
*
Laicita'
La laicita', che deve essere garantita a tutti i settori della societa'
anche da parte degli individui che aderiscono a una fede, perche' senza
laicita' la stessa autonomia del pensiero non e' piu' garantita e la
democrazia rischia di rifluire in quel suo antecedente che e' la teocrazia
da cui l'illuminismo ha emancipato noi occidentali.
*
Verita'
La verita' non puo' essere appannaggio della fede, ma della ricerca
scientifica, di cui l'Enciclopedia illuminista ha segnato il primo avvio.
Tra fede e verita' non c''e' infatti compatibilita', perche' se una cosa la
"so" non la "credo", e se la credo vuol dire che non la so. Inoltre la
verita' scientifica e' congetturale, ipotetica e disponibile a essere
superata da ipotesi piu' esplicative. Quindi nessuna verita' assoluta, ma
confronto tra verita' relative che si lasciano sottoporre a verifica.
*
Umanita'
L'umanita' puo' vivere in concordia solo se nessuno pretende di essere il
depositario della verita' assoluta, e quindi la tolleranza che antepone la
concordia degli uomini, che provengono dalle piu' disparate tradizioni, alla
difesa delle proprie consuetudini. Sotto questo profilo anche il messaggio
cristiano puo' essere accolto la' dove con San Paolo dice: "Chi ama il
prossimo ha adempiuto la Legge". Motivo questo ripreso da Franklin secondo
il quale: "Il culto piu' gradito a Dio e' fare del bene agli uomini".
*
Universalita'
L'universalita', il cui primato va rivendicato rispetto all'appartenenza
all'una o all'altra societa', trova la sua applicazione nella proclamazione
dei "diritti dell'uomo" che sanciscono una rigorosa uguaglianza di fronte
alla legge e una chiara distinzione tra diritto e morale perche', come
scrive Beccaria: "I giudici non sono vindici della sensibilita' degli
uomini, ma dei patti che li legano tra loro".
Per effetto del primato della legge non e' consentito l'uso della forza
fuori dall'ordinamento legislativo. E questo sia nel caso dei singoli che
non devono essere torturati o messi a morte, sia nel caso della nazioni che
non devono essere aggredite per pura espansione del proprio potere.
*
Da questi brevi spunti si capisce quanto l'Illuminismo non sia tanto la
filosofia di un'epoca storica, quanto una pratica di vita e un compito
etico, da cui nessuno, che tenga in qualche conto la dignita' dell'uomo,
puo' sentirsi esonerato.
L'invito di Todorov e' allora quello di "ricominciare tutti i giorni questa
impresa, ben sapendo che non vedra' mai la fine", perche' come rispondeva
Kant a chi gli chiedeva se eravamo gia' nell'eta' dell'illuminismo: "No,
bensi' in un eta' in via di illuminazione".

5. ET COETERA

Tzvetan Todorov, nato a Sofia nel 1939, a Parigi dal 1963. Muovendo da studi
linguistici e letterari e' andato sempre piu' lavorando su temi
antropologici e di storia della cultura e su decisive questioni morali.
Riportiamo anche il seguente brano dalla scheda dedicata a Todorov
nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Dopo i primi
lavori di critica letteraria dedicati alla poetica dei formalisti russi,
l'interesse di Todorov si allarga alla filosofia del linguaggio, disciplina
che egli concepisce come parte della semiotica o scienza del segno in
generale. In questo contesto Todorov cerca di cogliere la peculiarita' del
'simbolo' che va interpretato facendo ricorso, accanto al senso materiale
dell'enunciazione, ad un secondo senso che si colloca nell'atto
interpretativo. Ne deriva l'inscindibile unita' di simbolismo ed
ermeneutica. Con La conquista dell'America, Todorov ha intrapreso una
ricerca sulla categoria dell'"alterita'" e sul rapporto tra individui
appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, che ha la sua
lontana origine psicologica nella situazione di emigrato che Todorov si
trova a vivere in Francia, trova la sua compiuta espressione in un ideale
umanistico di razionalita', moderazione e tolleranza". Tra le opere di
Tzvetan Todorov: (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e
del metodo critico, Einaudi, Torino 1968, 1977; (a cura di, con Oswald
Ducrot), Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, Isedi,
Milano 1972; La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1977, 1981; Teorie
del simbolo, Garzanti, Milano 1984; La conquista dell'America. Il problema
dell'"altro", Einaudi, Torino 1984, 1992; Critica della critica, Einaudi,
Torino 1986; Simbolismo e interpretazione, Guida, Napoli 1986; Una fragile
felicita'. Saggio su Rousseau, Il Mulino, Bologna 1987, Se, Milano 2002;
(con Georges Baudot), Racconti aztechi della conquista, Einaudi, Torino
1988; Poetica della prosa, Theoria, Roma-Napoli 1989, Bompiani, Milano 1995;
Michail Bachtin. Il principio dialogico, Einaudi, Torino 1990; La deviazione
dei lumi, Tempi moderni, Napoli 1990; Noi e gli altri. La riflessione
francese sulla diversita' umana, Einaudi, Torino 1991; Di fronte
all'estremo, Garzanti, Milano 1992 (ma cfr. la seconda edizione francese,
Seuil,  Paris 1994); I generi del discorso, La Nuova Italia, Scandicci
(Firenze) 1993; Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Garzanti,
Milano 1995; Le morali della storia, Einaudi, Torino 1995; Gli abusi della
memoria, Ipermedium, Napoli 1996; L'uomo spaesato. I percorsi
dell'appartenenza, Donzelli, Roma 1997; La vita comune, Pratiche, Milano
1998; Le jardin imparfait, Grasset, 1998; Elogio del quotidiano. Saggio
sulla pittura olandese del Seicento, Apeiron, 2000; Elogio dell'individuo.
Saggio sulla pittura fiamminga del Rinascimento, Apeiron, 2001; Memoria del
male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001; Il nuovo disordine
mondiale, Garzanti, Milano 2003; Benjamin Constant. La passione democratica,
Donzelli, Roma 2003; Lo spirito dell'illuminismo, Garzanti, Milano 2007 (tra
esse segnaliamo particolarmente Memoria del male, tentazione del bene,
Garzanti, Milano 2001: un'opera che ci sembra fondamentale).
*
Francesca Borrelli si e' laureata in lettere moderne con indirizzo in
critica letteraria, con tesi sulle Strutture concettuali e iconiche
nell'opera di Carlo Emilio Gadda; dall'87 redattrice culturale del
quotidiano "Il manifesto", di cui ha diretto, nella precedente veste
grafica, il supplemento libri. Attualmente e' inviata per la sezione
cultura; ha collaborato a diverse riviste letterarie con recensioni e
interviste; nel secondo semestre del 1997 ha tenuto diversi seminari nelle
universita' statunitensi di Yale, Berkely, Browne, Harvard; ha pubblicato
molti saggi, ed ha tra l'altro curato i volumi di AA. VV., Un tocco di
classico, Sellerio, Palermo, 1987; e AA. VV., Pensare l'inconscio. La
rivoluzione psicoanalitica tra ermeneutica e scienza,  Manifestolibri, Roma
2001.
*
Tonino Bucci, giornalista, scrive di temi culturali sul quotidiano
"Liberazione".
*
Gian Guido Vecchi e' giornalista del "Corriere della sera".
*
Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; dal sito
http://venus.unive.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata al settembre
2004: "Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976
professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore
associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario
all'universita' Ca' Foscari di Venezia. Dal 1985 e' membro ordinario
dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995
ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano
"la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia
culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato
allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta
antologica), La Scuola, Brescia 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale
Monferrato 1973; Filosofia, Mursia, Milano 1972-1978, e Utet, Torino 1978;
di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola,
Brescia 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975, Il Saggiatore, Milano
1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977, seconda edizione ampliata
1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo,
Feltrinelli, Milano 1983; La terra senza il male. Jung dall'inconscio al
simbolo, Feltrinelli, Milano 1984; "Antropologia culturale", ne Gli
strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di
Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano
1987; "La parodia dell'immaginario", in W. Pasini, C. Crepault, U.
Galimberti, L"immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle
opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino
1992, nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano 1999;
Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi,
Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996;
Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E
ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con
Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del
sacro, Feltrinelli, Milano 2000;  La lampada di psiche, Casagrande,
Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003;
e' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli
l'intera sua opera".

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 74 del 3 luglio 2007

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