Minime. 133



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 133 del 27 giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Marcolfo Alboini: Due forme della rassegnazione
2. Barbara Romagnoli intervista Gabriella Ghermandi
3. Enrico Baj presenta "La sfida di Minerva" di Serge Latouche (2000)
4. Maurizio Schoepflin presenta "La sapienza dell'amore" di Sergio Labate
(2001)
5. Gianni Vattimo presenta la "Storia della filosofia" di Nicola Abbagnano
6. Letture. Antonella Marazzi, Alfonso Leonetti. Storia di un'amicizia
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE. MARCOLFO ALBOINI: DUE FORME DELLA RASSEGNAZIONE

Il muselmann che cede, il denudato
che il cekista porta al plotone, il torturato
che recita a richiesta il calendario.

E quello che accettando il fascismo
ha fatto carriera ed e' oggi ministro.

2. RIFLESSIONE. BARBARA ROMAGNOLI INTERVISTA GABRIELLA GHERMANDI
[Ringraziamo Barbara Romagnoli (per contatti: duepunti2 at yahoo.it) per averci
messo a disposizione la seguente intervista apparsa su "Aprile online" del
15 giugno 2007 col titolo "La naturale regalita' dell'appartenere a me
stessa".
Barbara Romagnoli, giornalista professionista, e' nata a Roma nel 1974 e da
gennaio 2006 vive a Leiden in Olanda; si e' laureata in filosofia con una
tesi su "Louise du Neant: esperienza mistica e linguaggio del corpo", si e'
sempre interessata di studi di genere e femminismi, ha partecipato a
seminari e incontri sulla storia e i movimenti politici delle donne in
Italia e all'estero; ha lavorato per diversi anni alla rivista "Carta", ora
collabora come freelance con varie testate (tra cui "Liberazione", "Marea",
"Peacereporter", "Amisnet", "Aprile"). Fa parte del collettivo A/matrix con
cui condivide la passione per la politica, il femminismo e la buona tavola.
Su Gabriella Ghermandi dal sito www.gabriella-ghermandi.it riprendiamo la
seguente scheda: "Gabriella Ghermandi, italo-etiope-eritrea, e' nata ad
Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi
anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il primo
premio del concorso per scrittori migranti dell'associazione Eks&Tra,
promosso da Fara Editore, e nel 2001 il terzo premio. Ha pubblicato racconti
in varie collane e riviste, tra cui Nuovo planetario Italiano. Mappa della
nuova geografia di scrittori migranti in Italia e in Europa a cura di
Armando Gnisci, ed. Citta' Aperta, L'Italiano degli altri: 16 storie di
normale immigrazione per Einaudi scuola, Quaderni del Novecento: La
letteratura postcoloniale italiana, Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, Il lettore di provincia n. 123-124 - volume monografico
intitolato "Spaesamenti padani" a cura di Clarissa Clo', Longo Editore.
Seguendo l'arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope,
scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia
che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in
Italia e Svizzera, sulla ricerca della identita' "unica" di ciascun
individuo - da contrapporre alle "identita' collettive" - come percorso di
pace. E' stata per due anni direttrice artistica del Festival Evocamondi,
festival di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista "El
Ghibli", a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Ha creato per il festival
"Le strade dell'esodo - II edizione" la performance di lettura, musica e
narrazione Terre rosse dei sentieri d'Africa, e per "Le strade dell'esodo -
III edizione" la performance di lettura Mille sono le vie del ritorno. Si e'
occupata della raccolta di interviste a migranti nella Comunita' Montana Val
Samoggia in provincia di Bologna, per il progetto Migranti, storia e storie
di un millennio di mobilita' nelle valli del Samoggia e del Lavino. Ha
partecipato come consulente tecnica in vari progetti tra i quali "Ti conosco
perche' ti ho letto", percorso di lettura di autori migranti in quaranta
classi nelle scuole della valle dell'Idice (provincia di Bologna) e
"all'incrocio dei sentieri" incontri con scrittori migranti nelle
biblioteche della provincia di Bologna. E' fondatrice, assieme ad altri
scrittori, della rivista online "El Ghibli" e fa parte del comitato
editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello
dell'Aais (American association for italian studies), nella sezione
"spaesamenti padani" condotta dalla professoressa Clarissa Clo' nel 2006, e
nel 2007 assieme a Edvige Giunta sul tema della multidentita' e scrittura.
Quest'anno, dal 16 aprile al 6 maggio, e' stata in tour negli Stati Uniti a
portare i suoi spettacoli di narrazione nelle facolta' del Wisconsin, San
Diego, Los Angles e Colorado Springs. Nell'aprile 2007 e' uscito il suo
primo romanzo Regina di fiori e di perle per Donzelli editore"]

Condividere la memoria che riguarda due popoli, senza omettere nulla ne'
puntare il dito, ma far parlare le contraddizioni e, oltre quelle, guardare
al futuro. Questo ho pensato dopo aver chiuso il bel romanzo di Gabriella
Ghermandi (Regina di fiori e di perle, Donzelli editore, 264 pagine, 21
euro) che racconta dell'occupazione italiana in Etiopia. Nel leggerlo sembra
di stare attorno a un tavolo ad ascoltare qualche vecchio di famiglia. Nella
finzione letteraria la protagonista che raccoglie le storie, dopo averlo
promesso al vecchio Jacob, e' Mahlet, bimba cresciuta in Etiopia e divenuta
donna in Italia. Ricorda un po' la vita dell'autrice, che ci spiega come e'
nato questo romanzo, una sorta di musica scritta per essere cantata a piu'
voci.
*
- Barbara Romagnoli: "Regina di fiori e di perle" e' il tuo primo romanzo,
ma tu non sei nuova alla scrittura. Perche' hai abbandonato il racconto
breve?
- Gabriella Ghermandi: Nel momento in cui ho sentito l'esigenza di
raccontare del colonialismo italiano con la voce della nostra gente, mi sono
resa conto che un racconto o uno spettacolo non sarebbe stato sufficiente.
Continue storie sorgevano dentro di me, come un vulcano risvegliato
all'improvviso. Esplodevano nella mia immaginazione come fuochi d'artificio
multicolori. Storie che avevo ascoltato da bambina e altre che mi sono state
raccontate, per caso, ma forse non lo era, da alcuni anziani guerrieri che
ho incontrato nel mio ultimo viaggio in Etiopia, nel gennaio 2006. Tante
storie che avevano bisogno del ritmo lento della mia terra, e quindi un
romanzo.
*
- Barbara Romagnoli: La tua narrazione si svolge sul registro dell'oralita',
qualcosa che appartiene profondamente alla cultura tradizionale africana. Il
racconto orale e' ancora importante o la modernita' ha tolto il gusto per la
parola ascoltata e tramandata?
- Gabriella Ghermandi: La situazione e' alquanto complessa. Innanzitutto
bisogna parlare delle varie forme di oralita', una di queste nella
tradizione etiope e' veicolata attraverso il canto, le parole delle canzoni
sono la voce del popolo. Il canto racconta dell'attualita', critica,
denuncia, in una forma molto antica piena di metafore. Oggi questa
tradizione e' mantenuta dai giovani artisti. Poi esiste la tradizione dei
cantori, i cosidetti "Azmari", improvvisatori di versi, che attualmente
hanno aperto locali ad Addis Abeba, molto frequentati. Infine esiste ancora
grande rispetto per gli anziani e gli eremiti, i quali sono i detentori
della "storia" tramandata attraverso l'oralita'. Quindi, anche se in un modo
che potremmo dire "adattato alla modernita'", la tradizione orale e' ancora
uno dei pilastri della cultura etiope.
*
- Barbara Romagnoli: C'e' una forte presenza di Dio in questo racconto. Lo
stesso Dio degli italiani colonizzatori, eppure appare diverso, forse per
via di come il tuo popolo si intrattiene con esso. Qual e' il tuo rapporto
con la religione?
- Gabriella Ghermandi: Io non ho rapporti con la religione ma con la
spiritualita'. Il mio padre spirituale, un eremita che oggi ha 91 anni, mi
ha cresciuta ricordandomi che il rapporto di ciascun uomo con Dio e'
privato, che la spiritualita' e' uno sostegno per compiere il proprio
percorso e non un ostacolo e che per avvicinarsi ad essa bisogna
allontanarsi dal moralismo. Nel mio percorso spirituale ho incontrato lama
tibetani e maestri indiani che mi hanno aiutato ad aprire la mente, a
trovare nuovi punti di osservazione. Il mio cuore resta vicino al
cristianesimo, perche' quella e' la mia strada anche se non puo' esserla per
tutti. Sono molto grata ai tanti maestri che ho incontrato per avermi
aiutato a percorrere un pezzo di strada.
*
- Barbara Romagnoli: Tante le donne, accanto a Mahlet, protagoniste di
questo romanzo corale. Che peso ha nella tua vita la differenza/identita' di
genere?
- Gabriella Ghermandi: Oddio, che domanda difficile. Non ho mai sentito il
peso di essere una femmina e neppure il peso di essere mista. Per un certo
tempo, nella mia infanzia, ho provato ad essere solo italiana. Cosi' avrebbe
voluto mia madre che aveva subito il colonialismo e sperava che noi, io e
mio fratello, non dovessimo vivere le sue stesse pene. Poi sono arrivata in
Italia e ho compreso la naturale regalita' dell'appartenere a me stessa e
alla mia complessita' di femmina e di incontri di culture. L'essere femmina
mi ha aiutato, sono stata coccolata da tutti gli anziani e le anziane di
casa e sono sempre stata incoraggiata ad andare avanti. Soprattutto dagli
uomini. Ho potuto incarnare il mio animo da guerriera e seguire, seppure in
un modo diverso, ossia con l'arma della scrittura, la stessa strada delle
tante donne della resistenza di cui parlo nel mio romanzo.
*
- Barbara Romagnoli: Grazie al lavoro di storici e scrittori come te si e'
sfatato il mito degli italiani brava gente in Africa, eppure non e' ancora
diventato patrimonio di memoria collettiva. Cosa bisogna fare secondo te?
- Gabriella Ghermandi: Bisogna continuare a parlarne, magari facendo
circolare pellicole come "Adwa" di Haile' Gerima, Fascist legacy -
documentario britannico - o il film Il leone del deserto (che in Italia ha
subito una scandalosa censura - ndr). E poi scrivere le storie di quei
tempi, perche', a differenza di un libro storico che permette il distacco
emotivo, i film, i romanzi, i racconti, portano gli spettatori ad una
emozione empatica che ne risveglia le coscienze sopite. Comprendere di avere
sbagliato aiutera' gli italiani a non sentirsi superiori e migliori di altri
colonialisti.
*
- Barbara Romagnoli: Da anni vai in giro con una intensa attivita' teatrale:
spettacoli che parlano di identita' multiple e collettive. Che rapporto c'e'
tra l'essere figlia di piu' culture e la scrittura?
- Gabriella Ghermandi: La scrittura e' l'arma magica che mi ha permesso di
armonizzare tra loro le mie differenze. Mescolare la lingua italiana agli
odori delle spezie del mio paese, ai suoni, ai canti, ai modi di dire e' per
me fonte di un infinito piacere sensoriale e dell'anima. Attraverso la
scrittura io non sono divisa tra le mie differenze, ma quadruplicata, dentro
di me si crea spazio per poter essere al contempo italiana, etiope, eritrea,
bolognese, senza togliere nulla alle mie diverse identita'.
*
- Barbara Romagnoli: In un tuo racconto dicevi che arrivata in Italia ti
aveva colpito quanto gli italiani "programmassero" la vita, incuranti di
cio' che accadeva loro attorno. Pensi sia ancora cosi' o c'e' altro adesso
che noti e che e' molto diverso dalla tua cultura di origine?
- Gabriella Ghermandi: L'Italia sta cambiando, la programmazione sta sempre
piu' cedendo il passo alla precarieta'. Ed e' una precarieta' molto pesante
perche' aggravata dalla mancanza di qualcosa che nel mio paese c'e' e
permette a tutti di continuare a vivere: la solidarieta' tra la gente.

3. LIBRI. ENRICO BAJ PRESENTA "LA SFIDA DI MINERVA" DI SERGE LATOUCHE (2000)
[Dal "Corriere della sera" del 5 settembre 2000, col titolo "La dea Minerva
alla sfida della modernita'" e il sommario " Una razionalita' prudente e
saggia per mitigare gli effetti di uno sviluppo incontrollato. Le
riflessioni di Latouche su tecnologia e globalizzazione".
Enrico Baj (Milano 1924 - Vergiate 2003) e' stato un grande artista
impegnato su posizioni libertarie; tra le sue opere segnaliamo
particolarmente la serie dei Generali e quella delle Dame; e I funerali
dell'anarchico Pinelli; tra gli scritti segnaliamo il volume Impariamo la
pittura, Rizzoli, Milano 1985,  e il libro-intervista a cura di Luciano
Caprile, Conversazioni con Enrico Baj, Eleuthera, Milano 1997.
Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed
epistemologo delle scienze umane, antropologo, esperto di rapporti economici
e culturali Nord/Sud, promotre del Mauss (Movimento antiutilitarista nelle
scienze sociali), propotore della rpoposta della decrescita, e' una delle
figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita' e
la difesa della biosfera. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del
mondo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il pianeta dei naufraghi, Bollati
Boringhieri, Torino 1993; I profeti sconfessati. Lo sviluppo e la
deculturazione, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1995; La megamacchina. Ragione
tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati
Boringhieri, Torino 1995; Il pianeta uniforme. Significato, portata e limiti
dell'occidentalizzazione del mondo, Paravia, Torino 1997; L'altra Africa.
Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino 1997, 2000; Il mondo ridotto
a mercato, Edizioni Lavoro, Roma 2000; La sfida di Minerva. Razionalita'
occidentale e ragione mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino 2000;
L'invenzione dell'economia. L'artificio culturale della naturalita' del
mercato, Arianna Editrice, 2001; La fine del sogno occidentale. Saggio
sull'americanizzazione del mondo, Eleuthera, Milano 2002; Giustizia senza
limiti. La sfida dell'etica in una economia globalizzata, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Il ritorno dell'etnocentrismo, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; Altri mondi, altre menti, altrimenti. Oikonomia
vernacolare e societa' conviviale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004;
Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia
dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla
decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una societa'
alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; La scommessa della
decrescita, Feltrinelli, Milano 2007. Cfr. anche il libro-intervista curato
da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali,
globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, L'Harmattan Italia, Torino 2000]

La nostra societa' razionale agirebbe in modo funzionale, al fine di rendere
disponibili beni e prodotti destinati alla soddisfazione di bisogni e
desideri. I beni e i prodotti richiesti dal mercato hanno costi di
investimento e di fabbricazione. In base ai costi e al valore remunerativo
aggiunto vengono venduti a un certo prezzo. Investimenti, costi, produzione,
utili, prezzi: la razionalita' altro non sarebbe che l'immaginario economico
della nostra societa' di mercato a estensione planetaria. Via etere o via
cavo ogni giorno, in tempo irreale, veniamo coinvolti in stupri, naufragi,
missili piu' o meno intelligenti, esecuzioni capitali, suicidi, fughe
radioattive, buchi ozonici e dissoluzioni di ghiacciai. A furia di
spettacolo, la societa' diventa irragionevole e finisce intrappolata in un
circolo vizioso, come nel rasoio di Nicholas Georgescu-Roegen. Secondo
questo famoso economista, l'uomo inventa un rasoio elettrico per guadagnare
tempo, tempo che dedichera' allo studio di un altro rasoio con maggiori
prestazioni. Il tempo risparmiato verra' reinvestito nella concezione di un
rasoio ancora piu' rapido, e cosi' via. Allontanandosi dalla ragionevolezza,
l'uomo e' salito su un bolide senza pilota ne' freni ne' retromarcia. Questo
bolide, che si autoalimenta di continua accelerazione, e' la megamacchina
tecnoproduttiva il cui unico scopo e' la fuga in avanti e la corsa
illimitata senza traguardi al di fuori dell'aumento annuo del prodotto lordo
e del consumo sporco.
Nel suo ultimo libro, La sfida di Minerva , Serge Latouche avverte che il
nostro istinto, plasmatosi sulla tradizione greca, avverte odor di bruciato.
A Minerva, dea greco-latina dell'intelligenza, si possono attribuire due
filiazioni spirituali: "Phronesis", la maggiore in eta', ovvero la prudenza,
la saggezza, il "ragionevole" e "Logos epistemonikos", ovvero la ragione
geometrica, il "razionale". Diventando razionale, la ragione si e' svuotata
di ogni sostanza, trasformandosi in qualcosa di totalmente astratto. La
razionalita' tecnoeconomica messa in orbita dalla modernita' occidentale si
inebria nella manipolazione, anche genetica, di quel gigantesco meccano che
e' la creazione del mondo. Tuttavia permane la memoria di una tradizione
piu' antica nata sulle rive del Mediterraneo. Per Latouche la prudenza,
"Phronesis", e' senz'altro mediterranea, da Aristotele a Cicerone: essa
presuppone la conoscenza della condizione tragica dell'uomo e il senso del
limite. Dobbiamo altresi' riconoscere che la stessa ragione e' sempre
minacciata dalla contaminazione del razionale, ovvero dal suo versante
tecnologico. E questa e' la sfida di Minerva: non si tratta di tornare alla
prudenza di Cicerone e Aristotele, bensi' di superarla per uscire dagli
intralci di una ragione a doppia faccia.

4. LIBRI. MAURIZIO SCHOEPFLIN PRESENTA "LA SAPIENZA DELL'AMORE" DI SERGIO
LABATE (2001)
[Dal quotidiano "Avvenire" del 12 maggio 2001 col titolo " L'amore ama il
Bene, parola di Levinas".
Maurizio Schoepflin (Firenze 1954), insegna filosofia nei licei e presso
l'Istituto superiore di scienze religiose all'Apollinare di Roma; e' stato
docente a contratto nella Facolta' di Scienze politiche della Libera
universita' internazionale di studi sociali "Guido Carli" (Luiss) di Roma;
ha tenuto cicli di lezioni presso la Facolta' teologica dell'Italia Centrale
di Firenze. Collabora con vari periodici, tra cui: "Studi cattolici",
"Radici cristiane", "Tracce", "Il Timone", "Jesus", "Letture"; con Radio Rai
e col Portale web "Documentazione interdisciplinare di scienza e fede".
Scrive sulle pagine culturali dei quotidiani "Avvenire", "Il Giornale", "Il
Foglio", "Giornale di Brescia" e del settimanale "Toscana oggi". Tra le
opere di Maurizio Schoepflin: Il "De magistro" di Sant'Agostino e il tema
dell'educazione nel cristianesimo antico, Paravia, Torino 1994; Il "Fedone"
di Platone e il problema dell'anima nel pensiero greco, Paravia, Torino
1995; Filosofi. Vita, opere e pensiero di tutti i grandi pensatori
occidentali, Piemme, Casale Monferrato 1995; In itinere. Studi filosofici e
altri saggi, Euroma La Goliardica, 1996; Via amoris. Immagini dell'amore
nella filosofia occidentale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; L'amore
secondo i filosofi, Citta' Nuova, Roma 1999; (con Linda Seren), San
Valentino di Terni. Storia, tradizione, devozione, Ocd, 2000; L'insegnamento
della filosofia in Italia oggi, Leonardo da Vinci, 2001; Maurice Blondel.
Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002; La felicita' secondo
i filosofi, Citta' Nuova, Roma 2003; Pensare da credenti. Ritratti di
filosofi dell'Europa cristiana, Edizioni dell'Immacolata, Borgonuovo 2005;
Piccolo dizionario dei filosofi, Solfanelli, 2006.
Sergio Labate, amico della nonviolenza e di essa acutissimo studioso, e'
docente di ermeneutica filosofica all'Universita' di Macerata. Tra le
pubblicazioni di Sergio Labate: La sapienza dell'amore. In dialogo con
Emmanuel Levinas, Cittadella, Assisi 2000; La verita' buona. Senso e figure
del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 2004; "Volto e
donazione. Il tema dell'evidenza in Levinas", in P. Ventura (ed.),
Ri-pensando al diritto, Giappichelli, Torino 2001; "Dono o abbandono.
Interrogando il libro II di Dato che", in G. Ferretti (ed.), Fenomenologia
della donazione: a proposito di Dato che di Jean-Luc Marion, Morlacchi,
Perugia 2002; Presenza e reciprocita'. Linee di ricerca tra Levinas e il
dono, in "Firmana. Quaderni di teologia e pastorale", n. 2, 2002; "Liberta'
e gratuita' nel pensiero di Emmanuel Levinas", in G. Ferretti, R. Mancini
(edd.), La dignita' della liberta', Istituti Editoriali e Poligrafici
Internazionali, Pisa-Roma 2003; "Donare in sostanza. Sul potere ontologico
del dono", in G. Ferretti (ed.), Il codice del dono. Verita' e gratuita'
nelle ontologie del Novecento, Istituti Editoriali e Poligrafici
Internazionali, Pisa-Roma 2003.
Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il
12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e
gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania,
Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in
Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora
Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, piu' tardi, Gueroult.
L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati
adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un
nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si
puo' legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici.
Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia'
cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg.
L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel.
L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la
sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal
1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di
cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita
Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole
dell'Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di
vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani,
maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze
annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali
ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza
all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di
Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una
biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore
nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a
Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua
riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva
importanza. Opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En
decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina);
Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it.
parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo);
Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr.
it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee
(tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance
et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per
una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo
stampata col titolo Ethique et infini. Opere su Emmanuel Levinas: Per la
bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere
et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino,
La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas,
ermeneutica e separazione, Citta' Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas.
Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas,
Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, Edb,
Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg &
Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della
modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo'
non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di
quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in
L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese
cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; Francois
Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel
Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003]

"Il pensiero di Levinas ci sembra proprio un tentativo radicale di
convertire il pensiero all'ascolto dell'alterita'. Ma non solo. Cio' che in
Levinas e' essenziale e' che la relazione con l'altro trova la sua origine
nel primato del Bene"; in queste brevi e succose considerazioni e'
sintetizzata l'interpretazione che delle filosofia levinasiana propone
Sergio Labate nel volume La sapienza dell'amore (Cittadella, pp. 270. lire
34.000).
Scrive a tale riguardo Labate: "Questo libro non nasce da un pensiero
ammutolito e solo, ma attesta, nella passione per l'insegnamento filosofico
di Levinas, che la filosofia... puo', senza annullarsi e rispondendo sempre
al passato del pensiero... essere in origine ascolto, dialogo e
ammaestramento di qualcuno a qualcun altro, dono dell'altro che dona a
qualcuno il proprio percorso filosofico". E non v'e' dubbio che il pensiero
levinasiano costituisca un'occasione privilegiata per assaporare il valore
di una filosofia che diventa proposta di vita attraverso l'asserzione della
superiorita' del Bene.
Labate, operando una scelta interpretativa sicuramente interessante,
riconduce la lezione levinasiana al concetto di gratuita' e scrive quanto
segue: "E' l'anteriorita' del Bene e permettere la relazione con
l'alterita'. E' questa, ci sembra, una traduzione filosofica di quanto
significato nelle stesse esperienze di gratuita': l'altro lo incontriamo
solo se, piuttosto che utilizzarlo come mezzo per il nostro interesse, siamo
in relazione con lui per il suo bene. Cosi' ogni esperienza d'amore oblativo
non fa che attestare questo legame tra relazione e Bene. E' il bene
dell'altro che io desidero nella relazione oblativa. Il movente di ogni dono
e' il bene dell'altro". Muovendosi su questa linea, Labate rilegge l'opera
di Levinas come una lunga e serrata meditazione sul primato del Bene e della
sua logica, che e' la logica del dono.

5. LIBRI. GIANNI VATTIMO PRESENTA LA "STORIA DELLA FILOSOFIA" DI NICOLA
ABBAGNANO
[Dal settimanale "L'espresso", n. 51, del 27 dicembre 2005, col titolo
"Vivere con filosofia".
Gianni Vattimo (Torino 1936), filosofo, docente universitario, e' da sempre
impegnato per i diritti civili. Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la
seguente scheda biografica di Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel
1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi
seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith
all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino,
dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato
visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New
York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e
conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha
lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati
scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente
dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa
dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della
Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de
la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione
dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo
con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche
tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale
indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti
dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della
secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del
pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore
di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria
ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai
problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in
molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana
come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che
favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi
derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha
rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia
cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime
pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano
2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000)
e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano
2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti,
Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano
violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche
come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto,
L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires".
Nicola Abbagnano (Salerno 1901 - Milano 1990), illustre filosofo e storico
della filosofia. Un'ampia notizia biobibliografica e' nelle "Notizie minime
della nonviolenza" n. 127. Utilissimo il sito alla sua figura ed alla sua
opera dedicato: www.nicolaabbagnano.it]

Ormai si e' organizzato anche a Torino un festival della spiritualita', con
grande successo di pubblico, e possiamo aspettarci che presto competa con il
Festival della filosofia che da qualche anno si svolge a Modena e dintorni
per iniziativa del Collegio San Carlo. Domanda: perche' tanta popolarita'
per una disciplina, la filosofia, "con la quale, per la quale, senza la
quale", come suona il detto popolare, "tutto rimane tale e quale"? Una prima
cinica risposta potrebbe essere: perche' la tv ormai ha stufato. Oppure,
come avevo ipotizzato anni fa in occasione del successo editoriale di una
storia della filosofia a dispense (va bene che era opera del grande
Severino!): "Gratta il barile e trovi Parmenide". Cioe': quando ormai tutte
le tematiche dell' attualita', della cultura comune, ecc. sono consumate,
anche la filosofia puo' diventare una roba buona per le edicole.
Tutte queste possibili risposte solo semiserie hanno una loro verita', che
in fondo corrisponde bene a quella certa sazieta' che si impadronisce
dell'uomo contemporaneo potenzialmente "onnisciente" e pero' malato della
"malattia storica" di cui parlava gia' il giovane Nietzsche. Noi
tardo-moderni super-informati, o almeno con tutto lo scibile a disposizione
nelle reti telematiche e nei canali televisivi, oltre che nei libri, ci
aggiriamo nel giardino della storia (passata) come in un deposito di
maschere teatrali, che ci piace provare e lasciare a nostro piacimento, con
un finale risultato di noia quando non decisamente di angoscia, forse la
stessa del don Giovanni di Kierkegaard. Allora, dovremmo fare il salto
nell'etica, come Kierkegaard voleva facesse il seduttore del suo "Aut-aut"?
Una bella cura, omeopatica perche' sempre di storia si tratta, potrebbe
essere proprio ripercorrere le filosofie del passato sotto la guida di un
grande pensatore esistenzialista, e cioe' di uno che la lezione di
Kierkegaard l'aveva profondamente assimilata e che guardava ai filosofi
senza alcun atteggiamento estetistico, ma cercandovi degli esempi per
ripensare se stesso e il senso della propria esistenza. E' con questo
spirito che Nicola Abbagnano, professore all'Universita' di Torino fino a
pochi anni prima della morte (avvenuta nel 1990), aveva costruito il suo
grande "manuale" di storia della filosofia, pubblicato per la prima volta
nel 1946, e poi continuamente aggiornato negli anni, sia per seguire gli
sviluppi della filosofia contemporanea, sia per tener conto di nuove
scoperte, nuove edizioni di testi, nuove interpretazioni delle filosofie
passate. Questo lavoro di aggiornamento e di vero e proprio completamento fu
da lui affidato, poco prima di morire, a uno dei suoi allievi piu' fedeli e
anche piu' "congeniali", Giovanni Fornero, che ha quasi raddoppiato il
volume del libro, il quale si presenta ora come una delle piu' complete
opere di riferimento per lo studio di questa "inutile" disciplina, oltre che
come una lettura per molti aspetti appassionante. Per capire lo spirito
dell'opera, e anche per confermarci nell'idea che studiarla sia un affare
non solo di curiosita' o di "informazione", ma qualcosa di piu' e di piu'
significativo per sviluppare la comprensione di noi stessi e il senso stesso
dell'esistenza, e' utile rileggere l'introduzione che Abbagnano aveva
premesso al primo volume dell'opera nel 1946.
Una data dalla quale fortunatamente siamo lontani, ma che per tanti aspetti
non manca di analogie con la situazione attuale (soprattutto se, senza alcun
pessimismo preconcetto, guardiamo al futuro che ci aspetta e che sembra
destinato ad essere un periodo abbastanza oscuro, una sorta di medioevo,
dove forse dovremo sopravvivere solo mantenendo vive le grandi idee e opere
del passato). Allora era appena finita la seconda guerra mondiale, un
periodo che, soprattutto da ultimo, Torino aveva vissuto in mezzo a
difficolta' enormi (bombardamenti, repressione tedesca, fame), ma anche con
i momenti esaltanti della Resistenza antifascista. Abbagnano non era stato
immune, negli anni del fascismo trionfante, da qualche cedimento
all'ideologia del regime. Anche se alcuni dei suoi allievi, e piu' tardi
colleghi, migliori, a cominciare da Luigi Pareyson e Pietro Chiodi, avevano
militato nelle file partigiane. Lui stesso non aveva certo creduto alle
dottrine del fascismo, si era comportato "da signore" qual era; cioe' come
un uomo di cultura sostanzialmente scettico nei confronti della politica non
sfuggendo al rischio di un certo "nicodemismo".
Poiche' la sua Storia della filosofia comincio' a uscire nel 1946, possiamo
ben supporre che nel periodo oscuro della dittatura e della guerra egli
avesse deciso di rimanersene in compagnia dei suoi piu' antichi colleghi
filosofi, dedicandosi al complesso lavoro, anche di filologia, che doveva
preparare quell'opera. Intorno agli anni Quaranta, del resto, aveva anche
scritto e pubblicato alcune delle opere che furono tra le prime
dell'esistenzialismo italiano.
La Storia non volle essere, fin dall'inizio, solo un affare di ricostruzione
"oggettiva" delle dotttine del passato. Abbagnano respingeva, nella
introduzione del 1946, la divisione tra lavoro storico e lavoro teorico in
filosofia - una divisione che invece si sarebbe accentuata negli anni
successivi, fino a certi stremi di oggi in cui gli "storici della filosofia"
si credono gli unici studiosi seri di questa disciplina (perche' dicono cose
documentate, frutto di ricerche di cui si puo' controllare la validita') e
considerano i "teorerici" poco piu' che dei tuttologi buoni solo per
giornali e tv. Abbagnano non si illudeva che fare teoria filosofica fosse un
puro affare di riflessione sulle esperienze. vissute; bisognava invece
proprio prendere in considerazione il pensiero del passato, per trovarvi
esempi, ispirazione, un vocabolario carico di significati, dei veri e propri
"segnavia". Non pero' dando ragione a Hegel e all'idealismo, per i quali la
storiografia filosofica coincideva con la ricostruzione genealogica di una
catena destinata a condurre, appunto, alla filosofia di Hegel stesso, che
conservava e "superava" tutto il meglio che si era pensato nel passato. Ma
nemmeno pensando che le dottrine di vari pensatori dei secoli trascorsi
fossero un coacervo senza capo ne' coda, un ammasso di opinioni del tutto
arbitrarie e spesso decisamente folli.
Abbagnano si proponeva di evitare questi due estremi (il primo dei quali
predominante nella filosofia neoidealistica italiana, ma poco piu' tardi
anche nel marxismo) considerando le filosofie come espressione spirituale di
persone in carne ed ossa, che avevano costruito sistemi o complessi di
dottrine a partire da un problema centrale che doveva guidare anche lo
storico nello sforzo di comprenderli.
La Storia della filosofia, diceva Abbagnano, e' profondamente diversa dalla
storia della scienza; in quest'ultima, le ipotesi falsificate si gettano
via, conservando solo i risultati positivi; nella filosofia non c'e' mai
qualcosa di totalmente superato, proprio perche' ogni filosofia e'
espressione di una persona e non tappa di uno sviluppo conoscitivo diretto
verso una qualche verita' ultima e definitiva. "Noi non possiamo
raggiungere, senza l'aiuto che ci viene dai filosofi del passato, la
soluzione dei problemi dai quali dipende la nostra esistenza singola ed
associata. Noi dobbiamo percio' proporre storicamente tali problemi; e nel
tentativo di intendere la parola di Platone o di Aristotele, di Agostino o
di Kant e di quanti altri, piccoli o grandi, abbiano saputo esprimere
un'esperienza umana fondamentale, dobbiamo vedere il tentativo stesso di
mettere in chiaro e portare alla soluzione i problemi nostri". Cosi'
scriveva Abbagnano, e portava anche come esempio di questo atteggiamento
quello di Platone nei confronti di Socrate: aveva passato la vita a cercare
di spiegare la filosofia socratica, ma cosi' facendo - come accade negli
interpreti autentici, e come sempre piu' capisce l'ermeneutica di oggi -
aveva creato il proprio originale sistema.
Naturalmente, si puo' anche pensare che non siamo tutti come Platone verso
Socrate; cioe' che non dobbiamo per forza crearci un nostro sistema. Ma
possiamo davvero pensare ancora cosi', nel mondo che Nietzsche chiamava del
nichilismo compiuto, dove non c'e' piu' "una" verita' - che del resto e'
sempre stata quella del potere e dei dominatori? In questo mondo, appunto il
nostro, della comunicazione generalizzata, della globalizzazione, del
pluralismo delle culture, chi non diventa un "oltreuomo" (il superuomo di
Nietzsche), e cioe' non reinterpreta originalmente le parole del passato, e'
perduto, non esiste piu'' come un singolo. Da questo, ci rendiamo sempre
piu' conto, dipende anche, forse principalmente, la qualita' della nostra
vita, fin nei suoi aspetti piu' quotidiani.
Anche solo per questa ragione, di semplice salute mentale, vale la pena di
provare a mettersi alla scuola della Storia di Abbagnano.

6. LETTURE. ANTONELLA MARAZZI: ALFONSO LEONETTI. STORIA DI UN'AMICIZIA
Antonella Marazzi, Alfonso Leonetti. Storia di un'amicizia. Testi inediti,
ricordi e corrispondenza con Roberto Massari (1973-1984), Massari Editore,
Bolsena (Viterbo) 2004, pp. 288, euro 12. Antonella Marazzi, acuta studiosa
del marxismo rivoluzionario e generosa militante della sinistra di classe,
raccoglie e presenta in questo libro i documenti di un'amicizia e di una
collaborazione politica e soprattutto intellettuale che si diede negli anni
'70 tra due giovani studiosi e militanti (l'autrice e Roberto Massari) e
Alfonso Leonetti (Andria 1895 - Roma 1984), uno dei fondatori del Partito
comunista d'Italia nel 1921, uno dei "Tre" (con Paolo Ravazzoli e Pietro
Tresso) dell'opposizione antistalinista italiana, un monumento del movimento
operaio. Il volume contiene materiali assai eterogenei e di diseguale
interesse e valore; forse se invece di realizzarlo nella forma di regesto di
documenti si fosse proceduto a una selezione (e si fosse sorvolato - invece
di tornarvi con puntiglio e fin acredine - su alcune polemiche che ad alcuni
dei protagonisti ancora premono ma che davvero sono consegnate a una cronaca
minima e quasi da piccolo album di famiglia di tre decenni fa) e magari a
una miglior focalizzazione sul protagonista (ad esempio ampliando la sezione
degli articoli in occasione della scomparsa, inserendo una bibliografia
approfondita, et similia) il libro sarebbe ancor puo' appassionante; e
tuttavia esso resta un utile contributo alla conoscenza non solo della
figura di Leonetti, ma di una temperie e di alcune vicende, esperienze e
riflessioni; la parte piu' bella - e non di rado commovente - sono le
testimonianze intime, nei carteggi amicali e nelle scritture di memoria. Per
richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023
Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 133 del 27 giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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