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Minime. 105
- Subject: Minime. 105
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 30 May 2007 00:22:15 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 105 del 30 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un nesso 2. Giovanna Boursier ricorda Vania de Gila Kochanowski 3. Programma del convegno su "La pedagogia di Aldo Capitini tra profezia e liberazione", Pienza, 5-7 ottobre 2007 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Guido Franzinetti presenta la "Storia del Gulag" di Oleg Chlevnjuk 6. Letture: Adys Cupull, Froilan Gonzalez, Marti' nel Che 7. Letture: Guido Viale, Vita e morte dell'automobile 8. Riletture: Ashley Montagu, Il buon selvaggio 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UN NESSO La politica belligerante, riarmista e militarista del governo e del parlamento italiano. E la crescente egemonia anche nel nostro paese di pulsioni razziste e assassine, di una nuova cupa feroce demente anomica fascistizzazione del discorso pubblico e dei privati costumi, dell'ideologia e delle condotte, delle strutture e dei poteri. Non sono due cose separate. Pace e democrazia sono unite in un nesso inscindibile. La guerra porta il fascismo. * Cessi l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra terrorista e fascista in Afghanistan, cessi ogni complicita' dello stato italiano con la guerra e il terrorismo. Cessi l'attuale scellerata politica governativa italiana riarmista e militarista, imperialista e razzista, complice e alimentatrice di terrorismi. La democrazia si difende con la democrazia, la pace si costruisce con la pace. Pace, disarmo, smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle strutture, dlele logiche, della vita quotidiana. Riaffermazione della legalita' intesa a salvare le vite e promuovere la convivenza. La scelta della nonviolenza e' il criterio e la via. 2. LUTTI. GIOVANNA BOURSIER RICORDA VANIA DE GILA KOCHANOWSKI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 maggio 2007. Giovanna Boursier e' una studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche alla storia e alla cultura dei rom, ed allo sterminio nazista. Vania de Gila Kochanowski, nato in Polonia nel 1920, ex deportato, sociologo e linguista, impegnato per i diritti dei rom, e' deceduto a Parigi pochi giorni fa] La sua storia la raccontava con rabbia e dolore nel giardino di una casa di pietra nella campagna parigina, un luogo delizioso in un paese che si chiama Congerville, dove c'era la sede della Romano Yekhipe, l'associazione per la difesa del suo popolo, i rom, che aveva fondato trenta anni fa insieme a Huguette Tanguy, l'amica di una vita dalla quale spesso si ritirava a studiare e discutere. Seduto la' fuori, sulla sua poltrona di vimini, Vania de Gila Kochanowski ci stava per ore, a leggere, ascoltare musica e parlare con chi voleva ascoltarlo. Era un uomo vivace e un intellettuale raffinato. E' stato anche un amico del "Manifesto". Ci ha lasciati qualche giorno fa. E' morto a Parigi, la sua terra adottiva dove si era stabilito dopo la seconda guerra mondiale, dopo gli orrori che aveva dovuto subire e che hanno segnato tutta la sua vita. Da anni, in Francia, si divideva tra la lotta per i diritti dei rom, gli studi e la scrittura. Infaticabile, e' stato uno dei primi rom ad ottenere due lauree, una all'inizio degli anni '60, in studi linguistici, e la seconda in etnosociologia. Diventato professore, ha contribuito in maniera unica e significativa a diffondere la storia e la cultura dei rom per affermarne il valore. Insisteva sulla necessita' del riconoscimento in tutto il mondo della loro lingua, il romanes, dalle antichissime origini indiane che Vania sapeva documentare e spiegare con precisione, conoscendo anche gran parte dei dialetti del romanes, di cui studiava le contaminazioni. Cercava, quindi, di tramandare una cultura per difenderla da quello che definiva un vero "sterminio culturale". Nato in Polonia nel 1920, al momento dell'occupazione nazista era iscritto al primo anno di universita'. Suo padre era ufficiale dell'Armata Rossa e mori' combattendo nel 1942. Vania ricordava quando i nazisti arrivarono nel suo villaggio e rinchiusero tutti i rom in una sinagoga. Lui, che parlava piu' di una lingua, era una specie di portavoce e trattava con il comando tedesco. Un giorno, tornando al villaggio, trovo' la sinagoga incendiata e gran parte del suo clan e della sua famiglia sterminati. Venne arrestato e deportato vicino a Leningrado dove fu condannato ai lavori forzati. Riusci' a scappare ma venne di nuovo catturato e deportato in vari campi, prima in Lettonia, poi in Lituania, fino ad arrivare, nel 1944, nel campo francese di Beauregard, dal quale riusci' di nuovo a fuggire per unirsi ai partigiani nel nord della Francia. Combatte' con i francesi e con gli alleati e, alla liberazione, fu insignito di un'onorificenza dall'esercito inglese, di cui andava molto fiero. Poi decise di restare in quella che gli sembrava la patria dei diritti dell'uomo, la Francia. Per continuare a lottare e resistere per tutta la sua vita. Spesso, dopo quei suoi racconti in giardino, era cosi' stanco che si addormentava, la' fuori. Dopo un po' potevi svegliarlo e a volte, se glielo chiedevi, avere il privilegio di vederlo ballare, come aveva fatto per tanti anni in gioventu', quando era stato uno dei piu' celebri danzatori rom nei cabaret parigini del dopoguerra. Allora, nonostante i suoi ottant'anni, frugava serio in un baule dove conservava i suoi costumi, ne indossava uno, metteva la musica di Beethoven o di Schubert, restava qualche minuto in silenzio con gli occhi chiusi e poi danzava come se gli anni non fossero trascorsi. Batteva i passi rom sul pavimento, li ripeteva e te li illustrava spiegando che erano stati i rom a portare gran parte della danza e della musica classica in occidente. Vederlo e ascoltarlo era una grande emozione. Anche perche' faceva ogni cosa con rispetto e attenzione per chi gli stava intorno. Introducendolo nel suo mondo romantico che smussava la durezza dei fatti. Perche' Vania era, prima di tutto, un uomo umile e coraggioso, in lotta con il mondo per affermare umanita' e diritti che continuava a veder calpestati e violentati. Lo ha fatto con tenacia, denunciando e rompendo relazioni con chi strumentalizzava il problema dei rom per ottenere fondi o prestigio, le varie associazioni che prendono la parola al posto dei diretti protagonisti - i rom appunto - in un'ottica caritatevole che Vania detestava. Del suo prestigio lui, davvero, non ha mai approfittato, nemmeno quando avrebbe potuto. Si e' sempre battuto contro la corruzione materiale e intellettuale, con grande coerenza che gli e' costata sacrifici, solitudine e difficolta' economiche. Abitava una piccola casa di Parigi circondato solo dai suoi libri e dalle persone con cui condivideva lealta' e rispetto, per le quali metteva a disposizione tutto cio' che aveva. Compresa la sua storia e i suoi ricordi, i libri che scriveva, le sue passeggiate in luoghi nascosti e sconosciuti della citta'. Vania De Gila Kochanowski ha lottato duramente anche per il riconoscimento dello sterminio dei rom durante il periodo nazifascista e si devono a lui gran parte degli studi emersi in Francia e la creazione dell'International Indo-Romani Cultural Centre (Cicr). Della sua storia personale durante la guerra parlava raramente e certe volte lo faceva in modo indiretto, improvvisamente, come quando, prima di sedersi a tavola mentre Huguette preparava la cena, raccontava la fame durante la prigionia dicendo quante volte, nel campo, aveva immaginato una frittata. Il desiderio piu' grande, diceva. Dal 1955 e' stato membro della Societa' dei linguisti di Parigi e dal 1988 plenipotenziario della Romani Union all'Unesco. Era sempre presente a tutti gli incontri e convegni sui rom e apprezzato dal suo popolo in tutto il mondo. Ci ha lasciato un enorme lavoro. Firmava i suoi scritti con nomi diversi: Jan Kochanowski, quando sceglieva il nome con il quale era registrato all'anagrafe, Vania De Gila, quando optava per quello di sua madre, o Vania de Gila Kochanowski. Tra i suoi libri piu' recenti Parlons Tsigane, Precis de la langue romani litteraire, Le roi de serpente e La priore des loups, racconti, romanzi e saggi mai pubblicati in italiano. Se gli chiedevi cosa pensasse delle politiche italiane verso i rom rispondeva sorridendo: "sono assurde, ma non mi stupiscono. Fanno parte di una tradizione assimiliazionista, di quello che io chiamo sterminio culturale e che non puo' che produrre effetti devastanti non solo sul nostro popolo ma anche sul vostro". 3. INCONTRI. PROGRAMMA DEL CONVEGNO SU "LA PEDAGOGIA DI ALDO CAPITINI TRA PROFEZIA E LIBERAZIONE", PIENZA, 5-7 OTTOBRE 2007 [Da Luciano Capitini (per contatti: capitps at libero.it) riceviamo e diffondiamo il programma aggiornato del convegno su Aldo Capitini che si terra' a Pienza dal 5 al 7 ottobre 2007. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nell'associazione nazionale "Amici di Aldo Capitini", nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza". Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione@nonviolenti:org, sito: www.nonviolenti.org] L'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini, il Comune di Pienza, il Movimento Nonviolento, con il patrocinio della Provincia di Siena e della Regione Toscana, indicono un convegno che si terra' il 5-7 ottobre 2007 a Pienza su "La pedagogia di Aldo Capitini tra profezia e liberazione". * Anche in Italia in questi ultimi anni si sono registrati interessi diffusi ed adesioni pubbliche alla nonviolenza. Hanno sicuramente contribuito a tale attenzione gli studi e le pubblicazioni su Aldo Capitini, fondatore e padre della nonviolenza in Italia. L'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini ed il Movimento Nonviolento intendono portare un ulteriore contributo a tale conoscenza ed a tale approfondimento, promuovendo un convegno su un aspetto della riflessione e dell'impegno di Aldo Capitini fino ad oggi non adeguatamente affrontato ed indagato: la riflessione e l'impegno per l'educazione aperta. La scelta e' di mettere a fuoco, in tale ambito, la specificita', l'originalita' e la profondita' dei contributi di Aldo Capitini. Il convegno si avvarra' dell'apporto di studiosi, di ricercatori, e di esperti portatori tutti di competenze specifiche sia negli intrecci tra la pedagogia e gli altri momenti del pensiero di Capitini, sia nei rapporti con i temi ed i protagonisti piu' significativi della pedagogia italiana del Novecento. Il convegno si svolgera' a Pienza, bellissima ed ospitale cittadina, dove ci riuniremo la sera del 5 ottobre (venerdi') per un saluto e la presentazione dei lavori, che avranno poi luogo - in un suggestivo edificio (l'ex Conservatorio S. Carlo) - il giorno successivo, sabato 6. La mattina del 7 (domenica) sara' a disposizione di coloro che vorranno trattenersi per continuare il dibattito e presentare interventi scritti (da allegare agli atti che verranno pubblicati) - molti vorranno invece trasferirsi a Perugia, da dove partira' quella domenica la marcia della pace. Il Movimento Nonviolento e l'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini ringraziano fin d'ora tutte le amministrazioni - ed in primo luogo il Comune di Pienza - e quanti stanno a vario titolo sostenendo questo loro impegno. * 5 ottobre La sera del 5 ottobre si terra' un incontro con i cittadini e con i rappresentanti delle istituzioni ed amministrazioni locali, in tale occasione il prof. Mario Martini, dell'Universita' di Perugia, facolta' di filosofia, terra' una relazione sul "La persona ed il pensiero di Aldo Capitini"; seguira' un intrattenimento musicale, di cui daremo notizia piu' avanti. * 6 ottobre Ad oggi possiamo annoverare tra i relatori che esporranno i loro interventi nella giornata di sabato 6 ottobre dalle ore 10 alle 13, e poi dalle 15 alle 18,30 (con pausa per un leggero pranzo conviviale): - F. Cambi, professore ordinario dell'Universita' di Firenze: "Aldo Capitini e la pedagogia della comunicazione"; - L. Santelli, professore ordinario dell'Universita' di Bari: "Non solo parole. La pedagogia dell'impegno di Aldo Capitini"; - M. Pomi, pedagogo, dirigente scolastico, assessore alla cultura della pace: "L'educazione aperta di Aldo Capitini. Un progetto pedagogico di tramutazione nonviolenta"; - T. Pironi, professore associato dell'Universita' di Bologna: "La proposta educativa di Aldo Capitini nella societa' italiana del secondo dopoguerra"; - M. Soccio, "L'educazione di se stessi in Aldo Capitini"; - R. Pompeo, Movimento Nonviolento - Centro studi e documentazione per la nonviolenza: "L'impegno e l'opera di Aldo Capitini per una scuola pubblica, laica, aperta, nonviolenta"; - Adriana Croci, allieva di Aldo Capitini, poi dirigente scolastica: "L'integrazione scolastica dei diversamente abili attraverso il contributo di aperturta religiosa di Aldo Capitini". Conduce la sessione delle relazioni il dottor Lanfranco Mencaroni. * 7 ottobre Nella giornata conclusiva, domenica 7 ottobre, dalle ore 9,30 alle 12,30, verranno presentate brevi relazioni, testi e contributi scritti: - G. Moscati, dottore di ricerca in filosofia, Perugia: "Una realta' da liberare. Radici coevolutive di etica e politica in Aldo Capitini"; - G. Falcicchio, ricercatrice in Pedagogia, Universita' di Bari: "Il fanciullo e' il figlio della festa. La relazione educativa in Aldo Capitini"; - C. Foppa Pedretti, docente di Pedagogia, Universita' cattolica del Sacro Cuore, Milano: "Il contributo di Aldo Capitini al dialogo interreligioso nella prospettiva dell'incontro tra Oriente e Occidente"; - M. Catarci, ricercatore, Universita' degli Studi Roma III: "Educazione alla cittadinanza e scuola aperta in Aldo Capitini"; - F. Curzi, autrice del volume "Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini": "Imparare l'amore. Il cuore filosofico della pedagogia capitiniana"; - A. Tortoreto, dottore di ricerca in filosofia, Perugia: "L'arte come liberazione e il suo valore educativo nella riflessione capitiniana". * Le relazioni ed i contributi verranno raccolti in un volume prodotto a cura dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini, con il sostegno della Provincia di Siena. La segreteria scientifica del convegno e' affidata alla professoressa Gabriella Falcicchio. Sede di tutti gli incontri: sala convegni comunale, ex-conservatorio S. Carlo. Per notizie logistiche o prenotazioni: Ufficio per il turismodel Comune di Pienza, tel. 0578749905. 4. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in banca o alla posta. Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. LIBRI. GUIDO FRANZINETTI PRESENTA LA "STORIA DEL GULAG" DI OLEG CHLEVNJUK [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 maggio 2007. Guido Franzinetti e' ricercatore presso la Facolta' di scienze politiche dell'Universita' del Piemonte Orientale. Opere di Guido Franzinetti: I Balcani 1878-2001, Carocci, Roma 2001; "La crisi del 1980-'81, col senno di prima", in E. Jagolla e G. Meardi (a cura di), Solidarnosc venti anni dopo. Analisi, testimonianze e eredita', Rubbettino: Soveria Mannelli 2002; "Diritti e conflitti: Irlanda del Nord, Cipro e Fyrom", in M. C. Ercolessi (a cura di), Stati e micropolitica dei conflitti, L'Ancora del Mediterraneo: Napoli 2002; "Economic Reform in Uzbekistan and Central Asia: Some Hypotheses", in Giampiero Bellingeri e Giovanni Pedrini (a cura di), Central Asia. A decade of Reforms, Centuries of Memories, Olschki, Firenze 2003; "Greater Albania, Little Albanianism and Albanian identities", in A. Basciani e A. Tarantino (a cura di), L'Europa d'oltremare, Bagatto Libri, Roma 2004; "I conflitti balcanici e le "nuove guerre"", in W. Bonapace e M. Perino (a cura di), Srebrenica, fine secolo. Nazionalismi, intervento internazionale, societa' civile. Dieci anni dopo., Isra, Asti 2005. Oleg Chlevnjuk (1956) e' ricercatore presso l'Archivio di Stato della Federazione russa; le sue opere di storia sovietica sono state tradotte negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Francia e Germania. Opere di Oleg Chlevnjuk: Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al grande terrore, Einaudi, Torino 2006] Dietro l'acronimo Gulag si cela la Glavnoe Upravlenie Lagerej, e cioe' la "Direzione centrale dei campi" gestiti dalla polizia politica sovietica, l'Ogpu-Nkvd. Fu questo - come spiega Jacques Rossi nell'utilissimo Manuale del Gulag. Dizionario storico, uscito nei mesi scorsi per L'ancora del mediterraneo (pp. 352, euro 18) - il nuovo nome assunto dall'amministrazione dei campi di concentramento dell'Ogpu dell'Urss nel 1930, quando la loro denominazione muto' in "campi di lavoro correzionale". Ma nel lessico europeo la parola comincio' a entrare solo a partire dal 1973, con la pubblicazione - dapprima in russo a Parigi, poi rapidamente nelle altre lingue - di Arcipelago Gulag di Aleksander Solzhenicyn. L'opera fu accolta nell'Europa occidentale con reazioni contrastanti, in cui prevalevano comunque la diffidenza, il sospetto e anche l'ironia. * Testimonianze di prima mano A distanza di oltre trent'anni non manca di suscitare una certa sorpresa il fatto che lo storico Robert Conquest sia stato scelto per firmare la prefazione all'importante volume di Oleg Chlevnjuk, Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al Grande terrore (pp. 398, euro 44), da poco uscito per una casa editrice come Einaudi, che nel corso degli anni ha rappresentato un punto di riferimento per la sinistra italiana. Sarebbe utile capire come mai, nonostante Conquest sia autore di numerosi studi sul terrore staliniano - primo fra tutti Il grande terrore. Le "purghe" di Stalin negli anni Trenta (1968, trad. it. 1970) - abbia dovuto attendere cosi' a lungo questo sdoganamento, prematuro nel '70, e poi ancora nel 1986, data di uscita del suo fondamentale libro sulla collettivizzazione e sulla carestia in Ucraina Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica (pubblicato anch'esso tardivamente in Italia, nel 2004, per le edizioni della Fondazione Liberal). I campi sovietici erano in realta' noti da tempo. Le stesse fonti ufficiali sovietiche ne ammettevano l'esistenza, pur cercando di offuscarne la vera natura. Sulla realta' dei Gulag erano infatti sempre esistite testimonianze: nella sua prefazione Conquest afferma che "gia' alla fine degli anni Quaranta si aveva notizia di numerosi resoconti di prima mano", e ricorda il libro di Dallin e Nikolajevskij del 1947 (Forced Labor in Soviet Russia, che descriveva centoventicinque campi e conteneva una corposa bibliografia di testi dedicati, gia' a partire dagli anni Trenta, alla realta' concentrazionaria sovietica. Una realta' pubblicamente riconosciuta in Urss dopo il '56, e soprattutto dopo il '62, con la pubblicazione del racconto di Solzhenicyn Una giornata di Ivan Denisovic. * La stima delle vittime Cosa rimaneva da scoprire quindi, alla vigilia della progressiva apertura degli archivi sovietici a meta' degli anni Ottanta (dopo l'avvento di Gorbacev), e ancor piu' dopo la dissoluzione del sistema sovietico nel '91 (e l'inizio dell'era di Eltsin)? Rimaneva da effettuare il confronto tra le fonti, la collazione definitiva tra le innumerevoli vittime del sistema concentrazionario e la documentazione burocratica del sistema stesso, e infine una piu' accurata stima del numero totale delle vittime. Non e' poco, e Chlevnjuk fornisce una magistrale sintesi dei risultati raggiunti dagli storici nel corso delle loro ricerche. Innanzitutto, come nasce il Gulag? Un sistema di campi di detenzione era sempre esistito nell'Unione Sovietica, da Lenin in poi. Quel che lo stalinismo maturo introdusse (nel giugno del 1929) fu "una rete di campi in cui i detenuti dovessero lavorare e mantenersi con il loro guadagno". Ma "questa decisione sarebbe forse rimasta solo uno dei tanti tentativi di riorganizzare il sistema penitenziario, se non avesse coinciso con avvenimenti che predeterminano non solo il destino dei lager, ma anche il corso della storia sovietica nel suo complesso". La coincidenza (non fortuita) fu, come e' noto, con la decisione di collettivizzare forzatamente le campagne e avviare l'industrializzazione a tappe anch'esse forzate. Si realizzo' cosi' un apparente intreccio tra istanze economiche (agricoltura e industria) e il ricorso a un sistema concentrazionario sempre piu' massiccio. * Nella logica della necessita' Questo intreccio spiega molto del seguito della storia sovietica, del modo in cui essa fu vissuta (dalle vittime e dai suoi artefici), e del modo in cui fu vista e accettata. Se il Gulag era la conditio sine qua non della collettivizzazione e dell'industrializzazione, e queste ultime erano state la base della sconfitta della Germania nazista, esso rientrava nella logica della "necessita' storica". Era questo nesso causale a spiegare l'acquiescenza nei confronti dei costi umani e sociali dello stalinismo non solo all'interno del sistema sovietico (ove, come conferma la documentazione citata da Chlevnjuk, nessuno poteva "non sapere") ma anche all'esterno. Il problema era un altro: ovvero, per usare l'interrogativo formulato dal menscevico Alec Nove negli anni Sessanta: "Stalin era davvero necessario?". Il dubbio si trasformava rapidamente in certezza per i comunisti e i compagni di strada. La sconfitta di Hitler (e il successo del modello sovietico con lo Sputnik, nel 1957) giustificava il Gulag. Anche leggendo la biografia di Stalin di un trockista informato quale non poteva non essere Isaac Deutscher, era difficile evitare questa conclusione. "Non si fanno frittate senza spaccare uova", "non si puo' tagliare un albero senza lasciare schegge": cosi' si diceva, sino a non molto tempo fa. A questa iniziale coincidenza tra allargamento del sistema concentrazionario e collettivizzazione, segui' una ulteriore coincidenza: le carestie del 1931-'33 (che derivavano in parte dalla stessa svolta nella politica agricola, e che costarono forse sei o sette milioni di vittime). Dopo una battuta di arresto nell'ampliamento del sistema segui' una fase di apparente stabilizzazione. A questa segui' nel 1937-'38 il Grande Terrore, sempre sotto la regia di Stalin, come dimostra la documentazione del libro. Sono oramai abbastanza note le vicende della collettivizzazione e delle deportazioni in Ucraina; meno note, ma adesso ben documentate, le vicende delle deportazioni di popolazioni nelle repubbliche sovietiche dell'Asia centrale. Nel 1937 settantaseimila coreani dell'Estremo Oriente dell'Urss furono deportati in Uzbekistan "per scongiurare la penetrazione dello spionaggio giapponese". Come osserva Chlevnjuk, nel corso della prima meta' degli anni Trenta "una parte significativa della popolazione adulta del paese aveva subito repressioni e persecuzioni di vario genere. Tutti costoro erano considerati da Stalin e dai suoi collaboratori come 'colpevoli', 'sospetti' o 'potenzialmente sospetti'". Lo stesso ricorso alle torture "era diffuso ovunque e generalizzato". Nel gennaio del 1939 fu ritenuto necessario spedire un telegramma cifrato (attribuito allo stesso Stalin) per confermare "assolutamente" la necessita' di questo strumento. Agli apparenti "eccessi" del Grande Terrore, segui' un periodo di riorganizzazione del sistema sotto la direzione di Lavrentij Berija: come in qualsiasi sistema burocratico, anche il Gulag era afflitto da lotte interne all'apparato, tra fazioni e organismi con interessi burocratici divergenti. A fornire molta documentazione sul funzionamento del sistema, furono proprio questi contrasti, come pure gli innumerevoli appelli di parenti dei detenuti (che, in base al principio di responsabilita' collettiva, erano sempre a rischio di essere arrestati anch'essi). La situazione risulto' ulteriormente complicata dall'espansione occidentale dell'Unione Sovietica durante il periodo del trattato Molotov-Ribbentrop, con l'annessione degli stati baltici, della Polonia orientale e della Moldavia. Furono i polacchi (tra i piu' attenti osservatori della realta' sovietica, come dimostra una raccolta dei loro studi, Polska szkola sowietologiczna, 1930-1939, 2003) a fornire nel dopoguerra le piu' documentate testimonianze sul sistema concentrazionario sovietico. Bastava leggerle, dai libri di Herling o di Swianewicz agli elenchi dei polacchi fucilati a Katyn. Testi pienamente confermati dalla documentazione emersa con l'apertura (ancora incompleta) degli archivi sovietici. Questa documentazione permette anche di sbloccare le interminabili discussioni sui numeri, che per decenni hanno coinvolto gli studiosi: quanti gli arrestati, i deportati, i fucilati, i morti per carestia? Con l'accrescersi dei dati a disposizione, diventa evidente quanto essi siano incompleti. E possiamo ora accettarne la natura frammentaria, ma solo dopo aver dimostrato, una volta per tutte, l'entita' della devastazione arrecata dallo stalinismo, mettendo d'altro canto da parte le comode equazioni tra stalinismo e nazismo: e' la documentazione stessa degli archivi a rivelarci un meccanismo concentrazionario non necessariamente meno infame, ma certamente diverso da quello tedesco. L'opera di Chlevnjuk consente di chiarire altre questioni. Non e' vero che "le repressioni di massa, e in particolare il Grande Terrore, si basassero in larga misura sulle delazioni". Infatti "nel 1937'-38 le repressioni partirono rapidamente dalle delazioni spontanee", ma "le vittime dei nuovi arresti erano individuate dai cekisti prevalentemente attraverso la falsificazione dei casi di 'organizzazioni controrivoluzionarie di massa', sulla base delle 'confessioni' ottenute sotto tortura nel corso dell'istruttoria". * Un onere aggiuntivo Ma il Gulag almeno aiuto' l'economia? Non e' vero neppure questo: secondo Chlevnjuk, "l'economia del Gulag era un gravoso onere aggiuntivo, piuttosto che una fonte di reddito, ancorche' criminale". E infine, quale fu l'eredita' del sistema? "L'isterismo delle campagne di massa contro i 'nemici' favoriva il radicarsi nella realta' sovietica di fenomeni come l'aggressivita', l'estrema intolleranza, l'abitudine alle spiegazioni semplicistiche dei problemi ('sabotaggio', 'intento criminale'). Una conseguenza diretta del terrore fu un persistente timore dell'iniziativa, la tendenza all'eccessiva cautela e all'inazione... Le azioni di massa, le cui vittime erano spesso individuate in base alla nazionalita', alimentavano la xenofobia, il nazionalismo, l'antisemitismo fra la maggioranza russa della popolazione e, viceversa, un persistente odio verso la Russia e i russi negli altri popoli che facevano parte dell'Urss". Inoltre "gran parte dei cekisti e dei funzionari di altri organi punitivi che si macchiarono di gravi delitti contro l'umanita' non solo non furono puniti, ma fecero brillanti carriere. Cio' fu di esempio ai loro successori, favori' la corruzione dell'apparato statale e il rafforzamento dello spirito di corpo degli organi punitivi, che approfittavano di ogni occasione per porsi al di sopra della legge e affermarsi come una forza privilegiata all'interno della societa'". In conclusione, Chlevnjuk aggiunge: "Il modo in cui il Gulag dilago' oltre i recinti di filo spinato e' un problema ancora inesplorato, ma reale, come e' reale il prezzo, evidente o nascosto, pagato da centinaia di milioni di persone per l'affermazione e l'espansione dello stalinismo". Le testimonianze (scritte e orali) dei sovietici hanno sempre reso possibile farsi un'idea abbastanza precisa della realta' del sistema staliniano. Chlevnjuk fornisce qualcosa di piu': un bilancio, materiale e umano, della devastazione di una societa'. La Russia di Putin ne e' uno dei frutti. * Postilla: Sugli scaffali. Saggi e memorie Ricercatore presso l'Archivio di Stato della Federazione russa, Oleg Chlevnjuk ha potuto avvalersi della gigantesca massa di documenti, divenuti accessibili con l'apertura degli archivi ex sovietici. Prima del recente Storia del Gulag uscito per Einaudi, lo studioso russo aveva pubblicato in Italia nel 1997, per le Edizioni Guerra, Stalin e la societa' sovietica negli anni del terrore (pp. 240, euro 17,56). Fra gli altri testi usciti negli ultimi anni sull'argomento, puo' rivestire notevole interesse il volume fotografico di Tomasz Kinzy, Gulag (Bruno Mondadori 2004, pp. 495, euro 59), che raccoglie il frutto di oltre quindici anni di ricerche. Punti di riferimento essenziali sono poi naturalmente le opere letterarie: oltre ad Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzhenitsyn (Oscar Mondadori 2001) anche gli straordinari Racconti della Kolyma di Varlam Shalamov (reperibili per i tipi di Adelphi e di Einaudi). 6. LETTURE. ADYS CUPULL, FROILAN GONZALEZ: MARTI' NEL CHE Adys Cupull, Froilan Gonzalez, Marti' nel Che, Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2003, pp. 112, euro 5. Un breve, commosso saggio che rievoca le figure, il pensiero e l'azione dei due intellettuali e rivoluzionari, e come la memoria e il lascito di Jose' Marti' (1853-1895) fosse a Ernesto Guevara (1928-1967) di esempio e sprone. Con un'introduzione di Roberto Massari, testi di Marti' e di Guevara, due lettere agli autori dalle carceri statunitensi, e 13 preziose riproduzioni a colori di ritratti di Jose' Marti' presenti in collezioni e musei dell'Avana. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme 7. LETTURE. GUIDO VIALE: VITA E MORTE DELL'AUTOMOBILE Guido Viale, Vita e morte dell'automobile. La mobilita' che viene, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 186, euro 12. Un libro che vivamente raccomandiamo. E se per una volta si puo' passare in questa minima rassegna di segnalazioni librarie dalla prima persona plurale alla prima singolare, aggiungerei che per due motivi appunto strettamente personali mi e' vieppiu' caro questo libro (che nella parca e acuta produzione libraria di Viale fa seguito e da' sviluppo a un altro libro anch'esso a questo tema dedicato: Tutti in taxi. Demonologia dell'automobile, del 1996): il primo: perche' seppi subito - tanti, tanti anni fa - che il modello di mobilita' fondato sull'automobilismo privato era strutturalmente irrazionale e fondato sul presupposto tanto dell'ineguaglianza tra le persone quanto della devastazione della biosfera; cosicche' decisi allora e per sempre di non prendere neppure la patente di guida, e conseguentemente di non possedere mai un'automobile, e cosi' ho fatto. Il secondo: tra gli anni Ottanta e Novanta mi capito' di essere il principale animatore dell'opposizione al progetto di realizzazione di una nuova devastante superstrada: rispetto ad iniziative fondate sul mero principio "non nel nostro cortile" avemmo subito chiaro che occorreva porre la questione non solo nel concreto impatto locale ma nel suo concreto valore e significato globale, in termini di modello di sviluppo e di complessiva proposta alternativa, ed esplicitando quindi i nessi ed i nessi di nessi, e cosi' facemmo: e bloccammo quell'opera infausta. Vi sono altri utili libri sullo stesso tema: cosi' su due piedi - ohibo', come cade a fagiuolo qui tal vieta locuzione - mi pare di ricordarne di Ivan Illich, di Jean Robert, di Colin Ward. E prima di chiudere queste poche righe due nomi ancora vorrei evocare: quello di Dario Paccino e quello di Alexander Langer; i comuni amici sanno perche'. 8. RILETTURE. ASHLEY MONTAGU: IL BUON SELVAGGIO Ashley Montagu (et alii), Il buon selvaggio, Eleuthera, Milano 1987, pp. 272, lire 18.000. Il titolo italiano e' forse troppo generico e non lascia cogliere la densita' e la peculiarita' di questa raccolta di saggi: il titolo originale e' Learning Non-Aggression, ed il tema degli studi antropologici di cui si compone e' l'esplorazione di societa' caratterizzate dall'educazione a, e dall'adozione di, condotte nonviolente. Con testi di Ashley Montagu, E. Richard Sorenson, Patricia Draper, Jean L. Briggs, Robert Knox Dentan, Catherine H. Berndt, Colin M. Turnbull, Robert I. Levy. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 105 del 30 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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