Minime. 58



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 58 del 13 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Kurt Vonnegut
2. Enrico Piovesana: Le forze speciali italiane sempre piu' coinvolte nella
guerra
3. Emergency: Una lettera ai cittadini afgani
4. Lidia Campagnano: Civilta' del convivere
5. Da Palermo alcune riflessioni intorno alla proposta "50 e 50"
6. Monica Ruocco ricorda Driss Chraibi
7. Letture: AA. VV., Per Bruno Borghi
8. Letture: Claudio Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico
9. Riedizioni: AA. VV., Lirici greci
10. Riedizioni: Marco Nozza, Hotel Meina
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. LUTTI. KURT VONNEGUT

Una persona buona ci ha lasciato.

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LE FORZE SPECIALI ITALIANE SEMPRE PIU'
COINVOLTE NELLA GUERRA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo dell'11 aprile 2007.
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la
zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in
qualita' di inviato.
Gianandrea Gaiani, direttore della rivista "Analisi Difesa", collabora con
numerose testate nazionali e straniere occupandosi di analisi
storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra;
collabora con l'Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia e l'Istituto
Superiore degli Stati Maggiori Interforze (Issmi), presso il Centro Alti
Studi Difesa (Casd) di Roma, per il quale ricopre il ruolo di titolare della
disciplina "Operazioni interforze e multinazionali" tenendo e organizzando
conferenze e dibattiti in relazione alle piu' importanti tematiche inerenti
le operazioni militari; dal marzo 2002 ricopre l'incarico di Segretario
generale del Centro Studi per la Difesa e la Sicurezza (Cesdis)]

Le polemiche sul sequestro Mastrogacomo e sul ruolo svolto da Emergency, la
vicenda di Rahmatullah Hanefi e la conseguente evacuazione del personale
straniero dell'ong di Gino Strada: l'Afghanistan continua a dominare le
prime pagine di tutti i giornali e i titoli d'apertura di tutti i Tg, ma di
quello che succede laggiu', della guerra sempre piu' feroce che si combatte
in Afghanistan, nessuno parla.
E, soprattutto, nessuno parla del sempre maggiore coinvolgimento bellico dei
militari italiani presenti nel paese, ormai pienamente coinvolti nei
combattimenti, come dimostra l'invio di mezzi militari aggressivi come i
carri armati cingolati Dardo e gli elicotteri da attacco A-129 Mangusta.
*
"Si continua a diffondere dettagli su tutte le consegne di viveri, quaderni,
penne e giocattoli nelle scuole e orfanotrofi di Herat ma nessuna notizia
concreta viene data sull'impiego bellico dei reparti. Su questo e' calata
una pesantissima censura", dice l'esperto militare Gianandrea Gaiani,
"proprio nel momento in cui le nostre forze speciali sono sempre piu' attive
nel contrasto alle penetrazioni talebane nell'Afghanistan occidentale, come
dimostrano i sempre piu' frequenti scontri armati sostenuti dai nostri
soldati".
"Scontri per i quali viene fornita l'ormai trita versione ufficiale dei
fatti: attacchi di 'elementi ostili' che hanno aperto il fuoco sui nostri
militari impegnati in un 'normale pattugliamento'. Ma le nostre forze
speciali, come quelle di ogni paese, non vengono impiegate in attivita' di
'normale pattugliamento', bensi' in attivita' di controinterdizione. Cio'
significa che gli incursori del IX reggimento "Col Moschin" dell'Esercito e
del Gruppo operativo incursori della Marina (reparti che hanno avuto
entrambi un ferito nell'ultima settimana) cercano, trovano e annientano le
forze talebane penetrate da sud nel settore italiano".
"Numerose fonti, italiane e alleate - continua Gaiani - confermano
anonimamente che gli italiani, soprattutto le forze speciali, hanno
affrontato combattimenti in molte occasioni soprattutto nella provincia di
Farah dove dal settembre scorso si registra una crescente presenza talebana
che ha subito un ulteriore incremento nelle ultime settimane a causa
dell''Operazione Achille'. Premendo da sud e da ovest, le truppe
anglo-americane, canadesi, olandesi e governative afgane stanno spingendo il
nemico a cercare scampo nel settore italiano con penetrazioni crescenti a
Farah, nella provincia di Ghor e nella parte meridionale di quella di Herat,
appunto a Shindand dove si e' verificato l'ultimo scontro a fuoco".

3. AFGHANISTAN. EMERGENCY: UNA LETTERA AI CITTADINI AFGANI
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
comunicato di Emergency dell'11 aprile 2007]

A seguito delle vergognose affermazioni del signor Amrullah Saleh,
responsabile dei Servizi di sicurezza afgani, che in una intervista a un
quotidiano italiano ripresa dalla stampa internazionale ha definito
Emergency una organizzazione che "fiancheggia i terroristi e persino gli
uomini di Al Qaeda in Afghanistan", facciamo appello ai tanti cittadini
afgani che hanno conosciuto il lavoro di Emergency nei Centri chirurgici di
Anabah, di Kabul, di Lashkargah, nel Centro medico e di maternita' del
Panjsheer, nelle venticinque cliniche e Posti di pronto soccorso, nelle sei
cliniche all'interno delle prigioni.
Dal 1999, le strutture sanitarie di Emergency hanno fornito assistenza
gratuita e di alto livello a oltre 1.400.000 cittadini afgani. Facciamo
appello a loro, alle loro famiglie, ai cittadini dell'Afghanistan perche' si
uniscano a noi nel ricordare al governo afgano il carattere umanitario e
neutrale del lavoro di Emergency in Afghanistan, volto a fornire cure a
tutti, senza discriminazione politica, etnica, di genere, religiosa.
Il governo afgano sta invece ricorrendo a ogni mezzo perche' Emergency lasci
l'Afghanistan: non solo con le terroristiche dichiarazioni di Amrullah
Saleh - che suonano come un aperto invito a colpire la nostra
organizzazione - ma anche attraverso la scandalosa e immotivata detenzione
del capo del personale dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, Rahmatullah
Hanefi, che a nome di Emergency ha messo a rischio la propria vita per
salvare quella altrui.
Oggi, 11 aprile 2007, Emergency e' stata costretta a ritirare
temporaneamente il proprio staff internazionale dall'Afghanistan per ragioni
di sicurezza. Per il momento, le strutture sanitarie di Emergency continuano
a funzionare grazie alla competenza e alla dedizione dello staff afgano.
Se in futuro le strutture di Emergency non saranno piu' in grado di fornire
gli stessi servizi, sappiano i cittadini afgani che la  responsabilita' e'
interamente del loro governo che ha gettato accuse infamanti sulla nostra
organizzazione, mettendo a rischio la sicurezza dei nostri pazienti, del
nostro staff afgano e internazionale.
Emergency continuera' ad essere vicina alle sofferenze del popolo afgano, a
quei milioni di civili innocenti che da decenni subiscono la atrocita' della
guerra.

4. RIFLESSIONE. LIDIA CAMPAGNANO: CIVILTA' DEL CONVIVERE
[Dal sito www.50e50.it riprendiamo l'intervento di Lidia Campagnano al
seminario dell'Udi sul tema "50 e 50 ovunque si decide", svoltosi a Roma il
22 febbraio 2007.
Lidia Campagnano e' una prestigiosa intellettuale femminista; in una breve
presentazione autobiografica di qualche anno fa cosi' si descriveva: "ho 55
anni, ho studiato filosofia all'Universita' degli Studi di Milano. Dalla
paura della storia, instillatami da piccola con i racconti della potenza e
dell'orrore nazista che avevano preceduto la mia nascita, sono passata alla
passione politica e a quella per la parola, scritta e parlata, come
possibili attivita' di cura (forse anche di consolazione) inventate
dall'umanita'. Dopo il Sessantotto e la scoperta del femminismo sono
diventata giornalista presso la redazione del "Manifesto", dove ho lavorato
per diciassette anni (i "quaderni del Golfo", durante "quella" guerra [del
1991], li ho ideati e curati io, pensando alle persone piu' giovani o a
quelle piu' disarmate e sconcertate).  Ho partecipato alla fondazione di due
riviste di donne: "Orsaminore", a Roma, e "Lapis", a Milano. Adesso
collaboro dove capita: al "Manifesto"  alla "Rinascita della sinistra",
all'"Unita'" qualche volta. In passato ho condotto varie trasmissioni
radiofoniche (presso la Rai) dedicate alle donne, e due trasmissioni
televisive (una settimana di commenti a una notizia del Tg Tre, una
trasmissione culturale del mattino presso la Rete 2). Ogni anno, in varie
citta' (Milano presso la Libera universita' delle donne, Roma prossimamente,
presso la Casa internazionale delle donne, Torino in occasione del Forum
"Native, immigrate, cittadine del mondo", Firenze mentre bombardavano
Belgrado, Lucca, Catania, in un campeggio di giovani a Policastro, Valencia,
presso l'Universita', e chissa' dove ancora) cerco e trovo modo di condurre
seminari, dialoghi e riflessioni collettive, soprattutto tra donne, a volte
anche con la partecipazione di uomini, sui temi simili a quelli che
trattiamo in quest'occasione. Ricordo anche la partecipazione a "punto G,
genere e globalizzazione", a Genova, con la conduzione insieme a Barbara
Romagnoli e Lea Melandri del gruppo "l'ordine sentimentale della
globalizzazione". Da allora collaboro qualche volta con la rivista "Marea"
diretta da Monica Lanfranco. Ho scritto vari saggi e relazioni, pubblicate
in vari luoghi, mi limito a segnalare due libri interamente miei: Gli anni
del disordine, pubblicato dalla Tartaruga edizioni di Milano nel 1996, una
meditazione per frammenti su cio' che la fine del mondo bipolare stava
producendo, soprattutto in Jugoslavia ma anche altrove, e Un dopoguerra
ancora, edito nel 2000 dalle edizioni Erga di Genova, in prosa poetica. Il
terzo e' in cantiere, sulle ferite inflitte nel tessuto spaziale e in quello
temporale, e nel senso biografico di una donna, dalle guerre di questi
nostri tempi"]

Il pensiero di un nuovo bisogno di civilizzazione, la sua traduzione in
civilizzazione della necessaria convivenza tra uomini e donne - che e' di
fatto e dalle origini convivenza fra uomini e donne sulla faccia della
Terra - mi ha portato qualche anno fa in una Udi coraggiosamente avviata a
una nuova vita nonche' a un congresso. Quel tema sta nel suo nuovo statuto,
ed e' stato quel tema a suggerirmi la possibilita' di una presenza paritaria
tra uomini e donne in tutte le strutture elettive della democrazia.
Non c'e' dunque niente che somigli, ai miei occhi, alla ricerca di un
meccanismo di garanzia per le donne che intendono fare politica, nulla che
alluda alla tutela di un soggetto supposto debole. Il che non significa che
storca il naso di fronte a questi obbiettivi: mi vanno bene tutti, mi vanno
bene tutte. Ma ci metto del mio: per me si tratta della possibilita' di
rivoluzionare il pensiero politico, nel momento in cui deve diventare
civilta' tra uomini e donne. Civilta' del convivere.
Il che certo e' rivoluzionario, in un senso molto profondo perche' tocca,
insieme, il piano delle relazioni interpersonali, quello delle relazioni
duali - e quello delle relazioni politiche.
*
Ma questo possibile rovesciamento della prospettiva a partire dalla sua
radice materiale - l'essere fatta l'umanita' di uomini e di donne - avviene
non nel vuoto ma nel pieno: la politica esiste. E la politica democratica ha
da secoli la sua configurazione a partire da collocazioni: la destra e la
sinistra. Dalle quali nasce la possibilita' di esistenza di un centro,
moderatore di entrambe le collocazioni.
Mi pare utile ricordare tutto cio' mentre lanciamo consapevolmente una
campagna che chiama donne e uomini a collocarsi rispetto al problema della
convivenza politica, indipendentemente da dove si collocano nella
dislocazione classica che ho indicato. Mi pare utile perche' vediamo un
disorientamento profondo, che in parte almeno scompiglia i confini, cosa
rispetto alla quale un centro non puo' aver molto da dire poiche' da quei
confini dipende.
E questo disorientamento assume vari aspetti: da un lato c'e' una grande
agitazione per rifondare nuovi partiti, e gravi problemi a nominarli, cioe'
a segnalarne storia e identita'. Dall'altro si fa strada una tendenza che
apprezza il disorientamento, opera una cesura con la storia, rinuncia
all'indicazione identitaria e alla collocazione, propone un agire
nell'immediatezza, per progetti. Una sorta di tendenza neutra, o che aspira
a essere tale. Identita', legame con la storia, visione delle cose,
proiezione verso il futuro vengono affidati ad altre agenzie (ed e' qui, a
questo punto, che le Chiese trovano piu' spazio e piu' peso).
Ai miei occhi, il tema evocato da "50 e 50" nella prospettiva in cui lo vedo
io puo' indicare la radicalita' di questa crisi della politica, puo'
nominarne la radice piu' profonda nell'abbandono del tema della convivenza
tra uomini e donne al territorio non toccato, abbandonato fuori dal pensiero
politico, dal pensiero dell'incivilimento: fuori dalla polis.
Questo puo' fare, questo e' a mio parere la passione politica delle donne.
*
Quanto ai mutamenti strutturali che una presenza paritaria delle donne nella
democrazia comporterebbe (e cioe' il filo da tessere, che in una quantita'
paritaria qualcuna potrebbe finalmente portare con se'), si radicherebbero
innanzitutto (a proposito della diversa agenda, dei modi e dei tempi mutati
dalla parita' numerica) nell'affermare che e' venuto il tempo del dialogo
politico tra uomini e donne, con relativa produzione per meticciato di un
linguaggio nuovo, di nuove definizioni dei problemi, di nuova articolazione
delle soluzioni (non per caso qualcuna qui, a proposito della recentissima
crisi di governo, ha detto: se c'eravamo noi non succedeva). Perche' ci sono
questioni inafferrabili, in assenza di questo dialogo.
Le questioni di ordine mondiale non sono neppure comprensibili se non si
vede come l'economia si regga e si distrugga sulla base del fatto che la
poverta', la miseria, e' donna.
Non c'e' il quadro per pensare alle questioni delle migrazioni, che toccano
la cruciale liberta' umana di andare e venire, come si diceva
nell'Inghilterra del Seicento, se non si vede il problema del convivere tra
donne e uomini nell'economia del mondo, e dell'immenso lavorare e faticare
delle donne in un rapporto tragico di disuguaglianza.
Non ha senso parlare di violenza, se non la si radica nei comportamenti e
nei guasti e nelle ferite visibili nelle identita' sessuate di individui e
gruppi.
E quanto all'enorme problema della laicita', io credo che non c'e' niente
che possa suscitare una passione per la laicita' e una lotta contro
l'invadenza e certe indicazioni crudeli oltre che autoritarie da parte delle
Chiese del mondo se non se ne coglie l'intento di espropriazione
dell'esperienza, dell'esperienza individuale. E cioe' prima di tutto
dell'esperienza individuale del corpo fertile che la donna fa potendo
generare, potendo decidere se trasformare dentro di se' un intreccio di
cellule in una speranza di nascita. Se su questo terreno non si passa
dall'invidia maschile al rispetto, alla speranza, alla fiducia non si sapra'
neppure parlare davvero di laicita'.
*
Per me insomma questa e' l'occasione per una campagna di ripoliticizzazione
delle donne. So benissimo che non sara' facile, credo di sapere a che punto
stiamo, a che punto stanno, tante e tanti, intorno a noi. Ma la passione e'
la passione.
E per le donne e' di nuovo passione dell'altro, e anche passione dell'altra:
radice del convivere migliore.

5. RIFLESSIONE. DA PALERMO ALCUNE RIFLESSIONI INTORNO ALLA PROPOSTA "50e50"
[Dal sito www.usciamodalsilenzio.org riprendiamo il seguente intervento di
un gruppo di intellettuali e militanti femministe palermitane]

L'anno appena passato ha mostrato ancora una volta la continuita' di un
monopolio di genere sulla scena istituzionale. L'ennesima dimostrazione
dell'arroganza degli uomini in posizione di potere, pero', ha reso ancor
piu' manifesta la crisi e l'inefficacia di una politica femminile di
rivendicazione, una politica ancora lontana dal fare un uso consapevole del
patrimonio del femminismo. Alla cultura politica tradizionale, infatti, e'
mancato - e ancora manca - un intreccio produttivo con il pensiero e le
pratiche delle donne: le politiche delle quote e quelle che sono state
definite femminismo di stato, infatti, non hanno costituito, a nostro
avviso, che un'assimilazione semplificata e sbrigativa, se non distorta, del
femminismo.
Per questo nella campagna "50e50" promossa dall'Udi nazionale, riconosciamo
la positiva volonta' di superare, anche nel linguaggio, idee e concetti che
hanno segnato questa politica: associando alla democrazia paritaria l'idea
di cittadinanza duale, abbandonando la rappresentanza per parlare, invece,
di presenza paritaria da affermare in tutti i luoghi.
E tuttavia il primo atto di questa campagna sara' la raccolta di firme per
una legge di iniziativa popolare "la risposta minima e allo stesso tempo
irrinunciabile per denunciare uno squilibrio e promuovere una parita' di
donne e uomini... in tutti gli organismi elettivi di governo del paese" - si
legge nel documento di presentazione - continuando a porre, di fatto, la
questione della "cittadinanza" femminile come un problema che necessiti di
una soluzione di tipo tecnico.
Noi riteniamo, invece, che essa sia una questione squisitamente politica su
cui vogliamo proporre alcuni spunti di riflessione.
*
Esiste oggi un forte protagonismo sociale femminile: sul piano puramente
quantitativo, i dati degli ultimi anni ci dicono che la presenza femminile
e' cresciuta in maniera significativa (in particolare la' dove si accede per
concorso) in tutti gli ambiti della societa', anche in quelli nei quali
l'accesso e' stato piu' tardivo (per esempio in magistratura), solo la
politica istituzionale resiste con una bassissima percentuale di donne. Da
questo punto di vista, ci troviamo, di fatto, in presenza di un percorso
emancipazionistico rimasto incompiuto e rispetto al quale qualsiasi
iniziativa politica che punti ad affermare in tutti i luoghi istituzionali
la presenza di donne ne costituisce la fase ultima "di completamento". Nella
societa', tuttavia, al dato quantitativo si e' accompagnata anche una
trasformazione qualitativa per una presenza femminile consapevole che,
partendo da se', ha modificato anche i contesti del proprio agire: la scuola
e l'universita', le professioni, la sanita' come vari ambiti del mondo del
lavoro. Questa realta', pero', rischia di essere ignorata o addirittura di
non essere colta se, nel discorso corrente, la percentuale di presenze
femminili in Parlamento continua ad essere l'unica unita' di misura del peso
delle donne nella societa', come se la sfera pubblica fosse riducibile a
quella esclusivamente istituzionale.
La grande trasformazione che il femminismo ha prodotto e' avvenuta non
perche' e' cambiata la rappresentanza politica (che era ed e' rimasta sempre
bassa), piuttosto perche' e' mutata la (auto)rappresentazione di un soggetto
che non dipendeva piu' dall'altro per dirsi ed abitare il mondo, un soggetto
capace di assumersi responsabilita' verso se stesso, partendo da se',
superando ruoli prefissati e stereotipi condizionanti. Con la politica delle
donne abbiamo posto in primo piano il rapporto tra politica e vita, fatto
della pratica l'essenza della nostra politica e, infine, dato valore e
significato all'esperienza femminile, a partire da quel cambiamento di noi
stesse che ha, nei fatti, modificato il rapporto fra sfera privata e
pubblica.
Le conseguenze di questa straordinaria trasformazione che trovano
espressione nella diversa modalita' femminile di stare, oggi, nella societa'
e nel lavoro, non sono riducibili ai termini della parita'.
*
Sappiamo che il segno e la misura delle istituzioni sono maschili e tranne,
forse, poche eccezioni, anche la mediazione nelle istituzioni per le donne
e' stata ed e' maschile; la politica data, inoltre, non ha saputo fino ad
ora esprimere, nel rapportarsi alle donne, altri modi che non fossero
l'inclusione nella rappresentanza politica. Oggi che la presenza femminile
sulla scena pubblica, anche in posizione di potere, e' comunque aumentata -
sebbene piu' in ambito internazionale che nazionale - e' necessario, a
nostro avviso, che ci interroghiamo maggiormente su cosa questa presenza
comporti, cosa abbia cambiato, come possa essere interpretata e quali
effetti stia producendo sul piano simbolico.
Il fatto che sempre piu' donne abitino lo spazio istituzionale sta segnando
una discontinuita' capace di mostrare la differenza? Che sempre piu' donne
si trovino nelle condizioni di decidere della cosa pubblica segna l'inizio
di una nuova civilizzazione nell'ordine duale, oppure costituisce l'avvio di
un nuovo percorso di cancellazione della differenza femminile non piu' per
esclusione ma per inclusione nel potere maschile?
Non e' facile rispondere, certamente sappiamo che la politica delle donne
non coincide con la presenza di donne nella politica data. Se la "quantita'"
non e' certo un dato irrilevante, un agire politico efficace, che sia anche
modificativo del mondo, necessita che le donne sappiano abitare la scena
della politica istituzionale senza lasciarsi fagocitare e senza adottare
parole e comportamenti che imitino parole e comportamenti maschili, siano in
grado di rimanere fedeli a se stesse e inventare pratiche capaci di far
contare l'autorita' femminile.
*
Siamo convinte che oggi la politica istituzionale rappresenti sempre meno il
senso autentico dell'agire politico, piegata com'e' alla logica assoluta
della strumentalita' e del governo (e le recenti vicende nazionali ne
costituiscono l'ultima, visibilissima conferma). Il significato politico del
femminismo risulta allora centrale anche rispetto al senso della politica
stessa. Ci riferiamo al femminismo che ha posto a fondamento dell'agire
politico la liberta' femminile e sostituito al concetto di potere l'idea e
la pratica dell'agire di concerto. In uno spazio pubblico oggi fortemente in
crisi, pensiamo che il sapere politico delle donne guadagnato nella pratica
sia una risorsa preziosa da mettere in gioco, anche aprendosi ai rischi che
lo scambio impone, sia nella relazione con le donne sia in quella con gli
uomini.
*
E' in questa direzione, infatti, che vediamo il senso del "parlare anche
agli uomini senza mascherare il conflitto" di cui parla il documento
"50e50". Siamo convinte, infatti, che la modificazione dello spazio pubblico
non e' un'operazione che si possa compiere senza uno scambio anche tra donne
e uomini. Instaurare relazioni di scambio politico, in una pratica di
relazione significatrice di differenza, con uomini aperti al cambiamento
prodotto dalle donne in ogni campo puo' rappresentare un'occasione
importante di modificazione dell'agire politico. In particolare, la
questione dei rapporti degli uomini con la politica data ci appare
altrettanto cruciale dell'assenza delle donne da questa stessa politica, dal
momento che maschili sono i codici simbolici, le pratiche e le regole con
cui gli uomini hanno costruito lo spazio pubblico. Il 50e50 non basterebbe,
se si realizzasse a prezzo di adattamenti femminili ad una politica
immutata.
Ed e' in questa direzione, inoltre, che siamo interessate e lavoriamo alla
ricerca di forme di relazione politica anche con donne che operano nella
politica istituzionale. Non crediamo, infatti, che i luoghi tradizionali
della politica siano di per se' negati alla politica delle donne, ne' che il
protagonismo delle donne che oggi desiderano essere nella politica
istituzionale si possa ridurre solo a pratica del potere o delle quote.
Proprio la politica delle donne ci ha insegnato, infatti, che la qualita' ed
il senso dell'agire politico non dipendono dai luoghi ma dalle pratiche.
*
Molte donne in questi ultimi anni si sono impegnate nell'esperienza
dell'amministrare; queste esperienze, tuttavia, necessitano ancora di
un'opera di simbolizzazione su cosa possa essere una polis a misura
femminile.
Pensiamo che sia utile scambiare pratiche e pensiero con queste donne sia
per provare ad aprire varchi e discontinuita', cosi' che il simbolico
maschile non consumi e non renda invisibile ed inerte la differenza, sia per
costruire mediazione femminile e mostrare come la politica delle donne possa
tradursi in azioni concrete e rispondere alle questioni contingenti del
vivere.
Per questo vogliamo continuare ad essere disponibili ad un confronto, a
partire dalla nostra politica, una politica che si basa prioritariamente
sull'esercizio della liberta', che riconosce autorita', che e' capace di
dare senso ed ordine senza creare gerarchie o statiche strutture di
appartenenza e che si fonda sull'agire in contesto e sulla relazione.
Per questo non raccoglieremo firme, pur non contrapponendoci alla campagna
50e50, mentre continueremo a cercare occasioni di dialogo e di relazione con
quelle donne che in prima persona perseguono il desiderio di essere nelle
istituzioni e con quegli uomini impegnati in una rifondazione a partire da
se'.
*
Emi Monteneri, Mariella Pasinati, Francesca Traina, Maria Concetta Sala,
Anna Maria Ciancimino, Gisella Modica, Agata Schiera, Marina Leopizzi,
Natalia Milan, Roberta Di Bella della Biblioteca delle donne - Udi - Palermo

6. MEMORIA. MONICA RUOCCO RICORDA DRISS CHRAIBI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2007.
Monica Ruocco e' docente di lingua e letteratura araba all'Universita' di
Palermo; saggista, traduttrice, autrice di diversi lavori in volume e in
riviste sulla letteratura dei paesi arabi (e' autrice tra l'altro delle voci
sulla letteratura di Algeria, Egitto, Giordania, Iraq, Kuwait, Libia,
Libano, Marocco, Mauritania, Malta, Oman, Palestina, Siria, Sudan, Tunisia,
Yemen per l'Enciclopedia de Agostini, aggiornamento 1997); redattrice della
rivista scientifica "Oriente Moderno" pubblicata dall'Istituto per l'Oriente
"A. Nallino" di Roma dal 1994; ha partecipato come relatrice a convegni
nazionali e internazionali; ha organizzato il convegno della Societa di
studi per il Medio Oriente su "Pace e guerra nel Medio Oriente in eta
moderna e contemporanea" (Universita di Lecce, 2004); partecipa a vari
progetti di ricerca internazionali. Tra le opere di Monica Ruocco: Il mondo
arabo, Pendragon; L'intellettuale arabo tra impegno e dissenso, Jouvence,
Roma 1999; (a cura di), Migrazioni: idee, culture, identita in Medio Oriente
e Nord Africa, numero speciale della rivista "Meridione. Sud e Nord nel
Mondo", III, 1-2, 2003.
Driss Chraibi (1926-2007), scrittore marocchino, e' deceduto pochi giorni
fa. Opere di Driss Chraibi: Nascita all'alba, Edizioni Lavoro, 1987;
L'ispettore Ali', Zanzibar, 1992, Giunti, 1999; L'uomo del libro, Zanzibar,
1995; L'ispettore Ali' al Trinity College, Marcos y Marcos, 1996;
L'ispettore Ali' al villaggio, Marcos y Marcos, 1996; L'ispettore Ali' e la
Cia, Marcos y Marcos, 1998; L'ispettore Ali' e il Corano, Marcos y Marcos,
2000]

In un'intervista rilasciata di recente al periodico marocchino "Tel Quel",
lo scrittore Driss Chraibi, morto domenica scorsa in Francia a ottantun
anni, richiamava - a proposito delle alterne vicende che coinvolgono il
mondo arabo-islamico - la frase di uno dei suoi romanzi: "Avremo mai un
altro avvenire che non sia il nostro passato?". Tra i maggiori autori
francofoni della sua generazione, Chraibi, nato a al-Jadida (ex Mazagan) nel
1926, ha sempre rappresentato una voce critica all'interno del panorama
letterario marocchino.
Fu del resto con un romanzo che fece molto discutere sia in Francia (dove
venne pubblicato), sia in Marocco che Chraibi inizio' la sua avventura
letteraria: al centro di Passe' simple (1954) e' la ribellione di un figlio
nei confronti del padre, ovvero di un uomo nei confronti della societa'
tradizionale, tema poi ricorrente nella produzione del paese. Appare
evidente che, in pieno periodo di lotte anticoloniali, criticare il passato
del Marocco fosse decisamente controcorrente: pure, fu proprio questo
romanzo a introdurre la letteratura del suo paese alla modernita'. Dopo la
consacrazione della rivista marocchina d'avanguardia "Souffle", che gli
dedico' un intero numero nel 1967, Chraibi venne riabilitato dall'elite
intellettuale del paese e continuo', attraverso la sua opera narrativa, a
indagare sul tema del passato e dei rapporti tra oriente e occidente.
Il suo studio della storia marocchina lo porto' a scrivere una serie di
romanzi come Naissance a' l'aube (1986), un testo che intrecciando tre
lingue (berbero, arabo e francese) ripercorre le vicende di Tariq, il
condottiero di origine berbera che guido' le prime conquiste islamiche nel
Maghreb e poi nella penisola iberica (Nascita all'alba, Edizioni Lavoro,
1987). E ancora il passato ritorna attraverso l'esperienza di Muhammad
nell'Uomo del Libro (Zanzibar, 1995), cronaca poetica dei due giorni che
precedettero la rivelazione, mettendo in luce - piu' che un profeta - un
uomo alle prese con i propri dubbi e sofferenze.
Chraibi incontro' poi un rinnovato successo in patria e in occidente con le
avventure del famoso Ispettore Ali, un investigatore originale e ironico,
simbolo di un sincretismo tra origini tradizionali e cultura occidentale, il
quale, attraverso le sue inchieste, non manca di gettare uno sguardo attento
sulla societa'. Tra i titoli pubblicati in italiano figurano L'ispettore
Ali', (Zanzibar, 1992 - Giunti, 1999), L'ispettore Ali' al Trinity College
(Marcos y Marcos, 1996), L'ispettore Ali' al villaggio (Marcos y Marcos,
1996), L'ispettore Ali' e la Cia (Marcos y Marcos, 1998), L'ispettore Ali' e
il Corano (Marcos y Marcos, 2000).
Nel suo ultimo romanzo, L'Homme qui venait du passe' (Denoel, 2004), Chraibi
propone la sua personale lettura del mondo islamico e di quella che egli
definisce "la pseudo-guerra che lo oppone all'Occidente": protagonista e'
ancora una volta l'ispettore Ali', convocato a Marrakech per indagare sulla
morte di un uomo trovato morto nel pozzo di una casa tradizionale. La
vittima e' il capo di una rete di militanti islamici e le indagini portano
il mite ispettore ad allargare i confini delle proprie inchieste fino agli
Stati Uniti, alla Francia e all'Afghanistan. Chraibi dipinge un mondo in cui
non resta che piangere per la vergogna, l'ingiustizia e l'incapacita' di
trasformare un passato che da decenni tiene alcuni popoli prigionieri di se
stessi. In questa che Chraibi giudica una farsa mondiale, dove i discorsi
sulla democrazia si sovrappongono alle dichiarazioni di guerra e neppure
l'universo intellettuale viene risparmiato, non rimane che stare al gioco ed
esaltare la pratica dell'inganno. Cosi', e' lo stesso Ispettore Ali a
manipolare i personaggi, ma anche il lettore: "Una metafora della grande
impresa condotta oggi dal mondo, nel nome di quella che viene chiamata
democrazia".

7. LETTURE. AA. VV.: PER BRUNO BORGHI
AA. VV., Per Bruno Borghi, numero monografico del "Notiziario del Centro di
documentazione di Pistoia", n. 195, maggio-agosto 2006, pp. 32, euro 5. Un
opuscolo in ricordo di don Bruno Borghi, deceduto nel luglio 2006, sodale di
don Milani, prete operaio, costantemente impegnato per i diritti degli
oppressi, delle persone e dei popoli, nelle lotte dei lavoratori, nella
solidarieta' concreta, nel volontariato; una delle figure piu' vive della
nonviolenza in cammino. Con interventi di Beniamino Deidda, Associazione
Pantagruel, Marcello Gori Savellini, Giovanni Commare, Andrea Gorini,
"Liberarsi dalla necessita' del carcere", Comitato di solidarieta' con il
Nicaragua di Bagno a Ripoli, redazione di "Pretioperai", Valerio Gigante,
Enzo Mazzi, Franco Quercioli, ed alcuni scritti di Bruno Borghi. Per
richieste: Centro di documentazione di Pistoia, tel. e fax: 0573977353,
e-mail: giorlima at tin.it

8. LETTURE. CLAUDIO MARAZZINI: LA LINGUA ITALIANA. PROFILO STORICO
Claudio Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico, Il Mulino, Bologna
1994, 2002, 2006, pp. 554, euro 28. Un perspicuo manuale, la cui lettura
vivamente consigliamo: quanto sarebbe utile che conoscessimo almeno un po'
il principale strumento che usiamo per pensare e per comunicare; quanto
sarebbe opportuno che avessimo sollecita cura per la lingua che ci e'
comune, che e' bene comune, per le parole e i discorsi che pronunciamo,
ascoltiamo, scriviamo, leggiamo; quanto sarebbe necessario che la
nonviolenza cominciasse da qui, dall'amore per la verita', la ricerca
attenta e paziente, la gratitudine per il sapere ereditato, il rispetto di
se' e degli altri, il dialogo. Chi non si prende cura delle parole,
difficilmente si prende cura delle persone.

9. RIEDIZIONI. AA. VV.: LIRICI GRECI
AA. VV., Lirici greci, Mondadori, Milano 2007, pp. 738, euro 12,90 (in
supplemento a vari periodici Mondadori). Finalmente in un unico volume la
raccolta di Lirici greci gia' apparsa in quattro tomi negli anni 1992-'94
sempre per Mondadori: Poesia elegiaca (Callino, Mimnermo, Solone, Tirteo,
Senofane, Teognide), a cura di Marina Cavalli; Lirica monodica (Saffo,
Alceo, Anacreonte, Ibico), a cura di Guido Guidorizzi; Poesia giambica
(Archiloco, Semonide, Ipponatte), a cura di Antonio Aloni; Lirica corale
(Alcmane, Stesicoro, e in appendice l'Elegia per la battaglia di Platea di
Simonide), ancora a cura di Antonio Aloni. Testo originale a fronte, buoni
apparati, traduzioni che ovviamente soffrono del confronto con quelle di
Quasimodo, di Valgimigli... Leggere i lirici greci e' una delle poche vere
gioie della vita, e uno dei pochi incontri con l'umanita' in cui tutto e'
luminoso, tutto fresco, tutto vivo.

10. RIEDIZIONI. MARCO NOZZA: HOTEL MEINA
Marco Nozza, Hotel Meina. La prima strage di ebrei in Italia, Il Saggiatore,
Milano 2005, Editoriale Diario, Milano 2007, pp. X + 310, euro 7. "Questo
libro e' destinato ai giovani che non sanno, perche' nessuno gli ha
insegnato niente, e ai meno giovani che hanno dimenticato, o preferiscono
dimenticare". Articolato in tre parti un libro di ricostruzione storica - di
vero e proprio recupero della memoria - di grande rigore e sensibilita'. La
prima parte e' la ricostruzione della strage compiuta dai nazisti sul Lago
Maggiore nel settembre 1943, il primo massacro di ebrei compiuto dai nazisti
in Italia; la seconda parte ricostruisce il processo di molti anni dopo agli
assassini; una terza parte approfondisce rilevanti elementi del contesto.
Con una prefazione di Giorgio Bocca ed un'ampia appendice documentaria.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 58 del 13 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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