Minime. 75



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 75 del 30 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Ismaeel Dawood e Martina Pignatti Morano: Resistere alla paura. La
settimana irachena della nonviolenza
2. Forum sociale antimafia "Felicia e Peppino Impastato": Un appello
3. Una legge elettorale che non neghi la realta'
4. Patrizia Caporossi: La parola di Diotima nel Simposio di Platone
5. Enza Panebianco: Dio, patria e famiglia
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ISMAEEL DAWOOD E MARTINA PIGNATTI MORANO: RESISTERE ALLA
PAURA. LA SETTIMANA IRACHENA DELLA NONVIOLENZA
[Da Martina Pignatti Morano (per contatti: tel. 3290540808, e-mail:
pignattimora at unisi.it) riceviamo e diffondiamo il seguente articolo,
accompagnato dalla lettera che qui di seguito anch'essa riproduciamo: "Salve
a tutti, vi invio l'articolo che abbiamo appena pubblicato su 'Osservatorio
Iraq' (disponibile nel sito: www.osservatorioiraq.it) concernente la
Settimana irachena della nonviolenza, che si svolge dal 29 aprile al 6
maggio con eventi previsti nella principali citta' irachene. E'
un'iniziativa coraggiosa, un atto di resistenza civica al terrore e al
militarismo, organizzata dalla rete Laonf (nonviolenza) che unisce
associazioni della societa' civile, sindacati, gruppi studenteschi di varie
provenienze ideologiche, etniche e religiose. Le attivita' di Laonf sono
sostenute da 'Un ponte per...' (Roma) e 'Nova Cis' (Barcellona). Ci sono
attivisti disposti a rilasciare interviste telefoniche da Erbil, Baghdad,
Bassora, Amman, quindi non esitate a chiederci i numeri di cellulare se
avete contatti con giornalisti (anche radio e tv) sensibili. Un caro saluto,
Martina Pignatti Morano".
Ismaeel Dawood, attivista per i diritti umani e amico della nonviolenza,
opera presso il Mesalla Center for Human Rights di Baghdad.
Martina Pignatti Morano, militante della Rete di Lilliput e del Centro
Gandhi di Pisa, sta completando ad Oxford i suoi studi di dottorato di
ricerca in economia politica, interessandosi, in una prospettiva
nonviolenta, dell'elaborazione di modelli di pianificazione economica dal
basso; come condirettrice dei "Quaderni Satyagraha" ha organizzato la
sessione tematica sulla nonviolenza durante il Social Forum Mondiale di
Porto Alegre (gennaio 2005) e il Nonviolence Training di Amman (gennaio
2006); ha curato il volume 7 dei "Quaderni Satyagraha", monografico sul tema
"Il peacekeeping non armato"]

Dal 29 aprile al 6 maggio in Iraq non parleranno solo le armi. Una rete di
associazioni della societa' civile irachena, di varie provenienze politiche
e affiliazioni sia laiche che religiose, mettera' in atto iniziative di pace
su tutto il territorio nazionale nell'ambito della Settimana irachena della
nonviolenza. Questo evento si svolgera' mentre il governo iracheno incontra
a Sharm el-Sheikh (3-4 maggio) rappresentanti dei paesi vicini, oltre ai
cinque paesi permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e ai paesi del
G8, nella conferenza ministeriale per concordare un percorso di
stabilizzazione per l'Iraq. Ma e' possibile una pace concertata
esclusivamente dall'alto, in un paese traumatizzato dalla violenza e
insultato dall'occupazione militare come l'Iraq di oggi? La societa' civile
ritiene di dover e poter dare il suo contributo, e visto il livello di
pericolo sfidato da chiunque organizzi iniziative pubbliche in questo
periodo, e' una scelta coraggiosa che la comunita' internazionale deve
conoscere, un atto di resistenza civica al terrore e al militarismo.
Decine di associazioni e oltre cento attivisti hanno concordato di svolgere
iniziative in scuole, teatri, luoghi pubblici delle principali citta'
irachene: eventi sono previsti a Kut, Baghdad, Bassora, Diwaniya, Dohuq,
Erbil, Fao, Kirkuk, Maysan, Mosul, Salaheddin, Sulaimaniya, Tikrit. Gli
organizzatori si coordinano tramite la rete Laonf (nonviolenza, in arabo),
avviata nel 2006 da associazioni che hanno partecipato a momenti di
formazione sulla nonviolenza attiva, intesa come filosofia e strumento di
liberazione dei popoli che preveda il rispetto integrale della vita, il
rifiuto di ogni forma di oppressione, sfruttamento e violenza.
Molte delle iniziative si rivolgono a bambini e studenti, che stanno
preparando dipinti e striscioni da appendere ai muri delle loro scuole ed
universita' per chiedere la fine della violenza sui civili. Presso
l'Universita' di Al-Mustansiriyya a Baghdad, dove nel gennaio 2007 due
autobombe hanno provocato 60 morti e 110 feriti tra studenti, professori e
dipendenti, si pianteranno alberi d'olivo e palme per ricordare le vittime
della violenza. Davanti alle scuole si seppelliranno proiettili e schegge di
granata, perche' i figli dell'Iraq non devono crescere in mezzo ai simboli
della violenza, devono seppellire i suoi frutti amari e costruire una nuova
societa' con altri mezzi. In un villaggio vicino a Mosul si giochera' una
partita di calcio tra squadre di diverse etnie e confessioni religiose, a
Kut i ragazzi delle scuole superiori libereranno colombe e palloncini
bianchi, dovunque si distribuiranno poster e calendari che vengano affissi
nelle case per ricordare alle famiglie che la violenza non e' la soluzione
ma la causa della loro sofferenza.
Accanto alle cerimonie vi saranno momenti seminariali di approfondimento,
conferenze per presentare alla societa' civile e alle autorita' locali i
principi e le metodologie dell'azione nonviolenta per il cambiamento sociale
e politico. Gli attivisti di Laonf non si fermeranno alle universita', e
parteciperanno alle iniziative organizzate dai sindacati dei lavoratori in
occasione del primo maggio. Discuteranno pubblicamente di strategia
dell'azione nonviolenta con il Syndicate Union of Workers nel Teatro
nazionale di Baghdad, con i sindacati che lottano contro la privatizzazione
del petrolio iracheno presso l'Oil Union Centre di Bassora, con i sindacati
dei pescatori della penisola di Fao, la prima zona che oppose una fiera
resistenza all'occupazione angloamericana nel 2003.
Infine, le associazioni impegnate in questo evento hanno scelto una campagna
simbolica che li potesse unire tutti. In un momento in cui ogni presa di
posizione viene strumentalizzata e accusata di settarismo, la rete Laonf
chiede che tutti si impegnino per non trasferire la sete di vendetta e di
violenza ai bambini iracheni. In ogni citta' si raccoglieranno firme e si
presentera' una petizione al Parlamento Iracheno per chiedere che venga
vietata l'importazione di giocattoli che incitino i bambini alla violenza.
Dopo un embargo di tredici anni l'Iraq ha bisogno di medicinali e libri,
tecnologia per lo sviluppo dell'economia civile, e non giocattoli che
inducano bambini e adolescenti a dare una connotazione positiva alla
violenza. E' necessario proteggere i piu' giovani dalla cultura di morte e
distruzione gia' importata in Iraq dalle truppe e dai combattenti stranieri.
Secondo gli organizzatori, la Settimana irachena della nonviolenza persegue
tre importanti obiettivi. In primo luogo la societa' civile irachena
dimostra al suo stesso popolo e alla comunita' internazionale di essere in
grado di organizzare eventi nazionali unitari svincolati dai poteri politici
e religiosi. E' un'importante testimonianza della volonta' e capacita' di
rifiutare la logica della guerra civile ed attuare iniziative comuni a
livello nazionale sfidando lo strapotere dei gruppi armati e degli eserciti.
In secondo luogo si intende avviare un processo di coscientizzazione della
societa' civile circa la possibilita' di rinunciare all'odio e alla vendetta
per l'obiettivo comune della convivenza pacifica. Il messaggio costruttivo
e' diretto in special modo alle giovani generazioni che rischiano di
dimenticare quanto forte fosse sino a pochi anni fa il sentimento di unita'
del popolo iracheno. Lottare per l'autodeterminazione e per i propri diritti
e' doveroso, ma vi sono mezzi alternativi alle armi per promuovere una
societa' piu' giusta, mezzi nonviolenti che siano coerenti con i fini che si
propongono. Si realizza cosi' dal principio, durante la lotta, il modello di
societa' che si intende promuovere, dove donne e uomini, giovani e anziani
abbiano la stessa dignita'. Infine, durante questa settimana si
raccoglieranno adesioni alla rete Laonf perche' cresca il numero di coloro
che  accettano questo impegno.
La Settimana irachena della nonviolenza si svolge per il secondo anno, e
intende divenire un appuntamento fisso di promozione culturale e politica
dell'azione nonviolenta, dell'affermazione della pace con mezzi pacifici.
Mezzi nonviolenti di lotta sono stati utilizzati nella storia recente dai
sindacati e dai movimenti iracheni per i diritti umani, sociali  e civili,
ma spesso senza adesione esplicita e consapevole ad un modello di
riferimento. La rete Laonf intende declinare nella cultura irachena i valori
universali e le metodologie d'azione che hanno consegnato vittorie politiche
e spirituali ai movimenti di Gandhi, Martin Luther King, ai movimenti
femministi e molti altri. Il percorso di formazione degli attivisti di Laonf
e' sostenuto dall'associazione catalana "Nova - Centre per a la Innovacio'
Social", e dall'italiana "Un ponte per...", che da due anni organizzano e
finanziano programmi di training alla cultura della nonviolenza, su
esplicita richiesta e invito delle associazioni irachene.
Informazioni sulle iniziative svolte finora sono disponibili sul sito
www.launf.net gestito da Nova-Cis e sul sito www.laonf.org gestito da membri
della Rete Laonf a Baghdad.
*
Dettagli sulla Settimana irachena della nonviolenza appariranno sul blog in
lingua spagnola del documentarista Alberto Arce (albarce at gmail.com) che sta
seguendo l'evento dal Kurdistan iracheno.
http://blogs.elcomerciodigital.com/pacifistasenbagdad/
Per maggiori informazioni ed interviste sull'iniziativa (contatti di
attivisti da Erbil, Baghdad, Bassora) e' possibile contattare:
- Ismaeel Dawood (Giordania), lingue: inglese e arabo, e-mail:
ismaeel.dawood at unponteper.it
- Martina Pignatti Morano (Italia), lingue: inglese e italiano, cellulare:
3290540808, e-mail: pignattimora at unisi.it

2. APPELLI. FORUM SOCIALE ANTIMAFIA "FELICIA E PEPPINO IMPASTATO: UN APPELLO
[Dalla Casa della memoria "Felicia e Peppino Impastato" (per contatti:
casamemoriaimpastato at gmail.com) riceviamo e diffondiamo.
Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato (1948-1978),
il militante antimafia di Cinisi (Pa) assassinato dalla mafia; Felicia
Bartolotta Impastato lo ha sostenuto nella sua lotta, che ha proseguito dopo
l'uccisione del figlio. E' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia
Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e
Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Opere su Felicia Bartolotta
Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A
Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe
Impastato, Palermo 2005; di lei ovviamente si parla ampiamente nei libri
dedicati alla figura di Peppino Impastato.
Giuseppe Impastato nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi
(Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e
rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia
difficile", fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Scritti di Peppino
Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano
di documentazione Giuseppe Impastato, seconda edizione Palermo 2003. Opere
su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il
depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei
coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La
mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti
imperfetti, Mondadori, Milano 1994. Tra le pubblicazioni recenti: AA. VV.,
Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001,
2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia
presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi
Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio
Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica
Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film
omonimo). Ma cfr. anche le molte altre ottime pubblicazioni del Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15,
90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it)]

Il 9 maggio 2007, ventinovesimo anniversario della morte di Peppino
Impastato, come accade tutti gli anni dal 1978, sara' un tradizionale
momento d'incontro e di riflessione di tutte le realta' e i soggetti che si
battono per costruire una nuova societa' libera dalla mafia, dalle
prepotenze e dalle connivenze politico-mafiose e un'importante occasione di
confronto per rendere ancora piu' efficace la lotta contro la mafia dal
basso, che e' diventata ormai irrinunciabile, visto che quella condotta dal
mondo istituzionale mostra sempre piu' le sue debolezze e le sue falle.
Anche quest'anno vogliamo ricordare la figura di Peppino e il suo impegno
creativo ed anticonformista contro il potere mafioso con una tre giorni, che
vedra' alternarsi forum di discussione sull'importanza della lotta contro la
privatizzazione dell'acqua e in difesa dell'ambiente; sulla fondamentale
difesa dei diritti sul lavoro e il contributo dei sindacati nelle battaglie
contro le speculazioni economiche e le infiltrazioni nel sociale della
mafia; sul 1977, le radio libere e i trent'anni del nostro impegno: non
mancheranno spettacoli teatrali e musicali, seguendo la linea-guida gia'
tracciata da Peppino che tentava un risveglio delle coscienze tramite
l'utilizzo di mezzi di comunicazione e contesti alternativi, come il circolo
"Musica e Cultura" e "Radio Aut".
Questo nostro appuntamento avra' come obiettivo l'introdurre le numerose
iniziative che avranno luogo durante il prossimo anno e che culmineranno il
9 maggio 2008, quando saranno passati trent'anni dall'assassinio di Peppino:
in occasione del trentennale svolgeremo una nuova manifestazione nazionale
antimafia a Cinisi, su esempio di quella tenutasi nel 1979, chiedendo la
partecipazione di tutte le persone interessate a livello nazionale.
Come al solito, pero', ci ritroviamo a non avere una lira, anzi un euro:
abbiamo scelto anche stavolta di autofinanziarci, per garantire la nostra
indipendenza e liberta', ma il programma rischia di saltare.
Ci appelliamo, di conseguenza, alla disponibilita' degli amici, dei
compagni, delle associazioni che vogliano manifestare la propria vicinanza
dando anche un minimo contributo, partecipando ad una sottoscrizione per
coprire le spese indispensabili, come la stampa dei manifesti, il noleggio
dell'amplificazione e della sala cinematografica, le eventuali spese Siae e
del servizio di sicurezza e il rimborso per i relatori esterni convenuti.
Questo appello, pero', non riguarda soltanto la richiesta di un aiuto per
sopperire alla mancanza di fondi per le iniziative previste in questa
edizione del forum: abbiamo un progetto "ambizioso" da realizzare l'anno
prossimo, per ricordare Peppino a distanza di trent'anni dalla sua morte con
un evento contro la mafia e per i diritti di tutti che abbia risonanza a
livello nazionale; per realizzarlo, pero', abbiamo bisogno del vostro
sostegno.
Chi vuole partecipare puo' fare riferimento al conto corrente postale
26951889 intestato all'Associazione Culturale Onlus Peppino Impastato,
Piazza Stazione 10, 90045 Cinisi.

3. RIFLESSIONE. UNA LEGGE ELETTORALE CHE NON NEGHI LA REALTA'

E la realta' e' che l'umanita' si compone di donne e di uomini.
E che una democrazia rappresentativa che voglia esser decentemente tale deve
oggi riconoscere pari presenza alle donne ed agli uomini nelle assemblee
pubbliche elettive. In un futuro si potra' pensare a forme diverse, ma oggi
e' necessario contrastare un sistema di potere maschilista che si prolunga
dalla guerra allo stupro e che nega piena dignita' umana alle persone di
sesso femminile. Per contrastare questo sistema di potere totalitario e
alienante, schiavista e onnicida, occorre qui e adesso che le istituzioni
democratiche abbiano una uguale presenza di donne e di uomini.
Come propone la proposta di legge formulata dall'Unione donne in Italia "50
e 50 ovunque si decide".
Per informazioni, documentazione, contatti: www.50e50.it

4. RIFLESSIONE. PATRIZIA CAPOROSSI: LA PAROLA DI DIOTIMA NEL SIMPOSIO DI
PLATONE
[Ringraziamo Patrizia Caporossi (per contatti: latuffatrice at virgilio.it) per
averci messo a disposizione questo suo recente testo.
Patrizia Caporossi, intellettuale femminista, saggista, docente, vive ad
Ancona, si e' laureata a Roma, dove ha vissuto dal 1970 al 1975,
all'Universita' "La Sapienza", in filosofia teoretica, con una tesi su La
donna in Nietzsche e Kierkegaard; dal 1986, docente di filosofia e storia al
liceo scientifico di Falconara (Ancona) e dal 2006, al liceo classico di
Ancona; dal 2000, docente supervisore per l'Indirizzo scienze umane alla
Ssis dell'Universita' di Macerata; dal 2003, dottorato di ricerca in
filosofia e teoria delle scienze umane dell'Universita' di Macerata; dal
2001, docente a contratto per i laboratori di didattica della filosofia alla
Ssis dell'Universita' di Macerata; socia corrispondente, dal 1989, della
Societa' italiana delle storiche; gia' dirigente provinciale dell'Unione
donne italiane di Modena (1976-1978); gia' presidente provinciale
dell'Istituto di Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche di Ancona
(1985-1986) e gia' commissaria nella prima Commissione regionale delle pari
opportunita' delle Marche (1987-1991); socia fondatrice, nel 1995, della
Scuola di donne (oggi, Centro studi di genere) - Seminari magistrali "Joyce
Lussu" di Ancona. La sua specialita' di studio e di ricerca, fin dal 1970,
e' la filosofia e la storia delle donne, negli ambiti interdisciplinari
relativi ai Women's Studies, su cui tiene conferenze pubbliche, corsi e
scrive articoli e saggi. Cura e conduce, inoltre, corsi di formazione per
gruppi di donne (e non solo), legati anche ad ambienti politici, sindacali e
istituzionali, professionali, oltre che scolastici, sulla comunicazione e
sulla pratica della relazione, relativi alle esperienze e alle metodiche
maturate nell'ambito del movimento delle donne. Tra le pubblicazioni piu'
significative: Le regole ovvero la legislazione per le donne vista dalle
donne, Autonomie, Ancona 1984; Le donne nell'anconetano e le loro
organizzazioni nel secondo dopoguerra (1943-1959), Il Lavoro editoriale,
Ancona 1985; La soggettivita' condivisa in percorso e l'auto/biografia,
Clueb, Bologna 1992; Biografia e auto/biografia nella storia delle donne,
Gramsci Marche, Ancona 1992; Il tramite. Un percorso di liberta' femminile,
LibroLibero, Milano 1992; Gramsci e l'Italia. Un percorso di lettura, Teti,
Milano 1995; Identita' di genere nel processo di formazione, Provveditorato
agli studi, Ancona 1996; Tina Modotti, intellettuale organica, Citta'
Futura, Ancona 1998; Seminare per fare politica al femminile, Coop Com,
Ancona 2000; Donne e scienza: il pensiero occidentale e l'episteme, Cnm,
Ancona 2000; Joyce Lussu: le donne e la passione politica, Qcr, Firenze
2002; Elogio della follia, Ippocampo, Falconara 2003; Joyce Lussu e la
storia, Cuec, Cagliari 2003; Hannah Arendt. Il soggetto e l'agire politico
ovvero la dimensione politica del soggetto, www.salaprof.it, 2004; Il
giardino filosofico. Verso il luogo della presenza/assenza dell'identita' di
genere, Unitre, Falconara 2005; Corpi e figure femminili tra visibile e
invisibile: le ragioni di una storia, Continente Donna, Falconara 2005; Il
dono della liberta' femminile, in AA. VV., La nonviolenza delle donne, (a
cura di Giovanna Providenti), Quaderni Satyagraha, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze 2006. E' in via di pubblicazione la ricerca filosofica
dal titolo: "Il corpo di Diotima. La passione filosofica femminile e la
liberta' femminile"]

"Un giorno ho ascoltato una donna di Mantinea..."
(Platone, Simposio, 201 D)

La presenza di Diotima e' assenza nel contempo: non puo', infatti,
partecipare al banchetto. Tutto cio' che si sa di lei lo espone Socrate, che
e' il personaggio principale del dialogo platonico. Si tratta di un pranzo
di soli uomini, i quali, finito di mangiare, come d'usanza, si intrattengono
a tavola a sorseggiare vino, centellinandolo, mentre parlano piacevolmente
fra loro, quasi in confidenza, dell'amore.
Diotima non poteva che essere assente in quanto esclusa come tutte le donne
da luoghi e momenti prettamente maschili. Ma, non e' un caso che Platone
senta il bisogno di introdurre un personaggio femminile, pur impossibilitato
a esserci, per difendere la natura, la bonta' e la verita' dell'amore: la
scienza di Diotima e', infatti, quella del sapere erotico. D'altronde, il
campo della sapienza non e' tutto nella classificazione tra sapere e
non-sapere, tra scienza e ignoranza: c'e' anche quel modo di conoscere il
vero senza poterlo dimostrare (Simposio, 202 A), una sorta di dotta
ignoranza, afferma la studiosa Luisa Muraro, difficile a essere ascoltata e
capita, quasi senza le parole per essere detta. Questo passaggio serve per
cogliere, intanto, che amare e' cercare di stare in equilibrio tra felicita'
e infelicita', tra perfezione divina e pochezza umana: quasi su un filo teso
da quel desiderio che continuamente cerca quel che manca al cuore,
all'anima.
L'amore e' cosi' desiderio senza possesso, e' mancanza che agita e mobilita,
e' passaggio, tensione tra toccare il cielo con un dito e sprofondare nella
polvere. Per questo l'amore e' un particolare sapere che, quasi
approfittando del suo mancato possesso della verita', si fa mediatore tra
scienza e ignoranza, perche' ne vive la condizione necessitante.
*
In se' il dialogo platonico e' quasi enigmatico, perche', nella tensione di
quel discorso che Platone fa dire a Diotima, tramite Socrate, chi legge e'
condotto ad approdare dalla condizione precaria e sbilanciata, ma creativa
di chi ama (l'amante), alla condizione superiore di chi non conosce la
dipendenza da niente e da nessuno (l'amato). Viene, infatti, presentato e
indicato il sapere dell'amore in modo proprio rovesciato in quanto amore del
sapere tanto che l'attrazione altrui non puo' che diventare vero desiderio
di possesso. Si compie una specie di torsione tra immanenza e trascendenza.
Platone ha avuto, quindi, bisogno di Diotima per orientare la discussione in
corso tra uomini durante quel simposio omo-sessuale (dato che e' presente e
rappresentato solo un sesso, lo stesso, che si confronta e si sfida).
Cambia, infatti, anche il registro del linguaggio che fino a quel momento
era proprio tipico di un agone d'amore, mentre Diotima, a differenza dei
convitati, non cerca ne' di piacere ne' di trionfare, perche' pensa solo a
trasmettere, a spiegare come fa ogni madre la vita che dona ai propri figli
partoriti e come, di fatto, fanno anche certe donne eccezionali che sono
riuscite a essere tali nella storia degli uomini, in cui, pero', non  sempre
appaiono o eventualmente come, appunto, pure eccezioni.
Diotima, quindi, fa la parte che non poteva fare Socrate e compie cosi' la
missione di Platone stesso: Diotima e', infatti, come una missionaria che
cerca di mettere in luce (anche) la forza e la bellezza dell'amore
etero-sessuale, per quella fecondita' che il maestro di Platone dava alla
filosofia stessa, in quanto amore della conoscenza del vero e del bello,
spingendo cosi' i cittadini maschi a non farsi trastullare (solo) dall'amore
omo-sessuale in costumi spesso (ormai) corrotti e farli, invece, volgere
fortemente al bello-in-se' e diventare cosi' realmente fecondi, mettendo
attivamente al mondo opere sia per la filosofia sia per la politica.
Socrate, condannato per la sua fama di perditempo, chiacchierone e, in piu',
per la sua sterilita' di opere (quasi come una vecchia levatrice, che,
appunto, fa nascere ma non partorisce, non ha, infatti, lasciato scritto
nulla, mentre Platone vuole che lascito ci sia: significativo e autorevole),
non poteva piu' compiere la missione della fecondita' d'amore: ci voleva una
donna maestra, sconosciuta ma dotta, come Diotima appunto e', che, in tempi
e luoghi diversi da quelli degli uomini, si e' nutrita di quel sapere
erotico, l'unico atto a fecondare.
Quasi un'ammissione, allora, che altrove (dagli spazi maschili) le donne
testimoniano con la loro vita il senso dell'amore, che e' la vera sapienza
vitale di cui la polis sembra avere smarrito il valore.
*
La prima cosa che Socrate dice, quando arriva il suo turno di parlare, nel
banchetto di Agatone, e', infatti, un ironico commento alla cose grandiose
dette dagli altri di Eros: voi, dice ai commensali, avete parlato a quelli
che non lo conoscono, non a quelli che lo conoscono (Simposio, 199 A),
perche' chi conosce l'amore, dice ancora, sa che nasce dalla privazione.
L'amore nasce mancante e la mancanza lo fa crescere e, per questo, nel
dialogo, Platone, tramite Socrate, grazie al ragionamento di Diotima, parola
femminile sapiente delle cose d'amore, cerchera' di dimostrare la sua vera
natura che, a poco a poco, si identifichera' sempre piu' con il desiderio
del possesso e, nella sua forma piu' alta, con l'aspirazione al sommo Bene,
in quanto unica espressione di felicita' duratura, perche' colma totalmente
la mancanza in cui l'amore era nato e cresciuto, come ogni essere umano sa.
Prima di poter raggiungere questo fine alto, l'amore vive condizioni
intermedie o meglio agisce da intermediario tra cielo e terra, come
messaggero che va e viene, portando doni e segni. All'inizio colui che ama,
sa, ma non ha parole per dimostrare vero quello che sente e sa, come avviene
in ogni inizio che e' una condizione sempre particolare, magari contingente
dato che l'amore viene di suo, senza essere deciso o quant'altro.
Condizione non facile perche' poco comoda, in bilico tra la scoperta, quasi
la meraviglia della mancanza e il saperci stare per avviare l'impresa
propria dell'amore, che e' nella vita umana una vera acrobazia in quanto si
fa posto a qualcun altro che ne diventa, pero', ne' intruso ne' immediato
complemento: c'e' e, all'inizio, non si sa bene cosa possa comportare, se
non lo spostamento del proprio centro di gravita', cosi' scrive la filosofa
spagnola Maria Zambrano, un vertiginoso modo di vivere, se accettiamo di
starci. Chi avverte lo sbilanciamento, sottolinea Luisa Muraro, e' sulla
strada dell'amore e il corpo ne avverte la portata di contenimento e di
possibilita', come accade a quello femminile atto a contenere la vita e a
metterla al mondo. Il corpo femminile stesso rappresenta l'inizio della
vita.
*
Questa consapevolezza da' il nome alla madre di Eros, Carestia o Poverta' o
Carenza (in greco Penia) che, nel racconto allegorico spiegato da Diotima
nel Simposio, esclusa dalla festa degli dei per la nascita di Afrodite, per
rimediare qualcosa da mangiare adocchia uno degli dei, ubriaco, un certo
Poros, Dotato o Ingegno, nome traducibile dal greco con "pieno di risorse,
ricco di espedienti" (203 A-C) [in greco antico voleva dire: passaggio
attraverso, passo, guado, apertura, foro, poro della pelle, via, strada,
sentiero, ponte], sul quale ancora discutono gli interpreti di Platone (come
nella favola di Cenerentola, evidenzia Luisa Muraro, c'e', comunque, un
piede e si cerca la scarpa!). Da qui l'amore sempre bisognoso e desideroso,
sempre a caccia e sempre in attesa, ma nello stesso tempo mai perso, privo
di risorse, mai rassegnato, sempre aperto e disponibile al darsi da fare.
Tu - dice la maestra di erotica al suo allievo - ti sei fatto un'idea tutta
positiva dell'amore perche' lo hai immaginato come "amore amato", quindi
bello, felice, perfetto e non come "amore amante", aspro e difficile, come
veramente e' nell'esperienza di chi ama (204 C). Ma, allora a che serve agli
umani? Scrive Luisa Muraro: "non e' in questione la risposta, ma la domanda.
La domanda dello scopo dell'amore, non riguarda il senso dell'amore, che non
ha bisogno che gli troviamo un senso: ce lo da' lui! Chi ama, certo, non se
la pone" (Approfittare dell'assenza, p. 40).
Il discorso si completa, infine, stabilendo che l'amore punta al possesso
delle cose buone perche' rende felici e una volta raggiunta la felicita', la
domanda decade da se', dentro di noi. La chiusa e' un vero e proprio
programma da realizzare, nonostante tutto. In fondo, la questione dell'amore
e' semplicemente accettare di sentirsi addosso la carenza: "di andare e
venire fra la gioia della presenza e il dolore dell'assenza", puntualizza
sempre Luisa Muraro (p. 41).
La mancanza e' la coscienza della finitezza umana e la capacita' di viverla
in prima persona perche' questo, solo questo, permette l'apertura, la
disponibilita' a ricevere, ad accogliere, a dare per per-donare se' e gli
altri. Perche' amore e' scambio ed elevazione. Perche' dove c'e' difetto,
qualcosa in noi chiede di essere sanato e completato. E allora forse in
Platone l'amore si fa poros, passaggio, verso il Bene sommo, eterno e
immutabile.
Ma l'amore e' anche determinare l'apertura, il passaggio per fare entrare e
av-venire alla vita l'essere stesso, come gli uomini e le donne sanno fare.
Cosi' inizia il mondo vitale degli esseri umani, scrive Luisa Muraro, tutti
nati da donna, da un corpo ineluttabilmente femminile. Per questo Diotima
diventa nel dialogo la fonte necessaria per dar conto dell'amore e con esso
della vita a cui inevitabilmente tutti gli umani tendono.

5. RIFLESSIONE. ENZA PANEBIANCO: DIO, PATRIA E FAMIGLIA
[Ringraziamo Enza Panebianco (per contatti: enzapanebianco at inventati.org)
per averci messo a disposizione questo suo testo gia' apparso nel sito
femminismo-a-sud.noblogs.org
Enza Panebianco, storica militante del movimento antimafia a Palermo,
intellettuale, scrittrice, operatrice culturale, animatrice dell'esperienza
della libreria "I fiori blu", e' una delle figure piu' vive della sinistra
critica e della riflessione e prassi liberatrice delle donne. Opere di Enza
Panebianco: Racconti palermitani, Malatempora, 2002]

La mia guerra
Fare il soldato non e' una bazzecola. Io lo so perche' a mio modo un po'
soldato lo sono anch'io. "Abbiamo tutti qualche guerra da combattere" - si
dice cosi', no? La differenza sta nel giocare in difesa o in attacco. La
differenza sta nell'obiettivo. Io sono entrata nella resistenza al mio primo
vagito. Tra lacrime e sangue mi fu chiara da subito una cosa: dovevo
arruolarmi.
Altrimenti avrei pagato con una vita fatta di supplizi e torture. Come in
ogni brava resistenza che si rispetti io utilizzai ogni mezzo e rubai ogni
risorsa. Riposavo in ambienti complici e continuavo a muso duro dove c'era
da tirare fuori le armi. E ne avevo di armi, so solo io - e non dio - quante
ne avevo. Non le caricavo mai a salve. I miei proiettili me li forniva la
vita. Una discreta scorta, devo dire.
Sono nata nel tempo in cui a me erano destinati un dio dei maschi, una
patria dei ricchi e una famiglia per puritani, ipocriti, repressi cattolici.
Ho combattuto e combatto ancora, con le parole, con la scrittura, con la mia
presenza. Mai stanca di far valere la mia opinione. Per non subire quella
degli altri piu' che per imporre la mia.
Ogni tanto pare che possa rilassarmi. Riposare in ambienti che si presentano
in quanto laici e senza perversioni sadiche. Non mi piace fare la
masochista. Non mi piace neppure fare l'agnello sacrificale.
*
Dio, patria e famiglia
Poi il pericolo ricompare sotto altre bandiere perche' il rischio c'e' anche
quando al governo si trova la Dc con dei vice dal piglio stalinista (strano
connubio ma capisco. sono bravi entrambi a espellere i dissidenti dal
partito) mascherata da laico centro-sinistra.
Siamo di nuovo al dio, patria e famiglia e di brutto c'e' che non si ha
neppure la scusa di un Mussolini in giro. Coloro i quali governano sono
travestiti da "buoni". Fanno leggi razziali, controllano lager, sfruttano
manodopera straniera a basso costo, pontificano sull'utero delle donne,
progettano l'uomo nuovo e la giovane Italia in fase di "ripresa economica".
Se al posto di Prodi, a dire che stiamo tutti bene e l'economia va alla
grande e i nostri soldati al fronte stanno tutti bene, ci fosse Mussolini
forse non sarebbe cosi' diverso. Anche allora si chiedeva alle famiglie di
fare piu' sacrifici e le donne davano via la fede nuziale e i figli da
mandare in guerra. Succede di nuovo, com'era per Berlusconi. La storia e' la
stessa.
Allora ricomincio. Ma almeno e' la mia guerra. Sto difendendomi dalla
perenne occupazione del mio territorio.
Lancio parole come pietre, esprimo concetti per accerchiare il nemico. Trovo
uno spazio e insinuo dubbi. De-moralizzo, de-cattolicizzo, de-tirannizzo.
Provo a fare il vuoto attorno a quelli la', totalitari dell'ultima ora, che
hanno quel brutto alito da servi dell'impero. Condivido un respiro laico. E
poi penso alle altre guerre, quelle dove c'e' piu' spesso il sangue. Dove le
armi sono visibili e per i morti non bastano piu' le bare e dico a me stessa
che non ne so nulla. Io non li vedo. So della guerra quello che mi racconta
la tivvu'. So quello che mi raccontava mia nonna. Quello che mi racconta il
compagno della resistenza ancora in vita.
*
Le guerre lontane, le donne e Emergency
Ma che posso saperne io di guerre lontane dove si muore in branco, dove una
bomba cancella la differenza delle opinioni, dove viene leso costantemente
il diritto alla sovranita' territoriale e popolare. Dove c'e' sempre
qualcuno che dice di aver ammazzato per il bene di qualcun altro che poi
dovrei essere io mentre io sono qui a combattere altre guerre e certo quel
morto non lo sentivo nemico.
La guerra e' una cosa da uomini, mi dicono. Pero' la combattono anche le
donne. Forse non stanno in prima linea. Sparano poco, sparano meno. Ma sono
complici. Lo sono anche quelle che in parlamento, qui da noi, votano per
rifinanziare finte missioni di pace. Quelle che scendono in piazza contro la
guerra e poi diventano incoerenti in parlamento. Quelle che assistono
all'offesa, al dileggio, alle calunnie, alla criminalizzazione di una
organizzazione come Emergency e non sanno distinguersi e parlare.
Non sanno dire di no. Non sanno resistere. E allora penso che io sola e
poche altre continuiamo nella nostra solitaria resistenza e mi chiedo
perche' ho perso tanto tempo a discutere di metodi della politica al
femminile, di differenza del far politica al femminile se poi - nei fatti -
quel femminile non sa fare la differenza.
Mi spiace che in questo periodo le parlamentari della sinistra si impegnino
cosi' tanto - ed e' bene che lo facciano, anzi dovrebbero farlo di piu' e
con maggiore decisione - per difendere la laicita' dello stato e poi
crollino miseramente davanti ad un altro dogma. Quel dogma e' vecchio quanto
gli uomini, anzi l'hanno inventato loro.
Il ricatto del tanto peggio tanto meglio. Il compromesso e
quell'accontentarsi di avere un governicchio di finta sinistra che come
massimo obiettivo ha quello di rafforzare la credibilita' e il potere
militare delle forze europee per tenere testa, da servi promossi al rango di
maggiordomi di lusso, a quelle statunitensi. Si riduce forse alla stessa
questione di sempre. A chi ce l'ha piu' lungo. Nel frattempo la gente muore
e senza dati alla mano posso dire comunque con certezza che ne muore
parecchia. Muore perche' le dittature americane (come quelle dell'America
latina di un tempo) ora le chiamiamo guerre umanitarie e missioni di pace.
Muore perche' noi - complici (come cani obbedienti aspettiamo un osso) -
sosteniamo governi fantoccio che agevolano gli affari di Bush. Muore perche'
in questa baracca che e' diventata o e' sempre stata il nostro mondo, ci
interessa poco di risolvere i problemi dell'umanita'.
*
Chi rompe non paga, anzi si becca l'appalto per la ricostruzione
Anzi si spera che l'umanita' perisca, si sfracelli, perche' saremo li'
pronti con i nostri aiuti umanitari a fare prodotto interno lordo grazie
alla ricostruzione dei luoghi che distruggiamo. Bisogna creare equilibri
instabili secondo lo stesso principio che impedisce di fabbricare una
automobile che non si rompa dopo un anno. Altrimenti va in malora tutto il
giro d'affari dei pezzi di ricambio. Altrimenti sulla distruzione non ci si
fanno i gran soldoni.
Bisogna distruggere per ricostruire e questo risolleva le economie, ricicla
ricchezze, produce spazio per gli investimenti. Le guerre vengono quotate in
borsa, da quelle dipendono le oscillazioni dei mercati, la ricchezza
spropositata delle multinazionali. Bla, bla, bla.
Sto parlando in maniera generica, lo so, ma non sono qui per dare
informazioni di cui non dispongo. E se anche le avessi chissa' se potrei
davvero dire la verita'. Chi ci prova in genere muore. Come e' accaduto a
Ilaria Alpi. Come e' accaduto a molti altri giornalisti che tentavano di
fare bene il proprio lavoro.
Io esprimo solo una opinione sulla base di cio' che leggo e che sento. Mi
pare che il mondo vada cosi'. E poi ritorno a pensare alla guerra e penso a
come disertare. A come ripensare un mondo fatto di lotte essenziali. Magari
di guerre diverse: Si puo' smettere di comprare cose prodotte da alcuni
grossi marchi. Si puo' lottare per far comprendere che non ci piace che si
dica di una guerra che e' fatta in nostro nome. Not in my name: non stanno
difendendo il mio benessere. No. Non e' questa la verita'.
*
La disobbedienza di Vandana Shiva, come Antigone
Possiamo provare a seguire l'esempio di Vandana Shiva che fa una "bella"
guerra. Restituendo al suo popolo il diritto di sfruttamento delle risorse
prodotte in quella particolare area asiatica. La fa nelle aule dei tribunali
per sottrarre - tra le altre cose - il brevetto ad una grossa industria
americana di produzione di semi per il riso basmati. Quel brevetto
paraddossalmente assegnava la proprieta' di quei semi a qualcun altro. Cosi'
quella gente doveva comprarli a prezzi esorbitanti piuttosto che conservare
quelli che le piante normalmente producevano.
La Shiva - novella Antigone - ha disobbedito e invitato la sua gente a fare
lo stesso. Insieme hanno compiuto una azione che da queste parti sarebbe
definita "sovversiva": hanno, cioe', conservato quei semi per ripiantarli.
Hanno sfidato l'autorita' delle polizie tutrici delle ricchezze dei potenti.
Nel frattempo Vandana Shiva ha riottenuto il diritto di sfruttamento di quei
semi, per il suo popolo altrimenti condannato alla fame.
Accade lo stesso un po' ovunque quando si parla di sfruttamento delle
risorse. C'e' chi godrebbe di diritti territoriali e chi si appropria di
tutto con la repressione poliziesca del dissenso o, per fare prima, con una
bella guerra.
*
Furti dis-umanitari e uno "straccio di verita'"
Un tempo accadeva che per fame si rubava il pane del vicino. Ora succede che
il furto si chiama guerra umanitaria e viene spacciata per lotta
internazionale al terrorismo e quello stesso furto riguarda non piu' beni di
prima necessita' ma risorse utili a continuare a vivere nello spreco.
L'egoismo ci rende cosi' miopi da non farci capire una cosa essenziale: ogni
cosa presa da una nazione lascia la gente che la abita morta, affamata,
priva di qualcosa che serve loro per vivere.
Ma l'occidente vuole tutto e non vuole restituire niente in cambio. Nessuno
tenta un ragionamento che riguarda l'equa suddivisione delle risorse. Per
vivere meglio, per vivere tutti. L'occidente non si accontenta e finisce per
rubare tutta la coperta, come ha sempre fatto. E quegli altri rimangono
scoperti, infreddoliti, affamati, assetati, ammalati e infine muoiono. In
quel momento allora intervengono le organizzazioni umanitarie a dare via le
elemosine della nostra grassa e opulenta societa'. Noi ci laviamo la
coscienza con il loro sangue. Questo penso.
Cosi' la mia rabbia cresce e mi chiedo perche' mai si debba nei fatti
impedire ad una organizzazione come Emergency di fare quello che puo' per
riparare alla miseria e alla crudelta' che a certi popoli viene dedicata.
Non e' vero che la guerra e' lontana da noi. La guerra e' anche qui. Se c'e'
una guerra tutti siamo chiamati a combatterla. Possiamo stare da una parte o
dall'altra. Basta dirlo senza mistificare. Al momento, a volere la pace,
siamo davvero in pochi. E se siamo in tanti allora diciamo con onesta' che
non bastano le bandiere della pace che ci confortano di aver fatto il nostro
dovere. Serve una prova di coerenza. La diano le parlamentari, i
parlamentari: La diano i pacifisti e le pacifiste. La diano tutti perche' e'
proprio il momento di smettere di latitare.
Ci sono soldati e soldati. Io sono quello che chiede da tempo il cessate il
fuoco.
Indosso allora quella divisa laica mai smessa. Che questa guerra non sia
trasformata in una crociata indecorosa. Perche' e' una guerra fatta di bugie
e serve un dignitoso straccio di verita'.

6. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma
nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno
compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da
qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in
banca o alla posta.
Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento
Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 75 del 30 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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