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Minime. 133
- Subject: Minime. 133
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 27 Jun 2007 00:28:38 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 133 del 27 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Marcolfo Alboini: Due forme della rassegnazione 2. Barbara Romagnoli intervista Gabriella Ghermandi 3. Enrico Baj presenta "La sfida di Minerva" di Serge Latouche (2000) 4. Maurizio Schoepflin presenta "La sapienza dell'amore" di Sergio Labate (2001) 5. Gianni Vattimo presenta la "Storia della filosofia" di Nicola Abbagnano 6. Letture. Antonella Marazzi, Alfonso Leonetti. Storia di un'amicizia 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. MARCOLFO ALBOINI: DUE FORME DELLA RASSEGNAZIONE Il muselmann che cede, il denudato che il cekista porta al plotone, il torturato che recita a richiesta il calendario. E quello che accettando il fascismo ha fatto carriera ed e' oggi ministro. 2. RIFLESSIONE. BARBARA ROMAGNOLI INTERVISTA GABRIELLA GHERMANDI [Ringraziamo Barbara Romagnoli (per contatti: duepunti2 at yahoo.it) per averci messo a disposizione la seguente intervista apparsa su "Aprile online" del 15 giugno 2007 col titolo "La naturale regalita' dell'appartenere a me stessa". Barbara Romagnoli, giornalista professionista, e' nata a Roma nel 1974 e da gennaio 2006 vive a Leiden in Olanda; si e' laureata in filosofia con una tesi su "Louise du Neant: esperienza mistica e linguaggio del corpo", si e' sempre interessata di studi di genere e femminismi, ha partecipato a seminari e incontri sulla storia e i movimenti politici delle donne in Italia e all'estero; ha lavorato per diversi anni alla rivista "Carta", ora collabora come freelance con varie testate (tra cui "Liberazione", "Marea", "Peacereporter", "Amisnet", "Aprile"). Fa parte del collettivo A/matrix con cui condivide la passione per la politica, il femminismo e la buona tavola. Su Gabriella Ghermandi dal sito www.gabriella-ghermandi.it riprendiamo la seguente scheda: "Gabriella Ghermandi, italo-etiope-eritrea, e' nata ad Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il primo premio del concorso per scrittori migranti dell'associazione Eks&Tra, promosso da Fara Editore, e nel 2001 il terzo premio. Ha pubblicato racconti in varie collane e riviste, tra cui Nuovo planetario Italiano. Mappa della nuova geografia di scrittori migranti in Italia e in Europa a cura di Armando Gnisci, ed. Citta' Aperta, L'Italiano degli altri: 16 storie di normale immigrazione per Einaudi scuola, Quaderni del Novecento: La letteratura postcoloniale italiana, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Il lettore di provincia n. 123-124 - volume monografico intitolato "Spaesamenti padani" a cura di Clarissa Clo', Longo Editore. Seguendo l'arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope, scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in Italia e Svizzera, sulla ricerca della identita' "unica" di ciascun individuo - da contrapporre alle "identita' collettive" - come percorso di pace. E' stata per due anni direttrice artistica del Festival Evocamondi, festival di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista "El Ghibli", a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Ha creato per il festival "Le strade dell'esodo - II edizione" la performance di lettura, musica e narrazione Terre rosse dei sentieri d'Africa, e per "Le strade dell'esodo - III edizione" la performance di lettura Mille sono le vie del ritorno. Si e' occupata della raccolta di interviste a migranti nella Comunita' Montana Val Samoggia in provincia di Bologna, per il progetto Migranti, storia e storie di un millennio di mobilita' nelle valli del Samoggia e del Lavino. Ha partecipato come consulente tecnica in vari progetti tra i quali "Ti conosco perche' ti ho letto", percorso di lettura di autori migranti in quaranta classi nelle scuole della valle dell'Idice (provincia di Bologna) e "all'incrocio dei sentieri" incontri con scrittori migranti nelle biblioteche della provincia di Bologna. E' fondatrice, assieme ad altri scrittori, della rivista online "El Ghibli" e fa parte del comitato editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello dell'Aais (American association for italian studies), nella sezione "spaesamenti padani" condotta dalla professoressa Clarissa Clo' nel 2006, e nel 2007 assieme a Edvige Giunta sul tema della multidentita' e scrittura. Quest'anno, dal 16 aprile al 6 maggio, e' stata in tour negli Stati Uniti a portare i suoi spettacoli di narrazione nelle facolta' del Wisconsin, San Diego, Los Angles e Colorado Springs. Nell'aprile 2007 e' uscito il suo primo romanzo Regina di fiori e di perle per Donzelli editore"] Condividere la memoria che riguarda due popoli, senza omettere nulla ne' puntare il dito, ma far parlare le contraddizioni e, oltre quelle, guardare al futuro. Questo ho pensato dopo aver chiuso il bel romanzo di Gabriella Ghermandi (Regina di fiori e di perle, Donzelli editore, 264 pagine, 21 euro) che racconta dell'occupazione italiana in Etiopia. Nel leggerlo sembra di stare attorno a un tavolo ad ascoltare qualche vecchio di famiglia. Nella finzione letteraria la protagonista che raccoglie le storie, dopo averlo promesso al vecchio Jacob, e' Mahlet, bimba cresciuta in Etiopia e divenuta donna in Italia. Ricorda un po' la vita dell'autrice, che ci spiega come e' nato questo romanzo, una sorta di musica scritta per essere cantata a piu' voci. * - Barbara Romagnoli: "Regina di fiori e di perle" e' il tuo primo romanzo, ma tu non sei nuova alla scrittura. Perche' hai abbandonato il racconto breve? - Gabriella Ghermandi: Nel momento in cui ho sentito l'esigenza di raccontare del colonialismo italiano con la voce della nostra gente, mi sono resa conto che un racconto o uno spettacolo non sarebbe stato sufficiente. Continue storie sorgevano dentro di me, come un vulcano risvegliato all'improvviso. Esplodevano nella mia immaginazione come fuochi d'artificio multicolori. Storie che avevo ascoltato da bambina e altre che mi sono state raccontate, per caso, ma forse non lo era, da alcuni anziani guerrieri che ho incontrato nel mio ultimo viaggio in Etiopia, nel gennaio 2006. Tante storie che avevano bisogno del ritmo lento della mia terra, e quindi un romanzo. * - Barbara Romagnoli: La tua narrazione si svolge sul registro dell'oralita', qualcosa che appartiene profondamente alla cultura tradizionale africana. Il racconto orale e' ancora importante o la modernita' ha tolto il gusto per la parola ascoltata e tramandata? - Gabriella Ghermandi: La situazione e' alquanto complessa. Innanzitutto bisogna parlare delle varie forme di oralita', una di queste nella tradizione etiope e' veicolata attraverso il canto, le parole delle canzoni sono la voce del popolo. Il canto racconta dell'attualita', critica, denuncia, in una forma molto antica piena di metafore. Oggi questa tradizione e' mantenuta dai giovani artisti. Poi esiste la tradizione dei cantori, i cosidetti "Azmari", improvvisatori di versi, che attualmente hanno aperto locali ad Addis Abeba, molto frequentati. Infine esiste ancora grande rispetto per gli anziani e gli eremiti, i quali sono i detentori della "storia" tramandata attraverso l'oralita'. Quindi, anche se in un modo che potremmo dire "adattato alla modernita'", la tradizione orale e' ancora uno dei pilastri della cultura etiope. * - Barbara Romagnoli: C'e' una forte presenza di Dio in questo racconto. Lo stesso Dio degli italiani colonizzatori, eppure appare diverso, forse per via di come il tuo popolo si intrattiene con esso. Qual e' il tuo rapporto con la religione? - Gabriella Ghermandi: Io non ho rapporti con la religione ma con la spiritualita'. Il mio padre spirituale, un eremita che oggi ha 91 anni, mi ha cresciuta ricordandomi che il rapporto di ciascun uomo con Dio e' privato, che la spiritualita' e' uno sostegno per compiere il proprio percorso e non un ostacolo e che per avvicinarsi ad essa bisogna allontanarsi dal moralismo. Nel mio percorso spirituale ho incontrato lama tibetani e maestri indiani che mi hanno aiutato ad aprire la mente, a trovare nuovi punti di osservazione. Il mio cuore resta vicino al cristianesimo, perche' quella e' la mia strada anche se non puo' esserla per tutti. Sono molto grata ai tanti maestri che ho incontrato per avermi aiutato a percorrere un pezzo di strada. * - Barbara Romagnoli: Tante le donne, accanto a Mahlet, protagoniste di questo romanzo corale. Che peso ha nella tua vita la differenza/identita' di genere? - Gabriella Ghermandi: Oddio, che domanda difficile. Non ho mai sentito il peso di essere una femmina e neppure il peso di essere mista. Per un certo tempo, nella mia infanzia, ho provato ad essere solo italiana. Cosi' avrebbe voluto mia madre che aveva subito il colonialismo e sperava che noi, io e mio fratello, non dovessimo vivere le sue stesse pene. Poi sono arrivata in Italia e ho compreso la naturale regalita' dell'appartenere a me stessa e alla mia complessita' di femmina e di incontri di culture. L'essere femmina mi ha aiutato, sono stata coccolata da tutti gli anziani e le anziane di casa e sono sempre stata incoraggiata ad andare avanti. Soprattutto dagli uomini. Ho potuto incarnare il mio animo da guerriera e seguire, seppure in un modo diverso, ossia con l'arma della scrittura, la stessa strada delle tante donne della resistenza di cui parlo nel mio romanzo. * - Barbara Romagnoli: Grazie al lavoro di storici e scrittori come te si e' sfatato il mito degli italiani brava gente in Africa, eppure non e' ancora diventato patrimonio di memoria collettiva. Cosa bisogna fare secondo te? - Gabriella Ghermandi: Bisogna continuare a parlarne, magari facendo circolare pellicole come "Adwa" di Haile' Gerima, Fascist legacy - documentario britannico - o il film Il leone del deserto (che in Italia ha subito una scandalosa censura - ndr). E poi scrivere le storie di quei tempi, perche', a differenza di un libro storico che permette il distacco emotivo, i film, i romanzi, i racconti, portano gli spettatori ad una emozione empatica che ne risveglia le coscienze sopite. Comprendere di avere sbagliato aiutera' gli italiani a non sentirsi superiori e migliori di altri colonialisti. * - Barbara Romagnoli: Da anni vai in giro con una intensa attivita' teatrale: spettacoli che parlano di identita' multiple e collettive. Che rapporto c'e' tra l'essere figlia di piu' culture e la scrittura? - Gabriella Ghermandi: La scrittura e' l'arma magica che mi ha permesso di armonizzare tra loro le mie differenze. Mescolare la lingua italiana agli odori delle spezie del mio paese, ai suoni, ai canti, ai modi di dire e' per me fonte di un infinito piacere sensoriale e dell'anima. Attraverso la scrittura io non sono divisa tra le mie differenze, ma quadruplicata, dentro di me si crea spazio per poter essere al contempo italiana, etiope, eritrea, bolognese, senza togliere nulla alle mie diverse identita'. * - Barbara Romagnoli: In un tuo racconto dicevi che arrivata in Italia ti aveva colpito quanto gli italiani "programmassero" la vita, incuranti di cio' che accadeva loro attorno. Pensi sia ancora cosi' o c'e' altro adesso che noti e che e' molto diverso dalla tua cultura di origine? - Gabriella Ghermandi: L'Italia sta cambiando, la programmazione sta sempre piu' cedendo il passo alla precarieta'. Ed e' una precarieta' molto pesante perche' aggravata dalla mancanza di qualcosa che nel mio paese c'e' e permette a tutti di continuare a vivere: la solidarieta' tra la gente. 3. LIBRI. ENRICO BAJ PRESENTA "LA SFIDA DI MINERVA" DI SERGE LATOUCHE (2000) [Dal "Corriere della sera" del 5 settembre 2000, col titolo "La dea Minerva alla sfida della modernita'" e il sommario " Una razionalita' prudente e saggia per mitigare gli effetti di uno sviluppo incontrollato. Le riflessioni di Latouche su tecnologia e globalizzazione". Enrico Baj (Milano 1924 - Vergiate 2003) e' stato un grande artista impegnato su posizioni libertarie; tra le sue opere segnaliamo particolarmente la serie dei Generali e quella delle Dame; e I funerali dell'anarchico Pinelli; tra gli scritti segnaliamo il volume Impariamo la pittura, Rizzoli, Milano 1985, e il libro-intervista a cura di Luciano Caprile, Conversazioni con Enrico Baj, Eleuthera, Milano 1997. Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita' occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000; L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004; Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa' alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali, globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000] La nostra societa' razionale agirebbe in modo funzionale, al fine di rendere disponibili beni e prodotti destinati alla soddisfazione di bisogni e desideri. I beni e i prodotti richiesti dal mercato hanno costi di investimento e di fabbricazione. In base ai costi e al valore remunerativo aggiunto vengono venduti a un certo prezzo. Investimenti, costi, produzione, utili, prezzi: la razionalita' altro non sarebbe che l'immaginario economico della nostra societa' di mercato a estensione planetaria. Via etere o via cavo ogni giorno, in tempo irreale, veniamo coinvolti in stupri, naufragi, missili piu' o meno intelligenti, esecuzioni capitali, suicidi, fughe radioattive, buchi ozonici e dissoluzioni di ghiacciai. A furia di spettacolo, la societa' diventa irragionevole e finisce intrappolata in un circolo vizioso, come nel rasoio di Nicholas Georgescu-Roegen. Secondo questo famoso economista, l'uomo inventa un rasoio elettrico per guadagnare tempo, tempo che dedichera' allo studio di un altro rasoio con maggiori prestazioni. Il tempo risparmiato verra' reinvestito nella concezione di un rasoio ancora piu' rapido, e cosi' via. Allontanandosi dalla ragionevolezza, l'uomo e' salito su un bolide senza pilota ne' freni ne' retromarcia. Questo bolide, che si autoalimenta di continua accelerazione, e' la megamacchina tecnoproduttiva il cui unico scopo e' la fuga in avanti e la corsa illimitata senza traguardi al di fuori dell'aumento annuo del prodotto lordo e del consumo sporco. Nel suo ultimo libro, La sfida di Minerva , Serge Latouche avverte che il nostro istinto, plasmatosi sulla tradizione greca, avverte odor di bruciato. A Minerva, dea greco-latina dell'intelligenza, si possono attribuire due filiazioni spirituali: "Phronesis", la maggiore in eta', ovvero la prudenza, la saggezza, il "ragionevole" e "Logos epistemonikos", ovvero la ragione geometrica, il "razionale". Diventando razionale, la ragione si e' svuotata di ogni sostanza, trasformandosi in qualcosa di totalmente astratto. La razionalita' tecnoeconomica messa in orbita dalla modernita' occidentale si inebria nella manipolazione, anche genetica, di quel gigantesco meccano che e' la creazione del mondo. Tuttavia permane la memoria di una tradizione piu' antica nata sulle rive del Mediterraneo. Per Latouche la prudenza, "Phronesis", e' senz'altro mediterranea, da Aristotele a Cicerone: essa presuppone la conoscenza della condizione tragica dell'uomo e il senso del limite. Dobbiamo altresi' riconoscere che la stessa ragione e' sempre minacciata dalla contaminazione del razionale, ovvero dal suo versante tecnologico. E questa e' la sfida di Minerva: non si tratta di tornare alla prudenza di Cicerone e Aristotele, bensi' di superarla per uscire dagli intralci di una ragione a doppia faccia. 4. LIBRI. MAURIZIO SCHOEPFLIN PRESENTA "LA SAPIENZA DELL'AMORE" DI SERGIO LABATE (2001) [Dal quotidiano "Avvenire" del 12 maggio 2001 col titolo " L'amore ama il Bene, parola di Levinas". Maurizio Schoepflin (Firenze 1954), insegna filosofia nei licei e presso l'Istituto superiore di scienze religiose all'Apollinare di Roma; e' stato docente a contratto nella Facolta' di Scienze politiche della Libera universita' internazionale di studi sociali "Guido Carli" (Luiss) di Roma; ha tenuto cicli di lezioni presso la Facolta' teologica dell'Italia Centrale di Firenze. Collabora con vari periodici, tra cui: "Studi cattolici", "Radici cristiane", "Tracce", "Il Timone", "Jesus", "Letture"; con Radio Rai e col Portale web "Documentazione interdisciplinare di scienza e fede". Scrive sulle pagine culturali dei quotidiani "Avvenire", "Il Giornale", "Il Foglio", "Giornale di Brescia" e del settimanale "Toscana oggi". Tra le opere di Maurizio Schoepflin: Il "De magistro" di Sant'Agostino e il tema dell'educazione nel cristianesimo antico, Paravia, Torino 1994; Il "Fedone" di Platone e il problema dell'anima nel pensiero greco, Paravia, Torino 1995; Filosofi. Vita, opere e pensiero di tutti i grandi pensatori occidentali, Piemme, Casale Monferrato 1995; In itinere. Studi filosofici e altri saggi, Euroma La Goliardica, 1996; Via amoris. Immagini dell'amore nella filosofia occidentale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; L'amore secondo i filosofi, Citta' Nuova, Roma 1999; (con Linda Seren), San Valentino di Terni. Storia, tradizione, devozione, Ocd, 2000; L'insegnamento della filosofia in Italia oggi, Leonardo da Vinci, 2001; Maurice Blondel. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002; La felicita' secondo i filosofi, Citta' Nuova, Roma 2003; Pensare da credenti. Ritratti di filosofi dell'Europa cristiana, Edizioni dell'Immacolata, Borgonuovo 2005; Piccolo dizionario dei filosofi, Solfanelli, 2006. Sergio Labate, amico della nonviolenza e di essa acutissimo studioso, e' docente di ermeneutica filosofica all'Universita' di Macerata. Tra le pubblicazioni di Sergio Labate: La sapienza dell'amore. In dialogo con Emmanuel Levinas, Cittadella, Assisi 2000; La verita' buona. Senso e figure del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 2004; "Volto e donazione. Il tema dell'evidenza in Levinas", in P. Ventura (ed.), Ri-pensando al diritto, Giappichelli, Torino 2001; "Dono o abbandono. Interrogando il libro II di Dato che", in G. Ferretti (ed.), Fenomenologia della donazione: a proposito di Dato che di Jean-Luc Marion, Morlacchi, Perugia 2002; Presenza e reciprocita'. Linee di ricerca tra Levinas e il dono, in "Firmana. Quaderni di teologia e pastorale", n. 2, 2002; "Liberta' e gratuita' nel pensiero di Emmanuel Levinas", in G. Ferretti, R. Mancini (edd.), La dignita' della liberta', Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003; "Donare in sostanza. Sul potere ontologico del dono", in G. Ferretti (ed.), Il codice del dono. Verita' e gratuita' nelle ontologie del Novecento, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003. Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il 12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania, Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, piu' tardi, Gueroult. L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si puo' legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici. Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia' cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg. L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel. L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal 1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole dell'Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani, maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva importanza. Opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina); Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it. parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo); Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr. it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee (tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo stampata col titolo Ethique et infini. Opere su Emmanuel Levinas: Per la bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino, La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas, ermeneutica e separazione, Citta' Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas. Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas, Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, Edb, Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg & Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo' non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; Francois Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003] "Il pensiero di Levinas ci sembra proprio un tentativo radicale di convertire il pensiero all'ascolto dell'alterita'. Ma non solo. Cio' che in Levinas e' essenziale e' che la relazione con l'altro trova la sua origine nel primato del Bene"; in queste brevi e succose considerazioni e' sintetizzata l'interpretazione che delle filosofia levinasiana propone Sergio Labate nel volume La sapienza dell'amore (Cittadella, pp. 270. lire 34.000). Scrive a tale riguardo Labate: "Questo libro non nasce da un pensiero ammutolito e solo, ma attesta, nella passione per l'insegnamento filosofico di Levinas, che la filosofia... puo', senza annullarsi e rispondendo sempre al passato del pensiero... essere in origine ascolto, dialogo e ammaestramento di qualcuno a qualcun altro, dono dell'altro che dona a qualcuno il proprio percorso filosofico". E non v'e' dubbio che il pensiero levinasiano costituisca un'occasione privilegiata per assaporare il valore di una filosofia che diventa proposta di vita attraverso l'asserzione della superiorita' del Bene. Labate, operando una scelta interpretativa sicuramente interessante, riconduce la lezione levinasiana al concetto di gratuita' e scrive quanto segue: "E' l'anteriorita' del Bene e permettere la relazione con l'alterita'. E' questa, ci sembra, una traduzione filosofica di quanto significato nelle stesse esperienze di gratuita': l'altro lo incontriamo solo se, piuttosto che utilizzarlo come mezzo per il nostro interesse, siamo in relazione con lui per il suo bene. Cosi' ogni esperienza d'amore oblativo non fa che attestare questo legame tra relazione e Bene. E' il bene dell'altro che io desidero nella relazione oblativa. Il movente di ogni dono e' il bene dell'altro". Muovendosi su questa linea, Labate rilegge l'opera di Levinas come una lunga e serrata meditazione sul primato del Bene e della sua logica, che e' la logica del dono. 5. LIBRI. GIANNI VATTIMO PRESENTA LA "STORIA DELLA FILOSOFIA" DI NICOLA ABBAGNANO [Dal settimanale "L'espresso", n. 51, del 27 dicembre 2005, col titolo "Vivere con filosofia". Gianni Vattimo (Torino 1936), filosofo, docente universitario, e' da sempre impegnato per i diritti civili. Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la seguente scheda biografica di Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino, dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano 2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000) e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano 2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti, Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto, L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires". Nicola Abbagnano (Salerno 1901 - Milano 1990), illustre filosofo e storico della filosofia. Un'ampia notizia biobibliografica e' nelle "Notizie minime della nonviolenza" n. 127. Utilissimo il sito alla sua figura ed alla sua opera dedicato: www.nicolaabbagnano.it] Ormai si e' organizzato anche a Torino un festival della spiritualita', con grande successo di pubblico, e possiamo aspettarci che presto competa con il Festival della filosofia che da qualche anno si svolge a Modena e dintorni per iniziativa del Collegio San Carlo. Domanda: perche' tanta popolarita' per una disciplina, la filosofia, "con la quale, per la quale, senza la quale", come suona il detto popolare, "tutto rimane tale e quale"? Una prima cinica risposta potrebbe essere: perche' la tv ormai ha stufato. Oppure, come avevo ipotizzato anni fa in occasione del successo editoriale di una storia della filosofia a dispense (va bene che era opera del grande Severino!): "Gratta il barile e trovi Parmenide". Cioe': quando ormai tutte le tematiche dell' attualita', della cultura comune, ecc. sono consumate, anche la filosofia puo' diventare una roba buona per le edicole. Tutte queste possibili risposte solo semiserie hanno una loro verita', che in fondo corrisponde bene a quella certa sazieta' che si impadronisce dell'uomo contemporaneo potenzialmente "onnisciente" e pero' malato della "malattia storica" di cui parlava gia' il giovane Nietzsche. Noi tardo-moderni super-informati, o almeno con tutto lo scibile a disposizione nelle reti telematiche e nei canali televisivi, oltre che nei libri, ci aggiriamo nel giardino della storia (passata) come in un deposito di maschere teatrali, che ci piace provare e lasciare a nostro piacimento, con un finale risultato di noia quando non decisamente di angoscia, forse la stessa del don Giovanni di Kierkegaard. Allora, dovremmo fare il salto nell'etica, come Kierkegaard voleva facesse il seduttore del suo "Aut-aut"? Una bella cura, omeopatica perche' sempre di storia si tratta, potrebbe essere proprio ripercorrere le filosofie del passato sotto la guida di un grande pensatore esistenzialista, e cioe' di uno che la lezione di Kierkegaard l'aveva profondamente assimilata e che guardava ai filosofi senza alcun atteggiamento estetistico, ma cercandovi degli esempi per ripensare se stesso e il senso della propria esistenza. E' con questo spirito che Nicola Abbagnano, professore all'Universita' di Torino fino a pochi anni prima della morte (avvenuta nel 1990), aveva costruito il suo grande "manuale" di storia della filosofia, pubblicato per la prima volta nel 1946, e poi continuamente aggiornato negli anni, sia per seguire gli sviluppi della filosofia contemporanea, sia per tener conto di nuove scoperte, nuove edizioni di testi, nuove interpretazioni delle filosofie passate. Questo lavoro di aggiornamento e di vero e proprio completamento fu da lui affidato, poco prima di morire, a uno dei suoi allievi piu' fedeli e anche piu' "congeniali", Giovanni Fornero, che ha quasi raddoppiato il volume del libro, il quale si presenta ora come una delle piu' complete opere di riferimento per lo studio di questa "inutile" disciplina, oltre che come una lettura per molti aspetti appassionante. Per capire lo spirito dell'opera, e anche per confermarci nell'idea che studiarla sia un affare non solo di curiosita' o di "informazione", ma qualcosa di piu' e di piu' significativo per sviluppare la comprensione di noi stessi e il senso stesso dell'esistenza, e' utile rileggere l'introduzione che Abbagnano aveva premesso al primo volume dell'opera nel 1946. Una data dalla quale fortunatamente siamo lontani, ma che per tanti aspetti non manca di analogie con la situazione attuale (soprattutto se, senza alcun pessimismo preconcetto, guardiamo al futuro che ci aspetta e che sembra destinato ad essere un periodo abbastanza oscuro, una sorta di medioevo, dove forse dovremo sopravvivere solo mantenendo vive le grandi idee e opere del passato). Allora era appena finita la seconda guerra mondiale, un periodo che, soprattutto da ultimo, Torino aveva vissuto in mezzo a difficolta' enormi (bombardamenti, repressione tedesca, fame), ma anche con i momenti esaltanti della Resistenza antifascista. Abbagnano non era stato immune, negli anni del fascismo trionfante, da qualche cedimento all'ideologia del regime. Anche se alcuni dei suoi allievi, e piu' tardi colleghi, migliori, a cominciare da Luigi Pareyson e Pietro Chiodi, avevano militato nelle file partigiane. Lui stesso non aveva certo creduto alle dottrine del fascismo, si era comportato "da signore" qual era; cioe' come un uomo di cultura sostanzialmente scettico nei confronti della politica non sfuggendo al rischio di un certo "nicodemismo". Poiche' la sua Storia della filosofia comincio' a uscire nel 1946, possiamo ben supporre che nel periodo oscuro della dittatura e della guerra egli avesse deciso di rimanersene in compagnia dei suoi piu' antichi colleghi filosofi, dedicandosi al complesso lavoro, anche di filologia, che doveva preparare quell'opera. Intorno agli anni Quaranta, del resto, aveva anche scritto e pubblicato alcune delle opere che furono tra le prime dell'esistenzialismo italiano. La Storia non volle essere, fin dall'inizio, solo un affare di ricostruzione "oggettiva" delle dotttine del passato. Abbagnano respingeva, nella introduzione del 1946, la divisione tra lavoro storico e lavoro teorico in filosofia - una divisione che invece si sarebbe accentuata negli anni successivi, fino a certi stremi di oggi in cui gli "storici della filosofia" si credono gli unici studiosi seri di questa disciplina (perche' dicono cose documentate, frutto di ricerche di cui si puo' controllare la validita') e considerano i "teorerici" poco piu' che dei tuttologi buoni solo per giornali e tv. Abbagnano non si illudeva che fare teoria filosofica fosse un puro affare di riflessione sulle esperienze. vissute; bisognava invece proprio prendere in considerazione il pensiero del passato, per trovarvi esempi, ispirazione, un vocabolario carico di significati, dei veri e propri "segnavia". Non pero' dando ragione a Hegel e all'idealismo, per i quali la storiografia filosofica coincideva con la ricostruzione genealogica di una catena destinata a condurre, appunto, alla filosofia di Hegel stesso, che conservava e "superava" tutto il meglio che si era pensato nel passato. Ma nemmeno pensando che le dottrine di vari pensatori dei secoli trascorsi fossero un coacervo senza capo ne' coda, un ammasso di opinioni del tutto arbitrarie e spesso decisamente folli. Abbagnano si proponeva di evitare questi due estremi (il primo dei quali predominante nella filosofia neoidealistica italiana, ma poco piu' tardi anche nel marxismo) considerando le filosofie come espressione spirituale di persone in carne ed ossa, che avevano costruito sistemi o complessi di dottrine a partire da un problema centrale che doveva guidare anche lo storico nello sforzo di comprenderli. La Storia della filosofia, diceva Abbagnano, e' profondamente diversa dalla storia della scienza; in quest'ultima, le ipotesi falsificate si gettano via, conservando solo i risultati positivi; nella filosofia non c'e' mai qualcosa di totalmente superato, proprio perche' ogni filosofia e' espressione di una persona e non tappa di uno sviluppo conoscitivo diretto verso una qualche verita' ultima e definitiva. "Noi non possiamo raggiungere, senza l'aiuto che ci viene dai filosofi del passato, la soluzione dei problemi dai quali dipende la nostra esistenza singola ed associata. Noi dobbiamo percio' proporre storicamente tali problemi; e nel tentativo di intendere la parola di Platone o di Aristotele, di Agostino o di Kant e di quanti altri, piccoli o grandi, abbiano saputo esprimere un'esperienza umana fondamentale, dobbiamo vedere il tentativo stesso di mettere in chiaro e portare alla soluzione i problemi nostri". Cosi' scriveva Abbagnano, e portava anche come esempio di questo atteggiamento quello di Platone nei confronti di Socrate: aveva passato la vita a cercare di spiegare la filosofia socratica, ma cosi' facendo - come accade negli interpreti autentici, e come sempre piu' capisce l'ermeneutica di oggi - aveva creato il proprio originale sistema. Naturalmente, si puo' anche pensare che non siamo tutti come Platone verso Socrate; cioe' che non dobbiamo per forza crearci un nostro sistema. Ma possiamo davvero pensare ancora cosi', nel mondo che Nietzsche chiamava del nichilismo compiuto, dove non c'e' piu' "una" verita' - che del resto e' sempre stata quella del potere e dei dominatori? In questo mondo, appunto il nostro, della comunicazione generalizzata, della globalizzazione, del pluralismo delle culture, chi non diventa un "oltreuomo" (il superuomo di Nietzsche), e cioe' non reinterpreta originalmente le parole del passato, e' perduto, non esiste piu'' come un singolo. Da questo, ci rendiamo sempre piu' conto, dipende anche, forse principalmente, la qualita' della nostra vita, fin nei suoi aspetti piu' quotidiani. Anche solo per questa ragione, di semplice salute mentale, vale la pena di provare a mettersi alla scuola della Storia di Abbagnano. 6. LETTURE. ANTONELLA MARAZZI: ALFONSO LEONETTI. STORIA DI UN'AMICIZIA Antonella Marazzi, Alfonso Leonetti. Storia di un'amicizia. Testi inediti, ricordi e corrispondenza con Roberto Massari (1973-1984), Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2004, pp. 288, euro 12. Antonella Marazzi, acuta studiosa del marxismo rivoluzionario e generosa militante della sinistra di classe, raccoglie e presenta in questo libro i documenti di un'amicizia e di una collaborazione politica e soprattutto intellettuale che si diede negli anni '70 tra due giovani studiosi e militanti (l'autrice e Roberto Massari) e Alfonso Leonetti (Andria 1895 - Roma 1984), uno dei fondatori del Partito comunista d'Italia nel 1921, uno dei "Tre" (con Paolo Ravazzoli e Pietro Tresso) dell'opposizione antistalinista italiana, un monumento del movimento operaio. Il volume contiene materiali assai eterogenei e di diseguale interesse e valore; forse se invece di realizzarlo nella forma di regesto di documenti si fosse proceduto a una selezione (e si fosse sorvolato - invece di tornarvi con puntiglio e fin acredine - su alcune polemiche che ad alcuni dei protagonisti ancora premono ma che davvero sono consegnate a una cronaca minima e quasi da piccolo album di famiglia di tre decenni fa) e magari a una miglior focalizzazione sul protagonista (ad esempio ampliando la sezione degli articoli in occasione della scomparsa, inserendo una bibliografia approfondita, et similia) il libro sarebbe ancor puo' appassionante; e tuttavia esso resta un utile contributo alla conoscenza non solo della figura di Leonetti, ma di una temperie e di alcune vicende, esperienze e riflessioni; la parte piu' bella - e non di rado commovente - sono le testimonianze intime, nei carteggi amicali e nelle scritture di memoria. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 133 del 27 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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