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Voci e volti della nonviolenza. 74
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 74
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 3 Jul 2007 11:35:21 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 74 del 3 luglio 2007 In questo numero: 1. Francesca Borrelli intervista Tzvetan Todorov 2. Tonino Bucci intervista Tzvetan Todorov 3. Gian Guido Vecchi intervista Tzvetan Todorov 4. Umberto Galimberti presenta "Lo spirito dell'illuminismo" di Tzvetan Todorov 5. Et coetera 1. FRANCESCA BORRELLI INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 giugno 2007, col titolo "Appunti sul secolo scorso da un illuminista del nostro tempo", il sommario "Nella critica dialogica, che non parla delle opere, ma alle opere, il filo conduttore fra la prima stagione di storico della letteratura e il successivo approdo alla storia del pensiero e delle culture. Un incontro con lo studioso bulgaro che ieri a Torino ha ricevuto il premio Grinzane Cavour" e la seguente scheda: "Quarant'anni di studi nel segno delle lettere. Nato a Sofia nel 1939, Tzvetan Todorov si trasferi' nel 1963 a Parigi, dove studio' filosofia del linguaggio con Roland Barthes. Oggi, dopo anni di insegnamento alla Ecole pratique des hautes etudes e alla Yale University, e' impegnato presso il Centre de recherche sur les arts et le langage di Parigi. Ai Formalisti russi, oggetto dei suoi primi lavori di critica letteraria, ha dedicato la cura di un libro introdotto da Roman Jakobson (Einaudi). Della stessa stagione fa parte anche un saggio sulla Letteratura fantastica (Garzanti). Negli anni '80 le ricerche che Todorov aveva esteso al campo filosofico confluirono in saggi come La conquista dell'America e Noi e gli altri (entrambi Einaudi). Le sue analisi si sono rivolte soprattutto alla storia delle idee, e alla nascita di quella forma politica peculiare del XX secolo che e' il totalitarismo, di cui parla in Di fronte all'estremo e in Memoria del male, tentazione del bene (Garzanti). L'ultimo saggio edito in Italia e' dedicato allo Spirito dell'Illuminismo (Garzanti, 2007) ma il suo volume piu' recente, Litterature en peril, uscito in Francia a gennaio (Flammarion 2007), cosi' come il libro che lo aveva preceduto, dedicato a Rilke, Wilde e Cvetaeva (Les aventuriers de l'absolu), testimoniano che la letteratura e' ancora al centro degli interessi di Todorov"] Quando Tzvetan Todorov comincio' a interessarsi di letteratura viveva ancora in Bulgaria e a scuola lo avevano educato a una critica che, prima ancora di analizzare un testo, sapeva gia' qual era il senso che bisognava rintracciarvi, e ne misurava il valore sulla base dell'aderenza alla squallida armonia prestabilita dagli imperativi ideologici. La teoria della letteratura, che allora era parte irrinunciabile del programma di uno studente di filologia, si riduceva a inseguire nelle opere due indizi di qualita': "lo spirito del popolo" e "lo spirito del partito", prerogativa - quest'ultima - che si mostrava in tutto il suo fulgore solo tra le pagine di quegli autori che, percio', godevano dei piu' sentiti apprezzamenti. La provvidenziale reazione di Todorov, prima ancora di approdare in Francia, dove arrivo' nel 1963, in piena ebbrezza strutturalista, fu quella di trovare un rifugio mentale nelle teorie dei formalisti russi, che in appena quindici anni di attivita' rivoluzionarono il panorama della critica affermando il valore autonomo della parola: ne' semplice sostituto dell'oggetto nominato, ne' serbatoio di emozioni, ne' rimando a altra realta' che non sia quella del proprio peso e del proprio valore. Fu allora che, per la prima volta, Todorov comincio' a riflettere sul fatto che ne' la pretesa di possedere la verita', alla quale lo avevano educato in gioventu', ne' la rinuncia a cercarla alla quale era approdato con la critica immanente dei formalisti soddisfacevano le sue esigenze di interrogare i testi; e con la scoperta di Michail Bachtin, al quale dedico' nell'81 una monografia, abbraccio' quella "critica dialogica" che implica nella scrittura un atto di comunicazione, estendendo questo metodo alla storia delle idee e delle culture, cui consacro' la sua seconda stagione. Oggetto privilegiato dell'indagine divenne quella che, in suo libro, sintetizzo' come La vita comune (Pratiche, 1998), ossia la socialita' come definizione stessa della condizione umana, dalla quale passo' a una ricapitolazione delle ideologie dominanti (in Noi e gli altri, Einaudi, 1991) e, ancora, a una articolata radiografia del secolo tragico, interrogandosi sulle possibili rifondazioni dell'etica dopo l'esperienza dei gulag e dei campi nazisti (in Di fronte all'estremo, Garzanti, 1992) e sulle implicazioni storiche e ideologiche dello scontro tra totalitarismo e democrazia nel XX secolo (in Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, 2001). Del tutto coerente con la ricerca dei fondamenti intellettuali e morali che stanno alla base della nostra vita comune, l'ultimo libro di Todorov (uscito da poco per Garzanti) si rivolge allo Spirito dell'illuminismo e alle proiezioni sulla contemporaneita' dei dibattiti che lo hanno animato. Su alcuni passaggi di questa lunga parabola torneremo, approfittando della presenza di Tzvetan Todorov a Torino, dove ieri ha ricevuto il premio Grinzane Cavour. * - Francesca Borrelli: Lei ha individuato in due incontri, uno con Arthur Koestler, l'altro con Isaiah Berlin due momenti epifanici di una svolta nella sua vita. L'autore di Buio a mezzogiorno la risveglio' dal fatalismo politico cui l'aveva consegnata la sua infanzia nella Bulgaria stalinista; mentre Berlin l'ha aiutata ad abbandonare una idea di letteratura come puro insieme di strutture. Sono rimasti questi gli autori cui deve di piu' anche il suo lavoro degli ultimi anni? - Tzvetan Todorov: Per quel che riguarda la mia giovinezza, aggiungerei tra gli incontri che piu' hanno influenzato il corso delle mie idee quello con Roman Jakobson. Lo vidi una prima volta in Bulgaria quando ancora ci abitavo, e da allora nessuno ha destato in me una impressione altrettanto forte. Quel che piu' mi attraeva era il fatto che, nella sua persona, il rigore scientifico si combinava strettissimamente con la passione per la poesia e per l'arte, due elementi quasi sempre dissociati l'uno dall'altro. Conobbi Arthur Koestler e Isaiah Berlin molti anni piu' tardi, quando avevo gia' letto i loro libri; con entrambi l'incontro fu breve e tuttavia furono capaci di scombussolarmi le idee, di cambiare le mie convinzioni, di determinare il mio incontro con la politica, che non ha mai preso la forma della militanza in un partito bensi' quella della partecipazione al dibattito pubblico. Da un certo punto in avanti, pero', a guidare il mio lavoro e' stato soprattutto l'esempio di Germaine Tillion, la ricerca di una approssimazione alla verita' e alla giustizia incarnata in questa figura esemplare di quanto e' stato fatto di meglio nel corso del XX secolo, almeno in Francia. Contrariamente a cio' che si legge sulla copertina del suo libro pubblicato in Italia dalle edizioni Medusa, Alla ricerca del vero e del giusto, Germaine Tillion non e' morta; ha compiuto cent'anni nel maggio scorso, trainando in questo secolo una lezione di vita alla quale mi sento particolarmente grato. La sua era una forma di impegno che non poteva restare estranea all'azione. Scese in campo la prima volta all'indomani della occupazione nazista della Francia, militando in una rete della Resistenza, e per questo venne messa in prigione; fu poi internata in un campo nazista, dal quale usci' nel '45. Dopo una lunga assenza dalla scena pubblica vi ricomparve nel '54, all'inizio della guerra di Algeria, dove gia' l'avevano portata i suoi studi di etnologa. Fino al '62 si spese in ogni modo per aiutare le vittime di entrambe le parti, per sottrarle alla tortura, per salvarle dalle esecuzioni, per metterle in guardia dai continui attentati. Se e' vero che fu Koestler a risvegliare il mio interesse per la politica, devo a Germaine Tillion il fatto di avermi aiutato a indirizzare meglio, con il suo esempio, la mia sensibilita' per la vita pubblica. * - Francesca Borrelli: Se si cercasse un filo che leghi la sua prima stagione di teorico della letteratura, sotto il segno del formalismo, al suo approdo alla storia del pensiero e delle culture, lo si potrebbe probabilmente cogliere nella sua predilezione per la "critica dialogica": quella fatta propria da Michail Bachtin, quella che "non parla delle opere ma alle opere". E' d'accordo? - Tzvetan Todorov: Direi di si', e' anche la mia ipotesi; fermo restando il fatto che proprio dal pensiero di Bachtin ho imparato come gli autori non siano i migliori interpreti delle loro opere e come ogni cultura, ogni idea si riveli al meglio nel confronto con altre culture e altre idee. Quanto al mio ruolo, invece, quello in cui piu' mi riconosco l'ho sintetizzato in una sorta di autobiografia che ho intitolato Devoirs et delices, da una frase di Rousseau secondo cui si puo' avere accesso alle cose sia tramite il dovere che tramite il piacere. Il mio ruolo - dicevo - e' quello del passeur, di colui che traghetta le persone da una riva all'altra: ossia di chi cerca di mettere in relazione, dunque di far dialogare - come voleva Bachtin - le lingue, le idee, le discipline, le diverse culture. E, in effetti, quando guardo al mio percorso sono colpito da un elemento anacronistico: mi sembra di essere un uomo di un'epoca anteriore, proprio perche' mi sono interessato di pressoche' tutte le scienze umane. Naturalmente, questo orientamento enciclopedico sconta il prezzo che consiste nel non approfondire mai nulla; ma ha anche il vantaggio di allargare la mente, di farti vedere cosa succede al di la' dei tuoi confini. Dal punto di vista politico, quel che piu' mi interessa, al momento, e' la costruzione dell'Europa, la questione delle identita' nazionali; ma della mia prima stagione non ho rinnegato nulla. Quando arrivai in Francia, e per il periodo immediatamente successivo, pensavo che si sarebbe dovuto trovare un mezzo per leggere i testi in modo piu' sistematico, piu' rigoroso, e questo metodo me lo forniva lo strutturalismo. Poi arrivo' un giorno in cui lo scopo del mio lavoro non si limito' piu' all'apprendimento dei mezzi con cui leggere un'opera letteraria, e cominciai cosi' a servirmi del sapere metodico che avevo acquisito per provare a indagare il mondo intorno a me. Cio' che prima era un fine l'ho fatto diventare un mezzo, ho fatto di quel che era un approdo uno strumento. Ma la letteratura e' tutt'altro che scomparsa dal mio orizzonte, tanto e' vero che i miei ultimi due libri, entrambi non ancora tradotti in italiano, si intitolano Les aventuriers de l'absolu e La litterature en peril: il primo l'ho scritto per cercare di capire e di valutare il progetto di tre grandi scrittori - Rainer Maria Rilke, Oscar Wilde e Marina Cvetaeva - che hanno organizzato la loro vita come un'opera d'arte; il secondo saggio riguarda, invece, i pericoli che corre una certa concezione della letteratura, a mio avviso estrememente angusta: quella derivata da una perversa interpretazione dell'eredita' strutturalista, che concentrandosi solo sulla costruzione dei testi, dimentica come la letteratura riguardi le verita' essenziali della vita e di noi stessi. * - Francesca Borrelli: Nella sua lunga analisi dei principali avvenimenti del XX secolo, che ha svolto soprattutto nel suo saggio Memoria del male, tentazione del bene, lei assegna una importanza centrale alla comparsa di quel regime politico fino a allora inedito che e' il totalitarismo: di questo bisogna scongiurare il ritorno. Non altrettanto esplicita, nel suo libro, e' la risposta alla domanda che lei si fa nella prima pagina: "che cosa bisogna conservare di questo secolo?". - Tzvetan Todorov: Bisognerebbe salvaguardare, intanto, l'esempio di alcuni destini individuali, che pur essendo stati drammaticamente segnati dalle tragedie dei totalitarismi, non hanno convertito lo spavento in paralisi e, percio', hanno saputo nutrire le nostre vite. Penso a Primo Levi, a Vasilij Grossman, alla stessa Germaine Tillion di cui prima le parlavo, a Margarete Buber-Neumann, a David Rousset e a altri ancora il cui esempio dovrebbe accompagnare i secoli a venire. Naturalmente, del '900 vale la pena di conservare alcune scoperte scientifiche e tecnologiche, ma forse soprattutto il cambiamento di status delle donne, perche' ha determinato il passaggio alla scena pubblica di una serie di valori prima relegati alla vita privata: valori dissimulati e marginalizzati durante tutto il corso della storia europea, dalla educazione dei ragazzi alla coltivazione dei legami tra gli individui, oggi in primo piano grazie alla magnifica eredita' che ci hanno lasciato le donne del XX secolo. * - Francesca Borrelli: A proposito di eredita' del XX secolo, lei si riferisce piu' volte, nei suoi libri, al pensiero psicoanalitico, ma in realta' di Freud sembra salvare solo il linguista, l'autore del Motto di spirito. In altre parole, la interessa il senso costante e universale della tecnica di interpetazione simbolica, mentre la coinvolge di meno cio' che si puo' trarre dalla tecnica fondata sulle libere associazioni di pensiero. E' cosi'? - Tzvetan Todorov: Si', e' cosi', ma questo dipende dall'orientamento generale dei miei interessi, che sono di certo piu' attratti dalla filosofia morale e politica che non dall'analisi delle pulsioni inconsce. Naturalmente, spero di avere tesaurizzato le mie letture di Freud e mi auguro che ne siano rimaste tracce nel mio lavoro - anche recentemente ho ripreso in mano L'avvenire di una illusione e Il disagio della civilta'; ma resta il fatto che Freud non e' stato, per me, un autore decisivo come lo e' stato, per esempio, Bachtin. * - Francesca Borrelli: Come giustifica, nella sua parabola di studioso, un ritorno di interesse verso l'Illuminismo tale da dedicargli il suo ultimo libro? - Tzvetan Todorov: Il pretesto che ha funzionato come punto di avvio me lo ha fornito la Biblioteca nazionale francese, organizzando una grande esposizione sull'Illuminismo e sul significato della sua lezione per il mondo attuale, della quale mi ha affidato la supervisione. Il lavoro e' durato due anni e si e' poi trasformato in un libro. Ma la ragione che sta alle spalle del mio interesse riguarda il fatto che, dopo la fine del conflitto tra i totalitarismi e la democrazia, sebbene questa ne sia uscita vittoriosa siamo entrati in un'epoca per nulla tranquilla e pacificata, in cui molte tra le idee dell'Illuminismo tornano a esserci utili e ad acquisire attualita' nella analisi dei conflitti che oppongono, per esempio, le diverse religioni o quel che accade in una guerra come quella dell'Iraq. 2. TONINO BUCCI INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "Liberazione" del 26 giugno 2007 col titolo "Todorov: 'La deriva dell'occidente e' voler imporre i suoi modelli a tutti'" e il sommario "A colloquio con lo studioso francese d'origini bulgare, allievo di Barthes e storico della cultura, di filosofia morale e politica. E' stato a Torino per ritirare un premio alla manifestazione letteraria del Grinzane Cavour appena conclusa" (segnaliamo che il testo contiene qualche imprecisione e qualche possibile fraintendimento)] E' stato allievo di Roland Barthes. Ha fatto discutere con La conquista dell'America , uno dei suoi libri piu' famosi. Tzvetan Todorov ha origini bulgare, e' nato a Sofia nel 1939, ma e' parigino d'adozione - risiede nella capitale francese dal '63 e puo' considerarsi a pieno titolo un maitre a penser. Negli studi giovanili e' partito dallo strutturalismo e dalla filosofia del linguaggio, poi c'e' stato l'incontro con Roland Barthes: con l'idea che tutto sia cultura e segno, che ogni cosa debba essere interpretata in base a un codice che l'ha costituita. Come a dire: le culture non sono identita' immodificabili, non sono sistemi naturali dati una volta per tutte ai quali gli individui debbano aderire per nascita, vita natural durante. Le culture sono costruzioni artificiali, frutto di negoziazioni continue e la loro caratteristica piu' evidente e' che la miglior posizione da cui descriverle e' quella dell'altro: quella di chi appartiene a un mondo culturale diverso. Se applicato alla storia moderna il ragionamento di Todorov diventa una formidabile chiave di analisi, non solo teorica ma anche politica. Vale a dire: alla civilta' occidentale, tanto osannata dai fautori dello scontro tra religioni, non puo' essere lasciato il monopolio di raccontarsi a partire esclusivamente da se stessa, iuxta propria principia. Ma e' con gli occhi delle culture e delle popolazioni sterminate, dal punto di vista delle vittime indie di uno dei piu' grandi genocidi commessi che la cultura dell'uomo occidentale deve essere smascherata e ri-raccontata. Todorov ha considerato la conquista del continente americano come una tappa fondamentale della storia moderna, il primo contatto degli europei con un "altro" assoluto, fino ad allora sconosciuto. Per la prima volta l'uomo europeo poteva guardare se stesso con gli occhi degli altri, degli indigeni, delle popolazioni americane. Negli anni successivi alla pubblicazione de La conquista dell'America Todorov ha continuato a lavorare sulla posizione dell'altro, indispensabile a definire ogni identita'. Basta citare Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversita' umana, il saggio nel quale ha messo a fuoco la sua proposta di un "umanesimo ben temperato" collegato all'eredita' dell'illuminismo, in grado cioe' di conciliare una politica e una morale valida potenzialmente per l'intero genere umano con il riconoscimento e il rispetto delle differenze. Abbiamo incontrato Todorov a Torino, premiato dal Cavour Grinzane con il titolo "Dialogo tra i continenti" (la manifestazione letteraria si e' conclusa con la premiazione anche dei due scrittori Pascal Mercier e Marcello Fois). * - Tonino Bucci: Nel mondo globalizzato di oggi le culture dominanti si affermano ovunque, gli stili di pensiero tendono ad assomigliarsi, non esistono spazi liberi. Non c'e' un "altro" che non sia stato gia' assimilato e metabolizzato. Come potremmo guardarci dal di fuori? - Tzvetan Todorov: Essere altro e' una questione che si pone a diversi livelli. Uno riguarda quello personale. L'"altro" e' la persona che ci sta di fronte e che ci e' indispensabile per definirci in quanto "io". Il bambino, ad esempio, per diventare umano ha bisogno dello sguardo della madre, dei genitori, di un'altra persona. Senza gli altri non potremmo acquisire coscienza di noi stessi, non avremmo nessuna attestazione della nostra esistenza. Oggi, e' vero, esiste una comunicazione capillare, molto piu' estesa nel mondo di quanto non fosse in passato. Anche nell'Unione Europea esiste un'alterita' nonostante la vicinanza dei paesi membri. Pensiamo alle divergenze tra i vari governi. Noi europei abbiamo in comune l'origine illuministica. La sfida dell'alterita' e' rappresentata essenzialmente da tutti quei fondamentalismi religiosi che ai nostri occhi incarnano ideali antitetici. Ma non dobbiamo reagire cercando soltanto di cancellare, attenuare le differenze. E neppure esagerare ritenendole insormontabili. Questa e' la sfida dell'alterita' oggi. * - Tonino Bucci: Forse oggi non abbiamo bisogno di andare in giro per il mondo alla ricerca di luoghi esotici per trovare l'altro. Gli altri, i migranti, vivono tra noi, nelle nostre citta' e il rischio e' che l'alterita' susciti nelle nostre societa' un'ondata di xenofobia. La vittoria di Sarkozy in Francia, ad esempio, non e' un effetto del sentimento di paura e insicurezza? - Tzvetan Todorov: La xenofobia e l'etnocentrismo sono sentimenti universali, tutti gli esseri umani li hanno praticati senza esclusione. Non esiste gruppo sociale al riparo da simili sentimenti. Faccio un esempio. I bulgari sono stati osannati per essere stati gli unici a non aver deportato gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Non esisteva un sentimento antisemita. Allora la Bulgaria e' un paese tollerante? Niente affatto. Ai nostri giorni e' un paese che nutre un odio razzista verso rom e turchi. Per quanto riguarda la Francia e' vero che Sarkozy, quando era ministro degli interni, aveva parlato molto di politica della sicurezza e di eventuali misure repressive nei confronti degli immigrati, anche di quelli di seconda generazione. Ora che e' diventato presidente, invece, si e' dimostrato una persona molto pragmatica capace di adattarsi alle circostanze e cambiare idea. Ha sorpreso anche i suoi compagni di partito. Ha messo nel governo tre ministri che appartengono alla prima generazione di immigrati. E' stato un segnale in controtendenza rispetto alle dichiarazioni fatte in passato come ministro degli interni. Il suo punto di forza, direi, e' il dinamismo. * - Tonino Bucci: Lei ha usato l'espressione "tradimento dei chierici". Gli intellettuali sono venuti meno al loro dovere morale. Dovrebbero rappresentare un universalismo esteso all'intero genere umano. E invece sono spesso conformisti e servili nei confronti del potere. Giustificano in nome del bene qualsiasi guerra e la chiamano "intervento umanitario". Parlano di democrazia ma accettano che possa essere esportata con le armi. Parlano di genere umano ma tollerano ingiustizie e sfruttamento. Sono questi gli eredi dell'Illuminismo? - Tzvetan Todorov: Non c'e' nessuna garanzia che l'intellettuale abbia sempre una visione lucida della realta'. Non solo. Spesso sono minacciati dalla stessa posizione di privilegio rispetto agli altri. La loro forza e' anche la loro debolezza. Si tengono a distanza dalla concretezza e dalle situazioni reali, si illudono di poter giudicare il mondo dall'esterno e restare critici. E' un rischio. Li rende convinti di vivere in un mondo di idee e di spirito che li autorizza a sentirsi legittimati a parlare. Se nella Francia del dopoguerra avessero votato solo gli intellettuali, il paese sarebbe diventato una repubblica popolare all'interno del campo socialista. L'uomo comune, l'uomo della strada, invece, la pensava in tutt'altro modo. Certo, bisogna ammettere che le idee di uguaglianza e giustizia del comunismo erano di grande interesse. Gli intellettuali non possono sentirsi, per il fatto di essere tali, al riparo da ogni critica e dagli errori. Tutti sbagliano e nessuno e' perfetto. Non c'e' garanzia in questo mondo. * - Tonino Bucci: Forse gli intellettuali sono pericolosi quando parlano del bene degli altri. La cultura europea e occidentale ha un sentimento di superiorita' nei confronti degli altri. Ritiene che i suoi modelli, anche quelli politici ed economici, siano i migliori e come tali vadano imposti a tutti. Eppure la nostra democrazia mostra molti difetti. Le oligarchie si mantengono al governo sfruttando razzismi, populismi, xenofobie pur di raccogliere consensi. E la nostra economia capitalistica ha abbassato l'uomo a mezzo da sfruttare e distrugge senza sosta il pianeta. Dov'e' la nostra superiorita'? - Tzvetan Todorov: C'e' un grande pericolo nel voler imporre la propria visione del bene agli altri con la forza. La morale si declina solo alla prima persona singolare. L'essere morale esige una condotta rigorosa nei confronti di se stessi. Ma se questa esigenza di moralita' si rivolge agli altri allora non e' piu' morale ma si fa del moralismo. 3. GIAN GUIDO VECCHI INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal sito www.bulgaria-italia.com riprendiamo la seguente intervista apparsa sul "Corriere della Sera" del primo febbraio 2007, con il titolo "Todorov: 'Per liberarci dal passato smettiamo di nasconderlo", la scheda "Nato in Bulgaria nel 1939, Tzvetan Todorov vive da lungo tempo in Francia, dove ha diretto il Centro di ricerca sulle arti e il linguaggio Semiologo e linguista, si e' occupato anche di filosofia e di storia Tra le sue opere: La conquista dell'America (Einaudi), Noi e gli altri (Einaudi), Il nuovo disordine mondiale (Garzanti)", e la notizia ulteriore "Gli studiosi e i critici ignorano il lettore In Francia e' appena uscita l'ultima fatica di Tzvetan Todorov: La litterature en peril (Flammarion, pp. 97, euro 12) e' un grido d'allarme contro 'una concezione gretta della letteratura', coltivata dagli studiosi accademici, dai critici e dagli stessi scrittori, che la taglia fuori dal mondo reale e finisce per deludere il lettore. Si tratta di un saggio polemico che ha gia' suscitato reazioni critiche, per esempio da parte di 'Le Monde'. In Italia invece Garzanti mandera' in libreria ad aprile un'altra opera di Todorov, Lo spirito dell'Illuminismo, pubblicata in Francia lo scorso anno, che pone a confronto la concezione umanista dei Lumi con gli eventi storici degli ultimi due secoli"] "E' quando si smette di nascondere il passato che ci si puo' liberare della sua influenza". Tzvetan Todorov ha la voce gentile, quasi timida, e un modo di argomentare affine a quello che elogiava in testimoni del secolo come Vasilij Grossman o Primo Levi, "senza urla ne' proclami tonanti", quanto di piu' alieno dalla spocchia di chi impartisce lezioni ex cathedra. Non per niente e' tra i massimi intellettuali europei: filosofo, studioso di letteratura, storico della cultura, ha scritto pagine memorabili sui totalitarismi e sa bene cos'e' il comunismo, nel 1963 aveva 24 anni quando lascio' la sua Bulgaria per andare a Parigi a studiare con Roland Barthes. * In Memoria del male, tentazione del bene (Garzanti) metteva in guardia dagli effetti funesti dell'oblio e dagli abusi opposti del ricordo, "la via tra sacralizzazione e banalizzazione del passato puo' essere stretta" scriveva "e tuttavia esiste". Ora il problema si ripropone, c'e' uno spettro che torna ad aggirarsi per l'Europa, dal sepolcro del comunismo spuntano dossier segreti che parlano di compromissioni imbarazzanti e fanno saltare nomine gia' decise, monsignor Stanislaw Wielgus costretto a lasciare l'arcivescovado di Varsavia, prima ancora l'economista rumeno Varujan Vosganian che perde il seggio alla Commissione europea per la sua collaborazione con la Securitate e cosi' via. Il problema e' stabilire se all' Est si rischia un abuso della memoria, un ricatto permanente. "Qui non vedo abusi", scuote la testa Todorov. "Se il coinvolgimento della persona nel vecchio regime e' stato forte, e' normale che i fatti siano portati a conoscenza del pubblico e la decisione d'una nomina sia presa con cognizione di causa. E' abbastanza sgradevole vedere coloro che approfittavano del vecchio regime presentarsi come vittime innocenti per poter approfittare oggi di nuovi privilegi. Questo e' vero in particolare per i collaboratori della polizia politica. Certo, bisognerebbe anzitutto verificare se le informazioni diffuse sono fondate o no". * Il filosofo bulgaro sfugge alle facili categorie ed esercita il suo umanesimo critico: "Per coloro che vivevano all'interno di un Paese comunista, la compromissione non era solo diffusa, era inevitabile. Forse vi sfuggivano i soli malati di mente rinchiusi negli istituti; non e' un caso se a un certo momento, in Urss, si e' cominciato a mandare negli ospedali psichiatrici quelli che non si piegavano, i dissidenti. Ma tale accettazione del compromesso conosceva gradi molto differenti, ed e' questo che importava: si poteva cosi' distinguere tra persone degne e indegne". Ad esempio "si poteva diventare membro del partito o astenersene, trasformarsi in delatore o meno, lavorare per la polizia politica o no. Del resto anche queste categorie rimangono troppo sommarie: alcuni delatori, obbligati a collaborare per ragioni familiari o altro, facevano in modo di non denunciare che persone morte o assenti... E' un tipo di espediente assai antico: si praticava gia' questa tattica sotto l'Inquisizione, nel Medio Evo". * Resta il problema dei dossier, il rischio che si trasformino in un'arma. "Il modo migliore di evitare possibili ricatti e' rendere la memoria trasparente, cioe' assicurare il libero accesso agli archivi di polizia e altri: se non per tutti, almeno per i parlamentari o gli uffici governativi, ma anche per i ricercatori". Da questo punto di vista, la decisione del Vaticano e della Chiesa locale di "fare chiarezza" su tutti i 144 vescovi polacchi e sui sacerdoti puo' essere un esempio? "Questo esame franco e aperto del passato e' effettivamente cio' che sarebbe necessario fare; speriamo che le intenzioni siano seguite dagli atti". * Tutto sommato, Todorov non teme per i Paesi dell'Est, "se non saranno tentati di occultare il passato". Piuttosto, "essi possono insegnare molto ai Paesi dell'Europa occidentale, questi ultimi hanno l'opportunita' di arricchire la loro visione della storia osservando i pericoli dell'utopismo comunista, piu' in generale dell'abbandono delle regole di vita democratica o dei tentativi di instaurare lo Stato perfetto, il paradiso sulla terra". La tentazione del bene, appunto. E, speculare, quella delle prediche altezzose: "Il passato dei Paesi dell'Est puo' anche insegnare a tutti quanto e' grande la vulnerabilita' dell'individuo davanti alla dittatura e quindi spingerci a non lasciarci andare a un moralismo facile, colmando del nostro disprezzo i cittadini dei Paesi totalitari". * Inutile immaginare repulisti di massa, "non si possono scartare tutti coloro che si sono compromessi nel passato: di solito non sono colpevoli che di conformismo, del desiderio di avere successo, caratteristiche ben diffuse nella nostra societa'. Altrimenti bisognerebbe bandire tutti coloro che hanno piu' di trent'anni... Rendere pubblico il passato, ma vivere nel presente: questa mi sembra dovrebbe essere la regola di base oggi". Si puo' pensare ad un'amnistia, come in Italia fece Palmiro Togliatti per i fascisti? Todorov sorride: "Amnistia si', amnesia no. Non si puo' condannare un'intera popolazione perche' non e' stata eroica, ma non bisogna piu' occultare questa debolezza umana, troppo umana". 4. UMBERTO GALIMBERTI PRESENTA "LO SPIRITO DELL'ILLUMINISMO" DI TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "La repubblica" del 5 maggio 2007 col titolo " Quei Lumi che devono guidarci" e l'occhiello "Lo spirito dell'illuminismo, appassionato pamphlet di Tzvetan Todorov"] Dopo la morte di Dio e dopo il crollo delle ideologie che hanno innescato la tragedie del XIX secolo, quale puo' essere il fondamento intellettuale e morale della nostra societa'? Per Tzvetan Todorov, uno degli intellettuali europei piu' autorevoli e piu' ascoltati, la risposta non puo' trovarsi se non ritornando all'Illuminismo, qui inteso non tanto come una corrente di pensiero o un compendio di dottrine filosofiche, quanto come una condotta, una pratica di vita, un esercizio del pensiero, da cui l'umanita', se non vuole abdicare a se stessa, non puo' esonerarsi. Quindi l'Illuminismo, non come teoria ma come prassi, come azione capace di ispirarsi a quelli che per Todorov sono i cinque cardini dell'Illuminismo. * Autonomia L'autonomia del pensiero, innanzitutto, capace di garantire a tutti la liberta' di analizzare, discutere, criticare, dubitare, al di la' delle fedi, dei dogmi e delle istituzioni intoccabili. E questo perche', ce lo ricorda Kant: "L'illuminismo e' l'uscita dell'uomo da una condizione di minorita' di cui egli stesso e' responsabile, dove per minorita' si deve intendere l'incapacita' di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri". * Laicita' La laicita', che deve essere garantita a tutti i settori della societa' anche da parte degli individui che aderiscono a una fede, perche' senza laicita' la stessa autonomia del pensiero non e' piu' garantita e la democrazia rischia di rifluire in quel suo antecedente che e' la teocrazia da cui l'illuminismo ha emancipato noi occidentali. * Verita' La verita' non puo' essere appannaggio della fede, ma della ricerca scientifica, di cui l'Enciclopedia illuminista ha segnato il primo avvio. Tra fede e verita' non c''e' infatti compatibilita', perche' se una cosa la "so" non la "credo", e se la credo vuol dire che non la so. Inoltre la verita' scientifica e' congetturale, ipotetica e disponibile a essere superata da ipotesi piu' esplicative. Quindi nessuna verita' assoluta, ma confronto tra verita' relative che si lasciano sottoporre a verifica. * Umanita' L'umanita' puo' vivere in concordia solo se nessuno pretende di essere il depositario della verita' assoluta, e quindi la tolleranza che antepone la concordia degli uomini, che provengono dalle piu' disparate tradizioni, alla difesa delle proprie consuetudini. Sotto questo profilo anche il messaggio cristiano puo' essere accolto la' dove con San Paolo dice: "Chi ama il prossimo ha adempiuto la Legge". Motivo questo ripreso da Franklin secondo il quale: "Il culto piu' gradito a Dio e' fare del bene agli uomini". * Universalita' L'universalita', il cui primato va rivendicato rispetto all'appartenenza all'una o all'altra societa', trova la sua applicazione nella proclamazione dei "diritti dell'uomo" che sanciscono una rigorosa uguaglianza di fronte alla legge e una chiara distinzione tra diritto e morale perche', come scrive Beccaria: "I giudici non sono vindici della sensibilita' degli uomini, ma dei patti che li legano tra loro". Per effetto del primato della legge non e' consentito l'uso della forza fuori dall'ordinamento legislativo. E questo sia nel caso dei singoli che non devono essere torturati o messi a morte, sia nel caso della nazioni che non devono essere aggredite per pura espansione del proprio potere. * Da questi brevi spunti si capisce quanto l'Illuminismo non sia tanto la filosofia di un'epoca storica, quanto una pratica di vita e un compito etico, da cui nessuno, che tenga in qualche conto la dignita' dell'uomo, puo' sentirsi esonerato. L'invito di Todorov e' allora quello di "ricominciare tutti i giorni questa impresa, ben sapendo che non vedra' mai la fine", perche' come rispondeva Kant a chi gli chiedeva se eravamo gia' nell'eta' dell'illuminismo: "No, bensi' in un eta' in via di illuminazione". 5. ET COETERA Tzvetan Todorov, nato a Sofia nel 1939, a Parigi dal 1963. Muovendo da studi linguistici e letterari e' andato sempre piu' lavorando su temi antropologici e di storia della cultura e su decisive questioni morali. Riportiamo anche il seguente brano dalla scheda dedicata a Todorov nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Dopo i primi lavori di critica letteraria dedicati alla poetica dei formalisti russi, l'interesse di Todorov si allarga alla filosofia del linguaggio, disciplina che egli concepisce come parte della semiotica o scienza del segno in generale. In questo contesto Todorov cerca di cogliere la peculiarita' del 'simbolo' che va interpretato facendo ricorso, accanto al senso materiale dell'enunciazione, ad un secondo senso che si colloca nell'atto interpretativo. Ne deriva l'inscindibile unita' di simbolismo ed ermeneutica. Con La conquista dell'America, Todorov ha intrapreso una ricerca sulla categoria dell'"alterita'" e sul rapporto tra individui appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, che ha la sua lontana origine psicologica nella situazione di emigrato che Todorov si trova a vivere in Francia, trova la sua compiuta espressione in un ideale umanistico di razionalita', moderazione e tolleranza". Tra le opere di Tzvetan Todorov: (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e del metodo critico, Einaudi, Torino 1968, 1977; (a cura di, con Oswald Ducrot), Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, Isedi, Milano 1972; La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1977, 1981; Teorie del simbolo, Garzanti, Milano 1984; La conquista dell'America. Il problema dell'"altro", Einaudi, Torino 1984, 1992; Critica della critica, Einaudi, Torino 1986; Simbolismo e interpretazione, Guida, Napoli 1986; Una fragile felicita'. Saggio su Rousseau, Il Mulino, Bologna 1987, Se, Milano 2002; (con Georges Baudot), Racconti aztechi della conquista, Einaudi, Torino 1988; Poetica della prosa, Theoria, Roma-Napoli 1989, Bompiani, Milano 1995; Michail Bachtin. Il principio dialogico, Einaudi, Torino 1990; La deviazione dei lumi, Tempi moderni, Napoli 1990; Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversita' umana, Einaudi, Torino 1991; Di fronte all'estremo, Garzanti, Milano 1992 (ma cfr. la seconda edizione francese, Seuil, Paris 1994); I generi del discorso, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1993; Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Garzanti, Milano 1995; Le morali della storia, Einaudi, Torino 1995; Gli abusi della memoria, Ipermedium, Napoli 1996; L'uomo spaesato. I percorsi dell'appartenenza, Donzelli, Roma 1997; La vita comune, Pratiche, Milano 1998; Le jardin imparfait, Grasset, 1998; Elogio del quotidiano. Saggio sulla pittura olandese del Seicento, Apeiron, 2000; Elogio dell'individuo. Saggio sulla pittura fiamminga del Rinascimento, Apeiron, 2001; Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001; Il nuovo disordine mondiale, Garzanti, Milano 2003; Benjamin Constant. La passione democratica, Donzelli, Roma 2003; Lo spirito dell'illuminismo, Garzanti, Milano 2007 (tra esse segnaliamo particolarmente Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001: un'opera che ci sembra fondamentale). * Francesca Borrelli si e' laureata in lettere moderne con indirizzo in critica letteraria, con tesi sulle Strutture concettuali e iconiche nell'opera di Carlo Emilio Gadda; dall'87 redattrice culturale del quotidiano "Il manifesto", di cui ha diretto, nella precedente veste grafica, il supplemento libri. Attualmente e' inviata per la sezione cultura; ha collaborato a diverse riviste letterarie con recensioni e interviste; nel secondo semestre del 1997 ha tenuto diversi seminari nelle universita' statunitensi di Yale, Berkely, Browne, Harvard; ha pubblicato molti saggi, ed ha tra l'altro curato i volumi di AA. VV., Un tocco di classico, Sellerio, Palermo, 1987; e AA. VV., Pensare l'inconscio. La rivoluzione psicoanalitica tra ermeneutica e scienza, Manifestolibri, Roma 2001. * Tonino Bucci, giornalista, scrive di temi culturali sul quotidiano "Liberazione". * Gian Guido Vecchi e' giornalista del "Corriere della sera". * Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; dal sito http://venus.unive.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata al settembre 2004: "Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario all'universita' Ca' Foscari di Venezia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola, Brescia 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato 1973; Filosofia, Mursia, Milano 1972-1978, e Utet, Torino 1978; di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975, Il Saggiatore, Milano 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977, seconda edizione ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo, Feltrinelli, Milano 1983; La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo, Feltrinelli, Milano 1984; "Antropologia culturale", ne Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano 1987; "La parodia dell'immaginario", in W. Pasini, C. Crepault, U. Galimberti, L"immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino 1992, nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano 1999; Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del sacro, Feltrinelli, Milano 2000; La lampada di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003; e' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli l'intera sua opera". ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 74 del 3 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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